Abbatti lo stereotipo : Lo studente di Giornalismo

News1) “Con o senza sottaceti?!”

E’ vero, la laurea a cui ambiamo ha la stessa utilità di uno di quei volantini che troviamo spesso sul parabrezza della nostra macchina.

E’ vero, il nostro è lo zimbello di tutti i corsi di laurea esistenti nel panorama universitario italiano…

E’ anche vero che, nonostante tre anni di studio avremo lo stesso peso accademico di un ragazzo con la terza media, ma non è vero che lavoreremo tutti al McDonald’s! C’è anche il Burger King… Scherzi a parte, non tutti noi studenti di giornalismo ambiamo a friggere patatine e girare migliaia e migliaia di hamburger, misti a lacrime, per il resto della nostra vita; anzi puntiamo in alto, ci sogniamo a firmare gli editoriali delle grandi testate nazionali, a dirigere i Tg di punta delle emittenti italiane o a vivere 24 ore su 24 con le cuffie in testa ed il microfono davanti. Raggiungere questi risultati non è semplice, specialmente in un mercato in crisi come quello del giornalismo, ma noi non molliamo. Potremmo riassumere tutto ciò che rappresentiamo in una celebre frase di Steve Jobs: ”Stay hungry, stay foolish”… e noi ce ne intendiamo di cibo (I’m lovin it…)

2) “Ccezionaleeee!” Non tutti sono giornalisti sportivi

downloadCaressa, Tranquillo, Piccinini, sono tutti grandi idoli per gli amanti del calcio e delle telecronache sportive, ma non per questo ogni giornalista sogna di commentare le partite dei più grandi club italiani e del mondo, di urlare per un canestro sulla sirena, di narrare le gesta dei più illustri campioni fuori e dentro il campo da gioco (Buffa docet). Tra gli studenti di questo corso troverai sicuramente chi conosce persino la formazione della Ternana dell’annata 72-73, ma anche chi sa tutto di storia, è sempre al corrente degli ultimi arrivi in campo scientifico e chi darebbe di tutto per intervistare il Presidente del Consiglio. Ciò a cui ambiamo è informare le persone nella maniera più oggettiva possibile, evitando la spettacolarizzazione e la strumentalizzazione delle notizie, far sapere al pubblico ciò che accade ogni giorno cercando di cambiare il mondo con una penna ed un pezzo di carta.

3) “Vabbé, ma tanto studi Scienze delle Merendineee!!”

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E’ ciò che lo studente medio di Medicina, Giurisprudenza, Economia si sente obbligato a dirci quando parliamo di esami o lezioni varie. E’ vero potremmo non salvare mai la vita ad un uomo, difenderlo in tribunale o cercare di emulare Leonardo DiCaprio nel film “The Wolf of Wall Street”, ma siamo noi a pubblicizzare le scoperte più importanti dei medici, a rendere noto l’andamento dei processi di rilevanza nazionale, ad aggiornare gli indici delle borse mondiali. Senza di noi, studenti di “Scienze delle Merendine”, non potreste nemmeno conoscere le offerte delle Kinder Brios al Despar sotto casa, appunto. D’altronde, se la stampa è chiamata Quarto Potere un motivo ci sarà…

4) Si, tutte le studentesse di Giornalismo sono come la Leotta e la Crivello…

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…Sui social! Dobbiamo abbattere questo falso mito che tutte le giornaliste si fanno spazio in questo mercato a colpi di pose plastiche, “abilità manuali” e likes su Instagram. Molte vanno avanti per la loro grande personalità, si vedano la Gabanelli, la Fallaci, l’Annunziata… molte invece per le loro Due Grandi Personalità (tranquilli si scherza). Sono davvero molte le ragazze che con passione e dedizione si impegnano in questo campo, superando i pregiudizi comuni e perseguendo i loro sogni. Oggi nell’era di Internet e della comunicazione universale non si può pensare di fermarci all’aspetto fisico delle persone, troppe volte preso in considerazione come l’unità di misura per indicare la professionalità di un individuo, d’altro canto, così come “non è l’abito a fare il monaco”, non è il vestitino attillato a fare la giornalista! Potremmo chiudere qui la nostra lista di stereotipi abbattuti, di luoghi comuni distrutti e di miti sfatati, ma come sempre c’è bisogno di  e quindi arriviamo al nostro quinto stereotipo, questa volta più che mai confermato:

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5) Si , il nostro Dio è Enrico Mentana!

Vincenzo Francesco Romeo

Giorgio Muzzupappa

Arrival: un nuovo tipo di fantascienza adatta a tutti

arrival-poster-venezuelaMisteriosi oggetti spuntano in dodici luoghi intorno al pianeta. Gli alieni , che sembrano delle grandi piovre miste a ragni con sette dita , però non invadono né devastano si cerca di capire cosa vogliono.

Viene ingaggiata dal governo americano una squadra di eccellenze capitanata dalla professoressa Louise Banks , esperta linguista, e il fisico Ian Donnelly che diverrà un fedele ed affiatato compagno di lavoro.
La comunicazione fra alieni e umani è possibile scoprirà la professoressa Banks.

E’ un film di fantascienza , tratto dal libro “Story of your life” di Ted Chiang, ma innovativo : c’è tanta scienza ma anche filosofia e linguistica. 

Gli alieni comunicano con un linguaggio che non dipende da una percezione lineare del tempo che la Banks riesce a decifrare, ma per capire il motivo della presenza degli alieni sulla Terra deve concepire il tempo come gli extraterrestri.
Ecco una caratteristica che non si è mai vista fino ad ora in un film di fantascienza : l’empatia e una grande prontezza nel gestire le emozioni, tratti tipicamente non eroici. 

