Quattro relitti dello Stretto: storia, stato attuale e foto

Lo Stretto di Messina torna al centro della nostra rubrica con un viaggio attraverso quattro relitti che “riposano” nelle sue leggendarie acque.

La Rigoletto

Il primo relitto di cui vogliamo raccontarvi è quello che si trova sulla costa della cosiddetta “Zona Falcata”.

La storia di questo relitto ha inizio negli anni ‘50. La nave serviva per il trasporto automobili Volkswagen e venne varata il 24 marzo 1955. Nel 1968 fu però venduta ad un armatore napoletano che la ribattezzò “Maddalena Lo Faro” (nome che mantiene ancora oggi insieme a Rigoletto).

La nave continuò a trasportare automobili, questa volta usate.

Trova però il suo epilogo in una traversata del Mediterraneo: il 1° luglio 1980 era infatti partita con un carico dal porto di Anversa ed era diretta a Beirut. Nelle acque di Caopospartivento (Sardegna) va però in avaria a causa di un incendio a bordo. L’equipaggio abbandona la nave, salvandosi.

Quale sarà il destino della Rigoletto?

La nave, anche se ancora in fiamme, viene trainata nei pressi del porto di Messina, proprio nella costa dell’attuale “Zona Falcata”. L’intento era quello di far incagliare la nave sulla spiaggia e gestire così la situazione critica. Tuttavia una manovra sbagliata la fa affondare. Non venne mai deciso come smaltirla.

Ricordiamo che si trattava di una nave lunga 78 metri e larga 13 metri, che oggi giace su un fondale di 35 metri.

Per i più coraggiosi, che vogliono avventurarsi nella “Zona Falcata”, ad oggi è possibile vedere dalla spiaggia una punta della prua a capolino dell’acqua. Diversi appassionati hanno effettuato delle immersioni, scattando bellissime foto, come quelle che vi stiamo proponendo qui. Il relitto ha ancora al suo interno i veicoli che trasportava e fa da “casa” a gruppi di pesci trombetta. Ecco un video dell’esplorazione.

Il relitto della nave Rigoletto – Fonte: blogmotori.com

Il traghetto Cariddi, l’amatissima nave che ha vissuto due volte

Il traghetto Cariddi era una nave di tipo ferroviario, voluta della Ferrovie dello Stato nel 1932. Era un mezzo rivoluzionario, perché aveva una maggiore capacità di trasporto mezzi ferroviari. Inoltre si trattava di una nave particolarmente prestigiosa, con ambienti quasi di lusso.

Con lo scoppio della Seconda Guerra Mondiale, tutte le navi delle F.S vennero usate per scopi bellici. È nel 1943 infatti che la Cariddi venne autoaffondata. La Marina Militare diede quest’ordine perché la nave era carica di materiale bellico tedesco. La nave, infatti, si ribaltò su sé stessa e rimase in acqua capovolta per sei anni.

Anni dopo, vista la necessità di più navi per la tratta Messina-Reggio Calabria, Ferrovie dello Stato decide di recuperare la nave. Dopo i lavori di ricostruzione e manutenzione, finalmente nel 1953 la nave tornò a Messina dal porto di Genova, accolta dalla popolazione con caloroso affetto.

La Cariddi effettuò un servizio lungo 38 anni, fino a quando nel 1991 Ferrovie dello Stato la pose in disarmo e la vendette alla Provincia. Una prima idea dell’Ente era quella di realizzare un museo galleggiante. Tuttavia, i costi di gestione dell’imbarcazione procurarono le prime difficoltà.

La nave rimase abbandonata e priva di utilizzo per molto tempo, fu saccheggiata e vittima anche di un incendio. La Cariddi venne anche spostata nei pressi degli approdi dei traghetti.

A lungo inutilizzata ed esposta alle intemperie la Cariddi affonda per la seconda volta nel 2006. Ed oggi è ancora lì, con una parte di poppa visibile dall’esterno.

La nave Cariddi – Fonte: wikipedia.org

Relitto Valfiorita, uno dei relitti più belli del Mediterraneo

La Valfiorita era una motonave costruita per scopi commerciali.

La storia è uguale per tutti: nel secondo conflitto mondiale ogni mezzo disponibile venne messo al servizio dello scopo bellico. Il suo compito era infatti quello di trasportare rifornimenti per le truppe italiane. Purtroppo nel ‘43, durante la tratta Messina-Palermo, viene colpita con un siluro dal sommergibile britannico HMS Ultor. Il capitano provò a raggiungere la costa, ma i danni provocati dal siluro spezzarono in due la struttura della nave.

