I cookie: cosa sono e perché se ne parla tanto

Oggi, cercare risposte sul web è una pratica molto comune ed efficace, grazie alla quale è possibile reperire informazioni in pochi secondi. Come molti servizi e strumenti di uso comune anche il web, però, nasconde alcune insidie. Tra quelle attualmente più discusse vi è senza dubbio l’utilizzo dei cookie.

https://www.google.com/url?sa=i&url=https%3A%2F%2Fwww.cybersecurity360.it%2Flegal%2Fprivacy-dati-personali%2Fdigital-advertising-e-consenso-ai-cookie-regole-operative%2F&psig=AOvVaw2CV-vRt7_OZZeKALWsTrci&ust=1618296787763000&source=images&cd=vfe&ved=0CA0QjhxqFwoTCOiCtbyP-O8CFQAAAAAdAAAAABAZ
Fonte immagine: https://www.cybersecurity360.it/legal/privacy-dati-personali/digital-advertising-e-consenso-ai-cookie-regole-operative/

Ma prima di tutto, cosa sono i cookie?

I cookie non sono altro che delle piccole quantità di informazioni. I server a cui ci colleghiamo le inviano al nostro browser (il programma con cui cerchiamo su internet) e vengono conseguentemente memorizzate nel computer. Al successivo avvio, il browser potrà recuperare questi dati, salvati localmente e migliorare le prestazioni e l’esperienza d’uso di un sito web. Sono proprio i cookie che ci permettono, ad esempio, di non dover reinserire le credenziali di accesso ad un account o di ritrovare degli articoli che abbiamo inserito nel carrello di un e-commerce. O ancora di salvare le preferenze grafiche o linguistiche di una pagina online.

Un aspetto fondamentale legato ai cookie è quello della durata.
Quando viene creato, un “biscotto” (per dirla all’italiana) contiene tra i vari attributi anche una scadenza, che distingue i cookie di sessione dai cookie persistenti.
I primi vengono creati durante la navigazione e possono raccogliere dati riguardanti le ricerche o i siti web visitati, ma una volta chiuso il browser vengono distrutti. I secondi, quelli che suscitano più clamore, permangono invece anche dopo la chiusura. Una volta fatta questa distinzione, risulta evidente il motivo per il quale i cookie accendano molti dibattiti.
I persistenti sono proprio quelli, come detto prima, che ci permettono di salvare delle credenziali di accesso ad un sito web, proprio perché questi dati rimangono salvati permanentemente (a meno di una cancellazione manuale) nel computer. Ovviamente, questo tipo di cookie non salva solamente dati di accesso, ma anche molte informazioni sulle nostre ricerche internamente ad un sito o direttamente sul motore di ricerca, causando un piccolo danno alla nostra privacy.
Ecco spiegato perché aprendo una pagina web troviamo delle pubblicità su un prodotto cercato il giorno precedente su un altro sito!

Dunque i cookie possono rappresentare un pericolo per la nostra sicurezza?

Fonte immagine: https://www.ricciardivince.it/generatori-automatici-privacy-policy-cookie-policy/

È difficile dare una risposta a questa domanda e, anche se quest’ultima fosse affermativa, non dovrebbe sconvolgerci. Infatti, sono già tanti i mezzi con cui possiamo essere “spiati” e dunque i cookie non sarebbero altro che un piccolo pezzo in più in questo grande puzzle di tracciamento informativo.
Quindi, i nostri movimenti, nella maggior parte dei casi, vengono ispezionati da computer (difficilmente da persone) al fine di mostrare delle pubblicità mirate che possano spingere gli utenti a fare acquisti. Il problema nasce quando dei malintenzionati riescono a penetrare tutte le barriere di sicurezza e accedere tramite i cookie ai dati sensibili degli utenti compromettendoli. Anche questo però è un film già visto che avviene anche in migliaia di altri metodi. Le grandi discussioni sulla legittimità dei cookie hanno però spinto le autorità a regolamentarne l’uso, come previsto dal GDPR (General Data Protection Regulation), obbligando i siti a chiedere il permesso d’utilizzo agli utenti.

Che succede se decido di non accettare i cookie?

Fondamentalmente niente. Le uniche conseguenze possono riguardare qualche leggero malfunzionamento di alcune funzioni automatiche come quelle già citate ad inizio articolo causando semplicemente un po’ di noia in più per l’utente. Quindi, se vogliamo toglierci qualsiasi dubbio, possiamo tranquillamente rifiutarci di accettare i cookie, impedendo, seppur in parte, il tracciamento.
Tirando un po’ le somme, i cookie sono diventati uno strumento pervasivo di raccolta dati al fine perlopiù pubblicitario, che però in mani sbagliate può causare problemi alla sicurezza degli utenti.

