Il piano contro il Covid-19 tenuto segreto: “avrebbe spaventato gli italiani”

Redazione Attualità
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Un piano segreto per contrastare l’epidemia da Coronavirus sarebbe stato stilato in via preventiva già dal mese di gennaio, ma scattato solamente a fine febbraio, con tutto ciò che ne è conseguito. Come prevedibile, sono giunte le prime reazioni sulla vicenda, a cominciare da quella di Attilio Fontana, governatore della Lombardia, la regione più colpita dal Covid-19. Secondo Fontana, il governo era al corrente dei rischi della pandemia, ma li ha tenuti segreti. “L’ha detto il Direttore generale del Ministero della Sanità,  Andrea Urbani, parlando di un piano riservato. Sono rivelazioni gravissime. L’Italia e la Lombardia hanno il diritto di sapere e chiedo chiarimenti al Presidente del Consiglio Giuseppe Conte”, aggiunge il governatore.

Urbani respinge tutte le accuse. Dal 20 gennaio era, di fatto, già pronto un piano secretato e quel piano è stato seguito. La linea adottata è stata, dunque, quella di non spaventare la popolazione e lavorare per contenere il contagio, ovvero per un piano nazionale di emergenza” per contrastare il pandemia.

In quelle pagine sono descritti tre scenari del Coronavirus in Italia, uno però troppo drammatico per essere divulgato a cittadini e Parlamento senza il rischio di scatenare il panico tra la popolazione. Per questo motivo il piano è stato secretato. Ma quello scenario non si è realizzato perché il governo ha scelto di mettere l’Italia in lockdown e di imporre il distanziamento sociale. Questa la ricostruzione dei tecnici del Ministero della Salute.

Urbani, inoltre, assicura che non c’è stato nessun vuoto decisionale. Eppure, la Lombardia è stata la regione colpita con più violenza dal Coronavirus in Italia. Il Direttore generale della programmazione sanitaria del Ministero della Salute riconosce, però, che le chiusure possono essere state tardive, con la necessità di un lockdown immediato. D’altra parte, ricorda che c’erano solo due cittadini cinesi contagiati, quindi sono state assunte scelte proporzionate. Egli cita lo studio dell’Imperial College, secondo cui in Italia ci sarebbero stati 600-800 mila morti senza le zone rosse e le misure di contenimento. All’inizio siamo stati sbeffeggiati. Poi ci sono venuti tutti dietro, anche Francia e Gran Bretagna”, dice il direttore.

Per quanto riguarda invece il ritardo nell’acquisto dei ventilatori per i casi più gravi, il Ministero della Salute ricorda che “comprare le strumentazioni spetta alle Regioni“. E si evidenzia che il governo in 25 giorni ha raddoppiato le terapie intensive. Ora che la curva dei contagi scende, ci si concentra sul rischio di una seconda ondata. Quindi, verrà potenziata la risposta ospedaliera e verranno potenziati i centri Covid.

Tuttavia, il peggiore scenario descritto nel dossier, occultato per non generare allarmismo, aveva una tempistica comunque ottimista. Si prevedeva infatti il picco dopo un anno dal primo caso, quindi il contagio sarebbe stato lento. Si prevedevano mille pazienti ricoverati dopo cinque mesi, in 243 giorni si sarebbe arrivati a occupare il 75% delle terapie intensive. Si prevedeva inoltre di arrivare in due anni a 646 mila contagi, 133 mila dei quali con ricovero in terapia intensiva. Una prospettiva che sarebbe apparsa terrificante a febbraio. Il virus invece è stato veloce.

Sicuramente sono state perse settimane preziose, permettendo al virus di portare avanti la sua strage. Solo il 1° marzo è stato trasmesso il primo documento governativo che invita ad agire secondo un modello di cooperazione coordinato a livello nazionale per un incremento delle disponibilità di posti letto del 50% nelle unità di terapia intensiva e del 100% in quelle di pneumologia e malattie infettive.

Piero Cento