Miti e leggende nella provincia di Messina

La Sicilia è una delle terre più ricche di leggende e tradizioni grazie al ruolo centrale rivestito nell’antichità e ai numerosi popoli che l’hanno abitata, rendendola la patria da noi oggi conosciuta e vissuta. Moltissimi sono i miti legati a Messina ma altrettanti -forse meno conosciuti- vedono protagoniste le altre città della provincia, dalla costa ionica a quella tirrenica.

Giardini Naxos e Taormina

Taormina e Giardini Naxos sono da sempre mete molto ambite dai turisti stranieri e dai siciliani stessi, ma in pochi sanno che le due città nascondono storie molte antiche e altrettante curiosità.

Giardini Naxos, prima colonia greca della Sicilia, è infatti strettamente legata alle vicende di Teocle, militare greco. Secondo varie leggende l’uomo, avendo offerto in sacrificio al dio del mare Nettuno un fegato poco cotto, ne subì l’ira e fu vittima di un naufragio, riuscendo però a sopravvivere e approdando nelle coste della città nel 734 a.C. Egli successivamente chiamò a sé i greci da Naxos, nome da cui deriva quello attuale della città.

Statua di Teocle, Giardini Naxos – Fonte: TripAdvisor

Al confine tra Giardini Naxos e Taormina si trova un torrente, chiamato dagli abitanti Sirina, per via degli echi provenienti dalle profondità che ricordano il canto delle sirene. Secondo un’antica leggenda infatti in una notte di luna piena un gruppo di ragazzi trovatosi nei pressi del torrente non ebbe più ritorno. Gli abitanti raccontano che i ragazzi si fossero trasformati in sirene e che ancora oggi, nelle notti di luna piena, sia possibile ascoltarne il canto.

La storia di Taormina va invece ricercata nelle origini del nome della città, Tauromenium, ovvero abitazione del Tauro. Questo ci riporta al mito del Minotauro, essere mostruoso della mitologia greca con il corpo di uomo e la testa di toro, raffigurato anche in moltissimi stemmi e monete della città.

Fiumedinisi

La città di Fiumedinisi, sul versante ionico dell’isola, era originariamente chiamata Nisa, in ricordo del monte greco Nysa, dimora delle ninfe e luogo in cui il dio Dioniso trascorse la sua fanciullezza. La devozione al dio è resa evidente anche dal tempio in suo onore, costruito -secondo la tradizione- dagli abitanti sulla cima del Monte Belvedere.

Saffo e Faone, Jacques Louis David – Fonte: Wikipedia

La storia della città è legata inoltre a quella di una famosa poetessa, Saffo di Lesbo. La donna, probabilmente giunta in Sicilia in fuga dalla patria, conobbe un altro fuggitivo, Faone, e se ne innamorò nonostante l’uomo rimase nell’isola anche dopo il ritorno della poetessa a Lesbo. Chiari riferimenti si hanno nelle Heroides di Ovidio, nell’epistola di Saffo a Faone:

“Ora giungono a te, come nuove prede, fanciulle siciliane: cosa ho a che fare io con Lesbo? Voglio essere siciliana. Voi, madri Nisiadi e nuore Nisiadi, scacciate dalla vostra terra quel vagabondo!”

Novara di Sicilia e l’Altopiano dell’Argimusco

Novara di Sicilia, al confine tra i Nebrodi e i Peloritani, è protagonista di numerose leggende legate alle sue rocche, Rocca Salvatesta e Rocca Leone. La seconda in particolare si pensa risalisse al tempo delle lotte fra Zeus e i Giganti:  Zeus, geloso del potere e della forza del gigante Tifone, lanciò dei fulmini contro il leone che quest’ultimo aveva addomesticato. I primi due fulmini colpirono la collina formando le montagne di Colle Barca e Pizzo Russa, ma il terzo colpì il leone pietrificandolo proprio nella Rocca Leone.

L’Orante dell’Argimusco – Fonte: massimotamajo.it

Connesso a livello paesaggistico alla Rocca Salvatesta è l’altopiano dell’Argimusco, un sito naturalistico ed archeologico che sorge nella Riserva Naturale del Bosco di Malabotta. Qui si trova un complesso di megaliti, legati anch’essi a numerose leggende e misteri. Uno di questi è quello dell’Orante o della Dea Neolitica che raffigura una donna in preghiera. La figura della donna fu ricollegata a quella di Marta d’Elicona, protagonista di alcune leggende popolari, che per sottrarsi al corteggiamento di un demone, pregò di essere  trasformata in pietra.

Patti e Tindari

Patti è un comune del versante tirrenico della provincia di Messina. Desta particolare curiosità la denominazione di Tindari, una piccola frazione, luogo particolarmente apprezzato sia dagli abitanti che dai turisti. Il nome è legato alla storia dei Dioscuri greci, Castore e Polluce, protettori dei naviganti e figli di Zeus e Leda. I due gemelli infatti venivano definiti anche Tindarini, dal nome di Tindaro, re di Sparta e marito effettivo di Leda.

I gemelli Castore e Polluce – Fonte: Wikipedia

La loro storia ebbe origine a Sparta, la loro patria, e si diffuse in tutta la Magna Grecia e persino nell’Impero Romano successivamente; si racconta che fecero anche parte degli Argonauti, partiti alla ricerca del Vello d’oro. Moltissime monete ritrovate durante gli scavi proprio nella zona di Tindari testimoniano inoltre il loro ruolo di protettori della città.

