Guerra in Ucraina: Nato intransigente sulle annessioni della Russia e le minacce nucleari di Putin

Il conflitto Russia-Ucraina iniziato 7 mesi fa con l’invasione russa del territorio ucraino non intravede al momento una fine, bensì una coltre densa di minacce nucleari e incessanti attacchi incombono sul Paese che continua la sua controffensiva nel nord-est, cercando di riprendersi altri territori occupati dalla Russia. Quest’ultima venerdì scorso ha annunciato l’annessione tramite referendum di quattro regioni ucraine, gesto che la comunità internazionale non ha esitato nel definire illegittimo e assurdo.

Ciononostante, nelle ultime 48 ore le forze ucraine hanno guadagnato terreno significativo nel nord-est dell’Ucraina, intorno a Lyman, e nella regione di Kherson, a sud. Questo significa che la Russia non ha più il pieno controllo di nessuna delle quattro regioni dell’Ucraina che affermava di aver annesso la scorsa settimana.

Referendum annessione. Fonte: Euronews

La condanna dei “referendum farsa”

Lunedì 3 ottobre il Parlamento russo, la Duma, ha ratificato l’annessione delle quattro regioni dell’Ucraina nelle quali si sono svolti quelli che la comunità internazionale ha definito ”referendum farsa”. Lo ha annunciato il presidente della camera bassa del Parlamento russo Vyacheslav Volodin. Le regioni in questione sono Donetsk, Luhansk, Kherson e Zaporizhzhia, che insieme rappresentano circa il 18 per cento del totale del territorio ucraino.

Di fronte ad un simile risvolto, i capi di Stato di nove Paesi europei membri della Nato (Repubblica Ceca, Estonia, Lettonia, Lituania, Macedonia del Nord, Montenegro, Polonia, Romania e Slovacchia) hanno fermamente sostenuto che non riconosceranno l’assorbimento delle quattro regioni da parte della Russia. Nella stessa dichiarazione congiunta sostengono poi il percorso verso l’adesione dell’Ucraina all’Alleanza Atlantica e invitano tutti i 30 Paesi membri a intensificare gli aiuti militari a Kiev, esprimendo così piena solidarietà all’Ucraina:

“Ribadiamo il nostro sostegno alla sovranità e all’integrità territoriale dell’Ucraina e non riconosciamo e non riconosceremo mai i tentativi della Russia di annettere il territorio ucraino”, si legge nella nota congiunta.

Il segretario generale NATO, Stoltenberg. Fonte: Agenzia Nova

A chiarire ulteriormente le posizioni intransigenti della Nato le parole del segretario generale, Jens Stoltenberg, durante una conferenza a Bruxelles:

“Le regioni di Donetsk, Luhansk, Kherson e Zaporizhzhia sono ucraine, così come lo è la Crimea”, ha detto.

“Putin è il principale responsabile di questa guerra e il principale attore che deve fermare il conflitto. Se la Russia fermerà il conflitto, ci sarà la pace, se l’Ucraina si arrenderà, smetterà di esistere come una nazione indipendente”, sottolineando che “la Nato non è in guerra con la Russia, il nostro obiettivo adesso è continuare a sostenere l’Ucraina in ogni modo, per metterla in condizione di difendersi dall’aggressione della Russia”.

Putin minaccia sul nucleare

“Il popolo ha fatto una scelta netta. Ora i loro abitanti diventano nostri cittadini per sempre”, ha esordito Putin al termine dei referendum. Il non riconoscimento del risultato dei referendum, e delle conseguenti annessione, da parte della comunità internazionale potrebbe aumentare il rischio di utilizzo di armi nucleari: quella del presidente Putin è infatti una retorica tanto ripetitiva quanto pericolosa e imprudente. Un qualsiasi uso di armi nucleari avrebbe conseguenze gravi per la Russia e cambierebbe la natura del conflitto, come fatto esplicitamente sapere dal segretario generale della Nato Stoltenberg, nel corso di un’intervista al programma “Meet the press” su Nbc.

Il messaggio che la Nato e gli Alleati della Nato mandano alla Russia è atto a far capire che, nonostante l’organizzazione non faccia parte del conflitto, una guerra nucleare non può essere vinta e mai deve essere combattuta; anche perché l’Ucraina – in quanto nazione indipendente e sovrana in Europa – ha pienamente diritto di difendersi da un’aggressione di guerra. Pertanto, sarebbe impensabile assecondare le minacce di Vladimir Putin sull’impiego di testate atomiche tattiche per proteggere i nuovi confini autoproclamati per mezzo di annessioni stabilite a tavolino.

Numeri da paura nei bilanci di vittime

Dopo aver riconquistato nel fine settimana Lyman, città chiave dell’Ucraina orientale, le forze ucraine hanno continuato la loro controffensiva spingendosi fino alla regione di Luhansk.
Divisioni russe nella regione settentrionale di Kherson e sul fronte di Lyman erano in gran parte composti da unità che erano state considerate tra le principali forze di combattimento convenzionali della Russia prima della guerra, come riportato in precedenza dall’Istituto per lo studio della guerra. Dunque, il fatto che l’esercito russo abbia riconosciuto che le forze di Kiev hanno sfondato le linee di difesa nella regione di Kherson rappresenta la loro più grande svolta nella regione dall’inizio della guerra. Una mappa del Financial Times evidenzia i progressi delle truppe ucraine.

Ma qualche recente successo delle truppe ucraine non basta per chiudere un occhio su un bilancio di vittime, feriti e sfollati che continua a crescere di settimana in settimana: dal 24 febbraio si contavano già ad agosto almeno 5 mila civili uccisi, di cui più di 300 minori e circa 6,6 milioni di rifugiati.

Strage di civili. Fonte: Il Mattino

Sarà un inverno difficile per l’Europa

Lunedì, una settimana dopo le esplosioni e la rottura del gasdotto Nord Stream nel Mar Baltico (causate da almeno due esplosioni con centinaia di chili di esplosivo, secondo i governi di Danimarca e Svezia), la guardia costiera svedese ha dichiarato che la fuoriuscita di gas dal Nord Stream 1 si è interrotta, mentre il gas continua a fuoriuscire in parte dal Nord Stream 2, con il metano che sale in superficie. La multinazionale russa Gazprom ha tuttavia affermato che i flussi di gas potrebbero essere presto ripresi nel filone B del gasdotto Nord Stream 2.

Sabotaggio gasdotto NordStream. Fonte: TGCom24

Ma non basta chiudere una voragine per risolverne un’altra altrettanto seria: secondo David Petraeus, ex direttore della CIA, l’Europa avrà un inverno difficile perché ci saranno pochissimi flussi di gas naturale. Ma ciononostante lo supererà, anche perché il generale statunitense non crede che sulle questioni del sostegno all’Ucraina si creerà una divisione tale da causare scontri interni: la coesione europea è cruciale più che mai.
Intanto Zelensky ha affermato che eventuali negoziati ci saranno solamente in una fase finale, mentre un imminente risultato diplomatico è alquanto improbabile, dal momento che lo stesso presidente ha comunicato venerdì che l’Ucraina avrebbe accettato colloqui di pace solo “con un altro presidente della Russia“. E per ora Putin, nonostante le recenti proteste contro la mobilitazione, risulta essere ben saldo al potere.

Verso la cronicizzazione del conflitto

Il conflitto in Ucraina è solo la punta dell’iceberg in un mare più ampio in cui Stati Uniti e Russia si confrontano per ragioni strategiche vitali: per Washington si tratta di mantenere l’Europa nella sua sfera di influenza a tutti i costi, usando la crisi per recidere quanti più legami economici possibili tra i paesi dell’UE e il suo rivale russo; nel caso di Mosca, i combattimenti alle sue porte si stanno estendendo sempre più verso est da quando, da oltre vent’anni, la NATO minaccia in un modo o nell’altro di inghiottire l’Ucraina.

