Ecco 10 motivi per cui uno studente universitario dovrebbe viaggiare

Almeno una volta l’anno, anche se solo per 3 giorni: prendete tutto e partite.

Per non impazzire. Per non annoiarvi. Perché fa bene….

Perché?

Per questi 10 motivi.

Ma anche per nessuno di questi. Fatelo e basta. Viaggiare fa bene alla salute.

1- Per premiarti. 

Chi di voi non ha mai sognato di trovare sotto l’albero, magari dopo un’estenuante sessione, un bel biglietto solo andata per destinazione paradiso? Diciamocelo, la vacanza premio è una delle cose migliori che possiamo regalare a noi stessi dopo aver buttato sangue, sudore e salute su tutte le pagine di tutti i libri di ogni materia della nostra carriera.

 

Ho preso 18, domani vado ad Amsterdam a sfondarmi di funghetti allucinogeni per dimenticare” (dai che lo so che ti fai di funghetti allucinogeni…) oppure “Ho preso 30, direi che Amsterdam è un ottimo modo per festeggiare”

 

Chiara Ferragni version: “Hi guys, ho finito il primo paragrafo, faccio pausa per le strade di San Francisco, dopo il secondo ed il terzo volo ad Hong Kong”. Insomma, che tu sia povero o Chiara Ferragni, avrai sempre un motivo per premiarti, fare la valigia e staccare la spina.  RIGENERANTE

 

2- Per non tentare il suicidio.

Ogni studente, almeno una volta durante la sua carriera universitaria, ha pensato ‘’non ce la faccio’’. E, diciamocelo, la situazione peggiora se incocci giusto quel professore che decide di bocciarti 34 volte. Ma perché?! Cosa altro devo studiare?! Beh, probabilmente niente. Si divertono così, che vi devo dire.

In quei momenti di black out totale, manco fossimo in una puntata di Shondaland, te lo dici ‘’ non posso farlo. Non sono all’altezza. Mi arrendo’’.

E poi non ci arrendiamo mai perché siamo cocciuti come muli e, da brave bestioline ignoranti, ci riproviamo fino a quando ‘’18 e sto! Dove devo firmare?!’’.

Ecco, è in questi momenti di blocco che due giorni fuori, lontano da tutto, lontano dalla vita vera, possono solo fare bene alla salute. Sono un respiro profondo. Lo prendi e vai avanti.

3- Per arricchirti.

No, non nel senso che viaggiare potrebbe essere la soluzione ad ogni tuo dubbio amletico circa le tue scelte universitarie. “Avrò scelto la facoltà giusta?”,Troverò mai un lavoro?”, “Avrò mai uno stipendio?”.

 

No, non vi arricchirete viaggiando e abbandonando gli studi, ma attenzione; potreste sempre prendere un volo diretto per la Cina, fare strani accordi con la mafia cinese, ottenere la licenza per aprire un camioncino abusivo di braciole in centro a Pechino e diventare ricchi. (Che ideona vi ho appena suggerito?)

Allora sì che potrete compilare la rinuncia agli studi.

 

Ma no dai, la ricchezza della quale sto parlando vale molto di più che tutto questo, perché la ricchezza che troverete viaggiando sarà quella degli occhi e del cuore. Viaggiare per credere.

 

4-Perché non si impara solo sui libri.

E qua non stiamo a filosofeggiare, eh. Qua si parla proprio di vita reale: se mi trovate un libro dove ti insegnano a fare la lavatrice o la lavastoviglie, beh, voglio la copia in PDF TIPO SUBITO, ORA, NAU.

Fatevi quella valigia e andate ad imparare LA VITA, cazzo. Che sui libri quella non si legge, non si impara. Imparate cosa vuol dire farsi rubare la borsa e dover andare all’ambasciata italiana a denunciare il fattaccio, ad esempio.

No, oddio, troppo severa.

A calpestare una cacca con l’unico paio di scarpe che avete potuto portare perché, mannaggia a easyjet, la valigia in stiva costa troppo e non posso comprarne un altro paio e ‘’mammina dove sei, come faccio, che schifo!’’. Le cavolate insomma, che poi sono le cavolate che servono per sopravvivere.

5-Per coltivare nuove amicizie.

Ma quali Facebook, Instagram e Whatsapp; le amicizie non sono più quelle di una volta (quanto mi sento vecchia dicendo queste cose) e no, abbiamo detto che quelle con i rumeni dei call center sono da escludere da ogni categoria di questo articolo.

 

Viaggiare è anche e soprattutto conoscere gente che non nutre alcun pregiudizio nei tuoi confronti perché diciamocelo, coi tuoi colleghi ormai hai creato il fan club degli sfigati, depressi, non avremo mai quella laurea, e sai che non potrai mai far parte di nessun’altra confraternita.

 

Quale migliore occasione se non quella di essere dall’altra parte del mondo, col tuo nuovo amico Peruviano a scolarti qualsiasi bottiglia di Rum che ti capiti a tiro. Ciaoh poveri, c’ho l’amico international.

 

 

6- Per intasare Instagram.

Un po’ pezzi di merda in questo caso, nei confronti dei colleghi stipati a casa, siamo (proprio, col verbo alla fine della frase, alla siciliana, per rendere meglio il concetto). E anche un po’ ossessivi, compulsivi, vanitosi e ostentatori.

Però quanto è bello pubblicare le foto di quella nuova meta e, cavolo dai, ma avete visto che meraviglia ho potuto visitare?!

Suvvia, in viaggio siamo tutti un po’ MARIANODIVAIO SPOSTATE CHE ME FAI OMBRA. E poi, è terapeutico: quando torni alla vita normale e cominci a pubblicare foto di te con i libri, il gatto sui libri, gli evidenziatori con i libri, i libri sui libri; basta scendere un pochetto più giù e… Uao, che figata che è stato quel viaggio.

7- Per confrontarti con il diverso.

Si, si, lo so che col diverso vi ci confrontate ogni santissimo giorno, quando puntuale come lo sposo il giorno delle nozze, arriva la chiamata del call center e tu stai lì a spiegare all’austro-ungarico di turno che NON VOGLIO NESSUNA CAZZO DI OFFERTA CIAO.

 

Facciamo che questo non lo consideriamo nella categoria ma proviamo ad allargare i nostri orizzonti. È vero, tutto ciò che è diverso forse spaventa, (tranne un 28 in mezzo a una sfilza di 18, quello non spaventa di certo) ma pensate a quante cose belle vi potrebbero capitare prendendo un semplice pullman, treno o aereo: Potreste imparare a fare la raccolta differenziata, a mettere la cintura quando state sul sedile posteriore, ad attraversare sulle strisce pedonali, rispettare i semafori, usare i cestini…

 

Dai sì, la smetto di elencare tutto ciò che non siamo in grado di fare, ma ricordate; non è mai troppo tardi per scoprire che oltre alla nostra tribù medioevale, esiste un mondo civilizzato ed emancipato.

 

8- Per assaporare la libertà.

