DICO compie 10 anni: la consulenza linguistica firmata UNIME

Nato nel marzo 2015 DICO – Dubbi sull’Italiano Consulenza Online  festeggia oggi dieci anni di attività. Per celebrare questo traguardo, l’Ateneo ha organizzato l’evento “Vivere in italiano. Varietà, usi emergenti e nuovi parlanti“, che si terrà il 20 marzo presso l’Aula Magna del Dipartimento di Civiltà Antiche e Moderne (DICAM).

Unico servizio di consulenza linguistica gratuito offerto da UniMe, DICO è un laboratorio permanente sulla lingua italiana: un punto di riferimento per consulenze, informazione e discussione, aperto a tutti.

DICO: UN PUNTO DI RIFERIMENTO PER LA LINGUA ITALIANA

Un dialogo vivace, dinamico e interattivo. La piattaforma, curata dai docenti di Linguistica italiana e Storia della lingua italiana Fabio Rossi  (responsabile scientifico), Fabio Ruggiano, Raphael Merida e da Francesca Rodolico, dottoranda del Dipartimento di Civiltà Antiche e Moderne (DICAM) dell’Università degli Studi di Messina. Dico è un servizio UniMe.

La piattaforma, si propone come punto di riferimento per chiunque abbia dubbi sulla lingua italiana,  diffondendo consigli, indicazioni, informazioni sul sistema linguistico italiano.

DICO
I curatori del servizio DICO, Fabio Ruggiano, Fabio Rossi e Raphael Merida. Fonte: “sito DICO”

CHE COS’È E A COSA SERVE DICO?

Il sito web, supportato tecnicamente dal Centro Informatico d’Ateneo di Messina (CIAM), si articola in diverse sezioni:

  • Chiedilo a DICO! Grazie alla sua interattività, gli utenti possono inviare le proprie domande sulla lingua italiana e ricevere risposte dai curatori del sito.
  • Offre un ricco archivio di risposte, una raccolta in costante aggiornamento di quesiti già affrontati, consultabile per categoria e parola chiave.
  • Il servizio non si limita a fornire risposte su grammatica, sintassi e lessico, ma promuove anche la riflessione sull’evoluzione della lingua italiana e il suo rapporto con altre lingue, attraverso link, approfondimenti e notizie specifiche.

In questi dieci anni, DICO ha raccolto 1.815 domande e risposte e ha totalizzato quasi 330.000 visualizzazioni.  Grazie all’impegno costante dei suoi curatori, continua a crescere come risorsa essenziale per studenti, professionisti e tutti coloro che vogliono approfondire e perfezionare la nostra identità culturale per eccellenza: la lingua italiana.

L’EVENTO

L’incontro del 20 marzo sarà articolato in diverse sessioni tematiche, con interventi di esperti di linguistica provenienti da tutta Italia. Tra gli ospiti di spicco, il presidente dell’Accademia della Crusca, Paolo Achille, che parlerà dell’instabilità dell’italiano contemporaneo e del ruolo della consulenza linguistica.

L’evento si concluderà con una tavola rotonda moderata dal professore Fabio Rossi, con la partecipazione di rappresentanti del mondo accademico e sociale, tra cui il coordinatore degli UniMe Student Ambassador, Abdul Raouf Mastan Sheik Abdullah. L’incontro offrirà una visione ampia e multidisciplinare sulle sfide e le prospettive dell’italiano come lingua viva e in continua trasformazione.

Mattina

ORE 9:30 – SALUTI ISTITUZIONALI

  • Giovanna Spatari, Magnifica Rettrice dell’Università di Messina
  • Giuseppe Ucciardello, Direttore del Dipartimento di Civiltà Antiche e Moderne (DICAM)

 10:00 – PRIMA SESSIONE

  • Didattica dell’italiano a scuola e linguistica testuale: a che punto siamo? a cura di Maria Silvia Rati (Università per Stranieri “Dante Alighieri” di Reggio Calabria)
  • Dieci anni di consulenza linguistica: chi scrive, perché, che cosa chiede – Fabio Ruggiano e Francesca Rodolico (Università di Messina)

  • Da abilismo a white privilege. Le parole del woke – Alessandro Aresti (Università di Cagliari)

 12:00 – SECONDA SESSIONE

  • La Crusca (e il suo servizio di consulenza) di fronte all’instabilità dell’italiano di oggi- Paolo D’Achille (Presidente dell’Accademia della Crusca, Università Roma Tre)
  • Quello che le grammatiche non DICOno – Fabio Rossi & Raphael Merida (Università di Messina)

Pomeriggio

ORE 15:00 – SESSIONE POMERIDIANA

  • L’italiano fra apprendimento e uso. Pratiche plurilingui di giovani migranti subsahariani – Mari D’Agostino (Università di Palermo)
  • L’articolo indeterminativo con i nomi astratti non modificati: un tratto in movimento? – Daniele D’Aguanno (Università “L’Orientale” di Napoli)

  • Rimettere a fuoco la lingua. I nuovi poli del prestigio linguistico nei primi vent’anni del Duemila – Daria Motta (Università di Catania)

TAVOLA ROTONDA – MESSINA E IL SUO SPAZIO LINGUISTICO

  • Moderatore: Fabio Rossi (Università di Messina)
    Partecipanti: Giovanni Galvagno (Dirigente CPIA Messina)
  • Abdul Raouf Mastan Sheik Abdullah (Coordinatore UniMe Student Ambassador)
  • Domenico Pellegrino (Referente formazione Ufficio diocesano Migrantes)

Elisa Guarnera

Milazzo film festival 2025: tra cinema, musica e teatro

Il Milazzo Film Festival si è appena concluso, ma anche quest’anno ha regalato grandi emozioni a tutti gli appassionati di cinema e non, grazie a un intenso programma ricco di ospiti di spessore.