Tutto ciò indica non la fine imminente del conflitto, bensì una sua cronicizzazione, probabilmente ben oltre il prossimo inverno del 2022-2023. E anche se la mediazione della Turchia potesse portare ad un ormai improbabile cessate il fuoco, si concretizzerebbe piuttosto, nella migliore delle ipotesi, in una fragile tregua, vale a dire senza la firma di una pace veramente duratura.

Gaia Cautela

 

Il Donbass dipende da Severodonesk: la città si divide a metà tra i combattimenti

La guerra in Ucraina ha ormai superato i cento giorni: soprattutto durante gli ultimi si sono verificati diversi eventi chiave per le sorti del conflitto, da cui lo Stato aggredito non sembra poterne uscire facilmente illeso. Infatti, durante gli ultimi giorni di maggio, l’esercito russo si è impegnato a completare la propria avanzata sulla regione del Donbass, entrando a Severodonetsk, città ucraina che oggi è rimasta l’ultimo grosso centro nella regione orientale di Luhansk.

Il Donbass al centro della seconda fase del conflitto

La conquista di Severodonetsk comporterebbe un importante vantaggio militare per la Russia, che potrebbe chiudere la cosiddetta “seconda fase” del conflitto per concentrare le proprie forze sulla conquista di altre regioni orientali dell’Ucraina, come Kramatorsk e Slovyansk. Inoltre, sarebbe già una prima vittoria da presentare al pubblico russo, in attesa di risultati da più di cento giorni. Secondo la rivista online Formiche, quanto ottenuto dall’esercito russo sarebbe dovuto ad una diversa gestione dello strumento militare russo, grazie alla quale «in queste ultime settimane il centro di gravità delle operazioni nel Donbass è rappresentato non solo dalla conquista della regione in senso stretto, quanto piuttosto dalla cattura, eliminazione o accerchiamento del dispositivo militare ucraino impiegato nella regione».

Mil.ru, CC BY 4.0, via Wikimedia Commons – Il generale russo Aleksandr Dvornikov

Sempre secondo la rivista, l’eliminazione delle forze ucraine dispiegate nel Donbass lascerebbe Kyiv senza le proprie unità migliori ed avrebbe delle ripercussioni sul morale dell’esercito ucraino.

Severodonesk resiste

In sostanza – continua Formiche –  la difesa di Severodonesk e Lysychansk risulta cruciale per l’Ucraina. Ed infatti, la città del Luhansk si trova adesso divisa a metà, con una controffensiva ucraina che è riuscita, dapprima, a recuperare il 70% della città, per poi ritrarsi fino al 50%. Secondo il governatore della regione, Serhiy Gaidai, nei prossimi cinque giorni ci potrebbero essere nuovi e più potenti attacchi russi e la situazione potrebbe cambiare ancora.

Grande preoccupazione per i civilicirca 15mila – rimasti bloccati nella città e impossibili da evacuare per via dei continui bombardamenti. Si teme, in particolare, che un assedio prolungato come quello verificatosi a Mariupol possa comportare una strage per quanti rimasti bloccati nella città.

Anche in caso di conquista, però, il destino dei civili rimasti non è positivo: secondo quanto riportato da Il Post, la russificazione delle città ucraine conquistate (come Kherson) si sta svolgendo all’insegna delle violenzeintimidazioni e degli stupri di guerra.

Il Presidente ucraino Zelensky ha affermato di essersi recato a Lysychansk e Soledar, in una visita estremamente vicina al fronte su cui si sta svolgendo una delle battaglie più intense del conflitto e, soprattutto, un caso raro in cui il Presidente varca i confini di Kyiv.

Ukrainian Presidential Press Service/ Reuters

Nuovi bombardamenti su Kyiv

Intanto, domenica mattina, Kyiv si è svegliata con dei nuovi bombardamenti (provenienti presumibilmente da sud) da parte di Mosca. Secondo il sindaco di Vitali Klitschko non ci sono feriti gravi, ma una persona è stata ricoverata in ospedale. Secondo ANSA, i missili avrebbero colpito una fabbrica nella zona orientale della capitale ucraina.

Immagini del fumo nero scaturito dal bombardamento sono girate sul web, con alcune testimonianze di civili che si trovavano nei paraggi.

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Intanto il Regno Unito si prepara ad inviare lanciarazzi a gittata di 80 km a Kyiv. La notizia è stata criticata dal Presidente russo Putin, che ha affermato che la consegna di nuove armi avrebbe il solo obiettivo di «estendere il conflitto».

Resta incerto il destino dei negoziati, dopo la notizia di alcuni incontri segretissimi tra vertici Ue, Usa e Uk per cercare un punto di svolta e, possibilmente, la fine del conflitto. Tra le questioni discusse negli incontri, anche il piano in quattro punti proposto dall’Italia, il cui contenuto era stato reso noto il mese scorso dal Ministro degli Esteri Luigi Di Maio. Resta ferma, secondo quanto sostenuto dal Ministro degli Esteri russo, Sergej Lavrov, «l’insindacabilità della liberazione del Donbass».

Valeria Bonaccorso

 

50 giorni dall’invasione in Ucraina: le parole di Zelensky. Si stringe la morsa russa su Mariupol

Il 14 aprile ha segnato il cinquantesimo giorno di conflitto dall’inizio dell’invasione russa in Ucraina, lo scorso 20 febbraio. Il Presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha commentato la ricorrenza affermando che nessuno pensava che il popolo ucraino avrebbe resistito così a lungo, «ma non sapevano quanto sono coraggiosi gli ucraini, quanto amano la libertà». Zelensky si è poi soffermato sull’eroismo del suo popolo:

«Siete diventati tutti eroi. Tutti, uomini e donne ucraini che hanno resistito e non si arrendono. E che vinceranno, che riporteranno la pace in Ucraina. Ne sono sicuro».

Intanto, il conflitto continua tra tentativi di de-escalation dell’Unione Europea, che pensa anche ad un embargo graduale sul petrolio russo (da discutere, però, al termine delle Presidenziali francesi), e tra una Finlandia che preme sempre più per l’adesione alla NATO. Il ministro finlandese per gli Affari europei Tytti Tuppurainen ha affermato, infatti, che il rapporto con la Russia sarebbe cambiato in seguito alle ultime azioni della Federazione, che – continua – sarebbero un «campanello d’allarme per tutti noi».

Mariupol sempre più in difficoltà

Peggiora la situazione a Mariupol, ormai rasa al suolo e accerchiata dalle truppe russe, che hanno preso il controllo della parte centrale della città, dividendo le forze ucraine al porto da quelle che si trovano nel quartiere industriale a est. I combattimenti si stanno concentrando soprattutto intorno all’acciaieria Azovstal, nel porto. Un vice comandante separatista russo avrebbe descritto alla TV di Stato russa l’acciaieria come: «la fortezza dentro la città».

Dentro l’acciaieria si nasconderebbe il cosiddetto Battaglione Azov, che rappresenta uno dei principali obiettivi di Putin.

Inoltre, il consiglio comunale della città di Mariupol afferma che gli occupanti russi hanno iniziato a riesumare i cadaveri sepolti nei cortili dei blocchi residenziali. Lo scrivono i funzionari su Telegram, citati dalla Bbc. A Mariupol ci sarebbero, secondo Kiev, 13 forni crematori mobili e le autorità cittadine sospettano che i russi stiano cercando di coprire i crimini di guerra. (ANSA)

(fonte: dailynews.ansneed.com)

Il caso dell’incrociatore russo affondato

Giovedì sera l’incrociatore russo “Moskva” è affondato mentre veniva rimorchiato, dopo aver perso stabilità a causa dei danni subiti dallo scafo durante un incendio avvenuto a bordo ore prima. Questa la versione ufficiale del Ministero della Difesa russo, che imputerebbe l’incidente, appunto, ad un incendio. Tuttavia, la controparte ucraina afferma di aver affondato l’incrociatore con due missili “Neptune” antinave.

