Si studia un’app anti-contagio: traccerà contatti e spostamenti

La tecnologia in soccorso alle consuete misure di prevenzione generale (distanziamento fisico, miglioramento dell’igiene) della popolazione che scandiscono le nostre giornate.

Fasi finali della progettazione funzionale di un’app italiana per il tracciamento (tracking) dell’epidemia del coronavirus.

La task force tecnologica, coinvolta sinergicamente nella selezione tra le 319 offerte arrivate al ministero dell’Innovazione, potrebbe ultimare i lavori tra la fine di questa settimana e l’inizio della prossima.

Visti i tempi nei quali questo strumento tecnologico si inserisce, il sistema dell’app costituirà un ausilio gestionale della cosiddetta “fase due” ovvero la graduale riapertura delle attività commerciali e sociali.

Nodo cruciale delle funzionalità di quest’app sarà la gestione della privacy e dei dati personali.
La mappatura degli spostamenti, seppur parziale, è già possibile grazie ai dati forniti dai server di Google e Facebook.

In tal senso fra le nazioni monitorate c’è anche l’Italia: un paese che si è letteralmente fermato, che ha registrato un crollo di frequentazioni dei negozi alimentari, dei ristornati, dei bar, dei sistemi di trasporto pubblico e dei parchi che si attesta tra attorno all’85% dato numerico più virtuoso in confronto a Francia, Germania e Stati Uniti.

Meccanismo altrettanto fondamentale è quello basato sui dati della posizione geografica forniti da Facebook ed utilizzati da un gruppo di ricercatori negli Usa per analizzare l’effettiva adozione delle prescrizioni severe di distanziamento sociale.
Si tratterebbe dunque di informazioni aggregate che sono in conformità con le norme privacy, delle quali l’app italiana di tracciamento potrebbe beneficiare.

E’ chiaro che sarà indispensabile restringere il focus della tracciabilità, ebbene comprendere concretamente chi tracciare se soltanto i positivi o anche le categorie a rischio; cosa monitorare se solo i contatti o anche gli spostamenti; e soprattutto attraverso quale tecnologia tra le innumerevoli a disposizione (bluetooth, gps, dati satellitari) o quelle gia testate di Google, Facebook e Apple.

Le progettazioni delle App sono al vaglio tecno-scientifico di un gruppo di otto persone che si avvale della consulenza di una unità che conta 74 persone.

Per rendere operativa l’applicazione e controllare l’impatto sulla privacy potrebbe essere necessario un decreto.

Il Ministro all’Innovazione Paola Pisano ha confermato che servirà una sperimentazione per testare la validità della soluzione elaborata prima su un area geo-demografica più ristretta, per poi dimensionarla su scala nazionale.

L’utilità di contenimento, indagine e monitoraggio dell’app dipende dalla diffusione e dal numero di download effettuato, che si spera possa coinvolgere un numero sufficiente di persone.

E’ emerso da uno studio pubblicato sulla rivista Science, che da un terzo a metà delle trasmissioni avvengono da individui pre-sintomatici, che quindi non sono consapevoli d’essere infetti.
Un’app di tracciamento crea una mappatura dei contatti di prossimità e avvisa immediatamente coloro che sono stati vicino a persone rivelatesi positive; quindi indirizzare le misure restrittive solo alle persone a rischio potrebbe eliminare la necessità stringente di estendere le suddette precauzioni a importanti fette della popolazione.

Si spera, almeno per una volta, che l’uomo possa avvalersi della tecnologia e non il contrario.

Antonio Mulone

Covid-19: il rischio per bambini e donne in gravidanza

In uno scenario mondiale in cui la pandemia di COVID-19 desta preoccupazioni e miete nuove vittime sono molte le questioni lasciate irrisolte. Tra queste, la convinzione speranzosa che la SARS-CoV2 non colpisca i pazienti di età pediatrica. Ma, è proprio così? 

La malattia da COVID-19 (o malattia respiratoria acuta da SARS-CoV2) è una condizione patologia su base infettiva eziologicamente associata al virus SARS-Cov2, che comporta da un punto di vista clinico:

  1. Un quadro asintomatico;
  2. Un quadro sintomatico con febbre, tosse secca, astenia, mialgie, congestione nasale, vomito, diarrea. Nei casi più severi: polmonite, sindrome respiratoria acuta grave, insufficienza renale.

