Argimusco: un posto magico immerso nella natura

Oggigiorno la natura è sinonimo di tranquillità e riflessione. A quanti di noi capita di voler staccare dallo stress quotidiano, magari con una passeggiata all’aria aperta? Fortunatamente, riscoprire il legame con flora e fauna – nonché il dovuto rispetto da portare ad entrambe – è alla portata di tutti.

Ma possiamo affermate di conoscere le bellezze naturali che ci circondano? 

Argimusco: una mistica esperienza nel bel mezzo della Sicilia

A pochi minuti di strada dal Comune di Montalbano Elicona, tra una provola fresca ed una ricotta infornata, si stende l’altopiano dell’Argimusco. Il viaggiatore che vi si reca troverà un cancello di legno, solido e curato, con un’indicazione che, riassunta, dice: “Benvenuto, questo è l’ingresso dell’Argimusco, sei libero di entrare, ricorda solo di rispettarlo e non di sporcare nulla“. Questa frase non fa altro che ricordare all’uomo che egli è parte della natura, e, come tale, avrebbe il dovere di non distruggerla. Ma queste poche parole sintetizzano anche le sensazioni che il viaggiatore proverà dopo una giornata passata in quel posto magico: accoglienza, bellezza, serenità.

Megalite colossale nella piana dell’Argimusco – © Salvatore Nucera 

Il sito dell’Argimusco è famoso per i megaliti dalle forme animalesche ed antropomorfe, che si stagliano per tutta la sua superficie. Sarà per questo che il nome “Argimusco” potrebbe derivare dalle parole arabe hagar (da leggere asgiar), ossia “roccia”, e mistah, “pianura”. Hagar mistah sarebbe poi stato latinizzato dai bardi medioevali in Argimustus. Non mancano però altre teorie, per cui il curioso nome potrebbe derivare dal greco arghimoschion, ossia “altopiano delle grandi propaggini”, o dal latino agrimuscus, “campo di muschio”.

A prescindere dall’origine del nome, è certo che il luogo fosse frequentato sin dai tempi antichi. Esso è infatti ritenuto d’importanza strategica per vari studi astronomici e per il riconoscimento delle stagioni, da sempre importantissimo per i cicli di coltivazione agricola.

Prospetto megalitico, la donna orante – © Salvatore Nucera

I megaliti ed il paesaggio. L’Etna ed il Bosco di Malabotta.

Tra le varie formazioni rocciose, due delle più suggestive sono quella della donna orante e dell’aquila, forse ricollegata all’omonoma costellazione. Secondo la tradizione, Re Federico III d’Aragona avrebbe incaricato il medico alchimista Arnaldo da Villanova (1240-1313) di realizzare una grande opera di medicina astrale; questo spiegherebbe le curiose forme dei megaliti. Più verosimilmente, l’Argimusco è stato un luogo di passaggio utilizzato dai sovrani di Sicilia, ma anche da altre civiltà del passato, per collegare la sponda Tirrenica con quella ionica.

Prospetto megalitico, l’elefantino – © Salvatore Nucera
Prospetto megalitico, l’aquila – © Salvatore Nucera

È proprio l’ampia vista, di cui si gode dalla cima dell’altura, che permette di scrutare una vasta porzione della Sicilia nord-orientale, ricomprendente tanto l’orizzonte marino con le Isole Eolie, quanto il monte dell’Etna, che d’inverno appare tipicamente innevato. Infine il viaggiatore, dopo aver apprezzato una rapida escursione nel vicino bosco di Malabotta, potrà riposare nella vicina Montalbano, Comune spesosi negli anni per promuovere la bellezza di questi territori.

Montalbano Elicona, Chiesa di San Domenico, Santuario di Maria SS. della provvidenza – © Salvatore Nucera

In questo tripudio di sensazioni, assume una valenza centrale il rapporto tra i vari elementi naturali, favorita dalla personificazione della nuda roccia, quasi a volerci ricordare che siamo un tutt’uno con la Terra. Una giovane amicizia, che dura da circa 2 milioni di anni.

 

Salvatore Nucera

 

Immagine in evidenza: Prospetto megalitico, la vasca sacra – © Salvatore Nucera

Per approfondire:

Orlando A., Argimusco: Cartography, Archaeology and Astronomy, The Light, The Stones and The Sacred, 2017, p.123-155

A Montalbano Elicona: https://amontalbanoelicona.it/le-nostre-tradizioni/argimusco/

 

 

Le mete perfette per ciascun segno zodiacale

Il 2019 è appena iniziato e fioccano le previsioni astrali per i prossimi mesi, che tra le altre cose, potrebbero rivelarci persino le mete dei nostri viaggi.