La corrente marina fece il resto, trasportando la nave verso la costa. Ancora oggi giace di fronte l’abitato di Mortelle.

A causa dell’attacco 13 civili persero la vita e 11 militari risultarono feriti, su un totale di 67 passeggeri.

La Valfiorita è considerato uno dei più bei relitti, perché le immersioni effettuate da appassionati sub hanno dimostrato la presenza dell’intero carico di camion, autovetture e motocicli d’epoca, tutti immobili e addormentate sul fondo del mare.

Il relitto della nave Valfiorita – Fonte: ascosilasciti. com

Il Viminale, il “titanic italiano”

Il Viminale fu un transatlantico di lusso, in uso dal 1925. Secondo le testimonianze, si trattava di una nave particolarmente dotata. Disponeva infatti di cabine di prima, seconda e terza classe, di grandi saloni e perfino di acqua corrente.

Tra i suoi vanti c’è quello di aver raggiunto le coste del Giappone, viaggio considerato “difficile” per la gente del tempo. In seguito, il Viminale si occupò del trasporto di emigranti italiani per l’Australia.

Tuttavia, così come per le altre navi di cui vi abbiamo appena raccontato, anche il Viminale fu utilizzato per scopi bellici nel secondo conflitto mondiale. Trova infatti la sua fine quando viene silurata, nel 1943, al largo della costa di Palmi (Reggio Calabria) mentre effettuava il tratto Palermo-Napoli.

La nave viene totalmente dimenticata fin quando, nel 2000, un gruppo di sub esperti di Palmi la ritrova durante un’immersione.

La nave Viminale – Fonte: wikipedia.org

 

Angela Cucinotta

 

Fonti:

Rigoletto:

blogmotori.com

oloturiasub.it

colapisci.it

Cariddi:

youtube.com

ecosfera.info

Valfiorita:

ocean4future.org

Viminale:

eclipse-magazine.it

wikipedia.org

La realtà sommersa di Messina: la storia raccontata dal mare

“R…estate in Sicilia” è la campagna lanciata dall’associazione FuoridiME con lo scopo di valorizzare il territorio siciliano. Messina riparte ancora una volta dal turismo e l’associazione invita tutti a dare il proprio contributo, inviando contenuti multimediali che abbiano come protagonista la Sicilia in modo da creare un tour virtuale della nostra isola.

Tutto nasce da un importante bisogno di ripartenza e da un senso di appartenenza al proprio territorio; proprio per questo noi non potevamo certo tirarci indietro.

Vogliamo quindi valorizzare quello che è il nostro patrimonio culturale e vogliamo farlo rendendo protagonista il nostro mare. Lo stesso Pascoli, parlando dello Stretto di Messina, affermava:

“Questo mare è pieno di voci e questo cielo è pieno di visioni”.

Troppo spesso considerato solo dal punto di vista della balneazione, nei suoi fondali nasconde invece secoli di storia, tesori spesso sconosciuti o dimenticati. E oggi ve ne mostreremo un assaggio.

 

Fonte: FuoridiME (Facebook)

 

Il museo sottomarino di Capo Graziano, Filicudi

Conosciamo benissimo le leggende legate allo Stretto che mostrano quanto questo mare fosse temuto da marinai e navigatori fin dall’antichità, a causa delle correnti che rendevano difficile il transito delle imbarcazioni.  La situazione è particolare nell’isoletta di Filicudi (arcipelago delle Eolie) dove – sin dai primi secoli a.C. – le imbarcazioni venivano intrappolate in una secca.

Questo ha fatto sì che oggi questo luogo sia anche un importantissimo sito archeologico, meta indiscussa di sub esperti. Ad una profondità di 45 metri si può osservare il relitto A di età greca, risalente al II secolo a.C. e il relitto G del V secolo a.C.

Oltre ai relitti troviamo numerose anfore e moltissimi reperti conservati in parte al museo Bernabò Brea, situato a Filicudi Porto, dove è possibile ammirare ritrovamenti dell’Età del Bronzo e ceramiche greco-romane e africane, a testimonianza di quanto la Sicilia fosse meta ambita sin dall’antichità.

