Amerigo Vespucci: quando un veliero diventa la tua casa

IMG_0769Arrivai alla terra degli Antipodi, e riconobbi di essere al cospetto della quarta parte della Terra. Scoprii il continente abitato da una moltitudine di popoli e animali, più della nostra Europa, dell’Asia o della stessa Africa.

 

Negli ultimi tre giorni, esattamente dall’1 giugno al 3 giugno, nel porto di Messina ha attraccato lo storico veliero ‘’Amerigo Vespucci’’. Con i suoi altissimi alberi e l’obiettiva imponenza, ha incuriosito varie centinaia di persone che hanno potuto visitarlo dalle 14:30 alle 17:30 e dalle 20:00 alle 21:30 nei giorni di mercoledì e giovedì appena trascorsi.

Il Vespucci è stato progettato nel 1930 dall’ingegnere Francesco Rotundi e fu varato, per la prima volta, il 22 febbraio 1931. Da quell’anno, a parte qualche periodo durante il quale sono stati fatti lavori di manutenzione, assolve il compito di nave-scuola per l’addestramento degli allievi ufficiali dei ruoli normali dell’Accademia Navale.

Quando mi sono recata al porto per dare un’occhiata sono rimasta incantata. A vederlo da fuori ricorda quasi una nave dei pirati, ti aspetteresti da un momento all’altro di veder spuntare Peter Pan e Capitan Uncino, insieme a Trilli, Wendy e tutti i Bambini Sperduti. Si porta dietro un’aura quasi magica, quando si è molto vicini non si può fare a meno di alzare la testa e sospirare un ‘’uao’’.

Ma com’è vivere e lavorare su una nave del genere, un veliero così antico ed elegante? Di certo non è tutto oro ciò che luccica, però c’è un certo orgoglio nel cuore dei ragazzi che, giorno e notte, vivono le loro vite tra quelle assi, sballottolate dal mare. Me ne parla F., un mio amico facente parte dell’equipaggio.

All’inizio non sono riuscita a trascinarlo con l’entusiasmo della mia curiosità, piuttosto ha iniziato descrivendomi tutti i difetti di quella che effettivamente, in questo momento, è casa sua. Divide una stanza con altre 59 persone, ci sono 4 bagni per tutti loro, privacy zero. E poi i classici orari da militare: sveglia alle 6 del mattino con stacco alle 23, turni faticosi, compiti difficili. A 22 anni passare dal lusso di casa propria (e non si parla prettamente di lusso materiale, quanto della mamma che ti accudisce in tutto e per tutto) a questo stile di vita non è di certo una passeggiata.

Mi ha raccontato molto del suo distacco da casa, dagli amici, dalla famiglia, ‘’come se stessi partendo per non tornare’’. Molti di noi sono studenti fuori sede, ma questo è sicuramente un distacco diverso. Devi imparare subito e in fretta a saper fare tutto e anche di più. Piano piano, però, il mio amico si è sciolto ed ha cominciato a raccontarmi la parte bella di questo suo viaggio.

Così, ha iniziato spiegandomi i vari ruoli che ognuno di loro ha, da quello più ‘’infame’’ a quello del comandante. Mi ha spiegato con quali figure lui si rapporta ogni giorno, dei suoi compiti e dei luoghi in cui li svolge. Ridendo mi ha detto di come sia incredibile vedere i nocchieri arrampicarsi sui pennoni degli alberi e aprire le vele (confermandomi che lui soffre di vertigini al solo pensiero).

Presi dall’entusiasmo siamo saliti insieme a visitare la nave che, se da fuori è meravigliosa, dentro è uno spettacolo. Ogni zona in cui mi portava aveva due storie da raccontare, una per i turisti e una per chi ci vive come lui. Mentre passeggiavo sui ponti, entravo nelle stanze e scendevo quelle scalette di ferro ripidissime e strettissime per passare da un reparto all’altro (da cui sono, ovviamente, scivolata, ed ho, altrettanto ovviamente, sbattuto la testa, con lui che invece saliva e scendeva con una naturalezza odiosa), lui era il mio cicerone, la mia guida turistica e, al contempo, un amico che si perdeva in aneddoti da ragazzino facendomi ridere con lui.

Dopo la prima settimana di vero disagio, di immobilizzazione data dal mal di mare e di fedeli sacchetti per il vomito, di ‘’ non posso vivere qua sopra sei mesi’’, semplicemente ti abitui. Ti godi il mare calmo e ti abitui al mare mosso tanto che diventa un dolce dondolio la notte, tanto da conciliare il sonno. Ti abitui al fatto che il cellulare non prende, ti scordi di averlo e non ne senti più il bisogno. Ti abitui a stare con i tuoi pensieri, con molti pochi svaghi, ma un ponte meraviglioso dove, la notte, puoi fumarti una sigaretta e vedere le stelle come non le hai mai viste, libere dalla luce artificiale. Mi ha anche confermato il fatto che il ‘’mal di terra’’ esiste davvero, una volta sceso barcolli per un momento.