La COVID-19, che ha reso l’Italia il Paese con il maggior numero di contagi dopo la Cina, colpisce meno frequentemente i pazienti di età pediatrica. Tale caratteristica accomuna il SARS-CoV2 con il SARS-CoV (responsabile della SARS, nel contesto della quale non furono registrati morti tra bambini ed adulti di età posta al di sotto dei 24 anni). Il più grande studio cinese nell’ambito di COVID-19, pubblicato su JAMA l’11 febbraio, riportava determinate cifre significative: dei 44.672 casi confermati all’identificazione del genoma virale sul tampone, solo meno dell’1% era associato a pazienti di età al di sotto dei 10 anni. Attualmente in Italia tra i contagiati:

  • meno dello 0,5% presenta un’età compresa tra 0 e 9 anni;
  • meno dell’1% presenta un’età compresa tra 10 e 19 anni.

Il minor numero di contagi in età pediatrica può essere associato:

  1. A fattori esterni: la popolazione di età pediatrica, rapportata alla popolazione adulta, è meno esposta a luoghi che potrebbero favorire la rapida diffusione del virus quali treni, aerei, stazioni, aeroporti;
  2. A fattori intrinseci al sistema immunitario. Secondo studi recenti la popolazione pediatrica presenta una resistenza intrinseca al SARS-CoV2 per una maggior espressione della risposta immunitaria innata e per una minor espressione dei recettori indicati con l’acronimo di ACE2 (Angiotensin-converting enzyme 2),  evenienza che deriva da uno studio condotto nel 2006 sui topi. Il SARS-CoV2 lega tale recettore per invadere sia gli elementi cellulari polmonari che altri distretti (cuore, mucosa del cavo orale, mucosa del distretto gastrointestinale, distretto epatobiliare).

I bambini rappresentano vettori per la trasmissione dell’infezione?

I pazienti di età pediatrica possono comunque infettarsi, risultando dei vettori per la trasmissione dell’infezione, motivo per il quale uno dei provvedimenti, precocemente messo in atto dal governo cinese e successivamente italiano, comprende la chiusura delle scuole. I pazienti di età pediatrica possono di fatto ammalarsi, anche se meno frequentemente rispetto ai pazienti di età adulta, presentando nella maggior parte dei casi sintomi lievi e/o moderati. 

La COVID-19 si manifesta con gli stessi sintomi nei pazienti adulti e pediatrici?

Secondo i dati raccolti dal Children Hospital di Wuhan, l’infezione sintomatica da COVID-19, comprende:

  1. Tosse (65% dei casi);
  2. Febbre (60% dei casi);
  3. Diarrea (15% dei casi);
  4. Scolo mucoso in retrofaringe (15% dei casi);
  5. Rantoli (15% dei casi);
  6. Distress respiratorio (5% dei casi);
  7.  Linfopenia  (35% dei casi);
  8. La TC del torace mostra immagini simili a quelle rilevabili in età adulta: aree di addensamento a livello subpleurico, con caratteristiche a vetro smerigliato, oppure aree di addensamento caratterizzate da alone infiammatorio circostante; la quasi totalità dei casi presenta, tuttavia, un quadro radiologico lieve.

COVID-19 e gravidanza: che rischio corre il feto?

