Borat 2 e la parodia all’ennesima potenza

Borat 2 non è un film per tutti. Dietro l’apparenza da film demenziale si nasconde una storia che ci impone di scegliere quando ridere e quando invece fermarsi a riflettere. – Voto UVM: 4/5

Chi potrebbe essere così pazzo da girare un film in segreto durante una delle più grandi pandemie di tutti i tempi? Sacha Baron Cohen, ovviamente! Borat – Seguito di film cinema (per gli amici Borat 2) è approdato il 23 ottobre su Amazon Prime Video, giusto in tempo per le elezioni americane, e non ha fatto rimpiangere nulla della prima avventura del giornalista kazako.

Borat viene riconosciuto appena arrivato in America – Fonte: justnerd.it

La trama

Il film inizia con un rapido riepilogo delle pene che Borat Sagdiyev ha dovuto patire negli ultimi 14 anni dopo il disonore portato al suo paese a causa della sua prima pellicola. Per dargli un’altra possibilità, il presidente del Kazakistan affida al giornalista una missione: portare in dono al vicepresidente americano Michael Pence la più grande star del Kazakistan, Johnny la scimmia, al fine di ingraziarsi il presidente (Mc)Donald Trump.

Una volta in America, a Borat viene recapitata la gabbia che avrebbe dovuto contenere la scimmia. Con sua sorpresa però troverà la figlia Tutar insieme a un defunto Johnny. Ciononostante, il giornalista non si perde d’animo e decide che sarà proprio la figlia il regalo per il vicepresidente; ma prima dovrà renderla appetibile per un uomo americano.

Borat e la figlia Tutar – Fonte: leganerd.com

Un film unico…

Cosa rende la pellicola così unica nel suo genere? Sicuramente il fatto che, ad eccezione per i pochissimi attori protagonisti, tutto viene girato all’insaputa delle persone che – inevitabilmente – finiscono a far parte della storia. Il risultato di questo espediente è riuscire a mostrare la quotidianità degli americani nella sua sfaccettatura più intima, quella che magari non vediamo ai TG o che viene derisa sui social. Basti pensare al commerciante che − con naturalezza – consiglia a Borat il quantitativo di propano necessario per uccidere degli zingari o la pasticciera che non fa una piega alla sua richiesta di scrivere una frase antisemita sulla torta.

Cohen è bravissimo nel mostrare questa realtà a tratti anche brutale, rappresentandola in sequenze a loro volta brutali. Questa tattica non è mai fine a sé stessa, ma è mirata a far riflettere lo spettatore riguardo la direzione che la nostra società sta prendendo e quello che possiamo fare per migliorarla.

La parodia diventa dunque un’arma da usare non solo per suscitare ilarità, ma anche per sensibilizzare gli spettatori verso una giusta causa comune.

 

Borat travestito da Trump – Fonte: esquire.com

…e pericoloso

Il coraggio di Sacha Baron Cohen non si ferma certo all’aver girato un film durante una pandemia. Durante le riprese, infatti, l’attore si è trovato a dover affrontare diverse situazioni spiacevoli o da cui qualsiasi persona sana di mente si sarebbe tenuta alla larga. Per citarne qualcuna: è stato allontanato con la forza da un comizio del vicepresidente Pence ed è stato assalito dai partecipanti a una manifestazione di estrema destra (da cui è riuscito a scappare quasi per miracolo). Per non parlare poi della valanga di querele che già si porta dietro dal primo film e che non si sono risparmiate neanche in questo secondo capitolo.

Insomma, ogni volta che Borat va in missione farà sicuramente parlare di sé e arrabbiare qualcuno.

Borat alla manifestazione di estrema destra – Fonte: wumagazine.com

Perché guardare Borat 2?

Borat 2 non è un film per tutti. Dietro l’apparenza da film demenziale e volgare, si nasconde una storia che ci impone di scegliere quando ridere e quando invece fermarsi a riflettere su cosa è giusto e cosa è sbagliato.

In un mondo in preda ai drammi, ringraziamo Cohen per la boccata d’aria fresca che ha portato nel cinema e nella satira.

Davide Attardo 

L’infanzia e il pericolo web dei social

I tempi cambiano, si evolvono in fretta, modellano e plasmano le abitudini culturali, educative e di consumo che caratterizzano il nostro vissuto quotidiano.

Dunque le piattaforme social ( Instagram, Facebook), divengono lo specchio della realtà; gli account sono intasati di post e foto che documentano, come fossero la video-gallery della nostra vita, la quotidianità.