Per questo risulta curioso ed interessante stilare un oroscopo per viaggiatori provetti: ad ogni segno zodiacale è stata assegnata una destinazione da visitare durante il nuovo anno.

ARIETE

Un’avventura adrenalinica.

Un vero Ariete ama le scelte audaci, il brivido deve costituire un elemento chiave per il suo viaggio da sogno.

Chiunque appartenga a questo segno zodiacale dovrebbe visitare l’Arizona, un luogo eccitante, dove è possibile praticare immersioni, escursioni in grotte, bungee jumping, paracadutismo e rafting.
Inoltre, ogni Ariete si considera indipendente ed ama agire e viaggiare seguendo l’istinto, evitando qualsiasi mappa preventivata.

TORO

Per i toro amanti del lusso, un viaggio nella splendida Costiera Amalfitana potrebbe essere l’ideale.

Vino, cibo e dolci momenti trascorsi sulle scogliere e al mare: sono questi i consigli degli astrologi.

Il Toro è governato da Venere, per questo ama i piaceri terreni e carnali.

Inoltre, il Toro è un segno di Terra collegato spiritualmente alla natura, godrà pienamente delle viste panoramiche che la Costiera sa offrire.

GEMELLI

I Gemelli sono adatti a New York, la città che non dorme mai.

Le possibilità, le esperienze e le opportunità sociali offerte dalla metropoli soddisferanno questo segno frenetico e dinamico che ama spostarsi da un posto all’altro.
Questo è ciò che rende New York la destinazione perfetta, tutto è a portata di mano, in ogni momento e le possibilità sono davvero infinite.

 

CANCRO

Sebbene i Cancro siano noti per essere grandi padroni di casa e amanti del comfort del loro nido, quando escono dal loro guscio amano godersi il sole.

Collegandosi al loro elemento, che è l’Acqua, potranno fare un tuffo nella Grande Barriera Corallina al largo delle coste del Queensland, nell’Australia nord orientale.

Dalle gite in barca allo snorkeling alle immersioni subacquee e persino ai tour in elicottero: ecco il ventaglio di prospettive che questo luogo dona ai suoi visitatori.

LEONE

Bali, Indonesia

Secondo gli astrologi, i Leone amano i posti dove possono essere “reali, eleganti e naturalmente feroci”.

Questo è il motivo per cui Bali, all’interno di un contesto stimolante, è la soluzione perfetta.

Questa bellissima isola offre anche alcune delle più lussuose e invitanti spa del mondo, insieme ad esperienze di benessere uniche nel loro genere.

Questo segno zodiacale, che ama prendersi cura di sé, non potrà che esserne appagato.

VERGINE

I Vergine amano i panorama mozzafiato, ma anche il benessere e la natura: ecco perché adoreranno fare passeggiate a Machu Picchu e nei parchi del sentiero Inca in alta quota.

La Vergine è considerato il segno zodiacale “ultimo protettore della Terra”, il che significa che sarà in perfetta sintonia emotiva con la Valle Sacra, attraversata da giardini, montagne, fattorie e pascoli.

BILANCIA

Un viaggio a Parigi è l’emblema del romanticismo, e single o impegnati che siano, tutti i Bilancia vivranno in questo luogo momenti da favola.

Questo segno, che gravita attorno al pianeta dell’amore e della bellezza, potrà apprezzare serate piene di arte, musica, cultura e romanticismo vorticoso.

 

SCORPIONE

La City of Angels ha quasi tutto ciò che uno Scorpione può desiderare: dalla spiaggia alle montagne innevate che si trovano a breve distanza, fino alle magnifiche valli della California meridionale.

Palme, celebrità, pantaloni da yoga e passione: ecco cosa soddisfa i veri Scorpione.

La sensualità e la creatività sono le prerogative dominanti di questo segno, quindi non c’è da meravigliarsi che la terra di Hollywood potrebbe essere il approdo prediletto dagli appartenenti a questo segno.

SAGITTARIO

Alimentati da un’insaziabile necessità di viaggiare, i Sagittario sono sempre in movimento e sempre pronti a scoprire nuove sfumature.

Gli astrologi sostengono che spesso sono attratti dalla filosofia, dal misticismo e dallo studio delle culture antiche, saranno soddisfatti da Angkor Wat, sede di uno dei più grandi monumenti religiosi del mondo.

