Il discorso di Draghi in Parlamento: ecco cosa ha detto sulle vaccinazioni e sulle riaperture dopo Pasqua

Ieri, mercoledì 24 marzo, è stata una giornata di interventi parlamentari per il Presidente del Consiglio Mario Draghi: ascoltato prima al Senato e poi alla Camera, il premier ha reso note le comunicazioni in vista del Consiglio europeo del 25 e 26 marzo.

Mario Draghi in Senato. Fonte: La Nazione

Fulcro del suo intervento sono stati il tema sull’accelerazione della campagna vaccinale – dopo i ritardi di questi mesi – e il severo richiamo alle Regioni per l’osservazione delle priorità indicate dal ministero della Salute. Tra gli applausi ricevuti in Aula, Draghi ha anche annunciato la necessità di programmare le prime riaperture subito dopo Pasqua, per poi spostare la discussione sul caso dei milioni di dosi AstraZeneca giacenti ad Anagni.

Intensificazione della campagna vaccinale

Draghi ricorda davanti ai parlamentari che «vaccinare più persone possibili nel più breve tempo possibile» è la giusta soluzione per combattere con efficacia la pandemia, e per poter finalmente ritornare alla normalità. Attualmente – e a partire dalle prime tre settimane di marzo – si procede ad un ritmo medio di 170 mila dosi al giorno, ma l’obiettivo resta sempre quello: 500 mila dosi giornaliere.

Fonte: Castelfranco Piandiscò

Il governo è già all’opera per compensare i ritardi vaccinali degli ultimi mesi, cosicché cominciano ad essere visibili i primi dati sull’intensificazione della campagna vaccinale italiana. L’Italia è infatti la seconda (dopo la Spagna) in Ue per somministrazione, ma va comunque guardato come esempio – a detta del premier – l’operato di Paesi come la Gran Bretagna, che nel giro di poco tempo ha moltiplicato siti e operatori sanitari per eseguire i vaccini.

Avere un coordinamento europeo sui vaccini è importante e, durante la sua replica al Senato, Draghi ribadisce che l’Italia pretenderà «il rispetto dei contratti» da parte delle case farmaceutiche. Se il coordinamento non funziona «occorre anche trovare delle risposte da soli».

«La nostra azione è fondata su tre pilastri: pretendere il rigoroso rispetto; sanzionare o bloccare le esportazioni; pronta sostituzione dei vaccini mancanti», ha detto il primo ministro.

Richiamo alle Regioni e riaperture dopo Pasqua

Il Presidente del Consiglio non resta indifferente alle differenze tra regioni nella somministrazione delle dosi fra gli over 80, ribadendo la priorità delle vaccinazioni per le fasce più deboli e fragili della società:

«Abbiamo quattro vaccini sicuri ed efficaci. Sono la chiave per superare la crisi. Prima gli anziani e i fragili. Mentre alcune Regioni seguono le disposizioni del ministero della Salute, altre trascurano i loro anziani in favore di gruppi che vantano priorità probabilmente in base a qualche loro forza contrattuale. Dobbiamo essere uniti nell’uscita dalla pandemia come lo siamo stati soffrendo, insieme, nei mesi precedenti».

È per questo che il governo assicurerà, d’ora in avanti, la massima trasparenza sui vaccini, fornendo tutti i dati entro la settimana sul sito della presidenza del Consiglio.
E mentre si procede con i vaccini, Draghi conferma un messaggio di fiducia sulle prossime aperture, che dovrà arrivare al prossimo Consiglio europeo:

Riapertura delle scuole. Fonte: ilMeteo

«È bene pensare e pianificare le riaperture. Se la situazione epidemiologica migliorerà cominceremo a riaprire la scuola in primis, almeno le scuole primarie e l’infanzia anche nelle zone rosse già subito dopo Pasqua».

Accolto positivamente l’intervento di Mario Draghi al Senato dal segretario leghista Matteo Salvini, il quale scrive su Twitter:

I 29 milioni di dosi ‘’nascoste’’ AstraZeneca

Tra i tanti temi toccati dal discorso di Draghi vi è stato anche il caso dosi di Anagni: i carabinieri dei NAS (Nuclei Antisofisticazione e Sanità) hanno trovato, tra sabato e domenica, ben 29 milioni di dosi del vaccino AstraZeneca nella fabbrica laziale, che è una delle diverse sedi dell’azienda statunitense Catalent. Il ritrovamento delle dosi è avvenuto dopo un’ispezione richiesta dall’Unione Europea e disposta dallo stesso Presidente del Consiglio italiano.

In una prima versione della Stampa sulla destinazione delle dosi si era ipotizzato che i 29 milioni di fiale sarebbero stati destinati al Regno Unito, con il quale l’azienda biofarmaceutica ha puntualmente rispettato i suoi impegni contrattuali di fornitura (a differenza di quelli con l’Unione Europea). Tuttavia, la versione è stata in seguito rettificata da fonti ufficiali: una nota della presidenza del Consiglio italiana ha fatto sapere che «dall’ispezione è risultato che i lotti erano destinati in Belgio», senza però specificare quanti fossero.
AstraZeneca ha invece sostenuto che dei 29 milioni di dosi 16 fossero destinati al mercato europeo, mentre i restanti 13 milioni fossero da esportare verso paesi a basso reddito, sulla base dell’iniziativa promossa dall’Organizzazione mondiale della sanità e soprannominata COVAX.

Dosi di vaccino AstraZeneca. Fonte: la Repubblica

La versione sarebbe confermata dal commissario europeo per il Mercato interno e responsabile della strategia sui vaccini dell’Unione Thierry Breton, che ha detto:

«A parte le dosi destinate a COVAX, ai paesi poveri, il resto sarà distribuito esclusivamente tra i paesi dell’Unione Europea».

Breton ha poi ulteriormente specificato che si tratta di dosi prodotte principalmente nello stabilimento Halix di AstraZeneca, nei Paesi Bassi

«che necessita dell’autorizzazione dell’Agenzia Europea ma, come sappiamo, i dati sono già stati inviati all’Ema e ci aspettiamo una risposta nei prossimi giorni. Quando ottengono il visto come laboratorio di produzione, possono essere distribuiti tra i Ventisette».

