Santo Versace, il valore delle radici: dal Sud al valore dell’impresa etica

Accompagnati dalle note solenni del Gaudeamus Igitur, l’aula magna dell’Università di Messina ha accolto il Senato Accademico, il Collegio dei Docenti, la Magnifica Rettrice e, tra gli applausi, Santo Versace, protagonista della cerimonia di conferimento del dottorato honoris causa in Economics, Management and Statistics.

A introdurre l’evento è stata la Magnifica Rettrice Giovanna Spatari,  che ha poi lasciato la parola al Direttore del Dipartimento di Economia, Michele Barresi. Quest’ultimo ha ringraziato in particolare il prof. D’Amico, che ha creduto e sostenuto con determinazione la proposta, approvata lo scorso settembre.
È seguito l’intervento del prof. Cesaroni, coordinatore del dottorato, che ha presentato il programma con i suoi tre curriculum, sottolineandone la vocazione internazionale.

Laudatio: le “quattro vite” di Santo Versace

Al centro della cerimonia, la laudatio tenuta dal prof. D’Amico, ha ripercorso la biografia di Santo Versace, articolata in quattro fasi fondamentali, da lui stesso descritte in una celebre intervista come “quattro vite”.

1. Le radici: studio, sport e attivismo

Nato a Reggio Calabria nel 1944 (anche se registrato ufficialmente nel 1945), perde in giovane età la sorella maggiore. Dopo il diploma in ragioneria, si dedica al basket a livello agonistico e si iscrive alla Facoltà di Economia e Commercio a Messina, dove partecipa attivamente ai movimenti studenteschi pre-’68. Si laurea con una tesi sugli effetti economici della spesa pubblica, ironizzando sul fatto di essere stato bocciato in Matematica Finanziaria I.
Inizia a lavorare come docente nella sua ex scuola, svolge il servizio militare e assiste il fratello Gianni nel suo primo incarico da designer.

2. La nascita del marchio Versace

Gianni è indeciso se continuare a lavorare per altri o fondare un proprio brand. È Santo a spingerlo, con la visione chiara di un marchio che parlasse al mondo “ma con il nostro accento”.
La loro strategia è rivoluzionaria: ampliano il portafoglio dei loro prodotti con jeans, profumi, arredamento. Nasce l’Universo Versace, un modo nuovo di concepire il lusso. Il successo è straordinario, fino al 1997, anno dell’omicidio di Gianni, evento che segna profondamente l’azienda e la famiglia.

3. L’impegno politico e civile

Dopo la tragedia, Santo prende le redini dell’azienda mentre Donatella assume la direzione creativa. Assume la presidenza della “Camera Nazionale della Moda Italiana”, nel 2008 accetta la candidatura in Parlamento, convinto da Silvio Berlusconi.
Eletto nella circoscrizione Calabria, si distingue per l’attenzione al Made in Italy e ai diritti civili: è il primo firmatario della legge sull’etichettatura dei prodotti italiani.

4. Nuove sfide: investimenti e filantropia

 Degna di nota l’Associazione Altagamma che vide la luce nel 1992. Nacque dalla visione di unire tutte le imprese di settore desiderose di lavorare insieme per portare sempre più in alto il made in Italy. Oggi, Altagamma è divenuta una Fondazione e riunisce 120 aziende.

Nel 2018 cede l’azienda a Michael Kors, decisione difficile ma necessaria per garantire la sopravvivenza e il prestigio del marchio.
Oggi investe in startup giovanili nei settori moda, food e cinema, e guida la Fondazione Santo Versace e Operation Smile, condividendo questa missione con la moglie Francesca. “Non abbiamo figli, ma con la fondazione ne abbiamo molti”, afferma con commozione.

Lectio magistralis: radici, etica e futuro

Nella sua lectio magistralis, Santo Versace ha voluto partire proprio da Messina: “Sono felice perché ricordo la prima volta che, a 18 anni, varcai i cancelli di questa università.”
Ha parlato dell’orgoglio di aver costruito un marchio di alta gamma da italiani del Sud, sfidando stereotipi e pregiudizi, e dell’importanza del contributo di istituzioni rette dal principio del bene comune nella realizzazione dei giovani.