La diciannovesima edizione del festival è iniziata il 5 Marzo,  caratterizzata da un connubio di cinema, musica e teatro in un evento coinvolgente. La kermesse si è aperta con uno spettacolo dell’attore e regista Sergio Rubini ed è proseguita con un gran numero di proiezioni di ogni genere. Il pubblico ha potuto assistere ai cortometraggi in concorso poi premiati, ai corti di repertorio provenienti direttamente dal Museo Nazionale del Cinema di Torino, che hanno mostrato al pubblico la Sicilia di una volta. Inoltre, sono state effettuate le grandi proiezioni, come L’uomo nero di Sergio Rubini, L’arminuta di Giuseppe Bonito, il docufilm Pino Daniele – Nero a metà di Marco Spagnoli e tanti altri.

Milazzo Film Festival
I presentatori del Milazzo Film Fest intervistano Sergio Rubini. Ph: Marco Castiglia

Tra gli ospiti hanno presenziato personaggi come Vanessa Scalera, il regista Marco Tullio Giordana, di cui il festival ha proiettato alcuni film come Lea e La vita accanto. Presente anche Sonia Bergamasco che, in questa occasione, ha presentato il suo ultimo libro Un corpo per due e il docufilm che l’ha vista alla regia, Duse.

Tra incontri con le scuole, conferenze e consegne di premi,  il festival ha mantenuto alta l’attenzione fino alla sua conclusione, avvenuta il 9 Marzo con l’ultima proiezione, Familia di Francesco Costabile, alla quale ha preso parte anche il giovane Francesco Gheghi, anch’egli ospite della manifestazione.

Anche quest’anno, il Milazzo Film Festival ha confermato il suo valore e, al pari delle edizioni precedenti, è stato in grado di suscitare grandi emozioni.


Marco Castiglia

 

Shin Nosferatu: il vampiro secondo Recchioni

Nosferatu
Shin Nosferatu da un nuovo volto al conte Orlock – Voto UVM: 5/5

Cosa otteniamo quando uniamo un fumettista italiano, uno stile di disegno che si richiama a diversi autori leggendari nell’ambito della nona arte, e una delle creature più iconiche del panorama della narrativa horror? Otteniamo Shin Nosferatu di Roberto Recchioni.

Breve storia di Nosferatu

Uscito per la prima volta nel 1922, Nosferatu di Murnau è uno dei film più famosi del cinema espressionista tedesco, nonché un tassello essenziale della storia del vampiro. Esso nasce come una sorta di plagio del Dracula di Bram Stoker, ma il regista non aveva i diritti del libro, e ha quindi reinventato diversi aspetti della storia, tra cui l’aspetto del vampiro stesso, che da nobile gentiluomo eccentrico com’era nel romanzo, diventava ora un emaciato nobile dall’aspetto malato e cadaverico. Questo “fratellastro” di Dracula è diventato famoso tanto quanto la controparte letteraria, plasmando la figura del vampiro, e venendo reinterpretato in numerose varianti, non ultime il recente Nosferatu di Robert Eggers, uscito pochi mesi fa nelle sale, e appunto la versione di cui parliamo, Shin Nosferatu, volume che si fa erede tanto della tradizione del conte Orlok quanto di una serie di autori leggendari nel panorama della nona arte.

Il nuovo vampiro

Shin” in giapponese può significare sia “vero” che “nuovo”. E probabilmente, lo “shin” di Shin Nosferatu mantiene entrambi questi significati; infatti, Roberto Recchioni, già curatore della storica serie Dylan Dog, preserva tutti quegli elementi di cui la storia del conte Orlok vive, incluse anche alcune scene iconiche del film originale, ma anche li rielabora in una veste particolare, ispirata a vari autori, sia occidentali che giapponesi, come Kentaro Miura (Berserk), Hideaki Anno (Neon Genesis Evangelion, Shin Godzilla), ma soprattutto a Go Nagai (Devilman). Tramite questo mix di tradizione e reinvenzione, il vampiro di Recchioni è sia “vero” che “nuovo” allo stesso tempo.

Il conte Orlock Nosferatu
il Nosferatu di Recchioni in una tavola che omaggia Devilman

Come si manifesta l’orrore

Se nel film di Murnau, ma anche in quello di Eggers, l’orrore nasce per la maggior parte dalla presenza del vampiro, dall’aura che egli emana e che si fa sempre più opprimente man mano che la vicenda prosegue, Recchioni rincara la dose, dando al suo conte Orlok una mimica che solo il fumetto poteva conferire. Infatti, se il Nosferatu di Murnau spaventava col suo aspetto malato e venefico, e quello di Eggers si serve della sua voce dura e imperiosa, quello di Recchioni ha un’espressività che deve molto ad alcune tavole iconiche di Devilman, ma non solo, perché sono presenti anche immagini che si richiamano al film originale, richiami ad altri autori poco sopra nominati, e persino una tavola che richiama direttamente Il bacio di Gustav Kilmt, col vampiro che sovrasta la sventurata Ellen Hutter.

Shin Nosferatu
Recchioni disegna Nosferatu come se fosse “Il bacio” di Klimt

L’atmosfera

A contribuire a rendere spaventoso il Nosferatu di Recchioni sono anche le ambientazioni in cui si svolge la storia: oscure, sempre buie, spesso avvolte dalla tempesta. Ma, cosa forse più importante, silenziose: infatti, una particolarità di questo fumetto è l’assenza di baloons, ossia le nuvolette in cui sono scritti i dialoghi o i pensieri dei personaggi. Shin Nosferatu ne è del tutto privo, e le poche parole che compaiono nel corso del volume sono tratteggiate direttamente sulle tavole, sono parte dei disegni stessi. Il lettore sente così tutto il peso opprimente di un male antico, in un certo senso seducente (la sessualità morbosa è sempre stata un elemento importante per i vampiri, prima ancora di Dracula), che soffoca i protagonisti, il cui numero qui è ridotto solo ai coniugi Hutter, e soprattutto Ellen, che si ritroverà da sola contro questa creatura implacabile.

