Il ricordo di Francesca Morvillo nella giornata internazionale contro la violenza sulle donne

Il 25 novembre si è svolta presso l’Aula Magna del Rettorato dell’Ateneo di Messina, la presentazione del libro di Felice Cavallaro: Francesca- storia di un amore in tempo di guerra. Il libro è dedicato alla figura di Francesca Morvillo, magistrata competente e moglie del giudice Giovanni Falcone, vittima insieme a lui della strage di Capaci nel 1992.  

Il 25 novembre, celebrazione della giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne, è particolarmente indicata per commemorare la prima e unica magistrata ad essere stata assassinata in Italia.

 

Svolgimento del convegno nell’aula magna del rettorato

 

Il ricordo di Lorena Quaranta

La presentazione si è aperta con i saluti istituzionali da parte del rettore Salvatore Cuzzocrea. Il rettore ha ricordato l’importanza di educare le nuove generazioni a un “amore sano” e di condannare gli atteggiamenti nocivi all’interno di una relazione, manifestati non solo attraverso episodi di violenza fisica, ma anche mediante una logorante violenza psicologica.

Concludendo l’intervento, il rettore, ha annunciato di voler intitolare il giardino del rettorato a Lorena Quaranta, la studentessa di Medicina dell’università di Messina vittima di femminicidio nel marzo 2020, poco tempo prima della conclusione dei suoi studi e per cui le è stata conferita la laurea honoris causa.
 
 

Lorena Quaranta. Fonte: palermo.repubblica.it

 

Violenza di genere: i dati e le iniziative per eliminarla

 

L’intervento del Prefetto di Messina, Cosima Di Stani, ha messo in luce l’aumento del numero annuale di femminicidi, consumati prevalentemente tra le mura domestiche.

Un importante dato in crescita rispetto agli anni precedenti è quello del numero di ammonimenti, indice di una maggiore propensione alla denuncia rispetto al passato, allo stesso tempo, è un segnale preoccupante della persistenza del fenomeno nella società contemporanea.

Il lavoro svolto dai centri antiviolenza è un contributo fondamentale nell’attuazione di strategie di prevenzione e di contrasto del fenomeno, inoltre sono costantemente a fianco delle vittime durante il percorso di emancipazione dalla violenza.

Il prefetto ha inoltre individuato un punto di svolta della problematica, con l’implemento dei braccialetti elettronici. Questi dispositivi permetterebbero alle vittime di violenza di venire a conoscenza della prossimità del soggetto potenzialmente pericoloso, tramite l’ausilio di un’applicazione, evitando così l’aggiramento dei divieti di avvicinamento disposti dall’autorità giudiziaria.

Le disposizioni volte alla tutela delle donne non sono sufficienti a debellare il problema, le cui radici possono essere estirpate solo grazie a un intervento mirato alla riabilitazione dei maltrattanti. La Questura di Messina ha recentemente sottoscritto il protocollo Zeus, provvedimento che permette al destinatario di intraprendere un percorso di recupero finalizzato a far maturare la consapevolezza del proprio comportamento e disincentivare i comportamenti violenti.

 

Felice Cavallaro, Francesca: Storia di un amore in tempo di guerra, Solferino, 2022. Fonte: ibs.it

 

Chi è Francesca Morvillo

La necessità di delineare un percorso di sensibilizzazione sul tema della violenza di genere, oggi come in passato, è fondamentale per favorire la conoscenza del fenomeno e indirizzare i giovani verso la cura delle relazioni.

Felice Cavallaro, autore del libro, ricorda come la stessa Francesca Morvillo ha messo i suoi studi al servizio dei figli dei detenuti, come insegnante in un doposcuola pomeridiano frequentato in prevalenza da ragazzi di famiglie disagiate. Emerge il ritratto di una giurista attenta alla funzione riabilitativa della pena e di una donna con una sensibilità spiccata nei confronti dei minori.

La figura di Francesca Morvillo viene spesso ricordata esclusivamente in relazione a quella del marito Giovanni Falcone, dimenticando che il rapporto tra i due non fu di dipendenza bensì di condivisione. Condivisione di ideali comuni, di un percorso professionale, di uno stile di vita.

 

Francesca è stata moglie di Giovanni Falcone come conseguenza del suo modo di essere. Sentiva la giustizia come la bellezza della società e quindi ha fatto di tutto perché questi ideali potessero realizzarsi, anteponendo un ideale anche a sé stessa ed alla sua vita

 

Il 23 maggio 1992 infatti è stata uccisa una magistrata prima che una moglie.

