In ordine di sparizione: un Tarantino norvegese tra neve e sangue.

Ci troviamo in un piccolo e (apparentemente) tranquillo paesino della Norvegia.

Niels Dickman, uno spalatore di neve appena insignito del premio di cittadino dell’anno, scopre che una banda di narcotrafficanti che indagava sul furto di una partita di cocaina ha ucciso il suo unico figlio a seguito di un equivoco.  Accecato dall’ira, Niels decide di vendicarsi.
Sarà un crescendo di violenza che coinvolgerà personaggi bizzarri e talvolta involontariamente comici, come il “Conte”, un giovane boss nevrotico, vegano convinto esasperato da una ex moglie particolarmente molesta, oppure “Papa”, il capo della mafia serba, un vecchio emigrato freddo e crudele, con un senso della famiglia molto forte, che osserva con una curiosità quasi infantile ciò che ha da offrire la Norvegia.

La caratterizzazione dei personaggi risulta spesso quasi caricaturale e viene sfruttata come un mezzo per fare ironia attraverso lo sconvolgimento degli stereotipi.
In particolare il regista Hans Peter Molland pone l’accento sui pregiudizi sugli stranieri  (si ricorda ad esempio il Conte, che confonde continuamente serbi e albanesi).
Il tema del razzismo è solo uno dei molteplici elementi che hanno portato i critici a parlare di Molland come di un Tarantino norvegese. Basti pensare al gusto per il pulp, al tema della vendetta, ai dialoghi pungenti e sopra le righe, allo sguardo scanzonato, talvolta addirittura straniante, all’attenzione quasi maniacale per i dettagli.

Tutto questo però fa solo da cornice a quello che è il tema principale, ovvero la vendetta.
Per il regista la vendetta, che il vendicatore tipicamente immagina come il trionfo della giustizia, non è altro che un mezzo per perpetuare la violenza. Non è un semplice circolo vizioso, perché da un singolo atto violento, come dalla caduta di una tessera del domino, scaturisce una cascata di conseguenze.
È capace di trasformare il cittadino dell’anno in un killer senza scrupoli, è capace di causare una faida tra la mafia norvegese e i serbi, è capace di rivelare tutti i pregiudizi e le contraddizioni che si celano in un tranquillo paesino scandinavo.
A fare da sfondo alla vicenda vi sono sconfinate distese innevate. Ricorrono le scene in cui il protagonista guida il suo spazzaneve, che libera la strada e lascia dietro di sé un senso di ordine e sicurezza.
Non è casuale che la neve spazzata, solitamente bianchissima e incontaminata, alla fine del film si macchi di sangue, come la coscienza di un uomo che conosce per la prima volta la vendetta.

Nonostante i temi pesanti e fortemente drammatici, il film risulta molto piacevole ed inaspettatamente divertente, grazie anche ad una recitazione degna di nota.
Stellan Skasgård (un meraviglioso Niels Dickman) e Bruno Ganz (che interpreta divinamente il ruolo del boss serbo) non deludono, recitano meravigliosamente come sempre.
Stupisce positivamente la prova di Pål Sverre Hagen, attore poco conosciuto al di fuori dei paesi scandinavi, ma che si dimostra talentuoso almeno quanto i colleghi più noti e che rende il personaggio del Conte assolutamente indimenticabile.
Passando da un’ironia graffiante, ad una regia spudoratamente tarantiniana, ad una colonna sonora particolarmente azzeccata e ad una fotografia mozzafiato, sono innumerevoli gli elementi che rendono In ordine di sparizione una vera perla del cinema scandinavo.

 

Renata Cuzzola

Startup Weekend – seconda giornata

Inizia la seconda giornata dello Startup Weekend, presente nel territorio messine per il terzo anno consecutivo.

L’innovazione e le competenze diventano progetti concreti la cui parola d’ordine è: mettersi in gioco.

Dalla mattinata di sabato fino a domenica pomeriggio, i partecipanti lavoreranno duro per concretizzare le loro idee iniziali grazie anche all’assistenza dei mentor, dei ”maestri” che aiuteranno i ragazzi in corsa con validi consigli.

I sogni di giovani ideatori sperano di divenire realtà passando, però, prima dalla valutazione di potenziali investitori.
La suddivisione in team collaborativi e produttivi è essenziale per creare dei solidi piani e per imparare ad ottenere un soddisfacente risultato tramite il lavoro di più persone.

Ma chi sono queste squadre pronte a competere per i loro modelli e, soprattutto, cosa propongono?

• Bike Sicilia
L’idea nasce dalla voglia di praticità e di mobilità per salvarsi dal traffico cittadino: anziché una macchina, potrai sfruttare questo servizio simil-Uber con una moto; potrai richiedere la tua corsa, viaggiare e pagare una volta giunto a destinazione con addebito automatico sulla carta di credito associata all’account.

Sapori di Sicilia
Sei emigrato dalla tua terra nativa, ma vorresti ancora sentire gli odori ed i sapori del tuo paese? Adesso puoi, ordinando il tuo “cesto” personalizzato con i prodotti tipici che preferisci e riceverlo direttamente a casa tua.

Easy casa 24
La regola è: accessibilità ad ogni servizio domestico.
Ad esempio, se hai bisogno di una babysitter e non sai chi chiamare (perché del ”passaparola” delle amiche non ti fidi e su internet trovi poche persone disponibili, con nessuna recensione su cui contare) potrai sfruttare questa app e trovare una persona specializzata e ben recensita.

SDream
Il sogno è quello di rendere maggiormente accessibile il finanziamento stesso di startup. Come? Con la rapida ricerca di nuovi investitori, fornenti capitale, si può creare una nuova impresa organizzativa del settore terziario avanzato/economico.

WhatGift
Le liste regalo sono ormai i segni di riconoscimento di ogni festività/evento: cosa c’è di meglio di crearne una online che ti consenta la personalizzazione con l’inserimento di oggetti e la condivisione con i tuoi amici?

Project Utopia
Si parla di creazione, di realizzazione di uno studio multisettoriale capace di raggruppare vari ambiti, collegati tra loro dalle conoscenze curriculari, dall’entusiasmo e dalla professionalità.

 

Quale idea verrà premiata?