Un per sempre che non fu

Ellen deve quindi vedersela da sola contro il vampiro che viene per lei. Se in Dracula, e anche nel Nosferatu originale, la giovane Hutter ha al suo fianco il marito e altri personaggi, Recchioni li elimina tutti: Thomas Hutter muore in Transilvania, dove si era recato per concludere l’affare col conte, mentre il professor Van Helsing e gli altri personaggi non sono nemmeno accennati. Thomas aveva lasciato Ellen promettendole un fiabesco “per sempre“, ed è con la medesima promessa che il Nosferatu la raggiunge, e, come da tradizione, cerca di farla sua, ma invano. Il “per sempre” passa dalla fiaba all’orrore, e qui si interrompe bruscamente, e il volume si chiude con un’altra, ultima citazione a uno dei momenti più tragici e famosi del Devilman di Nagai.

Per chi ama la figura del vampiro, o in generale le storie dell’orrore, Shin Nosferatu è un volume assolutamente da recuperare, in grado di sprigionare un vecchio orrore in una nuova forma che non manca di omaggiare numerosi autori, sia di fumetti quanto dell’arte in generale.

Milazzo Film Fest 2025: La Vita Accanto

La Vita Accanto è un film del 2024, co-scritto (insieme a Marco Bellocchio) e diretto da Marco Tullio Giordana. È l’adattamento cinematografico del romanzo di Mariapia Veladiano e vanta un cast composto da Sonia Bergamasco, Valentina Bellè, Paolo Pierobon, Beatrice Barison, Sara Ciocca, Viola Basso e altri.

Trama

Il film è ambientato tra gli anni Ottanta e il Duemila e racconta di un’influente famiglia vicentina composta da Maria (Valentina Bellè), suo marito Osvaldo (Paolo Pierobon) e la gemella di quest’ultimo, Erminia (Sonia Bergamasco), affermata pianista. La loro vita viene sconvolta da un evento imprevedibile: Maria dà alla luce Rebecca.

La neonata, per il resto normalissima e di straordinaria bellezza, presenta un vistosa macchia purpurea che le segna metà del viso. Quella macchia, che nulla può cancellare e rende i genitori impotenti e infelici, diventa per Maria un’ossessione tale da precipitarla nel rifiuto delle sue responsabilità di madre. L’intera adolescenza di Rebecca sarà segnata dalla vergogna e dal desiderio di nascondersi dagli altri.

Eppure, fin da piccola, Rebecca rivela straordinarie capacità musicali. La zia Erminia riconosce il suo talento: Rebecca diventa sua allieva e il bisogno di cancellare la “macchia” la spingerà ad affermarsi attraverso la musica.

Il tocco elegante di Giordana

Marco Tullio Giordana è un regista italiano affermato, che ha saputo spaziare tra il cinema, televisione e teatro. Ha sempre raccontato le storie con una maestria particolare, senza cadere nel banale, anche quando si è trovato ad adattare sceneggiature non originali.

Spesso, pensando alle pellicole di Giordana, vengono in mente film come La meglio gioventù, I cento passi, Lea e altre opere che, da una prospettiva ben definita, affrontano dinamiche sociali o fatti di cronaca. Questa volta, è stato il romanzo di Mariapia Veladiano a catturare l’attenzione del regista, o forse è stato il libro a scegliere lui, come se il destino avesse voluto che le loro strade si incrociassero. E Giordana, ha usato il tocco giusto.

La Vita Accanto
Fonte: MyMovies.it

La “vita accanto” e la macchia della famiglia

La macchia rossa in questione è quella della piccola Rebecca, la protagonista del film. Una bambina bellissima, nata dall’unione di Maria e Osvaldo, che però, fin dal  momento della  nascita, non viene accolta dalla madre. Questo segna profondamente la bambina, poiché la madre dovrebbe essere la figura più importante della sua vita. Invece, Maria si rivela un personaggio contraddittorio e oscuro con cui, inizialmente, si fa fatica ad entrare in empatia. Utilizza le sue fragilità e la sua depressione come una sorta di scusa per allontanare la figlia e farla sentire inadeguata, colpevolizzandola per via di quella macchia che, secondo lei, avrebbe rovinato quella bambina tanto voluta.

Giordana mirava proprio a questo: entrare in quelle quattro mura e, sfiorando a tratti un tocco teatrale, raccontare una famiglia appartenente all’alta borghesia, spezzandone le ipocrisie e mostrando le loro fragilità e paure. Tutto questo, si incarna figura della madre, venendo fuori quando sprofonda nella depressione post-parto che si fa totalmente schiacciare da essa e dalla paura del giudizio altrui, tanto da voler tenere sua figlia nascosta, come se fosse il Gobbo di Notre Dame.

Dall’altra parte, Rebecca ha quella macchia, ma trova forza nel suo talento musicale, incoraggiata dalla zia Erminia. La musica diventa l’unico modus operandi per esprimere il peso che porta dentro e colmare il senso di vuoto. Man mano che cresce, si fa sempre più forte, mentre la sua evoluzione è in corso, nella madre sta avvenendo l’involuzione, fino a percepirla sempre più distante. Una “vita accanto” che scorre fino a quando un evento drammatico spinge la piccola a prendersi sulle spalle altre colpe.

La Vita Accanto
Fonte: Articolo21.org

Il finale che segna una rinascita

Il film scorre con una regia elegante, spesso in contrasto con un montaggio non sempre fluido, che crea passaggi bruschi tra le diverse fasi della vita della protagonista, talvolta sovrapponendo gli anni e generando qualche disorientamento temporale.