Ad ogni modo, per ora nessuna delle due versioni sembra essere stata verificata. L’incrociatore “Moskva” era una delle navi più importanti di tutta la flotta russa, e l’affondamento è considerato da molti un duro colpo per l’esercito russo, sia dal punto di vista militare che simbolico.

Il dipartimento della Difesa degli Stati Uniti ha detto che cinque navi da guerra russe che si trovano nel Mar Nero settentrionale si sarebbero spostate verso sud, lontano dalle coste ucraine, poche ore dopo l’affondamento dell’incrociatore. Secondo diversi esperti militari potrebbe essere una conferma della versione ucraina: allontanandosi dalle coste ucraine le navi russe potrebbero voler prevenire un altro possibile attacco.

Tra l’altro, questa mattina a Kyiv sono stati confermati i bombardamenti di una fabbrica di sistemi missilistici antiaerei a lungo e medio raggio e di missili antinave.

(L’incrociatore Moskva. Fonte: analisidifesa.it)

Mosca blocca un giornale indipendente. Nell’ambasciata russa a Washington una lotta tra proiettori

Venerdì l’agenzia russa delle comunicazioni ha bloccato l’accesso nel paese al sito in lingua russa del Moscow Times, giornale online indipendente, per un articolo pubblicato dal sito il 4 aprile in cui si raccontava che alcuni agenti delle forze speciali russe si sarebbero rifiutati di combattere in Ucraina. L’agenzia ha giudicato la notizia falsa, procedendo a bloccare l’accesso al sito.

Intanto, è diventato virale un video pubblicato su Twitter che ritrae la bandiera ucraina proiettata sulle mura dell’ambasciata russa di Washington, opera di un piccolo gruppo di attivisti, a cui sembra che i funzionari dell’ambasciata abbiano provato a “porre rimedio” inseguendola con un altro proiettore. La didascalia del tweet recita: «Il gatto e il topo».

https://twitter.com/benjaminwittes/status/1514422654152982529?ref_src=twsrc%5Etfw%7Ctwcamp%5Etweetembed%7Ctwterm%5E1514422654152982529%7Ctwgr%5E%7Ctwcon%5Es1_c10&ref_url=https%3A%2F%2Fwww.ilpost.it%2Fflashes%2Fambasciata-russa-bandiera-ucraina-washington%2F

Biden contro Mosca: «è un genocidio»

Negli ultimi giorni il Presidente degli Stati Uniti Joe Biden ha accusato la Vladimir Putin di essersi macchiato di genocidio nei confronti della popolazione civile ucraina, in seguito all’ennesimo blocco dei corridoi umanitari in varie parti del paese mercoledì scorso. Inoltre, Kyiv ha affermato di star raccogliendo prove per dimostrare l’utilizzo di armi chimiche da parte dell’esercito russo.

Il Presidente Biden ha anche affermato – riporta il Daily Mail – di essere pronto per una visita ufficiale a Kyiv. Sembrerebbe che nelle ultime ore si stia decidendo su una visita da parte di un membro dell’Alta amministrazione americana. L’impegno del Presidente nei confronti della situazione ucraina sembra auspicare anche ad una rimonta nei sondaggi, che vedono a favore di Biden solo un 33%.

Valeria Bonaccorso

Il dramma delle donne transgender: bloccate al confine ucraino in quanto “uomini”

Centinaia di donne transgender ucraine stanno tentando da giorni a mettersi in fuga dal conflitto.  A bloccarle è la presenza nei loro passaporti del genere maschile di nascita.

Ucraina: centinaia di transgender in fuga -Fonte:tgcom24.mediaset.it

La questione del riconoscimento del genere e dell’omosessualità risulta essere ancora un tabù e si configura come “una guerra nella guerra”. La mancanza di legittima identificazione comporta l’impossibilità per queste donne di attraversare il confine. Ciò accade in quanto, le regoli attuali in Ucraina, vietano ai residenti uomini dai 18 ai 60 anni di abbandonare il Paese poiché obbligati a imbracciare le armi e difendere la patria.

La legge marziale Ucraina: cosa prevede

Già introdotta nel 2018 durante le tensioni con la Russia nello stretto di Kerch, la legge marziale è stata nuovamente promanata dal Presidente Zelensky.

Dopo l’invasione su vasta scala è stata introdotta in tutto il Paese un sistema di governo straordinario. Si tratta di un ordinamento giuridico separato che cambia da Nazione a Nazione e che sostituisce quello normalmente vigente. Può entrare in vigore quando uno Stato si trova in guerra, oppure per eccezionali esigenze di ordine pubblico e anche dopo un golpe militare.

Ucraina: legge marziale -Fonte:adnkronos.com

Le norme riducono generalmente alcuni dei diritti normalmente garantiti ai cittadini e in linea generale viene limitata la durata dei processi, prescrivendo sanzioni più severe rispetto alla legge ordinaria.

Ad incidere notevolmente c’è la sospensione di alcune leggi ordinarie e il controllo della normale amministrazione della giustizia che passa ai tribunali militari. Tra la compressione ulteriore delle libertà dei cittadini è altresì introdotto il divieto di riunioni politiche e uno stringente coprifuoco.

Secondo quanto riportato dall’attivista dei diritti umani e Presidente dell’organizzazione Lgbt+ Ucraina “Insight”, Olena Shevchenko

“La legge marziale dice che tutti i maschi sono obbligati a prestare servizio militare, quindi non possono lasciare il Paese. Tecnicamente, la legge si applica anche alle persone trans, inclusi uomini trans certificati e donne trans che non hanno cambiato i loro genere sui documenti. Ma sembra che le guardie di frontiera ucraine stiano impedendo anche alle persone trans con un certificato valido che riflette il loro nuovo genere di lasciare l’Ucraina, e nessuno sa perché.”

In Ucraina cambiare il genere e il nome sul passaporto richiede un lungo processo che induce molte persone a non portarlo a termine data la capziosa burocrazia e le molteplici valutazioni psichiatriche. Ciò che viene in rilievo da una delle principali associazioni di beneficenza transgender è che chiunque abbia scritto “maschio” sul passaporto rischia di essere respinto dal confine. Si stima che ci siano centinaia di donne trans che tentano di fuggire, ma che il 90% di quelle con cui è in contatto ha finora fallito, finendo per contrassegnare un ulteriore esempio di transfobia legale.

Le difficoltà di legittimazione

La forte emarginazione e discriminazione della comunità Lgbt+ ha origini ben anteriori alla situazione bellica attuale. Prima del 2017 infatti i membri della comunità trans dovevano sottoporsi per diverso tempo alla supervisione di un istituto psichiatrico, che potesse far attivare il processo di transizione. Sebbene oggi questa procedura sia stata snellita, non sono state istituite leggi antidiscriminatorie a tutela della comunità.

Donne transgender respinte al confine -Fonte:luce.lanazione.it

Lo si vede anche dalla posizione che occupa l’Ucraina nella classifica per il “trattamento complessivo delle persone Lgbtq+”. Secondo la International lesbian, gay, bisexual, trans and intersex Association sarebbe al 39° posto su 49 Paesi europei. Ciò viene ad essere riconfermato dall’impossibilità dei matrimoni gay, seguendo la scia della Chiesa cristiano-ortodossa che considera l’omosessualità un peccato.

I racconti di Judis e Alice

Donne transgender “Ci spediscono a combattere” -Fonte:liberatv.ch

La vicenda raccontata al “The Guardian” mette in mostra il pericolo rappresentato dalle politiche transfobiche della Russia e la negazione del passaggio in Paesi più sicuri.

