Sotto il cielo c’è una gran confusione.

Il caos regnava prima ed è solo aumentato col nuovo anno.

noemi554266_396001393827287_301528613_n-f7613La confusione è amica dei potenti, getta sabbia negli occhi della maggioranza e scredita gli “investigatori della verità”.
Il caos è mezzo favorito per difendersi spostando l’attenzione su fatti per i quali l’incidenza è teoricamente pesante e permettendo così di agire verso il fine reale.
Si attaccano prima i magistrati e il sistema giudiziario per poi passare alla stampa divulgatrice di falsità e costantemente opposta al potere di turno.
Lavoro non facilitato da quella cerchia di giornalisti e comuni cittadini che , un po’ per divertimento un po’ per la retribuzione , diffondono il falso e tendono alla calunnia. Questa è questione antica lo stesso Umberto Eco in una intervista con Livio Zanetti alla fine degli anni Novanta criticava certa stampa di titoli ingannevoli o falsi scoop.
C’è bisogno di buon senso di discernimento per destreggiarsi nel bombardamento di informazioni a cui siamo sottoposti quotidianamente, l’errore è comunque in agguato.

Mentre gli spettri della xenofobia e nuovi nazionalismi aumentano di forza e dilagano in Europa  in Italia c’è un’istinto di “coprirsi gli occhi”.
Il 1968, l’anno in cui Pier Paolo Pasolini teneva settimanalmente la rubrica “Il caos”  in cui documentava e rifletteva sulle questioni di quegli anni, sembra una realtà estranea da quella odierna.
La politica preferisce parlare di “scissioni” “dimissioni” “nuove elezioni” e non di compromessi in virtù di fini superiori e comuni.
Se una faccia della medaglia è l’ immobilismo politico dall’altra il caos : in mezzo mondo milioni di donne e uomini si ribellano, gridano no ai soprusi dei governi e aspirano ad un cambiamento, le piazze si riempiono e si fa politicaCrk-PPLWIAEtu4b

Hobsbawm nel suo “Secolo breve” che iniziava cronologicamente con lo scoppio della prima guerra mondiale parlava di fallimento di ideologie e presenza di uomini forti e terminava con la prima guerra del Golfo.
Il saggio si conclude con una riflessione  sulla possibilità di una implosione o esplosione della società conosciuta fino ad allora e avverte che il futuro non può essere una semplice continuazione del passato. 

Per i greci Χάος era un “immenso spazio vuoto”  l’opposto di ciò che è ora per noi, e per i filosofi il luogo in cui il si attinge per la formazione dell’ordine.
E’ in questo spazio vuoto che si inseriscono le novità.
La molteplicità può portare a soluzioni uniche ed adatte a sciogliere i nodi. Trovando i punti di contatto, eliminando il superfluo e il nocivo, tutto sta nella capacità della formazione sociale di “capare” il necessario. 

Il pluralismo può confluire in univocità : l’Europa può ridefinire gli elementi fondamentali e proporre adeguati modelli meritevoli del suo eterno (fino ad ora) soprannome  di  “patria della democrazia”.

Arianna De Arcangelis

L’assoluta felicità

Charles-Eugène-Plourde-Se-non-trovi-la-felicità

Nel momento in cui mi chiedo quale sia la risposta alla quotidiana domanda “cos’è la felicità?” , la prima parola che riesco a scovare è, probabilmente, “utopia”; se poi, cerco nel fondo del mare di definizioni – errate o incomplete che siano – che la mia mente associa alla parola felicità, forse la accosterei ad un momento, ad un’emozione o, addirittura, ad una persona.

Altrettanto spesso, mi ritrovo ad accontentarmi della risposta quasi rapida e inevitabilmente superficiale che mi do.

Ma per il resto del tempo, nei momenti in cui non mi pongo questo interrogativo, qual è la risposta?

Tra i metafisici, coltivare la virtù più elevata era il gradino da salire per raggiungere l’ambita ed elevata eudaimonia – letteralmente, lo spirito buono o più comunemente, la felicità.

Nietzsche, d’altro canto, proporrebbe la teoria della felicità come forza vitale e lottatrice; come colei che non limita la libertà ed afferma il suo essere, senza ricadere nell’effimera condizione di pigrizia e di staticità.

È forse, quindi, il più cospicuo di un modello concettuale o è una figura da imitare?

Soffermandomi sul sorriso di un bambino che gioca, sulla mia famiglia che scherza a tavola o su un mio collega che si laurea, ogni teoria viene sbaragliata dal concetto dell’attimo.

Ritorno, allora, a trovare una soluzione diversa ad un quesito apparentemente insulso.

Ma se la felicità è un attimo, è fallace: un momento è lì e la vedi con gli occhi; la tocchi con gli angoli di bocca rivolti verso il cielo.

E per ognuno, la felicità è un istante diverso, è soggettiva.

Dunque, non solo è l’illusione di un momento ma ricade nella propria realizzazione – o per meglio dire – nelle scelte.

Ci sono.

La felicità è capire cosa vogliamo che, di per sé, rappresenta uno stato relativo di gioia e che raggiunge il suo stato assoluto nel momento in cui si ottiene quello che ci si prefissa come un obiettivo.

Magari, per quella ragazza che sta sorridendo davanti ad uno schermo di un cellulare, l’apice sarà un bacio; per quell’uomo che è stato appena licenziato, sarà un posto di lavoro; per quella donna con il pancione, sarà tenere tra le braccia la sua piccola creatura.

E dopo aver raggiunto questa vetta, cosa c’è?

Poi c’è un’altra felicità, un altro obiettivo o, piuttosto, un nuovo sogno.

Riassumendo, collegando, cercando fra i miei pensieri la risposta a “che cos’è la felicità?” credo sia questa: la felicità è un sogno, fugace ma continuo.