È una vita abbastanza peculiare ma, per una civile come me, ha un fascino particolare. Più lui raccontava, più io trovavo altre domande da porgli. Mi ha confessato che spesso si sente frustato ma quando racconta la sua storia e poi si gira e vede il Vespucci illuminato, di notte, dal tricolore, non può non sentirsi un italiano fiero di quello che fa, scordandosi della stanchezza.

Alla fine della nostra lunga chiacchierata, una domanda mi premeva più di tutte: se dovessi tornare indietro, sceglieresti lo stesso di fare questa esperienza?

La risposta è stata ”sì”.

Elena Anna Andronico

Misstress America: quando si ha paura di diventare grandi

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Tracy (Lola Kirke) si è appena trasferita a New York per frequentare il college, la vita dello studente nella grande mela non è quello che immaginava, soprattutto nel relazionarsi con i compagni di corso. Sua madre si sta per risposare e le propone di chiamare la figlia del suo futuro marito , la quale abita a New York da tempo. Così ha inizio questa simbiosi fra Tracy e Brooke (Greta Gerwig) , questa donna che incarna l’anima newyorkese : dinamica, entusiasta e fortemente logorroica ai limiti dell’egocentrismo.

Tracy si fa rapire dallo stile di vita di Brooke, che vive la vita “come ogni giovane donna che vuole impiegare bene la propria giovinezza dovrebbe”  ed inoltre la ispira per il racconto che deve scrivere per entrare a far parte di un circolo letterario estremamente esclusivo del college.

Brooke sta per aprire un ristorante, ma il sogno si spezza quando il fidanzato greco la lascia e deve trovare nuovi investitori. Dietro suggerimento di Tracy parte verso Greenwich, Connetticut “dove vivono i ricchi” accompagnata dal compagno di classe di Tracy Tony (Matthew Shear) e dalla sua fidanzata possessiva e paranoica, per andare a chiedere un prestito all’ex migliore amica e al marito.

 

Mistress America potrebbe venire definita una screwball comedy  ma in realtà non evoca il piacere leggero di quel genere, ricorda più il Woody Allen di “Harry a pezzi” ma le cui battute taglienti non sostengono tutto il film.

Brooke è ben incarnata da Greta Gerwig, il personaggio è fuori dai modelli odierni e ricorda alcune delle donne alleniane , il fascino e la bravura della Gerwig è tale che rende Brooke amabile anche quando si comporta volontariamente da naif.

 

La sceneggiatura è scritta a quattro mani da Noah Baumbach e la sua compagna Greta Gerwig, ci sono reminiscenze dei loro precedenti lavori “Frances Ha”  e “Giovani si diventa”, è una commedia piacevole sulle differenze di età e le conseguenti dissonanze ed assonanze, sul desiderio di seguire i propri desideri, quasi a pretenderli, ferendo chi ci sta vicino.

La difficoltà di accettare di essere adulti, le proprie responsabilità e la necessità di avere un posto nel mondo confluiscono nella frase detta da Brooke ,riferendosi a Tracy, al chiaroveggente “Non è così più giovane di me, 10-12 anni, siamo praticamente coetanee!”.

Se la sceneggiatura non è delle più intriganti , vale la pena vederlo per l’interpretazione di Greta Gerwig la quale si pone fra le migliori attrici della sua generazione soprattutto per la naturale indole comica.

Arianna De Arcangelis

10 INCREDIBILI SCUSE PER NON STUDIARE

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Non importa quanti anni tu abbia. Non importa se davanti hai un manuale scritto da filosofi tedeschi depressi che parlano di quanto tu sia inutile o un sussidiario delle medie con cui puoi studiare geografia, storia e educazione civica senza capire nulla (mamma mia quanto sono vecchio). L’unica cosa che conta è trovare una scusa plausibile (o anche no) per chiudere quel libro e fare altro. E credetemi, ragazzi e ragazze, avete di fronte uno che procrastina l’impossibile. Per farvi un esempio… in questo momento dovrei tipo studiare ma preferisco scrivere questo articolo. Bene. E allora ecco le 10 migliori scuse per non studiare.

#1 YouTube. Chiunque abbia, almeno una volta nella vita, aperto un video su YouTube mentre stava studiando sa di cosa parlo. In un primo momento sei lì a guardare l’ultima intervista di Hannah Arendt per sentirti una persona super acculturata e l’attimo dopo stai guardando un corso online per imparare a ballare il tango. Maledetti suggerimenti.

#2 Faccende domestiche. Ebbene sì, per non studiare faremmo proprio di tutto. Anche lavare quei piatti sporchi che stagnano nel lavandino dallo scorso Natale ed hanno uno spirito natalizio ancora vivo e vegeto.