#avaiava
#swmessina

Jessica Cardullo

Eventi della settimana

 

 15 NOVEMBRE

 LA BUONA TAVOLA

 Dove: FeltrinelliPoint via Ghibellina 32

 Quando: ore 18:00-20:00

 Cosa: Presentazione del libro “La buona tavola” interverranno il dott. Carmelo Caporlingua, dott. Danilo Rizzo e la Dott.ssa Simona Finocchio.

16 NOVEMBRE

IL GIOVEDÌ UNIVERSITARIO: UNA FESTA TOGA

Dove: Centro multiculturale Officina

Quando: ore 22:00

Cosa: Giovedì universitario.
A cura di: ALMA LIBRE – MAMBOYSON – DJ LU
INGRESSO IN LISTA
AREA DISCO START 23:30
INGRESSO:
PREVENDITE ESCLUSIVE SALTAFILA // 10,00 € C/C (PER I PRIMI 300)
TAVOLO
SUPER PRIVÈ
PRIVÈ
DJ SET: DjMinerva, Dj Piros , Axel T , Frensis
Vox Aldino
PHOTOSERVICE
2 MUSICAREA
SUPER PRIVE
AREA LATINA

17 NOVEMBRE

 INCONTRO CON L’AUTRICE: “NOTE A MARGINE” DI RITA GAROFALO

 Dove: St. Taurus Pub via Ettore Lombardo Pellegrino 105-109

 Quando: ore 18:00

 Cosa: “L’arte non insegna niente tranne il senso della vita”, affermava Henry Miller. Note a margine sposa perfettamente il significato di questa frase, interrogandosi sulle vite di persone che, nell’anonimato, hanno accompagnato artisti come Van Gogh, Artemisia Gentileschi, Frida Kahlo, Paul Gauguin, Gustav Klimt, Amedeo Modigliani, Caravaggio, Schiele, Botero, Rembrandt, Henri de Toulouse- Lautrec.

Quali cambiamenti ha prodotto nelle loro ordinarie esistenze l’incontro con questi grandi personaggi? Come la loro arte ne ha influenzato il destino?

Da queste domande nasce l’idea dei racconti riuniti in queste pagine, vicende che solo nello spazio magico dell’invenzione prendono forma, consistenza e superano i confini del tempo. Note a margine, semplici ma significative, dell’universo della storia dell’arte. Tessere di un mosaico affascinante e misterioso.

Rita Garofalo nasce e vive a Catania. Medico, specialista in endocrinologia, psicologa e psicoterapeuta, lavora in un prestigioso ospedale catanese. I suoi racconti sono apparsi nelle antologie La telefonata (2013), Incontri (2014), Tempo sospeso (2015) e L’arte di perdere (2016), le ultime due pubblicate per i nostri tipi, come il suo primo romanzo Controvento (2015).

 

IL TEATRO ANTICO: LE ORIGINI, LE OCCASIONI, I PROTAGONISTI

 Dove: FeltrinelliPoint via Ghibellina 32

 Quando: 18:30

 Cosa: Il Liceo classico G. La Farina organizza una serie di incontri che hanno come tema il Teatro antico: le origini, le occasioni, i protagonisti.
Il progetto si propone di promuovere l’avvicinamento al teatro classico, e alla cultura classica, sia greca che latina.E’ rivolto a tutti coloro che vogliono avvicinarsi alla cultura classica.
Gli incontri hanno valore formativo (8 incontri 50 euro / 1 incontro 10€)
I corsi di aggiornamento sono riconosciuti dal MIUR.
Per maggiori informazioni lafarina.alfabetizzazione@gmail.com

  18 NOVEMBRE

 Dove: Clan degli attori teatro, via Trento 4

 Quando: 18 novembre dalle 18:30-19:30 e dalle 21:30-22:30 ; 19 novembre dalle ore 18:30-19:30

 Cosa: Secondo appuntamento della Stagione del Clan Off Teatro: vivamente consigliata la prenotazione al 388 811.06.18 (chiamando ovvero mandando sms o messaggio whatsapp) oppure tramite email all’indirizzo info@clandegliattori.it, indicando il nome, il giorno e l’orario per il quale si intende prenotare il posto.Ancora per pochissimo è possibile scegliere una formula di abbonamento.

FIDELITY CARD di Nella Tirante
con Gianmarco Arcadipane e Nella Tirante
regia e ideazioni luci Roberto Bonaventura
aiuto regia Michelangelo Maria Zanghì
scene, costumi e grafica Cinzia Muscolino

Spettacolo vincitore de I Teatri del Sacro 2017

Un ragazzo, una madre, la notte, un balcone.
È un ragazzo speciale: ha problemi motori, è considerato un personaggio bizzarro in paese, conosce tutti ed è conosciuto da tutti. Le sere d’estate D. trascorre il tempo sul balcone di casa sua, affacciato sulla strada principale del paese, semideserta d‘estate: infatti è il “lungomare” il luogo deputato al passeggio estivo, D. attende chi passa, trova degli argomenti per intrattenerlo: un saluto e via al prossimo passante. Osserva da lassù un mondo perfetto che gli sembra irraggiungibile, quel “lungomare” dove tutti vanno la sera, quella vita “normale” che desidererebbe anche per sé.
La madre, in camera da letto al piano di sotto, non dorme, è stanca ma non dorme, prega, racconta in modo surreale il suo percorso di fede legato alla nascita e malattia del figlio, vive il presente ascoltando con timore e apprensione i passi, i movimenti, i discorsi, le telefonate, la voce del figlio al piano di sopra: attende il Miracolo per lui, come una sorta di premio per la sua “fidelity card”. Una riflessione, sulla disabilità o meglio “specialità”, sulla fede e sull’accettazione.

Oggi è sovente parlare di disabilità, in modo migliore di unicità, a scuola è un dovere per la nostra società sempre più variegata, la politica dell’inclusività introdotta nelle scuole, è formativo per l’educazione dei futuri cittadini del mondo. Bisogna educare alla comprensione ed al rispetto dell’altro, all’accettazione di se stessi da parte dei giovani; anche i genitori vanno educati, arriva un momento in cui si deve lasciar “volare” i propri figli.