Questo punto è rivolto di più ai ragazzi che studiano nella propria città e vivono ancora coi genitori. A noi, poveri disgraziatelli, che si mangia ancora alle 13:04 spaccate, A TAVOLAAAAA QUESTA CASA NON È UN ALBERGO A TAVOLAAAAAAAA!!!

A noi, che guardiamo i colleghi fuori sede e, quasi per tutto il periodo universitario, pensiamo ‘’perché?! Perché ho autoimposto a me medesimo di avere per altri OTTANTADUE ANNI il coprifuoco? Perché?’’

Con tutto il bene che possiamo volere ai nostri genitori, ci mancherebbe altro, ma, in svariate occasioni, si tenta il suicidio.

È per questo che QUEL VIAGGIO, quello che ancora non ti sei concesso, studente in sede, TI SERVE. Per respirare un attimo di libertà. Come la mamma, sempre lei, che la domenica mattina entra in camera e spalanca tutto perché ‘’È domenica, BISOGNA FAR CAMBIARE ARIA ALLA CASA’’.

Cambiatela voi, concedetevi una settimana di domeniche fuori, respirate la libertà e poi, sì, poi si può tornare a casa.

9- Ryanair.

Fermi tutti, menzione speciale. Standing ovation, medaglia ad honorem: RYANAIR. Tu che hai rianimato tutti i cieli del mondo, tu che hai ridato la gioia laddove gioia non c’era più. Tu che mi fai pagare il biglietto per New York ad un prezzo così abbordabile che ho convinto anche mia nonna a partire.

 

Tu che il bagaglio a mano non può essere più grande della mattonella che ho in bagno (pena 55euro di multa da pagare cash provati sulla mia pelle), che se voglio portarmi due mutande di più devo comprarmi 600euro di bagaglio da stiva, che se voglio scegliere il posto a sedere devo concedermi al Capitano (oppure, chiaramente, pagare) che vuoi accollarmi i profumi, i gratta e vinci speciali, le assistenti di volo come badanti.

 

Tu che sei riuscito nella grande impresa di convincere il mondo che volare ovunque vuoi a basso costo sia possibile, ma che in fondo, sei solo riuscito a prenderci tutti, beatamente ed allegramente per il culo. Grazie Ryanair.

 

10- Messina

Non è vero che a Messina ‘’non c’è nenti’’. A messina c’è, c’è tanto. Sono i Messinesi che non ci sono. Non ci stanno proprio con la testa, sognano di fare qualcosa e, mentre sognano, si perdono quello che c’è (anche se alcuni sono proprio fuori come balconi, nel senso MATTI DA LEGARE).

Tra di noi, a livello umano, gli stimoli sono pochi e non sfruttati. L’apatia incombe, sempre più pesante e reale. Mia nonna, alla casa di riposo, si divertiva molto di più.

Siamo degli zombie.

E quindi, forse, quei 100€ che si spendono ogni sabato sera sarebbe il caso di metterli da parte e farci un bel gruzzoletto, invece che spenderli in Belvedere… E andare a vedere quello che veramente è un Bel- Vedere.

Che magari, gli stimoli tornano. E poi, in fin dei conti, niente è più bello che tornare a casa.

Elena Anna Andronico

Vanessa Munaò

PAGELLE IGNORANTI: STUDENTI VS CFU

Ma quale Juventus- Monaco. Ma quale Italia- Germania. Ma quale Federer- Nadal. La sfida più insidiosa di tutte è quello dello Studente contro i CFU.

Riuscirà a raccoglierli tutti? PIKACHU SCELGO TE.

E se in amore e guerra tutto è lecito, immaginate in questo caso.

Si scende a qualsiasi tipo di compromesso. E noi, a questi studenti, abbiamo dato un voto.

Ecco le nostre personalissime… PAGELLE IGNORANTI.

 

-Il patito di convegni e conferenze, 7:

È di solito il trentista del corso. Preciso, puntuale, appassionato e con tanta voglia di crescere (no, non come quelli del fruttolo).

IL PATITO DEI CONVEGNI è un piccolo Einstein, a lui non basta aver raggiunto a suon di 30 e lode il numero minimo di crediti. Lui deve oltrepassare la linea ed andare oltre. Non importa che studi a medicina o ad ingegneria nucleare, qualunque sia l’ambito disciplinare in questione lui sarà lì.

Lo ritroverai alla presentazione del libro sulle ricette di nonna Pina (quella delle tagliatelle), alla conferenza sull’invecchiamento precoce della pelle, e al convegno di scienze delle relazioni internazionali. Lui sarà lì sempre, a fare avanti e indietro per tutti i dipartimenti come il suo fosse un gioco a chi conquista più decimi di CFU in una sola giornata. Che poi fermati cazzo, a questo gioco stai giocando solo tu e il tabellino segna 0,50. STAKANOVISTA

 

-L’Approfittatore, 5:

L’APPROFITTATORE è meschino. Sa bene quanto sia importante racimolare il maggior numero di Cfu durante tutta la durata del corso di studi, ma c’è una cosa che conosce meglio di questa: LO SCROCCO.

L’arte dell’approfittare è cosa ardua, richiede tempo, passione e dedizione. Chi la pratica, di solito, riesce a coniugare alla perfezione l’utile e, diciamo così, il DILETTEVOLE.

Il suddetto studente, dunque, sarà presente ad ogni congresso. Si, perchè IL CONGRESSO è un momento aulico e di élite, roba che solo se sei di un certo rango la puoi capire. Si presenterà rigorosamente in abito elegante, la cravatta e la ventiquattr’ore. Avrà un’aria distinta, saccente, quasi istituzionale. Lo studente in questione sarà impeccabile in tutto, imparerà a memoria il nome di tutti i professori pluripremiati che presenzieranno e saprà anche riconoscerli.

In realtà nulla è come sembra, non è decisamente come potrebbe sembrare.

L’APPROFITTATORE non è un patito di medicina sperimentale su cadaveri vivi (?), non è un appassionato di teorie aereospaziali sulla luna, né di dibattiti approfonditi sulle nuove formule magiche per salvare il pianeta dal disgelamento nell’ozono (sti congressi sono proprio robe strane eh?!); è solo maledettamente affezionato alle poltrone del Palacongressi.

Talmente tanto che arriva con qualche minuto di anticipo per scegliere la sua poltrona preferita e poi sta lì, comodo comodo, per infinite ore a russare con la bocca aperta che una sdraio alle Maldive può accompagnare solo. Ma non è finita: tutte quelle ore di “fatica” non possono che essere sostenute da tattici sfondamenti ai buffet. Si, perchè è quella la parte migliore. Appostamenti tattici, schemi di gioco ben studiati, movimenti camaleontici. Un arancino di qua, una pizzetta di là e i CFU sono belli e serviti. E il giorno dopo? Si replica.

Quando non può proprio presenziare? Il suo nome comparirà comunque sull’elenco degli studenti presenti. Avrà, con la sua maestria, gentilmente approfittato della “penna” di un collega. AVVOLTOIO

 

-Lo Sportivo Occasionale, 8:

Vi stiamo per spifferare una delle chicche dell’Unime. TU, caro lettore, lo sai che praticando un’attività sportiva al CUS puoi portarti a casa un bel gruzzoletto di CFU?! EEEEEEH, MA CHE NE DEVONO SAPERE I COMUNI MORTALI.