Versace ha ribadito come la vera forza dell’impresa siano i lavoratori: “Gli azionisti cambiano, i dipendenti restano.” Ha poi ricordato il sogno, condiviso con Gianni, di creare un polo italiano del lusso: un’intuizione che, pur non realizzatasi a causa della tragedia del ’97, si sta oggi concretizzando con operazioni come quella del gruppo Prada.

Il messaggio ai giovani: “Amate il lavoro, potete fare tutto”

Versace ha chiuso il suo intervento con un appello accorato alle nuove generazioni del Sud, incoraggiandoli a rischiare e a non sentirsi in difetto rispetto a chi arriva da luoghi notoriamente più ricchi di opportunità. Si rivolge agli studenti di Sicilia e Calabria quando ricorda la Magna Grecia: la sua magnificenza, dice, ha poi superato quella della Grecia stessa. É possibile riuscire a  realizzare i propri sogni, creare startup e innovazione anche qui al sud, ma per farlo bisogna studiare, impegnarsi e amare il proprio lavoro.”

Un messaggio potente, che unisce memoria e visione, esperienza e speranza. L’Università di Messina, che lo ha visto studente e oggi lo celebra come simbolo di eccellenza, è il punto di partenza e arrivo di una storia tutta italiana che guarda al futuro con radici profonde.

Gaetano Aspa

Carla Fiorentino

NextGenerationMe: Sciack, l’artista Urban messinese

Rieccoci con la rubrica “NextGenerationMe”: il protagonista di oggi è Sciack, cantautore ventinovenne messinese dalle mille sfumature.

Sciack ha all’attivo due EP di successo e un canale YouTube seguito da circa 7mila persone. Lì possiamo trovare il celebre singolo “Buddaci“, che ha raggiunto quasi 700 mila visualizzazioni.

Salvo, cosa diresti di te per presentarti al pubblico?

Sono un artista che cerca di scrivere sempre la vita, non c’è niente di fake nei miei brani. Il mio punto forte è cercare di arrivare alla gente il più possibile e farla rispecchiare nei miei brani, farla emozionare. Poi ci sono anche dei pezzi diciamo “da svago”.

Sciack è il tuo nome d’arte, da dove viene questa scelta?

Nel mio genere il nome d’arte è necessario per farsi riconoscere in internet, quasi tutti i musicisti ormai, in generale, ne hanno uno. All’anagrafe sono Salvatore Sciacca. All’epoca ricordo che fu lui – il nickname – a scegliere me, perchè avevo pensato a Sciack proprio dal mio cognome, e casualmente, il giorno dopo in cui io avevo riflettuto su questa possibilità, incontrai un altro ragazzo che faceva musica anche lui da poco, e mi disse che Sciack per me sarebbe stato perfetto, senza che io gli dicessi nulla. E così da quel giorno sono Sciack, però, ultimamente, mi firmo di più Salvo Sciack.

Sciack per la prima volta in studio, 2011

Ti dai un’etichetta? Che genere di musica produci?

Faccio musica da 10 anni e ho cambiato tanti stili, non faccio sempre la stessa cosa. Io mi definisco un artista Urban; in passato rappavo e basta, adesso mi sento molto più vicino al pop e all’R&B. Andando avanti con il tempo ho implementato i ritornelli cantati, melodie viaggianti, quindi diciamo che il rap, pian piano, lo stia quasi abbandonando, anche se non è proprio così.

Raccontaci del tuo rapporto, sembrerebbe viscerale, con Messina.

Il rapporto che ho io con Messina è di eterno amore e odio. Ci sono nato e cresciuto, poi mi sono spostato in provincia. Quindi ho vissuto sia la città che i dintorni, Messina a pieno insomma. L’amore perchè è casa, è semplicità, tranquillità. A Milano, dove attualmente vivo, è tutto caotico, non hai quel senso di rilassatezza. L’odio, invece, soprattutto perchè, cosa ho ribadito spesso nelle mie canzoni, lavorativamente parlando spesso si è sfruttati. I ragazzi messinesi non si devono accontentare, questo è il mio messaggio per loro. Oggi se parli con un genitore messinese ti dice “chistu c’è”. E non è vero, non l’ha deciso nessuno che c’è questo. Parti, giri il mondo, l’italia, esci dalla tua zona comfort, fai esperienze, è questo che fa crescere. Io infatti sono partito, ma per ritornare in Sicilia più forte di prima.

