“Carol”

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Quando si entra in sala , per quelle due ore ci allontaniamo dalla nostra quotidianità e viviamo altre vite, epoche e mondi. cate-blachett
Capita però qualche volta che il mondo e la storia con cui entriamo in contatto lascino qualcosa dentro di noi, una sensazione, difficile da descrivere e spesso fonte di riflessione.

Ed è per questo che oggi mi prenderò la briga di darvi un consiglio cinematografico che potrà essere utile non solo per apprezzare un bel film ma anche per compiere questa riflessione e, forse, ampliare il nostro punto di vista. Mi permetterò di parlarvi di questo film che si chiama “Carol” del regista Todd Haynes.

Presentato a maggio a Cannes, apprezzatissimo dal pubblico di tutti i festival da Roma a Londra. Ha fatto conquistare a Rooney Mara la palma d’oro a Cannes. Candidato a 5 Golden Globes e 6 Oscar fra cui miglior attrice protagonista e miglior attrice non protagonista.

La storia è tratta dal libro di Patricia Highsmith “The Price of Salt” nel quale si narra l’incontro e l’amore che nasce fra due donne nell’America degli anni 50. Potrei essere più specifica ma vi rovinerei, la sensazione che durante tutto il film si prova. I motivi per cui andare al cinema sono molteplici, non mi soffermerò molto sul fatto che l’interpretazione di Cate Blanchett (Carol) è sublime e coinvolgente , come sempre, e che Rooney Mara (Therese) non sbaglia nessuna delle sue scelte lavorative.

La sintonia fra le due attrici è tangibile, traspare dallo schermo. I soliti malpensanti hanno additato questo a passate e possibili preferenze sessuali delle due, a cui la Blanchett a Cannes , con la tua solita schiettezza che tanto ci piace, ha tagliato corto dicendo “La domanda che mi fu posta , da quel che ricordo, era “ ha mai avuto relazioni con donne?” e io dissi “certo, ma se lei si riferisce a relazioni sessuali la risposta è no.” Ma ovviamente ciò non è stato trascritto. Ma la vera domanda , nel 2015, dovrebbe essere “a chi importa?”.

Todd Haynes , il quale per la prima volta non ha scritto la sceneggiatura del film, con una delicatezza disarmante racconta questo amore, le difficoltà e i tabù degli anni ’50, un’epoca che gli è cara (v. Lontano dal paradiso) , e riconferma di essere uno dei migliori registi del nostro tempo e di avere quella empatia che pochi registi riescono a trasmettere al pubblico.

La bellezza pervade il film: la fotografia e i costumi , compiti assegnati a due “pezzi da 90” come Edward Lachman (Io non sono qui, Erin Brockovich, Il giardino delle vergini suicide,Radio America) che gioca con la luce e sfrutta l’effetto della pellicola in super 16mm con cui è girato il film e Sandy Powell (The Wolf of Wall Street, Cenerentola, The Aviator, Gangs of New York) che trasmette i sentimenti di ogni personaggio con i vestiti e i loro colori.

Un film giocato sui piccoli gesti, i più veri. Sulle mani, mani che sfiorano, che stringono, che danno conforto, in una società rigida, ancorata a tanti preconcetti ed al silenzio, per vergogna per paura di perdere tutto. Il silenzio a cui ci si ribella perchè non si vuole più negare se stessi , per quel sentimento identico per tutta l’umanità che è l’amore.

Tempo storico lontano dal nostro, ma in realtà i punti di contatto purtroppo sono ancora gli stessi. Todd Haynes e le sue due muse narrano con semplicità dell’amore, i sentimenti , i tremori, la passione delle due donne , gli stessi che tutti noi abbiamo provato almeno una volta nella vita. Ed è proprio questa disarmante chiarezza che ci fa uscire dalla sala soddisfatti, contenti e pensare che l’amore è amore per tutti e dire , forse anche a chi è restio riguardo a questi rapporti, “Who cares?”.

Arianna De Arcangelis