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Bianco come Dio: una storia di grande ispirazione

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La storia di un ragazzo risvegliato. Voto UvM: 5/5

 

 

 

 

 

 

Ho diciott’anni e mi sento vecchio.

Lo avete mai pensato? Avete mai provato questa sensazione?

Abbiamo tutto ciò che un ragazzo o una ragazza di 18-25 anni potrebbe desiderare. Una famiglia, un ragazzo/a, studiamo, magari siamo già economicamente indipendenti. Eppure, anche se non vogliamo ammetterlo, qualcosa manca.

Non te lo sai spiegare.

Questa società è profondamente sbagliata.”

Sì, avete pensato anche questo. Molte volte. Tante volte.

Chi non lo pensa?

Organizziamo la nostra intera vita sulla base di questo concetto.

È vero, chi crede il contrario si sta prendendo in giro.

Abbiamo tutti rinunciato ai nostri sogni, e ci va bene così. Ci va bene questa vita preconfezionata. Ci va bene non esistere. Ci va bene arrenderci, e accontentarci e scegliere un dolore facile anziché un’impervia vittoria.”

Forse qualcuno è arrivato a questa conclusione. Sono le nostre stesse vite a comunicarcelo, lo vediamo nelle vita degli altri, il clima della società ne trabocca.

Non c’è alcun giudizio in tutto questo, è solo una fotografia della nostra realtà. Lo stile di vita predominante in questo momento storico.

C’è chi accetta volentieri e chi con un sentimento di impotenza.
Quale la bussola in questa situazione?

Io merito di meglio” è la risposta che si dà Nicolò Govoni in questo mare di incertezze.

Lui, giovane ventenne come noi, decide di giocare secondo le sue regole in un mondo privo di promesse per generazioni come la nostra.

Nel 2013 organizza la sua fuga e parte per un orfanotrofio dell’India meridionale.

Ricerca risposte, ma soprattutto ricerca sè stesso. È di una manciata di mesi la sua permanenza nella parte più povera del paese (Raccontata in un altro libro, “Uno”).

Tornato in Italia si ritrova cambiato: non è più lo stesso ragazzo.

Il vuoto, avvertito prima della partenza, è stato colmato dai bambini di Davayavu Home.

Nicolò ha trovato le risposte che cercava, ha trovato sè stesso.

Il pensiero di aver migliorato un’altra vita per un po’, ma poi lasciarsela alle spalle è per lui insopportabile.

Torna da loro, torna a Casa.

 

 

È da qui che ha inizio la narrazione di “Bianco come Dio”, pubblicato il 30 ottobre 2018 edito Rizzoli.

Una storia profonda, ricca di atti d’amore e resilienza.

Una lettura adatta a tutti, ma di grande impatto per la giovane generazione che può, senza ombra di dubbio, rispecchiarsi in Nicolò.

Lo stile, estremamente coinvolgente, affronta temi di notevole importanza con quella genuina semplicità che riesce a dare valore agli argomenti trattati più di tanti paroloni e ragionamenti stilistici.

La comunicazione di Govoni trascina il lettore in delle esperienze di vita vissuta facendolo entrare in risonanza con i protagonisti degli eventi narrati.

Per Nicolò la risposta è stata aiutare gli ultimi, ma questo libro non parla solo di volontariato.

Nell’opera è possibile individuare alcune tappe che ognuno di noi che crede di “meritare di meglio” si troverà a compiere. Eccole di seguito:

 

Risveglio. 

Già largamente argomentato nell’introduzione, è qui ripreso brevemente.

È dura ammettere che viviamo da “addormentati”, ebbri e accecati da uno stile di vita mediocre venduto da pubblicità e televisione.

Le massime aspirazioni del nostro tempo sono trovare un partner, avere un lavoro che ci permetta di divertirci nel weekend e trascorrere gli ultimi anni della nostra vita in tranquillità.

Non c’è nulla di sbagliato in tutto questo, è solo lo stile di vita della vecchia generazione.

Rendeva felici i nostri nonni e i nostri genitori. Siamo sicuri che funzionerà anche per noi?

Nicolò percepisce questa precarietà e fugge in India. Allontanandosi dalla realtà sgangherata in cui viviamo riesce a coglierne le falle.

 

Non lo so, papà” faccio dopo un po’. “Non so nulla. Nessuno di noi sa nulla, a casa, nè i miei coetanei, nè gli adulti, e questa incertezza ci sta facendo sbiadire giorno dopo giorno.
Questo perchè la gente cerca conferme in fattori esterni.” Si sfrega le mani. “La famiglia, il denaro, l’amore, la carriera…
Mi sento vecchio” lo interrompo. “Ho vent’anni e mi sento vecchio

 

La scelta. 

Conosciuta la verità è quasi impossibile fingersi ciechi e sordi.

Non è facile remare contro il modo di essere che ci è stato insegnato, ed è difficile accettare che sia infruttuoso. Tuttavia nasce una scintilla; si sente il dovere di farsi carico della responsabilità di cambiare le cose.

Govoni affronta le ferite del suo passato e combatte contro quei dubbi che silenziosamente assillano ognuno di noi ogni giorno. Una scelta è per sempre? Che ruolo ha il tempo nelle nostre vite? Si può tornare indietro?

 

Ma dobbiamo scegliere ugualmente.” Mio padre sospira, eppure la sua voce risuona nitida.
Come possiamo prendere decisioni se la posta in gioco è tanto alta?
Se non prendi alcuna decisione, stai comunque già scegliendo, no? Scegli di restare fermo.

 

La missione. 

La scelta implica un impegno. Un impegno che va onorato con tutti se stessi, ogni giorno, per tutta la vita.

È solo trovando noi stessi che scopriamo di poterci dedicare a qualcosa più grande di noi.

 

Fai in modo che ogni tua decisione” mi dice Piriya in una delle nostre lunghe passeggiate dopo la scuola “ti porti di un passo più vicino al tuo obiettivo finale.
E se non lo conosco, il mio obiettivo finale?
Passa un istante prima che risponda. “In che mondo vorresti vivere?

 

Anche noi, chiediamoci in che mondo vorremmo vivere, e poi mettiamo al servizio il nostro impegno per realizzare un cambiamento.

 

 

Il servizio come stile di vita. 

Il mondo ha tanti problemi, da un estremo all’altro.
Ignorarli “pensando in positivo” non li risolverà.

Migliorare la situazione non è così semplice come si crede. Tuttavia un modo c’è, e Nicolò è di grande ispirazione per tutti noi.
Sarebbe sufficiente mettere al servizio di una missione, che sentiamo ci appartenga, i nostri talenti e il nostro impegno. Tutto questo, perchè ci siamo compresi davvero.
I risultati non tarderebbero ad arrivare.

 

Sono solo un venticinquenne con un sogno: lasciare il mondo un po’ migliore di come l’ho trovato. Dopotutto, celebrare la vita significa farne il miglior uso possibile, e alleviare il dolore altrui è la miglior vita che io possa vivere.

 

Angela Cucinotta