Sciack durante un concerto, 2014

Che importanza ha la nostra città e il nostro dialetto nei tuoi testi?

Per quanto riguarda il dialetto, è presente per esempio nel ritornello della canzone uscita un mese fa, intitolata “Aunnè”, ma sinceramente non mi capita più spesso di scrivere in dialetto, credo che anzi non ci sarà più. I ragazzi giù vogliono il dialetto in determinati tipi di pezzi più aggressivi, speciamente quelli trap, e li ho fatti , solo che io devo essere capito da tutti, voglio essere nazionale. Se io avessi continuato a scrivere in mesinese, a quest’ora sarei il re della musica siciliana, ma è stata una mia scelta non proseguire per quella strada. E’ stato uno sbaglio? Forse sì, forse no, ma io ho fatto quel che mi sentivo di fare.

Com’è nata “Buddaci”? Cosa è cambiato in te dal tuo esordio?

Io ho iniziato nel 2011, a 18 anni. “Buddaci” è il mio singolo più cliccato, ma la mia prima canzone è stata scritta tra i banchi dello Jaci, dove ho frequentato l’indirizzo Turistico. Si intitola “Questi anni” e racconta della mia scuola, degli anni passati dentro quelle classi e del fatto che stavamo per finire quell’esperienza per entrare nel mondo vero. Lo registrai senza attenzione, a casa di un amico, e nel giro di quattro giorni tutti sul cellulare avevano la canzone. Il preside mi invitò a cantarla al Palacultura e piansero tutti emozionati, dai ragazzi ai professori. “Buddaci” invece è nata quasi involontariamente, a casa. La base è un remix di una canzone americana; nell’ Hip Hop si usa prendere le basi altrui e scriverci su, fai la tua versione. Questo pezzo si chiama “Versace” – dal classico ostentare i vestiti della marca – e la pronuncia è “Vissaci” per loro. Per giocare ho preso quel beat e, al posto del titolo originale, mi son messo a dire “buddaci buddaci”, una “zallata” praticamente, e in un paio di ore il pezzo era completo, ma non avevo alcun intenzione di pubblicarl0. I miei amici ascoltandola poi mi convincono a pubblicarla, e quella canzone come tutti sapete è un po’ un monumento a Messina, passa di generazione in generazione e le visualizzazioni son convinto che a breve saliranno ad 1 milione. Però ti dico la verità, io non la sopporto. Quello è un piccolo lato di me, ma io non sono solo quello. Io voglio fare musica ricercata, però nella mia città per quasi tutti mi son fermato lì, come in una fotografia. Presto uscirà il mio album e vedrete chi sono davvero.

Sciack si trasferisce a Milano, 2020

Progetti futuri?

Sto scrivendo un album, il mio primo vero album uffiale. Ho pubblicato due EP, ma per l’album me la sono presa comoda, mettendoci ben 10 anni. È un album molto vario, molto musicale, tratterà di vari argomenti e ci saranno delle sonorità che la gente non si aspetta da me.

Un saluto ai lettori di UVM da vero messinese

Fratelli messinesi, na baciata a tutti, vi vogghiu beni!

Riassumendovi la mia intervista con Salvo, ve lo cito nel momento in cui, da amante della mia terra, mi ha colpito di più: “voglio portare Messina in alto perchè sarebbe bello se fosse un messinese a fare grandi cose, come ce ne sono stati tanti; far vedere che i messinesi comunque fanno bella arte.”

Noi redattori della rubrica “NextGenerazioneME” di UniVersoME scriviamo con passione proprio perchè crediamo nei nostri giovani – e coetanei – concittadini, nella nostra città, nell’andare oltre e rinascere.

 

Corinne Marika Rianò

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