Nessuna necessità di sparatorie o utilizzo di bombe per la Banks solo la sua abilità di comunicare con gli alieni e le persone che non si capiscono fra loro è l’unico modo di salvare il pianeta.

Le scene dentro la nave aliena sono incantevoli e la stanza in cui c’è il primo incontro ravvicinato con gli alieni sembra un palcoscenico , con una enorme lastra di vetro illuminata e queste due giganti figure eptapodi.

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L’interpretazione di Amy Adams (American Hustle, The Fighter, Di nuovo in gioco) è sublime, Villaneuve ha giocato moltissimo con i primi piani dell’attrice , la quale ha dato prova della sua grande espressività anche nelle scene di silenzio. Le ha fruttato una nomination Golden Globe come miglior attrice drammatica e , come sostiene buona parte della stampa internazionale, c’è odore di nomination agli Oscar.
Bravo anche Jeremy Renner che ha dismesso i panni dell’avenger Occhi di falco o del macho violento.
Nonostante l’utilizzo di pochi spazi non c’è un senso di oppressione.

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Villaneuve ha creato un film universale fatto per piacere agli amanti della fantascienza (un po’ annacquata ) che ci da un messaggio bello e puro quanto il viso della Adams quando interagisce con gli alieni : ascolto e comprensione del diverso da noi.
Concilia le esigenze di tutte le tipologie di pubblico.

NB: Villaneuve è il regista di Blade runner 2049 con Ryan Gosling protagonista, se le premesse sono queste si prospetta un ottimo sequel.

Arianna De Arcangelis

Giuseppe La Farina: strenuo propugnatore dell’unità e libertà d’Italia.

Giuseppe La Farina
Giuseppe La Farina

Avete presente quel viale lungo, lungo, lungo che, passato Tremestieri vi porta dritti dritti al centro di Messina? Si, proprio quello dove c’è traffico a qualsiasi ora del giorno e che funge da via di transito per tutti gli autobus diretti verso la Sicilia orientale: il rinomato Viale La Farina, dedicato, come si può intuire, a Giuseppe La Farina. Solitamente le piazze, i parchi e le strade vengono dedicate a chi, originario o non della città, si è comunque fatto ricordare compiendo grandi o piccole cose, ma dall’enorme significato morale. Ma chi era Giuseppe La Farina? Perché dedicargli una via?

Giuseppe La Farina nasce il 20 Luglio 1815 a Messina. Si dedica agli studi letterari e laureatosi in Giurisprudenza, diviene patriota, politico e scrittore.

La sfera patriottica e quella letteraria si fondono dopo i moti rivoluzionari del 1837, quando, costretto a rifugiarsi a Firenze, si dedica alla scrittura e pubblica diverse opere tra le quali: L’Italia nei suoi monumenti, ricordanze e costumi; Studi storici sul secolo XIII e Storia d’Italia narrata dal popolo italiano. A Firenze diresse anche un giornale, l’Alba, il primo di stampo democratico-sociale ma, lo scoppio della rivoluzione in Sicilia, lo riportò sull’isola per vederlo, nel 1848, deputato alla Camera dei Comuni.

Emigrato in Francia, scrisse una Istoria documentata della rivoluzione siciliana e una Storia d’Italia dal 1815 al 1850 . verso la fine del 1856 assieme a Daniele Manin e a Giorgio Pallavicino Trivulzio fondò la Società nazionale italiana, una associazione avente l’obiettivo di orientare l’opinione nazionale verso il Piemonte di Cavour. La Farina ebbe parte attiva alle annessioni del regno sabaudo e favorì la spedizione dei Mille in Sicilia.

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Sepolcro di Giuseppe La Farina, Messina, Cimitero Monumentale. Ph: Giulia Greco

Ritorna in Italia per fondare la Rivista contemporanea e scrive un romanzo storico. Nel 1856, aderisce alla monarchia, divenendo fidato collaboratore di Cavour, la cui politica appoggiò la Società nazionale italiana, precedentemente fondata. Eletto deputato al primo parlamento italiano, nel 1860 fu nominato Consigliere di Stato, successivamente Ministro dell’istruzione, dei lavori pubblici dell’interno e della guerra. Inoltre, fu membro di alcune Logge massoniche di Torino, tra cui: “Ausonia”, “Il Progresso” e “Osiride”. Nello stesso 1860, si recò in Sicilia per affrettarne l’annessione al Piemonte, ma Garibaldi lo espulse clamorosamente. Non riuscì più a ritornare in Sicilia per via dell’ostilità delle fazioni autonomista e repubblicana. Dopo la morte di Cavour, passò all’opposizione. Si spense nel 1863, tumulato a Torino tra le tombe di Vincenzo Gioberti e Gugliemo Pepe, le sue ceneri furono trasferite a Messina nel 1872 per l’inaugurazione del Gran Camposanto per giacere nel Famedio degli uomini illustri.

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Cenotafio del La Farina nel chiostro della Basilica Santa Croce, Firenze

La vita di Giuseppe La Farina, è stata maggiormente vissuta, come si può intuire, in due delle città itliane più illustri; proprio per questo, a Firenze, sul lato nord del chiostro della Basilica di Santa Croce, è presente un monumento a lui dedicato riportante sul fronte la seguente iscrizione:

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Monumento a La Farina, Torino, Piazza Solferino.

«A Giuseppe La Farina – messinese – Amò il vero gli uomini la patria – patì dolori disinganni esili – operò con fede costante alle sorti nuove dell’Italia combattendo col braccio e coll’ingegno – soldato poeta istorico sostegno dell’italica gloria moriva il 5 settembre 1863 di anni 47 – alle vegnenti generazioni esempio imitabile»

A Torino, invece, nella centralissima Piazza Solferino, è stato eretto in suo onore un monumento in marmo bianco che lo effigia nell’atto di leggere un documento. L’iscrizione recita:

«storico illustre antesignano e strenuo propugnatore dell’unità e libertà d’Italia»

Nel 1932, a Messina è stato intitolato in suo onore, il “Liceo Classico La Farina-Basile”.