Jessica Cardullo

Per un appello in più

WhatsApp-Image-2017-01-23-at-15.35.04-840x420Com’è che dice quella canzone? Ah sì “ti lamenti, ma che ti lamenti, pigghia lu bastuni e tira fora li denti”.
Uno degli obiettivi principali di ogni programma delle liste presentatesi durante le elezioni, era l’aggiunta dell’appello di Marzo che era stato eliminato per il calendario d’esami dell’A.A.2016/2017. Tanto hanno fatto e tanto hanno detto, che i neo eletti consiglieri di giurisprudenza hanno ottenuto l’aggiunta di un post-appello per la sessione invernale.
Il sit-in organizzato il 23 gennaio davanti ai cancelli della facoltà di Giurisprudenza, al grido degli hashtag #ridatecilappello e #MAVpagatoappellonegato, ha ricavato i suoi frutti per la gioia (e aggiungerei anche salvezza) di tutti gli studenti di Piazza Pugliatti.
Giorno 1 febbraio il direttore del dipartimento De Vero, in seduta di consiglio straordinaria (alla quale, però, non hanno potuto partecipare i rappresentanti degli studenti perché ancora non proclamati) ha proposto ai professori l’aggiunta di nuove date per sostenere gli esami; questi ultimi hanno deliberato a favore dell’introduzione del post-appello per tutte le materie relative alla sessione di Febbraio.
Nel comunicato ufficiale del Consiglio dei rappresentanti di Giurisprudenza, i consiglieri hanno esposto le modalità di prenotazione: “Ferme restando le date prefissate da calendario (sia per gli appelli che per i termini di prenotazione) i docenti, il giorno stesso del loro esame daranno la possibilità a tutti coloro i quali vogliano usufruire del Post-appello, di presentarsi in altra data da loro comunicata lo stesso giorno.
Sottolineamo che è necessaria comunque la presenza il giorno della prima data prevista da calendario per via delle difficoltà, da parte del sistema esse3, nella registrazione delle assenze, per cui gli studenti che vogliano usufruire del suddetto Post-appello dovranno comunque recarsi il giorno dell’esame prestabilito e comunicare la loro volontà di sfruttare la data successiva che verrà comunicata il giorno stesso (L’intervallo sarà, presumibilmente, tra i 7/10 giorni).
Purtroppo su questa situazione i docenti non possono fare altrimenti e si sono premurati di sottolineare ciò, ferma restando questa loro apertura rispetto le esigenze da noi portate avanti.”
Inoltre, chi si presenta all’appello ufficiale di Febbraio sostenendo l’esame, anche se ritirato, non potrà sostenerlo nelle date del post-appello, che dovrebbero rientrare tra il 20 ed il 28 Febbraio (salvo discrezione del professore). 
Questo risulta un grande traguardo raggiunto dagli studenti e per gli studenti. Certo non è nel mese di Marzo, nè risulta un appello ufficiale che verrà aggiunto con certezza nei calendari degli anni a venire, ma è sempre un passo avanti, che sicuramente non si fermerà qui. Come ci disse una volta il Magnifico RettoreGli studenti SONO l’Università”: che sia in concreto così. Ad maiora! 
Giulia Greco

L’influenza del divo

lucas-senza-maglietta-uomini-e-donne-trono-classico-gossipDivo: Cantante o attore di teatro, del cinema, del varietà, o campione sportivo di grande popolarità.

Con il termine divo ci riferiamo più frequentemente a quelle persone che incarnano gli ideali della società contemporanea, sempre più disposta a spersonalizzarsi, a massificarsi. Anche grazie ai media ed internet ormai, nascono e muoiono sempre più velocemente simboli e bisogni creati a nostro uso e consumo. Una societas la nostra, piena di bisogni quantomeno superflui ed eroi inutili. Si è passati dall’ammirare i divi del cinema che a loro modo incarnano valori di patriottismo, amore, giustizia, coscienza civile, a i nuovi personaggi creati dalla stampa, dalla radio, dalla TV e dai social network. Protagonisti questi, di una curiosa strategia di vendita del colosso commerciale di turno.

Vi sono certamente molteplici tecniche per dare vita ad un pinocchio qualsiasi, però la più ripetuta è certamente questa: si crea un personaggio, si dà corpo ad un mito, lo si usa per imporre gusti e ideali. Non è importante a che ambito appartenga, in quanto questa tecnica può essere applicata in senso trasversale. Facciamo un esempio: il “cantante rap” che si fa sponsorizzare da una qualunque società e ne pubblicizza i prodotti, innesca un mimetismo che lascia poco spazio all’espressione della personalità del singolo individuo. Si assiste poi ad una serie di suddivisioni in gruppi della società, gruppi formati dai sostenitori di un divo e di un altro, magari a lui contrapposto, così chi non fa parte di questi talvolta viene escluso e trascurato dai suoi stessi coetanei.

Mi viene in mente la diatriba fra Fedez e J-Ax da una parte, e Marracash e Gue Pequeno dall’altra, dove un penoso battibeccare a colpi di storie su Instagram ha dato vita alla solita guerra tra fan, dove però ad uscirne sconfitto è un altro protagonista: la musica. Ritorna questo mantra della superficialità dove tutto si misura sulla base di “quanto ho guadagnato”, “quanto vendo io e quanto vendi tu” (che poi bisognerebbe parlare quando i platino si assegnavano per le vendite e non per gli streaming Spotify e le views su Youtube ma lasciamo perdere), e si perde così il senso del fare musica, specialmente il senso del Rap, dove tutto spesso partiva da un disagio che si esprimeva in metrica e si comunicava negli ambienti intrisi di questo malessere. Questi invece si scaccolano alle sfilate di Moschino e poi si invidiano i dischi d’oro.

Ora emulare, non è solo una tendenza dell’essere umano, ma è realmente un bisogno. I bambini assorbono dal mondo esterno le regole che lo governano ancor prima di vedersi impartire una lezione, iniziano attraverso l’emulazione, una possibilità di apprendimento supportata da un apparato neuronale dedito solo a questo. Purtroppo non è un problema che il divo si pone quello di essere un esempio per gli altri, specialmente per i giovani.

Quindi alla fine del giro di giostra, in una società dove il quarto ed il quinto potere spesso creano dei miti che non traducono grandi ideali bensì futili bisogni, ci ritroviamo pieni di giovani e giovanissimi che volano basso (o meglio sguazzano nella bassezza) perché non sono in grado di affermarsi come individui. Preferiscono mettersi in coda, assomigliare in tutto al vicino, senza preoccuparsi di dimostrare le loro reali capacità e peculiarità, negandosi così la possibilità di operare per il progresso sociale, civile e culturale. Negandosi così la possibilità di scendere in piazza emulando i cittadini rumeni insorti nei giorni scorsi per l’approvazione delle leggi che depenalizzavano il reato di corruzione. Negandosi la possibilità di protestare e proporre soluzioni al problema della disoccupazione giovanile. Riportiamo al centro di tutto la curiosità, per la cultura, per il sapere. Riportiamo al centro di tutto l’amore per la propria cultura e per il proprio sapere. Che sia anche un movimento d’orgoglio dei più giovani, per smentire coloro i quali definiscono queste generazioni come quelle che: “vivono nel galleggiamento del presente, tra lo smartphone e lo spritz”.