 

 STARTUP WEEKEND MESSINA 2017- BOOTCAMP

 Dove: Colapesce – libri, gusti, idee via Mario Giurba 8/10

 Quando: ore 18:30-20:00

 Cosa: In vista dello Startup Weekend Messina 2017, Startup Messina organizza il #bootcamp di preparazione all’evento a più alto tasso di innovazione in città.

Questo bootcamp ci darà la possibilità di spiegare tutto quello che c’è da sapere su Startup Weekend Messina: chi può partecipare (SPOILER: TUTTI), come si fa a partecipare, cosa è necessario portare, cosa è una Startup, perché si svolge in un weekend e tutto quello che vi viene in mente.

Se avete dei dubbi, fatevi avanti. Se invece siete certi di voler partecipare allo #StartupWeekend, comprate il biglietto: fino all’11 novembre lo trovata a prezzo #earlybird di 29 anzichè 45 euro!!!

 

DENSHI RAW PRES. LOBSTER THEREMIN LABEL NIGHT

Dove: Retronouveau via Croce Rossa 33

Quando: ore 22:00

Cosa:  Sarebbe facile definire la Lobster Theremin come l’ennesima label lofi, house, electro, techno. Quando la musica cambia di continuo, quello che fa la Lobster è memorabile: si scaglia inequivocabilmente come la culla degli artisti emergenti che si affacciano all’underground di oggi, dando loro modo di conquistare un proprio spazio. La sua estetica definitiva, il suo linguaggio che esalta lo spirito di una crew contemporanea e innovativa, il numero ingestibile di release e sub-labels: dal 2013 ad oggi Lobster Theremin è il moniker di un undergournd onesto, instabile, dove l’instabilità è genuina e continua evoluzione. Palms Trax, Route 8, Ross From Friends, Ozel AB, Imre Kiss, questi alcuni dei nomi della Lobster family, gli stessi che stanno delineando una nuova visione della lofi, una nuova estetica del techno, un nuovo spirito dell’underground house.
La nascente forza kamikaze del pianeta di Denshi Raw si allinea con la forza cosmica di quello della Lobster Theremin per una LOBSTER THEREMIN LABEL NIGHT. Cosa significano queste 4 parole messe in fila? Significano che il boss supremo della label e padre creatore di Find Me In The Dark, uno dei party più oscuri e conosciuti del circuito underground, JIMMY ASQUITH e il suo misterioso enfant prodige NTHNG, metteranno nelle nostre mani tutto il carico della ricerca estetica della loro lofi, la loro techno emotiva e oscuramente interiore, e chissà di quali altri paesaggi di beat non abbiamo ancora idea. Una notte dalle proporzioni devastanti per la quale sarà necessario far spazio nelle proprie orecchie, negli occhi e nel cuore, per assorbire in maniera ingorda quelle che saranno le ore più superbe, arroganti e interiorizzanti che siamo onorati di darvi.
// Asquith
// nthng
Talk Later 

MODALITA’ D’INGRESSO: 10€ W/Drink fino alle 23.30. Dopo, 10€.

 

Arianna De Arcangelis

Le cinque parole dell’amore

“Il cuore ha ragioni che la ragione non conosce”
-Blaise Pascal

Con queste parole Pascal voleva semplicemente dimostrare che quando si parla di amore non si può assolutamente far ricorso alla ragione. Non si può decidere razionalmente di innamorarsi o meno di una persona. Molti studiosi si son soffermati molto su quali fossero i meccanismi fisiologici, interessate nel causare questa sensazione d’innamoramento generale, che tutti o quasi, corrisposti o meno, hanno provato. Sono cinque le sostanze che fanno da protagonista nel generale questa risposta del nostro organismo. Ovviamente il tema è molto discusso e c’è ancora molto da scoprire, tuttavia è possibile fare questa breve panoramica della situazione.

DOPAMINA

All’interno del nostro encefalo c’è uno specifico circuito, chiamato “della gratificazione” che viene attivato ogni qual volta si ha la sensazione di piacere. Questa è una via dopaminergica, ovvero che provoca il rilascio di dopamina all’interno dello spazio sinaptico. Uno dei protagonisti principali di questa via è il nucleo accubens septi, attivato dal mesencefalo. Droga, alcol, fumo e amore attivano, a loro modo, questa via. La sua funzione è quella di creare un circolo virtuoso che alimenti costantemente la voglia di ricercare la fonte di piacere. Non a caso chi fa uso di droga, ne richiederà sempre di più, come chi è innamorato va alla ricerca della presenza del partner. Ne risente il bisogno, la mancanza e la voglia di stare assieme.

NORADRENALINA e ADRENALINA

L’ipotalamo dell’innamorato stimola il sistema simpatico, che a sua volta induce la midollare del surrene a secernere noradrenalina, per il 20%, e adrenalina, per l’80%. Questi ormoni favoriscono l’aumento del battito cardiaco (provocando quel tipico arrossamento sulla pelle), la respirazione, e la pressione sanguigna. E’ questa aumentata attività cardio-respiratoria che ci fa vivere un profondo stato di felicità, eccitazione e di euforia.

OSSITOCINA

L’ipofisi produce Ossitocina, un ormone secreto durante l’orgasmo, la stimolazione dei genitali e durante l’allattamento. Nell’uomo è anche responsabile del periodo refrattario che segue l’eiaculazione. Viene chiamato ormone dell’amore perché si ritiene che generi atti affettivi e protettivi nei confronti del compagno/a: baci, carezze, abbracci e tutto il resto.

Dopo un po’ l’innamoramento perde notevolmente la sua carica iniziale e si affievolisce. Molte coppie non superano questa fase: si litiga, si commettono tradimenti e ci si lascia. Tuttavia questo non è il destino di tutte le coppie. Alcune sono nate per durare, ed ecco che entrano in gioco le ultime protagoniste di questo bellissimo viaggio: le endorfine.

ENDORFINE

Queste sostanze, simili per struttura alla morfina, hanno un’azione rilassante, calmante, analgesica ed entrano in gioco più avanti, quando l’innamoramento gradualmente si trasforma, se ci sono i presupposti, in una relazione meno passionale e più affettiva. Secondo molti esperti questa fase di passaggio è molto variabile e può durare dai 18 mesi fino ad un massimo di 4 anni.