#3 Candy Crush & co. Personalmente non sono un amante di questi “giochini drogosi per smartphone che ti risucchiano lentamente e inesorabilmente l’anima” (termine scientifico, ndr). Tuttavia non posso non ammettere che una delle scuse migliori per non studiare è decidere fare una partitina di 5 minutini. Salvo poi trovarsi 3 ore dopo non solo ad aver finito tutte le vite del gioco ma anche la tua vita, ergo una giornata di studio.

#4 Serie Tv e Film. Ecco forse questa è la mia preferita. Questa scusa colpisce 1 studente su 3 (statistiche inventante da me) ed è una delle più efficaci e deleterie. Perché dovrei buttare la mia vita su quel mattone, che per convenzione chiameremo libro di diritto, quando potrei spararmi una maratona di Law & Order o guardare un bel film come Il Caso Thomas Crawford? Ah come dici? Civil Law e Common Law? Ah l’America ha un sistema giuridico diverso da quello italiano e quindi non imparerò niente guardando quella roba di Hollywood? Ok.

#5 Fissare il vuoto. Non ne sono sicuro ma questo potrebbe essere un ottimo sport olimpico. Più che una scusa questo è uno stile di vita. Perché sì, tu che stai leggendo e pensi a tutte le volte che hai fissato il vuoto piuttosto che studiare, hai un po’ la testa tra le nuvole. Ma non ti preoccupare non è un dramma. Perché buttare sangue su uno sporco libro quando posso fissare un punto non definito e pensare a come risolvere i misteri della vita? Ah e anche a pensare cosa può esserci di buono per cena. È importante.

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#6 La conta delle pagine. E a proposito di sport olimpici come non menzionare “La conta delle pagine”. Di fronte a un libro di 500 pagine le cose da fare sono due: o ti metti a contare le pagine e programmare di leggerne un tot al giorno per arrivare preparato al giorno dell’esame o inizi a strapparle in preda ad una crisi di nervi sperando che così diminuiscano. Comunicazione di servizio: entrambe le soluzioni non sono valide.

#7 Gruppi studio. L’uomo per natura è spinto a vivere in comunità. Lo studente disperato non fa differenza. I gruppi studio possono essere un ottimo modo per imparare in compagnia tutti allegri e felici, ma nella vita vera sono una delle migliori scuse per non studiare. Perché quando vi riunite tu e i tuoi compagni di studio per discutere di quale sia tra il pensare e il volere la facoltà della mente più nobile (e sembrate un circolo di taglio e cucito), alla fine vi ritroverete a parlare di Emily Ratajkowski (tratto da una triste storia vera).

#8 Il Calcetto. Non ho sbagliato a scrivere Calcetto con la C maiuscola. Eh no, perché qui siamo di fronte ad una signora scusa. Anche lo studente più diligente manderebbe all’aria un pomeriggio di studio per una partita a Calcetto. Il Calcetto è un momento unico nella settimana dello studente che ha l’opportunità di chiudere i libri e svagarsi un po’. Peccato che l’impegno, a livello di tempo, non si limiti all’ora e mezza di partita: 2 giorni servono per prenotare il campo e cercare uomini validi per giocare, 1 giorno per capire che uomini validi non ce ne sono ed è meglio ripiegare sull’amico grassottello che ha il tocco di Ronaldinho,1 giorno per la partita (sì, un giorno intero per entrare in clima serve) e, infine, 3 giorni per riprenderti dai dolori che dalla partita derivano e per capire che sei vecchio. Ed un’altra settimana è passata.

#9 Fare i compiti degli altri. Questa scusa colpisce soprattutto chi ha un fratello o cugino più piccolo. Non posso che comprendere tali individui. Dopo che passi ore e ore su un libro di anatomia, che personalmente mi farebbe rigettare il pranzo di Pasqua, e arriva il tuo bel cuginetto con i compiti di matematica da fare che consistono nel fare delle difficilissime divisioni in colonna, capisci che è il momento di mollare anatomia e buttarti ad aiutarlo per diventare il suo eroe e sentirti realizzato per un pomeriggio. Tranne quando deve fare l’analisi grammaticale. Quella mi secco a farla anche ora.

#10 UniVersoMe. Ma naturalmente la scusa migliore, se non anche la più bella, è quella di perdersi nel sito di UniVersoMe (ammicco, ammicco). Perché solo su UniVersoMe potrai imparare tante cose belle e leggere articoli stupendi come questo che ho scritto io (ammicco, ammicco e lancio sguardo che incute sicurezza). Per poi non parlare della stupenda Radio di UniVersoMe che ti terrà compagnia proprio nel momento in cui decidi di aprire il libro (alzo le sopracciglia in segno di figaggine e intanto ammicco). Cosa aspetti allora? Posa quel libro che proprio non vuole sapere di entrare nella tua bella testolina e scegli il divertimento di UniVersoMe.

Nicola Ripepi

Dietro le quinte: vi racconto di Radio UniVersoMe

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Se ci mettiamo a parlare in una stanza buia, le parole assumono improvvisamente nuovi significati.