Alessio Gugliotta

Messina ed il Monastero di Montevergine Santa Eustochia Smeralda

 

DSC_0008“Oppresso da pene ed angustie
vengo a Voi, Santa Madre Eustochia,
per trovare nel vostro cuore
soccorso, conforto e pace.
Voi siete Avvocata, aiutatemi;
siete Protettrice, proteggetemi;
siete stata sempre fedelissima ascoltatrice, esauditemi;
ottenetemi da Gesù, vostro Divino Sposo,
le sospirate grazie e benedizioni celesti.
Amen”
Così recita
una delle preghiere della suora claustrale, che non è solamente un’elevazione della propria persona ma carità e dono d’amore per gli altri. Il sacrificio che compie per restare più vicina a Dio e partecipare della sua luce, si riversa misteriosamente sull’intera comunità degli uomini secondo le leggi della reversibilità nel bene e la Comunione dei Santi.

DSC_0027Ma, chi sono le suore claustrali? Entriamo nella macchina del tempo e configuriamo i parametri del viaggio all’anno 1212 d.C. quando, Santa Chiara fuggì dalla casa del padre, subì da San Francesco d’Assisi il taglio dei capelli e rice
vette il velo monastico. Inizialmente affidata all’ordine delle Benedettine, fu seguita dalla sorella e da altre compagne per poi essere trasferita negli umili locali della chiesa di San Damiano; da qui deriva il nome con il quale erano inizialmente designate: Povere Dame di San Damiano. A partire dal 1218 il cardinale Ugolino dei Conti di Segni iniziò a formulare per loro una nuova regola molto rigida, che prevedeva l’obbligo della clausura: questa regola fu rivista e definitivamente redatta da Chiara (per cui è detta Regola di Santa Chiara) e venne approvata da Papa Innocenzo IV il 9 agosto 1253. Anche a Messina esiste una comunità di clarisse che vive di preghiera e carità, l’unica nella diocesi di Messina ed in Sicilia. Questa realtà esiste grazie ad Eustochia Smeralda Calafato che nel 1464 ha fondato il monastero di Montevergine, oggi conosciuto anche sotto il nome di “Santa Maria degli Angioli”, per far rivivere lo spirito di vera povertà voluto da Chiara d’Assisi e che nei secoli era stato mitigato. In più di cinque secoli, molte donne hanno potuto abbracciare la regola di Chiara seguendo il Signore sulla via della perfezione.

Molto si sa sulla vita di Eustochia grazie ad uno scritto biografico redatto da una consorella. Si tramanda che sin da piccola la sua bellezza non passasse inosservata. Tuttavia, all’età di 15 anni decise di prendere i voti contro il parere della famiglia, ed entrò nel Monastero di Basicò con il nome di suor Eustochia, ove rimase per oltre dieci anni.
Amante della povertà e molto risoluta nei suoi propositi, riteneva che nel monastero non si osservasse alla lettera la regola delle clarisse, decise quindi di fondare un nuovo convento che chiamò “Montevergine“, dove alla sua morte vi erano ben 50 suore. Il suo Monastero ebbe scambi culturali e spirituali con altri monasteri dell’Osservanza. Il suo corpo è ancora incorrotto ed è conservato nel Monastero. Venne canonizzata da Giovanni Paolo II l’11 giugno 1988, durante una sua visita a Messina.

 

DSC_0023

La primitiva Via dei Monasteri, oggi corrispondente grossomodo alla Via XXIV Maggio, ove sorge il santuario di Montevergine, era una delle più importanti arterie urbane. In epoca greco-bizantina essa era denominata “dromo“, ossia corso per eccellenza, per la teoria di monasteri che la fiancheggiavano, spettacolare colpo d’occhio per chi ammirava la città dal basso e per chi proveniva via mare. In epoca contemporanea l’aggregato religioso di Montevergine costituisce l’unica istituzione superstite ai terremoti della Calabria, della Val di Noto, e di Messina del 1908.

DSC_0024

La chiesa era ad unica navata, abbellita con tarsie marmoree e grandi affreschi nel soffitto, opere di Letterio Paladino, come il quadro della Concezione e della Sacra Lettera. Il portale tardo cinquecentesco e la tribuna sono attribuiti agli architetti Maffei. La “basilica nuova”, costruita dopo il terremoto del 1908, è stata eretta dall’architetto romano Florestano di Fausto a partire dal 1952. È un edificio in stile romanico modernizzato, a tre navate. Nella sua semplicità e purezza di linee architettoniche è un vero monumento di fede e di arte. In fondo alla navata centrale, si apre l’ampio Presbiterio, fiancheggiato in alto da due matronei e dal maestoso organo. Sotto, il semplice e moderno coro in legno di noce e radica di olivo. Addossato alla parete di fondo si innalza il monumentale Trono dove è collocata l’ immagine della Madonna, una bellissima pittura, su due tavoloni di pino: una delle più belle immagini di Madonne italiche. Il Trono si compone di marmi pregiati, di statue e bassorilievi di bronzo, su uno sfondo di mosaico monocromo, opera di J. Hainal.

Ad oggi, il Monastero è situato in Via XXIV Maggio, 161 ed è aperto al pubblico per la Santa Messa e per la visita al corpo di Sant’Eustochia.

Erika Santoddì

foto: Erika Santoddì

CUS calcio: tra sofferenza ed equilibrio

L’ultima giornata del girone d’andata vede affrontarsi Cus Unime e FaSport, che, oltre ad essere un sentito derby locale, rappresenta anche il big match di classifica. La delicata sfida è diretta dal Sig. Garzo di Messina, che ha l’impegnativo compito di tenere in pugno una partita dal clima teso e nervoso e dove la posta in palio è troppo alta per entrambi.
Il fischio d’inizio è alle 16,30, di domenica 29 gennaio, al N. Bonanno.