Tuttavia, è il corpo il vero fulcro della narrazione del regista, che si sofferma sull’identità imprescindibile e sull’apparenza sociale. Tutto è reso efficacemente in scena, a tratti statica, anche grazie alla presenza di bravissimi attori.

Tutto questo, sfiorando persino la dimensione della fantasia, conduce a un finale che, in un certo senso, segna la rinascita della protagonista. Quel dialogo con quel fantasma che è rimasto accanto a lei per tutta la vita, sia fisicamente che mentalmente, rappresenta il momento decisivo. La continua ricerca di consapevolezza segna la fine di quel passaggio difficile, e dalle ceneri rinasce una nuova Rebecca, più consapevole e pronta per la “normalizzazione”. Si può dire che la sua vita inizia in quel momento, non perché la macchia sia sparita, ma perché ha raggiunto l’equilibrio interiore e si è, finalmente, liberata di quei pesi. La macchia era il simbolo metaforico del peso di una madre che non è mai stata davvero accanto a lei, ma ora che ha scoperto la verità, Rebecca la guarda da un’altra prospettiva ed è finalmente pronta a vivere davvero, spiccando il volo.

 

Giorgio Maria Aloi

 

Milazzo Film Fest 2025: L’Arminuta

L’Arminuta è un film del 2021 diretto da Giuseppe Bonito, tratto dall’omonimo romanzo di Donatella Di Pietrantonio, vincitore del Premio Campiello 2017. Il film ha inoltre ottenuto un David di Donatello per la miglior sceneggiatura non originale, uno per il miglior film (2021) e un Nastro d’Argento.

Biglietto solo andata

Il titolo, che in dialetto abruzzese significa “la ritornata”, si riferisce alla protagonista: una ragazzina che viene “restituita” alla sua famiglia biologica dopo aver vissuto per molti anni con quella adottiva. Catapultata in una realtà diversa da quella che viveva prima, l’Arminuta (Sofia Fiore) vive così il dramma della separazione e, di conseguenza, quello di una crisi d’identità.

Il tema della famiglia è dunque al centro, ma non nella sua rappresentazione ideale, bensì come un insieme di relazioni complicate, che non sempre offrono amore incondizionato, ma piuttosto fratture e incomprensioni.

Visualizzato senza risposta

La sua crescita si realizza più nel vuoto lasciato da un affetto mancante che nella ricerca di un amore che la completi. L’Arminuta è costretta a fare i conti con una mancanza di risposta da parte delle persone da cui dovrebbe aspettarsi accoglienza e calore; questo è proprio il cuore pulsante della sua lotta interiore.

Film in cui l’amore viene offerto a singhiozzo e in modo distaccato, l’Arminuta quindi diventa simbolo di una generazione che cresce in un mondo dove le relazioni non sono più così semplici, laddove l’amore non è scontato e il legame di sangue non sempre garantisce connessione emotiva. L’incapacità di essere amati in modo semplice diventa, paradossalmente, una spinta per la protagonista a cercare di trovare un equilibrio dentro di sé.

L'Arminuta
Vanessa Scalera e Sofia Fiore in una scena del film. Fonte: https://www.anonimacinefili.it/wp-content/uploads/2021/10/larminuta-2.jpg

Quando l’amore diventa conflitto

Complesso è il rapporto con la madre, che non è né materna né affettuosa, semplicemente non sa come amarla. Non la respinge di fatto intenzionalmente, ma non sembra vedere l’Arminuta come una figlia.

Metaforicamente parlando, è come se la madre fosse un muro, non cattivo, ma pur sempre un muro. La sua casa, per quanto priva di affetto, resta sempre casa sua, e lei è, per quanto difficile da accettare, sua figlia.

Vanessa Scalera, grazie alla sua performance, restituisce al personaggio realtà e intensità; la sua interpretazione non è mai eccessivamente melodrammatica, ma piuttosto contenuta da qualsiasi tipo di sentimentalismo, fatta di piccole sfumature, in cui emerge la fatica di una madre che ha vissuto una vita difficile e che non ha gli strumenti emotivi per accogliere la figlia che le è stata restituita.

Scalera evita un’interpretazione troppo didascalica della madre “dura” e “insensibile”, ma semplicemente su una figura che è incapace di esprimere l’affetto che, forse, prova.

Vivere oltre il dolore

L’Arminuta è un film che non tenta di trovare una soluzione: grida incompletezza, perdita e resilienza. Non ci sono facili risposte o chiusure emotive.

Tra i personaggi, tra l’altro, quella che sembra essere la più equilibrata nel contesto in cui vive è Adriana (Carlotta De Leonardis), sorella dell’Arminuta. Adriana è pragmatica, ha accettato la sua realtà familiare e, anche se non manifesta apertamente affetto, è molto più radicata nella quotidianità, sembra disillusa e rassegnata alla sua condizione, non mostra particolare entusiasmo, ma ha imparato a vivere con quello che ha, senza aspettative di cambiamenti. A modo suo, è quella che riesce a restituire ciò che si avvicina di più all’amore all’Arminuta, senza troppe frasi fatte, ma solo attraverso gesti significativi.

Sofia Fiore e Carlotta de Leonardis. Fonte: pad.mymovies.it

Un ritorno che spezza senza ricomporre

Il film offre una critica al concetto tradizionale di famiglia perfetta e all’incapacità di trovare empatia e comunicazione. Una storia commovente, cruda e con uno sguardo realistico.

Un viaggio interiore ed emotivo che esplora il difficile cammino della protagonista, che piano piano si sforza di cercare risposte e ottenere quelle più amare. La crescita personale dell’Arminuta, pur segnato da frustrazioni, è un percorso tortuoso ma che volge a un’accettazione senza più illusioni di trovare una felicità esterna.