Marshall McLuhan

 

Era il 5 maggio 2015, quando ci siamo ritrovati tutti nell’ufficio stampa del rettorato dell’Università di Messina per iniziare questo coinvolgente percorso che ha portato alla creazione del progetto UniVersoMe.

È passato quasi un anno da quel giorno e tra ostacoli, tempi che si sono allungati all’infinito e problemi di ogni genere, siamo riusciti a diventare qualcosa di concreto, di visibile: una testata multiforme di cui ogni studente può fare parte e può usufruire. Informazione, cultura, eventi, comicità: abbiamo tutto.

Quando mi sono trovata catapultata in questo mondo mi sentivo un po’ zoppa, un po’ spaesata. Un pesce fuor d’acqua, per così dire. La mia esperienza nell’ambito della scrittura, del giornalismo, si riduceva ad un puro hobby, un passatempo amatoriale giusto per scaricare lo stress. Circondata dai miei colleghi che stanno seguendo un corso di studi per diventare Giornalisti con la G maiuscola, ho pensato: ‘’ ma che ci faccio qua?’’. La risposta è arrivata da sé, è proprio questo il bello della scrittura, tutti possono scrivere. Basta farlo con piacere. C’è chi diventerà qualcuno, chi invece, come me, ne trarrà sempre solo sensazioni piacevoli e soddisfazione personale.

E così eravamo noi 9 che costruivamo, mattoncino su mattoncino, tutto questo. Poi un giorno, a Dicembre, Alessio mi chiama e dice: ‘’Ele, te lo ricordi che hai dato la tua disponibilità anche per il canale Radio? Deve partire a breve’’. Tatatan. Ho iniziato a sudare freddo. Per la voglia di fare, e fare il più possibile, avevo dato la mia disponibilità sia per il giornale che per la radio. Non potevo tirarmi indietro, per orgoglio, per sfida, per fare da spola tra i due canali. E così, rimbocchiamoci le maniche, facciamo partire il canale radio.

Siamo partiti in tre e ci siamo ritrovati in otto, otto persone che a malapena si conoscevano e che buttarono giù un programma con la consapevolezza che tutto, all’inizio, sarebbe stata la simulazione di sapere cosa stavamo facendo, andando a braccio nella speranza di essere assistiti da una sana botta di culo. Sai, ti ritrovi a dover fingere di conoscere la persona con la quale intrattieni il pubblico, devi trovare quella scintilla di affinità che vi faccia andare d’accordo o litigare, che mantenga viva l’attenzione.

Senza darlo a vedere, ero abbastanza preoccupata. Avevo fatto Radio, ma una cosa è farla guidata dal tuo maestro e insegnate del mestiere, un colosso con un’esperienza incommensurabile alle spalle, una cosa è farla con altri pulcini imbranati come te. Poi quando mi hanno comunicato che mi sarei occupata di sport con Panebianco ho stilato un elenco con centinaia di possibili scuse per lavarmene le mani, ma questa è un’altra storia.

La radio è un mondo a sé stante. Qualsiasi cosa che sia scritta, pure se si ha una finestra limitata di tempo per scriverla, la si può correggere, rivedere, aggiustare, rendere il più corretta possibile, sfiorando la perfezione. La radio Logo_radiono.

La radio è una botta e risposta continuo, sei tu e un’altra persona, due microfoni e una stanza. Si ha davanti un pc e una consolle e tu devi essere così attento e coordinato da saper fare partire e fermare al momento giusto le canzoni, ricordare di spegnere e accendere i microfoni, far sparire qualsiasi tipo di rumore esterno.

In tutto ciò devi pure essere spigliato, non farti bloccare dalla paura del microfono. Sembra banale, ma ci si sente da una parte quasi stupidi a parlare da soli, dall’altra lo sai che ci sono persone che ti ascoltano, togliendosi del tempo per farlo, e quindi sale l’ansia da prestazione, non puoi commettere errori.

Parli. Parli per dare informazione, per distrarre le persone, per comunicare qualcosa. Deve essere una conversazione normale con un amico, ma non è normale: i tempi verbali devono essere precisi, non puoi dire corbellerie riguardo all’argomento che stai trattando, devi cercare di tenere un ritmo scorrevole. Non puoi parlare sopra al tuo co-conduttore. Questo è particolarmente difficile: io e le mie amiche riusciamo a parlare tutte contemporaneamente di cose diverse capendoci, succedesse durante la trasmissione sarebbe solo un gran caos. Da quando indossi le cuffie e clicchi play sei fregato: o la va o la spacca.

