Ago dimenticato nell’addome di una paziente

Redazione Attualità
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La Ocse, l’Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa, fa la lista degli strumenti dimenticati nei pazienti: Italia nella media europea. La maglia nera spetta alla Svizzera.

Garza, pinze, forbici, asciugamani, tubi di plastica, la lista è lunga degli oggetti che i medici dimenticano troppo spesso nel corpo dei loro pazienti durante le operazioni.

Ogni tanto capita di sentire storie di pazienti, sottoposti a interventi chirurgici, che a distanza di tempo scoprono di avere nel proprio corpo oggetti dimenticati dai medici che li hanno operati. Questo è quello che è successo, più recentemente, ad una donna milanese. Per quasi mezzo secolo ha sofferto di fitte addominali e problemi di salute senza mai riuscire a capirne il motivo. Solo dopo anni, nel 2000, una lastra addominale ha rivelato la causa di tutti quei disturbi: un frammento di ago “dimenticato” nel suo corpo“, dando così il via alla battaglia legale conclusosi solo ora, dopo diversi cambiamenti burocratici e amministrativi.

Dopo il processo di primo grado del 2009, nella sentenza della Corte d’appello la tesi è stata ribaltata. Ora la Terza sezione civile della Cassazione ha confermato la sentenza della Corte d’Appello e il risarcimento di 36.810 euro inizialmente riconosciuto è arrivato a 200mila euro dopo la rivalutazione a ritroso.

Nella cartella clinica, ritirata dalla signora nel 2004, l’errore era stato annotato rilevando come l’equipe sanitaria abbia disperso un frammento metallico senza riuscire più a recuperarlo “se non a prezzo di un’ulteriore grave lesione dei tessuti necessari alla ricostruzione” rinunciando dunque alla sua estrazione.

Durante le operazioni, generalmente, medici e infermieri usano la massima attenzione, ma non è il primo caso in cui i medici italiani hanno delle dimenticanze. Non possono essere dimenticati due casi in cui i dottori, sotto processo, sono stati assolti dalle loro colpe. Ricordando che l’art. 3 della Legge 189/2012 stabilisce , al suo primo comma, che “L’esercente la professione sanitaria che nello svolgimento della propria attività si attiene a linee guida e buone pratiche accreditate dalla comunità scientifica non risponde penalmente per colpa lieve“.

In un primo caso un medico è stato assolto per non aver commesso il reato di lesioni personali causate ad una paziente che consistevano nella incapacità di quest’ultima di attendere alle ordinarie occupazioni , dopo aver dimenticato, durante un intervento chirurgico, una garza di grosse dimensioni in prossimità della colonna vertebrale.

Nel secondo caso, i componenti di un equipe chirurgica sono stati assolti dall’accusa di lesioni personali colpose dopo aver lasciato una lama di bisturi nell’addome del paziente durante l’intervento chirurgico cui quest’ultimo era stato sottoposto.

Al di là del contenuto della norma ciò che appare evidente, è che la giustizia tende a fornire un’interpretazione della stessa tenendo conto dei precedenti relativi al tema delle linee guida e quindi a conferire al dettato normativo un significato non innovativo ma coerente con l’evoluzione già in corso e con riguardo anche alla distinzione tra colpa lieve e colpa grave.

Francesca Grasso