Covid-19, quali mascherine per la Fase 2: chirurgiche, FFP2 e “Fai da te”

Indossare delle mascherine può aiutare a proteggere se stessi e gli altri dal contagio da SARS-CoV-2? Quali tipi di mascherine possono essere utili, come vanno indossate, rimosse e sanificate qualora le si voglia riutilizzare?

Il nuovo Coronavirus (denominato SARS-CoV-2) è un virus respiratorio che si diffonde fondamentalmente attraverso il contatto stretto con una persona infetta. I coronavirus hanno dimensioni di 100-150 nanometri di diametro (600 volte più piccoli di un capello), motivo per il quale tra le principali vie di trasmissione bisogna annoverare le goccioline (droplets) delle secrezioni di naso e bocca che vengono emanate durante la normale respirazione, quando si parla, e in grandi quantità in caso di tosse e starnuti (In particolare, lo starnuto può spingere queste goccioline ad una distanza di 4 metri). In casi rari il contagio può avvenire attraverso contaminazione fecale e normalmente le malattie respiratorie non si trasmettono attraverso gli alimenti, rispettando le corrette pratiche igieniche ed evitando il contatto fra alimenti crudi e cotti.

Tra le norme emanate dal Ministero della Salute, per far fronte all’epidemia da SARS-CoV-2 , vi è l’uso delle mascherine, queste ultime si dividono in due categorie:

  1. Mascherine chirurgiche, progettate per proteggere il paziente dalla contaminazione da parte degli operatori sanitari;
  2. FFP1, FFP2 e FFP3 (o N95, N99 e N100 nella normativa americana), progettate per proteggere gli operatori dalla contaminazione esterna e per questo denominate Dpi (Dispositivi di protezione individuale). 

MASCHERINE CHIRURGICHE

Le mascherine chirurgiche presentano due o tre strati di “tessuto non tessuto” (Tnt) costituito da fibre di poliestere o polipropilene:

  1. Lo strato che entra in contatto con l’esterno presenta un materiale di tipo spun bond (un tessuto non tessuto usato nel settore automobilistico e industriale) che, con l’effettuazione di un trattamento idrofobo, ha la funzione di conferire resistenza meccanica alla mascherina e proprietà idrofoba.
  2. Lo strato intermedio è costituito da Tnt prodotto con tecnologia melt blown e costituito da microfibre di diametro 1-3 micron, motivo per il quale svolge la funzione filtrante.
  3. Un eventuale terzo strato, tipicamente in spun bond, è a contatto con il volto e protegge la cute dallo strato filtrante.

Le mascherine chirurgiche sono contraddistinte da una capacità filtrante quasi totale verso l’esterno, superiore al 95% per i batteri, mentre hanno una ridotta capacità filtrante verso l’interno, ovvero verso chi le indossa (circa il 20%) non solo per l’aderenza al volto non particolarmente elevata ma anche per la mancata capacità di trattenere particelle fini o molto fini. Pertanto, se ben indossate, sono molto efficaci nell’impedire a chi le indossa di contagiare altre persone, ma non garantiscono una protezione elevata nei confronti dei virus che provengono dall’esterno.

MASCHERINE FFP1, FFP2 e FFP3

«Sono dispositivi di protezione individuale pensati per un uso industriale per proteggere da polveri, fumi e nebbie» spiega Pierpaolo Zani, General Manager di Bls, azienda italiana specializzata nella produzione di prodotti per la protezione respiratoria. I filtranti facciali vengono impiegati anche in ambito sanitario, nei reparti di malattie infettive per la loro elevatissima capacità di filtraggio dell’aria. Sono realizzati con tessuti-non-tessuti con proprietà e funzionalità differente:

  1. Lo strato esterno della mascherina protegge dalle particelle di dimensioni più grandi;
  2. Lo strato intermedio è solitamente in tessuto melt blown e filtra le particelle più piccole;
  3. Lo strato interno, a contatto con il volto, ha la doppia funzione di mantenere la forma della maschera e di proteggere la maschera dall’umidità prodotta con il respiro, tosse o starnuti.

La loro elevata capacità filtrante è associata agli strati filtranti che agiscono meccanicamente (come un setaccio) per particelle fino a 10 micron di diametro. Sotto queste dimensioni, l’effetto più importante è quello elettrostatico: la fibre cariche elettrostaticamente attirano e catturano le particelle. Tutte aderiscono bene al viso, e tutte sono disponibili in versione con e senza valvola.

 

DA COSA CI PROTEGGONO LE FFP1?