 

Erika Santoddì

Image credits: https://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/thumb/f/fd/Firenze_Museo_SantaCroce_Monumento_funerario_a_Giuseppe_La_Farina%281%29.jpg/800px-Firenze_Museo_SantaCroce_Monumento_funerario_a_Giuseppe_La_Farina%281%29.jpg

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Messina e Reggio, due sponde differenti unite da uno stile di vita: l’Avis.

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Antonio Romeo e Francesco Previte, i rispettivi presidenti comunali Avis di Reggio e Messina, ci chiariscono le idee sulla donazione di sangue e sul futuro della associazione.

 

Come si è avvicinato al mondo Avis?

Pres. Previte: “ Entrai a far parte dell’avis come semplice socio, intorno agli inizi degli anni 80. Avevo promesso al mio insegnante di elettronica che, dopo i 18 anni, sarei entrato a far parte del mondo Avis. E così, dopo la mia prima donazione, mi resi conto dell’importanza del dono.

Pres. Romeo: “Con l’esempio in famiglia, con la “dipendenza” che ti prende la prima volta che arrivi in sede, quello spirito di servizio che mi ha sempre contraddistinto nella vita scout.”

Da quanti anni è presidente e quali altri incarichi ha ricoperto in questa associazione?

Pres. Previte: “Son presidente comunale dallo scorso mandato, per quanto riguarda le cariche rappresentative avisine, da semplice socio a tesoriere, dirigente regionale, consigliere ragionale e potrei continuare. Posso affermare che sotto questo punto di vista ho fatto molta gavetta e ne vado fiero.”

Pres. Romeo: “Dal 2013 sono presidente dell’Avis comunale di Reggio. Abbiamo assistito alla trasformazione dell’Avis da semplice associazione ad impresa sociale, l’avvento dell’accreditamento ci ha portato sulla strada della qualità e della programmazione, ma anche sulla strada della burocrazia. Questo sacrificio viene richiesto dall’Europa e noi ci buttiamo con grande coraggio. In quattro anni abbiamo dovuto cambiare sede, costruirne una nuova ed ottenere per primi in Calabria l’accreditamento all’assessorato alla sanità della Calabria, ed ora mantenerlo con la visita biennale. Tutto ciò, durante il mio primo mandato in assoluto, ma le sfide non mi hanno mai impaurito, anzi mi hanno sempre affascinato e stimolato.

La donazione a Reggio come si svolge?

Pres. Romeo: “E’ un ambiente familiare ma contemporaneamente professionale, il donatore è accolto nella nuova sede dai primi interlocutori che sono i nostri amministrativi, compila il questionario, viene visitato dal nostro medico selezionatore svolgendo un colloquio in maniera riservata, gli viene effettuato un emocromo a 18 parametri da sangue capillare, che in italiano significa, che non ci fermiamo alla semplice misurazione dell’emoglobina, per sicurezza controlliamo altri 17 parametri. Il donatore viene reso idoneo e passa in sala prelievi dove effettua il suo gesto d’amore. Successivamente in sala ristoro, dove gli viene offerta una calda colazione.”

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Per quanto riguarda la donazione i Messinesi sono attivi?

Pres. Previte: “Una domanda da 1 milione di dollari! I dati non sono incoraggianti, dal 1 Gennaio ad il 26 Novembre 2016 sono state 2686 le donazioni di sangue, pochissime rispetto agli abitanti. E’ strano perché di fronte all’emergenza, il donatore messinese si presta, ma è un po’ pigro e distratto. Un ulteriore problema è che i nostri giovani donatori finito il primo ciclo Universitario vanno a trovare lavoro fuori, quindi la fuga di cervelli implica anche una grossa perdita di donatori. Ad esempio, uno studio effettuato dall’Avis nazionale, ha dimostrato che i primi ed i secondi della classifica donatori piemontesi sono rispettivamente calabresi e siciliani, dunque sulla generosità di noi meridionali c’è poco da lavorare.

Quanti donatori ha l’Avis Reggio e quanti l’Avis di Messina?

Pres. Romeo: “Circa cinque mila, numero esiguo rispetto la popolazione reggina e rispetto all’esigenze della azienda ospedaliera. Quasi 8000 prelievi annui tra emazie, plasma e piastrine, adesso però, ne serviranno circa undici mila data l’apertura del reparto di cardiochirurgia presso l’azienda ospedaliera Bianchi Melacrino Morelli.”

Pres. Previte: “Circa due mila i donatori messinesi, un dato che non rispecchia per nulla la mole di questa città.”

Le raccolte di sangue nelle scuole e come pensa di riavvicinare i giovani alla donazione?

Pres. Previte: “Per quanto riguarda i giovani siamo andati meglio negli anni passati, con il coinvolgimento di università e scuole, non entrando nelle aule, ma coinvolgendo le società studentesche abbiamo potuto implementare l’affluenza giovanile. Anche con borse di studio, per creare quel tipo di sana concorrenza per stimolarli al massimo. Ed infine informazione fatta tramite i nostri infermieri e medici, attuando una propaganda il più professionale possibile. Ricordo che Messina, è un città metropolitana, ma ancora non autosufficiente. Le grandi città hanno dei problemi per quanto riguarda la comunicazione dell’importanza del dono. Ma mi domando: perché in Piemonte siamo i primi e qui gli ultimi?

