Immagine non disponibile

Teneramente folle: cosa vuol dire avere un orso bipolare come padre.

Universome Redazione
UNIVERSOME REDAZIONE
Film
cinema hollywood markruffalo mayaforbes recensione

Il film che verrà recensito oggi è ambientato a Boston alla fine dei magnifici anni ’70.

Cameron Stuart è un marito e padre amorevole, diplomato ad Harvard, bravissimo cuoco e con una grande inventiva.
Purtroppo Cam è affetto da disturbo bipolare e a causa di uno scompenso psicotico perde il lavoro e viene ricoverato in una clinica psichiatrica per qualche settimana.
La moglie di Cam, Maggie cerca con tutte le sue forze di trovare un impiego per poter iscrivere le figlie in una scuola privata affinché ricevano una buona istruzione. Purtroppo per una donna afroamericana con figli trovare un lavoro a Boston è immensamente difficile.
Così Maggie prende una difficile decisione: rinuncia al suo ruolo di madre e si trasferisce a New York per frequentare un master di 18 mesi alla Columbia.
Con un po’ di riluttanza affida le figlie al marito, appena uscito dalla clinica psichiatrica. Come se la caverà la famiglia Stuart?

Il titolo in inglese (Infinitely polar bear) si basa su un simpatico gioco di parole per cui la figlia più piccola, Faith, usa il termine “orso polare” al posto di “bipolare”

Il disturbo bipolare è un grave disturbo psichico caratterizzato da periodi di profonda depressione che si alternano a periodi di iperattività, euforia ed eccessiva stima di sé che possono portare a veri e propri deliri. Il film quindi abbatte il radicatissimo stereotipo secondo cui il malato di mente debba per forza essere violento e quindi sia inadatto a fare il padre. Ma questo film non parla solo dello stigma nei confronti dei pazienti psichiatrici.
Parla di un padre che affronta la sua malattia per tenere insieme la famiglia, parla di una madre disposta a fare mille sacrifici pur di assicurare alle figlie un futuro migliore, parla di come nonostante tutto un lieto fine sia possibile.

Si tratta del film d’esordio come regista di Maya Forbes (uscito nel 2014), con una trama fortemente autobiografica. Quando la regista aveva sei anni infatti, sua madre ha preso un master alla Columbia e lei e la sorella sono state affidate al padre, Cameron Forbes, affetto da disturbo bipolare.
Non stupisce infatti l’atteggiamento indulgente con cui viene descritto il protagonista. La Forbes non manca di includere scene più crude – si ricorda ad esempio lo spezzone in cui le bambine spaventate chiudono fuori di casa il padre ubriaco – ma queste sono compensate da momenti che mostrano il lato tenero del padre, disposto a passare la notte in bianco pur di cucire la gonna da ballerina di flamenco alla figlia.

Mark Ruffalo (Cameron nel film) riesce meravigliosamente a rendere le varie sfaccettature di un personaggio molto complesso e risulta sempre credibile.

Zoe Saldana (che interpreta la madre, Maggie) è bravissima come sempre, ma il suo personaggio, probabilmente per scelta della regista, rimane sempre sullo sfondo.

Menzione speciale va fatta per Imogene Wolodarsky (figlia della regista) e Ashley Aufderheide, che interpretano rispettivamente Amelia e Faith.
È difficile trovare al giorno d’oggi delle piccole attrici così brave, che reggono perfettamente il confronto con due tra gli attori più famosi di Hollywood.

Il film è poi deliziosamente permeato da una dolce atmosfera nostalgica, resa perfettamente dalla colonna sonora stile anni ‘70, dai colori saturi e da alcune riprese in modalità super 8 che ricordano i vecchi filmini fatti in famiglia.

Una promettente regista che ha deciso di omaggiare il padre come solo una figlia innamorata può fare, un cast eccezionale e con un’intesa incredibile e una fotografia perfetta, fanno di Teneramente folle una pellicola che difficilmente potrà essere dimenticata.

Renata Cuzzola