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Dopo Dolly: Zhong Zhong e Hua Hua, un nuovo successo per la clonazione animale

Universome Redazione
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Scienza & Salute
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L’Istituto di neuroscienze dell’Accademia cinese delle scienze a Shanghai ha recentemente reso pubblica la riuscita di un esperimento che ha portato alla clonazione di due primati, le scimmie Zhong Zhong e Hua Hua, con la stessa tecnica che vide la creazione della pecora Dolly. Una notizia meravigliosa dunque nell’ambito della ricerca biomedica, in quanto l’esperimento è finalizzato ad una “produzione in serie” di altri primati, in modo da ridurre il numero di cavie animali utilizzate per gli esperimenti  nei laboratori.

Le due scimmie su cui è stata effettuata la clonazione

 

I precedenti 

Il più noto precedente di clonazione animale è certamente quello della pecora Dolly che venne creata il 5 Luglio 1996 al Roslin Institute, a pochi chilometri da Edimburgo. Sebbene non fu il primo animale ad essere clonato con successo, fu il primo esperimento riuscito di clonazione mammifera effettuata utilizzando una cellula somatica adulta. La prima scimmia ad essere clonata fu invece Tetra, esemplare femmina di macaco reshus nata a Portland nell’ottobre del 1999, all’Università per le scienze della salute dell’Oregon, ottenuta però con la scissione dell’embrione, tecnica molto simile al processo naturale che porta alla nascita di gemelli identici.

 

L’esperimento 

La riuscita dell’esperimento su Zhong Zhong e Hua Hua è significativa perché dimostra che anche sui primati è possibile attuare la tecnica utilizzata in passato per la pecora Dolly. Numerosi erano stati i tentativi fino ad ora, ma tutti fallimentari ed anche Zhong Zhong e Hua Hua sono le uniche scimmie nate vive su 6 gravidanze, a conferma della difficoltà e dell’importanza del progetto. «Abbiamo provato diversi metodi – racconta Qiang Sun, direttore del Nonhuman Primate Research Facility dell’Accademia cinese delle scienze – solo uno ha funzionato. Ci sono stati tanti fallimenti prima di trovare la strada per clonare con successo una scimmia».

Nel metodo utilizzato, la cellula viene privata del nucleo, sostituito da quello prelevato da una cellula di un altro animale. L’ovulo è poi fecondato artificialmente e l’embrione in fase iniziale di sviluppo viene impiantato nell’utero di una madre surrogata, che darà alla luce una perfetta copia dell’animale che ha fornito il nucleo. I precedenti tentativi sulle scimmie erano falliti perché i nuclei delle loro cellule differenziate contengono geni che impediscono lo sviluppo dell’embrione. I ricercatori cinesi sono riusciti ad attivarli utilizzando interruttori molecolari ad hoc.

Tra gli importanti sviluppi vi è la riproduzione di “copie genetiche” animali identiche tra loro, che semplificherà la possibilità di fare su di esse esperimenti accurati. «Sarà importante per la ricerca avere a disposizione animali geneticamente identici più vicini all’uomo, come ora accade per esempio con i topi– afferma Carlo Alberto Redi, genetista dell’Università di Pavia e Accademico dei Lincei- ciò permetterà di eliminare variabili inevitabili negli animali riprodotti naturalmente. È anche una buona notizia in prospettiva per la preservazione di razze animali in via di estinzione, ma la cosa più importante a mio avviso è un’altra ancora, e cioè il fatto che se i ricercatori cinesi sono riusciti a ottenere questo risultato significa che sono riusciti a identificare i meccanismi che consentono di “accendere” o “spegnere” determinati geni per fare in modo che una cellula somatica, come i fibroblasti che hanno utilizzato loro, possa essere messa in condizione di “tornare” a uno stato tale da potere essere indirizzata a uno sviluppo diverso. L’importanza di questo aspetto è straordinario, perché l‘epigenetica, cioè quanto interviene sul Dna per condizionarne il comportamento è qualcosa che riguarda tutti noi, e condiziona lo sviluppo di molte malattie. Capire in che modo l’ambiente interviene sul Dna e come lo modifica in modo tale da farci ammalare, è quanto ci interessa di più oggi. Così agiscono il fumo per i tumori, o gli zuccheri eccessivi eccetera. Unico limite che mi sembra di ravvisare da quanto è stato comunicato finora è che il risultato è stato ottenuto su fibroblasti fetale, quindi con una differenziazione probabilmente non ancora completa, ma ciò non toglie che sia un risultato importante».

 

Le critiche

Non tutti però hanno commentato positivamente la riuscita dell’esperimento. È il caso del Vaticano e dell’Ente Nazionale Protezione Animali, che hanno espresso critiche e perplessità a riguardo.

«Al contrario della ipotesi di clonazione umana, sulla quale la Chiesa non può che esprimere la sua condanna più forte e totale, sulla clonazione animale il magistero ecclesiastico non ha finora espresso una condanna esplicita, ufficiale, lasciando il tema alla valutazione responsabile degli scienziati– dichiara il cardinale Elio Sgreccia, teologo e storico portavoce della Santa Sede sui temi della bioetica- non c’è dubbio che il passaggio dalla prima pecora Dolly ad altri animali e ora persino alla scimmia, ovvero a un primate così vicino all’uomo, rappresenta un autentico attentato al futuro dell’intera umanità. C’è il fortissimo rischio che la clonazione della scimmia possa essere considerato come il penultimo passo, prima di arrivare alla clonazione dell’uomo, evento che la Chiesa non potrà mai approvare».

Per quanto riguarda l’Enpa l’avvenimento costituirebbe un passo indietro anche per la ricerca.  Non solo la clonazione animale è eticamente inaccettabile, secondo l’ente, ma è anche  evidente l’impossibilità di traferire all’uomo tutti i risultati della sperimentazione animale, il che renderebbe questo tipo di clonazione poco utile.

 

Ivan Brancati