Blocco delle esportazioni vaccinali: le nuove regole

La Commissione europea ha ieri annunciato le nuove regole per il controllo delle esportazioni dei vaccini per il coronavirus all’estero.

Le nuove limitazioni sono ancora più stringenti di quel «meccanismo di trasparenza» approvato alla fine di gennaio, e finora applicato dall’Italia una volta sola.

Vengono così ampliate di molto le possibilità di blocco delle esportazioni dei paesi membri, cosicché sia possibile che se i vaccini trovati ad Anagni dovessero risultare effettivamente destinati al Regno Unito, sarebbero subito bloccati. Questo, ovviamente, non varrebbe nel caso in cui le dosi siano invece destinate all’iniziativa COVAX, la quale è esclusa dal nuovo meccanismo di controllo basato su reciprocità e proporzionalità.

Gaia Cautela

AstraZeneca: facciamo il punto

AstraZeneca è un vaccino a vettore virale approvato per far fronte alla dilagante pandemia da COVID-19. Assieme agli altri vaccini proposti dalla Comunità Scientifica, si auspica che possa permettere una significativa protezione dell’intera popolazione. Sono stati numerosi i trials clinici che hanno portato alla sua immissione in commercio, confermandone l’alta sicurezza ed efficacia. Tuttavia, di recente, non pochi sono stati gli eventi che hanno suscitato allarme in merito alla somministrazione del vaccino. Di seguito verrà ripercorso l’intero iter subito dal vaccino, dalla sua approvazione all’inatteso ritiro precauzionale, per far luce sugli aspetti chiave emersi nelle ultime settimane.

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Numeri ed evidenze scientifiche contro le fake dell’infodemia: un invito all’equilibrio

L’insegnamento principale che possiamo trarre dall’anno appena trascorso è che siamo tutti profondamente diversi, in maniera non sempre prevedibile e non immediatamente evidente.

Abbiamo appreso che la COVID può evolvere in modo completamente differente in diversi individui: da casi totalmente asintomatici fino alla necessità di ricovero, che in alcuni casi non viene superato. Il tentativo di giustificare tali differenze sulla base del sesso, dell’età o anche delle patologie concomitanti non è sempre sufficiente.

Basta pensare che due soggetti identici, come due gemelli omozigoti, possono sviluppare una malattia con severità diversa. Il New York Times riporta la storia di due gemelle americane, Kelly e Kimberly, infettate nello stesso contesto: la prima ha sviluppato solo sintomi moderati, mentre la seconda ha trascorso più di un mese in terapia intensiva.

Tanta diversità dipende quindi da caratteristiche complesse, che non sono scritte solo nel DNA, e che quindi sono impossibili da valutare a priori nella loro interezza.

Cosa può aiutarci di fronte a tanta complessità? Un contributo ci arriva dai numeri. Quantificare ciò che succede ci permette di sbagliare meno e di avere contezza di ciò che osserviamo. I numeri non mentono, ma vanno ben analizzati e contestualizzati. Se “maneggiati” in modo improprio possono trarre in inganno, facendo sovrastimare o, al contrario, sottostimare certi eventi. Vanno, dunque, consegnati in mano ad esperti, in grado di elaborarli ed interpretarli correttamente.

Lo scopo è quello di fornire delle evidenze, ovvero delle prove su cui la scienza si basa per prendere ogni decisione. In medicina ogni nuova evidenza può permettere di decidere se continuare ad usare un farmaco, se investire in un vaccino o se eseguire un esame diagnostico. Allo stesso tempo nuove evidenze possono rigettare vecchi approcci o scoraggiarne di nuovi.

La pandemia ci fornisce numerosi spunti che confermano il valore dei numeri, in un braccio di ferro tra la (disperata) necessità di trovare soluzioni e il poco tempo disponibile.

L’esempio di un tentativo che si è dovuto arrendere di fronte alle evidenze prende il nome di idrossiclorochina. Si tratta di un farmaco di cui si è abusato all’inizio della pandemia, e di cui inspiegabilmente, ancora oggi, si continua a parlare. È stato dimostrato che la molecola non riduce il numero dei decessi, ma genera solo effetti collaterali. Sembra paradossale che, in passato, si pensasse addirittura di assumere la sostanza a scopo preventivo. La percezione e l’ipotesi che il farmaco funzionasse sono state annientate dai numeri.

Un altro esempio, ancor più significativo, è quello del plasma iperimmune. Nelle fasi più drammatiche della pandemia quest’approccio venne presentato come quasi miracoloso. Televisioni e giornali non parlavano d’altro e contribuivano ad alimentare la percezione di aver trovato una soluzione definitiva alla malattia.

Gruppi di ricerca di vari Paesi, quindi, si sono impegnati per verificare se l’efficacia del plasma fosse una percezione o un’evidenza. Uno studio pubblicato su una rivista di riferimento del settore (NEJM), coerentemente con quanto osservato successivamente in altri studi, dimostra che il trattamento con plasma non determina differenze significative nella mortalità. Anche in questo caso fidarsi dei tempi della scienza avrebbe potuto evitare una contagiosa illusione generale.

Questa pandemia ci dimostra, invece, che gli approcci migliori sono quelli messi in atto solo dopo aver avuto prova della loro efficacia. Un esempio? I vaccini: nessuno avrebbe mai pensato di somministrarli senza dei numeri che ne giustificassero l’impiego. Come previsto dagli studi, nel “mondo reale” si sta verificando una riduzione delle infezioni negli ambienti ospedalieri. I Paesi più avanti nella campagna vaccinale si dirigono addirittura verso un’apparente “normalità”.

I vaccini stanno dimostrando la capacità di superare le profonde differenze che ci contraddistinguono e che determinano l’imprevedibile decorso della malattia. Si tratta di un intervento prezioso che può abbattere le diversità e costituire fronte comune nella lotta al virus.

La sospensione precauzionale (termine fondamentale) di quello prodotto da AstraZeneca, per quanto detto finora, va analizzata con giudizio.

