Inghilterra ed Israele, le prime riaperture. Italia alla rincorsa del modello inglese

Dopo ben 99 giorni di lockdown invernale, la Gran Bretagna ha potuto finalmente festeggiare lo scorso lunedì 12 aprile l’avvio della fase due della ‘’road map’’, stabilita dalle autorità britanniche per una graduale riapertura della nazione.

L’Inghilterra riapre pub, negozi e palestre. Fonte: AGI

Si tratta del primo Paese europeo a stare dimostrando già da ora i risultati di un’efficiente campagna vaccinale, così come lo Stato di Israele sta facendo in territorio extra-europeo. L’Italia ha invece annunciato, per voce del sottosegretario alla Salute Pierpaolo Sileri, di puntare al mese di giugno per una riapertura all’inglese. A trovarsi in grandi difficoltà è piuttosto il Cile che, nonostante l’ampia campagna vaccinale, pare essere ancora in piena crisi di trasmissione.

Gli inglesi tornano alla normalità

Lunghissime file davanti a pub e negozi, tra assembramenti vari e pinte di birra in mano: questo lo scenario in diverse città del Regno Unito già nelle prime ore di un lieto lunedì inglese, che è stato pronto ad accogliere il piano di allentamento delle restrizioni per la pandemia, deciso in precedenza dal governo. Esso prevede la riapertura di negozi non essenziali, edifici pubblici, palestre, piscine – e ancora – bar, pub e ristoranti (con possibilità di fare servizio solo all’aperto ma senza limiti di orario).

Ma il primo ministro inglese Boris Johnson ha tenuto comunque a precisare, in un intervento su Bbc, che il graduale percorso di uscita dalle restrizioni anti Covid – protrattesi per oltre 3 mesi – comporterà in modo inevitabile una ripresa di casi di contagio e conseguenti decessi. Durante l’intervento, Boris ha inoltre evidenziato il merito del rigido lockdown imposto a fine gennaio (che vietava di uscire di casa se non per motivi di salute o necessità) e dell’ottimo andamento della campagna vaccinale nel rendere possibili delle simili riaperture:

«È molto molto importante che tutti capiscano che la riduzione dei ricoveri, delle vittime e dei contagi non è stato ottenuto dal piano vaccinale. Penso che la gente non capisca che è stato il lockdown ad essere incredibilmente importante nell’ottenere questi miglioramenti. Naturalmente i vaccini hanno aiutato ma il grosso del lavoro è stato fatto dal lockdown», ha detto il premier inglese.

Il Regno Unito non deve abbassare la guardia

Il Regno Unito è al momento il paese con la più alta percentuale di abitanti vaccinati dopo Israele, trascurando ovviamente i dati delle piccole nazioni.

Il motivo di tale successo deriva senz’altro dalla negoziazione in autonomia dei vaccini e da un’aggressiva strategia vaccinale, con la quale si è cercato di somministrare la prima dose a più persone possibili, senza badare molto alla conservazione di scorte per i richiami: il 47% delle persone ha ricevuto la prima dose del vaccino, ma il ciclo vaccinale è stato completato soltanto dall’11%. Dalla combinazione tra protezione della prima dose di vaccino e rigide misure restrittive è derivato quindi un sostanziale calo di contagi e terapie intensive.

Secondo uno studio condotto dall’Imperial College di Londra, il Regno Unito dovrebbe essere diventato dal 12 aprile scorso ‘’territorio dell’immunità di gregge’’, dal momento che i tre quarti della sua popolazione possiede gli anticorpi contro il Covid, grazie alle avvenute guarigioni e agli oltre 40 milioni di dosi vaccinali fino ad ora somministrati.

Lunga coda di persone davanti al pub di Coventry. Fonte: BBC

Non bastano tuttavia tali numeri per abbassare la guardia. Per questo, già nei giorni scorsi, sono scattate le prime indagini di polizia e minacce di multe per via dell’eccessivo entusiasmo segnalato in diverse zone del Paese per la ripresa del servizio dei pub, tradizionali luoghi di ritrovo per moltissimi inglesi.

Tra i casi limite, spicca quello del pub ‘’Oak Inn’’ di Coventry, finito sotto investigazione a causa di un assembramento di persone che fin dalla mezzanotte si erano radunate in fila, con pochissimo distanziamento tra loro.

L’Israele riapre grazie alle vaccinazioni

In Israele tutto sta gradualmente tornando alla normalità, dimostrando al resto del mondo che non per forza è necessaria l’immunità di gregge per sconfiggere la pandemia e far ripartire l’economia: vaccinare il 55% dei cittadini è stato sufficiente. Tale percentuale (più alta ove la popolazione fosse più anziana) sarebbe infatti sufficiente per bloccare la trasmissione del virus e proteggere i soggetti a rischio mediante una ‘’protezione indiretta’’, fatta di vaccinazioni e restrizioni.

Ad intervenire sul tema il noto divulgatore scientifico italiano Roberto Burioni, che ha mostrato attraverso una serie di tweet la curva dei contagi in Israele, per dimostrare l’importanza dell’immunizzazione con i sieri anti-covid.

Covid Israele. Fonte: Quotidiano.net

Dalla task force anti Covid di Gerusalemme sono poi arrivati degli incoraggiamenti rivolti all’Italia:
“Ce la farete, come ce l’abbiamo fatta noi”, ha dichiarato Arnon Shahar, capo della task force israeliana.
Il medico, intervistato da Sky Tg24, ha poi continuato dicendo:

«non abbiamo ancora una vita normale, ma ci stiamo arrivando. La nostra è stata una Pasqua diversa. Siamo stati a casa e in famiglia», ma ora «possiamo sperare di poter togliere la mascherina all’aperto entro la fine di aprile».

E ancora:

«Le scuole sono aperte, anche se non totalmente. Le elementari sono tutte aperte, le medie ‘’in capsule’’, e stiamo valutando se fare tornare anche loro alla normalità». Infine, Shahar ha rivelato di essere stato anche a un concerto «con quasi mille persone, tutte con il patentino verde che dimostra che sono state vaccinate o guarite da Covid, e tutte con la mascherina».

L’Italia spera nel mese di maggio

Per quanto riguarda l’Italia, la decisione sulle riaperture verrà molto probabilmente presa la prossima settimana dal Consiglio dei ministri. Non è possibile fissare con certezza una data, anche se si prospetta già un mese di maggio fatto di progressive aperture.

‘’Riaprire in sicurezza ristoranti a pranzo e a cena sfruttando gli spazi all’aperto’’, questa l’ipotesi contenuta nella bozza delle linee guida sulle riaperture che le Regioni sottoporranno al Governo alla Conferenza Stato-Regioni, confermando inoltre le misure di protezione già in atto.
Il sottosegretario alla Salute Sileri ha detto la sua intervenendo nel programma ‘’Agorà‘’ su Rai 3, confermando di essere a favore delle riaperture ma con giudizio:

«Abbiamo dei dati in miglioramento – osserva Sileri – L’Rt è sceso e verosimilmente continuerà a scendere», quindi «io immagino che consolidando i dati, scendendo largamente sotto un’incidenza di 180 casi ogni 100mila abitanti, a quel punto dal 1 di maggio si può tornare a una colorazione più tenue delle Regioni: le Regioni gialle ovviamente riaprono e qualcuna potrebbe essere bianca», anche se ora «questo non posso saperlo». Anche «riaprire la sera i ristoranti potrebbe essere fattibile. Non dal 1° maggio», precisa il sottosegretario, «ma progressivamente di settimana in settimana nel mese di maggio, fino ad arrivare ai primi di giugno con una riapertura modello inglese».

Sileri parla di possibili aperture. Fonte: LaNotiziaGiornale.it

Il perché della crisi cilena spiegato da Crisanti

Il caso del Cile è alquanto singolare, ritrovandosi quest’ultimo con un continuo aumento di contagi nonostante l’ampia campagna vaccinale: solo pochi giorni fa il paese sudamericano ha registrato un nuovo record di casi giornalieri, con 9.171 positivi rilevati in quelle ultime 24 ore.
A parere del virologo italiano Crisanti la crisi cilena:

«si spiega con le varianti. Sicuramente in questo Paese è stato usato in maniera massiccia un vaccino cinese che non è proprio uno dei migliori al mondo, Sinovac, ed evidentemente non si è rivelato abbastanza efficace. Ma non è solo questo. Loro sono pieni di varianti e la trasmissione è continuata in maniera sostenuta, alimentata dal liberi tutti, dall’allentamento delle restrizioni».