LO SPORTIVO OCCASIONALE, lo sa. Sa che due giri di campo valgono 0,25 cfu. Guardatevi intorno: secondo voi l’amico tanto fidato si sbatte fino all’annunziata perché vuole tanto bene ai suoi compagni della squadra di volley? NO. Lui sa. Sa che non c’è bisogno di seguire conferenze. Non c’è bisogno di travestirsi da persona per bene ad un congresso. Non c’è bisogno di alzarsi la mattina presto il sabato.

Basta andare a fare sport. Cuffiette nelle orecchie e CIAONE. A 20 giorni dalla laurea ricordi che ti mancano 86 CFU liberi, ti giri verso il tuo fidato compagno di studi e mille sventure tutto madido di sudore e invece lui… È tranquillo.

I CFU guadagnabili attraverso la pratica di attività sportive sono CFU da veri sommelier. Da buongustai, da persone che non hanno bisogno di chiedere… MAI.

E, soprattutto, sono solo per una classe ristretta di dipartimenti. Ah, che ti pare, che a tutti i dipartimenti possono essere assegnati? No no. C’è chi può e chi non può. TU non può.

LO SPORTIVO OCCASIONALE, è quello studente che ha capito il senso della vita: ha i crediti che gli servono già alla fine del primo anno, è pronto per la prova costume da dicembre (campando di rendita durante le rigide sessioni invernali) ed ha conosciuto un sacco di figa. JOE BASTIANICH

 

-UniVersoMe, 3:

Qui la faccenda è piuttosto seria. No ragazzi, non lo dico perchè UniVersoMe è casa nostra e come una mamma che vede il proprio figlio sedicenne mano nella mano con la fidanzata, sta dando di matto. Ma io vi vorrei chiedere: PERCHÈ PROPRIO MIO FIGLIO??? PERCHÈ??

Da quando UniVersoMe ha aperto le porte al magico mondo dei CFU, la vita di redazione è cambiata. I quattro moschettieri si sono trasformati ne “la carica dei 101”, e l’ufficio stampa non è più la tavola rotonda ma un fottutissimo porto di mare. Gente a destra, gente a sinistra.

Tutti con la passione per la scrittura, la radiofonia, le interviste e le vignette. Lo studente che bussa alla porta di UniVersoMe è furbo. Arriva in punta di piedi ma deciso. Millanta di conoscere il progetto, di leggere gli articoli pubblicati giornalmente (compreso questo), di essere un fan accanito dei programmi radiofonici.

Sa che deve essere abbastanza convincente per inserirsi nel team senza dare nell’occhio; per i primi tempi condivide e presenzia, si mostra appassionato e pieno di idee innotive. Poi, abbandona il gruppo whatsapp e sparisce nel nulla.

Ma a noi tutto questo può anche star bene, tutto sommato è appena stata approvata la legge sulla leggittima difesa. “Si può sparare a chi ruba in casa tua dopo le 20.00” (approssimativamente dice così)

Dunque, cari studenti appena approdati ad UniVersoMe, dite grazie a chi ha stabilito questo orario, che alle 20.00 l’ufficio stampa è già chiuso da un pezzo. ARSENIO LUPIN

 

-Il Movimento 5 Litri, 10:

A questo studente voto massimo. Negli anni ha affinato la delicata e sacra arte dell’AFTER. Chiamatelo spirito di sopravvivenza: di sicuro è uno di quegli studenti di cui il dipartimento di appartenenza organizza lezioni di aggiornamento, retribuite a suon di CFU, nell’unico giorno della settimana libero… IL SABATO.

Non solo: l’ORARIO. Il comunicato indicherà: ‘’si invitano gli studenti interessati a recarsi in tale aula di tale padiglione alle ore NOVE’’. LE NOVE DI SABATO MATTINA.

Che fai, a quel punto? Essere o non essere? Vivere o morire? Andare all’Officina il venerdì sera o coricarsi? Rimanere sobri o alcolizzarsi a morte?

NO PROBLEM. La prima volta si iscriverà e dimenticherà di averlo fatto. La seconda volta non sentirà la sveglia. La terza volta avrà imparato la lezione: dopo l’officina, panino da Lillo Litro e poi via, parcheggiato di fronte l’edificio d’ingresso, sonnellino in macchina e andiamo a comandare alle nove del mattino di sabato, col sudore che sa di Jack e menta. PROBLEM SOLVING

 

-Colui che “scende a compromessi”, 9:

Lo abbiamo detto, quella dei Cfu è una questione seria, talmente seria che quando capita di ritrovarsi con un credito e dico UN credito mancante in carriera, a sole poche settimane dalla laurea, ecco che oltre alla disperazione (o meglio, oltre all’imprecazione) lo studente medio non potrà che scendere a compromessi.

Che poi, come ha fatto quel maledettissimo credito a sfuggire alla meticolosa conquista messa in atto dal giorno dell’immatricolazione? Anni e anni di spunte blu accanto ad ogni esame conquistato, anni di calcoli e di countdown per arrivare a quei benedetti 180 (360 per i più audaci… Molto audaci), anni di diagrammi a colori e grafici con curve concave e convesse e lui è rimasto lì, solo e triste.

A questo punto non rimane che improvvisare. Nessun convengo, nessuna materia, nessun progetto che possa rimediare alla falla subita. Nessuna fiaccolata commiserativa sotto casa del rettore insieme allo striscione “Magnifico fammi la grazia”, nessuna opera di stalkeraggio nei confronti del direttore di dipartimento: “Ho fame di laurea, dona 1 Cfu all’ 8×1000”.

Poi l’illuminazione: “Di sicuro servirà un uomo delle pulizie”. E allora via con scopa e paletta, straccio e secchiello, pezza e vetril. Per 1 CFU questo e… Molto altro. FANTASISTA

 

-Gli Affaristi, 4:

In qualsiasi università che si rispetti, come la nostra, vengono stanziati progetti su progetti da far girare la testa. Il problema dello studente Unime medio è che deve essere convinto a partecipare… ‘’Ciu dissi, a buon rendere’’.

Da qui, il pessimo voto. Perché alcuni progetti affondano come il Titanic per la scarsa partecipazione. Perché, se c’è una cosa che lo studente Unime medio vuole, è il CFU.

AFFARISTA, per noi e Mara Maionchi è NO. Voto 4.

‘’DISONORE SU DI TE, DISONORE SUL TUO DIPARTIMENTO, DISONORE SULLA TUA MUCCA’’ semicit.

 

L’AFFARISTA, arriva con il suo charme e il suo eloquio affascinante, diventa parte dell’equipaggio e poi… Contratta. O CFU o niente. Abbandona la nave. Ti lascia in 13 a metà percorso.

‘’MA COME NON DA CFU?! ALLORA NIENTE, NON HO TEMPO, SONO TROPPO IMPEGNATO’’.