In tutto il primo tempo regnerà un sostanziale equilibrio, ma non mancano le occasioni da entrambe i lati: ci prova subito Tavilla per la FaSport, ma la traversa salva gli universitari. Il Cus risponde due volte con Di Bella, ma le sue conclusioni sono imprecise e il punteggio non si sblocca. Alla mezz’ora servono i migliori riflessi di Battaglia per evitare il vantaggio ospite su un’interessante girata di Zoumir. L’ultimo colpo del “botta e risposta” dei primi (e tutto sommato piacevoli) 45 minuti è opera di Insana, ma anch’egli pecca d’imprecisione e il suo tentativo finisce a lato d’un soffio.

foto2-2Ad inizio secondo tempo la svolta: su una conclusione da lontano di Iamonte, apparentemente non irresistibile, l’estremo difensore ospite Geraci dimostra tutte le sue incertezze, respingendo debolmente il tiro e consegnando a Di Bella l’occasione per il tap-in vincente. L’attaccante del Cus non fallisce ed è 1-0.
Vantaggio che dura appena 10 minuti, infatti la FaSport trova il pari direttamente su punizione con un tiro forte e preciso di non poco ispirato Sorrenti. Uno pari e il match torna in un sostanziale e delicatissimo equilibrio, condito dal classico clima derby, ricco di sventatezza e distrazioni.
La FaSport tiene alto il pallino del gioco e fa dell’intensità sui contrasti la sua miglior arma; sarà infatti il Cus a soffrire maggiormente per tutto il resto del secondo tempo. Dopo il gol annullato a Sorrenti per discutibile scelta arbitrale, a prendersi la scena e gli applausi dei suoi sostenitori è Bruno, estremo difensore del Cus, subentrato a freddo al posto dell’infortunato Battaglia. Il numero 12 universitario si rende protagonista con due parate a dir poco decisive: la prima su Zoumir in uscita bassa e la seconda su Di Leo, salvando il risultato in entrambi i casi.

Il triplice fischio arriva dopo 4 minuti di recupero e a vincere è stato l’equilibrio fra due squadre che ci hanno provato ma senza, forse, quella necessaria tenacia per aggiudicarsi i 3 punti. Il Cus oggi ha superato l’ennesima prova, indispensabile per stare in vetta alla classifica, ossia quella di saper soffrire in una sfida sicuramente meno brillante delle ultime, ma dove comunque è riuscita ad ottenere un punto importante che continua a garantire il primato in solitaria.
Nella prossima partita, la prima del girone di ritorno, il Cus ospiterà, sempre al Bonanno, l’Arci Grazia (terza forza del campionato), in un match d’elevatissima valenza ai fini del campionato. Gli universitari avranno la possibilità di vendicarsi, dopo lo scivolone d’inizio stagione, proprio nella prima partita contro la squadra milazzese.

Formazione Cus (4-5-1):

1 Battaglia (73’, 12 Bruno); 2 D’Agostino, 4 Iacopino, 5 Occhipinti, 3 Arena; 11 Insana, 8 Iamonte (70’, 16 Nucera), 6 Lombardo, 7 Vinci (86’, 18 Caputo), 10 Creazzo (57’, 15 Monterosso); 9 Di Bella.

Panchina: 13 Rodà, 14 Tiano, 17 Condò. Allenatore: Smedile.

Classifica:

1. Cus Unime 23
2. Real Zancle 22
3. Arci Grazia 21
4. FaSport 19*
5. Sc Sicilia 18*
6. Ludica Lipari 18*
7. Stromboli 15*
8. Casalvecchio Siculo 14 *
9. Kaggi 12*
10. Malfa 6*
11. Città di Antillo 6
12. Cariddi 5

*Una partita in meno

Mirko Burrascano

“Appello si, appello no, se famo du spaghi”

71gu332b-NL._SX355_C’è da chiedersi: poteva essere tutto evitato? Poteva andare diversamente? Ogni azione che compiamo ci porta, in modo irrimediabile, ad una serie di eventi che poi formano il quadro generale di una qualsiasi situazione attualmente vissuta, ma prima, cambiando qualche passaggio, era possibile variare il finale? Lasciando stare roba come l’effetto farfalla, il non incrociare i flussi e mai fare viaggi nel tempo da soli ma sempre in gruppo, è davvero possibile risalire alle cause effettive del nostro presente?

Me lo sono chiesto quando per la prima volta mi sono interfacciato con la spinosa questione dell’appello di marzo a giurisprudenza che da giorni ormai, più di una settimana, occupa le pagine telematiche dei social. Dove sta il disagio? Dove sta la verità? Probabilmente non sono quesiti a cui effettivamente si può rispondere, considerando le due campane (ragazzi ed amministrazione centrale). Due domande, però, giornalisticamente parlando, è lecito farsele. La storia non parte mica adesso, neanche da settembre scorso, siamo nel 2015 circa e si vota per il calendario unificato. In senato infatti dirigenza e portavoce degli studenti sistemano nuovamente l’assetto degli esami da collocare nei mesi dell’anno accademico, considerando lo svolgimento delle lezioni e le tempistiche delle prove, oltre che il carico di studi e la preparazione necessaria.

Un lavoro che alla fine vede l’accettazione del piano d’esami come lo conosciamo oggi, suddiviso per facoltà e con una media di due appelli per sessione, invernale, estiva, primaverile ed autunnale, con qualche piccola concessione per gli studenti fuori corso. In senato, quel giorno, ovviamente, anche le rappresentanze studentesche, che pongono il loro “placet” sul progetto (secondo il verbale, su 5 senatori 3 erano favorevoli, uno astenuto e uno contrario). Da qui in poi è il caos, il provvedimento scatena il panico tra le associazioni e si arriva alla richiesta dei giovani di giurisprudenza: due date a marzo che possano essere collocate in due venerdì del mese, così da non ostacolare il lavoro dei docenti in aula. Dopo un sit–in e vari incontri però la linea è sempre la stessa: nulla si farà, almeno per ora. Nei prossimi giorni gli studenti avranno un altro colloquio con Perconti, prorettore alla didattica, per cercare nuovamente di mediare. Ci vorrà quindi tempo, ancora, e la scena è decisamente incrinata.

Un appello in più a marzo sarebbe una possibilità davvero tangibile per i ragazzi di smaltire il carico di studi su più livelli, ma l’amministrazione non vede di buon occhio lo spostamento di lezioni e l’allargamento della sessione perché, come dichiarato dallo stesso rettore Navarra, “il calendario didattico è ampio”. Si sfonda quindi una porta aperta o si cerca solo una vetrina universitaria? Armando Falliti e Alessandro Salvo, rappresentanti di giurisprudenza, ai microfoni di radio UniVersoMe hanno spiegato come non ci sia nessuna passerella, anzi, una vera e propria battaglia aperta per i diritti degli studenti. Secondo la dirigenza UniMe, invece, la richiesta è ingiustificata.