Gaia Cautela

Farmacovigilanza e vaccini: intervista al Prof. Edoardo Spina e alla Dott.ssa Paola Maria Cutroneo

I recenti eventi riguardanti il vaccino AstraZeneca sono l’esempio di come l’attività di farmacovigilanza funzioni in maniera tempestiva e a favore dei cittadini. Infatti, le agenzie regolatorie hanno prestato estrema attenzione alle segnalazioni di reazioni avverse ai vaccini raccolte negli ultimi tempi. Bisogna comunque sottolineare che il servizio di farmacovigilanza lavora costantemente per garantire la sicurezza di tutti i farmaci introdotti in commercio, compito tanto complesso quanto fondamentale.
Al fine di approfondire come tale attività viene svolta e per comprendere meglio le ragioni della sospensione precauzionale del vaccino AstraZeneca e della sua reintroduzione, abbiamo intervistato il Prof. Edoardo Spina, Professore di Farmacologia, Responsabile Scientifico del Centro Regionale di Farmacovigilanza e la Dott.ssa Paola Maria Cutroneo, Dirigente Farmacista, Centro Regionale di Farmacovigilanza.

Prof. Edoardo Spina e Dott.ssa Paola Maria Cutroneo

Per prima cosa vi chiediamo di spiegare ai lettori cos’è la farmacovigilanza e di quale tipo di attività si occupa.

Prof. SpinaLa farmacovigilanza consiste in una serie di attività che hanno lo scopo principale di studiare, identificare e prevenire le reazioni avverse ai farmaci. In senso più ampio, è lo studio di un farmaco post-commercializzazione. Infatti, oltre allo studio dei profili di tollerabilità e delle reazioni avverse, permette di scoprire anche nuovi effetti terapeutici e indicazioni dei farmaci. Basti pensare all’aspirina, conosciuta dal 1899, ma di cui solo da 15-20 anni si conosce il potenziale per la prevenzione di problematiche cardio- e cerebro-vascolari.
La necessità della farmacovigilanza nasce dai limiti degli studi di sperimentazione pre-marketing: basso numero di pazienti studiati, breve durata della sperimentazione, esclusione di alcune sottopopolazioni come bambini, anziani, donne in gravidanza, pazienti con patologie concomitanti ed in trattamento con altri farmaci. La farmacovigilanza consente quindi di identificare effetti indesiderati rari o che si verificano a lungo termine e infine di definire il reale rapporto rischio-beneficio di un farmaco.

Come è possibile fare una segnalazione e chi può farla? Cosa accade dopo aver segnalato un evento avverso?

Dott.ssa Cutroneo: La principale metodica di farmacovigilanza è la segnalazione spontanea che consiste nella raccolta di segnalazioni di sospette reazioni avverse, tramite apposite schede compilate da parte di medici, operatori sanitari e anche cittadini non addetti ai lavori.
La segnalazione non implica la certezza che si abbia una correlazione tra farmaco e reazione avversa. Si tratta di un sospetto, per una correlazione temporale o per un peggioramento delle condizioni cliniche in seguito all’uso del farmaco, che potrebbe rappresentare una reale reazione avversa oppure un evento coincidente ma non correlato.
Le segnalazioni vengono inserite in database nazionali (la Rete Nazionale di Farmacovigilanza gestita dall’AIFA) e internazionali (come l’Eudravigilance, database dell’EMA che raccoglie i dati europei) e vengono analizzate periodicamente. Man mano che si raccolgono le casistiche, le agenzie regolatorie studiano l’eventuale correlazione causale che potrà essere dimostrata attraverso l’analisi clinica dettagliata dei singoli casi e la valutazione delle evidenze scientifiche a supporto. Questo permetterà di definire un potenziale segnale di sicurezza o una reale reazione avversa.
La vaccinovigilanza, in particolare, è un settore ancora più complesso. Questo perché il vaccino si dà in somministrazioni singole, mentre i farmaci sono utilizzati in terapie che durano nel tempo e che si possono correlare attraverso diversi elementi al decorso clinico di una potenziale reazione avversa. Quindi l’evento avverso si può collegare temporalmente alla somministrazione del vaccino, ma potrebbe non essere affatto collegato causalmente ad esso e la valutazione della correlazione non è così semplice.

Potete spiegare ai lettori quali sono state le ragioni che hanno portato alla sospensione precauzionale del vaccino AstraZeneca?

Dott.ssa Cutroneo: In seguito agli eventi noti a tutti noi, ovvero alle segnalazioni di casi fatali con una stretta correlazione temporale con la somministrazione del vaccino, l’intervento immediato è stato quello di sospendere il lotto per escludere l’eventuale possibilità di problemi di qualità o di eventuali errori nelle procedure di stoccaggio e conservazione dello stesso. Si è visto, successivamente, che casi analoghi sono avvenuti con altri lotti. A questo punto la possibile correlazione è stata valutata, non più per il singolo lotto, ma complessivamente per il vaccino.
Nel momento in cui si accumulano dei casi di eventi avversi a un farmaco, si può decidere una sospensione a fini cautelativi, cioè per il tempo necessario a raccogliere i dati clinici necessari (contattando i segnalatori e raccogliendo le cartelle cliniche dei soggetti) e ad analizzare il quadro. È proprio ciò che è successo nella vicenda del vaccino AstraZeneca. Va detto che farmaci privi di rischio in assoluto non esistono, perché qualsiasi medicinale può dare effetti collaterali.

Prof. Spina: Questi tre giorni di sospensione hanno avuto come obiettivo quello di dimostrare l’eventuale correlazione tra la vaccinazione e l’insorgenza di rari eventi tromboembolici. Le analisi effettuate sui dati clinici ed il confronto tra l’incidenza di questi eventi nella popolazione vaccinata e non vaccinata non hanno al momento documentato nessun nesso tra la vaccinazione ed il rischio di questi rari e potenzialmente fatali effetti indesiderati. Ovviamente le autorità regolatorie ed i sistemi di farmacovigilanza presteranno particolare attenzione ad eventuali nuove segnalazioni di questi eventi e svolgeranno esami per capire se vi possano essere legami col vaccino. Inoltre, nella scheda tecnica del vaccino AstraZeneca verrà aggiunta la possibilità di questo nuovo e raro effetto indesiderato. 

Tali valutazioni non potevano essere fatte comunque evitando la sospensione?

Prof. Spina: Probabilmente, in seguito al ritiro del lotto per la rilevazione di eventuali anomalie, sarebbe stato possibile fare queste valutazioni indipendentemente dalla sospensione cautelativa del vaccino. Anche in Inghilterra ci sono stati dei casi simili ma, avendo visto i grandi risultati in termini di riduzione delle ospedalizzazioni e di mortalità legata a Covid-19 nella popolazione vaccinata, si è deciso di procedere senza una sospensione precauzionale per un effetto al momento incerto. In Europa, in pratica, si è chiesto di sospendere per il tempo necessario a fare chiarezza e allo stesso tempo di fare presto, ma soddisfare entrambe le richieste è impossibile.
Il punto è che in un periodo di tre giorni non è praticamente possibile documentare in maniera assolutamente approfondita e dettagliata l’estraneità dell’evento avverso, e la stessa cosa vale per il contrario. Tenuto conto degli indubbi vantaggi della vaccinazione, a mio avviso sarebbe stato possibile continuare comunque a vaccinare e, parallelamente, approfondire gli eventi accaduti come si sta facendo.

Si può dare una misura al numero degli eventi avversi segnalati in questi ultimi mesi di vaccinazioni? Qual è il confronto tra il numero di segnalazioni riguardo AstraZeneca e quelle relative agli altri vaccini?

Dott.ssa Cutroneo: Partiamo dal presupposto che c’è stata una grande attenzione agli effetti collaterali di questi vaccini, di conseguenza stiamo ricevendo un gran numero di segnalazioni. Si tratta comunque, nella maggior parte dei casi, di reazioni non gravi come febbre o dolore al sito di iniezione.
Una differenza che abbiamo notato è che alcuni vaccini hanno più tendenza a dare reazioni localizzate o dolore muscolare mentre altri, come AstraZeneca, correlano più frequentemente con la febbre.
Con i dati a disposizione è impossibile fare un confronto quantitativo dei rischi perché, visto che la segnalazione è su base volontaria, non abbiamo il reale numero di soggetti che hanno avuto reazioni avverse da rapportare al denominatore costituito dal totale di soggetti vaccinati. Potremmo correlare le segnalazioni ricevute al numero totale di dosi somministrate di ciascun vaccino, ma potrebbero esserci delle imprecisioni dovute alla sotto-segnalazione degli eventi avversi.

Prof. Spina: Ad esempio, non possiamo sapere quanti hanno in realtà un effetto e non lo segnalano. Immaginate quanti soggetti hanno avuto dolori o febbre senza notificarlo. Proprio questo è uno dei limiti della segnalazione spontanea.
Inoltre, la popolazione vaccinata non è esattamente la stessa, perché il vaccino di AstraZeneca era inizialmente rivolto verso chi aveva meno di 55 anni, mentre quelli a mRNA erano rivolti a tutti. Non si può fare, quindi, un confronto esatto.
Volendo analizzare i casi di tromboembolia di cui si parla soprattutto in relazione ad AstraZeneca, va innanzitutto sottolineato che c’è stato qualche caso anche con il Pfizer. Anche qui, però, tali casi si potrebbero notare meno con il vaccino Pfizer perché somministrato ad una popolazione più anziana che è più predisposta ad alcune di queste evenienze o ha già patologie. Al momento non è quindi possibile fare un confronto preciso.
Ciò che è sicuro è che questa tipologia di eventi, specie se avvenuti in soggetti senza fattori di rischio, vadano indagati, ma ciò richiede del tempo. Al momento non è possibile escludere con assoluta certezza che i casi di tromboembolia, sebbene rari, possano avere una base patogenetica comune.
Nel concreto l’attuale valutazione è che il beneficio del vaccino nella prevenzione della Covid è superiore rispetto al rischio rarissimo di trombosi, che è stato visto soltanto in circa 25 casi documentati su 20 milioni di vaccinati.