MA TROPPO IMPEGNATO COSA, VORREMMO SAPERLO. Sei troppo impegnato a tagliarti le unghie dei piedi? Sei troppo impegnato a contare i peli del tuo cane? Sei troppo impegnato ad allenarti al lancio del coriandolo bagnato controvento? Sei troppo impegnato ad essere un cretino messo all’impiedi, ecco in cosa sei impegnato. SCHETTINO.

Elena Anna Andronico (285/360 CFU TOTALI, 6/8 CFU LIBERI)

Vanessa Munaò, (144.5/180 CFU TOTALI, 6.5/12 CFU LIBERI)

Il tramonto del sogno CUS

Domenica 30 aprile, con la sconfitta in quel di Lipari, si spegne definitivamente ogni possibilità del sogno promozione diretta del Cus Unime.

Nell’ultima trasferta eoliana i ragazzi di Smedile arrivano con non poche difficoltà di organico a giocarsi la partita più importante della stagione. Dopo il solito e stremante viaggio in aliscafo nelle prime ore della mattina, il match del Franchino Monteleone prende il via alle ore 11, diretto dal fischietto messinese del Sig. Muscherà.

 

Primo tempo: pirotecnico. E’ questo l’aggettivo più adatto per sintetizzare in unico termine i primi 45 minuti tra Ludica Lipari e Cui Unime.

Doppio vantaggio immediato dei padroni di casa firmato da Marino e Sturniolo, quest’ultimo con un pregiatissimo calcio di punizione dal limite. Il Cus subisce il colpo e si affida al proprio capitano, Iacopino, che riapre il match con un meraviglioso gol di tacco degno di ben altre categorie.

La Ludica però non si distrae affatto, anzi sfrutta a tutto tondo il fattore campo e realizza altri due gol uno dopo l’altro grazie alle trasformazioni di Tripi e D’Ambra. Punteggio 4-1 e a un minuto dalla fine della prima metà, ancora capitan Iacopino, accorcia le distanze per il Cus direttamente su punizione. Al duplice fischio il parziale è di 4 a 2 per gli eoliani.

 

Secondo tempo: a differenza del primo tempo, nella seconda parte di gara la situazione è molto equilibrata e priva di pericoli per entrambi i portieri. Il Lipari gestisce il possesso ottimizzando anche il vantaggio numerico dopo l’espulsione di Mister Smedile (che ha dovuto prendere parte all’incontro come titolare, per i problemi di organico di cui sopra).

Il Cus ci prova, ma è tutto troppo complesso. Chiude i conti Macchione di testa che chiude definitivamente la partita sul risultato di 5 a 2.

 

Finisce aritmeticamente ogni possibilità di centrare la promozione diretta per il Cus, sogno che invece si avvicina sempre di più alla Ludica Lipari alla quale mancano due punti da centrare nelle ultime due partite. In casa Cus ora si può e si deve cominciare a pensare al raggiungimento dei play-off, che vista la corta classifica, non è neanche un obiettivo semplicissimo come poteva apparire fino a qualche settimana fa.

Due giornate al termine e il Cus Unime, che oggi è scivolato in quinta posizione, affronterà domenica prossima l’ultima partita in casa della stagione contro il fanalino di coda Città di Antillo.

 

Formazione Cus Unime (4-3-3): 1 Battaglia; 2 Russo, 4 Iacopino, 5 D’Agostino, 3 Insana; 6 Fiorello, 8 Smedile, 10 Tiano; 7 Papale, 9 Di Bella, 11 Stassi.

Panchina: Zito, Costa, Cardella, Lombardo, Al Hunaiti, Oliva.

 

Classifica:

Ludica Lipari 43

SC Sicilia 38

Fasport 35

Arci Grazia 35

Cus Unime 34

Real Zancle 33

Casalvecchio 28

Stromboli 28

Kaggi 26

Cariddi 14

Malfa 13

Città di Antillo 13

Mirko Burrascano

Dal Diario di un Erasmus: l’erba del vicino è realmente più verde?

Immaginate di essere uno studente universitario medio e di trovarvi una mattina in aula ad aspettare il professore, che con molta calma e tranquillità si prende il suo quarto d’ora accademico.

Siete seduti al vostro posto strategico, né troppo avanti, né troppo indietro; da lì potete tenere tutta l’aula sotto controllo. Siete intenti a farvi gli affari vostri, ed ecco che una voce giunge alle vostre orecchie e lo sentite! Lui! Il collega che è appena tornato dal semestre trascorso all’estero con una borsa di studio Erasmus.

Ed eccolo, con un look esotico, gesticolando con le mani, a raccontare di quanto sia stato facile passare tutti gli esami, di come sia diventato uomo di mondo, di tutti gli amici (rigorosamente italiani) che abbia conosciuto, di tutte le feste universitarie e bla, bla, bla. Adesso immaginate ancora di essere lo stesso studente universitario medio e di non credere ad una parola di quello che sentite dire al vostro collega.

Se siete riusciti a calarvi nel personaggio, allora per un attimo siete stati me qualche mese prima di partire per il mio semestre all’estero. Insomma, parliamoci chiaro, studiare in un altro Stato dell’Europa o del mondo porta certamente con sé grandi momenti di divertimento ed esperienze irripetibili tuttavia la formula matematica per cui la diminuzione dell’impegno nello studio sia direttamente proporzionale all’aumento del profitto accademico non è ancora nota.

Anche se, dopo aver partecipato personalmente al programma Erasmus, credo di aver capito che il vostro collega che si pavoneggiava prima dell’inizio della lezione, non aveva esattamente tutti i torti e che l’Erasmus è come una pagina bianca sulla quale si può scrivere ciò che si vuole. Si può scegliere di inserire nel Learning Agreement corsi inutili e con il test finale a crocette, solo perché bisogna sostenere degli esami necessariamente e quindi basta prendere i più facili, oppure si può ponderare il programma di ogni corso cercando quelli con dei contenuti che possano arricchirci.

Si è del tutto liberi di scegliere corsi ulteriori, non richiesti dal piano di studio italiano, ma tuttavia interessanti, che non sono offerti dall’università di partenza; si può fare amicizia con i colleghi stranieri oppure evitarli come la peste e cercare solo gli altri studenti di scambio italiani.

Ci si può impegnare a studiare la lingua del luogo, oppure accontentarsi di sopravvivere con quel poco inglese scolastico e non imparare neppure una parola nella lingua del Paese ospitante. Insomma, siete del tutto liberi di scegliere il font, la dimensione dei caratteri, il colore e il contenuto del vostro testo ma attenti! Qualunque scelta farete, questa sarà pregna di conseguenze. Tutte le esperienze della vita possono renderci delle persone migliori o peggiori, possono darci qualcosa oppure toglierci qualcosa.

Molto di rado siamo toccati da avvenimenti che non apportano alcun cambiamento alla nostra vita. Così è anche per lo studio all’estero; lo si può vivere come un’esperienza edificante, approfittando dell’opportunità per una crescita personale ed accademica, oppure lo si può vedere come una degustazione continua di superalcolici ed un susseguirsi di bravate impunite poiché si è all’estero e i genitori non lo sanno.

