Violenza nelle strade, uno sguardo sul fenomeno

Cresce sempre più il tasso di omicidi violenti nelle maggiori capitali mondiali. In una sola notte, prima a Londra e subito dopo a Liverpool, sono stati rinvenuti i cadaveri di due giovani ragazzi  di età compresa tra i 17 ed i 20 anni, entrambi morti per mano di coetanei e per futili motivi. Molte le forze dell’ordine impiegate nel tentativo di ridurre un fenomeno che si sta facendo, giorno dopo giorno, più serio e al centro del dibattito politico.

È proprio alla luce di questi fatti che, durante il suo intervento alla “National Rifle Association”, si è espresso il presidente degli Stati Uniti d’America, Donald Trump evidenziando ancora una volta il suo forte sostegno all’uso libero delle armi da fuoco da parte dei cittadini. Ha poi rincarato la dose usando parole dure nel ricordare i fatti del Bataclan di Parigi:

“Se i cittadini fossero stati armati, sarebbe stata una storia completamente diversa…”

scatenando le risposte indignate di opinione pubblica ed autorità, politiche e non, di tutto il mondo, tra le quali quella dello stesso ex presidente fracese Francois Hollande che si è detto “disgustato” da queste affermazioni del Tycoon.

Ma, se da un lato troviamo chi continua a dare adito a discorsi che esaltano l’uso della violenza a scopi di difesa, e a flebili tentativi di denuncia dei fatti; dall’altro ci sono coloro che vivono quotidianamente il pericolo di strade sempre più macchiate di sangue. E anche in Italia il discorso non cambia.

Negli ultimi due giorni sono stati quattro i casi di violenza e tentato omicidio nel nostro paese, tre dei quali ad opera di giovani ragazzi e, se a questi si aggiungono i sempre più frequenti casi di bullismo e violenza sulle donne, i dati salgono vertiginosamente presentando un quadro estremamente preoccupante.

E in una situazione politica tanto incerta quanto quella italiana attuale, il tema della sicurezza diventa uno degli argomenti caldi della discussione tra i vari partiti in cerca di un accordo di governo, con M5S e Centrodestra favorevoli ad una massiccia campagna di assunzioni nelle forze dell’ordine e nell’estendere l’uso dell’esercito a supporto della polizia; ed il Centrosinistra che punta a ridurre questi fenomeni incentivando la cultura e puntando alla riqualificazione delle periferie urbane.

È una situazione difficile da affrontare che divide in due la società tutta, rendendo impossibile il raggiungimento di una soluzione comune e funzionale alla riduzione di questi casi. Ciò che però resta sicuramente chiaro a tutti – o forse sarebbe meglio dire, a molti – è che l’uso delle armi per cercare di combattere la violenza nelle strade è qualcosa di ridicolo anche solo da pensare, ma, forse, ci toccherà aspettare ancora un po’ prima che tutti riescano a capirlo.

Giorgio Muzzupappa

Femicide

scarpe-rosse-femminicidio“Perché questo titolo?” – chiederete.

Semplice, forse, immaginare che quello utilizzato sia un sostantivo simile a “femminicidio”.

Prima del 1801 non esisteva una parola che richiamasse l’uccisione della donna proprio in quanto donna; e a questo primo termine se ne approssimò un altro: feminicide.

Dopo il susseguirsi di definizioni, l’Italia del 2001 cominciò ad utilizzare la voce ormai tanto udita: femminicidio.

Mi piace adottare una definizione usata nel web per questa parola: “ È formata unendo insieme due parole, femmina e -cidio (uccisione) quindi, “uccisione di una donna” che di per sé non è una brutta parola, ma fa paura per il suo significato.

In effetti, è terrificante sapere che una donna ogni tre giorni è vittima di questa parola; è succube di una violenza inaudita, di varie forme, che si manifesta in maniera diversa su ogni donna.

Si presenta come una cicatrice sul volto o sul corpo di una donna, ma anche come quella profonda, che lede l’animo ferito dalle parole amare di chi le usa.

È quasi bizzarro, poi, credere o immaginare che esista una giustificazione a questi atti e che, oltretutto, questa sia “l’amore”.

Sì, “amore”: quel sentimento quasi spirituale, volto al bene di un’altra persona.

E allora come può un uomo dichiarare amore e praticare un vile atto su una donna? Com’è possibile questa assurda associazione o addirittura uguaglianza, fra amore e violenza?

Non è amore. È chiaro.

Ed ogni donna deve ribadirlo a se stessa, deve necessariamente capire che un uomo che ama non minaccia; un uomo che ama non lascia lividi; non insulta; non diventa uno stalker.

Non è amore, ma è ossessione, è perversa gelosia, è un malato senso di appartenenza, di possessione, insidi in un’oscura e vigliacca “persona” che si impossessa dell’essere altrui.

Che poi, cos’è la violenza?

La violenza non è altro che il mezzo più semplice a cui ricorrere, il mezzo dei più deboli, il più ingrato e triste.

La violenza è paura: una paura racchiusa tra i muri della propria casa; un terrore soffocato da urla fioche.

Ed è proprio nella vita domestica che si manifestano la maggior parte di atti del genere su una povera donna che si fida di un uomo che ama o che ha amato: è così che la questione diventa di dominio pubblico e non più un problema privato.

Ad ogni vita andata, ad ogni donna sfigurata, ad ogni animo spezzato, ci si chiede: come si può evitare tutto questo?