Francesca Morvillo nacque a Palermo il 14 dicembre 1945.

Figlia del sostituto procuratore Guido Morvillo, ottenne la laurea in Giurisprudenza all’Università degli Studi di Palermo nel 1967. Fu tra le prime donne a vincere il concorso in magistratura nel 1968, cinque anni dopo l’apertura della carriera in magistratura alle donne.

Dopo aver superato il concorso ricoprì diversi ruoli: prima giudice del Tribunale di Agrigento, poi Sostituto Procuratore al Tribunale dei minori di Palermo, in seguito consigliere della Corte di Appello e infine membro della Commissione per il concorso di accesso in magistratura.

Nella sfera privata era una persona molto riservata, ma allegra e piena di vita, capace di entrare facilmente in sintonia con gli altri. Tratto caratteristico del suo carattere era la sua dolcezza, che si rispecchiava in un sorriso radioso e rassicurante quando sorrideva lo faceva con tutta l’anima…

Quel sorriso rimase impresso nella memoria della magistrata Maria Teresa Arena, che il 22 maggio 1992 era tra i candidati al concorso in magistratura. La magistrata consegnò  l’ultimo compito proprio nelle mani di Francesca Morvillo, il giorno prima della tragica scomparsa di quest’ultima.

 

Tre decenni dopo quella stagione di stragi, emerge nella dimensione pubblica anche tutto il valore personale e professionale di Francesca Morvillo, che è stata sì indiscutibilmente l’amata consorte di Giovanni Falcone e la sua ascoltata consigliera, ma è stata a sua volta un’infaticabile magistrata, una fine giurista, attenta all’importanza della formazione e alla funzione costituzionale della pena”

 

Santa Talia

UniME, dal 22 al 26 Novembre partono i seminari “Mai più scuse” sulla violenza di genere

L’Università degli Studi di Messina, in occasione della giornata internazionale contro la violenza sulle donne, ha organizzato un ciclo di seminari dal titolo “Mai più scuse”. Focus interdisciplinare sulla violenza di genere. (clicca qui per visionare il programma).

Agli incontri prenderanno parte diverse autorità: il Prefetto di Messina, Dott.ssa Cosima Di Stani, il Procuratore Aggiunto presso la Procura di Messina, Dott.ssa Giovannella Scaminaci, professionisti di rilievo e alcuni docenti dell’Ateneo messinese.

A chi è rivolto

L’evento è aperto a tutti gli studenti e le studentesse dell’Ateneo.

Quando si svolgerà

Le 5 giornate dedicate all’occasione saranno così suddivise:

  • 22 novembre ore 17: Piattaforma Teams
  • 23 novembre ore 9: Aula Magna del Rettorato
  • 24 novembre ore 17: Piattaforma Teams
  • 25 novembre ore 15:30: Piattaforma Teams
  • 26 novembre ore 17: Piattaforma Teams

Dove si svolgerà

L’evento si volgerà in modalità mista:

  1. Aula Magna del Rettorato sito in Piazza Pugliatti
  2. Piattaforma Microsoft Teams clicca qui per unirti al Team dedicato

CFU

Saranno riconosciuti 0,25 CFU per la partecipazione ad ogni incontro.

Argomenti trattati

Gli argomenti su cui verterà il ricco programma sono:

  • la tutela sanitaria e giudiziaria
  • la violenza domestica
  • quella sui luoghi di lavoro
  • la comunicazione non violenta
  • l’identificazione delle vittime di violenza.

Giornata contro la violenza sulle donne: perché si celebra il 25 novembre

La scelta di questo giorno è dovuta al primo «Incontro Internazionale Femminista delle donne latinoamericane e caraibiche» che avvenne proprio il 25 novembre del 1981 da quel momento quella venne riconosciuta come data simbolo.

Data simbolo non casuale, 25 Novembre del 1960 è infatti il giorno in cui Las Mariposas (le farfalle), nome con il quale sono anche conosciute Patria, Minerva e María Teresa Mirabal, furono brutalmente uccise dagli agenti del dittatore Rafael Leonidas Trujillo, a Santo Domingo, nella Repubblica Dominicana. Le donne dirette in carcere a trovare i mariti, furono fermate lungo la strada, picchiate con dei bastoni e gettate in un burrone dai loro carnefici, che cercarono di far passare quella brutale violenza per un incidente. Le tre sorelle erano conosciute come attiviste del gruppo clandestino Movimento 14 giugno.