 

Asia Origlia

Milazzo Film Fest 2025: Pino Daniele – Nero a Metà

In occasione dei dieci anni dalla scomparsa, anche il Milazzo Film Fest 2025 ha deciso di omaggiare Pino Daniele, proiettando, durante la prima serata del festival, il documentario Pino Daniele – Nero a Metà, diretto da Marco Spagnoli e uscito nelle sale esclusivamente il 4, 5 e 6 gennaio.

Le origini di Pino

Il viaggio che il regista Marco Spagnoli compie per raccontare gli inizi del cantautore ha un narratore speciale: Stefano Senardi, amico e produttore dei primi tre album. Attraverso Napoli, i racconti di amici, colleghi e collaboratori di Pino, Senardi ripercorre i momenti più importanti della prima fase della sua carriera.

Tra gli intervistati figurano alcuni pilastri del cantautorato napoletano come Enzo Gragnaniello ed Enzo Avitabile, membri della Nuova Compagnia di Canto Popolare come Fausta Vetere, musicisti come Tony Cercola e Gino Magurno, nonché rappresentanti della canzone popolare napoletana come Teresa De Sio.

 

Fonte: ANSA
Pino Daniele. Fonte: ANSA

Correva l’anno 1980

Dopo Terra Mia (1977) e Pino Daniele (1978/79), nel 1980 arriva Nero a Metà, album che dà il titolo a questo documentario. Non si tratta di un semplice disco, ma del simbolo stesso della discografia di Pino Daniele.

In questo album, le radici napoletane si fondono con il blues e il funk, dando vita a un’innovazione geniale firmata da un grandissimo cantautore e musicista. Al suo interno sono presenti brani straordinari come I say i’ sto cca, A me me piace ‘o blues, Alleria, Appocundria e Quanno chiove.

Questo terzo lavoro di Pino è dedicato a Mario Musella, uno dei massimi riferimenti della canzone napoletana, a cui si deve anche il titolo dell’album. Il Nero a Metà è infatti proprio lui, figlio di madre napoletana e padre nativo americano. Per Pino, i Neri a Metà sono coloro che nascono nei Sud del mondo, e il suo omaggio a questa realtà è evidente, con Napoli che rimane il suo scenario privilegiato e inconfondibile.

Pino Daniele
SPE – supergruppo. Fonte: https://www.pinodaniele.com/miscellaneous/1981-2/

Il supergruppo e il concerto del 1981

Dopo Nero a Metà, è impossibile parlare di Pino Daniele senza citare il cosiddetto supergruppo, una formazione di straordinari artisti che hanno rivoluzionato la canzone napoletana. La band comprendeva James Senese al sax (ex membro di Napoli Centrale), Tony Esposito, Tullio De Piscopo alla batteria, Joe Amoruso e Rino Zurzolo.

Il 19 settembre 1981, il supergruppo fu protagonista di un evento storico per Napoli e non solo. A un anno di distanza dal devastante terremoto dell’Irpinia, la città rese omaggio alle vittime con un concerto che avrebbe segnato per sempre la vita artistica di Pino Daniele.

 

PINO E NAPULE COM’È

Con Pino Daniele – Nero a Metà, Marco Spagnoli racconta il primo Pino Daniele: un ragazzo giovane, con la voglia di emergere e di mostrare la sua visione delle cose attraverso il linguaggio universale della musica.

Il suo modo di raccontare senza filtri, facendo emergere solo la verità, gli ha permesso di dipingere Napoli per quella che era realmente: una città autentica, talvolta crudele, ma sempre viva.

 

 

Rosanna Bonfiglio

 

 

 

 

 

Trump e Zelensky: equilibri in bilico

Il catastrofico confronto

Si era concluso in maniera disastrosa l’incontro tenutosi il 28 febbraio scorso alla Casa Bianca presso lo Studio Ovale tra il presidente degli Stati Uniti Donald Trump e il presidente ucraino Volodymyr Zelensky. I due, insieme al vicepresidente americano JD Vance, avevano tentato di discutere le condizioni che avrebbero potuto dare inizio delle trattative di pace per la guerra in atto tra Ucraina e Russia. Ma alla fine i toni si sono accesi, divenendo denigratori nei confronti del leader ucraino, accusato di non essere abbastanza diplomatico, addirittura un dittatore, e di non auspicare ad una vera pace per il proprio paese.

Il colloquio si era concluso con l’abbandono anticipato del suolo americano da parte di Zelensky, la mancata concessione delle terre rare e, di conseguenza, la mancata firma degli accordi.

Zelensky pronto alle trattative in virtù di un nuovo dialogo

Subito dopo, la notizia che aveva messo in agitazione tutto il mondo: l’America non avrebbe più fornito a Kiev le armi, e sarebbe saltata anche la condivisione di dati di intelligence da parte della Cia, come affermato dal suo capo John Ratcliffe. Tali pressioni probabilmente avevano l’obiettivo di “costringere” l’Ucraina ad accettare senza troppe pretese le condizioni americane, privandola delle sue difese.

Dunque, messo alle strette, Zelensky alla fine sembra cedere, dichiarando che il dialogo con gli Stati Uniti è stato ristabilito, e “molto presto” avverrà un nuovo incontro, in cui probabilmente i leader ridiscuteranno l’intesa sui minerali. Ad esortare il presidente ucraino affinché avvenisse un riavvicinamento era stato anche il primo ministro inglese Keir Starmer.

Sul social X Volodymyr Zelensky scrive: “Vogliamo tutti un futuro sicuro per il nostro popolo. Non un cessate il fuoco temporaneo, ma la fine della guerra una volta per tutte. Con i nostri sforzi coordinati e la leadership degli Stati Uniti, questo è del tutto realizzabile”, riferendo della telefonata avuta con il cancelliere tedesco Olaf Scholz.

Dmitry Peskov, portavoce di Putin, afferma che il Cremlino giudica ora positivamente il riavvicinamento di Stati Uniti d’America e Ucraina per le trattative.