Nelle scorse settimane un neonato londinese è risultato positivo al virus dopo essere nato da madre con polmonite COVID-19. Sono noti anche altri casi in Cina, tra cui Xiao Xiao, la neonata guarita spontaneamente dopo soli 17 giorni di vita.
Uno studio recentemente pubblicato su The Lancet ha esaminato nove donne incinte tra i 26 e i 40 anni con polmonite da SARS-CoV-2; sono stati analizzati:
–  Campioni di liquido amniotico;
– Sangue cordonale;
– Latte materno;
Successivamente sono stati eseguiti tamponi faringei sui neonati, tutti risultati negativi, concludendo che non c’è evidenza di infezione intrauterina attraverso la placenta, o tramite latte materno. Bisogna aggiungere, tuttavia, che le nove donne hanno subito un parto cesareo al terzo trimestre e che la limitata casistica non ha consentito di effettuare ulteriori studi.
Ad oggi, un’eventuale infezione neonatale da SARS-CoV-2 potrebbe essere acquisita per via respiratoria dalla madre nel post partum, basti pensare alla vicinanza tra il viso della madre e quello del bimbo durante l’allattamento.
Caterina Andaloro
Bibliografia
1.Epidemia COVID-19. Istituto superiore di sanità, Roma.
integrata-COVID-19_09-marzo-2020.pdf [accesso in data 11/03/2020]
2. Lee P-I et al., Are children less susceptible to COVID-19? Journal of Microbiology,
Immunology and Infection. 2020. https://doi.org/10.1016/j.jmii.2020.02.011.
3. Xia W et al. Clinical and CT features in pediatric patients with COVID‐19 infection:
Different points from adults. Pediatric Pulmonology. 2020;1–6.
4. General Office of the National Health Commission of China. Diagnosis and
Treatment Protocol for 2019‐nCoV. 5th ed. Beijing, China: National Health
Commission of China;

La Cina pronta ad aiutare l’Italia: in arrivo team di medici specializzati e materiale tecnico

Importanti novità che fanno ben sperare sul fronte degli aiuti.

Il governo cinese, in seguito al colloquio telefonico tra il ministro degli Esteri cinese Wang Yi ed il ministro Luigi Di Maio, si impegna concretamente nella battaglia contro il Coronavirus nella quale sarà fondamentale lavorare in sinergia al fine sconfiggere o quantomeno tamponare questa emergenza sanitaria.

La Cina, nei prossimi giorni, fornirà all’Italia 1000 ventilatori polmonari, 100mila mascherine di ultima tecnologia e 20 mila tute protettive.

La fornitura prevede anche l’invio di 50 mila tamponi per effettuare nuovi test che ci faranno capire se le nuove restrizioni imposte negli ultimi giorni dal Presidente del Consiglio Conte avranno rallentato l’avanzare del virus.

Altro dato assolutamente rivelante nell’asse collaborativo Cina-Italia nato nelle ultime ore è l’arrivo di medici altamente specializzati del Chinese Center for Disease Control and Prevention che per primi hanno affrontato il picco dell’emergenza Coronavirus.

Ficcanti e significative in tal senso sono state le parole espresse nelle ultime ore dal leader del Movimento 5 Stelle Di Maio:

“In futuro ci ricorderemo di tutti i Paesi che ci sono stati vicini in questo momento”.

Il Governo Italiano, conscio della contestuale emergenza economico-finanziaria venutasi a sviluppare, ha poi comunicato nella giornata di oggi lo stanziamento di 25 miliardi di euro.
Lo ha annunciato Conte: “Abbiamo stanziato una somma straordinaria da non utilizzare subito ma da  per far fronte a tutte le difficoltà di questa emergenza. Siamo lieti del clima che si sta definendo a livello europeo”.

“Obiettivo prioritario è tutelare la salute dei cittadini ma non dimenticare gli altri interessi in gioco”, ha concluso il Presidente del Consiglio dei Ministri in chiaro riferimento ai danni che il tessuto economico e finanziario stanno subendo.

Il governo si è inoltre reso disponibile a potenziare la macchina organizzativa sanitaria, dunque l’acquisizione e la distribuzione delle forniture per la terapia intensiva e le protezioni individuali, mediante la nomina di una persona (un commissario) che possa coordinare al meglio le direttive imposte dall’emergenza.

 

L’Italia condividerà informazioni con l’UE affinché aumenti l’efficacia del contrasto alla diffusione del virus, procedendo verso un’azione sinergica che possa migliorare i nostri sistemi sanitari nazionali.

“Lavoreremo in coordinamento, manderemo i nostri scienziati per creare una task force europea per promuovere la ricerca e combattere questo virus ignoto”, ha spiegato il premier.

Mai come oggi la parola d’ordine dovrà essere unione, di intenti e di forze, solo così nelle prossime settimane si potrà con concretezza opporre resistenza al nemico comune preservando la salute pubblica, che mai come oggi, è stata messa in pericolo.

Antonio Mulone

Coronavirus cinese: vera epidemia o allarmismo?