Purtroppo, a distanza di 60 anni, è sempre Novembre e la violenza non è mai scomparsa. Dal primo gennaio al 7 novembre di quest’anno in Italia sono stati registrati 247 omicidi, con 103 vittime donne, di cui 87 uccise in ambito familiare/affettivo. Di queste, 60 sono morte per mano del partner o dell’ex partner.

La violenza di genere raccoglie molti fenomeni diversi : che sia fisica, psicologica, sessuale, economica, è sempre VIOLENZA. Viviamo in un mondo che sta dimenticando che i diritti sono di tutti, un mondo che continua a concepire il corpo delle donne come una merce da usare e da vendere , un mondo che tenta di giustificare la violenza e colpevolizzare le vittime. La violenza è ingiustificabile, intollerabile. Cominciamo da un corretto uso della comunicazione, iniziamo a distinguere il carnefice e la vittima e tutelare adeguatamente quest’ultima. Facciamo in modo che il mondo sia consapevole che lo stupro o qualsiasi altra forma di violenza non sia mai colpa della DONNA e che il messaggio si radichi per bene nella società.

Ricordiamo che il 1522, il numero gratuito e attivo h24 che accoglie le richieste di aiuto e sostegno alle donne vittime di stalking e violenza.

Il programma di UniVersoMe

Anche all’interno della nostra testata non potevamo fare a meno di dare ampio spazio alla tematica della violenza di genere.

Per questo abbiamo previsto per giorno 25 novembre un focus a cura della Rubrica di Attualità che analizzerà i dati e darà spazio alle manifestazioni organizzate per la giornata, nonché un approfondimento realizzato dalla Rubrica di Cultura Locale. 

Sarà rivolta anche un’attenzione particolare ad alcune opere artistiche – attuali o meno – che si sono levate a gran voce contro gli abusi e i maltrattamenti sulle donne. In particolar modo, la rubrica di Recensioni ha deciso di trattare una canzone, un libro e un film a tema. Di seguito il programma:

  • 24 novembre: recensione di Til It Happens to You, brano di Lady Gaga dedicato allo scottante tema degli abusi sessuali nei campus americani (a cura di Alessia Orsa).
  • 25 novembre: recensione del romanzo Tess dei d’Uberville, classico di Tomas Hardy ambientato in età vittoriana ma ancora attuale per la tragica storia di violenza di cui è vittima la protagonista (a cura di Gaetano Aspa).
  • 26 novembre: recensione di Promising Young Woman, film di Emerald Fennel pluripremiato agli Oscar 2021 e potente denuncia contro la cultura dello stupro (a cura di Angelica Rocca).

Stay tuned!

Elidia Trifirò 

Lotta alla violenza sulle donne: la Turchia si “ritira” dalla Convenzione di Istanbul

La Convenzione firmata proprio a Istanbul

Le proteste delle donne turche in seguito alla decisione sulla Convenzione di Istanbul (fonte: tg24.sky.it)

Il governo turco si dice “sinceramente” impegnato nel salvaguardare le donne come meritano. Questa la dichiarazione, via Twitter, del vicepresidente Fuat Oktay, in seguito a un evento sconvolgente per l’intera Europa: la Turchia esce dalla Convenzione di Istanbul contro la violenza sulle donne.

La decisione è arrivata nella notte tra il 19 e 20 marzo, resa pubblica con un comunicato del presidente Recep Tayyip Erdogan.

“Non è necessario cercare rimedi esterni o imitare gli altri per questo obiettivo fondamentale. La soluzione invece è nelle nostre tradizioni e costumi, in noi stessi” ha aggiunto il vicepresidente, per spiegare la scelta del governo

Ancor prima di analizzare gli eventi e le reazioni scatenatesi, positive e negative, bisogna sottolineare che ci troviamo di fronte a un doppio apparente paradosso: la Turchia è stato il primo Paese ad accettare il trattato del 2011, promosso dal Consiglio d’Europa, noto come Convenzione di Istanbul proprio perché ratificato nella metropoli turca; inoltre, fu proprio il presidente Erdogan a firmare. Negli anni successivi alla ratifica, il presidente aveva anche spesso citato tale scelta per dimostrare i progressi dello Stato nell’ambito della parità di genere.