Quando si parla di reazioni avverse il problema è stabilire un rapporto di causa-effetto e non solo un rapporto temporale: se dopo aver mangiato una mela ci si frattura un osso, il problema non sarà stato certamente la mela. Ogni singolo evento grave o fatale va comunque approfondito con la massima attenzione: non possiamo permetterci farmaci meno sicuri rispetto a quanto dichiarato. Allo stesso tempo, la sospensione del vaccino AstraZeneca potrebbe determinare una quantità maggiore di morti per la mancata vaccinazione rispetto a quanti ne sarebbero avvenuti per un potenziale effetto raro non ancora dimostrato.

Le esperienze vissute nell’ultimo anno permettono di essere d’accordo su una cosa: i numeri, se corretti e ben utilizzati, alla fine presentano il conto. Non lasciamoci disorientare da percezioni errate e diffidiamo da chi amplifica queste percezioni in maniera poco convincente. Attendiamo informazioni affidabili senza cadere in conclusioni affrettate.

Lasciamo fare alla scienza quello che sa fare meglio: raccogliere e analizzare i numeri per costruire delle evidenze che possano superare le diversità e condurre verso soluzioni condivise e sicure alla pandemia.

Antonino Micari

Vaccino Pfizer-BioNTech: nuove evidenze di efficacia contro le varianti del SARS-CoV-2

In sintesi:

Nel contesto dell’attuale pandemia, sta crescendo progressivamente il timore per le varianti del SARS-CoV-2 diffuse a livello mondiale in quanto, analogamente ad altri virus, il SARS-CoV-2 è contraddistinto dalla tendenza alla mutazione. Tra le varianti che hanno destato maggiore preoccupazione bisogna particolarmente annoverare:

  • La variante Inglese: denominata SARS-CoV-2 VOC 202012/01, linea B.1.1.7;
  • La variante Brasiliana: linea P.1;
  • La variante Sudafricana: denominata 501Y.V2, linea 1.351.

Tutte e tre le varianti sono caratterizzate da una mutazione della proteina “Spike”, glicoproteina che determina la specificità del virus per le cellule epiteliali del tratto respiratorio.

Fonte: CNR

Cos’è e come funziona la proteina Spike dei Coronavirus?

La proteina Spike (S) è localizzata sulla superficie del virus, formando delle protuberanze caratteristiche (il nome “Coronavirus” deriva proprio dalla presenza delle protuberanze, che fanno sembrare il virus una corona). Essa si suddivide in due parti:

  • S1, che contiene una regione con lo scopo di legarsi alla cellula bersaglio attraverso l’interazione con il recettore ACE2;
  • S2, che in una seconda fase consente l’ingresso del virus nella cellula.

Quindi, una molecola che fosse capace di impedire l’interazione tra la proteina Spike e il recettore ACE2 sarebbe potenzialmente in grado di prevenire l’infezione da coronavirus e, di conseguenza, la malattia. A questo scopo tutti i vaccini attualmente in studio sono stati sperimentati per indurre una risposta che blocchi la proteina Spike.

Fonte: News Medical

Come funziona il vaccino Pfizer-BioNTech?

Il vaccino COVID-19 mRNA BNT162b2 (Comirnaty) contiene molecole di RNA messaggero (mRNA) che presentano al loro interno le indicazioni per costruire le proteine Spike del virus SARS-CoV-2. Nel vaccino, le molecole di mRNA sono inserite in una microscopica vescicola lipidica, una “bollicina” che protegge l’mRNA per evitare che deperisca in fretta e che venga distrutto dalle difese del sistema immunitario (in quanto componente estranea all’organismo), così che possa entrare nelle cellule.

Una volta iniettato, l’mRNA viene assorbito nel citoplasma delle cellule e avvia la sintesi delle proteine Spike. La loro presenza stimola così la produzione, da parte del sistema immunitario, di anticorpi specifici. Con il vaccino, dunque, non si introduce nelle cellule il virus vero e proprio (e quindi il vaccino non può in alcun modo provocare COVID-19 nella persona vaccinata), ma solo l’informazione genetica fondamentale per costruire copie della proteina Spike.

La vaccinazione, inoltre, attiva le cellule T che preparano il sistema immunitario a rispondere a ulteriori esposizioni al virus SARS-CoV-2. Se in futuro la persona vaccinata dovesse entrare in contatto con il virus, il suo sistema immunitario ne avrà memoria, lo riconoscerà e si attiverà per combatterlo, bloccando le proteine Spike e impedendone l’ingresso all’interno delle cellule.

Fonte: Tgcom24

Una volta compiuta la propria missione, l’mRNA del vaccino non resta nell’organismo ma si degrada naturalmente pochi giorni dopo la vaccinazione. Non c’è pertanto alcun rischio che entri nel nucleo delle cellule e ne modifichi il DNA.

Il vaccino ci protegge anche dalle varianti del virus?

Uno studio clinico, randomizzato e controllato con placebo, pubblicato il 31 Dicembre 2020 sul “The New England Journal of Medicine”, ha coinvolto circa 44.000 partecipanti, dimostrando che l’immunizzazione del vaccino BNT162b2 ha un’efficacia del 95% contro la malattia da SARS-CoV-2 (COVID-19).

Per analizzare gli effetti sulla neutralizzazione virale indotti dal BNT162b2, uno studio pubblicato l’8 Marzo 2021, sempre sul NEJM, ha analizzato le mutazioni S di ciascuna delle tre nuove varianti. Sono stati prodotti tre virus ricombinanti, rappresentanti queste tre linee virali, e altri due in cui sono stati prodotti altri sottoinsiemi di mutazioni.

In sintesi:

  • Il primo virus ricombinante aveva le mutazioni del gene S del lignaggio B.1.1.7 (B.1.1.7-spike, corrispondente alla variante inglese);
  • Il secondo aveva le mutazioni riscontrate nel gene S del lignaggio P.1 (P.1-spike, corrispondente alla variante brasiliana);
  • Il terzo aveva le mutazioni riscontrate nel gene S nel lignaggio B.1.351 (B.1.351-spike, corrispondente alla variante sudafricana);
  • Il quarto e il quinto presentavano una serie di mutazioni del lignaggio B.1.351 in diversa combinazione.