I comunicati contraddittori degli ultimi giorni hanno avuto probabilmente un impatto negativo sulla campagna vaccinale in corso. Pensate che in futuro il beneficio garantito dai vaccini riuscirà a superare lo scetticismo che si è creato?

Prof. Spina: La sospensione precauzionale, sebbene di soli tre giorni, potrebbe aver contribuito a confondere le idee dei cittadini e a creare in chi ascolta un maggiore scetticismo verso la pratica vaccinale, che è oggi fondamentale. La ripresa immediata potrebbe tranquillizzare molti, ma non tutti.
La gran maggioranza della popolazione ha fiducia e si è visto dalle numerosissime richieste di poter accedere alla vaccinazione da parte di tutte le categorie di cittadini. Non c’è dubbio che, a fronte di una quota di soggetti che negano l’utilità del vaccino o addirittura la malattia stessa, queste decisioni possano aver generato diffidenza o scetticismo. Credo che comunque, in futuro, prevarrà di gran lunga la consapevolezza dell’utilità e del beneficio della vaccinazione. Se si fosse evitato in parte ciò che è accaduto in settimana, o se l’analisi di quanto successo fosse stata affidata solo agli addetti ai lavori, sarebbe certamente stato più vantaggioso. Per il futuro è importante avere un atteggiamento rassicurante, ma soprattutto prudente. Va sottolineato che si stanno somministrando dei vaccini sicuri che, in base a quello che sta osservando la farmacovigilanza, possono dare luogo a reazioni lievi e solo eccezionalmente gravi, che al momento non possiamo escludere. Così come non possiamo escludere il rischio zero: ipoteticamente, se ora assumessi un prodotto da banco o semplicemente una tazza di tè potrei andare incontro ad un evento avverso. Ma capite bene che se capitasse solo a me sarebbe impossibile stabilire un nesso di causalità.

Il messaggio conclusivo che ci sentiamo di trasmettere è che i vaccini sono fondamentali in questo momento, in quanto strumento efficace in grado di limitare la diffusione del contagio, i ricoveri e la mortalità. Altri farmaci potranno contribuire a debellare l’infezione, ma il vaccino rimane indubbiamente l’arma principale.

Davide Arrigo
Antonino Micari

Certificati verdi per poter viaggiare: le proposte della Commissione UE per i passaporti di immunità per salvare il turismo

La Commissione Europea ha proposto un programma che salvi il turismo. Si prevede un documento che certifichi l’avvenuta vaccinazione o la guarigione da coronavirus consentendo a chi è negativo un’agevole circolazione fra gli Stati membri. L’EMA, inoltre, ha garantito la sicurezza della ripresa dell’uso del vaccino di AstraZeneca.

Commissione Europea: proposta certificati verdi –Fonte:leasenews.it

Mercoledì 17 marzo la Commissione Europea ha esposto un piano che miri allo sviluppo di un “certificato verde digitale”, con lo scopo di rendere più fruibili i viaggi tra i paesi dell’Unione. Questo progetto entrerà in vigore in estate permettendo così alle Nazioni, che più dipendono dal turismo, di affrontare la stagione con maggiore flessibilità.  Sebbene siano stati presentati i principi alla base del nuovo sistema, innumerevoli dubbi sorgono sulla sua reale funzionalità.

Passaporti di immunità

Il servirsi di passaporti di immunità validi in tutta l’Unione Europea, segneranno il lasciapassare per essere esclusi dalle diverse restrizioni vigenti a livello nazionale e internazionale, necessarie per arrestare l’avanzata della pandemia. È fondamentale ricordare che questo certificato non sarà il presupposto di base per permettere la libera circolazione, diritto fondamentale, né per viaggiare sugli aerei o sui treni ed attraversare i confini nazionali. Servirà bensì a dare la possibilità a chi si è vaccinato o risultato da recente tampone negativo oppure chi ha acquisito per via naturale l’immunità, di potersi spostare con maggiore facilità poiché risulterà essere un soggetto a minor rischio rispetto agli altri.

“Sarà un documento che descriverà la situazione medica

Certificati, app e test all’arrivo –Fonte:repubblica.it

Nel caso in cui, nonostante i certificati, lo Stato membro richieda al cittadino europeo l’obbligo della quarantena o l’effettuazione di un test, dovrà necessariamente informare della sua decisione la Commissione Europea e porre in essa una valida giustificazione.

Altresì è stata ritenuta inopportuna la definizione di “passaporto vaccinale”, in quanto avrebbe potuto avere un carattere discriminatorio verso chi non è stato ancora sottoposto al farmaco.

Necessità di attuazione del certificato

Sebbene siano ancora molto rilevanti i dubbi sull’effettiva utilità dei documenti, questi rappresenteranno una plausibile soluzione volta a tutelare il settore turistico messo gravemente in ginocchio dall’epidemia. Nonostante vi sia l’impossibilità di poter stabilire in modo preciso la durata della stessa.

L’impatto del Covid-19 sul turismo europeo –Fonte:mondointernazionale.com

L’istituzione del certificato verde discussa già lo scorso febbraio dai capi di governo dei Paesi membri, era stata accettata senza indugio dai leader degli Stati meridionali, la cui economia si fonda principalmente sul settore del turismo. Emergevano invece scetticismi dalle Nazioni settentrionali dell’Europa.

Il progetto

Il piano prevede l’emissione di un documento, che potrà essere sia in formato digitale che cartaceo, scritto in lingua italiano e in inglese e fornito di codice QR, che permetterà una rapida scansione e verifica sull’autenticità. Sarà altresì necessario il riscontro di almeno una delle seguenti condizioni:

  • L’avvenuta vaccinazione
  • Un recente risultato negativo ai test per coronavirus
  • La guarigione dal Covid-19

Covid, verso il passaporto di immunità –Fonte:ilmessaggero.it

Secondo quanto prescritto nel testo ufficiale della Commissione Europea, ciascuno degli Stati membri avrà a carico l’emissione dei certificati. Questi potranno perciò valutare le migliori modalità di distribuzione che vada dall’ausilio di un sistema centralizzato o che preveda una dislocazione presso i centri collaudati, per la somministrazione del vaccino, oppure che fornisca tale abilitazione agli operatori sanitari che riscontrano la completa guarigione dal Covid-19.  Le autorità nazionali dovranno dotare ogni organismo autorizzato di propria chiave digitale, che consentirebbe la creazione di una struttura che miri a limitare i rischi di contraffazione. Risulta evidente come ogni Paese debba tenere il registro delle stesse, garantendo così una maggiore tutela della privacy necessaria per custodire le informazioni delicate riguardanti la salute.

Informazioni richieste dal certificato

I dati personali richiesti sono:

  • Dati anagrafici: quali nome, cognome e data di nascita
  • L’eventuale vaccino inoculato, segnando opportunamente la somministrazione della prima o della seconda dose, oppure l’esito di un test recente o informazioni sulla guarigione
  • Codice identificativo univoco
  • Data e luogo del rilascio del documento

I controlli previsti dalle Nazioni saranno effettuati con il solo fine di verificare l’autenticità del certificato, eliminando alcuna possibilità di registrazione delle informazioni sensibili, che saranno mantenute unicamente dal Paese di origine che ha emesso il documento.

Vaccinati, guariti o testati –Fonte:europa.today.it

A seguito dell’impegno della Commissione Europea sulla definizione di un’adeguata infrastruttura informatica che possa garantire la gestione dei certificati verdi entro questa estate, gli Stati membri necessiteranno altresì della creazione di propri sistemi volti all’amministrazione dei dati sanitari che vadano di pari passo con la nuova soluzione proposta.

Dubbi degli Stati membri

Lo scetticismo del Nord Europa nasce della determinatezza del progetto che aspira nel giro di tre mesi al suo completo funzionamento. Sebbene ogni Paese sia libero di imporre restrizioni più o meno incisive sulle limitazioni turistiche, la Commissione vorrebbe evitare che tale scenario prenda piede nel continente, arginando così una totale mancanza di regole e sistemi comuni.

Le vaccinazioni –Fonte:marionegri.it

Alcuni ritengono che l’avvenuta vaccinazione sia più facile da dimostrare rispetto alla semplice guarigione, che renderebbe più rapida e chiara l’emissione dei certificati e conseguentemente la loro verifica. Altri ancora credono che una tale soluzione sia intrinseca di carattere discriminatorio nei confronti di chi è in attesa della somministrazione della dose o di chi a seguito di problemi di salute non potrà sottoporvi.