Pres. Romeo: “Continueremo a divulgare tutte le informazioni attraverso ogni nostro mezzo a disposizione, attraverso il nostro magazine, rispondendo sempre presente ad ogni manifestazione, ad essere promotori di una cultura solidale, come quella della donazione, essendo protagonisti nelle scuole e nelle università. E tutto questo è possibile grazie al nostro Gruppo Giovani, che da quindici anni è parte fondante del nostro reparto Avis.

Propositi per il nuovo anno..

Pres. Previte: “? Perché non un gemellaggio? Con Reggio condividiamo quasi tutto, basti pensare allo stretto, alla nostra cultura, le Università, l’aeroporto, la buona cucina, e mi fermo per non risultare noioso. La collaborazione è la chiave per cercare di dare una mano a chi ne ha veramente bisogno.”

Pres. Romeo: “Concordo pienamente con il Presidente Francesco Previte, mi impegnerò in prima persona affinché questo gemellaggio si possa fare prima di Febbraio. Condividiamo davvero tanto, perché non condividere anche un gesto d’amore come la donazione?”

Un saluto a tutti i donatori..

Pres. Previte: “Buon anno a tutti! Spero possiate dedicare tempo della vostra vita per salvarne un’altra. Donare è un azione concreta che giova al ricevente e al donatore. Il dono è vita, fate qualcosa che possa fare la differenza, venite a donare!”

Pres. Romeo: “Vorrei augurare a tutti i nostri donatori e non, un anno pieno di salute e felicità, ma vorrei sottolineare, che purtroppo, nonostante questi giorni di festa, <il malato non va in ferie>. C’è sempre bisogno di dare una mano per salvare più vite umane possibili. Il donatore reggino non ha ancora ben compreso l’importanza della donazione programmata e assidua. Sperando che in futuro questo trand possa cambiare, abbraccio di cuore tutti coloro che donano e che si avvicineranno a questo stile di vita. Donate e vi sentirete dei supereroi.”

 

Vincenzo Romeo

Quando l’informazione è influenzata dai pregiudizi

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Quando i giovani sono protagonisti di notizie di cronaca nera, si tende a fare di tutta l’erba un fascio riguardo il luogo in cui è accaduta la vicenda. Negli ultimi giorni, Messina è stata al centro del mirino dei mass media: la 22enne Ylenia Grazia Bonavera risulta l’ennesima vittima di violenza sulle donne, è stata cosparsa dall’ex fidanzato, Alessio Mantineo, di benzina e le è stato dato fuoco. 
Nonostante le prove, la ragazza continua a difendere l’ex: paura? Lo shock ancora la influenza? Senso di colpa? Minacce ricevute? Questa non è la sede per poter fornire una diagnosi psichiatrica, né i giornalisti che si sono occupati del caso per le varie testate nazionali possono permettersi di giudicare la vicenda influenzando il pubblico, senza fornire un vero e proprio servizio di informazione.
A prescindere dai principi morali, le accuse sono state rivolte al contesto cittadino in cui la ragazza vive, e l’attenzione, informandoci in prima linea noi in quanto ragazzi universitari e cittadini di Messina, si è soffermata sulla città dello Stretto la quale è stata definita come l’ultima città d’europa e che l’atteggiamento della ragazza rispecchia perfettamente il carattere degli abitanti .Schermata-2017-01-12-alle-09.59.28-1024x575

La manfrina è sempre la stessa: divisione netta tra Nord e Sud Italia. Al nord una notizia negativa è solo una notizia negativa, a volte si tende anche ad oscurarla o, peggio, a diffonderla non con lo stesso giudizio rispetto al sud. I programmi di cronaca, che sfociano nello spettacolo, intervistano i protagonisti delle notizie di cronaca nera con un velo di ironia e cercano di mettere in evidenza i difetti propri del contesto sociale degli ospiti rapportandolo a tutta la comunità. differentemente succede per ospiti dello stesso contesto sociale, ma di una città del Nord.

A prescindere dalle notizie di cronaca inerenti alla violenza sulle donne che potrebbero essere commentate con le tipiche frasi “copia-incolla” (la violenza non è amore, chi ti picchia è un uomo vile, le donne devono denunciare, ecc), il modus operandi che lascia stupefatti tutti noi è che i giornalisti, anche rappresentanti di testate nazionali, riescono a discriminarci e a renderci parte di un contesto sociale ristretto. da sempre una città è composta da differenti ceti sociali, dal più basso al più, ma questo non significa che il sud sia il ceto più basso dell’Italia intera. Messina è socialmente molto varia, e consta di una popolazione giovanile eterogenea dove un ragazzo appassionato di lettere classiche può anche conoscere il dialetto tradizionale.

Noi, giovani messinesi, non giudichiamo o contestiamo la notizia, ne metteremmo mai bocca in una storia d’amore finita male. Cosa dica una ragazza traumatizzata non è compito nostro analizzarlo, le azioni di un ragazzo del genere parlano da sole.
I giornalisti e i conduttori tv si sono abbandonati all’interesse del “titolone” e dell’ “audience” scordandosi l’elemento umano se non per enfatizzarlo ed etichettando una intera città.

Quello che noi vogliamo dire è che noi messinesi, giovani o vecchi, non siamo loro, loro non sono i nostri rappresentati.
I nostri rappresentanti sono la dottoranda Giovanna Ruello, vincitrice del premio FiO/LS di NY; sono i ragazzi e i professori del dipartimento di Ingegneria con il loro lavoro sulla prevenzione sismica; i professori e ricercatori del policlinico universitario, medici che si fanno in 4 per i loro pazienti; il collega x che si mantiene da solo studiando e lavorando contemporaneamente; e poi, con una visione più grande, i magistrati anti-mafia, gli scrittori, gli attori, i cantati.
Messina è musica, arte e cultura, i messinesi anche.