La malattia più comune ai nostri giorni è, a mio avviso, quella di dare tutto per scontato e di credere che tutto quello che ci viene dato sia un nostro diritto. Per qualche motivo ci siamo convinti, o siamo stati convinti dalla società, che le cose ci siano dovute, che, per qualche motivo non ben stabilito, siamo molto meritevoli di tutto ciò che abbiamo e mai, mai ci fermiamo a pensare che dovremmo essere grati per quello che ci è stato dato. Difatti, molto spesso, non è per bravura nostra che abbiamo ciò che abbiamo, ma perché qualcuno si è preso la pena di darcelo. Sotto questa luce ho cercato di vedere la mia opportunità di partire con l’Erasmus.

Parliamoci chiaro, farsi assegnare una borsa è estremamente facile; dopotutto una media maggiore di 26, motivazioni convincenti e un piano di studi simile a quello nell’università di partenza non sono poi richieste troppo esigenti. Eppure molti studenti non la ottengono.

Inoltre avere la possibilità di approcciarsi alla propria materia di studio da altri punti di vista e tramite metodi diversi; il confrontarsi quotidianamente con studenti stranieri, con la loro visione del mondo e con le loro esperienze di vita; la sfida continua di comunicare le proprie idee e i propri pensieri in una lingua diversa, cercando di caricarli della stessa forza, delle stesse emozioni e delle stesse sfumature con le quali lo si farebbe nella lingua madre sono tutte esperienze che non tutti hanno la fortuna di sperimentare.

Sebbene per noi andare all’estero e rimanerci per un dato periodo di tempo sia più facile di quanto lo sia stato per i nostri genitori, solo pochi fanno davvero l’esperienza di immergersi nella cultura in cui arrivano, cercando di capirla. Se è vero che una lingua è un prodotto della cultura che l’ha generata, è anche vero che non si parlerà mai bene una lingua finché non ci si accosta alla cultura stessa.

Allo studente Erasmus è data questa possibilità, forse non unica, ma certamente irripetibile. Inoltre allo studente Erasmus è anche data la possibilità di capire meglio la propria cultura di partenza, grazie al confronto continuo con gli altri, e di conseguenza iniziare ad apprezzare maggiormente le radici dalle quali si è nati. Andando via da casa ci si rende conto del valore di tutte le cose che si davano per scontate: ad esempio, quante volte noi siciliani siamo stati grati per tutte le belle giornate di sole, per gli inverni miti, per il cielo blu, ma così blu che non lo si vede da nessun’altra parte? Quante volte ci abbiamo per lo meno pensato? Crediamo che ci sia dovuto, che sia così e basta. Oppure, nella migliore delle ipotesi, non ci facciamo neanche caso.

Eppure a Dicembre, in nord Europa capisci quanto invece quel cielo blu sia una grazia e che capacità abbia di rendere le tue giornate migliori. Si, è vero, l’erba del vicino è sempre più verde, ma quando si va nel giardino del vicino ci si rende conto che per quanto possa essere verde, qual prato, dopotutto, non è il nostro prato. Se avete letto queste parole pensando che non hanno senso e che non ho colto l’occasione di trascorrere sei mesi all’insegna della follia, siete sicuramente il collega in piedi in mezzo all’aula intento a raccontare la sua storia.

Va bene così, vi auguro di godere del vostro momento di gloria prima dell’arrivo del professore. Se invece vi siete fermati a riflettere perché state pensando da tempo di mandare quella domanda all’ufficio Relazioni Internazionali, l’unica cosa che posso dirvi è: sbrigatevi! Cogliete l’occasione, provateci, ed una volta in Erasmus siate grati di essere arrivati fin lì e cercate di approfittare dell’opportunità che vi è stata concessa.

Andate nel giardino del vicino, esploratelo, guardate i sui alberi e cogliete i suoi frutti, guardate le foglie ed ogni cosa nei minimi dettagli, osservate il modo in cui costruisce i suoi vialetti e zappa le sue aiuole. Poi a tempo debito, tornate nel vostro giardino carichi di tante buone idee e spunti per migliorarlo. Vi assicuro che, dopo un periodo di assenza, vi sembrerà ancora più bello.

Ivana Bringheli

Terza Edizione “Calcio al razzismo – Uniti con lo Sport”

 

Prime edizioni

Nel 2015 nasce l’idea del “Calcio al razzismo – Uniti con lo Sport”, evento organizzato dal Cus Unime e dal Cug (Comitato Unico di Garanzia). Un momento di aggregazione, ovvero un torneo di calcio a 5 tra associazioni (non solo) studentesche e giovani migranti. Le prime due edizioni sono state accolte in modo cospicuo e questa terza edizione non è stata da meno. Anzi si dimostra essere una manifestazione sempre più in crescita.

Organizzazione

Dieci squadre hanno partecipato a quest’evento di natura benefica e solidale: cinque di queste composte dai centri di accoglienza per giovani migranti e altre cinque da rappresentanze locali. Due pomeriggi all’insegna del divertimento (mercoledì 26 e giovedì 27 aprile), presso la Cittadella Universitaria di Messina . Il primo giorno si sono tenute tutte le partite dei due gironi, ognuno da cinque squadre, e solo le prime due classificate sono giunte alla fase finale. Il secondo giorno, invece, sono state disputate le semifinali e le finali per il primo e per il terzo posto. Il tutto gestito in tempo reale dalla piattaforma Livinplay che ha curato i dettagli di calendario, classifiche e statistiche.

Squadre

I centri di accoglienza Amal, Ahmed e Sed hanno presentato 5 squadre: Betis Gang, Rainbow Lion, Real Ahmed, Real Amal e Sed. Mentre le altre cinque formazioni erano presentate da: Andromeda, Atletico Zancle, Esn Messina, Icaro-Orum e Messina Nel Pallone. A qualificarsi per le semifinali sono state Real Amal e Messina Nel Pallone per il girone A e Rainbow Lion e Icaro-Orun per il girone B. La finalissima è stata tra Rainbow Lion e Real Amal, con i primi vincitori della terza edizione del torneo. Grande soddisfazione per i centri di accoglienza con due delle loro squadre giunte alla finale per il primo posto. Infine, Icaro-Orum ha ottenuto il gradino più basso del podio vincendo ai rigori la finale per il terzo posto.

Premiazioni e saluti

In conclusione della manifestazione, è stato il Presidente del Cus Unime, Antonino Micali, a gestire le procedure di premiazione. Inoltre Carlo Giannetto, membro del Cug, e Alessandro Parisi, ex calciatore del Messina e coordinatore del settore giovanile del Cus, hanno contribuito alla cerimonia di chiusura. Tra i sorrisi e le gioie dei ragazzi migranti si conclude la terza edizione del “Calcio al razzismo”. Anche quest’anno grande vittoria di fratellanza e solidarietà con l’obiettivo di promuovere nuovamente il tutto il prossimo anno.