Dal primo respiro alla prima pappa, dal primo bagnetto alla prima volta sulla bicicletta, passando per il video che immortala i primi piccoli passi.

Protagonisti assoluti del teatro dei social media nonni orgogliosi, zii invasati ed infine mamme e papà, in cerca di tanti likes, di una soddisfazione apparente del proprio ego e di vanitosi compiacimenti.

Nasce da qui quindi l’allarme social contenuto nel report del Children Commissioner inglese:” In media all’età di 13 anni i genitori ed i parenti hanno già postato sul web circa 1300 tra foto e video dei propri figli su Facebook o Instagram – scrive Anne Longfield nel rapporto, dove continua – la quantità delle informazioni inserite aumenta esponenzialmente quando gli stessi bambini iniziano ad interagire con queste piattaforme”.

L’analisi presente in questo report in effetti evidenzia che in media un ragazzo interagisce circa 26 volte al giorno sui web-media, raggiungendo intorno ai 18 anni circa 70.000 interconnessioni.

Aggiunge Anne Longfield:” Dobbiamo fermarci prima di condividere dati personali, e pensare cosa significhi per i bambini oggi e come possa avere un impatto nelle loro vite da adulti”.

Spesso i genitori, che dovrebbero avere un approccio molto più cauto con l’imprevedibile mondo del web e, che dovrebbero educare i propri figli ad un atteggiamento moderato on-line, sono in realtà i primi a postare foto, video e materiale sensibile come localizzazione ed informazioni private.

E’ pertanto assolutamente fondamentale essere padroni dei meccanismi di funzionamento dei social e limitarne l’utilizzo in termini di tempo.

Cambiare spesso la password, aggiornare i programmi di sicurezza, leggere termini e condizioni delle App che si utilizzano, evitare di inserire sul web informazioni sensibili; questi i consigli della Longfield per un corretto uso del mondo social.

Pertanto parrebbe,ancora una volta, che buon senso, intelligenza e moderazione siano la chiave per una convivenza serena tra vita reale e vita social.

Antonio Mulone

My Cicero ed ATM, splendida combinazione. Peccato per la grammatica

sottomyciceroMessina si avvicina sempre di più alle altre grandi città italiane nel settore dei trasporti pubblici, finalmente i titoli di viaggio dell’ATM sono acquistabili anche da smartphone. Sembrano così lontani i tempi del minimo storico con una quindicina di Bus nel 2013, ormai le corse non vengono più saltate, girano per la città mezzi nuovi ed affidabili e quando si può si trova anche il tempo di istituire nuove corse o ripristinarne di vecchie.

Recentemente l’ATM ha presentato “Messina viaggia in smartphone”, informando la cittadinanza che è adesso possibile acquistare i biglietti per Bus e Trama tramite l’applicazione “myCicero”. Una volta scaricata, bisogna accedere alla sezione Trasporto e poi alla sezione Biglietteria, selezionare “Atm Messina”, e scegliere il biglietto più consono alle proprie esigenze e successivamente bisogna scegliere la modalità di pagamento ed il gioco è fatto. Non resta che obliterare il biglietto prima di salire a bordo premendo il pulsante Attiva presente nel titolo, oppure per i biglietti a corsa basta inquadrare il Qr-code presente sui pannelli informativi affissi sul mezzo.

MyciceroIn occasione della presentazione l’ATM ha anche rilasciato un video esplicativo per spiegare passo dopo passo come acquistare il biglietto con il proprio telefono. Ecco, questo è forse più simile ad un cortometraggio che non ad un tutorial di quelli che si trovano on-line. Poco accattivante per i ragazzi che sono rinomatamente molto intuitivi per quello che è il mondo delle applicazioni, ma di certo più che dettagliato per persone appartenenti a quelle generazioni che non sono propriamente nate con il telefonino in mano. A me in quanto Millennials però non è sfuggito un dettaglio più importante, un errore in una battuta di questa scena muta, precisamente quando la signora impreca “No! Ne ho perso UN’ALTRO”. Ecco, non è per fare il Paolo Sorrentino o il Tullio De Mauro della situazione, ma posto che le cose fondamentali sono la nascita, lo sviluppo e la resa di una idea, anche la comunicazione di questa è importante, no?

Comunque lodi e plausi per l’ATM che un passo dopo l’altro risale la china e ci da ogni giorno un motivo in più per rivalutare la nostra Messina…peccato per il video.

Alessio Gugliotta