Le maschere respiratorie della classe di protezione FFP1 sono adatte per ambienti di lavoro nei quali non si prevedono polveri e aerosol tossici o fibrogeni. Queste filtrano almeno l’80% delle particelle che si trovano nell’aria fino a dimensioni di 0,6 μm e possono essere utilizzate quando il valore limite di esposizione occupazionale non viene superato di oltre 4 volte. Vengono particolarmente utilizzate nel settore edile o nell’industria alimentare.

DA COSA CI PROTEGGONO LE FFP2?

Le maschere respiratorie della classe di protezione FFP2 sono adatte per ambienti di lavoro nei quali l’aria respirabile contiene sostanze dannose per la salute e in grado di causare alterazioni genetiche. Queste devono catturare almeno il 94% delle particelle che si trovano nell’aria fino a dimensioni di 0,6 μm e possono essere utilizzate quando il valore limite di esposizione occupazionale raggiunge al massimo una concentrazione 10 volte superiore. Le maschere respiratorie della classe di protezione FFP2 vengono utilizzate nell’industria metallurgica o nell’industria mineraria in cui i lavoratori entrano in contatto con aerosol, nebbie e fumi.

DA COSA CI PROTEGGONO LE FFP3?

Le maschere respiratorie della classe di protezione FFP3 offrono la massima protezione possibile dall’inquinamento dell’aria respirabile. Con una perdita totale del 5% max. e una protezione necessaria pari almeno al 99% dalle particelle con dimensioni fino a 0,6 μm, sono inoltre in grado di filtrare particelle tossiche, cancerogene e radioattive. Queste maschere respiratorie possono essere utilizzate in ambienti di lavoro nei quali il valore limite di esposizione occupazionale viene superato fino a 30 volte il valore specifico del settore (industria chimica).

Le mascherine si possono utilizzare più di una volta?

Le mascherine chirurgiche sono monouso e non ci sono procedure, scientificamente validate, per la loro «disinfezione» in quanto  disinfettanti o vapori di aria calda potrebbero danneggiarne il tessuto, con successiva perdita dell’ azione di barriera. Considerando la scarsa disponibilità di mascherine chirurgiche, in assenza di una nuova mascherina, si può lasciare la mascherina già utilizzata all’aria aperta per almeno 12 ore prima di riutilizzarla o almeno 4 giorni (per spegnere un’eventuale traccia del virus), facendo attenzione a non toccare la parte interna della mascherina. In caso di riutilizzo bisogna ulteriormente mantenere le distanze di sicurezza con la consapevolezza di una riduzione dell’efficacia della capacità di barriera.

I filtranti facciali FFP1, FFP 2 e FFP 3 possono essere riutilizzati se non vi è usura del materiale. I trattamenti possibili di rigenerazione sono tre:

  1. Esposizione ad alta temperatura (superiore a 60°) in ambiente umido (come indicato dall’istituto statunitense NIOSH per il SARS-CoV-2);
  2. Esposizioni ai raggi ultravioletti;
  3. Trattamento con soluzioni idroalcoliche al 60/70%. Esso è il trattamento più efficace ai fini del mantenimento delle proprietà meccaniche, inclusa la forma.
    Tuttavia, sulla validità di questi metodi non vi è accordo scientifico.

Le mascherine “fai da te” sono davvero utili?

In uno studio, condotto dal Departments of Civil and Environmental Engineering and Marine and Environmental Sciences Northeastern University of Boston, sono state valutate 10 mascherine di stoffa realizzate con tessuti di provenienza locale di diversi design, e 3 mascherine di tipo chirurgico. Le mascherine chirurgiche standard, se indossate con un filo metallico di regolazione sul naso, hanno avuto un’efficienza media del 75%. Le mascherine di stoffa hanno avuto tassi di efficienza filtrante inferiori (tra il 38% e il 96%) rispetto alle mascherine chirurgiche (3M considerate come punto di riferimento e livello base). Nessun modello ha avuto risultati pari a quelli dei respiratori N95 e in genere le mascherine di tessuto fornivano la metà della protezione rispetto alle maschere chirurgiche standard. I ricercatori hanno provato a “migliorare” le mascherine di stoffa sovrapponendo uno strato di calza di nylon per ridurre la perdita di aderenza attorno ai bordi del volto e migliorare l’efficienza filtrante delle particelle. Lo stesso studio ha dimostrato che l’aggiunta della calza in nylon ha migliorato l’efficienza da 15 a 50 punti percentuali.