Successivamente, è stato eseguito il test di neutralizzazione (sulla base del parametro PRNT50, riduzione della placca del 50%), utilizzando 20 campioni di siero ottenuti da 15 partecipanti allo studio dopo la somministrazione della seconda dose del vaccino (avvenuta 3 settimane dopo la prima). Nei campioni è stata rilevata una neutralizzazione efficiente nei confronti delle varianti, con titoli superiori a 1:40.

Fonte: https://www.nejm.org/doi/pdf/10.1056/NEJMc2102017?articleTools=true

La neutralizzazione è risultata molto robusta contro le linee B.1.1.7-spike e P.1-spike, un po’ meno ma comunque molto valida contro la linea B.1.351-spike. I risultati dello studio suggeriscono inoltre che l’immunità delle cellule T esplica un ruolo chiave nella protezione, in quanto l’immunizzazione da BNT162b2 stimola la risposta dei linfociti T CD8+ che riconoscono più varianti.

Cosa ha dimostrato lo studio?

I risultati dimostrano che il vaccino Pfizer-BioNTech è efficace contro le principali varianti diffuse nel mondo. Tuttavia, trattandosi di esperimenti in vitro su virus ricombinanti, i ricercatori affermano che i risultati dovranno essere confermati da evidenze “reali” sull’efficacia del vaccino, provenienti da tutte le aree geografiche in cui esso viene impiegato.

I più recenti studi scientifici, come quello preso in esame, hanno inoltre l’importante obiettivo di ridurre la sfiducia nei confronti della vaccinazione, che si sta sempre più diffondendo. Il vaccino resta, ad oggi, insieme alle norme anti-Covid in atto, l’arma più efficace per sconfiggere questo “nemico”, che ha rivoluzionato le nostre vite. Dobbiamo quindi porre attenzione sul valore dei dati scientifici, accurati e ampliamente valutati dalla comunità scientifica.

Caterina Andaloro

Bibliografia:
https://www.nejm.org/doi/full/10.1056/NEJMc2102017?query=featured_home&fbclid=IwAR3Kzrfmv269hjWWau6m0bxF0tE_dzJCdEE_gQmRVL6FoYKAo6pBQpdzVdI
https://www.nejm.org/doi/full/10.1056/NEJMoa2034577
https://www.sicardiologia.it/publicFiles/AIFA%20FAQ-Vaccinazione_anti_COVID-19_con_vaccino_Pfizer.pdf

Lenta la vaccinazione nell’Ue: l’Austria vuole una collaborazione con Israele

La strategia di vaccinazione messa in campo da Bruxelles procede lentamente. E il cancelliere austriaco Sebastian Kurz non ci sta. L’esigenza di rapidità lo porta a guardare fuori dall’Ue e ad accordarsi con Israele.

Austria, Danimarca e gli altri “first mover” con Israele

Dopo l’annuncio della scorsa settimana di un possibile accordo con la Russia per la fornitura del vaccino Sputnik V, l’Austria si è dimostrata ancora una volta diffidente nei confronti della campagna di vaccinazione dell’Ue: il cancelliere Kurz ieri ha dichiarato di voler affiancare Israele nella produzione di dosi di vaccino di seconda generazione. La stessa decisione è stata presa dalla premier danese Mette Frederiksen e dagli altri “first mover”, gruppo di paesi formatosi in estate per iniziativa dello stesso Kurz per elaborare celeri strategie di contrasto alla pandemia che comprende oltre ad Austria, Danimarca e Israele, anche Grecia, Repubblica Ceca, Norvegia, Australia e Nuova Zelanda.

Secondo Kurz l’approccio di Bruxelles si è rivelato corretto, tuttavia l’Ema ha tempi di approvazione troppo lunghi e, a questo, si aggiungono i ritardi nelle consegne delle case farmaceutiche. Le rapide mutazioni del virus, per il cancelliere austriaco, richiedono tempestività. Per essere pronti, secondo Kurz, non basta fare affidamento sull’Ue.

La risposta di Bruxelles è stata moderata. Infatti, come spiegato da un portavoce della Commissione, c’è sempre stata la possibilità per gli Stati membri di stringere accordi con altri paesi e, soprattutto in questa circostanza, si può trarre insegnamento da approcci diversi da quello europeo.

In Italia, Paolo Gentiloni, commissario agli Affari economici, ha giustificato i ritardi e la lentezza delle procedure di approvazione che sarebbero legati a meccanismi che guardano in primo luogo alla garanzia della salute dei cittadini.

Salvini invece approva la decisione di Kurz:

“La priorità è difendere e tutelare la salute dei cittadini. L’Italia segua l’esempio”.

La campagna di vaccinazione israeliana

Perché  Israele corre rapidamente sul fronte vaccinazioni?

Fattori importanti sono un sistema sanitario altamente digitalizzato, un’efficiente organizzazione della campagna di vaccinazione della quale si sono occupate le 4 “casse malattie nazionali”. Fondamentale il contributo fornito dall’esercito che si è impegnato nella gestione delle persone da vaccinare negli stadi sportivi e nei tendoni predisposti.

il centro vaccini di piazza Rabin ad Israele – Fonte: www.rassegnaweb.it

Ma al di là di questo, il successo israeliano è legato all’importanza delle informazioni e del denaro. Infatti, l’accordo che Israele ha firmato con Pfizer-Biontech prevede non solo il pagamento di 30\47 dollari a persona per le dosi, molto più del doppio del prezzo praticato in Europa, ma anche la cessione di informazioni legate ai risultati delle vaccinazioni, al sesso, all’età, alla storia medica di coloro che hanno ricevuto il vaccino in cambio di 10milioni di dosi e della promessa di spedizioni di 400.000-700.000 dosi ogni settimana. Israele sarebbe dunque un grande laboratorio di sperimentazione. Il governo israeliano ha chiarito che alla casa farmaceutica vengono fornite solo statistiche generali, senza dati che potrebbero far identificare i soggetti a cui vengono somministrate le dosi.