Parlare: mai stare in silenzio, mai giustificare; non esistono scusanti per dei gesti crudeli.

Sensibilizzare: è fondamentale educare alla conoscenza dei fatti e soprattutto al rispetto; non ricordare questi avvenimenti esclusivamente nella giornata mondiale contro la violenza sulle donne, ma ogni singolo giorno.

 

Nell’angosciante fotografia della realtà, una donna su cinque è vittima di femminicidio; è bersaglio di ogni tipo di violenza sul corpo e/o sulla mente. Ognuna di loro aveva il suo nome, il suo lavoro, la sua famiglia, schiacciati da mani conosciute.

Non bendiamoci. Questo orrore è davanti ai nostri occhi.

Jessica Cardullo

Violenza: è l’ora di dire BASTA

 

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Imagine all the people, living life in peace

 

Se vi chiedessi: “quali sono i maggiori problemi esistenti nel mondo?”, voi cosa rispondereste? La fame, ovviamente, la povertà, i politici disonesti, la guerra, le malattie. Ma, secondo me, una delle più imponenti piaghe sociali è la violenza.

Noi siamo esseri umani e, come tali, siamo caratterizzati dal lume della ragione. Quel lume che si perde in alcune occasioni, quel lume perso che ci fa diventare aggressivi, cattivi, impetuosi. Quante volte si dice “è come se avesse perso il lume della ragione”?Scatta qualcosa, si perdono le inibizioni, i freni ed ecco che diventiamo feroci, che ci avvaliamo della violenza per imporci su altri esseri umani.

Sassari, Roma, Orlando, Santa Monica, Francia. Cosa accomuna questi cinque luoghi? Li accomuna il fatto che, nelle ultime ore degli ultimi giorni, sono stati sbattuti in prima pagina per atti di violenza. E così entriamo in campi molto delicati quali il femminicidio, l’omofobia, fino ad una delle più stupide motivazioni per cui ci si avvale di questa “arma”: il calcio. E poi, ancora: bullismo, terrorismo. Violenza psicologica, violenza fisica.

Siamo liberi di NON parlare, siamo liberi ma con dei limiti, siamo liberi dietro metaforiche sbarre. Gli uomini nascono liberi di poter vivere la propria vita come vogliono e, per mano di altri uomini, finiscono per non poterlo realmente fare.

In questi giorni sono ricominciate le campagne che dicono stop alla violenza sulle donne. Si legge sui giornali ”Sassari: ragazzo picchia la sua fidanzata, arrestato e rilasciato, torna da lei per vendicarsi a SPRANGATE o ”Roma: marito ammazza moglie perché non le ha sorriso quando lui desiderava”. Giorno dopo giorno si sentono storie di uomini che, imbestialiti da non si sa cosa, ammazzano una di noi. Una di noi: perché non importa se è una ragazza nata dall’altra parte del mondo, è una di noi, una sorella, una moglie, una figlia, un’amica. Sembrano storie così lontane da noi che non ci accorgiamo che, invece, sono così vicine. Oggi potrebbe toccare a me, solo perché mi sono fidata di dire “sì” a un caffè, solo perché ho detto “ti amo”, solo perché ho voluto costruire con te qualcosa.

Tutto questo, cento volte è stato detto a ognuna di noi, non è amore. E, se lo è, è un amore malato e bisogna dirlo, bisogna denunciarlo per salvarsi. Gli schiaffi, i pugni non sono amore. Questo NON È AMORE. Invece, per chissà quale motivo, quello che non viene reputato Amore (con la A maiuscola) è il sentimento che si instaura tra due persone dello stesso sesso. Due persone che si amano normalmente, senza schiaffi, senza coltelli, con qualche litigata fisiologica, se appartengono allo stesso sesso non sono normali. È contro natura. La sentite pure voi? Si chiama Omofobia.

Ed è così che ti ritrovi ucciso. Perché sei andato in un locale a festeggiare con il tuo ragazzo, con il tuo amore, a ballare, a divertirti e un pazzo entra e ti spara. E ti spara non perché, secondo alcune dichiarazioni, è facente parte dell’Isis (l’emblema contemporaneo del terrorismo e della violenza) ma perché ha visto due ragazzi omosessuali baciarsi e si è arrabbiato. Capite? Si è arrabbiato. Ah, ma non era l’unico: un uomo, diretto al Gay Pride di Los Angeles, è stato fermato, il 12 giugno scorso, a Santa Monica dove gli sono stati sequestrati fucili d’assalto ed esplosivi che, come da lui dichiarato, voleva utilizzare a quell’evento.

Ma se anche lo Sport, simbolo dell’unione tra i popoli e le persone, viene umiliato con notizie di tifosi che si picchiano tra di loro, dove arriveremo? Se anche questi Europei 2016, che dovrebbero rappresentare il mondo unito IN FRANCIA contro il terrorismo, vengono macchiati così, con queste disgustose notizie?

Il lume della ragione. Ma dove lo abbiamo lasciato, signori miei? Chi ci ha fatto credere che abbiamo il permesso di alzarci la mattina e andare a violare la libertà delle persone? Chi ci ha fatto credere che abbiamo il potere di giudicare qualcuno, di fargli del male se non è come noi o se non si comporta come vogliamo noi? Con quale sangue freddo riusciamo ad alzare le mani su un altro essere umano, a ucciderlo o a portarlo al suicidio?

Oggi è lunedì e io ho voluto iniziare la settimana con una parola: basta.

Adesso basta.

Elena Anna Andronico