CAPRICORNO

I Capricorno lavorano duro, quindi quando possono staccare hanno bisogno di un viaggio per rilassarsi davvero.

L’isola di Pasqua, isola vergine e praticamente disabitata, sarà il luogo perfetto per questo segno zodiacale.

Inoltre, i Capricorno hanno una resistenza incredibile, quindi la distanza non sarà un problema e l’esplorazione dell’isola sarà vera libido.

ACQUARIO

Gli Acquario sono non convenzionali: immergersi in una cultura completamente diversa, come quella orientale proposta dal Giappone, e scoprire e percorrere le grandi città tecnologiche a velocità supersoniche è la scelta più adatta.

PESCI

I ghiacciai, le lagune e le scogliere medievali islandesi sapranno regalare vibrazioni adeguate ai Pesci, spirituali e misteriosi.
In Islanda, potrebbero ritrovare se stessi.

Purificazione, disintossicazione, panorama splendidi: l’Islanda è la vacanza da sogno che può diventare realtà per chiunque sia nato sotto il segno dei Pesci.

Antonio Mulone

Le 5 cose che mancano di più al messinese fuorisede

 

Conduce spesso una vita di stenti, ogni giorno affronta eroicamente l’integrazione in un mondo che non gli appartiene, il suo cuore batte alla vista del Pilone e la sua anima sussulta al pensiero dell’arrivo del pacco da giù: è lo studente fuorisede, o meglio, il messinese fuorisede.

Che tra Nord e Sud esistano delle differenze è cosa nota e, diciamocelo, non si tratta di stereotipi ma di dure realtà. Lo studente fuorisede vive ogni giorno sulla propria pelle questo incolmabile divario che separa Nord e Sud, gelida Polentonia e calda Terronia. E se fino a Napoli sembra ancora di avvertire una flebile aria di casa, dal Tevere in su non ci resta che piangere.

 

Sono certa che tutti voi abbiate un amico messinese fuorisede e sono altrettanto sicura del fatto che almeno una volta vi sia capitato di dover sopportare eventuali lamentele e piagnistei causati dalla nostalgia di casa. Perché mio caro buddace medio,  portavoce del motto “a Messina non c’è nenti”, sappi che ogni giorno, tra lo zallume e l’inciviltà, godi anche di tanti piaceri per cui il messinese fuorisede ti invidia dannatamente.

Ecco a voi le cinque cose di cui il nostro messinese fuorisede sente maggiormente la mancanza.

  1. Le braciole

Nessuno, eccetto i suoi conterranei, possono comprendere la necessità di gustare questo piatto almeno una volta a settimana. La sofferenza del fuorisede dovuta all’astinenza da braciole si acuisce ulteriormente nel momento in cui, pronunciato il nome indicante questo nettare degli dei, si rende conto che nessuno riesce a comprendere nemmeno di che cosa stia parlando. Perché no, non si tratta semplici “involtini di carne”, si chiamano “braciole”: adesso andate e diffondete il Verbo. State molto attenti a non pronunciare questo nome invano, il desiderio di braciole del messinese fuorisede è tale che sarebbe disposto persino a darvi un rene, pur di averne qualcuna in cambio.

  1. La granita

Sarebbe capace di mangiarla a colazione, pranzo, merenda, persino per cena. Una “menza ca’ panna” starebbe bene anche a fine pasto, così per digerire la caponatina di mamma. Stiamo parlando ovviamente di Granita, quella vera, con sapori e odori chiaramente percepibili, ben diversa dalla “gratta checca” che ogni buon messinese userebbe al massimo per fare l’ ice challenge a luglio. Nei suoi sogni più reconditi il messinese fuorisede immagina di accarezzare la sacra coppola della brioche e immergerla con la giusta grazia in un velo di panna. E fidatevi, la più grande dimostrazione d’affetto che possiate ricevere da un buddace non è una teglia di parmigiana né un chilo di salsiccia condita (sebbene siano sempre molto gradite). Stima e affetto insuperabili sono racchiusi in questa frase fortemente evocativa: “ti vogghiu beni comu a testa da brioscia”. Ditelo così “ti amo” al messinese fuorisede. Non riuscirebbe a trattenere la lacrimuccia.