La ripresa del vaccino AstraZeneca

A questi dubbi seguono quelli relativi alla capacità dei vaccini di rendere meno contagiosi dalla divulgazione del virus. Fino ad adesso i farmaci usati mostrano un’elevata efficacia nella protezione dalle forme più gravi della malattia, facendo così diminuire i rischi di ricovero e mortalità.

L’Agenzia Europea per i Medicinali (EMA) ha però chiarito una tra le maggiori perplessità che dalla scorsa settimana circolavano nel continente. Questa ha terminato la propria indagine sui vaccini dell’azienda farmaceutica AstraZeneca evidenziando la totale assenza di nessi causali tra i casi di trombosi e l’utilizzo del farmaco.

Vaccini AstraZeneca –Fonte:gds.it

L’analisi effettuata su un’ampia fetta di dati raccolti negli scorsi giorni, ha permesso la ripresa della somministrazione del vaccino incriminato nei paesi dove l’inoculazione dello stesso era stata sospesa, tra cui l’Italia.

Le verifiche effettuate

Gli esperti dell’Agenzia hanno studiato i casi sospetti su un indagine statistica che abbraccia milioni di somministrazioni del vaccino nell’Unione Europea. Gli esami si sono mossi tenendo in conto di diverse variabili come:

  • Modalità e tempi di somministrazione del farmaco AstraZeneca
  • Condizioni di salute dei soggetti che avevano poi sviluppato i problemi circolatori

I controlli effettuati non hanno rilevato la presenza di anomalie o l’esistenza di fattori che possano causare rischi di trombosi negli individui sottoposti al vaccino.

AstraZeneca –Fonte:adnkronos.com

Perciò a seguito della registrazione di pochi eventi avversi sul totale delle vaccinazioni effettuate con AstraZeneca, l’EMA ha dato il via libera alla ripresa del farmaco. Da questa indagine però l’agenzia non ha escluso che vi sarà una possibile ulteriore analisi dei casi.

Cosa farà l’Italia?

AstraZeneca, c’è il via libera dall’EMA –Fonte:orizzontescuola.it

L’Esecutivo non ha atteso alcun comunicato dell’AIFA (Agenzia Italiana del Farmaco), ha stabilito che da venerdì 19 marzo riprenderà a livello nazionale l’uso del vaccino, sospeso il 15 marzo scorso. In un comunicato il Governo italiano ha poi espresso che:

“ La somministrazione del vaccino AstraZeneca riprenderà già da domani. La priorità del governo rimane quella di realizzare il maggior numero di vaccinazioni nel più breve tempo possibile.”

I funzionari della Commissione Europea, perciò hanno previsto per il progetto del certificato verde l’uso di un sistema flessibile che possa essere aggiornato a seguito di nuove disposizioni scientifiche. Queste risulteranno necessarie al fine di fornire maggiori garanzie sulla validità del piano e contemporaneamente salvaguardare un settore turistico già fortemente debilitato.

Giovanna Sgarlata

Vaccino Pfizer-BioNTech: nuove evidenze di efficacia contro le varianti del SARS-CoV-2

In sintesi:

Nel contesto dell’attuale pandemia, sta crescendo progressivamente il timore per le varianti del SARS-CoV-2 diffuse a livello mondiale in quanto, analogamente ad altri virus, il SARS-CoV-2 è contraddistinto dalla tendenza alla mutazione. Tra le varianti che hanno destato maggiore preoccupazione bisogna particolarmente annoverare:

  • La variante Inglese: denominata SARS-CoV-2 VOC 202012/01, linea B.1.1.7;
  • La variante Brasiliana: linea P.1;
  • La variante Sudafricana: denominata 501Y.V2, linea 1.351.

Tutte e tre le varianti sono caratterizzate da una mutazione della proteina “Spike”, glicoproteina che determina la specificità del virus per le cellule epiteliali del tratto respiratorio.

Fonte: CNR

Cos’è e come funziona la proteina Spike dei Coronavirus?

La proteina Spike (S) è localizzata sulla superficie del virus, formando delle protuberanze caratteristiche (il nome “Coronavirus” deriva proprio dalla presenza delle protuberanze, che fanno sembrare il virus una corona). Essa si suddivide in due parti:

  • S1, che contiene una regione con lo scopo di legarsi alla cellula bersaglio attraverso l’interazione con il recettore ACE2;
  • S2, che in una seconda fase consente l’ingresso del virus nella cellula.

Quindi, una molecola che fosse capace di impedire l’interazione tra la proteina Spike e il recettore ACE2 sarebbe potenzialmente in grado di prevenire l’infezione da coronavirus e, di conseguenza, la malattia. A questo scopo tutti i vaccini attualmente in studio sono stati sperimentati per indurre una risposta che blocchi la proteina Spike.

Fonte: News Medical

Come funziona il vaccino Pfizer-BioNTech?

Il vaccino COVID-19 mRNA BNT162b2 (Comirnaty) contiene molecole di RNA messaggero (mRNA) che presentano al loro interno le indicazioni per costruire le proteine Spike del virus SARS-CoV-2. Nel vaccino, le molecole di mRNA sono inserite in una microscopica vescicola lipidica, una “bollicina” che protegge l’mRNA per evitare che deperisca in fretta e che venga distrutto dalle difese del sistema immunitario (in quanto componente estranea all’organismo), così che possa entrare nelle cellule.

Una volta iniettato, l’mRNA viene assorbito nel citoplasma delle cellule e avvia la sintesi delle proteine Spike. La loro presenza stimola così la produzione, da parte del sistema immunitario, di anticorpi specifici. Con il vaccino, dunque, non si introduce nelle cellule il virus vero e proprio (e quindi il vaccino non può in alcun modo provocare COVID-19 nella persona vaccinata), ma solo l’informazione genetica fondamentale per costruire copie della proteina Spike.

La vaccinazione, inoltre, attiva le cellule T che preparano il sistema immunitario a rispondere a ulteriori esposizioni al virus SARS-CoV-2. Se in futuro la persona vaccinata dovesse entrare in contatto con il virus, il suo sistema immunitario ne avrà memoria, lo riconoscerà e si attiverà per combatterlo, bloccando le proteine Spike e impedendone l’ingresso all’interno delle cellule.

Fonte: Tgcom24

Una volta compiuta la propria missione, l’mRNA del vaccino non resta nell’organismo ma si degrada naturalmente pochi giorni dopo la vaccinazione. Non c’è pertanto alcun rischio che entri nel nucleo delle cellule e ne modifichi il DNA.

Il vaccino ci protegge anche dalle varianti del virus?

Uno studio clinico, randomizzato e controllato con placebo, pubblicato il 31 Dicembre 2020 sul “The New England Journal of Medicine”, ha coinvolto circa 44.000 partecipanti, dimostrando che l’immunizzazione del vaccino BNT162b2 ha un’efficacia del 95% contro la malattia da SARS-CoV-2 (COVID-19).

Per analizzare gli effetti sulla neutralizzazione virale indotti dal BNT162b2, uno studio pubblicato l’8 Marzo 2021, sempre sul NEJM, ha analizzato le mutazioni S di ciascuna delle tre nuove varianti. Sono stati prodotti tre virus ricombinanti, rappresentanti queste tre linee virali, e altri due in cui sono stati prodotti altri sottoinsiemi di mutazioni.

In sintesi:

  • Il primo virus ricombinante aveva le mutazioni del gene S del lignaggio B.1.1.7 (B.1.1.7-spike, corrispondente alla variante inglese);
  • Il secondo aveva le mutazioni riscontrate nel gene S del lignaggio P.1 (P.1-spike, corrispondente alla variante brasiliana);
  • Il terzo aveva le mutazioni riscontrate nel gene S nel lignaggio B.1.351 (B.1.351-spike, corrispondente alla variante sudafricana);
  • Il quarto e il quinto presentavano una serie di mutazioni del lignaggio B.1.351 in diversa combinazione.

Successivamente, è stato eseguito il test di neutralizzazione (sulla base del parametro PRNT50, riduzione della placca del 50%), utilizzando 20 campioni di siero ottenuti da 15 partecipanti allo studio dopo la somministrazione della seconda dose del vaccino (avvenuta 3 settimane dopo la prima). Nei campioni è stata rilevata una neutralizzazione efficiente nei confronti delle varianti, con titoli superiori a 1:40.

Fonte: https://www.nejm.org/doi/pdf/10.1056/NEJMc2102017?articleTools=true

La neutralizzazione è risultata molto robusta contro le linee B.1.1.7-spike e P.1-spike, un po’ meno ma comunque molto valida contro la linea B.1.351-spike. I risultati dello studio suggeriscono inoltre che l’immunità delle cellule T esplica un ruolo chiave nella protezione, in quanto l’immunizzazione da BNT162b2 stimola la risposta dei linfociti T CD8+ che riconoscono più varianti.