Santo Stefano di Camastra

Santo Stefano di Camastra è uno dei comuni appartenenti al Parco Naturale dei Nebrodi, famoso – tra le altre cose – per le sue ceramiche, in particolare le famose Teste di Moro, realizzate in moltissime città siciliane.

Teste di Moro – Fonte: youontour.it

Queste ultime nascondono una storia di amore e vendetta che vede protagonisti un uomo arabo, il Moro, e una giovane donna siciliana, sullo sfondo della Sicilia sotto la dominazione araba. Secondo la leggenda i due si innamorarono ma l’uomo nascose alla donna di avere una famiglia pronta ad attenderlo in Oriente. La fanciulla, colta dall’ira e dalla gelosia, colpi l’amato durante il sonno e trasformò la sua testa in un vaso in cui piantò una pianta di basilico, simbolo di regalità (sostituita nella ceramiche da una corona): l’uomo non l’avrebbe così più lasciata per far ritorno alla sua terra.

 

Cristina Lucà

Fonti:

tempostretto.it

argimusco.net

comunedinovarasicilia.me.it

aditusculture.com

comune.patti.me.it

vanillamagazine.it

Le incredibili curiosità della Sicilia, Francesco Musolino

Immagine in evidenza:

Teste di Moro – Fonte: catania.liveuniversity.it

 

 

Giove e le sue Lune: tra Mito e Astronomia

Arrivate dalla sonda Juno le prime immagini di GioveIl 5 agosto 2011, a bordo di un razzo Atlas V alla Cape Canaveral Air Force Station, è stata lanciata Juno, una sonda della NASA, il cui compito è quello di studiare il campo elettromagnetico di Giove.

Il 4 luglio di questo anno, finalmente, questa piccola sonda è arrivata a destinazione e il 10 luglio ha inviato le prime foto del grande pianeta con le sue 3 lune (la quarta è rimasta nascosta, Callisto): Io, Europa e Ganimede.

Il pianeta si riesce a vedere molto bene, per quanto non si hanno ancora documenti in alta risoluzione, con le sue bande orizzontali e la famosa Grande Macchia Rossa.

Finalmente quindi, Zeus e le sue amanti, possono essere visti da tutti noi. I nomi delle lune, infatti, derivano proprio dalla storia greca, dove Io, Europa e Callisto erano le amanti di Zeus (il corrispettivo greco di Giove), mentre Ganimede era il suo cocchiere (e amante).

satelliti-di-giove

Con altre missioni spaziali si sono potute constatare le caratteristiche delle lune: Callisto è il più grande oggetto solare conosciuto, Ganimede è l’unico con un campo magnetico proprio e formato da ghiacci crateri e distesa oceanica salata, Io è l’oggetto solare più geologicamente attivo con colate laviche che gli danno il caratteristico colore giallo e, infine, Europa avente la superficie più liscia di qualsiasi altro oggetto solare. Quest’ultima, inoltre, sembrerebbe essere giovane e provvista di acqua: la qual cosa ha fatto ipotizzare agli scienziati che potrebbe esserci vita su essa.

Dunque, adesso, tocca al Grande Pianeta Rosso, Giove, svelarci i suoi segreti.

Juno ha compiuto un lungo viaggio di quasi 3 miliardi di chilometri e resterà a ruotare sull’orbita gioviana per avvicinarsi gradualmente all’atmosfera del pianeta, impiegando un totale di 53 giorni: intorno al 27 agosto dovrebbe, dunque, attivare la fotocamera ad alta risoluzione per poter inviare sulla terra altre incredibili foto di Giove.

La sonda, al momento, trasporta 9 strumenti scientifici di cui 3 firmati dalla nostra nazione: l’italia, infatti, ha partecipato al progetto con lo spettrometro Jiram (realizzato da Leonardo-Finmeccanica a Capi Bisenzio ) per lo studio delle aurore polari che si sviluppano dall’incontro delle particelle solari con il campo magnetico del pianeta; il KaT (progettato dall’Università della Sapienza di Roma ), che servirà per la mappatura interna del pianeta e, infine, l’AST (realizzato da Leonardo-Finmeccanica), sensore che dovrà cercare di mantenere la sonda sulla giusta rotta dell’orbita del pianeta.Giove

Ma non sono gli unici ‘’passeggeri’’ italiani sulla sonda Juno: a bordo anche la targa con il ritratto di Galileo Galilei, con la sua firma e il testo in cui, il medesimo scrittore nel 1610, descriveva proprio Giove e le sue 4 lune. Inoltre ci sono anche 3 statuine Lego che raffigurano sempre Galileo e, a fargli compagnia, Giove e Giunone.

Non manca nessuno, quindi, in questa avventura nello spazio. Ora bisogna solo avere la pazienza di aspettare i dati che verranno raccolti, durante questi 20 mesi, dalla sonda Juno e conoscere, finalmente, i segreti del pianeta ‘’Gigante’’ già, appunto, descritto da Galileo ma rimasto, fino ad ora, un vero e proprio mistero.

Elena Anna Andronico