Le reazioni dal mondo

Tutti i paesi europei, nel frattempo, stanno avviando un processo di mobilitazione compatto per correre al riparo.

Visto il cambiamento delle posizioni americane, il presidente francese Emmanuel Macron si è mostrato preoccupato, e nel suo discorso alla Nazione francese, sottolineando la pericolosità della Russia per la Francia e per tutti i paesi europei, ha invitato questi ultimi ad un “summit militare con chi vuole la pace”, affermando: “L’Europa rafforzi la difesa e sia più indipendente”.

A questo proposito, si è riunito nella giornata del 6 marzo il vertice europeo straordinario di Bruxelles sull’Ucraina e sulla difesa, per discutere il ruolo dei paesi europei nel progetto illustrato dalla presidente della commissione Ue Ursula von der Leyen, confluito nel piano ReArm Europe, che prevede 800 miliardi di euro da investire per equipaggiare militarmente Kiev.

Noemi Munafò

Follemente: l’Inside Out italiano di Paolo Genovese

 

L’Inside Out all’italiana. Voto UVM 4/5

Follemente è un film del 2025 diretto da Paolo Genovese (regista di film come “Perfetti Sconosciuti”, “Tutta Colpa Di Freud”, “Supereroi”, “Il Primo Giorno Della Mia Vita”, i due film di “Immaturi”, “I Leoni Di Sicilia” ecc.) e ha un cast corale composto da Edoardo Leo, Pilar Fogliati, Claudio Santamaria, Marco Giallini, Rocco Papaleo, Maurizio Lastrico, Vittoria Puccini, Claudia Pandolfi, Emanuela Fanelli e Maria Chiara Giannetta.

Trama

Conosciamo davvero noi stessi quando prendiamo una decisione? E se dentro di noi esistessero più versioni del nostro io, ognuna con qualcosa da dire?

Follemente è una brillante commedia romantica che va oltre le apparenze, immergendosi nella mente dei due protagonisti, Piero e Lara, svelando i loro pensieri più nascosti e le battaglie interiori che tutti affrontiamo. Dopo essersi conosciuti in un bar, Piero e Lara hanno il loro primo appuntamento a casa di lei. Entrambi hanno voglia di rimettersi in gioco: lei, trentacinquenne, viene dalla relazione con un uomo sposato e cede spesso ad amori senza futuro; lui ha quarant’anni, è fresco di divorzio e di affidamento congiunto della figlia piccola e porta ancora i segni di altre delusioni sentimentali.

I due protagonisti sono guidati dalle rispettive personalità: Piero ascolta le indicazioni del razionale Professore, del romantico Romeo, del passionale Eros e del disincantato Valium; Lara si fa condurre dall’intransigente Alfa, dalla seducente Trilli, dalla sregolata Scheggia e dalla sognatrice Giulietta. La serata, tra imbarazzi, lapsus e contrattempi, parte bene, ma sembra volgere al peggio, anche perché le emozioni di Piero bisticciano tra loro e quelle di Lara non sono da meno. Come andrà a finire? I due riusciranno a mettere da parte il resto e lasciarsi andare? Oppure, complicheranno tutto e l’appuntamento sfumerà?

Il primo appuntamento di Lara e Pietro diventa un teatro di dialoghi irriverenti, teneri, dolci, agitati, e tanto altro ancora. Una folla di gente e di pensieri che turbinano costantemente dentro di noi, a volte in maniera stancante che ci fa desiderare di poter essere “da soli” o di poter spegnere finalmente il cervello.

L’Inside Out all’italiana?

Il paragone tra “Inside Out” e “Follemente” viene spontaneo, ma in realtà Paolo Genovese giura di aver avuto l’idea del film prima che tutti venissero a conoscenza e si innamorassero successivamente dei due successi Disney Pixar incentrati sulle emozioni. La similitudine c’è e forse Genovese ha trovato il modus operandi adatto  per poter parlare della tematica ricorrente nella sua nuova pellicola: gli appuntamenti. Se “Inside Out” parlava delle emozioni e di ciò che accade nella mente umana in linea generica, “Follemente”, invece, mostra ciò che accade nella mente quando si ha un appuntamento al giorno d’oggi.

Mostrando un film alla Inside Out ma concentrandosi solo su un contesto specifico, ha voluto realizzare un film che aveva uno stile teatrale e il montaggio tra le scene dell’appuntamento e delle loro personalità è stato anche ben serrato. Con un tocco così semplice, mostra una chiave di lettura per gli appuntamenti di oggi (i primi) e come sono divenuti difficili e di quanti problemi si creano, quando si vive un appuntamento.

Fonte: comingsoon.it

Follemente, un film dallo stile teatrale

Follemente ha delle similitudini anche con un altro film noto di Paolo Genovese, ossia Perfetti Sconosciuti (film che ha il record di maggior numero di remake realizzati nella storia del cinema). Entrambi i film vogliono essere schietti e sbattere in faccia alcune verità dei rapporti di oggi e come sono cambiati nella società contemporanea. Con la differenza, che uno mira a colpire con una verità dura e cruda e toccando la drammaticità totale; l’altro, invece, vuole divertire senza annoiare e spingere ad un’accurata riflessione.

Altri aspetti in comune sono il fatto che alcuni eventi presenti accadono nella mente e lo stile teatrale adottato per la narrazione, col rischio di risultare leggermente statico. Il film mostra due filoni uniti da un montaggio ben strutturato e ci sono volute ben due sedute di ripresa per realizzare i due filoni. Da una parte, ci sono i due attori protagonisti (Edoardo Leo e Pilar Fogliati) che vivono il loro primo appuntamento e tutta la trama si svolge nell’appartamento di lei. Dall’altra, vengono mostrate le quattro personalità di lui e le quattro personalità di lei nelle loro menti.