 

 

 

Mirko Burrascano

 

13 Assassini e la lotta per la giustizia del popolo.

Sono tredici, ma non sono audiocassette di una ragazzina suicida. 

Lord Naritsugu Matsudaira, fratello minore dello Shogun in carica, semina morte e paura per suo semplice diletto, in un periodo di assoluta pace che perpetua nel Giappone. Ciò non è accettabile, ma nonostante il disgusto e la disapprovazione delle più alte cariche, il legame di Naritsugu con il fratello lo rende fondamentalmente intoccabile, almeno dal punto di vista formale. Proprio per questo motivo, un nobile samurai di nome Shinzaemon Shimada viene incaricato di una missione assolutamente segreta e di vitale importanza: quella di ucciderlo. Shinzaemon sa perfettamente che questa sarà la missione della sua vita e che come ricompensa avrà solo la morte, dunque, con animo nobile e giusto di samurai, accetta di buon grado la missione senza esitare. Così comincia la ricerca di valorosi, fidati e abili guerrieri favorevoli al compimento della missione e pronti a tutto pur di portarla a termine. A ricerca conclusa, il gruppo risulta essere formato da soli dodici uomini, formidabili samurai votati all’arte della spada puntando sulla qualità piuttosto che sulla quantità. Lealtà e giustizia sono i punti cardine. Il loro appuntamento con la morte è dunque alle porte.

13 Assassini” di Takashi Miike è un’opera curata e controversa, remake dell’omonimo lavoro del 1963 a cura di Eiichi Kudo. Azione, esplosioni, combattimenti fra samurai, sangue. Gli ingredienti ci sono tutti o forse c’è qualcosa in più. Infatti la pellicola nipponica produce un buon risultato finale, nonostante la trama sia piuttosto lineare e prevedibile, senza trascurare elementi poco credibili e realistici utili ad alimentarne la spettacolarità, assolutamente gradita. Vi è da precisare che il genere non è proprio per tutti, specialmente nel caso trattato, dove per alcuni le sequenze iniziali potrebbero essere considerate “disturbanti”. Nel complesso si mantiene un certo equilibrio, con scene di piena azione, ma non troppo crude, alternate a combattimenti godibili. L’atmosfera che si viene a creare è sicuramente appropriata per il genere e in ogni singolo tratto del film, si respira Giappone dei tempi dello Shogunato (forse con qualche pizzico di stereotipi, ma non è dato saperlo con certezza). Se si è alla ricerca di un buon lavoro cinematografico e samurai impavidi con katana al loro seguito, “13 Assassini” sicuramente non deluderà.   

                                                                                                                                                Giuseppe Maimone

Abbatti Lo Stereotipo- Lo Studente in Economia

Oggi trattiamo la categoria di studenti più discriminati di tutto il mondo universitario: Lo Studente in Economia.

 

 

‘’Il mio Homer non è un comunista. Sarà pure un bugiardo, un maiale, un idiota, un comunista, una pornostar ma di sicuro non è uno STUDENTE IN ECONOMIA’’ semicit.

Conosciuta nel mondo come Economia e CAZZEGGIO, oggi, una volta per tutte, vi raccontiamo perché non è così.

 

Ecco, i 5 stereotipi abbattuti degli studenti in Economia!

 

  • Ah, e quindi non fai un beata cippa dalla mattina alla sera!

Eh sì, U CAPEMU, noi studiamo ad Economia e Cazzeggio, passeggio, campeggio, autonoleggio, corteggio, scorreggio.

La vita per chi studia economia non è facile solo solo per questo motivo: mensamai durante la giornata si incontra più di una persona che chiede ‘’e tu, cosa studi?’’, bisogna subire questa tortura dell’etichetta del Club dei Cazzeggianti Passeggianti.

Lo vogliamo capire che il mondo universitario funziona in due modi?! O STUDI O NON STUDI.

Se studi, pure fosse scienze delle merendine, vuol dire che qualcosa la fai e quel qualcosa, per te studente disperato, non è non fare niente.

Se non studi, pure fosse ingegneria aereospaziale degli alieni, e dai una materia ogni 8 anni, allora sì, cazzeggi.

Tutto chiaro?

  • Eh amico, ma per fartene qualcosa di questa laurea dovevi andare alla Bocconi.

Che poi voi ci credete veramente a quello che dite, pensate davvero che sia una cosa giusta. Ma vi pare carino esordire così nei confronti di un collega? Davvero, dai. Ma poi SARANNO FATTACCI MIEI SE HO DECISO DI STUDIARE QUA? Facciamo che ne riparliamo tra 10 anni, vediamo dove sei arrivato tu e dove sono arrivato io.

E poi, pure dovessi lavorare come bidello, ME NE FARO’ UNA RAGIONE. E tu? Starai per caso a casa tua a pensare ‘’eh, ma io glielo avevo detto’’ ?

Se così fosse, BELLA VITA DI MERDA.

  • Ma, a quel punto, non ti conveniva fare Scienze Politiche? E poi, che sia commercio, aziendale, managment, ambientale, bancaria… Sempre a stissa cosa è!

È grazie a voi, amici, che questa rubrica può continuare a sponsorizzare, fiera, l’hashtag #FCV, Fatti una Cultura o Villico.

Ma voi avete idea delle differenze, essenziali, che ci sono tra scienze politiche ed economia? No così, pour parler. Perché se le sapeste, invece che PARLER ad MINCHIAM, tanto per ALITER IN GIRO, vi stareste molto ZITTER e nel vostro.

Per non parlare di quelle che si sono tra le varie categorie di indirizzo. MA CI SIETE O CI FATE? Noi speriamo per le vostre madri che ci siete, perché siete veramente una vergogna per l’essere umano e non. Poi dite perché gli alieni non vengono sulla terra: mica so fessi.

Tanto per dire, eh.

  • Vi lamentate tanto del Diritto Privato, vi vorrei vedere a Giurisprudenza!

MA SANTA MADRE SEMPRE INCINTA DEI CRETINI, ma se non faccio giurisprudenza un motivo ci sarà CHE DICI?! È ovvio che non è lo stesso diritto, che sia una tipologia diversa di esame e un contenuto sicuramente minore.

MA PUO’ ESSERE DIFFICILE LO STESSO OPPURE NO?!

 

NO, non facciamo giurisprudenza ma Diritto Privato sarebbe difficile pure in prima elementare.

OK?

 

  • Siete dei paraculi.

Beh sì dai, un po’ paraculi siete.

Elena Anna Andronico

Abbatti lo Stereotipo- Gli studenti in Lingue

In questo oceano pieno di pesciolini universitari che parlano ognuno la propria lingua, vivendo beati nel proprio universo di mainagioia, alcuni sviluppano la capacità di comunicare con tutti gli altri: gli studenti in Lingue.

Tra un Buongiorno e un Holà (ma si scrive così?), si aggirano, simpatici e fantasiosi, nelle varie città universitarie e fanno amicizia con chiunque capiti intorno.