Nonostante le speranze e i desideri espressi allo scattare del nuovo anno poche settimane fa, sembra che il 2020 non sia iniziato col verso giusto. Giungono infatti allarmanti notizie dalla Cina sulla diffusione di un nuovo virus che minaccia di provocare un’altra epidemia di polmonite. Al momento non sono noti dati certi riguardanti le vittime della malattia, né si sa quanti siano stati contagiati.

Il virus è simile a quello della SARS (sindrome respiratoria acuta grave), una forma atipica di polmonite apparsa per la prima volta nel novembre 2002 nella provincia del Guangdong in Cina. La malattia, identificata per la prima volta dal medico italiano Carlo Urbani, era risultata mortale in circa il 15% dei casi.

Il timore dei governi è che, con i flussi migratori ed i quotidiani scambi di merci tra Paesi, la malattia possa propagarsi molto velocemente, arrivando ad avere un impatto su scala globale.
Sono stati segnalati anche alcuni casi oltreoceano, di persone provenienti dalla Cina che hanno manifestato segni di febbre e compromissione respiratoria.
È infatti di poche ore fa la notizia di una cantante italiana, rientrata da un viaggio in oriente, ricoverata per sospetto contagio da parte del virus incriminato.
Ma di cosa si tratta esattamente?

I coronavirus

Questo nuovo virus, per adesso è stato intitolato “2019‐nCoV”, appartiene alla famiglia dei coronavirus, virus costituiti da RNA, così chiamati per la loro forma a corona.
I coronavirus si attaccano alla membrana cellulare delle cellule bersaglio grazie a delle proteine di ancoraggio e rilasciano al loro interno l’RNA virale che intacca i ribosomi, organelli cellulari importanti per la sintesi proteica.
Il virus si replica e forma i virioni che sono poi rilasciati per esocitosi, andando a infettare altre cellule.
Dal punto di vista clinico, se alcune volte la sintomatologia di un soggetto infetto può essere indistinguibile da un semplice raffreddore, sembra che questa famiglia sia anche responsabile di circa il 20% delle polmoniti virali.

Dov’è iniziato tutto

Secondo le fonti ufficiali, il contagio sarebbe iniziato a Wuhan, capoluogo della provincia dello Hubei, popolosa città della Cina centrale, in un mercato ittico.
Come spesso accade, all’interno di questi centri di commercio vengono venduti anche animali vivi o selvaggina abbattuta, non sottoposta a controlli sanitari. Il rischio in questi casi è che gli animali siano portatori asintomatici di patogeni che una volta a contatto con l’uomo possono infettarlo.
Similmente alla SARS isolata nello Zibetto, anche questo coronavirus riconosce come iniziale serbatoio un ospite animale:
i pipistrelli ed i serpenti, come dimostrato da uno studio di ricercatori cinesi appena pubblicato.

Il salto di specie

Una volta penetrato il corpo umano, il virus ha subito un’ulteriore mutazione, diventando qualcosa di completamente nuovo. È stato infatti visto che il virus ha acquisito la capacità di trasmettersi da uomo a uomo, un problema non da poco, considerando l’alta densità demografica della Cina.
Non c’è da stupirsi infatti che l’epicentro del contagio sia stato isolato dal resto del Paese (e del mondo) e che la sua popolazione sia stata messa in quarantena.

Precauzioni e rischi

La natura sconosciuta di questo virus, la sua rapidità di diffusione e la pericolosità per la salute hanno fatto presto a scatenare il panico tra la popolazione mondiale, a causa del rimbalzare delle notizie sui social. Come accennato, il Governo cinese ha attuato delle misure imponenti per evitare che l’infezione si allarghi a macchia d’olio, arrivando a chiudere centri culturali e monumenti storici. Nonostante le voci di un fantomatico vaccino, gli esperti smentiscono un suo sviluppo in tempo utile e guardano al futuro con prudenza.

Il timore più grande è dovuto alla mancata condivisione di informazioni da parte della Cina circa l’effettiva gravità della situazione, visti i precedenti con la gestione della SARS.
Al momento non sembra esserci alcun allarme pandemia, nonostante continuino ad arrivare segnalazioni di nuovi casi.
Se dovesse presentarsi il problema, tuttavia, i nostri medici si dicono pronti ad affrontarlo con tutte le armi a loro disposizione.