  1. Il mare dello Stretto

Il messinese potrebbe anche spostarsi senza l’aiuto di google maps e della stella polare, ma non del suo mare. Lo stretto è un vero e proprio punto di riferimento. Non a caso, già alla vista delle sponde calabre, il fuorisede comincia a ritrovare il dovuto senso dell’orientamento e ha come la sensazione di tornare a respirare. Tra alte montagne e grigi palazzoni si sente infatti schiacciato, come fosse sul vecchio 79 direzione Faro alle ore 14 di un qualunque giorno scolastico. Solo la vista dello Stretto sarebbe capace di donargli quella stupenda sensazione di libertà, paragonabile solo a quella provata non appena sbottonati i pantaloni dopo il pranzo di Natale con i parenti.

  1. Il dialetto

Chiedere allo studente fuorisede di non parlare in dialetto sarebbe come chiedere alla nonna terrona di non dirti “stai sciupato” ogni qualvolta ti veda/senta (sì, perché anche il tono di voce rivela se non mangi). Non ce la fa, il suo cuore non può sopportare anche questo. Piuttosto chiedetegli di non parlare in italiano. Ricorrere a espressioni dialettali, specialmente in preda a momenti di ira o in (rarissimi) istanti di euforia, è una necessità, fa bene all’animo. E poi, amici/nemici polentoni, vi assicuriamo che la nostra amarezza nel constatare che non potete comprendere espressioni tanto profonde e potenti come “cuntari quantu u dui i coppi quannu a briscula è a spadi”, “semu chiù di cani brasi” o “camurria” supera di gran lunga il vostro sbigottimento nel sentirle pronunciare. Il fuorisede infatti si impegna moltissimo per fare in modo di esplicare al meglio il senso più profondo di questi vocaboli, ma ogni traduzione che si rispetti non potrà mai dirsi perfetta. Per cui al messinese fuorisede non resta che rassegnarsi, nessuno lassù al di fuori di se stesso potrà mai capirlo.

  1. Il clima tropicale

Il messinese è geneticamente formato per risiedere in ambienti caldi. Costringerlo a vivere in territori in cui si sfiorano soglie più basse dei 12 gradi sarebbe come chiedere a un orso polare di vivere all’Equatore. Non riesce a resistere, ha proprio difficoltà a sopravvivere. E se il fuorisede decidesse di fare il trasgressivo, indossando il giubbotto di pelle a novembre, ne pagherebbe immediatamente le conseguenze con un bel febbrone. Sembra quasi che le sue difese immunitarie vogliano urlargli “Imbecille, se vuoi fare lo splendido tornatene giù”. Così al fuorisede non resta che piangere al pensiero che nella sua città avrebbe potuto tranquillamente indossare maglietta a maniche corte e giacchetta leggera, giusto per zittire la mamma apprensiva. Può solo consolarsi con il calore del suo cuore, proveniente direttamente dalla sua Sicilia bedda.

Giusy Mantarro

Nietzsche a Messina: un viaggio “alla fine del mondo”

Era il 31 marzo del 1882: una mattina come tante al porto di Messina, allora florido e importante approdo commerciale, a cui continuamente facevano scalo navi mercantili da tutta Italia e dal mondo. E, molto probabilmente, nessuno sapeva che quel mercantile appena arrivato da Genova trasportava con se un ospite davvero speciale. Proprio quella mattina, infatti, viene portato a terra in barella, stanco, provato da una notte insonne, dal mal di mare e dai dolorosi attacchi di emicrania di cui soffre ormai da diversi anni, uno dei personaggi più importanti e controversi della cultura europea e occidentale: Friedrich Wilhelm Nietzsche. 

Il soggiorno messinese del grande filosofo tedesco è una delle tappe forse meno conosciute della sua biografia: un po’ per la sua brevissima durata ( poco meno di un mese), e un po’ perché è scarsa la documentazione riguardante le ragioni della sua permanenza in Sicilia; tutto ciò che si sa a riguardo proviene dalla sua ricca corrispondenza privata con parenti ed amici, mentre pare che di questo viaggio temporaneo del grande pensatore, che pure all’epoca godeva già di una certa notorietà negli ambienti colti dell’epoca, non sia trapelato niente di pubblico. 

