L’involuzione chiamata “Black Friday”

Redazione Attualità
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Lo scorso fine settimana anche il “Belpaese”, come il resto del mondo, è stato travolto dall’ondata sensazionalistica del “Black Friday”, per i meno anglofoni “Venerdì nero”.

Dopo la consacrazione di questa promozione commerciale a  fenomeno sociale nel 2017, l’interesse dei consumatori per il 2018 è perfino aumentato.

I dati generati dalle analisi dell’E-commerce parlerebbero chiaro: le ricerche online riguardanti le super offerte del Black Friday sarebbero aumentate del 29%, peraltro con un correlato incremento degli acquisiti pari al 20%.

 

In tal senso il Nord-Italia sarebbe più coinvolto rispetto ad un Sud-Italia non ancora avvezzo alle pratiche del “Venerdì Nero”.

Le ultime ricerche sul trend in crescita dell’iniziativa promozionale di matrice americana hanno rivelato anche le fasce più sensibili agli sconti mirabolanti: al primo posto i consumatori tra i 35 ed i 44 anni, al secondo posto i giovani tra i 25 ed i 34 anni, al terzo posto gli adulti tra i 45 ed i 54.

 

La tecnologia in vetta tra le categorie d’acquisto: smartphone, televisori, tablet, pc, smartwatch e console gli articoli più richiesti sul mercato, con una spesa media per consumatore di 124 euro.

Esistere per consumare, comprare per acciuffare una felicità apparente e fuggevole, acquistare per soddisfare il desiderio inappagabile di possesso.

Store, centri commerciali, negozi e boutique dunque invasi non più da persone ma da automi privi di identità in una società frenetica e caotica, condannata dalla sua stessa velocità.

Nella spirale del consumismo ormai usa e getta tutto perde di valore, fascino ed interesse in pochissimo tempo.

Giudicati in base alla capacità di consumare, diventiamo soggetti passivi che sconoscono qualsiasi diversità culturale, riuscendo ad importare dall’estero solo il peggio.

Parallelo al consumismo e molto pericoloso,  è il processo di mercificazione dei valori umani e culturali che dovrebbero essere assolutamente esclusi dalle logiche di compravendita commerciale.

Siamo tristemente attori protagonisti di una farsa che potrebbe intitolarsi: involuzione antropologica.

Antonio Mulone