Le notizie di cronaca nera devono essere trattate per quello che sono: tragedie. I protagonisti della cronaca nera, che sia cronaca del Sud, del Centro o del Nord, non possono mai essere rappresentanti di un’intera cittadina, per il semplice fatto che un pazzo che butta benzina, persone che parlano di ‘’picchiarsi quando sono arrabbiate’’, pazzi omicida, ladri, non possono mai rappresentare un cittadino onesto, anche fosse uno solo.

Elena Andronico, Arianna De Arcangelis, Giulia Greco

Sessione Invernale: i pensieri dello studente sotto esami

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Metà gennaio. Lo studente vacilla tra la paura di non farcela e l’angoscia di non farcela. Sono giornate uggiose. Mancano più o meno 4 giorni al giorno dell’esame.

E tutti, tutti, in loop, senza saperlo, pensiamo le stesse cose.

 

-Perfetto, questa volta ce l’ho fatta. Sono in tempo per poter fare la seconda ripetizione, magari anche la terza.

-Oh merda, mi sono addormentato!! Che ora è?? Magari sono solo le 16. LE DICIANNOVE? Vabbè dai, sono in anticipo, non fa niente, calma.

-Non mi siedo.

-Vediamo un po’ le date, che vuoi che cambia se lo do ora o più in là…

– Ok questo lo so.

-Ansia.

-Questo non lo chiede.

-Vabbè, meglio ripassare che non si sa mai.

-Ma mi sono prenotato?!

-Non vado nemmeno.

-Questa volta è 30, lo so!

-Anche 22 va bene.

-Ma perché non ci ho pensato prima?!

-Dio prendimi.

-O la va o la spacca.

-Questa volta i miei mi buttano fuori di casa.

-Devo stare calmo.

-Dal prossimo esame cambio regime.

-Sonno.

-Fame.

-Pipì.

-Solo una puntata.

-Ok, pausa.

-Solo un’altra…

‘’Allora che facciamo, verbalizzo il 18?’’

‘’Dove devo firmare?’’

Elena Anna Andronico

San Francesco all’Immacolata: la chiesa che incantò Antonello

Antonello da Messina, "Cristo in pietà con tre angeli", 1475, Museo Correr, Venezia. Dettaglio. (da http://www.frammentiarte.it/2014/18-pieta-con-tre-angeli/, modificata)
Antonello da Messina, “Cristo in pietà con tre angeli”, 1475, Museo Correr, Venezia. Dettaglio.
(da http://www.frammentiarte.it/2014/18-pieta-con-tre-angeli/, modificata)

Il “Cristo in pietà con tre angeli”, oggi custodito al Museo Correr a Venezia, è secondo la critica una delle opere tarde di Antonello da Messina, verosimilmente dipinta durante il suo soggiorno veneziano, nel 1475. Della vita di Antonello sappiamo poco, ma una delle cose più assodate è  il suo lungo viaggio nel centro Italia e a Venezia: eppure ci piace pensare, con un po’ di bonario campanilismo (che non guasta mai, a patto di sapere quando fermarsi), che il Maestro messinese abbia voluto in qualche modo ricordare la sua terra patria, nella quale secondo alcune fonti tornerà e finirà i suoi giorni, nel 1479 . In effetti, fra le ali dell’angelo piangente a destra, in mezzo ai molti dettagli che Antonello, con la sua attenta e quasi maniacale sapienza miniaturistica rubata all’arte fiamminga, inseriva nei suoi dipinti, ce n’è uno che, forse anonimo per i più, fa sussultare chi conosce Messina: una massiccia struttura con tre absidi che, in maniera quasi inequivocabile, possono essere identificate come quelle di una delle più antiche e grandi chiese messinesi, San Francesco all’Immacolata.


Monumento antichissimo
, era il 1254 quando fu stabilita la sua costruzione, per intervento di un gruppo di monaci francescani che già nel 1212, quando san Francesco era ancora in vita, si erano stabiliti nella città dello Stretto, nella preesistente chiesetta di san Leone. Proprio presso questa comunità, secondo una pia tradizione, soggiornò sant’Antonio da Padova quando, nel 1221, di ritorno dall’Africa fece naufragio sulle coste sicule.  Ad appena 28 anni dalla morte del Poverello d’Assisi, in clima di piena espansione del suo culto, i conventi francescani di tutta la penisola fanno quasi a gara nella costruzione di imponenti chiese dedicate al santo e la comunità di Messina certo non può essere da meno: la prima pietra di questo poderoso edificio, seconda chiesa in Messina per dimensioni dopo il Duomo, arriva da Napoli, nel 1255, dopo esser stata benedetta nientemeno che da Papa Alessandro IV in persona.

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Nel XIV secolo, la chiesa cresce e si sviluppa secondo le linee rigorose ed austere di quello stile che i libri di storia dell’Arte codificheranno col nome di “Gotico francescano“, sotto l’occhio vigile del re Federico III d’Aragona, nipote per parte di madre di quel Federico II “meraviglia del mondo”: sotto questo monarca la chiesa diventa il luogo di sepoltura della famiglia reale e vi trovano requie le spoglie del nipote e successore, Federico IV d’Aragona, della nuora, Elisabetta di Carinzia, e dei due figli cadetti, Guglielmo e Giovanni, duchi di Randazzo.