La domanda però reale, lasciando stare gli altri quesiti, è: il problema sta a monte? De Vero, direttore del dipartimento di giurisprudenza, ha certamente un ruolo fondamentale all’interno della vicenda, ma va considerata la scelta sbagliata dei ragazzi in senato. Perché non prevedere lo spazio limitato per gli studenti sotto esami? Perché votare un calendario che si sapeva, perché era prevedibile, non avrebbe soddisfatto le matricole? Perché quindi non lottare più in senato e meno in piazza, ai tempi, per delle date che fossero pregnanti o per un’elasticità maggiore per un inserimento di esami straordinari? Hanno realmente risposto tutti, rettore, prorettore, direttore di dipartimento, rappresentanti degli studenti ma dall’ambiente senatorio tutto tace. Insomma, è finita a mangiata comunitaria, dove “vogliamo l’appello, e si, ci mettiamo tutti insieme a chiederlo”, ma perché allora non farla prima, questa mangiata comunitaria, ed evitare adesso di apparecchiare? Che poi, alla fine, una bella mangiata è stata fatta ed il conto lo hanno pagato gli altri. Chi vuole intendere intenda, chi non comprende si prenoti all’appello di febbraio, che poi se ne parla a giugno.

Claudio Panebianco

Silence – la religiosità di Scorsese e l’intimità del suo ultimo lavoro

silence-locandina-lowIl 12 gennaio 2017, esce nelle sale il nuovo film di Martin Scorsese, che prende ispirazione dal capolavoro letterario giapponese “Silenzio” di Shusaku Endo.

Nel 17° secolo, in un Giappone tormentato da violenze e persecuzioni di natura religiosa, due missionari gesuiti, padre Rodriguez (Andrew Garfield) e padre Garupe (Adam Driver) provenienti dal Portogallo, partono alla ricerca del loro padre spirituale di cui è stata annunciata la scomparsa. Il viaggio si rivelerà lungo e doloroso, e talvolta anche la fede più indissolubile sembrerà sul punto di venire meno.

Scorsese affronta ancora una volta il tema dei misteri della fede, di Dio e dell’uomo. Il silenzio è proprio quello di un Dio che abbandona i suoi fedeli, che non risponde alle loro domande.
Punto centrale del film è il conflitto interiore dei due missionari che si trovano costretti a “dover scegliere” tra la vita di tanti innocenti e la professione della loro fede.

Film dall’alto valore morale e dal forte messaggio spirituale, eccellente per le qualità estetiche e tecniche.
L’interpretazione dei due attori principali è magistrale, con un Garfield in piena simbiosi col suo personaggio e un Driver smunto in maniera impressionante. silence-martin-scorsese-andrew-garfield
Sono profondi e toccanti : lo spettatore è completamente coinvolto, vivendo le loro avversità, il loro dolore come se fosse sulla propria pelle.

Scorsese crea ancora una volta un capolavoro, che diventerà una futura colonna portante del cinema.

Benedetta Sisinni

Relazioni Universitarie: le coppie che scoppiano (prima o poi)

È sabato. Forse vi siete appena alzati, forse state prendendo il 20esimo caffè della giornata. State preparando una materia, pulite la camera, aspettate il pranzo. L’unica certezza è che sia sabato. Questo vuol dire che, volenti o nolenti, ci siamo noi a farvi compagnia.

Questo vuol dire che, nella maggior parte dei casi, volenti o nolenti, voi stasera uscirete.

E quindi perché, ci chiedevamo, se l’occhio vi cade (magari mentre fate la cacca, Elisia Lo Schiavo docet) su oroscopi riguardo l’affinità tra segni scritti da nomi come Brezsny, Paolo Fox, Simon & Stars, il tipo di Tv Sorrisi e Canzoni… Dicevo, se vi cade su questi oroscopi e sogghignate davanti le coppie predette, disperati e speranzosi, perché noi, giusto noi, non dovremmo proporvi la stessa cosa?

E, infatti, ecco qua! Il nostro oroscopo che nulla ha di oroscopo, le nostre affinità non tra segni… Ma tra facoltà!

Così ci riserva il futuro? Chi dovete andare a cercare questo sabato sera? Da chi dovreste scappare? Chi dovreste lasciare su due piedi?

Scopritelo con noi: Elena Andronico e Vanessa Munaò, astrologhe per un giorno.

 

  • Studente in Giornalismo – Studente in Scienze Politiche

Queste due categorie di studenti sono molto particolari, per questo abbiamo deciso che, una relazione sentimentale fra i studenti che appartengano ad esse, non sarebbe cosa buona e giusta. Entrambi vivono nella più totale incertezza del proprio futuro, a metà tra il sogno e la realtà. L’uno sogna di firmare le pagine dei più importanti quotidiani nazionali. L’altro immagina di varare decreti legislativi che cambieranno la storia del nostro paese. Voi direte, dove sta il problema? In realtà, la questione è molto più sottile di quello che sembra.

Il Giornalista è politologo. Sa di avere nella sua carriera di studio, materie di ogni campo disciplinare possibile. Deve sostenere esami in due lingue diverse da quella madre, deve conoscere i principi fondamentali di economia, diritto, sociologia, filosofia, antropologia e POLITICA. Si, perché’ per quanto nell’immaginario collettivo, per fare il giornalista basta conoscere più o meno bene lo sport per avere una brillante carriera sul quotidiano dalle pagine rosa, è proprio la politica a complicare le cose.

Specie con chi la politica la studia e pensa di conoscerla meglio di chiunque altro essere umano del mondo. I politici (chiameremo così gli studenti di scienze politica) hanno già comprato i completi da indossare durante il loro insediamento in Parlamento. Sono conoscitori esperti di tutti i problemi che affliggono il Paese perché’ oh, l’ho letto sul libro che parla di politica.

Il problema? I giornalisti ed i politici (ricordatevi che ho chiamato così gli studenti delle rispettive discipline) non solo non possono avere relazioni sentimentali, non potrebbero nemmeno cenare allo stesso tavolo. Il Politico conosce, critica, si schiera, manda avanti lotte e battaglie di ideali e perché no, “rubare” il lavoro al collega giornalista. E lui MUTO, che mannaggia alla deontologia deve stare sopra le parti.

Se siete bravi, ma molto bravi, potreste anche provarci a far funzionare le cose. Ma se non volete rischiare di mandare tutto a monte per i vostri approcci alla vita diametralmente opposti, consigliamo ai politici, una relazione sentimentale con qualsiasi studente che non abbia materie politiche sul proprio libretto. Ai nostri cari amici giornalisti, consigliamo di comprare un taccuino ed una penna ed andare alla ricerca di uno studente di scienze della comunicazione che NO, non sono la stessa cosa (so che ve lo stavate chiedendo)

 

  • Studente in Medicina- Studente in Medicina.

Avete presente quando, davanti alla Ps1, giocavate a Tekken e, ignari dell’esistenza di sequenze logiche tra i vari tasti, premevate a caso L1, R1, X, O; fino a quando Nina Williams non faceva esplodere direttamente lo schermo della tv? Ecco, così, per caso, avevi fatto la tua prima combo, lasciando in cenere non solo Jack, ma anche l’amico seduto accanto a te.