Caterina Andaloro

Bibliografia:

https://www.uvex-safety.it/it/know-how/norme-e-direttive/respiratori-filtranti/significato-delle-classi-di-protezione-ffp/

http://www.salute.gov.it/nuovocoronavirus?gclid=Cj0KCQjwy6T1BRDXARIsAIqCTXoNTiwj7C120buZEM-vTSvDR5bhw5kWW8boFOmZQlNEWTFW-6-QHXEaAonJEALw_wcB

https://www.suva.ch/it-CH/materiale/Sched-tematiche-factsheet/i-dpi-delle-vie-respiratorie

 

Charlotte valve: idee in apnea vengono a galla

Ospedali allo stremo, sempre più persone positive, chi mostra segni di miglioramento chi invece, purtroppo, peggiora e si addentra in una realtà in cui i posti letto e attrezzature sanitarie scarseggiano. In tempi così duri anche un piccolo contributo da parte di una persona può fare la differenza. Ma quando parlo di contributo non mi riferisco necessariamente alla “moneta”, cosa che potrebbe venire in mente date le numerose campagne di raccolte fondi online che sono emerse in questo mese.

Sebbene il denaro aiuta le aziende ospedaliere a far fronte alle spese per l’acquisto delle attrezzature, il problema non sempre può essere risolto utilizzando i fondi disponibili, come all’Ospedale di Chiari a Brescia, dove i numeri dei pazienti in terapia intensiva sono centinaia e la struttura non dispone di maschere e relative valvole a sufficienza per tutti. Nonostante avessero richiesto le valvole ai produttori, questi non erano in grado di far fronte alla commessa in un lasso di tempo così breve, anche perché questa si sommava a quella di altri ospedali.

Un contributo che invece ha fatto la differenza è stato quello dell’ormai nota società Isinnova, che grazie all’utilizzo di stampanti 3D, riesce a rifornire l’ospedale con più di 100 valvole per respiratori. Grazie all’idea innovativa e all’aiuto delle tecnologie moderne hanno salvato delle vite, collaborando e facendo gruppo con i medici in prima linea per affrontare il problema.

Tra questi medici, Renato Favero, contribuisce alla causa ed estende la soluzione anche nel caso in cui a mancare fossero le maschere per i respiratori. Insieme alla società, hanno progettato la valvola Charlotte, che applicata alla maschera da snorkeling si trasforma in una maschera C-PAP per la terapia sub-intensiva. La valvola è stata brevettata, ma cosa ancora più importante, e gesto di grande valore umano è stato quello di rendere questo brevetto libero, “perché è nostra intenzione che tutti gli ospedali in stato di necessità possano usufruirne” spiega Isinnova.

Ci hanno dato la bicicletta? ora pedaliamola; e a premere sui pedali sono produttori, associazioni, università e chiunque voglia dare una mano al mondo in questo periodo complicato.

UniMe non si è tirata indietro e creerà il supporto per 10 mila maschere da snorkeling che saranno riconvertite in C-PAP da una rete formata dalle competenze nella stampa 3D, presenti al Dipartimento di Ingegneria dell’Università di Messina e nell’Azienda Irritec di Capo d’ Orlando, con la collaborazione dell’Ing. Sveva Arcovito di Sicindustria. Queste saranno poi messe a disposizione in tutta la regione da parte di UniMe.

Anche FabLab Messina, community di makers messinese, ha aderito alla cosiddetta MAKER CALL CHARLOTTE 1 in sinergia con il Dipartimento di Ingegneria dell’UniMe e provvede a fornire la prima tranche di 50 adattatori Charlotte 1 al Policlinico “G. Martino” di Messina.

Il Rettore dell’Università di Messina ha dato piena disponibilità nell’utilizzo strutture dell’Ateneo per il lavoro di riconversione, dopo un confronto con l’Assessorato Regionale alla Sanità, che ha acquisito la notevole quantità di maschere dall’azienda produttrice. 

Non mancano i ringraziamenti da parte del Rettore agli studenti, ai docenti ed al personale dell’Ateneo: “Mi sento di ringraziare tutte le strutture dell’Ateneo per il sacrificio e la passione con cui stanno lavorando senza sosta. La nostra Università – ha affermato il Rettore – continua a produrre il gel disinfettante, a tenere aperto lo sportello d’ascolto psicologico.

Inoltre, sta lavorando a progetti, come quello delle maschere, per supportare la sanità siciliana in tempo reale. Crediamo molto che essere Università oggi è anche questo: mettere eccellenze e competenze a disposizione del territorio” […] “Tutto questo – ha sottolineato il prof. Cuzzocrea – avviene mentre sono partite regolarmente on line le lezioni del secondo semestre in tutti i Dipartimenti, abbiamo laureato tanti studenti e gli abbiamo fatto sostenere regolarmente gli esami. Abbiamo anche messo a disposizione, attraverso il nostro sistema bibliotecario volumi e riviste on line.”

In segno di solidarietà la facciata dell’Ateneo sarà illuminata con il tricolore, aderendo all’iniziativa adottata dal Governo.

Foto di messina.gazzettadelsud.it

Gianluca Carbone