 

 

Francesco Calò

Hermann Hesse e Messina

Herman Hesse in una foto del 1927

Da Gaienhofen, un piccolo centro di tremila anime affacciato sull’Untersee, estensione del Lago di Costanza, giunge ai nostri giorni, dal 1909, una lettera dedicata alla Messina distrutta dal terremoto dell’anno precedente e che porta la firma di Hermann Hesse.

Le poche righe che lo scrittore dedicò in lingua tedesca alla città dello Stretto dimostrano il legame tra Hesse e Messina nei suoi ricordi, memorie che cercheremo di ripercorrere in questo appuntamento della rubrica “Messina da Leggere”.

Il legame tra gli Hesse e Messina nasce nel 1865 quando Marie Hesse, madre di Hermann, intraprese un viaggio con Charles Isemberg, missionario con il quale aveva stretto una relazione, seguendolo, anche dopo il matrimonio, nelle tappe dei suoi viaggi. Fu proprio per questo motivo che, all’età di ventitrè anni, nell’anno del ’25, Marie partì dall’India con il coniuge a bordo della nave “Möris”, documentando in lettere e in pagine di diario tutto ciò che avrebbe visto.

E fu proprio durante una notte di navigazione che la Hesse costeggiò le rive di Messina, ricordando il paesaggio caratterizzato dai dorsali delle montagne buie nell’oscuro cielo stellato, riferendo delle onde danzanti e delle luci rosse e verdi della lanterna del faro. La città, a quell’ora della notte, era sopita in un sonno, probabilmente, senza luci e tutto sembrava, agli occhi di Marie, come lo scenario di un sogno incantato. Tale memoria, infatti, ritorna nella sua confessione con la quale ammise: “Non dimenticherò mai l’incantevole impressione di quella notte in mare”.

Che cosa abbia potuto vedere Marie Hesse in quella notte del 1865? Una descrizione più dettagliata della Messina di quell’epoca si può evincere dai ricordi di Edmondo De Amicis, il quale, proprio negli anni ’60 del 1800 era di “guarnigione” a Messina per la guerra tra Italia e Austria.

Quale fu il valore delle memorie di Maria Hesse per il figlio Hermann lo si evince, invece, dalle righe del romanzo “Hermann Lauscher”, opera autobiografica in cui Hesse rivolge un pensiero alla madre:

Ho ascoltato lettori e narratori e conversatori di fama mondiale e li ho trovati freddi e privi di gusto non appena li paragonavo ai racconti di mia madre.[…] Da dove traggono le madri quest’arte potente e gaia, questa plasticità, questa instancabile sorgente magica dalle loro labbra? Ti vedo ancora, madre mia, con il bel capo piegato verso di me, esile, flessuosa e paziente, con i tuoi incomparabili occhi scuri

Da un legame, dunque, affettivo, caratterizzato da testimonianze indirette, nasce il riguardo il padre letterario del “Siddharta” espresso per Messina nella sua lettera del 1909, emessa dal piccolo borgo di Gaienhofen, nel quale soggiornò, non appena sposatosi con Maria Bernoulli, dal 1904 al 1911, anno in cui Hesse, poi, si trasferì brevemente in India, terra natale della madre, stabendosi, successivamente a Berna.

Francesco Tamburello

 

Terrabruciata: tra fotografia e presa di coscienza

Quando il 9 Luglio scorso i colli messinesi hanno smesso di ardere, il paesaggio si è stravolto. Ettari di macchia mediterranea sono andati letteralmente in fumo, cumuli di macerie, scheletri di alberi e cenere governavano lo scenario.

 

 

 

Giusi Venuti, filosofa eclettica, e Gerri Gambino, fotografo per abitudine, hanno deciso di percorrere quei sentieri un po’ sbiaditi, arrivando fino al monte San Jachiddu attraverso il Sentiero dei cinghiali.

Dodici fotografie in bianco e nero che sono una presa di coscienza della situazione presentatasi subito dopo l’inferno che la natura ha subìto. Dodici fotografie che mostrano la follia dell’uomo dinanzi la bellezza estrema che non comprende e, senza ragione, distrugge. La mostra, infatti, non è un reportage, non vi è denuncia da parte degli artisti: è il riscontro della constatazione di circostanze antropologiche, culturali e territoriali, di cui tutti siamo complici.

“Non c’è stata alcuna progettazione”, dicono gli artisti, “è come se fossimo stati chiamati dalla natura. Il suo è stato un grido di disperazione, di aiuto.”

La mostra è strutturata come la narrazione della storia di questa vegetazione che è stata deturpata dalla follia e dal delirio dei suoi figli, gli uomini. Anche se si devasta c’è sempre qualcosa di più grande, e Giusi l’ha percepito nell’accarezzare una sughereta (vi sono infatti 4 foto dedicate a questo toccante momento) “Inutile che ragioniamo, c’è sempre qualcosa che ci sfugge. Credevo quell’albero fosse morto, ed invece ho sentito da dentro il tronco una forza di vita devastante e travolgente”.

Gli scatti si concentrano su contrasti tra bianco e nero, poche luci e poche ombre, il movimento era essenziale per trasmettere la realtà che vedevano i loro occhi. “Spesso dico per dispetto a Giusi che sono state eliminate le più belle, ma nel momento dello sviluppo dell’allestimento la scelta è ricaduta su queste 12 fotografie che vedete: un messaggio diretto e scarno, profondo e reale”.

Si dice che la bellezza generi benessere, ed io ne sono fermamente convinta. A volte, però, la stessa bellezza genera un benessere che non riesce a rendere personale per gli occhi che la mirano e, si sa, l’uomo quando non comprende qualcosa dice che è sbagliata. Le sensazioni e le emozioni che si provano osservando quegli attimi congelati variano in base ai movimenti raffigurati: il volto verso l’alto e così anche i rami spogli degli arbusti nello sfondo ricreano quella complicità che si era persa nell’odio e nella rabbia dell’uomo; il tocco delicato della mano di una donna sul sughero poroso rassomiglia alla dolcezza con cui una madre accarezza il frutto nato da lei; il cammino in vesti nere attraverso le sterpaglie rappresentano il percorso vitale di ognuno di noi, che sfortunatamente, molto spesso, esclude Madre Terra.