La storia di Judis tratta di una donna transgender il cui certificato di nascita la definisce femmina, ma che alle 4 del mattino del 12 marzo, dopo una lunga ricerca, le è stato negato dalle guardie della frontiera di arrivare in Polonia, stabilendo altresì che fosse un uomo. La donna ha così raccontato

“Le guardie di frontiera ucraine ti spogliano e ti toccano ovunque… Puoi vedere sui loro volti che si stanno chiedendo ‘cosa sei?’ come se fossi una specie di animale o qualcosa del genere.”

Esperienza simile è stata vissuta anche da Alice, donna trans di Brovary e da sua moglie Helen, non binaria.

“Ci hanno portato in un edificio vicino al valico di frontiera. C’erano tre agenti nella stanza. Ci hanno detto di toglierci le giacche. Ci hanno controllato le mani, le braccia, il collo per vedere se avevo un pomo d’Adamo. Mi hanno toccato il seno. Dopo averci esaminato, le guardie di frontiera ci hanno detto che eravamo uomini. Abbiamo cercato di spiegare la nostra situazione, ma a loro non importava.”

Un problema non solo ucraino

Il dramma provato dalla comunità riguarda anche i Paesi di arrivo, infatti, secondo le ultime stime dell’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (Unhcr) gli ucraini giunti in Polonia dall’inizio dell’invasione russa, lo scorso 24 febbraio, sono già due milioni.

Ecco che al fine di proteggere le persone transgender da potenziali discriminazioni, numerose organizzazioni si sono attivate per aiutare i rifugiati. L’attivista della “Warsaw Pride” in Polonia, Julia Maciocha ha dichiarato ai microfoni dell’organizzazione indipendente e no-profit “National Public Radio (NPR)”

“Non vogliamo che vengano tenuti in campi profughi o in grandi edifici o luoghi enormi dove non sono al sicuro perché ovviamente l’omofobia esiste ancora in Polonia. Vogliamo assicurarci che vengano collocati con persone che capiscano i loro bisogni.”

Si comprende come probabilmente molti di questi lasceranno presto la Polonia, spostandosi nell’Europa occidentale, dove le “leggi sono più amichevoli”.

Julia Maciocha -Fonte:transnational-queer-underground.net

La possibile soluzione

Trans in fuga dall’Ucraina -Fonte:ilsussidiario.net

Le centinaia di segnalazioni ricevute inducono le associazioni Lgbtq di Kiev a proporre un’unica soluzione. Al fine di “tutelare”, seppur marginalmente la delicata questione, invitano le donne trans ad andare dal proprio medico e poi, con il certificato, recarsi all’ufficio militare per essere eliminate dalla lista per l’arruolamento.  

Ciò di certo non minimizza la difficoltà di doverlo spiegare a chi è riuscita a raggiungere il confine portando con sé documenti ufficiali, schivando colpi di mortaio ed esplosioni.

Giovanna Sgarlata

Russia-Ucraina: la situazione dopo quasi un mese dall’inizio del conflitto

Nella notte tra il 23 ed il 24 Febbraio le forze russe hanno invaso il territorio Ucraino. Un mese di attacchi aerei, bombardamenti e cruenti battaglie che non accennano a placarsi. Continuano ad essere insufficienti gli sforzi da parte di Zelensky (che di recente ha parlato in video-collegamento con Palazzo Chigi) per risolvere per via diplomatica lo scontro. La guerra, inoltre, sta mettendo in dura crisi l’Occidente sia per ciò che concerne l’economia ma anche (e soprattutto) l’equilibrio politico internazionale. L’Unione Europea e gli Stati Uniti hanno sin da subito condannato l’operato di Putin ma, se da una parte, uno dei personaggi politici europei rilevanti come il Presidente francese Macron continua a cercare un punto d’incontro con Mosca attraverso dei colloqui diretti ad evitare ulteriori danni, d’altra parte il Presidente statunitense Joe Biden continua a rilasciare dichiarazioni e critiche molto dure nei confronti del Presidente russo Vladimir Putin.

L’accusa di Biden

«Putin valuta l’uso di armi chimiche e biologiche»

Queste le parole del Presidente degli Stati Uniti dopo aver aggiunto che in questo momento la Russia si troverebbe «con le spalle al muro». Mosca ha subito smentito queste affermazioni e tramite un comunicato del Ministero degli Esteri ha convocato l’ambasciatore statunitense John Sullivan. La tensione tra le due parti sembra crescere. Peraltro, il portavoce del Cremlino Dmitrj Peskov, di recente intervistato alla CNN, alla domanda su un possibile attacco nucleare da parte della Russia ha risposto:

«Solo in caso di minaccia all’esistenza della Russia stessa»

Dmitry Peskov, portavoce del Cremlino. Fonte: ansa.it

Nel suo lungo intervento – documentato dalla giornalista Christiane Amanpour – si è potuto capire quanto l’attacco russo sia stato organizzato nei minimi dettagli. Queste le parole di Peskov:

«L’operazione procede secondo i piani»

Per quel che riguarda la durata ha aggiunto:

«Nessuno pensava che un’operazione militare speciale in Ucraina avrebbe richiesto un paio di giorni»

Tali dichiarazioni, così chiare e dirette, lasciano trasparire un’inquietante sicurezza da parte del governo di Vladimir Putin.

Il numero dei soldati russi caduti durante la guerra

Apparsi e poi spariti dopo pochi minuti, il dato che chiariva il numero dei soldati russi deceduti sul campo di battaglia era stato pubblicato su un tabloid pro-Putin. 9861 sembrerebbero essere i morti e 16153 i feriti. Il giornale, dopo aver cancellato la notizia, ha parlato di attacco hacker. Ingenti le perdite per Mosca, che secondo alcune fonti sarebbe sull’orlo di una crisi sanitaria, con la maggior parte dei posti letto occupati dai feriti di guerra. In alcuni ospedali sono stati sospesi i servizi medici essenziali per la popolazione.

Immagine dal campo di battaglia. Fonte: lanotiziagiornale.it

Problemi al fronte per i soldati russi

«Tutti abbiamo visto i soldati russi che saccheggiavano i supermercati»

Il portavoce del Pentagono John Kirby descrive così la condizione dei militari russi al fronte. Nelle ultime ore, infatti, si parla di come le «forze di Kiev stiano riguadagnando terreno» e probabilmente ciò è dovuto alle numerose difficoltà logistiche che sta affrontando l’esercito di Mosca, tra cui appunto la reperibilità del cibo.

Mariupol: la distruzione della città

L’elevato numero di combattenti russi deceduti testimonia quanto la voglia di arrendersi da parte dell’Ucraina sia veramente poca, ma soprattutto fa prendere atto di come, in situazioni come questa, sia difficile trovare un vinto o un vincitore ma solamente distruzione e morte su entrambi i fronti. Basti pensare alla città di Mariupol, continuamente presa di mira dall’esercito russo che ha iniziato a bombardarla quasi ininterrottamente. Un comune che – secondo i dati – prima dell’attacco contava ben 480.000 abitanti, adesso – secondo la BBC – vede il numero di persone scendere a circa 300.000. Le condizioni di vita dei cittadini rimasti sono disperate, privati dei beni di prima necessità, costretti a vivere senza acqua corrente né riscaldamento. Mettendo a confronto le immagini risalenti a più di un mese fa – prima dell’inizio del conflitto armato – con quelle attuali si fatica a trovare somiglianze. Il sindaco Vadym Boychenko ha affermato che ormai ben l’80% degli edifici della città sarebbe andato distrutto. In seguito, ha definito la sua città come una «nuova Hiroshima», ennesimo paragone con scenari bellici che credevamo ormai essere di esclusiva pertinenza storica e che invece, purtroppo, non sembrano più lontani nel tempo, bensì quanto mai attuali.

Immagini dal satellite: Mariupol prima e dopo i bombardamenti. Fonte: fanpage.it

Francesco Pullella

 

Zelensky in video-collegamento con Palazzo Chigi, ma non tutti sono presenti

Ospitato nelle scorse settimane, tramite collegamento video, al Parlamento Europeo, a Berlino, Londra, Washington, Ottawa e Gerusalemme, il presidente dell’Ucraina Volodymyr Zelensky è atteso oggi a Palazzo Chigi. Un viaggio virtuale per il mondo, iniziato il 1° marzo, per chiedere aiuti per il suo Paese, dilaniato dal conflitto con la Russia.