Radio UniVersoMe oggi compie 3 settimane. Considerando che la fase embrionale dura 4 settimane, siamo ancora molto piccoli ed immaturi ma non troppo. Devo dire che non me l’aspettavo proprio il calore che si è creato, all’interno e all’esterno della bolla radiofonica. Noi come gruppo siamo diventati solidi, tutti sulla stessa linea d’onda, amici. E da voi, pubblico che ci leggete e ascoltate, arriva qualcosa, quel qualcosa che ci spinge a migliorarci di settimana in settimana, che ci sprona a fare sempre meglio. Con un perfetto equilibrio tra teste calde e razionalità, battibecchi, prese in giro, serietà e serenità stiamo concretamente facendo qualcosa che rimanga nelle mani della nostra università e degli studenti che arriveranno dopo di noi.13016758_10209141176276161_599495794_o

Questa è la nostra storia, la storia di alcuni ragazzi che vogliono dare voce all’università e che vi aspettano tutti i Lunedì e i Mercoledì (alle 15:00 e alle 17:00) eccitati come bambini di poter parlare con voi.

Elena Anna Andronico

UniversiTeatrali: Intervista a Dario Tomasello

UniversiTeatrali è un Centro Internazionale di Studi sulle Arti Performative dell’Università degli Studi di Messina dedito all’attività didattico-scientifica degli studi delle arti e della performance.
Dario Tomasello è il coordinatore scientifico di questo centro, nonché professore di letteratura italiana contemporanea e drammaturgia presso il Dipartimento di scienze cognitive, psicologiche, pedagociche e degli studi culturali. L’abbiamo intervistato per saperne di più su Universi Teatrali.

Come e quando è nato UniversiTeatrali?
E’ nato nel 2005 come progetto universitario, solo in seguito è diventato un vero e proprio centro di studi interdipartimentale e ancora dopo internazionale (facente capo al Dipartimento di Scienze Cognitive). Attualmente è dotato di un comitato scientifico internazionale di grande prestigio e fiancheggia principalmente il corso di studi “DAMS”, offrendo tuttavia all’intero corpo studentesco dell’Ateneo un programma seminariale e laboratoriale in collaborazione con l’ERSU.

Quali progetti avete portato avanti in questi anni?
Nel corso degli anni abbiamo svolto diversi seminari e laboratori teatrali e cinematografici. Grazie a quest’ultimo, insieme al liceo scientifico Seguenza, abbiamo realizzato quattro cortometraggi: Seventeen nel 2012, The circle nel 2013, Bad nel 2014 e infine Nives nel 2015.

Quali sono i vostri progetti di quest’anno e per il futuro?
Quest’anno è ripartito il laboratorio di teatro e ha lo stesso tema di quello di cinema: “L’altro e l’altrove”. Quest’ultimo, come ogni anno, è partito da una serie di appuntamenti di cineforum sulla tematica da trattare, attualmente si stanno riunendo gli sceneggiatori e in seguito vi saranno le fasi di casting, registrazione e montaggio. Ci teniamo a dire che il lavoro è svolto in gran parte dagli studenti, sia universitari, che del liceo, che si cimentano nei vari ruoli con entusiasmo. La nostra prospettiva per il futuro è dare continuità ai laboratori, sia di teatro che di cinema.

Il centro ha una sede fisica?
Si, si trova a Villa Pace ed è sede di diversi congressi, incontri, seminari. Inoltre, vi è la “Biblioteca Richard Schechner” che è nata con la collaborazione del Servizio Biblioteche di Ateneo (SBA) e la biblioteca del nostro dipartimento. Essa dispone di quattro sale con un corredo librario di oltre 10.000 volumi composto da libri, monografie e periodici dedicati alle arte in genere, al cinema, al teatro e alla musica. Gli studenti possono usufruirne al momento solo lunedì e mercoledì dalle ore 9.00 alle ore 13, ma è sempre aperta a prestiti grazie al collegamento con il nostro dipartimento.

Per maggiori informazioni su Universi Teatrali e per restare aggiornati sulle sue novità, vi consigliamo di consultare il sito: http://universiteatrali.unime.it/ .

Noemi Villari

Chi dorme non piglia…CFU

studenteChe tu sia uno studente di lettere, di medicina, di psicologia o di giurisprudenza; per quanto diversificati possano essere i nostri studi, per quanto un giorno, non ben certo e definito, occuperemo posti diversi nel mondo, un’unica cosa ci avvicina e ci accomuna, oltre la disperazione che raggiunge i suoi picchi poco prima di ogni sessione d’esame: la voglia di dormire.

Circondati da mille impegni, con gli occhi abituati a vagare su uno schermo luminoso a qualunque ora del giorno e della notte, pronti a correre in giro per la città, tra migliaia di pagine d’apprendere, tra rapporti sociali da coltivare e la voglia di fare le ore piccole con gli amici di sempre o con i nostri colleghi di corso di laurea … quanto tempo dedichiamo al nostro riposo?
Probabilmente poco, meno rispetto alle otto ore raccomandate.

Così, il caffè, con il suo odore invitante ed il suo gusto paradisiaco, diventa il migliore amico di ogni studente, pronto a sostenerci quando i nostri occhi vorrebbero soltanto chiudersi a notte fonda, anziché concentrarsi sui caratteri minuscoli dei libri che ci attendono prepotentemente, sulla scrivania disordinata e caotica su cui praticamente siamo costretti a vivere.