 

Fonte: marenaturasicilia.it

 

La battaglia di Nauloco e il rostro di Acqualadroni

Sul versante tirrenico si pensa invece si trovi il famoso Nauloco, sito passato alla storia per la battaglia navale in cui Sesto Pompeo fu sconfitto da Marco Vipsanio Agrippa nel 36 a.C. Nella zona tra Milazzo e Capo Peloro, nei pressi di Capo Rasocolmo e Acqualadroni si trova infatti una struttura palafitticola che si pensa potesse essere un pontile per il carico e lo scarico delle merci, riconducibile proprio al Nauloco (il cui termine significa appunto “rifugio per le navi”).

A prova di ciò sono i famosi ritrovamenti del relitto di Capo Rasocolmo (componenti metalliche della nave, monete della Roma pompeiana e una lamina di bronzo, probabilmente un collare di uno schiavo, sulla quale è leggibile il cognomen di Pompeo). Nel 2008 inoltre fu ritrovato nella zona di Acqualadroni un rostro in bronzo (oggetto montato sulla prua per colpire e affondare le navi nemiche) probabilmente legato alla battaglia e appartenente alla flotta di Pompeo. Il rostro, decorato con spade utilizzate già nelle armate greche, è situato oggi all’interno del Museo Regionale di Messina.

 

Rostro in bronzo. Fonte: marine-antique.net

La Bowesfield e la Valfiorita

Due relitti sono presenti ancora oggi nei fondali dello Stretto: uno di questi è la nave mercantile britannica Bowesfield, soprannominata la “Nave di Faro“. Diretta inizialmente a Bari, affondò poco distante da Capo Peloro nel 1892 a causa delle cattive condizioni meteo marine ed è oggi una delle mete più ambite dai subacquei di tutta Italia, poiché ancora in perfette condizioni (è possibile visitarne le stive e il ponte di comando).

 

 

Altro reperto importante è la motonave Valfiorita, nata per usi commerciali e utilizzata successivamente a scopo militare durante la Seconda Guerra Mondiale. Diretta a Palermo, viene attaccata da un sommergibile inglese e affonda nel 1943 nei pressi di Mortelle dove si trova tutt’ora. Oggi diviene invece meta importante, ma per subacquei particolarmente esperti a causa delle difficoltà dovute alla profondità, alle correnti e alle varie reti presenti nel relitto.

 

Motonave Valfiorita. Fonte: untuffonelblu.com, foto di Marco Bartolomucci

 

Il traghetto Cariddi

Una storia particolare che merita attenzione è invece quella del Cariddi, traghetto di tipo ferroviario costruito nel 1932 a Trieste, con un innovativo sistema di propulsione che garantiva maggiore efficienza rispetto ai mezzi utilizzati precedentemente. Viene affondato durante la Seconda Guerra Mondiale e ristrutturato successivamente. Nel 1992 è acquistato dalla Provincia di Messina per essere trasformato in un museo galleggiante. Questo però non avviene e, dimenticato, affonda nel 2006 nel Porto di Messina sotto gli occhi incuranti della città.

 

Il traghetto Cariddi. Fonte: nauticareport.it, foto di Vincenzo Annuario

 

Molti di questi reperti, che costituiscono una parte importante del patrimonio culturale della città, sono oggi nascosti o dimenticati e sarebbe invece importante valorizzarli, realizzando ad esempio un museo del mare ancora oggi assente nella città di Messina.

Bisognerebbe insomma far sì che risultino vere le parole di Pascoli, che citiamo nuovamente:

Tale potenza nascosta donde s’irradia la rovina e lo stritolio, ha annullato qui tanta storia, tanta bellezza, tanta grandezza. Ma ne è rimasta come l’orma nel cielo, come l’eco nel mare. Qui dove è quasi distrutta la storia, resta la poesia”

Fare in modo dunque che questo mondo e questa realtà, se pur “sommersi”, non vengano dimenticati ma siano piuttosto l’eco di battaglie e vicende che hanno visto la nostra terra e – soprattutto – il nostro mare protagonisti indiscussi di secoli di storia, una storia che ha portato alla creazione di miti, leggende, racconti e alla realtà che viviamo oggi.

Cosa aspettiamo per valorizzare tutti questi tesori?

Cristina Lucà

Fonti:

wikipedia.org

tempostrettotv.it

turismoeolie.com

guideturistichemessina.it