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La frutta: dono preziosissimo della Natura

Universome Redazione
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Immaginiamoci in una giornata afosa, a mezzogiorno e nella beata Sicilia. Unico cibo, che abbiamo voglia di mangiare in queste condizioni, è la frutta, quel meraviglioso dono che alcune piante ci fanno da millenni. Ma cosa sono realmente i frutti? Perché le piante dovrebbero utilizzare le loro preziose energie per darci del cibo? Da cosa sono fatti? Perché sono colorati? Ha più calorie un frutto maturo o uno acerbo? In questo articolo cercheremo di rispondere a queste ed ad altre curiosità. Cercherò di farvi comprendere che l’arancia, non è solo bella, dolce e nutriente, è anche viva!

Il frutto è quell’organo della pianta che ha la funzione di fornire protezione, nutrimento e mezzo di diffusione al seme che contiene. Tuttavia, se torniamo ad osservare la nostra amata arancia, notiamo che essa non ha semi. Il motivo è dovuto al fatto che l’uomo, ormai da secoli, crea ibridi, per migliorare sempre di più il sapore di tali pietanze. Un altro esempio sono le banane, che hanno subito le stesse modifiche genetiche delle arance, attraverso infiniti incroci avvenuti nei secoli. La riproduzione di queste piante è assicurata, quindi, non dal frutto, che ha perso i suoi semi, ma dall’uomo, attraverso procedure artificiali come l’innesco.

Questa è una foto della ancestrale Musa Balbisiana, dalla quale derivano, attraverso l’incrocio con un altra specie (Musa Acuminata), quasi tutte le moderne banane. Quando si genera un ibrido (come il caso della “moderna” banana), questo, quasi sempre, non ha i semi.

Attraverso i semi, contenuti nei frutti, le piante si riproducono. Più un frutto riesce a proteggere e a nutrire a lungo il seme, più sarà garantita la sopravvivenza e la diffusione di quella specie. Nella riproduzione delle piante entrano a far parte anche altri organismi viventi, come l’uomo. L’uomo è un animale egoista. Se qualcosa gli piace, tenta in tutti i modi di preservare quel qualcosa. Se una pianta è in grado di fornire frutti belli, dolci e saporiti, state pur certi che quella pianta avrà vita lunga. Inoltre è stato dimostrato che molti semi riescono a sopravvivere all’azione dei succhi digestivi di molti esseri viventi. Questo significa che anche i semi di un frutto ingerito possono, se raggiungono il terreno dopo aver attraversato l’intero canale alimentare, dar vita ad una pianta. Inoltre, in questo modo, il frutto sfrutta un organismo vivente come un mezzo per raggiungere territori ancor più vasti e ciò non può che essere positivo ai fini della diffusione della specie.

Penso che in natura non esista organo più incline al volersi far mangiare da altri organismi viventi, per rispondere a tale desiderio il frutto va incontro a maturazione. Nella prima fase di crescita, il frutto diventa sempre più voluminoso, mentre il seme si perfeziona rendendosi funzionale. Importante che tale fase avvenga sull’albero, poiché il frutto nei primissimi momenti di vita è dipendente dai nutrienti che la pianta gli dona. Successivamente, quando il frutto ha raggiunto un minimo stadio di maturazione, può continuare questo processo da solo.

La maturazione di tale organo, una volta staccato dall’albero, è garantita dal fatto che le cellule del frutto riescono a respirare e a vivere anche dopo che il frutto ha lasciato l’albero. Questo è possibile grazie alla parete cellulare delle cellule vegetali, non presenti nelle cellule animali, che conservano al loro interno più a lungo acqua e altre molecole indispensabili. Quindi quando poniamo sul carrello della spesa la nostra bellissima frutta, questa è ancora viva: le sue cellule stanno effettuando la respirazione, ovvero quell’insieme di reazioni chimiche che generano energia sotto forma di ATP, partendo da substrati come zuccheri e ossigeno. E’ inoltre interessante notare che la resistenza di un frutto al di fuori della pianta è inversamente proporzionale all’intensità della respirazione, ovvero più un frutto matura velocemente, al dì fuori della pianta, quanto prima esso deperirà.

Ci sono due grandi famiglie di frutti: i climaterici ed i non climaterici. I primi, dopo essere stati raccolti, producono un ormone volatile chiamato etilene che è in grado di far continuare la maturazione del frutto. I secondi continuano la maturazione solo grazie all’etilene esogeno, che può essere somministrato dall’uomo o da frutti climaterici posizionati vicini.

 

L’etilene è un ormone vegetale la cui principale azione è quella di favorire la maturazione del frutto. Tale processo è notevolmente dispendioso dal punto di vista energetico, e per questo motivo con essa aumenta anche la respirazione delle cellule del frutto.

La produzione di etilene è favorita da alcuni fattori:

  • l’Auxina, altro ormone vegetale.
  • Stress, come ferite e urti. Infatti se notate una mela ammaccata matura molto più velocemente.
  • Ritmi Circardiani (si ha un picco di produzione diurno, un po’ come il nostro cortisolo).
  • Infine lo stesso etilene ha un azione permissiva sulla propria produzione.

Come fanno questi fattori ad aumentare la formazione di etilene? Andando ad attivare l’enzima ACC sintasi

 

Quali sono gli effetti all’interno della cellula di questo ormone?

L’etilene, attraverso una via di trasduzione, va a regolare la trascrizione di specifici geni che codificano determinati enzimi, indispensabili per la maturazione del frutto e per altre funzioni.

Gli enzimi a questo punto sintetizzati cosa faranno?

  • La clorofilla, pigmento notoriamente verde, viene ridotta in molecole più semplici, talvolta con formazione di nuovi pigmenti, come carotenoidi, xantofille e antociani, che impartiscono ai frutti maturi la loro colorazione.
  • Alcune cellule cominciano ad accumulare nei vacuoli diverse sostanze, aumentando di volume e arricchendosi di molecole fino a raggiungere la composizione caratteristica del frutto maturo (questo solo quando il frutto è ancora posto sulla pianta).
  • L’amido, presente nella banana, viene ridotto in carboidrati più semplici. Rendendo, in questo modo, il frutto più dolce.
  • Le macromolecole di pectina vengono idrolizzate in acidi pectici, rammollendo la polpa e la buccia del frutto.

Spero che da adesso in poi vedremo la frutta con occhio diverso. Penseremo al fatto che essa sia viva, che essa stia sintetizzando etilene ai fini di continuare il suo processo di maturazione, al fini di apparire più bella ai nostri occhi e più saporita, per il solo unico suo scopo di essere mangiata da noi. Vi lascio con un’ultimissima interessante nozione: un frutto più maturo è più dolce, ma non più calorico di uno acerbo. Le calorie si basano sulla quantità di zuccheri e non sulla qualità. Durante il processo di maturazione la frutta non aggiunge zuccheri, ma li idrolizza soltanto, rendendoli “semplici”. Gli zuccheri semplici entreranno prima nel circolo sanguigno rispetto ai zuccheri complessi di un frutto più acerbo, donandovi subito più energia e vitalità. Per non parlare del sapore, ma a chi piace la banana quando è ancora verde? Forse abbiamo, davanti a noi, l’unico caso, in cui, un qualcosa di buono, non per forza fa “ingrassare” di più, anzi, fa stare bene.

Francesco Calò