“Terrabruciata” sarà visitabile (gratuitamente) presso lo Studio Galbo-Marabello, via Ghibellina 96 b a Messina, fino al 5 novembre 2017. Orari: feriali 17-19; sabato, domenica e 1° novembre 10-13 e 17-19.

 

 

Giulia Greco

 

 

Passeggiando con Edmondo De Amicis a Messina

Ritratto fotografico di Edmondo de Amicis

Oggi, Messina da Leggere parlerà di Edmondo De Amicis, professore e autore, tra le tante opere, del celebre libro “Cuore”, romanzo che ha caratterizzato il sentimento patriottico della prima Italia Unita.

Per omaggiare il ricordo del grande scrittore di Oneglia, paesino vicino Imperia e centro della bella Liguria, UniVersoMe ripercorrà i luoghi delle memorie di Edmondo De Amicis lasciate a Messina nel suo viaggio in Sicilia compiuto nel 1905.

Il terremoto che rase al suolo la città nel 1908 ha lasciato poco o nulla di ciò che gli occhi dell’autore videro durante quel particolare soggiorno, ma le sue annotazioni accuratamente scritte sono per tutti i messinesi un dettagliato resoconto della Messina che fu e che più non sarà.

Per poter risentire l’eco distante dei sentimenti che De Amicis provò nella nostra città bisognerà sfogliare le prime pagine del bel volumetto “Ricordi d’un viaggio in Sicilia”, edito da “Il Palindromo”. Il primo luogo letterario legato alla memoria dell’autore ligure è senz’altro lo Stretto di Messina, ritrovato dopo 40 anni trascorsi dall’ultimo soggiorno in terra peloritana, permanenza che vide un giovane De Amicis assegnato “di guarnigione” proprio a Messina negli anni ’60 del 1800, per partecipare alla guerra d’Italia contro l’Austria. Nelle prime annotazioni l’autore volge lo sguardo sullo Stretto e nota sulla sponda calabrese lo sviluppo urbano che fa delle costruzioni edilizie: “Una macchia biancastra da Villa a Reggio” – molto simile alla veduta odierna. All’epoca non c’erano i traghetti che collegavano le due sponde d’Italia, ma i piroscafi che, già allora, imbarcavano i primi vagoni  che viaggiavano sulle prime ferrovie.

La Palazzata del Minutoli in una foto antecedente al terremoto del 1908

Un altro ricordo dell’autore è quel “tramway” che collegava il centro cittadino alla punta del Faro, ferrovia che resistette quasi sino al 1940, quando il tragitto tramviario fu ridotto al contesto urbano.

Ben diversa era anche la cortina della Marina di Messina, la quale agli occhi di De Amicis era caratterizzata da: “Una schiera di edifici uniformi” – tra cui vi era anche la bella “Palazzata” rasa al suolo dal sisma e tipica del nostro porto, mai più ricostruita dopo il terremoto e sostituita da costruzioni razionaliste, tra cui il Palazzo Littorio di fronte Piazza Municipio.

Per ricordare il soggiorno Deamicissiano bisognerà, poi, volgere gli occhi al “Verde lussureggiante della vegetazione che copre l’anfiteatro dei suoi colli e dei suoi monti” – mentre, per rivivere il bellissimo ritratto antropologico delineato da De Amicis sull’indole dei messinesi di allora, sarà utile recarsi al Cimitero Monumentale di Messina, laddove riposano i tanti nomi seppelliti dalle macerie, identità di cui l’autore di Oneglia ricorda – “I caratteri interessanti delle popolazioni di confine” – le quali – “modificano i costumi propri sotto influenze di elementi forestieri”. Rispetto agli altri siciliani, i messinesi conosciuti da De Amicis in quella Messina perduta si distinguevano per un accento meno marcato rispetto ai conterranei delle altre località della Sicilia, con i quali condividevano i – “modi cerimoniosamente cortesi”. Virtù esclusive del messinese dell’epoca erano, però, la – “apertura con gli stranieri”, il lessico dialettale – “ricco di vocaboli importati” – e la presenza di “tanti biondi”, caratteristica che subito risaltò agli occhi dell’autore.

La chiesa dell’Annunziata dei Catalani

Una passeggiata letteraria per i pochi luoghi superstiti e legati alla memoria deamicissiana a Messina sarà utile per ogni messinese che vuole riscoprire la propria identità perduta, l’indole cosciente cancellata dalla successiva ripopolazione urbana, spirito molto affine a quello degli abitanti delle grandi città, depositari di una storia di mercanti, di pirati, di marinai e di porti autonomi: Messina come Genova e Barcelona, godeva e gode di un grande retaggio, la cui prova risiede proprio nelle nostre strade e nella memoria della propria tradizione. Per i meno convinti di questa affinità, sarà utile una passeggiata per la Chiesa della SS. Annunziata dei Catalani, la cui origine e i suoi simboli della facciata testimoniano con migliore eloquenza di qualunque storico la verità del grande ieri che rese Messina protagonista nel Mediterraneo e porta autentica della Sicilia.

Francesco Tamburello

Image credits:

  1. Di Schemboche – The Critic: https://babel.hathitrust.org/cgi/pt?id=hvd.hnxxb5;view=1up;seq=116;size=200, Pubblico dominio, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=53267636
  2. Di sconosciuto, Pubblico dominio, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=1493576
  3. Ph: Giulia Greco

L’UniVerso che cercavo dentro ME

 

Che fatica, amici miei. Scrivere questo articolo è una cosa difficilissima. Sarò sincera con voi: solo il dovermi mettere davanti a questa pagina di Word è stato un parto. È da almeno 2 mesi che so che lo devo fare, che non volevo ridurmi all’ultimo, che rimando ‘’a domani’’.

Oggi non posso. Oggi è l’ultimo giorno a mia disposizione in quanto ‘’domani’’ è il tempo durante il quale voi mi state leggendo. L’articolo è pubblicato. Fine.

Fine.

Sapete, tra tutti i corsi universitari il mio è davvero particolare. Non sono 3, non sono 5, sono 6 anni. Sei anni sono tantissimi. È così strano pensare che tra 4 giorni il traguardo sarà stato raggiunto. The End.

Non giriamo troppo intorno, quindi. Sono qua per porvi i miei saluti, il mio arrivederci.