È quello che può succedere se due studenti in Medicina decidono di mettersi insieme. Una relazione del genere può portare ad un cataclisma, ad un’esplosione stile Goku quando cerca di sconfiggere Majinbu.

Si staranno tanto simpatici all’inizio, si supporteranno a vicenda come due marinai che navigano nello stesso mare di ansia, si lasceranno andare nei sedili delle loro macchine tra una pausa studio e l’altra. Dopotutto, l’unione fa la forza: quindi, se con te c’è un tuo collega, i rimorsi della procrastinazione si sentono di meno. C’è anche da capirli, eh: gli studenti di medicina non vedono altri esseri umani che siano al di fuori di medicina. Si fa amicizia mentre si reggono le pareti del policlinico (caso mai potessero crollare).

Ma poi, sono due: o uno dei due si annulla, cala le ali, si sottomette… Oppure è la fine. La competizione riempirà ogni secondo: ognuno dovrà dimostrare all’altro di essere migliore, di essere più bravo. Li si può vedere competere anche a chi finisce prima di bere la bottiglietta d’acqua. Chi si brucia prima la lingua bevendo il caffè alla macchinetta. Chi finisce prima l’evidenziatore. Chi cuce prima il povero pollo Amadori comprato per esercitarsi. Chi dice più in fretta ‘’sternocleidomastoideo’’ o ‘’ciclopentanoperidrofenantrene’’.

Tu, studente in medicina, se stai con un tuo collega goditela finché l’altro non ti taglia la giugulare. E non ti azzardare a prendere 30. Se il tuo/a fidanzato/a prende 28 sei costretto a rifiutare il voto. Nella maggior parte dei casi l’amore lascerà spazio a suo fratello odio. Eh, ma che ci vuoi fare: sono persone incasinate i medici. Mica siamo su Grey’s Anatomy: qua siamo su ‘’Unime, licenza di uccidere’’. Quindi niente ‘’prendi me, scegli me’’; più un ‘’vade retro, Satana’’. Quindi no, noi sconsigliamo la coppia studente in medicina- studente in medicina. Lo studente in medicina lo vediamo di più con un compagno di professioni sanitarie, di fisioterapia, di biotecnologia: dopotutto sono abituati a lavorare insieme in equipe, a vedersi sperduti e spaesati per i padiglioni, condividendo il flagello delle aule inesistenti. Un po’ come gli animali che convivono nello stesso habitat. Gli studenti di professioni sanitarie sono abituati ai folli atteggiamenti megalomani degli studenti di medicina, sanno come tranquillizzarli (lorazepam nel bicchiere e tanti saluti). Consigliamo anche lo studente di Giurisprudenza: entrambi alzeranno la coda da pavone sfidandosi a chi la ha più bella ma, alla fine, parlando due lingue così diverse, finiranno per arrendersi entrambi e buonanotte.

  • Lettere, Storia, Filosofia – Scienze motorie

Il pensiero che queste due categorie di studenti non potessero essere compatibili è stato più che immediato. No, non è uno stereotipo (o forse sì) ma proviamo ad immaginare insieme una relazione sentimentale fra uno studente di lettere, storia o filosofia ed uno di scienze motorie.

Le probabilità che queste due categorie possano entrare in contatto non sono poi così basse. Entrambi si muovono nel circoscritto spazio della cittadella Universitaria, e riconoscerli non è poi così complicato.

Gli umanisti (li chiameremo così per comodità) vestono così bene che sembra che con Hegel o Garibaldi debbano andare a farci una video conferenza. Sono attenti: Ogni foglia spostata dal vento diventa un sonetto endecasillabo che Foscolo ti spiccia casa. Arrivano con una pila di libri e li portano a spasso sempre, come se fossero un’arma letale. Che poi, diciamolo pure, dovessero lanciartene uno addosso farebbero un baffo alle catapulte dell’antica Roma.

Gli atleti (chiameremo anche loro così per comodità) sono anime libere. Fluttuano nell’aria che nemmeno un fringuello a primavera. Sono belli. Fighi. Atletici. A loro bastano una tuta ed una maglietta aderente per farsi riconoscere (Alcuni indossano anche il fischietto al collo) Gli studenti di scienze motorie sanno quanto sia importante l’attività fisica, la vita all’aria aperta, la salute mentale.

Lo avete già capito da soli, no? Si ritroverebbero in conflitto perenne. A litigare davanti al televisore per decidere se vedere Piero Angela o l’ultima maratona di fitness proposta da Jill Cooper (se non ricordi chi sia, ti consiglio di chiedere a Google). Sarebbero sempre arrabbiati l’uno con l’altro. Il sabato sera, l’umanista vorrebbe trascorrerlo al circolo di poemi cavallereschi, l’atleta vorrebbe andare in palestra a tonificare i muscoli deltoidi.

Un consiglio: Non accoppiatevi mai con gli studenti della categoria opposta alla vostra. Potrebbe essere divertente si, ma non duraturo. Accoppiatevi piuttosto fra di voi. Fra di voi funziona benissimo. Gli umanisti con gli umanisti. Gli atleti con gli atleti. Nei vostri piccoli micro cosmi. Fidatevi.

 

  • Studente In Giurisprudenza- Studente in Economia.

Bah, non so perché ci siamo fissate con questa non- coppia. Non ci piace, punto. Dico, Paolo Fox le spara un po’ come più lo aggrada, dicendo di Saturno in opposizione e la Luna parallela alle sfighe ecc, quindi il principio è lo stesso. Mia madre, ad esempio, è un avvocato e si pizzica ogni due e tre con il suo commercialista. Almeno, penso sia il suo commercialista… Sai che non lo so?

Comunque, gli studenti in Giurisprudenza sono pragmatici, hanno una parlantina infinita e sanno esattamente come portarti dove vogliono loro. Questa strana scienza insegna loro che da A a B puoi arrivare passando per Z, poi un breve pit-stop su 2x e infine arrivi a B. Se la sanno girare bene la frittata. Ad uno studente di Economia che gliene sbatte poco, perché gliene sbatte poco, ce lo immaginiamo che stramazza a terra dopo 2 minuti. Quindi no, coppia bocciata.

Però entrambi potrebbero fare all’ammmore con uno studente di Lingue, ad esempio. Gli studenti in Lingue sono sui generis, sono dei tipetti ok, dove li metti stanno che tanto capiscono tutti. Ti sparano due cose in spagnolo e via, ti hanno conquistato.