Facciamo un po’ di storia: in quel periodo, Nietzsche ha 38 anni ed ha già lasciato da alcuni anni l’insegnamento di Lingua e Letteratura greca all’Università di Basilea, per ritirarsi a vita privata nel famoso “rifugio” di Sils Maria, in Engadina. Le precarie condizioni di salute non gli consentono più di adempiere ai suoi doveri didattici: soffre infatti di violente emicranie con aura,  che oggi sappiamo essere probabilmente nient’altro che la fase prodromica di quella devastante malattia neurologica su base genetica (l’arteriopatia cerebrale ereditaria nota oggi con l’acronimo di CADASIL) che aveva già ucciso suo padre e che, di lì a qualche anno, lo porterà allo scompenso psicotico (il celebre “crollo mentale” di Torino del 1889, a seguito del quale scriverà i famosi “biglietti della follia”) e, successivamente, alla morte.

Un Nietzsche fisicamente fragile, quindi, ma intellettualmente in fermento: sono gli anni della sua piena maturazione dal periodo “wagneriano” del suo pensiero agli sviluppi nichilisti che lo renderanno, negli anni, così importante e rivoluzionario per la storia della filosofia occidentale.  Sono anni di intensa attività filosofica, punteggiati qua e là da frequenti viaggi, alcuni dei quali a scopo di cura termale, nelle vicine mete del Nord Italia (Venezia, Torino, Genova e la Liguria) e del sud della Francia. Ed è in questo contesto che si inquadra il viaggio a Messina, successivo, o forse addirittura contemporaneo, alla stesura dei suoi “Idilli di Messina”, la raccolta di poesie successiva alla sua celebre opera filosofica, “La gaia scienza”

Perché proprio Messina? Le certezze sono poche, ma le ipotesi, come al solito, si sprecano. Forse quel grande intellettuale, appassionato lettore di Goethe, era rimasto suggestionato dalla sua pittoresca descrizione della Sicilia nel suo “Viaggio in Italia” (non era forse Goethe a scrivere che “l’Italia, senza la Sicilia, non lascia nello spirito immagine alcuna?”). O forse intendeva incontrare il vecchio amico e compositore Richard Wagner, l’idolo della sua giovinezza filosofica, con cui da tempo aveva interrotto i rapporti, e che in quel periodo si trovava a Palermo e avrebbe in seguito raggiunto Messina, l’11 di Aprile del 1882. Non sono del tutto chiaro i motivi della partenza, ma quel che è certo è che per Nietzsche si trattava di una esperienza esaltante: all’amico e discepolo, il compositore Heinrich Koeselitz, quel “Peter Gast” che diventerà anche, dopo la sua morte, uno dei principali revisori della sua opera omnia assieme alla sorella, Nietzsche scrive: “Alla fine del mese, vado alla fine del mondo”.

A Messina Nietzsche, che pernotta nei primi tempi in un ostello vicino al Duomo, sembra trovarsi molto bene e provare persino un effimero giovamento dalle sue condizioni di salute. Dalle lettere alla famiglia e agli amici, si evince tutta la sua meraviglia riguardo la bellezza dei luoghi e l’ospitalità dei messinesi, insieme alle sue intenzioni di prolungare la permanenza fino all’estate, o anche oltre. Non si sa nulla di come impiegasse il suo tempo nell’Isola: è probabile che abbia girato a fondo la città e i dintorni, e  forse visitò anche Taormina, la città in cui Goethe partorì una delle opere che gli erano più care, il poema drammatico “Nausicaa”.

Nemmeno è noto se alla fine sia riuscito a incontrare Wagner; è verosimile infatti che l’eccelso musicista non sapesse nulla della sua presenza a Messina, mentre al contrario, la breve visita del compositore tedesco alla città dello Stretto ebbe una notevole e calorosa accoglienza da parte della stampa e del pubblico. Quel che è certo, invece, è la data della sua partenza: il 23 di Aprile del 1882, vinto dal caldo e dallo scirocco, che evidentemente non era abituato a sopportare, Nietzsche rientra da Messina per ricongiungersi, a Roma, con l’amico Paul Rée. 

Così finisce il breve viaggio “alla fine del mondo” di uno dei pilastri della storia del pensiero nella Sicilia del mito, della bellezza classica, del Mediterraneo; il suo viaggio nella calda e bella Messina della fine dell’800, del suo crepuscolo dorato prima della rovina, è forse una tappa insignificante di una delle tante peregrinazioni della sua travagliata vita; ma chissà se, come alcuni studiosi ipotizzano, alcune delle opere di questo colosso della filosofia, come “Così parlò Zarathustra” non abbiano visto la luce, o perlomeno il primo concepimento, proprio qui, sulle assolate rive dello Stretto… 

Gianpaolo Basile

Image credits:

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