Questo progetto è entrato nella mia vita nel 2015. Non dimenticherò facilmente la prima volta in quello che è diventato il nostro ufficio. Non mi dimenticherò facilmente quel colloquio: ero l’unica ragazza, in mezzo ad un branco di ragazzi! Non solo: ero l’unica ragazza che scriveva per gioco, per distrazione, sicuramente non per mestiere.

Eppure, dopo quel primo “che ci faccio qui?”, tutto ha iniziato ad andare in maniera assolutamente naturale. Fin dalla prima riunione c’è stata passione ma anche tanto divertimento. Immaginateci: noi 8, in un’aula X, che non sapevamo assolutamente cosa stavamo facendo. Man mano, però, in quella confusione, sono uscite fuori le prime idee, le prime bozze di scalette e poi le scalette vere e proprie, i primi format, le prime categorie.

E poi, lui: il nome. UniVersoMe. Non potrò mai dimenticare quando Gugliotta lo ha scritto sulla lavagna, spiegandoci il gioco di parole, il significato che c’era dietro.

Io, Alessio, Paolo, Bonjo, Daniele, Valerio e Salvo lo abbiamo approvato fin dal primo momento. Università verso Me. Me, Messina. Me, cioè io. Me stesso. E sicuramente, questo universo, non solo è arrivato fin da me, ma è diventato parte di me, ha preso una parte di me.

Questo nostro progetto è stato il motivo per cui, lo dirò sempre, non ho più fatto la domanda di trasferimento. È stato il motivo per cui ho deciso di dare una seconda possibilità a questa università e a questa città, scoprendo che ci sono tantissimi ragazzi che si spaccano il culo (scusate il francesismo) per questa nostra Messina, completamente abbandonata a sé stessa.

Sono cresciuta, insieme ad UniVersoMe: ho imparato la diplomazia, il sacrificio, i compressi, il gioco di squadra. Ho imparato a contenere meglio la rabbia quando sei frustata, perché le cose vanno male, perché la gente non recepisce… Chissà per quale motivo.

UniVersoMe è un percorso che consiglio ad ognuno di voi: è una palestra per il futuro, per i futuri speakers, per i futuri giornalisti, per chi vuole trovare degli amici che lo saranno per sempre. Certo, un po’ di censura bisogna metterla in conto, ma ne vale la pena. E, anche quando verrete criticati, perché la verità fa male e non tutti la accettano, potrete dire che Voi, la Voce dell’Università, avete portato a galla i problemi che ci sono, per aiutare l’università stessa. Non vi crederanno? Non fa niente. L’importante è credere nei propri ideali.

Ed è quello che ho fatto io. Ho creduto e portato avanti i miei ideali fino alla fine, sono stata, anche io, la voce (sgarbata e acida, direi) dell’università. Ed oggi, con questo punto finale, non posso fare altro che esserne fiera.

Arrivederci, UniVersoMe.

Grazie per ogni singolo articolo scritto, corretto, pubblicato; per ogni editoriale con cui ho potuto esprimere la mia scrittura, per le mie amate rubriche di Tempo Libero, Abbatti lo Stereotipo, Recensioni e Scienze&Ricerca.

Ciao, a tutti i miei colleghi, compagni, amici.

A Micalizzi, la nostra carotina autistica, il nostro primo referente generale, l’amico con cui ho passato un anno intero a piangere sui malloppi che ci trascinavamo in biblioteca quando andavamo a “studiare”.

A Giorgino, Bonjo, Pragma, Valerio, Barba; i miei ragazzi, la squadra migliore che potessi desiderare. Ognuno di loro, in un modo diverso ma assolutamente perfetto, mi hanno fatta sentire a casa, protetta e coccolata (questa unica piccola donnina) e, soprattutto, mai inferiore a loro. Loro sono stati la mia spalla su cui piangere, il mio mandare a fanculo le persone e rimetterle in riga senza contestare, gli amici che tutt’ora sono con me, che tra 4 giorni saranno con me in uno dei giorni più importanti.

A Gugliotta, il nuovo referente, che si ammazza giorno e notte per aumentare il livello (e che c’è Super Mario Bros?) della piattaforma nelle sue varie componenti, accettando il cambiamento a cui essa può e deve andare incontro ma senza mai mancare di rispetto a nessuno dei membri che ne fanno parte o agli ideali su cui è stata fondata. Lo fa per quanto il tempo, ed io ne so qualcosa, sia poco. Perché UniVersoMe è anche questo: tanto tempo da ‘’perdere’’, con il piacere di ‘’perderlo’’.

Noi 8: il consiglio fondatore. Questi sette stronzi qua sopra citati, credetemi, non ho parole per ringraziarli abbastanza per ciò che ho provato e che non dimenticherò mai. Per aver creato, insieme, chissà per quale assurdo motivo, un qualcosa per cui, qualsiasi sarà la sua storia, andrò per sempre fiera.

Ai nuovi ragazzi, il nuovo consiglio: Jessica, Arianna, Gianpaolo, Vincenzo e a chi prenderà il mio posto. È stato un piacere vedere come quella passione, che era stampata sulla faccia di noi “vecchi” (nerd), esiste anche nel cuore (e sulla faccia) di qualcun altro. E con certezza posso dire, non solo di aver trovato anche in loro degli amici ed una squadra, che faranno un ottimo lavoro, riuscendo ad arrivare sempre più alto.

A Claudio, referente radio, con cui, come cane e gatto, mi sono acchiappata svariate volte in scontri creativi (a dir poco) ma sicuramente costruttivi. Che dire, lui ha già lasciato il posto ai giovani, ma senza noi due, possiamo dirlo senza alcuna modestia, Radio UniVersoMe non sarebbe stata il canale di successo quale è.

A Giulia, referente grafica, che, vabbè, è diventata una sorella con cui condivido il sonno, i sogni, lo sport ed i nostri mondi un po’ sbilenchi ma così strapieni di… Oddio, di cose troppo complicate ma assolutamente stupende. Attraverso i suoi occhi, guarda dentro l’obiettivo della macchina fotografica e fa vedere il mondo come mai riuscireste a rappresentarvelo. Con la professionalità che poche persone hanno, io la ringrazio perché ha conquistato la mia stima ed il mio rispetto fino, addirittura, una parte del mio cuore.