  • Chimica, Matematica, Fisica – DAMS

Queste due categorie di studenti hanno delle doti non indifferenti e questo potrebbe giocare a loro favore. Hanno talento, coraggio, fiducia in sé stessi. Sono lì, seduti ad un caffè del centro. Sono carini sì, ma di che staranno parlando?

Lo studente di Chimica, Matematica o Fisica sa di avere conoscenze sovra umane. Conosce i principi che regolano il mondo: formule, assiomi, logaritmi, configurazioni elettroniche, tavole periodiche, equazioni, teoremi, moti circolari uniformi, gas nobili. Prova a spiegarne l’importanza agli umani. Sa che i comuni mortali non potranno mai comprendere, ma ci prova lo stesso. Lo scienziato (continuo ad utilizzare nomignoli per comodità, senza offesa) somiglia un po’ ad uno scienziato vero, uno di quelli tipo Einstein. I capelli elettrizzati (non a caso), lo sguardo perso nel vuoto che se ci guardi all’interno sembra di vedere una marea di simboli scorrere ad un ritmo elevatissimo. La tracolla. Indossano sempre, inspiegabilmente una misteriosa tracolla (dove, secondo me, nascondo affari nucleari da fa tremare l’Isis).

Lo studente del DAMS ha fatto dell’arte un mestiere. O per lo meno, l’oggetto dei propri studi. È un sognatore, uno che con il concreto ha ben poco a che vedere. Ve lo avevo anticipato che ha coraggio. Si, perché’ l’artista (studente del DAMS ndr.) combatte con orgoglio i pregiudizi della gente, di coloro che pensano che il mondo stia in piedi solo grazie alla scienza; alle formule, gli assiomi, i logaritmi…

Un momento… Cosa stavano facendo di sti due davanti al caffè? Ah, giusto… Hanno sbagliato tavolo. Relazione bocciata. Non siete anime gemelle, ma non disperate, per voi abbiamo alcuni consigli interessanti. Per gli scienziati, tutti numeri e calcoli, abbiamo scelto gli studenti di psicologia (ma proprio quelli bravi, ma proprio bravi bravi, oppure si mischiano tra loro mentre sintetizzano sostanze). E per gli artisti? Per voi non c’è niente di meglio che l’amore spirituale, trascendentale, ispiratore… (solo Dio lo sa, solo Dio…)

 

 

  • Studente in Ingegneria- Studente in Architettura.

Questo matrimonio non sa da fa. Ma popo popo pe niente. Sarebbe come mettere, non so, un pollo ed una tartaruga in una stanza e costringerli ad avviare una danza dell’accoppiamento. Lo studente di Ingegneria sappiamo essere un po’ sprezzante nei confronti del collega Architetto, che tende a farsela scivolare addosso sapendo la quantità di quattrini in più che possiede (ma, in realtà, il disprezzo è totalmente ricambiato). La dinamica è veloce e lo scontro più che mai precoce: ‘’Che materia stai preparando?’’ ‘’Scienze degli alieni 2, guarda che malloppo’’ ‘’Beh, noi ad Ingegneria l’abbiamo già data. È il sestuplo. Fallito.’’ Fine.

Certo, anche gli studenti di Informatica devono stare attenti al civettuolo futuro ingegnere. Loro però sono un pochino più tranquilli, sono calmi e, talvolta, riescono a moderare bene i conflitti intellettuali che il loro compagno d’amore vuole scatenare.

Comunque, caro Ingegnere, per te nessuno ha un cervello degno del tuo. Altro che figa d’oro, sostanza grigia d’oro. Quindi ti consigliamo una banana o una pera, o magari un ficus come compagno di vita. Se trovi un essere respirante disposto a starti vicino, pure se in stato vegetativo, ti preghiamo di tenertelo stretto. Grazie, la direzione.

  • Psicologia – Odontoiatria

L’associazione di queste due facoltà, devo essere sincera con voi, è stata, in un primo momento (forse anche in un secondo, terzo e quarto) un pochetto casuale. Come quando tutti hanno già scelto il compagno di briscola per il mega torneo della domenica che chi perde paga da bere a tutti, e gli ultimi, quelli che nessuno ha scelto, si accoppiano di conseguenza.

No, non ce l’abbiamo con voi. Non crediamo siate studenti di serie B che non meritano di essere considerati. Semplicemente, in questa lista di relazioni improponibili, voi siete quelli con una vasta gamma di scelta per il vostro partener universitario. Poi, l’illuminazione…

Lo studente di psicologia ha la tendenza a vedere il mondo come se fosse sintonizzato sulla Terra direttamente dallo studio di Freud. Vai per tre volte di fila in un negozio? Disturbo da shopping compulsivo. Mangi le unghie per non annoiarti? Problemi con i tuoi genitori. Piangi davanti al finale de “I passi dell’amore”? Disturbo dell’abbandono che oh, provaci tu a non piangere davanti a quel film.

Ve li immaginate, no? “Amore, oggi ho estratto due denti cariati, ho otturato un buco, trapanato una gengiva e mi sono divertito da morire”. Ed è subito psicoanalisi…

Trovare un compagno ad uno studente di psicologia non è cosa facile. Potremmo consigliare qualsiasi caso umano sopracitato che dedichi la propria vita a facoltà pressoché patologiche (vedasi matematica chimica o fisica) Per voi odontoiatri, invece, la strada è tutta in discesa. Uscite allo scoperto. Noi studenti aspettiamo che curiate le nostre carie del cuore.

 

  • Studenti in Farmacia- Studenti in Ctf.

Questi due sono un po’ come Ingegneri e Architetti. Lo scarto nella preparazione è di poco ma c’è, quelli in Ctf si sentono toghi perché possono fare quello che fanno i farmacisti e molto altro. La loro laurea da più sbocchi e, di conseguenza, perché non fare sempre presente ad un collega in Farmacia che è così? Figurati, mica ognuno si può limitare semplicemente a guardarsi il suo. E quindi, anche qua, coppia che scoppia. Beh, in realtà non diventa manco una coppia.

Si schifano a priori per cui il problema non si pone. Per cui, con chi possono fare la danza del ventre questi due soggetti? Noi, da grandi espertone (Vane, oh, ma come può mai essere che siamo ancora single?), consigliamo vivamente di trovare l’altra metà della mela in un ramo umanistico. Che poi, per esempio, anche con il medico è meglio che rimanga sul piano ‘’traduco le tue ricette con la stele di rosetta’’.

Ci può essere lo scontro e noi non ne vogliamo. Quindi, bon, un bel letterato che vi legge i bugiardini degli antibiotici prima di andare a dormire… Magari in greco antico. Tipo ninna nanna: sogni tranquilli.