Nella prima seduta, i due protagonisti recitavano le loro battute con tanto di suggerimenti delle personalità, provenienti da dietro le quinte, cogliendo opportunamente il momento per dire le loro. Nella seconda, gli interpreti delle loro personalità hanno fatto lo stesso. Ci vuole una certa bravura a cogliere la percezione giusta e su questo sono stati bravi tutti e le loro scene sono unite da un montaggio ben strutturato, che fa il passaggio tra i due filoni in maniera rapida come se stessero giocando a ping pong e senza cascare nella confusione.

 

Fonte: follemente.alcinema.it

Un cast eccezionale

Quando un film riesce, non si può non considerare le interpretazioni e “Follemente” vanta la presenza di un cast italiano composto da attori di un certo livello. Edoardo Leo non ha bisogno di presentazioni, perché ormai è affermatissimo e lascia sempre il segno, in ogni film che fa. Pilar Fogliati si sta affermando sempre di più e in pochi anni, si è dimostrata poliedrica e a suo agio nei ruoli molto vicini ai suoi coetanei.

Ma quelli che non sono da meno sono gli interpreti delle personalità di lui e lei. Nella mente di lui ci sono Claudio Santamaria (il passionale Eros), Marco Giallini (il razionale Professore), Rocco Papaleo (il disincantato Valium), Maurizio Lastrico (il romantico Romeo); mentre, nella mente di lei ci sono Vittoria Puccini (la sognatrice Giulietta), Claudia Pandolfi (l’intransigente Alfa), Emanuela Fanelli (la seducente Trilli) e Maria Chiara Giannetta (la sregolata Scheggia).

La parte divertente sta nelle personalità presenti nelle loro menti, dove attraverso gag, battute e diatribe tra loro su quale delle personalità deve prendere il sopravvento e su cosa l’interlocutore di turno deve dire in quel momento (venendo spesso ignorati da Piero e Lara).

 

Fonte: comingsoon.it

Follemente, una chiave di lettura degli appuntamenti di oggi, tra risate e riflessioni

Genovese ha voluto realizzare una commedia che vuole divertire ed allo stesso tempo, invitare a scavare dentro di sé e avere uno spunto di riflessione sulla propria persona e di come dovrebbe vivere l’appuntamento. Vuole dire essere più rilassati possibile e far vivere quei momenti con serenità, dimostrando che dovrebbe essere la cosa più naturale di questo mondo e soprattutto mostrarsi per ciò che si è, perché tutte le questioni irrisolte e le proprie insicurezze possono essere un auto-sabotaggio e far scappare un’eventuale persona giusta. Bisogna accettare ciò che è successo prima di quel fatidico incontro, trarre una lezione, godersi il presente ed essere naturali, per poter accogliere un possibile futuro (o qualsiasi altra cosa) migliore. A parole sembra facile, ma la visione di Follemente potrebbe dare un input a provare a lasciarsi andare a nuove opportunità (magari nascoste dietro l’angolo).

Giorgio Maria Aloi

Duello, il nuovo libro di Antonio Talia

La cattura del tamunga

Sono passati ormai 4 anni dall’arresto, questa volta definitivo, del boss latitante Rocco Morabito, esponente di spicco della mafia calabrese, conosciuta anche come ‘ndrangheta. Il boss è riuscito a sfuggire al proprio arresto per oltre vent’anni, fino al 2021, anno in cui è stato arrestato in America Latina. Nel 2024 è stato estradato in Italia. Ma chi è questa persona? E cosa ha fatto di talmente grave? Sono riuscito a intervistare Antonio Talia, giornalista d’inchiesta esperto di criminalità organizzata, che mi ha informato meglio sull’accaduto e, grazie al suo racconto, ho compreso quanto, anche la mafia, sia all’avanguardia nelle tecnologie. 

A tu per tu con l’autore

Come ha seguito questo caso?

Ho letto diversi documenti, sentenze. Sono partito dalla ricostruzione della vicenda su base processuale, quindi principalmente dalla sentenza Fortaleza, ma ho seguito anche altre operazioni riguardanti il clan ‘ndranghetista. Ho collaborato con il colonnello della Ros (Reparto operativo speciale) e il Procuratore Bombardieri. Il boss è stato una figura di spicco della criminalità calabrese. Oggi Matteo Messina Denaro è raccontato come il capo di “Cosa Nostra”, ma non penso sia cosi. Quando lui è stato catturato non gestiva grandi traffici internazionali, aveva una catena di supermercati. Rocco Morabito è una figura diversa.

Il boss Morabito era già stato arrestato nel 2017, dopo 23 anni di latitanza, in America. Insolito, dato che in genere i latitanti trascorrono la loro latitanza a “casa”. Ciò è quanto sostengono le narrazioni.

Morabito da giovane aveva già rapporti con il narcotraffico internazionale. Sua moglie possiede la cittadinanza angolana. Era riuscito a sfuggire all’Operazione Fortaleza ed era protetto in America Latina. Anche in questi ultimi giorni sono stati arrestati due boss calabresi in Germania.

Morabito è riuscito a evadere dal carcere uruguagio nel 2019. C’è un precedente, in quanto anche El chapo, altro noto criminale, è evaso per ben due volte dalle carceri del Sud America, per poi venire finalmente arrestato ed estradato direttamente negli Usa. C’è qualcosa che non torna nelle carceri sudamericane?

Sulla sua fuga ci sono molte teorie, sicuramente ha avuto a disposizione dei particolari telefoni cellulari. Il boss è risultato essere in contatto anche con la famiglia Bellocco, di Rosarno. Ma non sappiamo tutta la verità. L’Uruguay non è un paese completamente sotto il controllo criminale, è anche riuscito a collaborare al successivo arresto del latitante. Molte persone hanno avuto rapporti con il boss, tra queste anche un ex campione della nazionale di calcio uruguagia, Marcelo Saralegui, il quale ha affermato di averlo incontrato ben 17 volte. Ma non si è ancora capito che ruolo abbia avuto Saralegui con il boss.