Fonte: https://www.mr-loto.it/2020/banner-cookie-wordpress-senza-plugin.html

Dunque sta un po’ nel singolo decidere se evitare qualsiasi forma di salvataggio dati e quindi di utilizzo di qualche funzione più comoda. Oppure se navigare tranquillamente, consapevole però che, anche se con una probabilità molto remota, alcune informazioni salvate potrebbero causare problemi per la propria sicurezza.
Per tranquillizzare un po’ tutti, può essere utile ricordare che ogni browser permette la cancellazione dei cookie manualmente oppure l’impostazione di un automatismo che la esegue ad ogni chiusura del programma.

Giovanni Lombardo

Eli Roth ed Hostel: l’orrore peggiore è nel mondo reale

Compie oggi 48 anni uno dei maestri che hanno innovato il genere dell’orrore e dello splatter in maniera significativa. Eli Roth, conosciuto per aver diretto Cabin Fever  (2002) ed aver recitato in Bastardi senza gloria (2009) di Quentin Tarantino, deve il suo successo in gran parte ad Hostel (2005), un film che ha sconvolto l’America per la sua violenza e ad oggi risulta essere ancor più inquietante visti i temi trattati.

Eli Roth nei panni dell’Orso Ebreo in Bastardi senza gloria – Fonte: inglouriousbasterds.fandom.com

Hostel

Il film narra la storia di 2 ragazzi americani, Paxton e Josh, che fanno un Interrail in Europa. Qui conoscono Oli, un ragazzo islandese che si unirà al loro viaggio. Durante una nottata a base di sesso e droga, i tre rimangono chiusi fuori dal proprio bed&breakfast. Vengono ospitati quindi da un ragazzo che li informa circa l’opportunità di recarsi in Slovacchia dove c’è un ostello abitualmente frequentato da bellissime ragazze.

I 3 partono alla volta di Bratislava ed il soggiorno presto si rivelerà un vero e proprio incubo. Uno ad uno vengono rapiti per poi essere torturati brutalmente da alcuni uomini vestiti da macellai in delle piccole e cupe stanze.

Paxton mentre viene seviziato dal suo aguzzino – Fonte: filmjunk.com

Paxton riesce a liberarsi e si ritrova nello spogliatoio dei torturatori dove incontra uno dei boia, il quale lo scambia per uno di loro ed iniziano a dialogare. Da quell’uomo viene a conoscenza di una società segreta nella quale i membri pagano grosse somme di denaro per seviziare i turisti.

Il film, prodotto da Quentin Tarantino, con un budget di appena 4 milioni di dollari ne incassò 80 ottenendo un grandissimo successo a livello economico, ma opinioni contrastanti da parte della critica. In seguito vennero girati anche due sequel: Hostel Part II (2007), diretto sempre da Eli Roth, ed Hostel Part III (2011), che venne invece venne diretto da Scott Spiegel. 

È sicuramente un film che apre un nuovo sottogenere dell’orrore, principalmente basato sulla rappresentazione di una violenza nuda e cruda, fortemente disturbante.

Ciò che colpisce nel profondo è che la pellicola – come lo stesso regista ha dichiarato – è basata su casi reali identificati dalla polizia di New Dehli in India. Dalle indagini è emersa l’esistenza di un club segreto dove uomini ricchi e potenti di tutto il mondo “compravano” persone per soddisfare i propri desideri malati.

Eli Roth, forse senza volerlo, aveva girato un film che denunciava l’allora sconosciuto deep web.

Deep e Dark Web

Il Deep Web è la parte di Internet che non è indicizzata dai motori di ricerca. Per spiegare facilmente questo concetto si utilizza spesso l’immagine di un iceberg: la parte che fuoriesce rappresenta l’Internet al quale accediamo ogni giorno, mentre la parte sommersa corrisponde a tutti i siti non indicizzati.

L’iceberg è un esempio perfetto per comprendere lo schema del Web nel suo complesso – Fonte: pattayatoday.net

Il Dark Web invece è un sottoinsieme del Deep Web ancora più oscuro e misterioso.

Vi si può accedere esclusivamente tramite dei software particolari, visto che gli indirizzi IP cambiano continuamente e non restano uguali come nel Surface Web (la parte conosciuta del Web). Ciò implica che è maggiormente complesso risalire eventualmente ad identificare un soggetto operante all’interno di questo ambito. È proprio per questo motivo che dentro il Dark Web sono attivi numerosi mercati illegali dove si commercia di tutto: droga, armi, credenziali aziendali e bancarie, organi, ecc.