Il testo firmato finora da 34 – ora 33 – Stati, prevede che i governi firmatari formulino una legislazione per la protezione delle donne da violenze, da tutti gli abusi, anche la violenza coniugale e le mutilazioni genitali femminili, oltre che la discriminazione di genere. Conosciuto anche come “trattato 210” del Consiglio d’Europa, prevenzione, protezione, azione giudiziaria e coordinamento delle politiche sono i punti fondamentali su cui si basa. Gli Stati che vi hanno preso parte si impegnano, dunque, in una serie di misure che assicurino una drastica riduzione dei fenomeni di abusi e la presa in carico delle vittime.

 

L’esultazione dei conservatori islamisti

Secondo alcuni esperti analisti, Erdogan avrebbe operato questo ulteriore strappo con l’Europa per il favore dell’ala conservatrice dell’elettorato e del suo stesso partito, l’Akp.

Il presidente Erdogan (fonte: ansa.it)

Per i conservatori islamisti, la Convenzione sarebbe contraria ad alcuni principi dell’Islam, minando al concetto di “famiglia tradizionale”, incoraggiando i divorzi, ma anche l’omosessualità, sostenendo e proteggendo i diritti della comunità lgbt+.

Già da alcuni anni, però, la linea politica del presidente ha virato verso un’ideologia e un’azione sempre più autoritaria e conservatrice, lontana da politiche di eguaglianza.

Il ministro della Famiglia, del Lavoro e dei Servizi sociali, Zehra Zumrut Selcuk, ha scritto su Twitter che la Costituzione turca prevede già delle norme sufficienti a garantire i diritti delle donne, che la Turchia continuerà a reprimere senza tolleranza la violenza sulle donne.

“La Convenzione di Istanbul è stata un’importante iniziativa”, ma “ha ormai perso la sua funzione originaria e si è trasformata in una ragione di tensioni sociali”, ha commentato l’associazione di donne islamicheKadem”, di cui vicepresidente è la figlia di Erdogan, Sumeyye.

In realtà, la Turchia non è stato il primo Paese ad uscire dalla Convenzione. Già la Polonia, nel luglio 2020, ha deciso di abbandonare gli accordi. Il partito conservatore di diritto e giustizia, il PiS, al vertice del governo, ha così scelto sostenendo che il testo contiene concetti ideologici da esso non condivisibili, tra cui la distinzione tra sesso “socio-culturale” e sesso “biologico”.

Inoltre, alcuni Paesi hanno sin dall’inizio deciso di non firmare, quali Russia e Azerbaigian, ma molti altri – Armenia, Lettonia, Liechtenstein, Lituania, Moldavia, Slovacchia, Repubblica Ceca, Regno Unito, Ucraina – non hanno ancora proceduto con la ratifica dell’accordo, nonostante la firma.

 

Le critiche dall’opposizione turca, dall’Europa e dall’Italia

L’opposizione non ha tardato a farsi sentire. Il Chp, tramite il suo numero due Gokce Gokcen, ha detto che abbandonare la Convenzione significa considerare “le donne cittadine di seconda classe e permettere che vengano uccise”.

(fonte: ansa.it)

In effetti, in Turchia la problematica è ancora più grave rispetto alle altre situazioni europee. Secondo le stime fornite dall’Organizzazione mondiale della Sanità, il 38% delle donne turche è stata vittima di violenze da parte del partner almeno una volta nella loro vita, percentuale che in Europa è del 25%. Secondo un’associazione che monitora i casi di violenza, nel Paese, ci sono stati almeno 300 femminicidi, 171 avvenuti in circostanze sospette; in questi primi mesi del 2021 ce ne sono stati 77.

Eppure, per il governo turco, il Paese non avrebbe bisogno di “spinte” dall’esterno.

Anche il segretario generale del Consiglio d’Europa, Marija Pejcinovic Buric ha commentato la vicenda definendola un pericoloso passo indietro, avvenuto, tra l’altro, a pochi giorni dal decennale della Convenzione. Aveva ricordato gli importanti progressi registrati dal 2011, ma aveva anche lanciato un monito, sottolineando la necessità di continuare ad agire con determinazione, poiché questa piaga continua a mietere vittime ogni giorno.