Da considerare anche gli interessi del primo ministro Netanyahu che mira a completare con successo l’obiettivo della campagna di vaccinazione prima delle prossime elezioni.

La partnership tra Merck e Johnson & Johnson negli Stati Uniti

Anche negli Stati Uniti la vaccinazione procede a gonfie vele sin dall’inizio. Gli Stati americani, infatti, sono stati i primi a muoversi nel mercato investendo risorse nella prenotazione di vaccini che ancora neanche esistevano. Tra l’altro, l’approvazione di Pfizer e Moderna da parte della Fda è arrivata prima rispetto a quella dell’Ema. A velocizzare ulteriormente la campagna vaccinale si è aggiunta la partnership fra i giganti farmaceutici statunitensi Merck e Johnson & Johnson annunciata ieri da Biden. L’accordo è stato favorito proprio dalla Casa Bianca preoccupata per i possibili ritardi della produzione di Johnson & Johnson. Il vaccino di J&J che già garantiva la rapidità perché efficace con una sola somministrazione, verrà affiancato dal nuovo medicinale di Merck che ha già ottenuto l’autorizzazione della Fda. Biden sembra confidare in questa collaborazione che, come affermato ieri, potrebbe portare

“Gli Usa sulla strada di avere abbastanza vaccini anti Covid per tutti gli americani entro fine maggio”,

con due mesi di anticipo rispetto alle previsioni.

Chiara Vita

Vaccino Johnson&Johnson presto disponibile: dati sull’efficacia, tempistiche e prospettive future

Dopo l’approvazione in America, il vaccino del colosso statunitense si prepara a sbarcare anche in Europa, come riportato dall’Agenzia Europea dei Medicinali (EMA) in una nota che annuncia una riunione straordinaria per l’11 Marzo. Studiato per essere conservato anche in frigorifero e somministrato in singola dose, mantenendo comunque un’alta efficacia, potrebbe rappresentare una svolta nella campagna vaccinale. Ripercorriamo insieme le tappe della produzione e dello studio del vaccino e analizziamo le informazioni finora a disposizione sul prodotto e le indiscrezioni sui tempi reali di commercializzazione. Continua a leggere “Vaccino Johnson&Johnson presto disponibile: dati sull’efficacia, tempistiche e prospettive future”

Pfizer risponde alle accuse sui ritardi, mentre la Germania guarda a possibili cure alternative

Dopo lo scoppio della polemica e numerose proteste per i ritardi delle consegne del vaccino in Europa, Pfizer ha risposto pubblicamente, precisando alcuni aspetti della vicenda, secondo le quali la situazione sembrerebbe ribaltarsi.

(fonte: avvenire.it)

Il ricalco del numero di dosi estraibili per fiala

“Pfizer ha ridotto il numero di fiale, ma non di dosi previste, che resta lo stesso. Quello che sta accadendo è frutto di un fraintendimento nel conteggio delle dosi che non è il conteggio delle fiale.” cita un comunicato dell’azienda.

Stando a questa dichiarazione, la casa farmaceutica, avrebbe ridotto la produzione a causa dei lavori presso il sito produttivo belga di Puurs, ma i numeri pattuiti negli accordi con gli Stati europei sarebbero stati rispettati, anzi raggiunti e superati, almeno fino al periodo 8-18 gennaio. Come è possibile?

I numeri specificati negli accordi stipulati con l’Ue e anche gli Usa – quelli non rispettati secondo gli Stati europei – sarebbero relativi alle dosi, non alle fiale da distribuire.

Pfizer continua a sottolineare che ogni fiala prodotta conterrebbe 6 e non 5 dosi, però, perché ciò sia possibile, è necessario l’utilizzo delle “famose” siringhe di precisione, su cui da tempo si discute. Su questo, dai centri vaccinali italiani è arrivata una conferma.

Un ricalcolo riconosciuto anche dall’Ema (l’autorità europea del farmaco), che aveva già riformulato le autorizzazioni a fine dicembre, e il 6 gennaio negli Stati Uniti, dopo settimane, dall’omologa dell’ente europeo Food and Drug Administration.

Ieri, Pfizer ha aggiunto di poter fornire 2 miliardi di dosi, anziché 1.3 miliardi come preventivato, entro il 2021.

La reazione alle nuove dichiarazioni di Pfizer

Il commissario straordinario Arcuri si è detto indignato per le dichiarazioni del colosso americano, verso cui l’Italia ha intrapreso le vie legali. Sarebbe un tentativo di distrarre i cittadini dal reale mancato rispetto degli accordi.

(fonte: fanpage.it)

“Dopo aver letto dotte disquisizioni sul numero di dosi per fiala, sei anziché cinque, apprendiamo che il problema sarebbe tornato ad essere la mancanza di siringhe di precisione”.

Ha aggiunto che negli ultimi giorni, in Italia, si è provveduto a distribuire un numero inferiore di siringhe solo per le consegne ridotte e che quando queste riprenderanno a regime, “proprio le siringhe non saranno a mancare”.

Ha pesantemente attaccato Pfizer, ma anche AstraZeneca per i ritardi:

“Stanno trattando ventisette Paesi europei come dei poveracci. Queste aziende non producono bibite e merendine”.

Il commissario si è, poi, espresso anche su delle voci – non confermate – secondo le quali, un certo numero di dosi riservate ad alcuni Stati Europei, tra cui l’Italia, siano andati ai Paesi più ricchi dell’Unione o in altri continenti.

Il ministro degli Affari Regionali, Francesco Boccia, ha dichiarato che l’Italia pretende che i numeri pattuiti siano ripristinati e che i tutti gli eventuali problemi produttivi siano adeguatamente segnalati. Sull’ipotesi che i vaccini non recapitati siano invece andati ad altri Paesi più ricchi, ha detto:

“Spero che questo non sia vero. So che all’Europa sono stati dati meno vaccini di quanto doveva riceverne e che con la vita delle persone non si gioca.”.

I ritardi faranno, così, slittare di circa 4 settimane la vaccinazione degli over 80 e, di 6-8 l’inizio di quella del resto della popolazione. Intanto le dosi disponibili verranno usate per il richiamo – che è necessario sia effettuato nei tempi previsti – a coloro che sono stati già sottoposti alla prima somministrazione.