                                                                                                      Maria Elisa Nasso

Epatite C. In Italia ti curi solo se sei grave

Sofosbuvir_bottle_with_pill_on_Gray-1940x1566Nuova Delhi,India. Dopo averla inizialmente rigettata, il 12 maggio scorso l’ufficio brevetti indiano ha accolto la richiesta per la concessione del brevetto sulla componente di base del farmaco Sofosbuvir alla Gilead Sciences, per la cura dell’Epatite C. Immediata la risposta di Medici Senza Frontiere attraverso le parole della sua esperta di salute pubblica: Questa decisione – ha detto Silvia Mancini- è una cattiva notizia per le persone affette da Epatite C”. L’India fino ad oggi è stato il maggior produttore di versioni generiche della miracolosa molecola di proprietà della Gilead grazie ad una serie di privilegi, concessi dalle grandi compagnie farmaceutiche per produrre farmaci che altrove sono protetti da brevetti. La compagnia americana negli Stati Uniti aveva inizialmente immesso sul mercato il farmaco a prezzi esorbitanti: 84 mila dollari per ciclo di trattamento, una cifra che era stata parzialmente ridotta grazie alle forme generiche sintetizzate in oriente. Insomma potrebbero aumentare ulteriormente le difficoltà per coloro che sono obbligati a convivere con questa patologia.

576px-Hepatitis_C_infection_by_source_(CDC)_-_it.svgL’Epatite C è una malattia infiammatoria del fegato, causata dal virus HCV. Ha una tendenza a cronicizzare e ad evolversi in cirrosi e carcinoma epatico. Le vie di trasmissione principali del virus sono diverse e questo persiste nel fegato di circa l’85% delle persone infette. L’infezione ad oggi può essere trattata con farmaci come l’interferone, la ribavirina ed il sopracitato sofosbuvir. Nome commerciale Sovaldi, il farmaco della Gilead Sciences anche in Italia è al centro di numerose polemiche sollevate da giornali, televisioni ed associazioni come la EpaC Onlus, da anni al sostegno dei malati di epatite.

chart_01Ogni anno in Italia muoiono circa 10 mila persone malate di Epatite C, nel nostro paese per anni ci si è ammalati per colpa di trasfusioni di sangue, per operazioni con strumenti non sterilizzati. Dal 2014 sono disponibili questi farmaci che assicurano nel 90-95% dei casi la guarigione dall’infezione del virus HCV : ma sono medicinali tanto cari che il Ministero della Salute ha deciso di garantire il trattamento solo ai malati gravi. Il rischio è che non somministrandolo a tutti i non curati si aggravino, infatti solo coloro i quali hanno una perdita di elasticità del fegato catalogata in stadi definiti F3 ed F4 hanno diritto ad accedere gratuitamente a questo incredibile prodotto, cioè quelli con una compromissione della funzionalità molto grave. Un ciclo di trattamento costa al Sistema Sanitario Nazionale ben 20 mila euro, ma non per questo può essere giustificata una simile prassi, dove i pazienti “meno gravi” devono aspettare fin tanto che le loro condizioni peggiorino.

L’Epatite C – ci spiega il Prof. Giovanni Raimondo Direttore dell’Unità Operativa Complessa di Epatologia Clinica e Biomolecolare presso la A.O.U. Policlinico di Messina è stata molto diffusa in Italia in passato, quindi è ovvio che sia alto il numero dei malati cronici. Ciò che è stato stabilito dall’AIFA (Agenzia italiana del farmaco) è di curare prima i pazienti con la malattia avanzata, per poi passare a pazienti in stadi meno avanzati come quelli in stadio F2. Questi ultimi pazienti dovranno certamente essere curati, ma il grado della loro malattia non impone un trattamento immediato. Benché io – come tutti i miei colleghi – vorrei trattare subito tutti i pazienti, capisco che, dati i costi delle terapie specificamente dirette contro il virus C, sia necessaria una regolamentazione che renda sostenibile la spesa per il nostro Sistema Sanitario Nazionale che tutti noi dobbiamo salvaguardare.” 