Purtroppo è molto diffuso anche lo scambio dei cosiddetti snuff movie, cioè quei film in cui vi sono delle persone che vengono sottoposte a violenze.

Il fenomeno del Deep Web è emerso solo negli ultimi anni; fino a poco tempo fa, quasi nessuno ne era a conoscenza.

Eli Roth, con Hostel, ha praticamente spiegato per filo e per segno uno degli aspetti più orridi ed inquietanti della parte oscura di Internet. Conoscendo oggi cosa c’è dietro il Dark Web possiamo vedere questa pellicola in chiave diversa rispetto al passato, perché sappiamo che tutto quello che accade nel film potrebbe accadere in qualsiasi parte del mondo;  ciò amplifica notevolmente la sensazione di ansia e angoscia durante la visione della pellicola.

Tutto ciò deve farci riflettere sulle capacità possedute dal cinema: ancora una volta, una pellicola è stata capace di mettere in luce tematiche che sarebbero venute a galla approfonditamente solo diversi anni più tardi.

Vincenzo Barbera

 

Non più solo cibo a casa: nasce Loconsegno.io, la mappa interattiva per il servizio a domicilio

Dall’intuizione di quattro ragazzi nasce Loconsegno.io, una web app che tramite una mappa interattiva rende facile l’individuazione di tutte le attività commerciali e fornitori di servizi che effettuano consegne a domicilio vicino a casa propria, servizio più che mai utile in tempi di quarantena.

Il team è composto interamente da ragazzi messinesi – tre dei quali ex studenti dell’università di Messina – adesso emigrati al Nord d’Italia ma con l’obiettivo sempre presente di aiutare con le loro conoscenze – in primis – la città che li ha cresciuti.

Emanuele Munafò, Gianluca bombaci, Paolo Pino e Alessandro Munafò, sono i nomi dei fondatori, tutti appassionati e specializzati in varie declinazioni di ingegneria, informatica e robotica. In questi giorni difficili si sono ritrovati – anche se da lontano e in videocall – di fronte ad un’intuizione illuminante, l’hanno messa in piedi, o meglio, in rete, e hanno deciso di donarla in maniera totalmente gratuita alla comunità.

L’emergenza Covid-19, come sappiamo, ha destabilizzato gli equilibri dei singoli cittadini e degli esercenti: se i primi per ragioni sanitarie e di responsabilità civile devono limitare al massimo le uscite, i secondi registrano problemi di tipo economico per il calo fisiologico delle vendite in alcuni settori o, al contrario, devono fare giornalmente i conti con il caos che si crea all’interno dei punti vendita – soprattutto nel settore alimentare- e che rischia di mettere a dura prova la salubrità degli ambienti e la sicurezza della clientela e del personale.

A tutto questo c’è una risposta: la consegna a domicilio. Una soluzione biunivoca già incentivata dal premier Conte nel decreto dell’11 marzo dove, contestualmente alla chiusura delle attività commerciali al pubblico, si è cercato da un lato di tutelare la possibilità di continuare a svolgere l’attività economica attraverso fattorini e rider e dall’altro lato evitare pesanti privazioni ai cittadini in un clima già oppressivo.

In più, lungi dal voler trovare “aspetti positivi” sugli impatti sociali del coronavirus, è pur vero, però, che in questi giorni più che mai la necessità sta catapultando anche i più restii al digitale nel mondo del web e dei servizi 3.0.

Dall’incrocio di tutte queste necessità -collettive e commerciali -, dei problemi e delle soluzioni (e da una chiamata casuale), insomma, nasce in una sola settimana Loconsegno.io, per rispondere in maniera tempestiva alle esigenze del territorio.

Curiosi di approfondire l’iter del progetto e le finalità del team, abbiamo parlato con uno dei fondatori del progetto, Alessandro.

Come e quando nasce l’idea di Loconsegno.io?

L’idea nasce meno di una settimana fa durante una delle solite chiacchierate telefoniche con mio cugino Emanuele, diventato poi creatore e sviluppatore tecnico front-end e back-end del sito web a lavoro, ormai, 24h su 24. Da quel momento, attraverso video call giornaliere con gli altri membri del team ci siamo messi d’accordo su come sviluppare il progetto, dalla grafica alla fase operativa di contatto e aggancio delle aziende.

Appena ieri mattina abbiamo deciso di lanciare il prodotto di una settimana di lavoro, fornendo la struttura base a cittadini ed esercenti. Ma stiamo continuando costantemente ad implementarla per portarla alla fruizione ottimale che ci siamo prefissati.