Cosa ha dimostrato lo studio?

I risultati dimostrano che il vaccino Pfizer-BioNTech è efficace contro le principali varianti diffuse nel mondo. Tuttavia, trattandosi di esperimenti in vitro su virus ricombinanti, i ricercatori affermano che i risultati dovranno essere confermati da evidenze “reali” sull’efficacia del vaccino, provenienti da tutte le aree geografiche in cui esso viene impiegato.

I più recenti studi scientifici, come quello preso in esame, hanno inoltre l’importante obiettivo di ridurre la sfiducia nei confronti della vaccinazione, che si sta sempre più diffondendo. Il vaccino resta, ad oggi, insieme alle norme anti-Covid in atto, l’arma più efficace per sconfiggere questo “nemico”, che ha rivoluzionato le nostre vite. Dobbiamo quindi porre attenzione sul valore dei dati scientifici, accurati e ampliamente valutati dalla comunità scientifica.

Caterina Andaloro

Bibliografia:
https://www.nejm.org/doi/full/10.1056/NEJMc2102017?query=featured_home&fbclid=IwAR3Kzrfmv269hjWWau6m0bxF0tE_dzJCdEE_gQmRVL6FoYKAo6pBQpdzVdI
https://www.nejm.org/doi/full/10.1056/NEJMoa2034577
https://www.sicardiologia.it/publicFiles/AIFA%20FAQ-Vaccinazione_anti_COVID-19_con_vaccino_Pfizer.pdf

Il punto sulla situazione vaccini. Il nuovo piano vaccinale, controlli sui lotti di AstraZeneca e l’approvazione di Johnson & Johnson

È stato stabilito un nuovo piano vaccinale con direttive valide per tutto il territorio nazionale. La bozza prevede nuovi ordini di priorità. Altresì sono stati previsti maggiori controlli sul vaccino AstraZeneca mentre prendono avvio gli accordi per la diffusione del farmaco Johnson & Johnson.

Il nuovo Piano vaccinale –Fonte:gds.it

Le premesse del nuovo piano vaccinale voluto dal Presidente del Consiglio Mario Draghi, sarà caratterizzato da regole uniche e criteri uniformi per la vaccinazione di tutte le regioni. Si dovrà attendere la fine di questa settimana per essere prettamente definito. L’obiettivo comune risulta essere quello di segnare una brusca accelerazione della campagna vaccinale di immunizzazione anti- Covid.

Il nuovo piano vaccinale

La nuova bozza presentata alla Conferenza unificata tra Stato, Regioni e Provincie a cui hanno partecipato,  in via telematica, i ministri Mariastella Gelmini degli Affari regionali, Roberto Speranza della Salute ed Erika Stefani alle Disabilità, presenta diversi aggiornamenti rispetto alla pubblicazione avvenuta lo scorso dicembre dal governo Conte. L’ultimo piano proposto non prevede più una distinzione caratterizzata da criteri discrezionali lasciati alle Regioni, bensì punterà ad una pianificazione unitaria per tutto il territorio nazionale.

Vaccini anti Covid, il piano Draghi –Fonte:tg24.sky.it

Da aprile a giugno, secondo quanto prescritto, l’Italia dovrebbe ricevere oltre 12 milioni di dosi al mese, che permetteranno di vaccinare almeno 400 mila persone quotidianamente. Diventa perciò cruciale la logistica, i luoghi di riferimento e le unità mobili tali da riuscire a garantire questo servizio.

Secondo il governatore della Liguria Giovanni Toti, in un’intervista presso il programma televisivo “Omnibus”, ha sostenuto la necessità della formulazione di una legge-quadro che semplifichi le procedure, volte a modificare il piano vaccinale eliminando qualsiasi rallentamento.

Governatore della Liguria Toti –Fonte:video.corriere.it

“Se arrivassero tutti i vaccini che ci hanno promesso i contratti non saremmo in grado di somministrarli perché abbiamo sbagliato la programmazione”

Si noti come viene segnalata a gran voce l’esigenza di mutamenti organizzativi che mirano ad ampliare la platea di infermieri ed operatori sanitari coinvolti nella somministrazione del farmaco.

La divisione in 5 categorie

Si procederà seguendo il criterio delle fasce d’età, partendo dagli individui con più di 80 anni proseguendo in via discendente. La novità apportata rispetto al vecchio piano, risiede nell’identificazione di cinque nuove categorie a cui la popolazione è soggetta a spartizione. Tale divisione è avvenuta seguendo i parametri di anzianità e di eventuali condizioni patologiche. Viene data priorità alla categoria 1 per poi seguire in via progressiva:

  • La categoria 1 è composta da soggetti con elevate fragilità, come persone estremamente vulnerabili o con disabilità gravi;
  • La categoria 2 contiene soggetti con età compresa tra i 70 e i 79 anni;
  • La categoria 3 contiene soggetti con età compresa tra i 60 e i 69 anni;
  • La categoria 4 contiene soggetti di età inferiore ai 60 anni che presentano patologie o situazioni di compromissione immunologiche che possono incrementare la probabilità di ammalarsi. Questi però non rientrano nelle stesse condizioni di gravità di coloro i quali sono estremamente vulnerabili;
  • La categoria 5 invece include il resto della popolazione con età inferire a 60 anni.

Restano considerate come prioritarie la classe di individui che a prescindere dall’età e dalle condizioni patologiche, fanno parte

  • del tessuto scolastico e universitario, come personale docente e non docente;
  • le forze armate, di Polizia e del soccorso pubblico;
  • dei servizi penitenziari e altre comunità residenziali.

Rispetto al piano precedente è stata eliminata la categoria primaria che vedeva protagonisti i lavoratori essenziali, segnalandola come una scelta volta a prevenire eventuali tentativi di prevaricazione da parte di alcuni gruppi.

Vaccinazioni anche nelle aziende, priorità a 5 categorie –Fonte:ilmessaggero.it

È stata disposta la possibilità, qualora le dosi di vaccino lo permettano, di vaccinare all’interno dei posti di lavoro

“a prescindere dall’età, fatto salvo che la vaccinazione venga realizzata in sede, da parte di sanitari ivi disponibili, al fine di realizzare un notevole guadagno in termini di tempestività, efficacia e livello di adesione”

Cosa è previsto dal nuovo piano

L’Esecutivo ha stabilito il proseguimento della fase 1 previsto dal precedente piano vaccinale, che sfrutta i vaccini Pfizer e Moderna da dover somministrare ai soggetti con più di 80 anni, continuando fino al completamento della distribuzione del farmaco al personale sanitario, alle scuole, ai militari e alle forze dell’ordine.

Vaccini Covid –Fonte:rep.repubblica.it

In parallelo, alle precedenti aziende citate, nel nostro territorio nazionale è stata autorizzato il vaccino proposto da AstraZeneca sottoposto, prima delle disposizioni del 7 marzo del ministro della Salute ai soggetti con età compresa tra i 18 e i 65 anni. Dopo l’approvazione di Speranza è stata ampliata la fetta di popolazione che potrà usufruirne, includendo anche a coloro i quali hanno più di 65 anni.

Controlli sul vaccino di AstraZeneca

La sospensione, nel territorio danese, in via precauzionale dell’utilizzo del vaccino dell’azienda farmaceutica AstraZeneca, è avvenuta per poter ricavare informazioni più chiare riguardanti i problemi circolatori che si manifestavano in alcuni soggetti, successivamente la somministrazione del farmaco. Le autorità locali non si sono ancora formalmente pronunciate sul possibile nesso che potrebbe sussistere tra il vaccino e gli episodi riscontrati.

Vaccino AstraZeneca –Fonte:adnkronos.com

Giorni fa anche l’Austria aveva annunciato la sospensione dell’utilizzo del lotto ABV5300 del vaccino, a seguito di episodi di trombosi da dover approfondire. Le dosi dello stesso, circa 1 milione, erano ripartite oltre alla nazione in questione anche in Bulgaria, Cipro, Danimarca, Estonia, Francia, Grecia, Islanda, Irlanda, Lettonia, Lituania, Lussemburgo, Malta, Paesi Bassi, Polonia, Spagna e Svezia.

Fondamentale è stato l’intervento dell’Agenzia Europea per i Medicinali (EMA) che ha diffuso un comunicato che testimoniasse l’assenza di elementi correlati alle sintomatologie registrate. L’EMA ritiene altresì che

“i benefici del vaccino continuano a superare i rischi e la sua somministrazione può continuare, mentre proseguono le indagini sulle trombosi”

Come si sta comportando l’Italia?

L’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) con riguardo ha predisposto il divieto di utilizzo di un altro lotto del vaccino di AstraZeneca, prevedendo una loro analisi presso l’Istituto Superiore di Sanità (ISS), per l’individuazione di eventuali anomalie. Ciò andrebbe anche ad incidere sui controlli da parte delle autorità, che avvengono prima della consegna di ogni lotto, con l’obiettivo di assicurare la tracciabilità delle dosi e la sicurezza del farmaco.