 

Zelensky in collegamento con il Parlamento tedesco qualche giorno fa (fonte: evenpolitics.com)

Le polemiche e gli assenti

L’incontro con il Parlamento italiano è stato preceduto dalla polemica. Alcuni parlamentari, nelle scorse ore, avevano annunciato la loro assenza al Parlamento stamattina, in segno di protesta contro il premier Draghi, accusandolo di non essersi confrontato con il governo prima di prendere la decisione di accettare l’incontro:

«Il Parlamento è stato zittito da Draghi. – ha detto il senatore Crucioli – È inaccettabile che non sia previsto un dibattito o una interlocuzione tra i parlamentari, per prendere una risoluzione con voto rispetto a quello che il presidente Zelensky ci dirà. Parlerà solo il presidente del consiglio Draghi nella casa del Parlamento italiano e solo lui potrà tirare le somme ed esprimere la posizione del Paese, senza nessun dibattito democratico.».

Mattia Crucioli, ora nel gruppo di Alternativa, sostiene che, accettare di ascoltare le richieste che Zelensky da tempo fa al mondo, ancora una volta e in questa modalità, equivalga a schierarsi a favore delle scelte, in termini di guerra, dell’Ucraina e dunque contro la Russia, abbandonando una netta neutralità, almeno a livello teorico.

«Noi siamo contro l’invio delle armi, che, oltre ad essere contrario al nostro ordinamento, butta solamente benzina sul fuoco. E oltre alle questioni etiche, la nostra neutralità avrebbe evitato il rischio di una escalation militare e avrebbe permesso alla diplomazia, anche italiana, di fare la sua parte nel velocizzare le trattative per la pace.».

Ricevere il presidente significa, così, secondo alcuni, assecondare la sua linea d’azione, non vista di buon occhio, per le incessanti richieste di intervento nella dinamica della guerra rivolte al resto del mondo, come, ad esempio, con l’istituzione della no fly zone o l’invio di truppe. Se accontentato decreterebbe lo scoppio di una terza guerra mondiale.

L’incontro in agenda è visto, a detta di alcuni, come un “evento mediatico” svilente per il Parlamento, “un comizio tra il presidente Zelensky e Draghi, senza possibilità di interazione alcuna.”

Oltre il gruppo Alternativa, la pensano così, e avevano già dichiarato di aderire all’“ammutinamento” di stamane, il leghista Simone Pillon, Enrica Segneri del M5S, Emanuele Dessì, passato al PD e reduce da una trasferta in Bielorussia, e Gianluigi Paragone, leader di Italexit. Preannunciate anche due assenze tra le file di Forza Italia, quelle di altri parlamentari prima eletti con il Movimento 5 Stelle: Veronica Giannone e di Matteo Dall’Osso.

Quest’ultimo aveva pronunciato parole scottanti: “Sono orientato a non esserci, si dà visibilità solo a una parte. Anche Putin in Aula? Chi lo chiede fa bene”.

Ospitare Zelensky e non ascoltare quello che magari avrebbe da dire Putin, qualora gli venisse fatto e accettasse un invito, sarebbe una via più democratica, a quanto sembra, ascoltando le dichiarazioni di alcuni politici italiani.

Anche il presidente della Camera, Roberto Fico, si è espresso duramente sulla questione, dimostrando anche lui malcontento: l’Italia non dovrebbe affatto inviare armi, di cui il più recente convoglio è partito proprio stamattina dall’aeroporto civile di Pisa, tra altre critiche, per essere stato inserito sotto la dicitura di “aiuti umanitari”. Attenersi strettamente aun ruolo super partes”, promuovendo l’azione della diplomazia e la ricerca della pace immediata, per il presidente è l’unica cosa da fare.

 

Il “tour” per il mondo del presidente ucraino sta abbassando il sentiment nei suoi confronti?

Tutto ciò avviene all’indomani di una drastica svolta al Parlamento Ucraino: dopo la sospensione di 11 partiti e forze parlamentari, che non erano allineati al nazionalismo più oltranzista.

La stretta politica ha dato forza ai sospetti di chi già non apprezzava la linea di difesa di Zelensky, non disposto a ottenere la pace a tutti i costi, non fin quando questa prevedrà la cessione di anche solo una parte dei territori ucraini alla Russia, come proposto da quest’ultima in occasione degli scontri a Mariupol.

Negli scorsi giorni, inoltre, il presidente Ucraino, in collegamento con Gerusalemme, durante il suo intervento ha usato espressioni shock, che hanno scandalizzato molti, soprattutto il presidente israeliano. Ha paragonato quanto sta succedendo in Ucraina alla soluzione finale usata dalla Germania nazista contro il popolo ebreo.

«La nostra gente ora vaga per il mondo. Questa guerra totale vuole distruggere la nostra terra, la nostra cultura, i nostri figli» ha sbraitato Zelensky.

Queste parole non hanno suscitato sentimento positivo, anzi hanno scatenato critiche e proteste a Gerusalemme e Tel Aviv. Il presidente israeliano Naftali Bennett ha, infatti, dichiarato:

«Non credo che l’Olocausto dovrebbe essere paragonato a nessun altro evento. È stato un evento unico nella storia umana, con uno sterminio di un popolo metodico e su scala industriale in camere a gas. Un evento senza precedenti».

Zelensky, alla dura risposta ricevuta, ha controbattuto, dicendo che l’Ucraina scelse di salvare gli ebrei 80 anni fa. “Ora è tempo che Israele faccia la sua scelta“, ha proseguito. Bennett, però, non ci sta a paragonare Putin a Hitler, la guerra in Ucraina alla Shoa, anzi, ha ritenuto il paragone particolarmente oltraggioso.

Il presidente israeliano Bennett non ammette paragoni tra Ucraina e Shoa (fonte: lastampa.it)

Nonostante questo, Zelensky non si arrende, continuando a lottare per la sua causa. La pace a tutti i costi, per ora, non è una scelta contemplata, anche se è stata, nelle ultime ore, avanzata l’ipotesi di indire un referendum tramite il quale avere un riscontro dalla popolazione ucraina sulla linea adottata dal suo governo e quella da adottare in futuro.

 

Rita Bonaccurso

Putin appare in pubblico per le celebrazioni dell’anniversario dell’annessione della Crimea

Nel mezzo del conflitto in Ucraina, in Russia si festeggia l’anniversario dell’annessione della Crimea nel 2014. L’evento, svoltosi ieri 18 marzo, ha subito attirato l’attenzione di tutto il mondo, perché connotato da un forte significato simbolico e per l’improvvisa e strana scomparsa di Vladimir Putin dal palco dal quale ha parlato alla folla. Il presidente russo ha infatti deciso di presenziare all’evento e per questo ha suscitato molto stupore. Dallo scoppio della guerra, quasi non vi sono state affatto apparizioni in pubblico, a parte rarissime eccezioni.

Putin allo stadio per parlare alla gente (fonte: stampa-tuttigiorni.com)

L’evento per le celebrazioni dell’anniversario dell’annessione della Crimea

Mosca, Stadio Luzhniki, 90mila spettatori e il presidente Putin al centro della scena, sul palco su cui poi si sono esibiti musicisti e cantanti per le celebrazioni. Intorno una folla esultante, in ovazione sugli spalti per le parole pronunciate. Numerosissime le bandiere dei nazionalisti sventolate. Nel frattempo, circa 100mila persone all’esterno, almeno secondo quanto raccontato dai media russi.

Una festa dalle sfumature patriottiche per l’importante ricorrenza: l’ottavo anno dalla data di annessione dei territori della Crimea alla Russia.