Come funziona LoConsegno.io?

Loconsegno.io è un sito web – disponibile anche in versione mobile friendly – basato principalmente su una mappa interattiva che ha la funzione di essere una vetrina per le attività e, conseguentemente, un servizio per la collettività. Chi ha un’attività che effettua servizio a domicilio, infatti, potrà registrarla al sito in pochi minuti e renderla visibile sulla mappa. L’azienda oltre che visibile sarà anche “consultabile”: chiediamo infatti agli esercenti l’inserimento di dati di contatto (recapiti, pagine social, siti web) e di informazioni riguardanti il raggio di consegna, criteri minimi di ordine ed eventuali costi di consegna. L’esercente ha totale libertà nello scegliere tali criteri, rispettando il suo normale modus operandi. Garantiamo, quindi, libera concorrenza tra le attività che decidono di partecipare alla rete in maniera – lo ricordo – totalmente gratuita.

Per i cittadini, di conseguenza, è possibile capire in un solo sguardo quali sono le attività che effettuano servizio a domicilio e cliccando sulle attività d’interesse – selezionabili anche per settore-  è possibile poi avere informazioni nel dettaglio e scegliere di contattare l’attività più vicina o più economica.

Non solo cibo, quindi. Che tipo di attività o servizi è possibile consultare?

Prima di lanciare il sito abbiamo condotto dei sondaggi online per avere un’idea chiara sulle preferenze della popolazione. Ci siamo resi conto che ci sono necessità altre rispetto a quelle della classica consegna a domicilio alimentare, già svolta – tra l’altro da tante aziende terze. Per noi, invece, non ci dovevano essere limiti di “settore”, ma il soddisfacimento delle esigenze della collettività a 360°, soprattutto in un momento difficile come quello che stiamo vivendo. La visibilità e la rintracciabilità di tutte quelle attività considerate di prima necessità come farmacie, macellerie, ortofrutta, alimentari, elettronica, casalinghi o servizi di riparazione in questo momento è fondamentale per non fermare chi ha un’attività e rendere questo periodo meno duro per chi sta a casa.

A chi si rivolge questa iniziativa?

Vogliamo coinvolgere più persone possibili, senza limiti d’età. Sicuramente il web è un limite per le fasce over 65 – che sono anche quelle che ne hanno più bisogno – ma stiamo già studiando un modo più immediato e “cartaceo” per aiutare anche chi non ha il pc, come una lista pdf da stampare e da lasciare ai nostri nonni.

Che raggio di azione ha il progetto? Vorrete espanderlo?

La scelta di partire da Messina è stata dettata dal cuore. Abbiamo deciso di partire da qui perché è la nostra terra e sappiamo quanto abbia bisogno di questi servizi che, invece, al nord sono già un po’ più conosciuti. In questo modo speriamo, anche, di incentivare le attività di ogni tipo ad attivare servizi di consegna a domicilio. L’intenzione, comunque, è quella di arrivare ad agganciare esercenti di tutta Italia e far crescere il progetto.

Un progetto nato in tempi record e senza nessun contatto umano. È stato difficile?

È stato difficile soprattutto riuscire a spiegare agli imprenditori di cosa ci occupavamo in un momento in cui molte attività sono piene di lavoro e non ci si può vedere di persona. Ma stiamo già vedendo i risultati e contiamo sulla loro partecipazione.

Per chi volesse registrare la propria attività e volesse maggiori informazioni può contattare:

Pagina Facebook: LoConsegno.io

mail loconsegno.io@gmail.com

Martina Galletta

Riforma Copyright

Alla vigilia l’esito del voto non era scontato, ma alla fine l’aula di Strasburgo ha approvato la legge sul copyright, con 348 sì (tra cui quelli di Pd e Forza Italia), 274 no (inclusi Lega e Movimento 5 Stelle) e 36 astenuti, dopo avere respinto la proposta di 38 eurodeputati di riaprire il testo, votando gli emendamenti che erano stati depositati.

La riforma è sostenuta da media e grandi editori, mentre i più piccoli potrebbero esserne danneggiati.

Avversi alla nuova normativa, che dovrà essere convertita da tutti i paesi Ue, i big della rete come Facebook, Google e Twitter, i quali dovranno concordare un equo compenso con i produttori dei contenuti e provvedere a sistemi di controllo automatici per evitare che sulle loro piattaforme sia caricato materiale protetto da diritto d’autore.