AstraZeneca, AIFA vieta un lotto in Italia –Fonte:bresciaoggi.it

Del resto altri paesi dell’Unione Europea, come il Regno Unito, hanno somministrato il vaccino AstraZeneca a milioni di persone senza che si verificassero le problematiche sopra descritte. Non è raro che farmaci come questi in alcuni casi possano causare cefalee e sintomi febbrili di breve durata. 

Il quarto vaccino: Johnson & Johnson (J&J)

Come funziona il vaccino monodose –Fonte:open.online

L’EMA ha dato il via libera all’utilizzo del vaccino della multinazionale statunitense Johnson & Johnson (J&J). Si dovrà aspettare la Commissione Europea per autorizzarne la somministrazione, diventando il quarto vaccino disponibile nell’Unione Europea dopo quelli di Pfizer-BioNTech, Moderna e AstraZeneca.

La differenza sostanziale con i precedenti è che il J&J necessita della somministrazione di un’unica dose, ponendosi come miglior risolutore dell’accelerazione della campagna vaccinale europea.

Mentre i vaccini proposti da Pfizer-BioNTech e Moderna costituiti a RNA messaggero, quello creato dall’azienda statunitense oltre ad essere meno dispendioso economicamente, non necessita di essere conservato in potenti congelatori. Fattori che influenzano negativamente sulla rapidità delle consegne e sull’amministrazioni delle dosi.

Adenovirus –Fonte:news-medical.net

Il J&J si basa su un adenovirus, ossia un gruppo di virus aventi in comune la forma, la grandezza e un antigene solubile fissante il complemento. Ciascuna particella virale è formata da un aggregato regolare di 232 subunità proteiche, chiamate capsomeri, disposti attorno al nucleo centrale di acido desossiribonucleico.  Questi non causando particolari problemi di salute nell’uomo, vengono inseriti in un gene che contiene le istruzioni necessarie per la produzione della proteina del coronavirus. Quando si somministra la dose, perciò, gli adenovirus inducono alcuni tipi di cellule a produrre copie della proteina che verrà di seguito riconosciuta come “minaccia” dal sistema immunitario. Ciò porta l’organismo a sviluppare una difesa che lo protegga dalla proteina in questione. Per un approfondimento, rimandiamo a questo articolo 

L’efficacia media ricavata dai test clinici del vaccino nell’ultima fase, giunge al 66% riguardo la prevenzione dal Covid-19, mentre tocca quota 85% rispetto alla protezione dalle forme di più gravi dello stesso. Risulta evidente come la resa del farmaco sia influenzata dalle aree geografiche a cui l’analisi statistica è stata applicata, mostrando come il suo effetto arrivi solo al 57% nelle zone del Sudamerica, culla della variante che rende il virus maggiormente contagioso.

Si prospetta che l’azienda americana arriverà a pieno regime con la fornitura delle dosi del vaccino presumibilmente dal mese di aprile, a seguito degli accordi stipulati sulla previsione delle consegne che puntano per il loro avvio all’arco temporale dal secondo trimestre del 2021.

Giovanna Sgarlata

 

 

Passaporto vaccinale: di che cosa si tratta e quali sono le perplessità in Ue

In vista della primavera e dell’estate, in Europa si discute sui passaporti vaccinali. Questa misura, che permetterebbe al turismo di ripartire nonostante il Covid, è stata discussa dai Paesi membri durante il Consiglio europeo del 25 febbraio.

Che cos’è il passaporto vaccinale?

Il passaporto vaccinale è un documento rilasciato da un’autorità sanitaria che certifica di essere stati vaccinati contro il coronavirus. Per verificare rapidamente il documento alle frontiere o agli aeroporti si pensa alla realizzazione di piattaforme e applicazioni.

Sistemi di questo tipo sono già in fase di sperimentazione. L’International Air Transport Association, la principale organizzazione internazionale delle compagnie aeree, ha avviato la realizzazione del travel pass, strumento che nelle prossime settimane verrà adoperato da Etihad Airways e Emirates e che dovrebbe dare direttamente ai laboratori la possibilità di caricare su un’applicazione gli esiti dei tamponi e l’avvenuta vaccinazione.

L’azienda informatica IBM ha avviato lo sviluppo del Digital Health Pass, sistema per accertare l’avvenuta vaccinazione sempre tramite un’applicazione che consentirebbe anche l’accesso a luoghi pubblici, come pub, cinema e teatri.

Dubbi e incertezze

Sono tante le proposte circolanti. Tanti i dubbi e le incertezze che fin ad ora hanno impedito all’Ue di decidersi per una soluzione comune e unitaria.

Il passaporto genera preoccupazioni legate innanzitutto all’efficacia del vaccino. Infatti, nonostante il vaccino difenda dalla possibilità di contrarre l’infezione, dall’altra parte non ci sono certezze intorno alla trasmissione del virus. Ecco perché l’Oms è contraria ai passaporti vaccinali.

Inoltre, molte sono le perplessità intorno alla disuguaglianza, a cui inevitabilmente condurrebbe il passaporto, tra coloro che sono vaccinati e coloro che non lo sono. I secondi sarebbero privati della libertà di accedere a luoghi pubblici o viaggiare. Questo chiama in causa un’altra questione: l’obbligatorietà del vaccino. Catherine Haguenau-Moizard, docente di legge presso l’Università di Strasburgo ha affermato:

“O decidi che il vaccino deve essere obbligatorio o decidi che non lo deve essere, ma non puoi fare una via di mezzo in cui non è obbligatorio ma lo diventa per poter accedere ad un certo numero di servizi”.

Catherine Haguenau-Moizard – Fonte: www.youtube.com

Ha suscitato dubbi anche l’aspetto della privacy. Secondo molti, infatti, i passaporti potrebbero violare la segretezza dei nostri dati personali.

A prescindere dalle questioni etiche, sono molti i Paesi in Europa che stanno, comunque, prendendo in considerazione la possibilità di adottare il sistema del passaporto vaccinale.

Cosa ne pensano i paesi dell’Ue

Il Paese che si dimostra più favorevole è la Grecia, che spinge affinché questa proposta sia approvata in vista del turismo estivo. Anche l’Austria è d’accordo: il cancelliere Sebastian Kurz propone l’uso del passaporto non solo per i viaggi, ma anche per accedere ai luoghi pubblici. Kurz guarda ad Israele, dove il governo darà la possibilità di prendere parte ad eventi ed entrare in luoghi pubblici ai vaccinati che dovranno prima registrarsi in un’apposita applicazione. Non si può, tuttavia, non considerare che Israele è il paese al mondo più avanti nella campagna di vaccinazione. Quindi il problema delle disparità generate dal passaporto non si pone così come in Europa.

Più incerti si sono dimostrati Belgio, Germania e Francia. Per il ministro della Salute francese, Olivier Veran, è ancora troppo presto:

Non sono stati tutti vaccinati e non sappiamo se il vaccino impedisca il contagio“.

Per la Merkel, dato il basso numero di vaccinazioni, quello del passaporto vaccinale resta un progetto futuro al quale però bisogna tenersi pronti. Per il momento la Germania non intende autorizzare restrizioni per chi non è stato vaccinato ma non esclude che questo possa avvenire nel privato.

Se un ristoratore vuole proporre un’offerta ai possessori di un passaporto vaccinale non possiamo impedirglielo“, ha dichiarato la ministra della Giustizia, Christine Lambrecht.

Mario Draghi, al vertice europeo, non si è espresso sui passaporti vaccinali, ma piuttosto sulla necessità di velocizzare la campagna di vaccinazione, richiedendo all’Ue un atteggiamento diverso nei confronti delle aziende farmaceutiche che non rispettano gli impegni nella fornitura di dosi. Draghi ha proposto un blocco delle esportazioni al di fuori dell’Europa per chi è in ritardo con le consegne.

Mario Draghi al vertice europeo – Fonte: www.ansa.it

Al di là delle divergenze, tutti Paesi concordano sulla necessità di sviluppare un approccio comune europeo al sistema dei passaporti vaccinali.

Se non ci riuscissimo, le iniziative bilaterali creeranno ancora più difficoltà”,

dice Ursula Von der Leyen, facendo riferimento in particolare alle soluzione già offerte da Google e Apple al problema dei passaporti. Quello che preoccupa maggiormente la presidente della Commissione è la questione della privacy:

“Si tratta di condividere informazioni confidenziali, quindi vogliamo dire chiaramente che noi offriamo una soluzione europea”.

Per Von der Leyen la decisione dovrà tenere conto da una parte delle discriminazioni causate dal passaporto, dall’altra parte del fatto che per molti paesi dell’Ue il turismo è il settore chiave dell’economia. Bruxelles spera di giungere ad un accordo con i governi europei già a marzo e prevede che lo sviluppo tecnico del passaporto vaccinale richiederà almeno 3 mesi.