Ma è possibile che ci sia un collegamento tra il collaboratore di giustizia Vincenzo Pasquino e l’arresto di Morabito? Ricordiamo anche che Pasquino, di recente, ha fatto rivelazioni importanti sui collegamenti tra la mafia calabrese e quella sudamericana.

Vincenzo Pasquino è il responsabile dell’arresto del boss Morabito, altrimenti il boss sarebbe stato arrestato molto tempo dopo. Anche Pasquino aveva contatti con vari cartelli sudamericani. Sulle sue rivelazioni bisogna però attendere i riscontri giudiziari. Pasquino è una figura meno solida di Morabito.

Morabito può contare su molto sostegno, era anche capace di trattare direttamente con la mafia sudamericana. Quanto era pericoloso?

Adesso questo è difficile da capire. Lui rimane tutt’ora rispettato nella mafia ed è divenuto, purtroppo, una figura d’ispirazione per altri criminali. Anche se, probabilmente, nel ruolo che ricopriva è già stato sostituito.

Che cosa sono i criptofonini Encrochat e a cosa servono?

Sono telefonini creati da alcune case di software e sono letteralmente a prova d’intercettazione. I criminali non potevano fare telefonate, ne inviare video o foto, ma potevano solo messaggiare. Questi telefonini erano inizialmente stati inventati per proteggere la privacy. C’era inoltre un pulsante rosso per cancellare i messaggi. Si tratta di telefoni usati da tutti i criminali del mondo, ma il boss Morabito era sempre molto prudente, anche quando utilizzava questi strumenti.

Il procuratore capo della procura di Napoli, Nicola Gratteri, ha lanciato l’allarme su queste nuove tecnologie e su come la mafia sia avanti rispetto alla magistratura. Gratteri ha sostenuto il bisogno, per l’Italia, di investire nel settore delle nuove tecnologie.

Ci sono molte tecnologie sfruttate dalla mafia. Nel campo delle criptovalute, dei token usati per il riciclaggio. Oggi, purtroppo, la ‘ndrangheta è all’avanguardia in questo settore. Anche se, personalmente, non credo che l’Italia sia cosi arretrata. Certo, un aiuto importante nell’operazione che ha portato all’arresto del boss l’ha dato la Francia, questo va riconosciuto. L’Italia deve sicuramente investire di più, ma è sulla buona strada. Per chi vuole approfondire meglio la storia che ha condotto all’arresto del boss Morabito, può leggere il mio ultimo libro, Duello, nelle librerie da domani 18 Febbraio. 

Roberto Fortugno

Fonti:

https://www.corrieredellacalabria.it/2024/12/14/ndrangheta-i-racconti-inediti-di-vincenzo-pasquino-laffiliazione-nel-2011-la-droga-e-il-viaggio

 

 

 

Pluralismi: al via la quinta edizione con Cinema e Spettacolo

Il 6 Marzo avrà inizio la quinta edizione di Pluralismi – Riflessioni su corpi, politiche e rappresentazioni di genere, il ciclo di seminari sul genere promosso dall’Università di Messina.

L’inaugurazione si terrà nella sede centrale di Piazza Pugliatti (Rettorato), nell’Aula Cannizzaro alle ore 15:30.

L’apertura della nuova edizione

Il primo incontro di “Pluralismi” si aprirà con i saluti della Magnifica Rettrice dell’Università di Messina Giovanna Spatari, della Presidente del Comitato Unico di Garanzia Vittoria Calabrò, della Consulente di Fiducia Mariella Crisafulli e del direttore del Dipartimento COSPECS Carmelo Maria Porto.

A seguire, l’incontro sarà coordinato da Milena Meo, Sociologa politica e delegata per le questioni di genere (Dipartimento COSPECS), con l’introduzione di Antonia Cava, Sociologa della Comunicazione e coordinatrice CDS Magistrale in Servizio Sociale e Ricerca Sociale. Inoltre, è previsto l’intervento di Ninni Panzera, direttore artistico Messina Opera Film Festival.

Grazie alla collaborazione con il Festival Internazionale Corto di Sera, saranno proiettati alcuni cortometraggi tematici.

A concludere il primo incontro  sarà Maria Andaloro, ideatrice di Posto Occupato, campagna di sensibilizzazione sociale, virale e gratuita contro la violenza sulle donne.

 

Fonte: pluralismi.unime.it
Fonte: pluralismi.unime.it

 

Il programma di Pluralismi 2025

Il programma di Pluralismi 2025 riprende la suddivisione utilizzata negli anni precedenti in due tipologie di eventi: Seminari e Dialoghi.

I Seminari, dedicati a temi di approfondimento,  si terranno:

  • il 20 marzo con ospite Marica Spalletta, sociologa della comunicazione (Università Unilink Roma), protagonista dell’incontro Stereotipi di genere e dinamiche di potere nella serialità crime italiana. Il caso Mare Fuori;
  • il 20 maggio con ospite Cecilia Robustelli, linguista (Università di Modena e Reggio Emilia), per il seminario Gender e lingua italiana.

I Dialoghi, incentrati sulla presentazione di libri, si svolgeranno:

  • il 26 marzo con ospite Rita El Khayat per Lo schiaffo (Ed. Mediter Italia);
  •  il 3 Aprile con Edoardo Lombardi Vallauri per Le guerre per la lingua (Ed.Einaudi).

Novità dell’edizione 2025 sarà la Mostra di immagini e parole, dal titolo Ecce Mulier – Saperi, società, immagini, che si terrà presso il Dipartimento COSPECS da Aprile a Maggio.

La conclusione degli eventi è prevista per il 20 Maggio.

 

Fonte: pluralismi.unime.it
Fonte: pluralismi.unime.it

 

Rosanna Bonfiglio

 

Fonte: https://pluralismi.unime.it/