Sono amici dei professori, amici dei colleghi, amici dei ragazzi Erasmus, amici dei loro amici. Chiacchierano, pubblicano stati Facebook in 3 lingue e i commenti sono un arcobaleno di lingue diverse.

E quindi, dai, non possiamo non abbattere gli stereotipi della categoria più cucciolosa di tutta l’università.

Ecco a voi, i 5 stereotipi (abbattuti) degli studenti in Lingue!

 

  • Ma quindi sai dire tutte le parolacce in un’altra lingua!

 

Ecco, questa sembra essere la cosa che più attrae degli studenti in Lingue. LE PAROLACCE. Che manco fossimo ancora alle medie, dove dire “culo” era un affare solo per veri uomini.

I più fantasiosi, invece che chiedere delle parolacce, se ne escono con un ‘’mi traduci il mio nome in svedese? CHE POI ME LO TATUO’’. Fosse per me gli farei tatuare la parola COGLIONE, sul braccio (anche al costo di non dover far crollare questo stereotipo).

Di certo le parolacce le imparano eccome, MOTHAFUCKA. Ma non come prima cosa, dai. Come seconda.

 

  • E che farai? La guida Turistica? Tipo nei trenini che ti portano in giro per le città?

A parte che la maggior parte di loro, come noi, tamponerebbe con dolo quei trenini una volta sì e l’altra pure. Però… Ehmbè? Anche fosse? Le guide turistiche vengono pagate (e i pila sono l’unica cosa che conta davvero), quindi, perché no, mi sta più che bene.

Tralasciando il fatto che MA LO SAPETE QUANTE COSE SI POSSONO FARE CON LA LAUREA IN LINGUE? Si può essere interpreti, traduttori di libri, professori universitari, si potrebbe arrivare anche all’ONU. Oppure diventare come Olga Fernando di C’è Posta per Te. Ma di cosa stiamo parlando?

Al pari degli studenti in Farmacia, anche per gli studenti in Lingue lanciamo l’hashtag #FCV ovvero FATTI UNA CULTURA O VILLICO.

 

  • Ma scusami, serve una laurea per imparare una lingua?

 

Serve una laurea per partorire un genio come te. Tua madre ne ha almeno 12. O sbaglio?

 

Serve una laurea per impararne 3 lingue e poi andare nel mondo a parlarle. Di certo non serve per farsi gli sboroni da Starbucks e chiedere ‘’Hau mach thiis?’’.

 

È chiaro che ognuno di noi può scegliere se seguire un corso in una lingua anche al di fuori dell’ambito universitario, ma, evidentemente, SERVE UNA LAUREA PER FARE DELLE LINGUE IL PROPRIO LAVORO.

 

A meno che, come lingua, non si intenda altro. In quei casi, basta recarsi al porto più vicino e no, non seve una laurea.

  • Comunque, se non studi il Cinese o l’Aramaico Antico non vai più da nessuna parte.

 

Eh certo. Se non fosse che gli unici che parlano il cinese sono i cinesi stessi. E, ok che sono la popolazione più grande del mondo e, di conseguenza, è la lingua più parlata ma anche i cinesi parlano l’inglese.

 

Ma poi, che cavolo vuoi?? Laurea mia, fatti miei su che lingua ho deciso di studiare fosse pure Azerbaigiano. Tu, disoccupato del mio gatto con gli stivali. Io sono laureato in Lingue, ho scelto inglese e spagnolo e lavoro in un Hotel a 5 stelle da 2 anni. Quindi, taci. Vale? Thank you.

 

  • Ah, stare con te è come avere un Google Traduttore che non ha bisogno della Wi- Fi!

‘’Come si dice tracotante in Afgano? E pancreasectomia in Turco? Studi Russo? Come si dice russare? Aahahah, dai adesso provo a ripeterlo’’

 

Cioè ma davvero?? Ma secondo voi studiare lingue vuol dire conoscere qualsiasi parola di qualsiasi lingua?? Ma poi se avessi voluto fare il fenomeno da baraccone, sarei andato a lavorare in un circo.

 

E passi la traduzione simultanea dei testi delle canzoni, e passi lo scritto svolto per farvi passare l’idoneità, ma MO BASTA! Che poi, tracotante non so cosa voglia dire nemmeno in Italiano.

 

Ma una cosa sicuramente la sappiamo: saremo pure amici di tutti ma, ad un certo punto… A faciti tutti nto culu!

 

Elena Anna Andronico

CUS – Alla ricerca del gol

Ennesimo pari, ennesimo match senza reti ed ennesima delusione in casa Cus per l’occasione perduta di fare importanti balzi in avanti in classifica in ottica promozione. Nella diciannovesima giornata del campionato di Terza Categoria, il Cus Unime ospita, tra le mure amiche del N. Bonanno, lo Stromboli. Alle ore 12:00 di domenica 9 aprile, il Sig. Aliquò fischia il calcio d’inizio.

 

Primo tempo: per la terza volta consecutiva il Cus Unime sbaglia l’approccio alla partita, peccando di lucidità e concentrazione. Tanti errori banali e tanti cali di attenzione, dalla difesa all’attacco. Nei primi 45 minuti le occasioni sono veramente scarse da ambedue le parti, imprecisione e superficialità prendono la scena creando sin dall’inizio malumori e malcontenti in tutta la panchina universitaria, compreso mister Smedile. Anche la squadra eoliana fa ben poco per avvicinarsi alla porta del Cus e pertanto non può che sopraggiungere il duplice fischio dell’arbitro che manda tutti negli spogliatoi sul parziale di 0-0.

 

Secondo tempo: Mister Smedile ha un solo risultato per questa partita, un pareggio o una sconfitta nulla cambierebbero per il futuro della sua squadra, non può che, quindi, passare a un modulo totalmente a trazione anteriore; tre difensori e tre attaccanti, con la consapevolezza di esporsi ai rischi delle ripartenze ospiti. Ed effettivamente, in questa ripresa, il Cus riesce a creare qualcosa in più. Le più grandi occasioni sono per il subentrato Stassi, il quale però (anche sfortunatamente) sciupa entrambe le possibilità di passare in vantaggio. Sul finale il Cus lamenta il mancato fischio di un rigore e rischia la beffa su un contropiede dello Stromboli. Il tutto però si concretizza in un nulla da fatto e il match termina 0-0.

 

E’ chiaro come il Cus sia in uno stato psico fisico in calo, non è di certo il miglior momento della stagione e gli appena 2 punti negli ultimi 3 incontri ne sono la dimostrazione. Tuttavia ancora nulla è perduto,  mancano 3 partite alla fine del campionato e per di più vi sarà una lunga sosta di tre settimane. Sosta che può e deve servire ai ragazzi di Mister Smedile per riottenere la miglior forma fisica e ricominciare a non sbagliare più gli approcci in partite come queste. Prossimo match giorno 30 aprile, in casa della capolista Ludica Lipari.

 

Formazione Cus (4-5-1): 1 Zito; 2 Russo, 4 Iacopino, 5 Monterosso, 3 Insana; 11 Papale, 8 Lombardo, 6 Fiorello, 7 Vinci, 10 Creazzo; 9 Di Bella.