Ritardi nella campagna vaccinale

La discussione sul passaporto vaccinale è resa ancora più complicata  dai ritardi che stanno ostacolando la campagna vaccinale. Mentre negli Stati Uniti il 13,4 % della popolazione ha già ricevuto almeno una dose dei vaccini contro il coronavirus e nel Regno Unito il 26,7%, Germania e Spagna sono al 4,2%, mentre Francia e Italia al 3,9%. L’Ue che ha avviato la vaccinazione già con ritardo a causa dei lunghi processi decisionali, è stata poi messa in difficoltà dalla riduzione nelle forniture di Pfizer Biontech a causa di alcuni lavori di potenziamento, da svolgere nello stabilimento produttivo in Europea e dai rallentamenti nelle consegne del vaccino di AstraZeneca. La Commissione europea ha indicato l’obiettivo di vaccinare il 70% della popolazione adulta entro l’estate, ma per raggiungerlo sarebbe necessario, secondo uno studio condotto dalla Società di assicurazione crediti commerciali Euler Hermes, un ritmo di somministrazione di sei volte superiore a quello attuale.

Stando alla situazione attuale, l’immunità di gregge potrebbe essere raggiunta solo alla fine del 2022. Una speranza proviene dall’aumento delle forniture previsto per i prossimi mesi garantito dalla disponibilità di nuovi vaccini come quello di Johnson & Johnson.

Chiara Vita

Vaccini e trasmissibilità dell’infezione: cosa ci dicono i numeri?

Fin dai primi giorni della somministrazione del vaccino ad oggi una domanda aleggia tra la popolazione: sarà in grado di combattere la trasmissione del virusCiò che preme alla gente comune è sicuramente quello di tornare alla normalità, ma ciò non è possibile senza una riduzione dei contagi.
I detrattori interpretano l’incertezza della comunità scientifica come l’inconfutabile prova della poca efficacia del vaccino, ma le cose non stanno proprio così. Continua a leggere “Vaccini e trasmissibilità dell’infezione: cosa ci dicono i numeri?”

Varianti del nuovo coronavirus: quanto dobbiamo preoccuparci?

  1. Le varianti
    1. La variante inglese
    2. La variante brasiliana
    3. La variante sudafricana
  2. Perché è importante tenerle sotto controllo?
  3. E i vaccini?
  4. Quanto dobbiamo preoccuparci?

I virus mutano.
Questa è una realtà con cui la comunità scientifica è stata costretta a confrontarsi sin dagli albori della loro scoperta.
Ma mai come adesso quelle piccole variazioni nella sequenza genetica fanno tremare le ginocchia.
Quando il vaccino è stato annunciato, il mondo è entrato in una nuova fase, fatta di speranze e desiderio di scrollarsi di dosso questa interminabile pandemia.
L’ombra delle varianti di SARS-CoV-2 però si è presto abbattuta sulle campagne vaccinali, smorzando l’allegria generale e seminando incertezza.
Molti si sono chiesti, a giusta ragione: quanto dobbiamo preoccuparci?

Le varianti

Ad oggi le varianti saltate agli onori della cronaca sono tre. Cercheremo di riassumerne brevemente le caratteristiche:

  • La variante inglese, B.1.1.7, con un numero inusuale di mutazioni, in particolare nel dominio che lega il recettore (RBD) della proteina spike in posizione 501.
    Si diffonde molto più velocemente delle altre, ma non c’è alcuna evidenza (supportata da uno studio) della sua maggior letalità. Questa variante è stata scoperta a settembre 2020 ed ha già infettato un cospicuo numero di individui.
  • La variante brasiliana chiamata P.1, scoperta in due viaggiatori all’aeroporto di Haneda in Giappone. Ha un set di mutazioni che potrebbero inficiare il suo riconoscimento da parte degli anticorpi.
  • La variante sudafricana chiamata B 1.351, scoperta intorno a ottobre, ha alcune mutazioni in comune con quella inglese pur essendo insorta indipendentemente.

Queste varianti di coronavirus si diffondono molto più velocemente rispetto alle altre e si teme possano provocare una impennata dei casi, così come successo in Gran Bretagna nelle prime settimane di gennaio.
Ripetiamo, non è tuttavia chiaro se queste varianti siano correlate a una maggiore mortalità o morbilità.

Perché è importante tenerle sotto controllo?

Le conseguenze dell’insorgenza di nuove varianti sono ben intuibili, prima tra tutte una maggior rapidità di penetrazione all’interno della popolazione generale.
Maggior penetranza significa nuovi casi e più si allarga il bacino di pazienti, più probabilità ci sono che aumenti la pressione sugli ospedali.
Un’altra, giusta, preoccupazione degli scienziati è che il virus mutato riesca ad evadere la risposta anticorpale dell’organismo, montata in seguito al vaccino o ad una precedente infezione.
La prudenza non è mai troppa, vista la natura a volte aggressiva della malattia.

E i vaccini?

Chiaramente non ci sono ancora trial clinici che possano verificare l’efficacia al 100% degli attuali vaccini sulle nuove varianti.
Le case farmaceutiche stanno cercando di capire se queste mutazioni, a volte minime, a volte più corpose, come nel caso della variante inglese, possano inficiare l’immunizzazione di massa.
Moderna in particolare è fiduciosa sull’efficacia del proprio vaccino sia nei confronti di B.1.1.7 che di B 1.351, mentre Pfizer ha per ora rilasciato dati solo riguardo B.1.1.7.

Quanto dobbiamo preoccuparci?

Tendere l’orecchio alle notizie che arrivano dalla comunità internazionale non è mai sbagliato, ma farsi prendere dal panico è controproducente.
Come già affermato, le mutazioni attuali del SARS-CoV-2 sono troppo esigue per mettere davvero a repentaglio la funzionalità di questi nuovi vaccini.
Nel caso peggiore, avendo già alle spalle un anno di studi e conoscendo l’intera sequenza genetica sia del ceppo originario che delle varianti, non dovrebbe essere un problema sintetizzare, se necessario, dei nuovi vaccini.
Tutto questo avviene già per il virus dell’influenza stagionale, che ogni anno protegge contro i ceppi più frequenti e virulenti, sempre diversi tra loro.
Importante sarà certamente la ripresa, il prima possibile, della campagna di vaccinazione di massa, una volta risolti i problemi con le case farmaceutiche, ma lasciamo questa discussione ad altre sedi.

 

Maria Elisa Nasso

“La guerra dei vaccini”: l’UE contesta le dichiarazioni del Ceo di AstraZeneca

È in corso una vera e propria “guerra dei vaccini’’, che vede impegnate le potenze mondiali in una frenetica corsa per l’accaparramento delle forniture di antidoti contro il Covid. Di recente è stata inasprita dalle accuse, fatte negli ultimi giorni dalla Commissione Europea, contestate da Pascal Soriot, amministratore delegato (CEO) dell’azienda farmaceutica britannico-svedese AstraZeneca, in un’intervista a Repubblica.

Azienda farmaceutica AstraZeneca. Fonte: Sky TG24

Bruxelles lo rimprovera per i ritardi annunciati e le insufficienti consegne del vaccino prodotto dalla sua azienda;  chiede, inoltre, lo svincolo dalla clausola di segretezza per la pubblicazione del contratto.

Alle 18.30 di questo pomeriggio era prevista una riunione del comitato direttivo sui vaccini Ue con AstraZeneca, in cui si sarebbe insistito sulla consegna delle dosi, ma la società ha fatto slittare l’incontro a domani.

AstraZeneca non è all’altezza della celerità pretesa dall’Ue 

Lo scorso venerdì, l’azienda aveva annunciato tagli alle consegne delle dosi vaccinali del 60% nel primo trimestre di quest’anno, riconoscendo di non poter produrre le dosi richieste dalla Commissione nei tempi concordati. In Italia, dunque, si prospetta un ritardo di almeno un mese nella campagna vaccinale: entro marzo dovrebbero arrivare circa 3,4 milioni di dosi, contro le 16 milioni previste inizialmente.

Le autorità europee, di fronte ad un simile scenario, hanno accusato i dirigenti dell’azienda farmaceutica di privilegiamento delle consegne ad altri Paesi, ai quali avrebbero venduto il vaccino, anche a prezzi più alti. Il principale indiziato sembra essere il Regno Unito, che ha già autorizzato la produzione delle dosi vaccinali.