“Il numero di telefonate ricevute dai centri specializzati nell’assistenza alle vittime della violenza domestica è aumentato durante l’applicazione delle misure anti-Covid” ha detto il segretario. Il coronavirus, infatti, ha spostato la violenza dalla strada in casa, dando a mariti e conviventi violenti più possibilità di colpire facilmente, rendendo più difficoltosa l’individuazione di situazioni pericolose e il conseguente soccorso, oltre che la richiesta di aiuto da parte delle stesse vittime di abusi.

Il segretario Pejcinovic Buric, inoltre, ha spiegato che in Turchia movimenti politici attaccano la Convenzione di Istanbul a causa di un’interpretazione sbagliata dei suoi obiettivi. Questo ha favorito il ritiro del Paese.

“La Convenzione del Consiglio d’Europa che ha riconosciuto la violenza contro le donne quale crimine contro l’umanità era stata approvata proprio nella capitale turca e la Turchia era stata il primo paese a firmarla: fu un doppio segno di speranza e un messaggio rivolto a quei Paesi che, per religione e tradizioni, sono ancora indietro nel riconoscimento dei diritti delle donne. Un pilastro della legislazione internazionale sui diritti e contro la violenza di genere.” ha detto la senatrice italiana Valeria Valente, presidente della Commissione di inchiesta del Senato sul Femminicidio e la violenza di genere.

“Il ritiro della Turchia conferma la preoccupazione sentita da tempo da tutte le donne impegnate contro la violenza alle donne” ha affermato Marcella Pirrone, avvocato di D.i.Re e presidente di WAVE, Women Against Violence Europe. L’avvocato ha ricordato che Ong, in particolare quelle specializzate nella lotta alla violenza contro le donne, avevano già lanciato assieme al Consiglio d’Europa e alla Commissione Europea un forte allarme rispetto ai movimenti politici di alcuni Paesi – Turchia, paesi del gruppo Visegrad4, Bulgaria – che avevano assunto posizioni di forte contrasto e opposizione ai principi sanciti dalla Convenzione, rappresentando un’assurdità nel 2021 e, soprattutto, ai tempi di una pandemia.

 

Numerose manifestazioni contro la decisione

Migliaia di donne turche sono scese in piazza. Le manifestazioni più corpose si sono svolte a Kadiköy, la roccaforte laica sulla sponda asiatica della metropoli sul Bosforo, dove si sono incontrati diversi movimenti femministi, Ong e partiti di opposizione.

(fonte: tg24.sky.it)

«Non potrete cancellare in una notte anni di nostre lotte. Ritira la decisione, applica la Convenzione» è lo slogan al sit-in, organizzato dalla piattaforma indipendente “Fermiamo i femminicidi”.

Manifestazioni più piccole si sono tenute anche nella capitale Ankara e nella città di Smirne. Non sono mancati momenti di tensione con la polizia, ma le turche non si vogliono fermare. Già nelle scorse settimane si sono verificate proteste contro il governo, accusato addirittura di favovire le violenze. Manifestazioni tutte sedate duramente dalle forze dell’ordine.

“Ecco il vero volto del governo turco: disprezzo totale per lo stato di diritto e regressione sui diritti umani.” ha dichiarato il relatore sulla Turchia al Parlamento europeo, Nacho Sanchez Amor.

Dunque, la protesta delle donne turche ci ricorda che, in realtà, ancora una volta, non si tratta di Paesi o religioni, ma di singoli uomini e, paradossalmente, singole donne, che decidono per altri. Un fatto – riprendendo le parole della senatrice Valente – “gravissimo”, “un precedente inaccettabile” e “un ulteriore passo verso l’isolamento dal consesso occidentale” per la Turchia.

 

Rita Bonaccurso

 

Giornata contro la violenza sulle donne. Anche Unime ricorda le vittime

La storia dietro la triste ricorrenza

Tre donne di 25, 36 e 34 anni il 25 novembre 1960, trovarono la morte, nel nord dell’attuale Repubblica Dominicana. Patria, Minerva e María Teresa Mirabal erano tre sorelle. Erano andate a fare visita ai propri mariti, che si trovavano in carcere, perché condannati come dissidenti politici. La Jeep su cui viaggiavano di colpo si arrestò davanti ai militari del “Servicio de Inteligencia Militar” (Sim) mandati a cercare le donne per conto del dittatore Rafael Trujillo. Le tre sorelle furono prima divise, poi portate su una montagna, a La Cumbre, brutalmente picchiate, stuprate e infine strangolate. I sicari misero i corpi senza vita in macchina e inscenarono un incidente stradale.