Queste, immagini completamente diverse da quelle viste nelle scorse settimane, per le strade delle città russe, dove sfilavano in pacifici cortei migliaia di cittadini contrari alla guerra in Ucraina, contrari alle scelte del loro presidente, repressi dalla polizia, e tra questi molti arrestati.

 

Il discorso di Putin: la lode alla Crimea e all’eroismo dei soldati russi

In mezzo allo stadio pieno, un Putin in un giaccone blu da più di un milione di rubli, circa di 13mila euro, di marca italiana. Per tutto lo stadio moltissimi slogan sugli striscioni: “Per un mondo senza nazismo!”, “Per il presidente!“, “Per la Russia!“. Moltissime “Z” sui vestiti di presentatori, musicisti e partecipanti all’evento, perché ormai simbolo importante, già visto sulle divise dei soldati e sulla carrozzeria dei mezzi militari russi, impegnati in Ucraina. Secondo quanto riferito dal ministero della Difesa russo, il segno starebbe per “Za pobedu“, cioè “Per la vittoria”. Inoltre le Z sono state realizzate con un nastrino, uguale a quello indossato ogni 9 maggio, il giorno di San Giorgio, giorno in cui ricorre anche l’anniversario della vittoria della Russia sulla Germania nazista, durante la Seconda guerra mondiale.

Gli slogan a favore della guerra (fonte: notizie.virgilio.it)

Il presidente ha pronunciato un discorso tutt’altro che conciliante: dalla celebrazione dell’anniversario ricorrente, si è, poi, pronunciato sulla situazione in Ucraina:

«Sono gli abitanti della Crimea che hanno fatto la scelta giusta, si sono opposti al nazionalismo e al nazismo, che continua ad esserci nel Donbass, con operazioni punitive verso quella popolazione. Sono stati loro le vittime di attacchi aerei ed è questo che noi chiamiamo genocidio. Evitarlo è l’obiettivo della nostra operazione militare in Ucraina»

Ancora una volta ha parlato di un’“operazione militare speciale lanciata per evitare il genocidio dei russi” nella regione del Donbass per mano del governo ucraino. Ancora una volta ha rivendicato le sue scelte, dimostrando un’ostinatezza inscalfibile: “Sappiamo cosa deve essere fatto e come farlo. E sicuramente attueremo tutti i piani”, ha poi aggiunto. Ha lodato la Crimea per aver voluto tornare a un destino comune alla sua storica patria, bloccando l’avanzata di presunti neonazisti, in nome di un’unità. Appare, dunque, chiaro l’intento dietro il parallelo Crimea-Ucraina.

Poi, anche un riferimento al linguaggio biblico, alzando i toni della sua retorica: “Non c’è amore più grande che donare la propria anima per i propri amici. Questo è un valore universale per tutte le confessioni in Russia e in particolare per il nostro popolo“.

Il discorso di Putin sembra dunque non lasciare dubbi sulle sue attuali intenzioni riguardo l’Ucraina. Un “Paese in mano a un regime neonazista”, che vuole sconfiggereper liberare un popolo che ritiene uguale e parte di quello russo. Abbiamo imparato a capire le convinzioni del presidente russo, con l’evento al “Luzhniki” di Mosca abbiamo capito che non sono cambiate.

Pare riuscire a mantenere il consenso anche di molti cittadini, oltre che di quello di personaggi potenti e facenti parte della sua cerchia politica più stretta, Putin punta tutto sul ricorso al patriottismo e alla lode dell’eroismo del proprio esercito. Di questo ha parlato anche il suo fedele sindaco di Mosca, Sergei Sobyanin, giudicando l’intervento delle forze armate russe in Ucraina, le quali starebbero combattendo per nobili valori, per la difesa di quella fetta di popolazione russofona vessata da “continui bombardamenti aerei” in atto nella regione del Donbass, per mettere fine al “genocidio”. Quindi, è per estinguere queste sofferenze che la Russia avrebbe deciso di attuare ciò che non definisce mai attacco militare.

(fonte: gazzettadelsud.it)

Il presidente russo, chiuso nella sua ostinatezza

Eppure, sembra che l’evento non sia andato realmente come raccontato. Ci sarebbero stati fischi contro Putin e, proprio per questo, la regia avrebbe interrotto il discorso del presidente della Russia con qualche secondo di musica.

È lo scenario delineato da un video pubblicato su Telegram dal canale Ateo Breaking. Secondo la ricostruzione, a fischiare sarebbero stati soprattutto studenti presenti tra il pubblico, contrari alla guerra in Ucraina.

Il Cremlino, invece, ha ufficialmente dichiarato che l’interruzione sia stata dovuta ad un problema tecnico ad un server. In ogni caso, quello che ha generato sospetto sull’accaduto è la scomparsa di Putin dal palco, per poi non tornare più. Alcuni hanno addirittura pensato che il presidente, in realtà, non fosse realmente lì, che il suo intervento sia stato architettato ad hoc con il computer.

Potrebbe esser stato, comunque, davvero un problema della diretta, ma ciò non cambia che l’evento abbia avuto un forte impatto sull’opinione pubblica.

Non era per niente scontato assistere a ciò che è stato organizzato: il politico attualmente con più nemici nel mondo, fino ad adesso è rimasto nel suo isolamento ben pianificato, sotto la massima protezione e un gruppo di assaggiatori personali per i suoi pasti. Lo avevamo visto in compagnia di Macron, qualche tempo fa, ma seduti agli antipodi di un lunghissimo tavolo, che segnava una grande distanza tra lui e il francese, e allo stesso tempo, lanciava un forte messaggio: quello che il presidente russo sembra davvero distante dal resto del mondo che lo supplica di segnare la parola fine.

 

Rita Bonaccurso

Ucraina: svolta nei negoziati. Sì alla neutralità, ma non come vuole Putin. “Garanzie di sicurezza contro la Russia”

«Ogni guerra termina con un accordo», ha affermato questa notte il Presidente ucraino Volodymyr Zelensky in un videomessaggio dove ha reso noto che i negoziati con la Russia stanno procedendo «in modo più realistico». Si tratterebbe di un prima grande svolta nel panorama del conflitto che ha coinvolto l’Ucraina dal 24 febbraio scorso: svolta confermata per la prima volta anche da fonti ufficiali russe, quali il Ministero degli Affari Esteri russo Sergej Lavrov, che ha aperto alla possibilità di un compromesso.

Mi baso sulle valutazioni fornite dai nostri negoziatori, i quali dicono che i negoziati non stanno andando bene per ovvi motivi, ma che c’è comunque un margine di speranza di raggiungere un compromesso.

Tuttavia, il ministro Lavrov ha subito ribadito le richieste della Russia: smilitarizzazione dell’Ucraina e sicurezza delle popolazioni russofone nell’Est del Paese, oltre che rinuncia all’adesione al Patto Atlantico.

L’uso della lingua russa e la libertà di espressione sono importanti.

L’Ucraina rinuncia alla NATO: ma quale neutralità?

La notizia giunge in seguito ad un discorso tenuto in videoconferenza da Zelensky nel quale ha ammesso che «L’Ucraina non è nella NATO e non possiamo entrarci, va riconosciuto». Un passo indietro significativo, che ha subito indotto a credere che il Paese di avvii verso la neutralità.

Nelle ultime ore, il portavoce del Cremlino Dmitry Peskov ha fatto sapere che la neutralità dell’Ucraina potrebbe basarsi sul modello austriaco o svedese, ma Zelensky ha rigettato la proposta, chiedendo garanzie di sicurezza. (ANSA)

L’Ucraina è in uno stato di guerra diretto con la Russia. Pertanto il modello può essere solo ucraino.

Ha spiegato così il motivo del rifiuto dei modelli austriaco o svedese Podolyak, il consigliere presidenziale e negoziatore di Kyiv.