Nessuno può fermare la voglia di guarire da una infezione virale e da una malattia cronica progressiva, tant’è che fino ad ora alcuni dei pazienti meno gravi sono ricorsi all’acquisto del farmaco generico in India o in Egitto. Sappiamo che dopo i trattamenti anti-epatite c, sarà la volta dei nuovi portentosi medicinali utilizzabili in campo oncologico, le “bombe intelligenti”. Se questa è la dinamica che dobbiamo aspettarci, avremo farmaci salvavita sempre più cari e sempre più difficili da avere per noi. È quindi una situazione senza via d’uscita?

Nell’attendere una svolta politica concreta nei confronti delle condizioni imposte da certe case farmaceutiche non possiamo che accodarci all’appello al governo di Ivan Gardini, Presidente dell’ EpaC  Onlus: È tempo di passare dal “se curare” al “quando curare”. È tempo che i pazienti possano programmare le loro terapie con i medici curanti , avere un riferimento temporale e scegliere l’ospedale che ha meno liste d’attesa. Ognuno di noi ha il diritto di curarsi e poter programmare la propria vita. Questo abbiamo chiesto alle Autorità e questo continueremo a chiedere finché non lo otterremo.

Alessio Gugliotta

Nuove paure: scatta l’allarme per il virus Zika

zika-virusZika. È questo il nome del nuovo virus che allarma medici e future mamme, dopo il periodo di ansie e timori per il rischio Ebola da poco trascorso.Il patogeno che oggi desta preoccupazione, è causa di microcefalia negli embrioni delle donne affette e correlato all’insorgenza di gravi disturbi neurologici anche negli adulti, sebbene i sintomi inizialmente appaiano banali.

Isolato per la prima volta nel 1947, in Uganda, nella foresta da cui ha preso il nome, da allora è nota la presenza di questo virus sui primati e su alcuni grandi mammiferi; tuttavia il contagio avviene principalmente a causa di vettori, rappresentati da alcune specie di zanzare tropicali; nonostante ciò le vie di trasmissione accertate sono varie: per mezzo di liquidi biologici quali sangue, urine, sperma, saliva e latte materno. Estremamente allarmante è la via di contagio materno-fetale, come dimostra la presenza del virus nel liquido amniotico di donne gravide infette, affermato per altro da un recentissimo articolo pubblicato su The Lancet da un gruppo di ricercatori brasiliani.Inizialmente causa di piccole e contenute epidemie nel Sudest asiatico ed in alcuni paesi dell’Africa; Zika, arrivato in Brasile solo lo scorso maggio, ha infettato più di 1,5 milioni di persone, portando i medici brasiliani a lanciare l’allarme per le donne in attesa, proprio nell’ Ottobre 2015.

Nella maggior parte dei casi, è fonte di sintomi simili a quelli influenzali: rossore agli occhi, febbre, dolori articolari ed eruzioni cutanee; tuttavia per il nascituro le conseguenze sono terribili: l’infezione da parte di questo virus è infatti strettamente correlata all’incidenza esponenziale dei casi di microcefalia nei paesi in cui Zika è maggiormente presente.Il nesso causa-effetto tra il virus e la manifestazione patologica nei bambini di madri infette non è stata ancora accertata, ma grazie ad uno studio attuato da un gruppo di ricercatori della Hopkins University, della FSU e della Emory University di Atlanta, è stato possibile dimostrare e studiare come il patogeno infetti selettivamente un tipo di cellule staminali neurali (dalle quali origina la corteccia cerebrale), portandole così a degenerazione.Il virus in questione, però, non lede solo le cellule neuronali dei nascituri, ma la sua presenza in individui adulti pare essere correlata ad altri disturbi di tipo neurologico ed autoimmune, come la sindrome di Guillain-Barré (che può portare a paralisi).

Trattandosi di un patogeno virale, ricercatori degli Stati Uniti, del Brasile e di altre grandi nazioni, si stanno impegnando attivamente nella formulazione di un vaccino adatto, ma su questo fronte la comunità scientifica inizia da zero, nell’attesa, sicuramente lunga, è pertanto necessario prendere delle misure cautelative come evitare viaggi nelle zone endemiche e mobilitarsi nell’eradicazione delle zanzare vettori.A tal proposito, inoltre, l’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) suggerisce anche di ricorrere, quando necessario, all’aborto terapeutico, così da evitare la crescita esplosiva di casi di microcefalia, suscitando non poche polemiche da parte della chiesa cattolica.

 

Morgana Casella