Le tre giovani furono uccise perché attiviste politiche molto esposte. Avevano iniziato con piccole riunioni, per poi dar vita a un vero e proprio fronte di resistenza democratica diffusosi in tutto il Paese: il Movimiento Revolucionario 14 de Junio.

Il dittatore Trujillo, era un criminale che, già da trent’anni teneva sotto controllo le tre sorelle, dette, all’interno del loro movimento, “las mariposas” (“le farfalle”). Prima le fece carcerare insieme ai mariti e, successivamente, le rilasciò, ma solo per destinarle all’atroce vendetta. I quattro militari scelti per portarla a termine, tentarono prima per due volte invano, il 18 e il 22 novembre, trovando le donne in compagnia dei propri bambini. Il 25, invece, furono trovate sole.

Nel 1981, a Bogotà, in Colombia, si tenne uno storico convegno femminista, durante il quale si decise che il 25 novembre sarebbe stata laGiornata contro la violenza sulle donne“, riconosciuta dalle Nazioni Unite nel ’99.

La violenza di genere oggi

Nel corso degli ultimi dieci anni quello della violenza di genere è stato uno dei temi al centro dell’attenzione dell’opinione pubblica. Numerose le Onlus, le campagne di sensibilizzazione a tutela delle donne ascoltate anche dal mondo politico. In Italia, nel 2013 è stata emanata la “Legge sul femminicidio” non solo contro le uccisioni, ma ogni forma di violenza di genere. Nel 2019, il “Codice Rosso” che ha introdotto nell’ordinamento italiano nuove fattispecie di reato quali: il reato di diffusione illecita di immagine private il reato di costrizione o induzione al matrimonio e quello di deformazione dell’aspetto della persona mediante lesioni permanenti al viso. A ciò è stato aggiunta l’introduzione di canali preferenziali per garantire un più celere avvio dei procedimenti penali a tutela delle vittime.

Nonostante tutto, i numeri, ad oggi, sono ancora allarmanti. Nei primi dieci mesi del 2020 le donne vittime di femminicidio sono state 91. Un numero pressoché identico a quello del 2019, non fermato dalla quarantena per il Covid-19, durante la quale, anzi, si è registrato un aumento degli abusi e ha costretto le vittime a stare maggiormente a contatto con i propri carnefici.

Il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, nel celebrare la ricorrenza non ha mancato di sottolineare come “in questo momento drammatico per il nostro Paese e per il mondo intero le donne siano state particolarmente colpite” e che “la pandemia ha accresciuto il rischio di violenza che spesso ha luogo proprio tra le mura domestiche”.

Andrea Rapisarda © – Scalinate del Rettorato, Messina 2020

Posto Occupato.

Anche l’Università di Messina, su proposta di Maria Andaloro, ideatrice di “Posto Occupato”, nella giornata di oggi ha ricordato le vittime di violenza. In molte parti dell’Ateneo sono state appese locandine nominative in ricordo di ciascuna di esse, anche su delle sedie appositamente disposte.

Un posto lasciato “vuoto” per riempire le coscienze di consapevolezza. Partita nel 2013 da Rometta, piccolo comune del Messinese, Posto Occupato è una campagna virale, gratuita contro la violenza di genere sulle donne. Occupare un posto a teatro, al cinema, all’università, in un parco ed ovunque si possa, è l’iniziativa che propone la campagna perché tutti abbiano sempre la consapevolezza di ciò che succede, ingiustamente, ogni giorno nel mondo.

Storie nelle pagine di cronaca che poi dimentichiamo, forse perché riguardano di donne sconosciute.

“Ma se la prossima che leggiamo fosse la storia della nostra vicina di casa, della nostra compagna di scuola, di nostra sorella, nostra madre o noi stesse?” si legge sul sito ufficiale della campagna.

Dunque, occupare un posto a sedere, simboleggia un posto nel cuore e nella mente di tutti, che per sempre sarà di una qualsiasi donna che avrebbe voluto, potuto e dovuto essere lì.

Fonte: Unime.it

 

 

Filippo Giletto

Rita Bonaccurso

Violenza sulle Donne e Femminicidi, la reazione dell’associazione Must

 

“BASTA alla violenza sulle Donne”, un concetto così semplice ed una risposta così immatura.

Il numero dei femminicidi diminuisce nel 2019 ma non riesce ad azzerarsi.

A questa lotta si schierano anche i ragazzi dell’associazione Must con un video di sensibilizzazione per fermare questo fenomeno.