Eppure dormire, in certe occasioni, appare quasi come uno spreco di tempo, un affronto alla produttività, al divertimento o alla buona compagnia, ma sappiamo realmente cosa accade quando rinunciamo a quelle due o tre ore di sonno che apparentemente ci sembrano nulla?

Il primo segno tangibile, causato dal non dormire abbastanza, è sicuramente rappresentato dagli sbalzi d’umore: si diviene maggiormente irritabili, nervosi, la nostra soglia di sopportazione si abbassa; dunque, piccolo consiglio per i maschietti che stanno leggendo: se la vostra ragazza appare un po’ più scontrosa del solito, non fate immediatamente riferimento alla sindrome pre-mestruale, con battutine scontate e piuttosto idiote (con il rischio di aumentare, per altro, la percentuale d’incorrere in una decapitazione da parte della dolce e delicata puella) magari ha solo dormito un po’ meno!

Ma gli sbalzi d’umore non sono tutto, la mancanza di riposo adeguato e duraturo provoca anche un abbassamento delle difese immunitarie, rendendoci decisamente più vulnerabili ai patogeni; inoltre, la privazione di sonno è correlata all’insorgenza di emicranie e, non a caso, al calo del desiderio sessuale … a quanto pare la frase: “Tesoro, stasera ho mal di testa!” non è poi una semplice scusa!

Dormire poco però, soprattutto per noi studenti disperati, incide drasticamente anche sui processi di apprendimento e memoria, infatti, se spesso ridurre al minimo le ore di sonno ci appare come l’unica soluzione per recuperare parti degli infiniti programmi degli imminenti esami, in realtà impediamo il fisiologico processo di consolidamento delle nozioni apprese durante il giorno e quello di eliminazione dei “ricordi inutili”, così da non lasciare posto ad informazioni decisamente più importanti da ricordare.

Cattive notizie anche per i fanatici della linea: dormire poco, a causa degli squilibri ormonali che ne derivano, comporta un maggiore senso di fame che spesso si tende ad appagare con cibi grassi e molto calorici; non a caso vi è una stretta correlazione tra obesità ed uno stile di vita che non comprende una buona notte di sonno ritemprante.

Tra le conseguenze più gravi del non dormire abbastanza si annoverano: l’aumento del 400% circa di rischio d’infarto (mancanza di sonno è prolungata nel tempo); maggiori possibilità di sviluppare forme cancerose, soprattutto quelle al seno; infine, negli uomini è stato provato un calo della concentrazione degli spermatozoi nel liquido seminale.

Essendo questa la realtà dei fatti, non appare poi così una brutta cosa, non riuscire ad abbandonare il comodo letto la mattina, rimandando di qualche ora l’inizio dei nostri programmi giornalieri.
Se la voglia di dormire, avvolti in una comoda coperta calda e soffice, prevale su quelle che sono le nostre responsabilità di studenti, possiamo sempre ripeterci che in realtà abbiamo solo bisogno di migliorare la nostra memoria e la nostra capacità di apprendimento in vista degli esami!
Siete anche degli sportivi?Di bene in meglio! Questo è senza dubbio un motivo in più per concedersi una sveglia qualche ora avanti; è stato infatti provato che un sonno sufficientemente lungo e riposante permette di migliorare visibilmente la propria coordinazione motoria, migliorando le proprie performance atletiche in generale.

Stando alla scienza, dunque, qualche ora in più tra le braccia di Morfeo ha dei risvolti decisamente positivi, soprattutto per coloro i quali sono costretti a passare ore interminabili su libroni. Se la visione di una tazza di caffè fumante, sia che il sole sia alto in cielo o che abbia lasciato posto alla luna, ci appare come la miglior cosa che potesse accaderci, forse è il caso di sospendere, anche solo per poco, i nostri impegni e concedersi un sano e appagante viaggio nel mondo dei sogni.

Morgana Casella

Compendio per superare l’alcol test e trovare il proprio cocktail ideale

Quella sera, mentre ci provavi con quella ragazza in discoteca, lui era lì a farti coraggio.
Quel pomeriggio, a quel noioso aperitivo pieno di gente elegante, lui era con te, e ti aiutava a vedere meglio il lato divertente delle cose.
Quella notte di Agosto dell’anno scorso, quella notte della quale non ricordi nulla ma che ai tuoi amici piace tanto raccontare, è stato “grazie” a lui che hai perso la testa, le chiavi e il cellulare.
Lui compare nell’80% delle foto in cui sei taggato su Facebook, ed è sempre così fresco e colorato che, se la spensieratezza potesse trasformarsi da stato d’animo a cosa, senza dubbio si trasformerebbe in lui, il tuo cocktail preferito.