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Un altro periodo di splendore di questa chiesa fu nel corso del Cinquecento, quando, nominata cappella reale dall’Imperatore Carlo V, si arricchì di opere pregevoli dei grandi maestri del Rinascimento siciliano, Gagini, Rinaldo Bonanno, Mazzola, Guinaccia. In questo periodo viene anche concluso il chiostro del convento. Ulteriori modifiche alla chiesa, stavolta in stile barocco, vengono effettuate a cavallo fra Sei e Settecento. L’inarrestabile declino, invece, inizia a seguito dell’esproprio del convento in periodo post-unitario, a seguito delle leggi eversive; nel 1884 un incendio devasta gli interni distruggendo molte delle opere che vi erano custodite; nel 1908, il Terremoto del 28 dicembre le assesta il colpo di grazia, radendola quasi interamente al suolo; solo parte delle absidi, proprio quelle absidi dipinte da Antonello, resiste alla sua furia distruttiva.

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Così inizia la ricostruzione, una ricostruzione faticosa e paziente perché condotta secondo criteri di fedeltà storica, riutilizzando, ove possibile, i conci e la pavimentazione d’epoca secondo il principio dell’anastilosi. Oggi le tombe reali sono perdute, forse per sempre, e le opere superstiti all’incendio del 1886 sono custodite al Museo Regionale, fatta eccezione per una statua in marmo di sant’Antonio, che si trova oggi nel giardino sotto le absidi, e una statua in legno e argento del XVIII sec., raffigurante l’Immacolata, che è tutt’oggi oggetto di venerazione popolare. Ma è grazie a questa ricostruzione, conclusa nel 1928, che possiamo oggi ammirare la mole austera del Tempio con un aspetto e una struttura  il più possibile fedele a quella trecentesca, e, salendo dal mare lungo il viadotto Boccetta, possiamo fermarci anche noi ad ammirare quelle possenti absidi che incantarono Antonello da Messina… 

Gianpaolo Basile

Foto: Erika Santoddì

Angolo di strada

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La ragazza con i capelli lunghi correva nella strada come se fosse rincorsa da un segugio; attorno al collo indossava una sciarpa colorata ad occhio un po’ troppo lunga per la sua minuta statura, e la si vedeva svolazzare per qualche centimetro dietro di lei; stringeva dei libri al petto, che sembravano pesarle più del dovuto.

È bastato un incrocio su quella via trafficata ad interrompere il suo passo svelto: la fretta di due impacciati giovani si era trasformata in un fortuito incontro a ridosso di un angolo di strada.

Il cielo d’argento sopra di loro prometteva pioggia, ma quell’urto di sguardi era sole fra le nuvole cupe.

La ragazza bassina, chinata a terra per raccogliere i libri, aveva trovato il suo silenzio in una città rumorosa solo guardando gli occhi dello sconosciuto davanti a lei.

L’assurdo del caso aveva fatto incontrare due persone perfettamente conformi ed i loro cuori stavano facendo il resto.

I sorrisi si accoglievano l’uno nell’altro e nelle parole riecheggianti c’era la bellezza di una nuova primavera.

Poi, l’ardore delle chiacchiere li accompagnò per mesi; anche quando l’odore dei ciliegi profumava la brezza delicata sui loro volti.

Se i due erano stati perfetti sconosciuti, adesso i loro occhi vedevano gli stessi colori.

Le mani si intrecciavano mentre il Tevere vicino scorreva incurante dell’amore che si stava scatenando.

Fra i vicoli di Campo de’ Fiori, un chitarrista per strada accompagnava quella apparente normale passeggiata, che per loro era la più bella di sempre.

 

 

  • “ Io sono Elio”
  • “ Io Giulia” – rispose la ragazza con i capelli lunghi.

Era incappata negli occhi smeraldo di quello straniero fino a sprofondarci dentro.

In quel pozzo verde speranza, aveva trovato la sua felicità anche se per un breve idilliaco momento, ma sapeva che avrebbe voluto inciamparci per altre mille volte ancora.

 

 

Jessica Cardullo

Le 4 categorie di professori

rispettare_i_profCi siamo. Il momento tanto atteso è arrivato. Finalmente abbiamo spostato il mirino della nostra pistola (ma che dico pistola, il nostro è un fucile a canne mozze) sui nostri cari professori. Ci avete mai fatto caso? Loro godono di un particolare super potere che li rende bipolari, un po come le due facce di una medaglia. Sono bianchi a lezione e neri all’esame. O neri a lezione e bianchi all’esame. Insomma: li abbiamo combinati in 4 divertenti categorie che vi permetteranno di riconoscere i vostri mentori. Let’s go…

 

  1. Buono a lezione e tremendo all’esame

La prima categoria che prenderemo in esame risulta essere altamente pericolosa.

A Lezione: Il professore in questione si dimostra disponibile e paziente. È quel tipo di professore disposto a spiegare ripetutamente la lezione, fino a che sia entrata nelle grazie di tutti. Lui non si arrabbia se arrivi tardi a lezione nemmeno se ogni tanto chiudi gli occhi e ti teletrasporti nel magico mondo di Narnia. È quel tipo di professore che lascia sempre aperta la porta e non si cura del fatto che la sua aula, somigli ad un porto di mare.  Il professore buono a lezione, ma tremendo all’esame è meschino. Si, perché tu, in realtà, la parte dell’esame non la conosci ancora e allora studi pensando: “Mi ha lasciato dormire durante la spiegazione del capitolo 5, è proprio un professore umano”. Ecco, hai appena commesso il più errato dei pensieri. Si, perché il giorno dell’esame, succederà quello che meno ti aspetti.

All’esame: Tu ti presenterai sereno e sorridente, in fondo, stai per sostenere l’esame col tuo professore preferito. (altro che “l’università è piena di tiranni”) La mattina ti svegli e non ti preoccupi di restare a stomaco vuoto (tanto, avevi più ansia all’esame del sangue) Poi ti siedi, ed è lì che l’atmosfera si trasforma totalmente: “Si ricorda il capitolo 5, quello che ho spiegato mentre lei dormiva, quel giorno in cui è arrivato tardi a lezione dicendo di non aver capito la lezione del giorno prima?” Tu nel frattempo sudi freddo. “Bene, è proprio quel capitolo che sto per chiederle” E tu ti senti morire, non solo perché non hai chiaramente mai studiato quel capitolo, ma sopratutto perché hai appena dovuto cambiare idea sul professore dei tuoi sogni.