 

Quando l’informazione è influenzata dai pregiudizi

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Quando i giovani sono protagonisti di notizie di cronaca nera, si tende a fare di tutta l’erba un fascio riguardo il luogo in cui è accaduta la vicenda. Negli ultimi giorni, Messina è stata al centro del mirino dei mass media: la 22enne Ylenia Grazia Bonavera risulta l’ennesima vittima di violenza sulle donne, è stata cosparsa dall’ex fidanzato, Alessio Mantineo, di benzina e le è stato dato fuoco. 
Nonostante le prove, la ragazza continua a difendere l’ex: paura? Lo shock ancora la influenza? Senso di colpa? Minacce ricevute? Questa non è la sede per poter fornire una diagnosi psichiatrica, né i giornalisti che si sono occupati del caso per le varie testate nazionali possono permettersi di giudicare la vicenda influenzando il pubblico, senza fornire un vero e proprio servizio di informazione.
A prescindere dai principi morali, le accuse sono state rivolte al contesto cittadino in cui la ragazza vive, e l’attenzione, informandoci in prima linea noi in quanto ragazzi universitari e cittadini di Messina, si è soffermata sulla città dello Stretto la quale è stata definita come l’ultima città d’europa e che l’atteggiamento della ragazza rispecchia perfettamente il carattere degli abitanti .Schermata-2017-01-12-alle-09.59.28-1024x575

La manfrina è sempre la stessa: divisione netta tra Nord e Sud Italia. Al nord una notizia negativa è solo una notizia negativa, a volte si tende anche ad oscurarla o, peggio, a diffonderla non con lo stesso giudizio rispetto al sud. I programmi di cronaca, che sfociano nello spettacolo, intervistano i protagonisti delle notizie di cronaca nera con un velo di ironia e cercano di mettere in evidenza i difetti propri del contesto sociale degli ospiti rapportandolo a tutta la comunità. differentemente succede per ospiti dello stesso contesto sociale, ma di una città del Nord.

A prescindere dalle notizie di cronaca inerenti alla violenza sulle donne che potrebbero essere commentate con le tipiche frasi “copia-incolla” (la violenza non è amore, chi ti picchia è un uomo vile, le donne devono denunciare, ecc), il modus operandi che lascia stupefatti tutti noi è che i giornalisti, anche rappresentanti di testate nazionali, riescono a discriminarci e a renderci parte di un contesto sociale ristretto. da sempre una città è composta da differenti ceti sociali, dal più basso al più, ma questo non significa che il sud sia il ceto più basso dell’Italia intera. Messina è socialmente molto varia, e consta di una popolazione giovanile eterogenea dove un ragazzo appassionato di lettere classiche può anche conoscere il dialetto tradizionale.

Noi, giovani messinesi, non giudichiamo o contestiamo la notizia, ne metteremmo mai bocca in una storia d’amore finita male. Cosa dica una ragazza traumatizzata non è compito nostro analizzarlo, le azioni di un ragazzo del genere parlano da sole.
I giornalisti e i conduttori tv si sono abbandonati all’interesse del “titolone” e dell’ “audience” scordandosi l’elemento umano se non per enfatizzarlo ed etichettando una intera città.

Quello che noi vogliamo dire è che noi messinesi, giovani o vecchi, non siamo loro, loro non sono i nostri rappresentati.
I nostri rappresentanti sono la dottoranda Giovanna Ruello, vincitrice del premio FiO/LS di NY; sono i ragazzi e i professori del dipartimento di Ingegneria con il loro lavoro sulla prevenzione sismica; i professori e ricercatori del policlinico universitario, medici che si fanno in 4 per i loro pazienti; il collega x che si mantiene da solo studiando e lavorando contemporaneamente; e poi, con una visione più grande, i magistrati anti-mafia, gli scrittori, gli attori, i cantati.
Messina è musica, arte e cultura, i messinesi anche.

Le notizie di cronaca nera devono essere trattate per quello che sono: tragedie. I protagonisti della cronaca nera, che sia cronaca del Sud, del Centro o del Nord, non possono mai essere rappresentanti di un’intera cittadina, per il semplice fatto che un pazzo che butta benzina, persone che parlano di ‘’picchiarsi quando sono arrabbiate’’, pazzi omicida, ladri, non possono mai rappresentare un cittadino onesto, anche fosse uno solo.

Elena Andronico, Arianna De Arcangelis, Giulia Greco