Galleria Vittorio Emanuele III: gran tesoro dell’inconsapevole Messina

Universome Redazione
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Cultura Locale
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img_7268Uno dei quattro monumentali edifici che danno forma circolare alla caratteristica piazza Antonello, sul corso Cavour, è il Palazzo della Galleria Vittorio Emanuele III. Unica nel suo genere nel Meridione, insieme alla Galleria Umberto I di Napoli, è espressione di quello stile liberty, ma eclettico allo stesso tempo, tipico del periodo della ricostruzione post-terremoto del 1908.

La sua storia prende il via nei primissimi anni Venti, allorquando gli interessi pubblici del Comune, desideroso di restituire a Messina uno spazio che rivitalizzasse il centro urbano nelle ore diurne e serali, si sposarono con quelli privati della Società Generale Elettrica della Sicilia, che finanzierà i lavori, nella speranza di dare finalmente una sede decorosa e definitiva ai propri uffici. Il progetto fu affidato all’architetto e ingegnere messinese Camillo Puglisi Allegra, noto e operativo in tutta Italia. I lavori, intrapresi nel 1924 e conclusi nel 1929, consegnarono alla città un edificio prestigioso, che fu intitolato “al nome Augusto del Sovrano”.

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img_2026L’ingresso principale, posto su Piazza Antonello, è costituito da un portico con un monumentale arco segnalato da robuste paraste e da un fastigio sopraelevato. All’interno, la Galleria si compone di tre bracci, che conducono ai tre ingressi, e che danno all’edificio la forma di una “Y”. Le volte a botte che sovrastano i bracci hanno dei lucernai a vetri colorati. Le ripartizioni geometriche della pavimentazione, realizzata con tesserine a mosaico, sono in armonia, se non addirittura in diretta relazione, con le forme e le composizioni della copertura sovrastante.

I tre bracci confluiscono, al centro, in uno spazio esagonale su cui, in asse, sitrova una cupola vetrata. Si tratta in realtà di una doppia volta, protettiva all’esterno, artistica all’interno, ideata al fine di mitigare le escursioni termiche. Il telaio metallico di sostegno delle vetrate artistiche, a differenza di altre monumentali Gallerie italiane ed europee, è ancorato ad una struttura intelaiata in cemento armato, anziché in ferro o ghisa.img_2023

Altra peculiarità progettuale della struttura è la presenza di una scalinata interna all’estremità del braccio che porta all’ingresso di via Oratorio della Pace, elemento atipico per una Galleria del genere ma necessario per far fronte alla differenza di altezza tra leimg_2012 strade urbane. In ogni caso, ai tempi fu considerato un edificio d’avanguardia, grazie alle stupefacenti decorazioni (opera degli scultori Ettore Lovetti, Giuseppe Ajello e Antonio Bonfiglio) e alle innovative soluzioni tecniche: prime fra tutte le reti idriche, elettriche e telefoniche, con installazione completamente incassata.

Per il suo pregio, l’edificio è stato dichiarato nel 2000 bene d’interesse storico- artistico ai sensi della legge 1089/39.

Ma qual è stato il suo ruolo negli anni? Pensata come piccolo cuore pulsante della città, ricco di uffici e negozi, in realtà ad oggi la Galleria è adibita solamente a luogo di ristorazione e cocktail bar. Inoltre, per anni, ha versato in uno stato di pressoché totale abbandono: ha dato rifugio agli sbandati ed è stata valvola di sfogo per i vandali. Tutto questo nonostante i tre restauri, eseguiti negli anni 60, 90 e nei primi anni 2000.

L’ultimissimo restauro, invero, si è concluso proprio in questo dicembre. I lavori, voluti dal Comune e sostenuti dalla Soprintendenza ai Beni Culturali e da diversi gruppi privati, hanno impegnato anche alcuni ragazzi dell’Istituto professionale Verona-Trento che sono stati gli esecutori materiali dell’opera di riqualificazione e abbellimento della Galleria. La speranza è che questa sia la volta buona e che a nessun messinese (e non solo) pianga più il cuore nel vedere una tale bellezza deturpata. Che, insomma, sia la vera rinascita della Galleria! 

Francesca Giofré

Foto di Giulia Greco