 

2.Tremendo a lezione… E anche all’esame

Questo genere di professore è come la barbabietola da zucchero, che ci salvava durante le interrogazioni di geografia. Cresce dappertutto. In questo caso, in tutte le università (e scuole di ogni grado) del mondo. Questo tipo di professore lo incontrerai almeno una volta nella tua vita: ci uniamo tutti in un caloroso cordoglio.

A Lezione: fa capire chi è dalla prima parola detta il primo minuto del primo giorno di lezione. È quel professore che arriva e sbarra le porte dell’aula magna in modo che tu sia costretto a farti sentire se vuoi entrare. E se lo fai, se entri in ritardo, si ricorderà per sempre di te. Mentre vai al tuo posto ti umilierà (diciamo pure: perculerà) davanti a tutti i tuoi colleghi e in quel momento, con quelle parole, sta mettendo una croce su di te. Non ammette cellulari, ronzii, non puoi bere (mangiare nemmeno lo dico), rimprovera se stai prendendo appunti perché ‘’ti distrai’’, rimprovera se lo guardi fisso perché ‘’stai dormendo’’. Se frequenti un corso con frequenza obbligatoria è quello che prende le firme, che fa anche il perito calligrafico per hobby così che tu non possa chiedere il favore al collega nemmeno una volta, nemmeno per una firma sola. Peggio, se è proprio di buon umore fa l’appello. E magari ti chiede pure di portargli la carta d’identità, già che ci sei (voi pensate che non sia possibile, beh, venite a medicina e ve lo presento io stessa un professore così). Il suo corso inizia e finisce con una frase: ‘’Tanto vi boccio tutti’’.

All’Esame: Beh, è uno che mantiene le promesse. Tanto ci boccia tutti. Appunto. Non c’è scampo: ne vengono promossi 2 ogni 40 presenti all’esame, di cui uno sicuramente è suo nipote e l’altro è fuori corso da 8 anni. Vuole sapere tutto: tutto quello che dice il libro di 4mila pagine, tutto quello che ha detto lezione e tutto quello che ha detto alla lezione risalente agli anni ’60 perché era sì solo un dettaglio, ma senza quel dettaglio non puoi aver capito un accidente. Poco importa che l’esame sia di 2 o di 22 crediti: verrai bocciato. Una, due, tre, quante volte gli pare.  C’è solo un modo per superare la sua materia: botta di culo.

 

  1. Buono a lezione… e anche all’esame

 

Questa, invece, è una rarissima categoria. Talmente rara che trovarne un esemplare, equivarrebbe ad aver trovato (letteralmente) il famosissimo ago nel pagliaio. Se, nella tua carriera da studente, hai avuto la fortuna di incontrarne almeno uno, gioca d’azzardo, potresti essere una persona mooolto fortunata.

A Lezione: Stavolta no, non ci caschi più. Hai già imparato la lezione incontrando il professore gentile, flessibile, poco fiscale ed estremamente disponibile.  Il professore che viene a fare lezione in tuta da ginnastica e felpa col cappuccio (e no, non stiamo parlando di un’insegnante di scienze motorie) ormai non può più avere la tua fiducia. Hai già potuto appurare che questa categoria di professore, il giorno dell’esame sfoggerà il suo miglior completo della collezione (probabilmente quello del suo matrimonio, giusto per farvi capire quanto sarà istituzionale) e ti chiederà giusto quell’argomento che ha spiegato il giorno del funerale di tua zia novantenne (l’unica volta in cui hai deciso di assentarti). Quindi no, nessuna battuta amichevole, nessun linguaggio colloquiale, nessuna faccia d’angelo potrà mai convincerti che quel professore sia uno buono fino in fondo. Ti chiama per nome (anche questa è una trappola) e conosce persino i nomi dei tuoi genitori. Conosce le tue passioni perché per lui “non sei solo un numero” ma una persona a tutti gli effetti. Vuoi scoprire la verità? Presentati all’esame.

All’Esame:  È lì seduto, ancora con la tuta che indossava durante la lezione. Sorride e ti sta aspettando con aria sognante. Anche tu aspetti, non lui, bensì la fregatura che sta per presentarsi al tuo cospetto. “Come va?” ti chiede, e subito ti vien voglia di confessare:” Professore, ho studiato bene il capitolo 5, quello che ha spiegato quel giorno in cui ero assente” Ti sei appena reso conto che adesso non ti chiederà MAI quel capitolo, quando invece:” Me lo ripeta allora..Ed è subito 30 e lode. Semplice, veloce, indolore. Cerchi qualcuno che ti dia un pizzico ma no, non stai sognando. Hai appena incontrato il professore perfetto.

 

4.Tremendo a lezione… E buono all’esame

Questi professori sono come quando vai in un posto controvoglia e poi ti diverti e, nemmeno il tempo di rendertene conto, è tutto finito. Ti rimane quell’amarezza mentre stai salendo in macchina per tornare a casa: ‘’già finito? Che peccato’’. Sono le classiche pecorelle vestite da lupi mannari. Che tu, dopo che verbalizza (verbalizzi, verbalizzi pure), quasi gli vorresti fare una carezza sulla pelata e lasciarci un bacio.

