Tra storia, fede e tradizione: il Vascelluzzo

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Ѐ una delle tradizioni più antiche di Messina e si rinnova ogni anno la domenica in cui la Chiesa celebra la solennità del Corpus Domini. Ѐ la processione del “Vascelluzzo”. Si tratta della riproduzione in scala ridotta di un galeone cinquecentesco, in tutti i suoi dettagli: tre alberi, i pennoni che reggono le vele, otto cannoni per fiancata. In legno grezzo ricoperto da lamine di argento lavorate a cesello, il manufatto è lungo un metro e alto due e mezzo e poggia su una base argentea incisa col motivo ad onde marine ornata con foglie e fiori. Fu realizzato da abili mani tuttora ignote, molto probabilmente nella seconda metà del XVI secolo in contemporanea con l’istituzione della Confraternita peloritana di Santa Maria di Portosalvo dei Marinai cui appartiene. Successivamente, a partire dal 1644, subì dei rimaneggiamenti, come testimoniano le date incise sulla struttura.

Portare in processione il Vascelluzzo ha un significato preciso per i messinesi: ricordare e ringraziare la Madonna, protettrice di Messina, per tutte le volte in cui la città venne salvata dalla fame e dalle carestie grazie all’arrivo nel porto di galeoni carichi di grano.

Il Vascelluzzo, adorno appunto di spighe di grano, viene portato a spalla dalla Chiesa di Santa Maria dei Marinai al Duomo; qui, su due dei suoi alberi viene fissato sotto una corona regale sorretta da due puttini alati, un reliquario contenente i “Sacri Capelli” con cui Maria, secondo la tradizione, legò la lettera che inviò ai messinesi. Dal Duomo, in serata, parte la processione: a sfilare per le vie principali del centro, insieme all’ostensorio con il SS. Sacramento, anche il Vascelluzzo. Una volta conclusa, e riconsegnata la preziosa reliquia, il Vascelluzzo è riportato alla chiesa dei Marinai e le spighe di grano vengono distribuite ai fedeli, che le custodiscono in casa in segno di augurale abbondanza.

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Ma quali sono gli avvenimenti storici alla base di questa tradizione? I fatti maggiormente collegati al Vascelluzzo risalgono al 1302 e al 1603.

Nel 1302, Messina era cinta d’assedio per mare e per terra dal duca di Calabria Roberto d’Angiò. Ciò impediva che i rifornimenti di viveri giungessero nella città, che ormai era in preda a una grave carestia. I messinesi dunque si rivolsero ad Alberto, un monaco in odor di santità, e per intercessione delle preghiere di questi alla vergine Maria, vennero soccorsi da navi cariche di grano comandate dal leggendario cavaliere templare Ruggero de Flor.

Nel 1603, una terribile carestia attanagliava la città peloritana. Le navi straniere, sapendolo, evitavano di passare dallo stretto per non essere prese d’assalto dai messinesi affamati. Si narra che un’imbarcazione greca diretta a Napoli osò transitarvi e proprio in quel momento, per intercessione della Madonna, si alzò un forte vento che costrinse la nave a riparare nel porto messinese. In quell’occasione, le 5000 salme di frumento che essa trasportava furono la salvezza dei messinesi.

Altre carestie flagellarono Messina nel corso del XVII secolo: in particolare nel 1636 e nel 1653; tutte risolte grazie all’intervento mariano.

Nel perpetuo ricordo dell’aiuto di Maria concesso alla città, fu fatto costruire il Vascelluzzo come un vero e proprio ex voto. E ancora oggi, dopo secoli, ogni anno Messina rinnova la sua devozione mariana portandolo in processione e tenendo viva la memoria e la tradizione ad esso legate.

Francesca Giofrè