(fonte: ilmessaggero.it)

In un articolo dell’ISPI di alcuni giorni fa, si sostiene che il problema dei negoziati non verterebbe sulla neutralità di Kyiv, su cui entrambe le forze sono d’accordo: «La grande differenza è sull’interpretazione del principio». Sembrerebbe che Putin voglia fare dell’Ucraina una nuova Bielorussia, sbarazzandosi dell’attuale esecutivo per imporvi un presidente-marionetta alla stregua del bielorusso Lukashenko; eppure – scrive ISPI – i colloqui tenutisi in Turchia tra Lavrov e Kuleba, Ministro degli Esteri del “governo nazista” di Kyiv, indicherebbero un sostanziale segno di debolezza del Cremlino, ormai giunto al limite del default.

Ci sarebbe poi il modello di neutralità finlandese, che ben si concilierebbe ad un immaginario democratico e da membro dell’Unione, status a cui il Paese guidato da Zelensky aspira ormai da tempo.

Improbabile un intervento militare NATO

Durante un simbolico incontro tra Zelensky ed una delegazione europea composta dai vertici di Polonia, Repubblica Ceca e Slovenia, il vice primo ministro polacco Kaczyński ha detto che la NATO dovrebbe inviare in Ucraina una forza di peacekeeping «armata». Si tratterebbe al momento di una strada altamente improbabile.

Nella giornata odierna è in corso un incontro d’emergenza dei membri del Patto Atlantico. Il Segretario per la Difesa statunitense Lloyd Austin ha affermato:

Rimarremo uniti in supporto dell’Ucraina, sostenendo il loro diritto ad autodifendersi.

È previsto che i vari Ministri per la Difesa impongano ai relativi comandanti militari di designare nuove strategie per scoraggiare la Russia, tra cui più truppe e difese missilistiche sul fianco orientale della NATO.  «Dobbiamo riadattare il nostro atteggiamento militare a questa nuova realtà», ha dichiarato martedì il Segretario Generale della NATO Jens Stoltenberg.

(fonte: nato.int)

Alcuni giorni fa, delle fonti della BBC hanno rivelato che la NATO sta facendo il possibile per evitare un’escalation e, di conseguenza, l’attivazione dell’Articolo 5 del Patto Atlantico, ossia il principio della difesa collettiva, che prevede che un eventuale attacco armato contro una o più delle parti in Europa o nell’America settentrionale sarà considerato come un attacco diretto contro tutte le parti, e di conseguenza si conviene che se un tale attacco si producesse, ciascuna di esse, nell’esercizio del diritto di legittima difesa, individuale o collettiva, riconosciuto dall’art. 51 dello Statuto delle Nazioni Unite, potrà procedere anche all’utilizzo della forza armata.

«Tuttavia – afferma Jenny Hill, corrispondente a Mosca per la BBC – più le truppe russe avanzano ad ovest, più aumenta il rischio di un attacco accidentale (o intenzionale) in territorio NATO». Per di più, il 13 marzo dei missili russi hanno colpito una base ucraina al confine con la Polonia, membro del Patto Atlantico, allarmando immediatamente il Paese confinante.

Altri bombardamenti nella notte. In arrivo controffensiva ucraina

Intanto, nelle ultime ore, Mariupol è stata attaccata anche dal mare di Azov. Lo riferisce Petro Andryushchenko, consigliere del sindaco della cittadina ucraina, precisando che gli attacchi delle navi da guerra vanno ad aggiungersi ai raid aerei.

Anche Kharkiv è stata attaccata durante la notte, con due morti confermati e due edifici residenziali distrutti (The Guardian). Le navi russe presenti nel mar Nero hanno iniziato a bombardare le coste vicino alla città di Odessa, porto principale del paese. A Kyiv è stato distrutto un palazzo di dodici piani, causandone il parziale collasso. Le operazioni di soccorso sono state particolarmente difficili per questa ragione.

Secondo quanto rivelato da Podolyak, le forze armate ucraine starebbero lanciando «controffensive in diverse zone operative», ma al momento non sono stati aggiunti ulteriori dettagli.

Valeria Bonaccorso

 

La Russia e le operazioni “false flag”. Di cosa si tratta e cosa l’esercito russo potrebbe stare architettando

Durante gli antecedenti al conflitto tra Russia e Ucraina, si è parlato di tentativi, da parte degli Stati Uniti, di infiltrazione nella dinamica, tramite operazioni militari false flag”, cioè “falsa bandiera”: fingersi il nemico per creare un pretesto per attaccarlo, compiendo una terribile azione e facendo poi passare la stessa come compiuta per mano dell’avversario.

Oggi lo stesso presidente americano, Joe Biden, ha più volte cercato di avvertire il mondo del fatto che proprio la Russia sia, invece, pronta a usare questa strategia nel conflitto ormai aperto da più di due settimane.

L’espressione “false flag” è nata per descrivere una tecnica adoperata spesso nella pirateria: i pirati brandiscono bandiere amiche e false, per attirare navi mercantili da attaccare, le quali, a loro volta, credono si stia avvicinando un soggetto, appunto, non offensivo.

Nel tempo, è stato poi usato per descrivere genericamente qualsiasi attacco – reale o simulato – per incriminare un avversario e creare le basi per un’offensiva.

(fonte: globalist.it)

 

Un presunto attacco russo “false flag” a un villaggio bielorusso presso il confine con l’Ucraina

Diverse agenzie di intelligence occidentali hanno avvertito che la Russia utilizzerà operazionifalse flagcome parte del suo piano di disinformazione, durante il suo attacco all’Ucraina. Sappiamo come questa sia una delle armi più potenti, se non la più potente a questo punto del conflitto, in mano al Cremlino: la disinformazione.

Il popolo russo ne è la prima vittima, che, da lunedì 14 marzo, non potrà usufruire di Instagram, dopo che su Facebook ha iniziato ad aleggiare già da giorni la morsa della censura da parte del governo russo.

L’accusa di Kiev che ha fatto emergere l’ipotesi è quella secondo la quale Mosca avrebbe sparato contro un insediamento in Bielorussia vicino al confine con l’Ucraina, facendo credere che sia stata proprio quest’ultima a sferrare l’attacco.

Il Comando aereo ucraino ha, a tal proposito, dichiarato, nella giornata di ieri 11 marzo, che le autorità di frontiera hanno ricevuto informazioni dettagliate su come gli aerei russi siano decollati da un aeroporto della stessa Bielorussia, hanno attraversato lo spazio aereo ucraino e poi hanno sparato contro il villaggio bielorusso di Kopani.

«Questa è una provocazione! Obiettivo: coinvolgere le forze armate bielorusse nella guerra in Ucraina» ha dichiarato il Comando dell’aeronautica ucraina in una nota stampa.

L’esercito ucraino ha detto che anche altri due insediamenti bielorussi sarebbero stati presi di mira nella stessa operazione. I servizi di sicurezza hanno proceduto con una dichiarazione ufficiale via Telegram: «Dichiariamo ufficialmente: l’esercito ucraino non ha pianificato e non prevede di intraprendere alcuna azione aggressiva contro la Repubblica di Bielorussia».

Poi è arrivato l’appello alla Bielorussia, di non farsi coinvolgere con l’inganno nella guerra dalla Russia:

«Facciamo appello al popolo bielorusso: non lasciatevi usare in una guerra criminale!»

 

La risposta del governo Bielorusso

La portavoce del Ministero della Difesa bielorusso, Ina Harbachova, ha respinto la dichiarazione del Comando dell’aeronautica ucraina, additandola come falsa.

«Il ministero della Difesa afferma inequivocabilmente che le informazioni su un attacco missilistico in un villaggio bielorusso sono sciocchezze» ha detto Harbachova.

Il rapporto dall’Ucraina è arrivato lo stesso giorno in cui il presidente bielorusso Alyaksandr Lukashenko è stato ricevuto da Vladimir Putin, a Mosca.