A Lezione: in tale luogo di tortura, il professore in questione, è un pazzo maniaco. E’ differente dal professore tremendo sia a lezione che all’esame perché quello rimane glaciale e calmo sempre, con il suo sorrisetto ostile; questo sbraita in continuazione. Sempre che urla, sempre che fa arrivare la sua saliva negli occhi dei colleghi per quanto si svena. Gli pulsano i vasi sul collo che c’è da preoccuparsi, in alcuni momenti, che stiano per scoppiargli. I bulbi oculari sono perennemente e tragicamente un po’ troppo fuori dall’orbita rispetto al normale, iniettati di sangue. Questo tizio arriva, miete terrore. Se ti becca che chiacchieri con il collega non è che ti sgrida e ti butta fuori dall’aula, no, lui è capace di avvicinarsi a mezzo millimetro dalla tua faccia, che manco i dissennatori in Harry Potter, ed urlarti il sopraggiungere della tua morte immediata se non ti strappi la lingua e non gliela consegni. A volte, invece, non inizia proprio la lezione: sta 10 secondi e se ne va. Mi avete mancato di rispetto, ve la farò pagare. E tu, in quei momenti, che già di materie da recuperare ne hai tante, ti auguri di essere preso dal buon Dio il più presto possibile.

All’Esame: il fatidico giorno X entri in aula pregando tutti i santi, tutte le religioni, inventandotene alcune se è il caso. Ti siedi e attendi la tua fine. Guardi quel professore e ti chiedi se è lo stesso che per 6 mesi ti ha giurato di ucciderti: puoi mai essere? Me lo sono sognato? Forse sono miope e questo è il suo gemello buono? Lo stesso pazzo che urlava fino a farti mettere a piangere, ora è seduto là, che ascolta con espressione soave e, sopra la sua testa rilassata, ti pare di scorgere il profilo di un’aureola. Era tutta scena. Ora la sua materia la sai come nessun’altra materia al mondo, sarà l’unica di cui ricorderai qualcosa e, in più, avrà anche un bel voto scritto accanto. Commovente, irreale. Ma si può rifare? Che quasi quasi mi manca, questo stupido dolcissimo bastardo.

Elena Anna Andronico,Vanessa Munaò

Cinefilia per idioti: Il Cinepanettone

natale-sul-niloPiù dello svegliarsi a causa dei gorgheggi dell’inquilina del primo piano (è una cantante lirica), più dello svegliarsi di soprassalto con il faccione di tua madre appiccicato al tuo perchè “un bacio prima di andare a lavoro no?” Più di tutto questo, odio le commedie all’italiana a tema natalizio. In breve? I Cinepanettoni

Di recente, nel mio quotidiano zapping su Youtube, resto come sempre soddisfatta dell’ultimo video di Yotobi (che se non conoscete ancora vi consiglio assolutamente di rimediare a questo errore) in cui ironicamente ci consiglia degli insoliti film sul natale, specie di animali che salvano il natale.
Consapevole dell’arduo compito che mi spettava, ovvero dover scrivere quest’attesissimo articolo di cinefilia per idioti a tema natalizio, qui, mi ritrovai difronte a un dilemma esistenziale; odio di più i film sugli animali (solitamente cani) che salvano il natale o odio di più Christian De Sica e Massimo Boldi e qualche napoletano a caso nel cast di un loro film?
La risposta mi sembra pressoché lapalissiana.
Ricordo ancora con esagerata vergogna quando non sapendo cosa fare, a casa dei miei nonni, un pomeriggio, misi nel video registratore una cassetta registrata con scritto sopra “Natale sul Nilo”.
Molti dei miei traumi credo siano dovuti alla visione di questo film. S
e ancora dovessi ridere, quando qualche anziano fa una flatulenza e tutti sono costretti a stare in silenzio, io do la colpa a questo film. Con estremo stupore, ed una certa tristezza, anche, mi rendo conto grazie a fonti certe (google) si sia passati dall’ era dei Cinepanettoni a quella dei Cinezelig. 

Mi spiego meglio; l’Italia a Natale non viene più rappresentata da Boldi e De Sica (ma anche Jerri Calà, Ezio Greggio, Enzo Salvi, Massimo Ghini, e una gnocca a caso) ma da “veri” attori comici provenienti dalla famiglia di Zelig quali Bisio, Abatantuono, De Luigi, che nonostante abbassino di livello la loro reputazione, con questi film ci donano un sorriso più ragionato e una morale, seppur banale.
Ma se foste dei nostalgici e stesse cercando nudo semi integrale non vietato ai minori, battute di infimo livello, gente con un quoziente intellettivo inesistente e scoregge a volontà, questo è il genere di film che fa per voi!
Non credo ci voglia un esperto per analizzare questo genere ( ed ecco perché mi sono assunta quest’arduo compito) :“ visto uno, visti tutti” è il motto che più si addice a questi film; le avventure “ spassosissime” dei nostri cari protagonisti, che solitamente sembrano personaggi di una barzelletta estremamente caricaturati e portatori di stereotipi rappresentativi di città diverse (solitamente una del sud e una del nord),  s’imperniano attorno a scene di tradimenti, seni, luoghi comuni, sederi, doppi sensi, gag trash, volgarità a caso, e come ci tenni a precisare prima,flatulenza. 

I peti sono vitali per la trama che chiaramente è banale e non ha alcun fine se non quello di far ridere un bambino di tre anni. E neanche. 
Perciò tra un “mamma mia come sto” a caso e un “anvedi quella” ripetuto ogni cinque secondi , quest’anno smetti di giocare a carte (che tanto perdi) alza il sedere dalla sedia e mettilo sul divano! Non accontentarti dei soliti film cult natalizi, fai un tuffo nel passato e regalati insieme alla tua famiglia, un Natale indimenticabile e un danno cerebrale permanente! 

 

Elisia Lo Schiavo