Si dovrà ancor di più per l’immunità di gregge, che si può avviare in sicurezza solo con un’alta percentuale di persone vaccinate. A tal proposito, il commissario Arcuri ricordava l’obiettivo di 45milioni di italiani vaccinati entro l’autunno, che ora pare stia sfumando.

Il patto riservato con Israele

(fonte: ilmanfesto.it)

Un’altra polemica, che si inserisce nello scenario delle vaccinazioni contro il coronavirus, ha come protagonista lo Stato d’Israele. Il primo ministro Netanyahu – che nel suo ufficio conserva a vista la siringa con cui gli è stata somministra la prima dose Pfizer – pare abbia firmato un accordo di venti pagine con la società americana, per la consegna di una quantità di fiale sufficienti ai due terzi della popolazione (9.2 milioni di persone) entro marzo, esclusi i più giovani sotto i 16 anni. Un’intesa simile sarebbe stata finalizzata anche con Moderna. Dal 20 dicembre, oltre 2.5 milioni di cittadini sono stati vaccinati. Per assicurare la consegna di tutte le dosi nei tempi prestabiliti, pare che Israele abbia pagato tanto e di più di tanti Paesi Ue. Ciò per permettere che i cittadini possano andare al voto, come previsto – per la quarta volta in due anni – il prossimo 23 marzo.

Nell’accordo si teme figurino troppi dettagli sensibili relativi ai cittadini e ogni singola dose, nel suo tragitto fino al braccio in cui era stata destinata ad essere iniettata. Il governo ha risposto assicurando che, in realtà, a Pfizer vengono forniti solo dati statistici generali. Di questo sono poco convinte alcune associazioni e organizzazioni che si occupano di tutela della privacy. Così, queste hanno firmato una petizione presentata in tribunale che ha costretto il Ministero della Sanità a rendere pubblico l’accordo, documento approvato senza che la Commissione di Helsinki – preposta a definire le regole per le sperimentazioni mediche sugli esseri umani – potesse prima revisionarlo. Nonostante ciò, alcuni passaggi rimangono ancora riservati.

Si cerca l’alternativa al vaccino

In questo scenario, nelle ultime ore è arrivata la notizia che la Germania inizierà a utilizzare, negli ospedali universitari già dalla prossima settimana, il trattamento sperimentale a base di anticorpi monoclonali, con cui l’appena-ex presidente americano Trump fu curato quando fu malato di Covid. Lo ha annunciato domenica il ministro della Salute tedesco, Jens Spahn: “Il governo ha acquistato 200mila dosi” ha detto al quotidiano Bild am Sonntag.

La strada verso la fine della pandemia è ancora lunga, ma gli ultimi avvenimenti sono stati prova del fatto che la comunità scientifica non si è ancora arresa nella ricerca di cure alternative ai vaccini.

 

Rita Bonaccurso

Ritardo Pfizer. Ue e Italia non transigono e chiedono il rispetto dei patti

Nei giorni scorsi, da parte di Pfizer era arrivato un appello affinché si lavorasse più velocemente per l’approvazione degli altri vaccini ancora nelle ultime fasi di sperimentazione. Il motivo fornito è l’impossibilità, da parte dell’azienda, di produrre il vaccino per tutto il mondo nei tempi necessari al contenimento del covid.

Non ha tardato la reazione dell’Ue, la quale ha annunciato di non ammettere eventuali ritardi sulla consegna delle dosi, facendo intendere che questi sarebbero stati, dunque, provocati dalla produzione, non da disposizioni diverse, e ricordando che l’azienda tedesca è stata finanziata con 100 milioni di euro dalla Comunità.

Gli obiettivi raggiunti con le campagne di vaccinazione

(fonte: agendadigitale.eu)

Molti Stati, tra cui l’Italia hanno raggiunto già ottimi traguardi con le somministrazioni. Il nostro Paese si trova al nono posto nella classifica mondiale e al primo in Europa, sono un milione e 120mila gli italiani che hanno ricevuto la prima dose di vaccino. Uno dei prossimi obiettivi – nonostante i dati confortanti di questa prima fase della vaccinazione – è che possano essere utilizzati, dopo tutte le fasi di sperimentazione e di certificazioni, anche le dosi di Reithera. Ciò è previsto avvenga a giugno. L’approvazione del vaccino italiano è attesissima: grazie alla sua formulazione, basterebbe una sola dose per ottenere l’immunità al virus e gode di più facile conservazione, che può avvenire anche in un normale frigo a 4 gradi. Ma di questo vaccino, l’azienda, stima di poter produrre 100 milioni di dosi all’anno al massimo.

La somministrazione di una dose Pfizer (fonte: milano.corriere.it)

 

Le reazioni in Europa dopo l’annuncio ufficiale dei ritardi

Intanto l’annuncio del ritardo della distribuzione del vaccino Pfezeir-Biontech è arrivato come temuto, il 16 gennaio, alle ore 15.38 con un comunicato ufficiale. La Pfizer aveva avvisato che, a partire dalla giornata odierna, avrebbe consegnato all’Italia circa il 29% di fiale di dosi in meno rispetto ai piani concordati con gli uffici del Commissario straordinario Arcuri e con le Regioni italiane. Inoltre, ha, unilateralmente, deciso in quali centri di somministrazione sul suolo nazionale ridurrà le fiale inviate e in quale misura. Analoga comunicazione è pervenuta a tutti gli altri Paesi della Unione. Inizialmente, l’Ue ha temuto un ritardo delle consegne pari a 3-4 settimane.

“La campagna vaccinale italiana è partita con il piede giusto, siamo il primo paese dell’Unione europea. Le cose si sono messe nel modo giusto, ma chiediamo a Pfizer di rispettare i patti, chiediamo serietà e rigore” ha detto il ministro della Salute Roberto Speranza, durante un suo intervento durante il programma televisivo Stasera Italia Weekend.

