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Girolamo Alibrandi, il Raffaello di Messina

Cultura Locale
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Nell’ambito dell’arte della prima metà del cinquecento nell’Italia meridionale, Girolamo Alibrandi risulta una figura molto interessante. Scolaro di Salvo D’Antonio della bottega di Antonello da Messina, Alibrandi, è tra i primi a sintetizzare l’esperienza antonelliana con influenze leonardesche e soprattutto raffaellesche. Non stupisce, infatti, che gli sia stato attribuito dai suoi contemporanei l’epiteto di “Raffaello di Messina”.

 

La sua vita è avvolta dal mistero. Non si hanno sue notizie prima del 1514, quando, a dire di molti studiosi, il pittore ha circa trentacinque anni. Basandosi su una biografia scritta da Francesco Susinno nel 1724 – molto romanzata e poco attendibile – ma soprattutto analizzando l’evoluzione stilistica delle sue opere, si pensa che Alibrandi si sia allontanato da Messina per un tempo indefinito. Questo ipotetico viaggio porta il pittore a Venezia, dove viene a contatto con le opere di Duhrer e Giorgione e a Milano, dove subisce le influenze del circolo di Leonardo.

A questa significativa esperienza artistica è possibile ricondurre la realizzazione delle meravigliose tavole di San Pietro e San Paolo , entrambe esposte al Museo Regionale di Messina nella sala dedicata al pittore.

San Pietro

Nel San Pietro è possibile identificare sulla destra uno scorcio veneziano identificabile con la zona dell’Arsenale, mentre sulla sinistra vi è uno scorcio architettonico, esplicita citazione del Bramante.

San Paolo

Alle colonne della tavola di San Pietro si contrappone nel San Paolo un paesaggio naturalistico dal sapore leonardesco.

Si pensa che le due tavole fossero i pannelli laterali di un trittico, la cui parte centrale è stata identificata in una Madonna con Bambino e San Giovannino che si trova attualmente sul mercato francese.

 

 

Fondamentale per Alibrandi è l’incontro con Cesare da Sesto, pittore lombardo che ha portato in Sicilia esperienze leonardesche e raffaellesche. A seguito di questo incontro il pittore messinese dipinge la sua opera più famosa, La presentazione al tempio.

La presentazione al Tempio

Si tratta di un’enorme pala firmata e datata 1519, realizzata per l’altare maggiore della chiesa della Candelora e successivamente trasferito nella chiesa di San Niccolò dei Gentiluomini. A seguito del devastante terremoto del 1908, la pala di Alibrandi, così come molti altri pezzi d’arte messinesi, viene distrutta. I circa duecento e più frammenti rimasti dell’opera sono stati assemblati in due restauri che hanno permesso agli abitanti di Messina di ammirare la pregevole pala del loro concittadino al Museo Regionale.

L’imponente struttura in cui si svolge la scena presenta dei chiari rimandi alla Scuola di Atene di Raffaello, la cui influenza è visibile anche nella dinamicità dei personaggi.

L’artista muore a Messina a seguito del contagio della peste nel 1524.

Girolamo Alibrandi è un artista intellettuale, secondo il modello rinascimentale; una mente plastica e aperta che osserva il mondo circostante e assimila elementi da tutto ciò con cui viene in contatto.

Renata Cuzzola