Ma sei sicuro che ti piaccia ciò che bevi?
Arriva l’estate, aumenta il caldo e cresce la sete, una sete che l’acqua non può sedare, una sete che non è solo uno stimolo fisiologico ma che diventa, se hai 20 anni e hai passato l’inverno a consumare evidenziatori e neuroni su dei libri più grandi di te, un’esigenza complessa che solo un mese di relax delirante potrà sedare, prima che arrivi Settembre e che la scrivania ti reclami nuovamente.
La definizione di relax delirante comprende mille sfumature di passatempi, mille modi in cui impiegare il proprio tempo (finalmente) libero, tra viaggi improvvisati o tanto attesi, tra serate in spiaggia e mattinate inesistenti, tra nuovi incontri e amicizie finalmente ritrovate.
Ma, se sulla costituzionalità del tuo diritto di divertirti non hai mai dubitato, sei invece proprio certo che il cocktail che ordini sempre, in discoteca o all’apericena, sia in assoluto quello più giusto per te?
Sei sincero nel dire che il menù di un locale non ti ha mai ricordato, per la sua incomprensibilità, il quaderno di appunti che ti ha prestato una volta quel tuo collega delle prime file?
Non ti è realmente mai capitato, alla domanda “Tu cosa prendi?” di fare scena muta come a un esame che avevi tentato disperatamente di preparare nelle quattro notti prima, e di copiare poi spudoratamente, come durante un test a risposta multipla, la risposta del tuo amico?
Se magari qualche dubbio lo hai avuto, forse è il momento di guardarti intorno e di imparare alcune cose sugli alcolici, che miglioreranno il tuo rapporto con la “vita notturna” e ti permetteranno di superare in questa sessione estiva (almeno) “l’alcol test”.

Un’occasione, un cocktail. Bisogna partire dal presupposto che ogni momento della giornata e ogni circostanza in cui ci si trova richiedono qualcosa di diverso,che si tratti dell’outfit o del tasso alcolico di ciò che si beve.
Non ci possiamo godere appieno un tramonto e un aperitivo rinforzato in riva al mare con addosso uno smoking, ed è difficile resistere al collasso se ci presentiamo a un #summerparty con addosso il nostro cappottino preferito: allo stesso modo, se alle 7 di sera accompagniamo le noccioline e le patatine con un Invisibile, (cocktail appartenente agli After Dinner, meglio noto come “4 bianchi”, composto da Rum bianco, Triple Sec , Gin e Vodka classica o aromatizzata alla frutta) probabilmente credendoci invisibili anche noi ci verrà all’improvviso una gran voglia di rotolarci nella sabbia, e se in una serata in discoteca optiamo per un Rossini (Cocktail sparkling, ossia frizzante, tipicamente da aperitivo, costituito da prosecco e purea di fragole) dopo un po’, a causa delle bollicine che stimolano l’appetito, ci verrà sicuramente voglia di mangiare qualcosa o, in mancanza di stuzzichini, qualcuno.

Le classificazioni. La prima cosa da fare quindi è un’infarinatura di scienza di comprensione dei menù, imparando che i cocktails, che per noi sono spesso solo “forti” e “leggeri” o “buoni” e “da vomitare”, possono essere in realtà classificati in base a 4 criteri, che sono la struttura, la capacità, la temperatura a cui devono essere serviti e il momento in cui è preferibile consumarli.
Fra questi il criterio più utilizzato è l’ultimo, tanto che in quasi tutti i menù le bevande alcoliche si trovano suddivise in Pre-dinner , cioè cocktail da aperitivo, After-dinner ,cocktail da dopo cena, Long Drink e Any Time , simili e adatti un po’ a tutte le occasioni, con una gradazione alcolica raramente superiore ai 30 gradi, mentre una categoria a parte è costituita dai Mangia e Bevi, cocktails di frutta.
Tali categorie prendono spunto dalle 5 che la IBA,l’associazione mondiale di barman, adottava fino al 2010 nella suddivisione dei cocktails della lista ufficiale IBA. Queste erano:
1)Pre-dinner, suddivisi in Dry e Medium.
2) After-Dinner, o Sweet, caratterizzati da un gusto particolarmente dolce.
3)Long Drinks, un tipo di cocktails con gradazione alcolica moderata, intorno ai 20 gradi.
4) Popular
5)Special.
Quando, nel 2011, la lista ufficiale è stata rimodulata, anche questa suddivisione è entrata in disuso, e i 77 cocktails della lista attuale sono divisi in The Unforgettables, Contemporary e New Era Drinks.
Ma in cosa si differenziano fra loro?
Indimenticabili aperitivi. La maggior parte dei cocktails della categoria “Unforgettables”, ossia, indimenticabili, sono cocktails perfetti per l’aperitivo e sono per lo più amarognoli e dalle origini antiche, come l’Americano (definito il padre del Negroni), il Manhattan (risalente all’800, a base di Whisky e Vermouth), il Dry Martini (quello che bevevano le nostre mamme, fatto di gin, dry vermut e un po’ di limone e con all’interno un’oliva verde) e il Sidecar (pare risalente alla seconda guerra mondiale, fatto di Brandy, Cointreau e succo di limone). Tra quelli della stessa famiglia ma più dolci e in tutti i sensi più “giovani”, degno di nota è il Daiquiri (adatto un po’ a tutta la giornata, ha origini caraibiche ed è fatto di rum, succo di limone e zucchero).