Il commissario Arcuri (fonte: corriere.it)

Lo strano suggerimento di Pfizer

Alla vigilia dell’annuncio del cambio di programma, Pfizer aveva, inoltre, ufficialmente suggerito di procedere con l’estrazione, presso gli hub vaccinali dove sono state fornite le siringhe di precisione, anche di una sesta dose dalle fiale consegnate. Una soluzione per consentire di ottenere il 20% di dosi in più rispetto a quelle finora iniettate, il 66% di quelle disponibili. Intanto chi ha partecipato al V-Day del 27 dicembre, fra ieri e oggi, dovrebbe aver ricevuto la seconda dose. Per i richiami già programmati si era programmato l’utilizzo della riserva del 30%, ma dove in via di esaurimento, anche, se necessario, la somministrazione di fiale del vaccino Moderna, compatibile con il Pfizer.

Ci sarebbe la necessità di ristrutturare l’impianto belga di Puurs per aumentare il ritmo produttivo, dietro le incertezze di Pfizer. “Appena ho saputo del ritardo nella produzione di Pfizer – ha dichiarato il presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen – ho chiamato l’amministratore delegato: mi ha rassicurato che tutte le dosi previste per l’Ue saranno consegnate nel primo trimestre”.

Un piano per ridurre il ritardo

Così, anche dopo la richiesta del commissario Arcuri di “rivedere i propri intenti”, auspicando “di non essere costretto a dover tutelare in altro modo il diritto alla salute dei cittadini italiani”, Pfizer e BioNTech hanno poi comunicato di aver un piano per ridurre a una settimana i ritardi annunciati.

In un comunicato si legge che questo “permetterà di aumentare la capacità di produzione in Europa e di fornire molte più dosi nel secondo trimestre. – e ancora – Torneremo al calendario iniziale di distribuzione all’Ue a partire dalla settimana del 25 gennaio, con un aumento delle consegne dalla settimana del 15 febbraio. Per farlo, alcune modifiche al processo di produzione sono ormai necessarie.”

La preoccupazione per le “varianti”

Ad aumentare la tensione, contribuisce la preoccupazione per le varianti inglese e brasiliana del virus, più aggressive e contagiose.

L’Istituto zooprofilattico di Abruzzo e Molise (Izsam) ha individuato 51 contagi, nella provincia di Chieti, riconducibili alla variante inglese.

Le autorità, già preoccupate per la più facile contagiosità della variante inglese, stanno monitorando attentamente anche la variante brasiliana, su cui vi sono ancora meno certezze che sull’altra.

Inizialmente, vi era anche il sospetto che la Pfizer stesse ritardando proprio a causa della scoperta delle varianti, poi smentito a causa dell’obiettiva insostenibilità nel produrre dosi per tutto il mondo.

Sulla parziale o completa inefficacia dei vaccini già somministrati su queste varianti, non vi è assoluta certezza, ma l’attenzione è comunque altissima per il rischio.

In ogni caso, in tutti questi mesi, abbiamo – o almeno avremmo dovuto – imparare che è meglio non abbassare mai la guardia con questo virus.

 

 

Rita Bonaccurso

BioNTech, potenziale vaccino per la Sclerosi Multipla

Crediti immagine: Ansa

È dell’8 Gennaio 2021 la pubblicazione, da parte di BioNTech sulla rivista Science, di un vaccino sperimentale per la cura della Sclerosi Multipla. Esso si basa sulla tecnologia del vaccino a RNA, seguendo la scia dei recenti vaccini adoperati per il Covid19.

Cos’è la Sclerosi Multipla?

È una malattia infiammatoria cronica demielinizzante che colpisce il sistema nervoso centrale. Si ha la formazioni di placche negli assoni (“i cavi” del nostro cervello), che compromettono la trasmissione nervosa. Questo comporta stanchezza, affaticabilità, disabilità, paralisi dopo molti anni e nelle forme più gravi morte, per le conseguenze dell’immobilità.

Non esistono già farmaci per questa malattia?

I farmaci attualmente in uso per la malattia non sono curativi, bensì la trattano, rendendola una patologia cronica con la quale si è costretti a convivere. Essi sono immunomodulanti e immunosoppressori, che variano dai cortisonici agli anticorpi monoclonali.

Purtroppo però, nonostante la terapia, nel lungo termine (20 anni circa) le forme progressive porteranno comunque a disabilità neurologica il malato.

Aree del cervello danneggiate dalla Sclerosi Multipla, viste in RMN. Crediti immagine: Associazione Italiana di Neuroradiologia Interventistica

In cosa consiste il “vaccino” di BioNTech?

Considerando che la malattia ha una probabile origine immunitaria, vista l’efficacia degli immunomodulanti, gli scienziati hanno pensato di “resettare” il Sistema Immunitario che attacca gli assoni.

Per fare questo, bisogna introdurre nel corpo umano gli Antigeni (le molecole bersaglio) che sono vittime dell’attacco del sistema immunitario e far sì che esso sviluppi una “Tolleranza” nei confronti di questi.

È possibile indurre la Tolleranza Immunitaria attraverso dei vaccini Non Infiammatori, per cui il sistema immunitario, anziché allarmarsi e produrre anticorpi contro una determinata molecola, la consideri “amica”, come fosse del corpo umano, e smetta di attaccarla.

C’è qualche collegamento con il Vaccino per il Covid19?

Anche se il Covid19 e la Sclerosi Multipla sono due malattie distinte e separate, i due vaccini hanno molto in comune: sono vaccini a RNA.

Un vaccino a RNA dà le istruzioni alla cellula su come deve costruire l’Antigene, ovvero la molecola che dovrà essere attaccata dal sistema immunitario. Quest’ultimo, una volta che la molecola è stata prodotta, noterà che essa è qualcosa di estraneo al corpo e costruirà gli anticorpi per combatterla.

Prima del Covid19, i vaccini a RNA non erano mai stati testati sulla popolazione umana, in quanto si usavano dei vaccini contenenti già l’antigene verso cui si voleva costruire la risposta immunitaria.

Il problema dei vaccini tradizionali è che sono molto costosi, sia in tempo che in ricerca, da produrre. Si deve infatti produrre la giusta proteina, inserirla in virus innocui per l’uomo in quanto disattivati e successivamente iniettare il Vaccino.