 

In sostanza, comunque, fate un po’ come vi pare. Che se la dovete prendere nel di dietro, la prendete comunque. C’è poco da fare.

Un abbraccio ,

Elena Anna Andronico

Vanessa Munaò

Un michelangiolesco a Messina: Giovanni Angelo Montorsoli

149_le_vite,_il_montorsoli
Giovanni Angelo di Michele, detto il Montorsoli. Incisione dal frontespizio della sua biografia, contenuta nelle Vite di Giorgio Vasari.

Corre l’anno 1532 quando Michelangelo Buonarroti, il grande genio dell’arte e della scultura rinascimentale, attivo a Firenze in quel periodo, viene chiamato nuovamente a Roma per dirigere i lavori per la tomba di Giulio II: un lavoro fra i più travagliati del Maestro fiorentino, dato che il primo incarico per questo sepolcro gli era stato assegnato nei primi anni del secolo da Giulio II in persona, e ora quel Papa risoluto e guerriero è già morto da quasi vent’anni. Fra i collaboratori che l’ormai anziano Michelangelo chiama con se c’è un giovane di appena 25 anni, frate dell’Ordine dei Servi dell’Annunziata, che si era già fatto notare per il suo talento durante il soggiorno a Firenze. Si chiama Giovanni Angelo di Michele e viene da Montorsoli, un piccolo paesino dell’entroterra fiorentino.

Inizia così, con la benevolenza di un così importante mentore, l’avventura artistica del Montorsoli, una avventura che lo porterà dai fasti della Roma rinascimentale alla Liguria, per poi approdare sulle coste sicule, proprio a Messina, città in cui vivrà quello che i critici considerano il culmine indiscusso della sua arte.

Nella Città Eterna il Montorsoli può toccare con mano una delle più grandi fonti di ispirazione degli scultori di quel periodo, cioè l‘antichità classica ed ellenistica: e non è un caso se il primo lavoro che gli viene affidato a Roma, dietro suggerimento di Michelangelo, è il restauro delle celebri sculture dell‘Apollo del Belvedere e del Laocoonte, oggi ai Musei Vaticani. Di ritorno in Toscana, Montorsoli continua a lavorare con Michelangelo, poi si mette in proprio; qualche anno dopo è a Genova, dove si mette al servizio della potentissima famiglia dei Doria e lascia numerose opere pregevoli.

Quando rientra a Roma dopo i lavori fiorentini, il Montorsoli è già uno scultore affermato e di successo, come testimonia la biografia del Vasari, che lo cita fra i maggiori dei suoi tempi; è il 1547 e una serie di fortunati eventi portano il grande artista nella città dello Stretto. In quell’anno infatti il Senato di Messina, deciso a celebrare la conclusione dell’acquedotto del Camaro con l’edificazione di una sontuosa fontana davanti al Duomo, manda suoi uomini a Roma a cercare un artista di talento per dirigere i lavori. La prima scelta, racconta il Vasari, cade su Raffaello di Monte Lupo, anche lui della scuola di Michelangelo; ma lo scultore si ammala prima della partenza e il Montorsoli non si fa sfuggire l’occasione di sostituirlo.

IMG_2226
Fontana di Orione, 1553. Messina, Piazza Duomo. Ph: Giulia Greco

A Messina il Montorsoli stringe amicizia con uno dei più acclamati e influenti intellettuali cittadini, Francesco Maurolico: da questo sodalizio nascono quelli che sono considerati senza ombra di dubbio i suoi capolavori. Per le sue opere, Maurolico scrive versi in latino, escogita strutture ricche di complessi riferimenti mitologici e forse contribuisce anche alla progettazione degli elementi idraulici; dal canto suo, Montorsoli trasforma, col suo estro artistico e l’abilità del suo scalpello, in solido marmo le visioni del dotto messinese.

12903715_10206533819492436_958655861_o
Fontana del Nettuno, 1557. Messina, via Vittorio Emanuele II (Lungomare del Nettuno). Ph: Martina Galletta

Nel 1553 viene ultimato il primo lavoro messinese del Montorsoli: è la fontana di Orione, ancora oggi fiore all’occhiello del patrimonio artistico messinese e, volendo, nazionale, se pensiamo che lo storico dell’arte Bernard Berenson la definì “la più bella fontana del Rinascimento europeo”. Segue, nel 1555, il monumentale complesso dell’Apostolato che, oggi ricostruito, orna le due navate laterali del Duomo. Nel 1557 invece viene edificata l’altra, magnifica, fontana costruita stavolta per ornare la banchina del porto: è la fontana del Nettuno, solenne e poderosa, un Nettuno ieratico e olimpico come l’Apollo del Belvedere ed echi del Laocoonte, nelle pose contorte e nelle espressioni drammatiche di Scilla e Cariddi, muscolose come i Prigioni di Michelangelo.

800px-Sommer,_Giorgio_(1834-1914)_-_n._1743_-_Messina_-_Cattedrale
Dettaglio dal complesso dell’Apostolato, 1555, Duomo di Messina. Foto risalente al periodo pre-1908, scattata da Giorgio Sommer.

Oltre a queste, sono documentate numerose altre opere oggi perdute, fra cui il progetto della Chiesa di San Lorenzo, completamente distrutta dal terremoto del 1783; diverse opere minori custodite al Museo Regionale; gli è anche attribuita tradizionalmente, benchè oggi la sua paternità sia messa in dubbio dallo studio delle fonti storiche, la Torre della Lanterna detta una volta del Garofalo, situata sul Braccio di San Ranieri.

img_0051
Nettuno e Scilla, originali dalla Fontana del Nettuno, 1557. A destra: “La trinità”, bassorilievo, anni ’50 del ‘500. Messina, Museo Regionale. Ph: Giulia Greco

Tornato a Firenze, nel 1563, dopo che il rigore successivo al Concilio di Trento e alla Controriforma lo aveva costretto a porre fine alle sue peregrinazioni e a tornare alla vita in convento, Giovanni Angelo di Michele, detto il Montorsoli, muore. Toscano di nascita, forgiato nella culla del Rinascimento e del Manierismo, è a Messina, città dello Stretto nel pieno del suo periodo d’oro, che questo grande scultore lascia i suoi fiori più belli.

Gianpaolo Basile

Image credits:

https://it.wikipedia.org/wiki/Giovanni_Angelo_Montorsoli#/media/File:149_le_vite,_il_montorsoli.jpg

https://it.wikipedia.org/wiki/Giovanni_Angelo_Montorsoli#/media/File:Sommer,_Giorgio_(1834-1914)_-_n._1743_-_Messina_-_Cattedrale.jpg