 

Panchina: 12 Bruno, 13 Cardella, 14 Tiano, 15 Iamonte, 16 Oliva, 17 Al Hunaiti, 18 Stassi.

 

Allenatore: Smedile

 

 

CLASSIFICA:

Ludica Lipari* 37

Cus Unime 34

SC Sicilia* 34

Real Zancle 33

Fasport 32

Arci Grazia 32

Casalvecchio* 27

Kaggi 25

Stromboli* 24

Cariddi* 14

Città di Antillo 13

Malfa* 10

 

*una partita in meno

 

 

Mirko Burrascano

Ai tempi dell’università (a)Social: Facebook

“Ma io uso di più Facebook… Non ti preoccupare, caro lettore. Arriverà anche il tuo momento, basta che aspetti la prossima settimana.”

 

Ci siamo lasciati la scorsa settimana con questa frase che FINALEDISTAGIONEBYSHONDARHIMESLEVATE, lasciandovi sospesi in un limbo di curiosità incontrollabile (leggi: non gliene frega un c***o a nessuno).

 

Prima di Instagram, prima di Snapchat, prima anche di Twitter ma dopo MSN, Dio ha creato il sole, il mare, il cielo e MARK ZUCKENBERG che, contro il volere del serpente, ha inventato FACEBOOK.

 

TA TA TAAAAAAAN. Il più potente mezzo di tentazione al mondo, è a lui che si devono addebitare tutti i 18 e i 4 degli studenti universitari e non.

 

E tu, sì TU, lettore di UniVersoMe… che tipo di studente sei?

Lo Studente su Facebook:

  • Il condivisore compulsivo di link ‘’amo il mio indirizzo universitario e non parlo d’altro’’

 

Qui, lo scenario è diverso. Ci stiamo spostando sul social che ha fatto di Zuckerberg l’uomo più odiato del pianeta (cazzo ci metti le storie? Coglione. Cazzo mi togli l’elenco di persone attualmente in linea? Crudele)

 

Su Facebook la situazione è un po’ diversa nella forma, ma non nella sostanza. Il Condivisore compulsivo di link, infatti, nella maggior parte dei casi non è esattamente un estimatore di selfie ed autoscatti. Diciamo che potremmo immaginarlo come un ufficio pubblicitario/ufficio stampa del proprio indirizzo di laurea.

 

Condivide con la stessa frequenza in cui un incontinente sente il bisogno di fare pipì (spero di aver azzeccato il paragone). Con una media di 10/15 condivisioni giornaliere, il condivisore compulsivo non perde un colpo.

 

Convegno scientifico da 0,5 CFU? Postato. Colombo è vivo ed ha fondato una nuova Università intitolata ad Amerigo Vespucci? Postato. Gli alieni credono che frequentare l’Università nuoccia gravemente all’equilibrio dell’Universo? Postato.

 

Insomma, più che personale e privato, il suo profilo sembra l’ufficio informazioni…. INUTILI. Nessuna foto in costume a Formentera dunque, solo saggi filosofici e ricerche sull’ultima pubblicazione di Einstein prima di esalare l’ultimo respiro.

 

Un consiglio, amico mio, prova a comprare uno strumento musicale; una TROMBA, magari…

 

  • L’invisibile

Houdini diceva “nella magia il trucco c’è ma non si vede”.

Ecco, l’utente definito ‘’l’invisibile’’ su Facebook, c’è ma non si vede. È iscritto, ha un mucchio di amici, ha messo mi piace a varie pagine, fa parte di vari gruppi… Ma non si vede. Non fa nulla. È una re- interpretazione moderna del fantasma formaggino.

Lui usa Facebook solo per controllare il gruppo universitario del suo anno. Infatti è sempre informatissimo su tutto. Qualche volta fa un giro pure sulla sua home quindi, caratteristica terribile, sa anche cosa fate voi ma voi non sapete cosa fa lui.

Una tantum, pubblica qualcosa. E là scatta la valanga di mi piace. 100, 200, 300 (che il decadente può pubblicare quante poesie struggenti vuole, otterrà solo il mi piace di sua mamma). Anche se il post è su una scimmia su un monociclo su un filo da equilibristi mentre mangia una banana (post al quale metterei mi piace pure io).

E poi scompare. Latita nell’internet.

C’è, ma non si vede.

  • Il decadente

Ve li ricordate, no? D’Annunzio, Pascoli, Pirandello e Svevo. Ognuno con vicissitudini e poetiche strane, con traumi infantili o  problemi col nido o gli uccelli.. Tutti, però,  accomunati da un enorme, immenso, infinito MAL DI VIVERE che Leopardi hai creato dei mostri (e fanculo li dobbiamo pure studiare..)

 

Il decadente è così, ha il mal di vivere e vuole lasciarne indelebile traccia come prima di lui fecero i suoi illustri predecessori sopracitati. E quale mezzo migliore se non il caro diario di Facebook?

 

Il decadente posta e condivide i suoi personali “Mai Na Gioia – University Edition”. Ogni cosa, sulla sua bacheca, racconta della disperazione di un esame andato male, di un pomeriggio di sole passato in casa a studiare, di una multa presa sul tram perché ha lasciato a casa il MAV (so che sapete di cosa sto parlando) “E come lo fa?” Vi starete sicuramente chiedendo.

 

Pubblica canzoni che Lana Del Rey SCELGO TE e frasi che Bukowski dammi un assist per lo stato.

Ragazzi miei belli, non per stroncare le vostre carriere da poeti degli anni duemila e più, ma a noi, che cazzo ce ne importa a noi?

 

 

 

  • Quelli di UniVersoMe

E poi ci siamo noi. Che ci vorreste cancellare un minuto sì e l’altro pure. Che pure io mi cancellerei, pure io mi sto sulle palle. Siamo degli spammatori accaniti. Non solo: siamo pure degli stalker che ogni due e tre vanno nei profili dei colleghi a controllare se è presente la condivisione.

I redattori e referenti del giornale e gallery/social, condividono ogni proprio articolo o post anche 6 volte al giorno. Prima o poi, per stanchezza, lo leggerai o metterai mi piace. Prendiamo le persone per sfinimento.

Gli speakers del canale radio, però, forse sono ancora peggio. Loro condividono tutto, a profusione: il post la mattina delle rubriche, i video delle dirette, il link della puntata, la foto fatta il giorno della puntata con il link del post-della diretta- della puntata.

La cosa peggiore è che siamo almeno 4 al giorno. Quindi bisogna moltiplicare tutte queste condivisione per 4, con rispettivi compagni taggati come se non ci fosse un domani. Un incubo.

Ah, poi arriva il lunedì. Il lunedì non importa che tu sia nell’area grafica, nella redazione, nella radio o sia Valeria Ruggeri: il lunedì si condivide l’editoriale. PUNTO.

E se non lo condividi, via, subito spedito ad Azkaban.

Come minimo.

Elena Anna Andronico

Vanessa Munaò