A tutti i ragazzi della Radio (che ho già salutato un mesetto fa durante la mia ultima puntata), a tutti i ragazzi della Redazione, a chi si occupa dei Social con una puntualità disarmante, a chi arriva e se ne va, a chi arriva e rimane. Grazie a tutti.

E grazie a voi: che nel vostro piccolo mi avete letta ed ascoltata. Grazie se vi ho fatto ridere, se vi ho fatto commuovere, se vi ho fatto incazzare, se mi sono fatta odiare o apprezzare. Grazie perché siete voi le persone per cui abbiamo lavorato ogni giorno e siete il più grande premio che potessimo mai desiderare.

Grazie, perché ho il cuore pieno di emozione.

Elena Anna Andronico

Finché articolo non ci separi


Tu, vuoi prendere in sposa questa pazza scattiata che ti romperà i coglioni AD VITAM?

Lo voglio.

E tu, vuoi prendere in sposo questo tizio con cui condividi poco e niente ma che hai deciso, senza motivo, di amare alla follia dei matti proprio?

Lo voglio.

Vi dichiaro marito e moglie.

 

Ok, la nostra storia non va proprio così… Ma quasi. Come un matrimonio combinato, nessuna delle due sapeva niente l’una dell’altra ma ci siamo trovate insieme.

 

A quel punto, sono due: o hai culo, o soffri tutta la cazza di vita.

Abbiamo avuto culo.

 

QUESTA È LA STORIA DELLE DUE STRONZE CHE VI HANNO ACCOMPAGNATO NEGLIO ULTIMI DUE ANNI, BRUTTI DEFICIENTI, ED ORA, CAZO CAZO, VI STANNO SALUTANDO.

 

  1. Once upon a time…

 

“Tutti zitti, tutti buoni… C’è una storia nuova nuova, ve la racconto piano piano e vi porterà lontano, lontano”

 

Dai, che vi ho stregati. Anni ’90, le musicassette con le favole che venivano narrate. Una scusa per i genitori più pigri… Però, MA CHE NE SANNO GLI ALTRI LEVATI PROPRIO.

 

Se ci pensate, tutto inizia con c’era una volta. C’era una volta… Io. Sola. Che, innocentemente, volevo scrivere un pezzo ogni tot di Recensioni. Di Scienze e Ricerca. E mi sono ritrovata a Tempo Libero. Ah, ma è ronco!

 

Sola soletta, chiedo in giro e trovo altri 3 randagi disposti a scrivere per questa rubrica. Bene, penso, niente panico, qualcuno che mi aiuta lo ho.

 

Inizialmente, ogni articolo era una conquista. Ognuno di noi, separato dagli altri, faceva ridere. Eccome. Le views, parlano al posto nostro.

 

 

  1. Separate in casa

 

Prima che il nostro diventasse un vero e proprio sodalizio, beh siamo state separate. No, non perché ci odiassimo a morte o cose del genere.

 

Tipo “oh, io con quello? MAI” e poi te lo sposi. Non è stato questo il caso.”Giusto Ele..?” Semplicemente prima eravamo persone un po’ più normali, e come ogni persona normale che si rispetti, scrivevamo le cose nostre per conto nostro.

 

“Vane, lo scrivi tu questa settimana?”, “Si certo, nessun problema” Cominciare a scrivere per questa rubrica è stato un puro e semplice caso.

 

Un buco da riempire durante la settimana e tac: l’occasione di mettere giù due insolite righe (dai lo sappiamo tutti che Tempo Libero non fabbrichi “articoli” nell’accezione più letterale del termine).

 

Comunque; Elena scriveva cose fighissime anche da sola. Certo scoprire di avere la stessa testa e gli stessi pensieri ci ha reso tutto estremamente più semplice, ma prima di tutto questo, prima che le nostre mani e le nostre menti si fondessero, eravamo due semplici essere umani con la passione per la scrittura.

 

Una passione un po’ insolita visto che raramente ci siamo ritrovate a scrivere di cose normali. Scrivere in solitaria è stato solo l’incipit di qualcosa di ancora più bello.

 

 3. Galeotto fu quell’articolo

 

Uno, due, tre articoli. “Oh, Vane, che famo? Sta settimana scriviamo insieme? Facciamo un articolo a DODICI MANI”. Ma come si fa? Troppe teste. Boh, vabbè. Proviamo?

 

Andò incredibilmente bene. Chissà perché, ancora mi chiedo di quale malattia mentale voi possiate mai soffrire, vi abbiamo fatto divertire. E ci siamo divertite pure noi, da morire.

 

Ogni settimana si aspetta, ormai devo dire aspettava?, il venerdì. Ma quale officina, ma quali sbronze spinte. SORRY MAMA FOR MI VIDA LOCA, resto fino alle 5 del mattino a scrivere con Vane.

Dopo le prime volte, la macchina andava sola. Beh, se ve lo state chiedendo, SI’ È UNA METAFORA CON UN PERFETTO DOPPIO SENSO SESSUALE.

 

Ogni articolo era, “oh Vane ma se scriviamo…?” e mentre lei digita, io digito… Pam. Esce lo stesso messaggio. Buona la prima.

 

INCEPTION.

 

E così, questo piccolo angolo del nostro Universo è capitato per sbaglio proprio. Quello si laurea, lei fa parte di una rubrica sola, quell’altro non ci sono crediti e ciaone…. Vanessa ed Elena.  Rigà, siamo nate come “amore, fidati, per una volta senza preservativo non fa niente” e ci siamo dovute accollare.

 

Ed è stata un’ottima decisione.

 

  1. Nella buona e nella cattiva sorte

 

Beh, da quando io ed Elena siamo diventate un corpo a due teste e quattro mani, ne abbiamo passate veramente tante, tanto da pensare che il nostro sodalizio, non potesse che suggellarsi con un: “nella buona e nella cattiva sorte”.

 

Ti ricordi Ele, quella volta che per un articolo scritto forse con troppa crudezza, (si può dire crudezza, vero?) abbiamo vissuto nel panico più totale credendo di andare incontro alla galera?

