Patrick Zaki, ancora nessuna assoluzione. Rinviata al 6 aprile l’udienza davanti al giudice

Nessuna assoluzione, almeno per ora, per Patrick Zaki. Lo studente egiziano dell’Alma Mater di Bologna deve aspettare fino al 6 aprile, ovvero la data fissata dal giudice monocratico del Tribunale per la Sicurezza dello Stato Egiziano di Mansura per il riesame del suo caso. L’accusa è quella di diffusione di false notizie in patria e all’estero ed è già costata al ricercatore egiziano una detenzione cautelare di ventidue mesi, iniziata il 7 febbraio 2020 e terminata solamente l’8 dicembre 2021. A comunicarlo lo stesso Patrick Zaki ai giornalisti in attesa all’esterno del tribunale.

Patrick Zaki, finalmente libero. fonte: mam-e.it

“Sono ottimista, siamo ottimisti. Ovviamente sto anche in ansia. So bene che c’è la possibilità di tornare indietro alla casella di partenza, so che esiste lo scenario peggiore. Ci penso. In queste settimane non ho ricevuto alcun segnale che mi desse indicazioni. Ormai comunque manca poco, partenza all’alba dal Cairo per arrivare in tempo a Mansura e via. Aspetterò all’esterno del tribunale con gli amici e la famiglia. A rappresentarmi dentro l’aula ci sarà il mio avvocato, Hoda Nasrallah”. Queste le parole rilasciate dello studente egiziano nella mattinata di ieri prima di venire a conoscenza della decisione di riaggiornarsi da parte del giudice. “Speriamo che qualcosa di buono accada il 6 aprile, dato che voglio essere di nuovo a Bologna il prima possibile. Penso che stiano provando a prendere tempo per la decisione finale, poi vedremo cosa succederà”.

L’attenzione e la vicinanza da tutto il mondo

Nel corso degli ultimi due anni le vicende personali di Patrick Zaki gli hanno attirato simpatie e vicinanza da parte di numerose realtà del mondo occidentale. Basti pensare alla presenza sul posto di diplomatici provenienti oltre che dall’Italia anche dagli Stati Uniti, dalla GermaniaSpagna e dal Belgio, oltre a una legale in rappresentanza dell’Unione europea. Questi, dato lo svolgimento dell’udienza a porte chiuse, hanno dovuto attendere all’esterno del Palazzo di Giustizia esattamente come i giornalisti. Anche il portavoce di Amnesty International in Italia, Riccardo Noury, ha commentato il rinvio: “È un’attesa ancora enormemente lunga quella di Patrick per avere finalmente la sua libertà. È una data che ricorre quella del 6 aprile. Nel 2020 e nel 2021 c’erano state altre udienze in questa data. Speriamo che sia l’ultimo giorno in cui Patrick si presenterà di fronte a un giudice e fino ad allora c’è da aspettare, da stargli vicino e accompagnarlo in questa lunga attesa di quella che speriamo sia l’ultima udienza”.

Corteo a sostegno della liberazione di Patrick Zaki, fonte: telenicosia.it

Il legame con l’Italia ma la volontà di non abbandonare l’Egitto

Intervistato sul suo futuro, Zaki ha rilasciato nuovamente parole di gratitudine nei confronti del nostro Paese e specialmente per Bologna, città presso la cui università frequenta il master in studi di genere dall’autunno 2019. “Non avrei mai immaginato tanta popolarità. Sono una persona normale come lo sono i miei genitori, ero uno studente tra migliaia e ora mi conoscono in tutta Bologna e in tutta Italia. Ho interloquito con Liliana Segre, il presidente Sergio Mattarella mi ha citato due volte, i diplomatici dell’ambasciata italiana in Egitto sono stati più che presenti. Sto vivendo tutto questo affetto a distanza ed è molto intenso, mi porto dentro l’esperienza del carcere ma anche la solidarietà che ha generato. Qualsiasi cosa accada sarò sempre grato a Bologna, all’Italia”.

“La prima cosa che intendo fare al mio ritorno sarà una passeggiata in Piazza Maggiore e poi fino all’Università”

Un legame, quello con il nostro Paese, che si è progressivamente rafforzato ed è stato manifestato in più occasioni mediante iniziative di solidarietà. Pensiamo al riconoscimento della cittadinanza italiana o a quella onoraria da parte di numerose città, tra cui anche la nostra. Nonostante le misure applicategli in palese violazione dei diritti umani fino al dicembre scorso Patrick non vuole abbandonare il suo Paese. “Non lascerò l’Egitto per sempre. Il mio lavoro riguarda l’Egitto. Non voglio scappare. Io partirò quando si potrà ma la mia famiglia resterà qui. Verrà a trovarmi, certo, ma questo è il mio Paese. Non lo abbandono”. L’ennesima dimostrazione di caparbietà e speranza da parte di un ragazzo animato da un nobile ideale: rendere il suo Paese un posto migliore, senza arrendersi alle angherie di un regime che più volte ha cercato di fare cadere il suo nome nel dimenticatoio, non fornendo informazioni all’opinione pubblica e soprattutto alla sua famiglia. Una sua condanna, a detta di molti, risulta oramai improbabile specie successivamente alla sua scarcerazione avvenuta lo scorso dicembre. Resta però un terribile dubbio, senza la mobilitazione da parte delle istituzioni italiane e delle migliaia di studenti scesi in piazza e immedesimatisi in un loro coetaneo, cosa sarebbe successo? E caso, ancora, continua a succedere a chi privo di questo eco mediatico?

Filippo Giletto