Foto da un vecchio incontro tra Lukashenko e Putin (fonte: en.news-front.info)

La Bielorussia ha aiutato la Russia a lanciare il suddetto attacco, lasciando che il suo territorio venisse utilizzato come terreno di sosta per le truppe russe. Lo stretto rapporto tra i due Stati, d’altronde, non avrebbe potuto farci pensare che la Bielorussia avrebbe vacillato davanti a dichiarazioni così forti contro il suo fidato partner. Inoltre, ormai queste operazioni vengono ritenute largamente possibili, non perché siano comuni, ma perché la storia ci ha insegnato che in guerra, i governi, i potenti, siano assolutamente e facilmente inclini a non avere alcuno scrupolo.

 

Il sospetto di un’operazione false flag a Chernobyl

Secondo quanto dichiarato dall’intelligence ucraina, vi sarebbe un altro tentativo sotto false flag, di cui la notizia è arrivata stamattina: la Russia starebbe accumulando dei corpi di soldati ucraini morti per inscenare un attacco false flag che coinvolgerebbe Chernobyl. Putin avrebbe, dunque, ordinato alle sue truppe di rilasciare scorie radioattive nei pressi dell’impianto nucleare, per poi procedere a incolpare i sabotatori ucraini e giustificare così un’altra escalation nella guerra.

«I frigoriferi per auto russe che raccolgono i corpi dei difensori ucraini morti sono stati avvistati vicino all’aeroporto Antonov di Hostomel. C’è la possibilità che vengano presentati come sabotatori uccisi nella zona di Chernobyl».

La centrale – ricordiamo – è stata presa dalle forze russe il primo giorno dell’invasione. Da allora i lavoratori al suo interno svolgono le loro mansioni sotto la minaccia delle armi.

Il disastro di cui si ipotizza causerebbe problemi con le scorie radioattive anche alla Russia. Uno scenario sconvolgente e assurdo, ma sarebbe usato per giustificare l’uso di ulteriore forza contro l’Ucraina e tentare di far vacillare la comunità internazionale nel sanzionare la Russia e fornire armi all’Ucraina.

Ma ci sono timori che ci possa essere anche una perdita accidentale nel sito nucleare perché i russi che lo presidiano “non hanno alcuna idea dei protocolli di sicurezza nucleare”, come ha avvertito la figlia di un membro dello staff che lavora di notte nell’impianto.

Chernobyl (fonte: ilsussidiario.net)

Tutto questo arriva mentre i bombardamenti sono continuati durante la notte in tutta l’Ucraina. Il bilancio delle vittime di Mariupol sale a 1.600, mentre i russi si avvicinano ancora a Kiev che si sta preparando per un brutale assalto: c’è l’alto rischio che essa diventi la nuova Stalingrado.

 

 

Rita Bonaccurso

 

ONU: voto storico contro la Russia. il fronte anti-Putin sempre più compatto

L’Onu approva la risoluzione contro la Russia per l’invasione dell’Ucraina. Si chiede il ritiro immediato delle truppe e la condanna per le minacce nucleari.

Assemblea generale Onu -Fonte:lindro.it

Con ben 141 voti favorevoli mercoledì 3 marzo è stata votata favorevolmente, nel corso della sessione di emergenza dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite, la sanzione contro la Russia a seguito delle violazioni del diritto internazionale con l’invasione dell’Ucraina e l’avanzata dell’esercito. Dei 193 Stati membri, 35 paesi si sono astenuti, tra cui Cina e India, e 5 hanno votato parere contrario.

Assemblea generale delle Nazioni Unite: Obiettivi

È il primo degli organi principali dell’organizzazione delle Nazioni Unite enumerati nell’art.7, par.1 della Carta. L’Assemblea è l’organo plenario che delibera questioni importanti adottate a maggioranza dei due terzi dei membri presenti e votanti.

Le sue competenze le permettono di discutere questioni che indirizzino, attraverso l’uso di raccomandazioni, gli Stati membri e non membri dell’organizzazione, e sotto attenta responsabilità del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, nei temi del mantenimento della pace.

Consiglio di Sicurezza dell’Onu -Fonte:tgcom24.mediaset.it

A fronte della crisi dell’Ucraina, dunque il Consiglio di Sicurezza dell’Onu ha stabilito con 11 voti favorevoli, di convocare una rara sessione speciale di emergenza. Tale mossa è avvenuta solo sette volte nella storia di cui l’ultima nel 1982.

La sessione di emergenza: risoluzioni approvate e le votazioni

La riunione è stata convocata entro le 24 ore del voto di approvazione del Consiglio e la risoluzione deliberata alla quasi unanimità dell’assemblea avrà dei forti impatti internazionali.

Risoluzione dell’Onu -Fonte:it.euronews.com

L’atto giuridico adottato in questa sessione condanna l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia:

“la Russia cessi immediatamente l’uso della forza contro l’Ucraina e si astenga da ogni ulteriore minaccia illegale o uso della forza contro qualsiasi Stato membro… che ritiri immediatamente, completamente e incondizionatamente tutte le sue forze militari dal territorio ucraino entro i suoi confini internazionali riconosciuti.”

Risulta chiara la sanzione delle Nazioni Unite alla decisione del Presidente del Cremlino di mettere in azione le proprie forze, ma anche la violazione dell’articolo 2 della Carta delle Nazioni Unite che intima i suoi membri ad astenersi dalla minaccia e dal ricorso alla forza per risolvere una crisi. Mosca rivendica, altresì, l’esercizio del diritto all’autodifesa previsto all’articolo 51.

Ciò che emerge dalla votazione è la salda maggioranza senza remore contro l’azione di Putin. I “no” alla risoluzione sono stati solo 5 tra cui oltre alla Russia e alla Bielorussia, alleata molto vicina che ha messo a disposizione il proprio territorio come porta di accesso e deposito di armi per l’invasione russa, anche la Corea del Nord, l’Eritrea e la Siria.

Ad astenersi invece sono stati Cina, Paesi del Golfo, India, Pakistan, Venezuela, Turkmenistan, Uzbekistan, Kazakhstan, Tajikistan, Kyrgizstan, l’ex repubblica sovietica di Armenia, Cuba, Mongolia e i Paesi africani come l’Angola, il Congo, il Mali, il Monzambico, il Senegal, il Sudan e il Sud Sudan. Paesi notoriamente sotto l’influenza di Mosca sia sotto l’aspetto economico che militare e che dunque hanno preferito scegliere una linea neutrale all’Assemblea.

Le dichiarazioni post risoluzioni

La risoluzione pur non avendo valore giuridicamente vincolante non cela un forte peso politico. Il raggiungimento dell’ampia maggioranza implica un isolamento diplomatico della Russia e la decisa condanna per le sue azioni.

Presidente dell’Ucraina -Fonte:it.notizie.yahoo.com

A seguito della votazione Twitter si riempie di messaggi di ringraziamento del Presidente ucraino Zelensky che, assistendo al raggiungimento di una “maggioranza senza precedenti”, ha scritto

“Sono grato a tutti i Paesi che hanno votato a favore, avete scelto il lato giusto della storia. I risultati distruttivi del voto all’Onu per l’aggressore dimostrano in modo convincente che una coalizione globale anti-Putin si è formata e sta funzionando. Il mondo è con noi. La verità è dalla nostra parte. La vittoria sarà nostra.”

Presidente del Consiglio Europeo -Fonte:consilium.europa.eu

Anche il Presidente del Consiglio europeo, Charles Michel, sulla stessa scia ha dichiarato che “il mondo respinge massicciamente quest’aggressione ingiustificata”, ed aggiunge che “le bombe non metteranno a tacere la comunità internazionale.”

Gli attacchi subiti sono una palese violazione del diritto internazionale ed in quanto tale il voto espresso in sessione di emergenza rimarca il forte messaggio di coesione storica contro l’invasione russa in Ucraina.

Giovanna Sgarlata