Soriot nega le accuse 

Il CEO di AstraZeneca, Pascal Soriot. Fonte: Il Post

Durante l’intervista ai giornali del consorzio Leading European Newspaper Alliance – tra cui Repubblica – Soriot ha fornito la sua versione sulle circostanze, ricordando che il Regno Unito aveva stretto accordi tre mesi prima dell’Unione Europea. Uno scarto di tempo significativo per consentire all’azienda un’adeguata organizzazione per la disposizione della produzione nei propri impianti britannici. Ha inoltre ribadito che AstraZeneca ha promesso di non trarre profitti dal proprio vaccino nella prima fase di distribuzione:

‘’Come detto, Regno Unito e Unione Europea hanno due catene produttive diverse e al momento quelle britanniche sono più efficienti perché sono partite prima. In ogni caso, sia chiaro: non c’è alcun obbligo verso l’Unione Europea. Nel nostro contratto c’è scritto chiaramente: “best effort”, ossia “faremo del nostro meglio”. In quella sede abbiamo deciso di utilizzare questa formula nel contratto perché all’epoca l’Unione Europea voleva avere la stessa capacità produttiva del Regno Unito, nonostante il contratto fosse stato firmato tre mesi dopo. Così noi di AstraZeneca abbiamo detto: “OK, faremo del nostro meglio, faremo il possibile, ma non possiamo impegnarci contrattualmente perché abbiamo tre mesi di ritardo rispetto al Regno Unito”. Non è dunque un obbligo contrattuale, ma un impegno a fare il massimo. Perché sapevamo che sarebbe stato difficile e difatti ora abbiamo un po’ di ritardo.’’

La versione non è parsa tuttavia convincente agli occhi delle autorità europee, data la mancanza di prove e ulteriori dettagli che dimostrerebbero i problemi produttivi riscontrati dalla società, giustificandone il ritardo.

Mamer ribadisce i doveri di AstraZeneca

Il portavoce della Commissione Europea, Eric Mamer è intervenuto, in risposta all’intervista, ribadendo che l’azienda deve rispettare gli obblighi contrattuali e ha il dovere di fornire dettagliate spiegazioni circa l’impedimento nella consegna delle quote vaccinali promesse:

“Quando hanno firmato l’accordo, lo hanno fatto sulla base della capacità di produrre” ha detto.

Fonte: Repubblica.it

Mamer aveva anche ricordato che, in precedenza, negli accordi si parlava di una capacità di produzione che avrebbe consentito di poter rispettare gli impegni presi, senza alcun riferimento ad eventuali tagli alle forniture o ad un sito produttivo nello specifico. L’Europa reclama, quindi, una produzione delle dosi richieste anche nel Regno Unito (fino ad ora non impiegate altrove), oltre quella che viene fatta nell’impianto in Belgio.

Gaia Cautela

Reazioni avverse al vaccino per il covid, qual è la verità?

Che dall’inizio del 2020 ci sia stata una vera e propria corsa alla scoperta del vaccino per il SARS-cov-2, è sotto gli occhi di tutti.
Fin dai primi mesi dell’epidemia, la nostra rubrica si è occupata di informare i lettori sugli sviluppi relativi alla ricerca.
Ci sembra giusto, a ridosso dell’imminente arrivo delle dosi anche negli ambulatori italiani, fare chiarezza nel mare di informazioni fuorvianti che, purtroppo, a volte arrivano anche da persone “di scienza”. 

Partiamo dal principio: com’è composto il materiale genetico del SARS-cov-2?

Il nuovo coronavirus è un beta-coronavirus. Una volta infettata la cellula ospite, la utilizza per sintetizzare le proprie proteine.
Le proteine, a loro volta, replicano il genoma virale, in questo caso l’RNA a singolo filamento, e si assemblano in nuove particelle di virus. Praticamente il virus sfrutta la cellula ospite come una catena di montaggio per creare nuove copie di se stesso.
Nonostante ci siano ancora molti sostenitori di questa teoria, SARS-cov-2 non si integra nel genoma cellulare e non lo modifica, poiché non possiede una proteina fondamentale chiamata trascrittasi inversa.
La trascrittasi inversa trasforma l’RNA in DNA, ma è propria soltanto di alcuni retrovirus e batteri, che nulla hanno a che vedere con il nuovo coronavirus.
Questa proteina inoltre, è assente anche nelle cellule umane.

Quanti vaccini ci sono e come sono stati realizzati 

Al momento sono tre i vaccini candidati a condurre l’occidente fuori da questo periodo buio: quello della Pfizer, quello della Moderna e quello della Astrazeneca.
Tutti quanti hanno raggiunto la fase tre della sperimentazione (su un bacino di almeno 40000 volontari a testa) e sono dunque pronti, dopo le dovute autorizzazioni, ad essere immessi sul mercato. I vaccini Pfizer e Moderna utilizzano la tecnica ad mRNA, mentre Astrazeneca è il classico vaccino a vettore, ma l’antigene comune a tutti è sempre la proteina Spike del SARS-CoV-2.
Sui primi due sono nate molte perplessità, alcune fondate, altre assolutamente fuori da qualunque logica. Cercheremo quindi di spiegare in parole semplici come funzionano.

Cos’è la tecnologia a RNA messaggero?

L’mRNA contiene le istruzioni per la sintesi di nuove proteine.
Di solito trasporta le informazioni genetiche del DNA fino al citoplasma, dove queste sono usate per assemblare le proteine.
Un processo fondamentale, a cui l’organismo è abituato.
Una volta somministrato il vaccino, le cellule ricevono l’mRNA incapsulato in particelle lipidiche e questo viene utilizzato per replicare la suddetta proteina Spike.
Da sola essa è innocua, poiché manca tutto il resto del virus, ma è abbastanza per stimolare la risposta del sistema immunitario.
Successivamente, quando il soggetto incontrerà il SARS-cov-2, avrà già gli anticorpi per combatterlo prima che causi la malattia.
Questo processo di realizzazione è più veloce, più semplice e meno costoso di quello tradizionale, e potrà aprire la strada all’utilizzo degli mRNA anche nella cura di altre malattie.

Reazioni avverse ai vaccini: attenzione agli allarmismi

Tra i tanti dubbi che la pandemia ci ha lasciato, una cosa è certa: ha inasprito ancora di più le divergenze e i dissapori all’interno della comunità scientifica.
Alcuni hanno visto la malattia da coronavirus come un modo per guadagnare popolarità attraverso dichiarazioni discutibili.
Come sempre, invitiamo i nostri lettori a fare dei controlli incrociati sulle notizie, anche se sembrano arrivare da fonti illustri.
Ogni farmaco, ogni sostanza che viene somministrata non è esente da rischi, ma bisogna saper discernere tra ciò che è verosimile e ciò che non lo è.

Infertilità femminile

Ad oggi non esiste alcuna evidenza di una correlazione tra l’infertilità femminile e il vaccino per il SARS-cov-2 . L’idea si era diffusa a partire da un articolo, oggi disponibile solo in archivio, che ipotizzava la presenza di analogie tra la proteina Spike (usata come antigene nei tre vaccini) e la sincitina umana.
La sincitina è una proteina implicata nello sviluppo della placenta.
La preoccupazione era che ci potesse essere una risposta anomala del sistema immunitario contro di essa, scatenata dal vaccino.
Il punto, però, è che queste proteine non hanno nulla a che vedere l’una con l’altra a livello biochimico.
Inoltre, se ci fosse un vero legame tra infertilità e cross reazione di Spike e
sincitina, questo dovrebbe avvenire anche con la malattia da coronavirus, ma così non è.

Risposta immunitaria eccessiva e modificazioni genetiche

Una reazione da amplificazione della risposta immunitaria era già stata ipotizzata, vista la natura stessa della patologia da coronavirus. I test clinici però non hanno mostrato questo effetto.
Sempre lo stesso articolo parlava di una sostanza presente nel vaccino, il polietilen-glicole, capace di scatenare una reazione autoimmune.
Il Peg, però, è presente in moltissimi farmaci e vaccini clinicamente approvati e, in egual modo a ogni sostanza esistente, può provocare reazioni allergiche in soggetti predisposti.
Se ci fossero reazioni allergiche frequenti a questo componente, sarebbero venute alla luce molto prima del suo utilizzo nel vaccino del SARS-cov-2. 

Tiriamo le somme

Perché alcune persone subiscono degli effetti collaterali?
Alcuni, come la febbre, sono dovuti alla stimolazione del sistema immunitario.
Per quanto riguarda quelli più gravi, possono essere causati da variazioni genetiche, o da una particolare predisposizione dell’individuo.
Altri ancora hanno un meccanismo non ben chiarito.
Sappiamo anche di non poter prevedere la presenza di effetti a lungo termine, ma questo è un rischio intrinseco a ogni vaccino, a ogni farmaco, se vogliamo.

Ci sentiamo però di dire, per rassicurare i lettori, che le segnalazioni di reazioni gravi durante i trial clinici sono state ben poche.
Inoltre, queste reazioni avvengono solitamente in tempi molto brevi a partire dalla somministrazione.
Sembra dunque improbabile che si verifichino problematiche future correlate al vaccino.
Non vi è alcuna volontà delle case farmaceutiche a mettere in commercio un prodotto nocivo, che potrebbe scatenare su scala mondiale una enorme richiesta di risarcimenti.
In ultimo, dalla scoperta dei vaccini in poi, la medicina ha compiuto dei balzi in avanti inimmaginabili in termini di sicurezza ed efficacia.
Ribadiamo, come sempre, l’invito ad informarsi solo da fonti attendibili e a mantener salda, o recuperare, la fiducia nella scienza.

Maria Elisa Nasso