Nottate “contemporanee”. Alla seconda categoria, quella dei “Contemporary”, appartengono tutti i cocktails più famosi e diffusi, quelli più richiesti, quelli buoni il pomeriggio ma che diventano perfetti per una nottata al lido,quelli adatti a tutti, ai festaioli e ai tranquilloni che preferiscono sorseggiarli seduti a un tavolino.
In una serata “easy” tra amici, l’amico goloso potrà ordinare un Black Russian (Vodka, liquore al caffè e una farcitura di crema di latte, digestivo, ovviamente d’estate shakerato con ghiaccio), l’amica che si crede un po’ una fashion blogger potrà sorseggiare un Cosmopolitan (Il cocktail di Sex and The City, fatto di Vodka, limone, Cointreau, succo di lime e di Cranberry) e l’intrepido della comitiva potrà fare lo spavaldo sulle spalle del suo povero fegato con un French75 (una “bomba” a base di assenzio, gin e calvados).
Che poi sia sera o finalmente notte, chi cerca un cocktail dal sapore innocente e non troppo amaro può optare per un Cuba Libre (Long drink, sapiente mix di Rum, coca cola e lime) o un Long Island (Long drink, con Tequila, Rum bianco, Triple Sec, Vodka e succo di limone spremuto fresco, sciroppo di zucchero e coca cola), mentre chi vuole letteralmente bere il gusto dell’estate può scegliere un Mai-Tai (Long drink che sa di esotico,ottima combinazione di Rum bianco e scuro, Orange Curaçao, sciroppo di orzata e succo di limone, servito di norma con un trancetto di ananas e delle foglie di menta), un Japanise (Midori, Cointreau e limone) o un Mojito (simbolo della vacanza al mare, il top per gli amanti della menta, a base di Rum bianco, succo di lime, menta e zucchero di canna, esistente anche nella versione Black, con liquirizia, e Red, con fragole,e appartiene insieme a Caipirina e Caipiroska ai cosiddetti “pestati”, cioè quei cocktail contenenti lime e zucchero di canna pestati con un pestello prima dell’aggiunta della vodka piuttosto che del Rum o del Cahaca). Più leggeri ma estremamente freschi e dissetanti il Sex On the Beach e il Tequila Sunrise (il primo costituito da Vodka, sciroppo alla pesca, succo di Cranberry e succo d’arancia e il secondo da succo di arancia, Tequila e sciroppo di granatina).

Se ti senti coraggioso. Quelli desiderosi di provare qualcosa di nuovo invece, al bar come in discoteca, potrebbero trovare il loro cocktail ideale nella terza categoria, New Era, che comprende esperimenti in Italia poco noti, come il Vampiro (il figlio più piccolo del Bloodly Mary, è fatto di Tequila, succo di pomodoro, di arancia e di lime, con l’aggiunta di mezza fettina di cipolla tritata, di un cucchiaio di miele, di un po’ di salsa Worchestershire, sale e perfino peperoncino), il B52 (servito anche “acceso”, ossia infuocato in superficie, composto da Kalhua, Bailey’s Irish Cream e Grand Marnier) o il Pisco Sour (contenente Pisco, limone,sciroppo di zucchero e un bianco d’uovo).

Creatività si, ma con cautela. Infine, è ovvio ma è bene precisarlo, non tutti i cocktails proposti sono replicabili in casa, (e poi perché farli a casa se si può uscire?) e spesso in realtà si rischia, anche nei locali, di non trovarli tutti o di non trovarne nemmeno uno. Questo succede perché alcuni barman dal talento notevole hanno deciso, un giorno e in qualche parte del mondo, di darci dentro con la creatività e di modificare con un tocco personale tutte le ricette. Fino a qui tutto bene, ma da quando baristi senza alcun attestato e senza un minimo di talento hanno deciso di imitarli, è sempre più facile ritrovarsi con bicchieri colmi di detersivo per piatti shakerato con disinfettante.
Il consiglio ultimo quindi, per trovare il vostro cocktail ideale, è di non fidarvi troppo e subito di chi vi promette di stupire positivamente le vostre papille gustative, perché la vita, e soprattutto l’estate di uno studente, sono davvero troppo brevi per bere cocktails sgradevoli. Provate, sperimentate, assaggiate, ma informatevi sempre sulla composizione di ciò che bevete e sulla qualità..
Un pomeriggio o una sera poi, quando meno ve lo aspettate, potreste trovarvi tra le mani senza sapere bene né come né perché proprio lui, quello giusto, quello che continuerete a scegliere, fra tanti, anche una volta finita l’estate. E sarà amore.

Laviniarita Parisi