Quello a RNA ha come svantaggio il fatto di richiedere basse temperature di conservazione, ma è molto veloce ed economico da produrre, potendo bypassare la ricerca del virus adatto da usare come vettore e potendo invece semplicemente mettere in una particella le informazioni necessarie alla cellula per costruire l’antigene di cui abbiamo bisogno.

La spinta tecnologica data dal Covid19

Senza la necessità di un urgente vaccino contro il virus SARS-Cov2, i vaccini ad RNA avrebbero impiegato ancora anni prima di essere approvati per la sperimentazione umana. Lo stato emergenziale ha fatto sì che tutti i rallentamenti burocratici, come la ricerca di fondi, venissero bypassati.

Inoltre, dopo un’iniziale sperimentazione animale, si è passati subito a quella umana, cosa che di norma richiederebbe anni.

Fortunatamente, ad oggi non ci sono stati effetti collaterali significativi usando questo tipo di vaccino a RNA, così come usando quello a RNA della casa farmaceutica Moderna.

Questo comporta un grande impulso verso la ricerca su vaccini a RNA per altre patologie.

Infatti, essendo facili ed economici da produrre, si potranno ideare vaccini verso una quantità innumerevole di patologie. Senza l’incertezza di una lenta approvazione per la sperimentazione umana, inoltre, le case farmaceutiche saranno molto più interessate alla produzione di questo tipo di farmaci.

La BioNTech ha così sperimentato sui topi questo potenziale vaccino per la Sclerosi Multipla.

L’esperimento

In alcuni topi con Encefalite Autoimmune, l’equivalente della Sclerosi Multipla dell’uomo, l’inoculazione del vaccino ha mostrato non solo un arresto della progressione della malattia, ma perfino un miglioramento delle capacità motorie dei topi malati. Questo perché, grazie al vaccino, il loro Sistema Immunitario ha smesso di riconoscere come “nemici” gli antigeni dei neuroni, facendo così cessare l’infiammazione a carico di essi.

Il vaccino funziona.

Risultati dell’esperimento. Crediti immagine: Science

La sperimentazione continuerà sugli animali, per riprodurre questi risultati incoraggianti. Si spera, in un futuro prossimo, che possa essere testato sugli esseri umani affetti da Sclerosi Multipla, potendo così guarirli per sempre da questa patologia.

Prospettive per il futuro

Sono moltissime le patologie autoimmuni verso le quali ad oggi non esiste cura.

Ricordiamo il Lupus, l’Artrite Reumatoide, la Sindrome di Sjögren, il Diabete Mellito di tipo 1, solo per fare qualche esempio.

Purtroppo ad oggi la terapia di queste gravi malattie si basa solamente sulla cura dei sintomi, o sul tenere a bada il Sistema Immunitario mediante cortisonici o altri immunomodulanti.

Questo, però, espone ad effetti collaterali come infezioni, maggiore incidenza di tumori e squilibri ormonali e glicemici.

Foto di una paziente affetta da Lupus Eritematoso Sistemico. Crediti immagine: MDS Manuals

Se questo vaccino funzionerà, sarà possibile curare definitivamente e senza gravi effetti collaterali tutte queste malattie.

Conoscendo infatti l’antigene verso cui si instaura l’autoimmunità, si potrebbe costruire un vaccino ad hoc per instaurare la Tolleranza Immunitaria, guarendo così il malato.

Conclusioni

Il Covid19, nonostante i milioni di vittime e la crisi economica e sociale che ha causato, potrebbe averci fatto un regalo meraviglioso.

Esso infatti ha permesso di concentrare ingenti risorse economiche ed umane per lo sviluppo, con velocità senza eguali, di una cura efficace.

Ciò da un lato dimostra che, con la collaborazione internazionale e l’intenzione di spendere in ricerca, è possibile raggiungere traguardi miracolosi.

Dall’altro ci apre le porte verso una nuova tecnologia, quella dei Vaccini a RNA, che potrebbero in futuro guarire molte patologie ad oggi incurabili.

                                                                                                                                                      Roberto Palazzolo

Policlinico: oggi il via alla campagna vaccinale anti-Covid-19

Questa mattina ha avuto inizio la campagna vaccinale anti Covid-19 presso il Policlinico Universitario “G. Martino”.

In Sicilia sono giunte nei giorni scorsi le prime 54 990 dosi e ciascuna confezione è poi stata inviata ai vari centri di somministrazione delle varie Aziende Sanitarie ed Ospedaliere.

Rappresenta la speranza e bisogna avere grande rispetto per la ricerca e per chi ha realizzato questa importante arma contro la pandemia.

Queste le parole in merito al vaccino del Magnifico Rettore Prof. Salvatore Cuzzocrea, tra i primi a ricevere la somministrazione oggi, assieme al Commissario straordinario Giampiero Bonaccorsi, al Direttore sanitario Antonino Levita e tutti i Direttori di Dipartimento assistenziale.

Il personale sanitario e il Commissario straordinario Giampiero Bonaccorsi, il Direttore sanitario Antonino Levita e il Rettore Prof. Salvatore Cuzzocrea

Il lavoro del personale sanitario continuerà attentamente  e con costanza nei prossimi giorni. In particolar modo la struttura dell’UFA, grazie al lavoro del dott. Pellegrino e degli infermieri Gallo e Carbone, si occuperà di preparare le singole dosi da somministrare agli operatori.

Vacciniamoci  è molto importante.

Presso il nosocomio inoltre, saranno realizzate specifiche aree ambulatoriali per la somministrazione del vaccino, alle quali potranno affluire inizialmente (dopo relativa prenotazione) ed esclusivamente il personale che a qualsiasi titolo opera al suo interno, gli studenti del Cdl in Medicina e Chirurgia, di Medicina generale, delle professioni sanitarie e specializzandi, come dichiarato da specifica nota.

Rientri tra le categorie sopracitate e non sai come prenotarti?

Scopri come iscriverti alla preadesione alla campagna vaccinale nella nostra guida dettagliata: Vaccinazione anti Covid-19: il via alle preadesioni.

Giovanni Alizzi