 

Beh, la galera è un’esagerazione eh, ma prese dalle mille paranoie abbiamo anche immaginato a come sarebbe stato condividere la pasta al forno della domenica in una stanza 3×3 di viale Gazzi. Sono sicura che anche da lì avremmo trovato il modo di mandare avanti la nostra folle rubrica. E poi i successi.

 

Quanti articoli letti e riletti dalla gente. Ricondivisi, apprezzati. La gioia di strappare una risata ai nostri amici studenti e non solo. Sicuramente non è stato sempre facile, trovare argomenti sui quali montare i nostri castelli, trovare a giusta chiave di lettura, dedicare infinite ore di tempo davanti ad una pagina bianca da riempire.

 

Eppure, eccoci qua: ancora una volta, nella buona sorte di aver costruito tutto questo, e nella cattiva sorte di dover scrivere la parola fine. Insieme.

 

 

  1. The End

 

Vi riporto di nuovo nel pieno degli anni ’90. The end. Che vi ricorda? Un aiutino? Tom e Jerry. Daaai! Finiva la puntata e… The End.

 

La nostra The End, non è stata mica semplice (ovviamente). Ci siamo trovate al centro di tutti i nostri castelli e ‘’Vane, chiudi tu che io non c’ho voglia!’’

 

Ogni venerdì la stessa storia. Scegli tu quali punti prendere. Facciamo pari o dispari. Ti metto le dita nel naso appena ti vedo se non scegli. SCEGLI! Questo ultimo mese era “quello della settimana prossima è l’ultimo articolo” “ok, perfetto”

 

E poi, c’era un percorso da finire. Scusami ah, scriviamo di amicizia famiglia e snobbiamo l’amore? Ho capito, ma dovremmo pur scrivere un articolo in cui insultiamo noi studenti. LO AVEVAMO GIURATO.

 

Eh, niente. La nostra promessa è slittata, di settimana in settimana. Ma poi, che dire, tra una lettera e l’altra, un po’ di bile, qualche lacrima e un TVB MA NON LO DIRE IN GIRO“ ci siamo?”

 

Sì. Ci siamo. The End. Il nostro Tempo Libero è finito. Cazzo, quanto è vero. Abbiamo troppe cose da fare e a cui pensare, chi ce l’ha più un po’ di tempo libero…

 

‘’Oh Vane, chiudi tu, però. Qua ci sono le chiavi. Io apro, scrivo le introduzioni, lo sai… Tu chiudi. Doppia mandata, mi raccomando”

 

Vaaaa bene, ma solo per farti contenta.

 

Anche questo articolo, l’ultimo, è giunto al termine. Non ci sono parole per spiegare quanto per noi sia stato importante tenervi compagnia tutti i sabato mattina. Quanto sia stato importante ritrovarci ogni venerdì notte, proprio come stanotte, a dedicare il nostro tempo ad un progetto che in un modo o nell’altro ci ha segnate e fatte crescere.

 

Per noi, è giunto però il momento di appendere la tastiera al chiodo, almeno per adesso, e di cominciare un nuovo percorso fatto di incognite e forse anche qualche paura. In fin dei conti, quello che si nasconde dietro la fine di un percorso di studi, è tutto un universo ancora da scoprire.

 

Voi siete stati, senza dubbio, la cosa migliore che ci potesse capitare. Lo stimolo più grande per non smettere mai di fare questo, e di farlo con tutte noi stesse. Forse oggi vi abbiamo fatto ridere poco, ma perdonatecelo, e se dovessimo mancarvi beh, tutti i nostri folli articoli sono sempre a disposizione di click. Rileggeteci, se volete.

 

Saremo sempre le solite Elena e Vanessa: due cazzone incontratesi per sbaglio, dentro una rubrica nata per sbaglio, con un articolo scritto insieme per sbaglio, e che per sbaglio si sono ritrovate a fare la cosa più bella del mondo: raccontare storie e condividerle col mondo. Vi vogliamo bene. Ad Maiora.

 

 

Elena Anna Andronico (direttivo fondatore, referente radio)

Vanessa Munaò (redattore giornale, referente radio)

Sartoria Casarchè

Si chiama Atélier ed è un laboratorio di sartoria che, nel quartiere di Quarto Oggiaro (Milano), partendo dal cucito, guida le mamme ad un percorso di formazione ed autonomia economica.

 Archè è un’onlus che ospita donne e bambini che provengono da situazioni di abusi e maltrattamenti, o che sono immigrati nel nostro paese: sono persone a cui serve sostegno, ma che hanno anche bisogno di ricominciare la loro vita.

Così, le neo sarte si sono messe all’opera, imparando come prendere le misure, come mettere bottoni, cerniere, come fare imbastitura, orli e come utilizzare una macchina da cucire: grazie ad una donazione di varie attrezzature del mestiere, la prima formazione è partita a marzo con un gruppo di mamme che, da zero, hanno iniziato a comprendere il mondo della sartoria e, nel giro di due anni, si pensa di raggiungere l’obiettivo di diventare delle vere e proprie sarte.

Il primo incarico è stato creare dei foulard venduti per il musical Grease, e, adesso, stanno lavorando per riparazioni sartoriali.

Ma chi è l’ideatrice e coordinatrice di questo progetto? E’ l’arte-terapista e volontaria di Archè, Donatella De Clemente, una donna con un certo training in questi settori: si parla, infatti, di una formazione scolastica in moda ma anche di volontariato nel carcere di Bollate dove si occupava, appunto, di terapia artistica nella sezione femminile; è fondatrice dell’associazione ”Arte in tasca” ed ora è promotrice della sartoria.

Il sogno più grande per chi ha fondato il progetto e per le lavoratrici stesse, sarebbe la creazione di una linea d’abbigliamento esclusiva, con tessuti africani comprati in Ghana, da trasformare in abiti all’occidentale. Intanto, le sarte si stanno facendo conoscere e puntano ad offrire riparazioni a domicilio agli anziani del quartiere, per poi arrivare alle aziende del territorio, e dedicarsi alla riparazione degli abiti dei dipendenti.

La finalità è quella di accompagnare queste persone verso una piena autonomia, tramite la creazione di questo impiego stabile che, non solo fornisce sicurezza economica, ma restituisce fiducia e dignità a queste donne; dona un futuro a chi non pensava di averne uno.

 

 

Jessica Cardullo