“La direttiva sul copyright è migliorata – ha commentato Google dopo l’approvazione -, ma porterà comunque ad incertezza giuridica e impatterà sulle economie creative e digitali dell’Europa. I dettagli contano e restiamo in attesa di lavorare con politici, editori, creatori e titolari dei diritti mentre gli Stati membri dell’Ue si muovono per implementare queste nuove regole”.

La disposizione intende garantire che diritti e obblighi del diritto d’autore di lunga data, validi nel mondo offline, si applichino ora anche online.

YouTube, Facebook e Google News sono alcune delle piattaforme online che saranno più direttamente interessate dalla nuova legislazione.

Queste ultime divengono direttamente responsabili dei contenuti proposti sui loro siti.

La riforma si pone infatti l’obiettivo di incrementare le possibilità dei titolari dei diritti, in particolare musicisti, artisti, creativi ed editori, di negoziare accordi migliori sulla remunerazione derivata dall’utilizzo delle loro opere diffuse sulle piattaforme web.

Gli editori di stampa acquisiscono inoltre il diritto di negoziare accordi sui contenuti editoriali utilizzati dagli aggregatori di notizie.

Ieri wikipedia in segno di protesta ha deciso di oscurare le sue pagine di ricerca.

Maurizio Codogno, portavoce di Wikipedia Italia, ha commentato gli obiettivi della protesta: «L’obiettivo che vogliamo raggiungere è che ci sia un numero sufficiente di eurodeputati che bocci per lo meno gli articoli 11 e 13 perché riteniamo che non siano utili né per gli autori né per lo scopo che, in teoria, la Direttiva si propone. Si vorrebbe creare un mercato unico per il copyright, in realtà, per come sono formulati gli articoli 11 e 13 si ottiene un guazzabuglio che ha poche possibilità di funzionare».

La libertà d’espressione, prerogativa identitaria del web e delle dinamiche sociali attuali, rischia di essere fortemente compromessa in un periodo storico dove ce n’è tanto bisogno.

C’è davvero la necessità che idee, prospettive alternative, concetti inediti smettano di veicolare non tutelando quell’equilibrio imprescindibile di moderna democrazia?

Antonio Mulone

L’infanzia e il pericolo web dei social

I tempi cambiano, si evolvono in fretta, modellano e plasmano le abitudini culturali, educative e di consumo che caratterizzano il nostro vissuto quotidiano.

Dunque le piattaforme social ( Instagram, Facebook), divengono lo specchio della realtà; gli account sono intasati di post e foto che documentano, come fossero la video-gallery della nostra vita, la quotidianità.

Dal primo respiro alla prima pappa, dal primo bagnetto alla prima volta sulla bicicletta, passando per il video che immortala i primi piccoli passi.

Protagonisti assoluti del teatro dei social media nonni orgogliosi, zii invasati ed infine mamme e papà, in cerca di tanti likes, di una soddisfazione apparente del proprio ego e di vanitosi compiacimenti.

Nasce da qui quindi l’allarme social contenuto nel report del Children Commissioner inglese:” In media all’età di 13 anni i genitori ed i parenti hanno già postato sul web circa 1300 tra foto e video dei propri figli su Facebook o Instagram – scrive Anne Longfield nel rapporto, dove continua – la quantità delle informazioni inserite aumenta esponenzialmente quando gli stessi bambini iniziano ad interagire con queste piattaforme”.

L’analisi presente in questo report in effetti evidenzia che in media un ragazzo interagisce circa 26 volte al giorno sui web-media, raggiungendo intorno ai 18 anni circa 70.000 interconnessioni.

Aggiunge Anne Longfield:” Dobbiamo fermarci prima di condividere dati personali, e pensare cosa significhi per i bambini oggi e come possa avere un impatto nelle loro vite da adulti”.

Spesso i genitori, che dovrebbero avere un approccio molto più cauto con l’imprevedibile mondo del web e, che dovrebbero educare i propri figli ad un atteggiamento moderato on-line, sono in realtà i primi a postare foto, video e materiale sensibile come localizzazione ed informazioni private.

E’ pertanto assolutamente fondamentale essere padroni dei meccanismi di funzionamento dei social e limitarne l’utilizzo in termini di tempo.

Cambiare spesso la password, aggiornare i programmi di sicurezza, leggere termini e condizioni delle App che si utilizzano, evitare di inserire sul web informazioni sensibili; questi i consigli della Longfield per un corretto uso del mondo social.

Pertanto parrebbe,ancora una volta, che buon senso, intelligenza e moderazione siano la chiave per una convivenza serena tra vita reale e vita social.

Antonio Mulone