Primo trapianto di rene da maiale a uomo. Cosa aspettarci dal futuro?

Risale a poco più di un mese fa la prima e favorevole esecuzione di un trapianto di rene di maiale geneticamente modificato su un essere umano. Questo evento ha rappresentato una svolta epocale nel mondo della trapiantologia, in quanto i precedenti esperimenti si erano rivelati alquanto infruttuosi.

Cenni di storia: il primo trapianto

Il trapianto consiste nell’inserimento di un’unità anatomo-funzionale proveniente da un donatore nell’organismo del ricevente. Risale a dicembre del 1954, a Boston, il primo trapianto di rene tra gemelli omozigoti. Il giovane ricevente, paziente uremico costretto alla dialisi, fu sottoposto al trapianto per mano del trapiantologo Joseph Murray. Questo trapianto andò bene in quanto il ricevente non rigettò l’organo.
La perfetta riuscita dell’intervento valse a Murray, nel 1990, il premio Nobel per la medicina.

Esistono ad oggi diversi tipi di trapianto:

  • Autotrapianto: trapianto di una parte del corpo su di un’altra, come nel caso di cute o vasi
  • Isotrapianto: trapianto tra due membri della stessa specie geneticamente identici
  • Allotrapianto: trapianto tra due membri della stessa specie non geneticamente identici
  • Xenotrapianto: trapianto tra membri di specie diversa ad esempio scimmia o maiale
Fonte immagine: Il Corpo Umano

Complicanze del trapianto

Una volta trapiantato l’organo, inizia una fase di vigile attesa finalizzata a monitorare un eventuale rigetto.
Il rigetto è una delle tre principali complicanze alle quali va incontro un soggetto trapiantato. Si parla di rigetto quando il sistema immunitario di un paziente sottoposto a trapianto attacca il nuovo organo riconoscendolo come non-self.
Si distinguono rigetto iperacuto (qualche minuto, poche ore), acuto (qualche giorno, poche settimane), cronico (alcuni mesi, diversi anni).

L’introduzione della terapia immunosoppressiva per evitare il rigetto ha aperto le porte ad altri due tipi di complicanze. Le complicanze infettive, tra tutte quella da organismi opportunisti quali citomegalovirus e pneumocystis jirovecii. Infine le complicanze neoplastiche tra cui annoveriamo tumori cutanei quali melanoma e spinalioma, sarcoma di Kaposi e linfomi non-Hodking.

Trapianto di rene da uomo a maiale: la svolta

I maiali sono da lungo tempo l’obiettivo della ricerca per fronteggiare la carenza di organi e il problema delle liste d’attesa.
Basti pensare alle sostituzioni valvolari effettuate con valvole provenienti da suini o ai trapianti di cornea. Anche nel caso di uno xenotrapianto, l’intervento non esula da complicanze più o meno gravi. In questo caso, l’equipe guidata dal Dottor Robert Montgomery il mese scorso ha notato come  uno zucchero nelle cellule di maiale, estraneo al corpo umano, provocava il rigetto immediato degli organi. Il rene per questo esperimento proveniva da un animale modificato geneticamente, progettato per eliminare quello zucchero ed evitare un attacco da parte del sistema immunitario.

Maiali da laboratorio. Prospettiva futura rilevante per la trapiantologia. Immagine tratta da https://www.focus.it/

Un passo significativo

Una volta selezionato il maiale, accuratamente modificato dal punto di vista genetico, ha avuto il via l’operazione. I chirurghi hanno attaccato il rene di maiale ad un paio di grandi vasi sanguigni al di fuori del corpo di un destinatario deceduto, in modo da poterlo osservare per due giorni. Altra significativa differenza con un normale trapianto di rene umano, in cui l’organo ricevuto viene impiantato in fossa iliaca senza rimuovere il vecchio rene che rimane, salvo casi eccezionali, in sede. Il rene trapiantato ha svolto normalmente la sua funzione, ovvero il filtraggio delle scorie e la produzione di urina, non provocando alcun rigetto.

“Questa ricerca è un passo significativo”, ha affermato il Dottor Andrew Adams della University of Minnesota Medical School, come riportato dal blog Medicalxpress. Rassicuranti sembrano essere le parole di Montgomery, che ha sottolineato come non si sia verificato alcun rifiuto immediato. Curioso sottolineare come anche Montgomery stesso rientri tra i “fortunati” destinatari di un organo trapiantato: proprio il chirurgo venne salvato tre anni fa da un trapianto di cuore in donazione da un paziente deceduto per epatite C.

Fonte immagine: Euronews  https://it.euronews.com/2021/10/21/la-nuova-frontiera-dei-trapianti-il-rene-di-un-maiale-in-un-essere-umano

Cosa aspettarci dal futuro?

Questo test ha rappresentato un grande salto in avanti nella ricerca per l’utilizzo, un giorno, di organi animali per trapianti salvavita.
Il maiale di per sè ha numerosi vantaggi rispetto alla scimmia. In primis, la questione etica da sempre problematica nell’ambito dello xenotrapianto, sarebbe meno pesante essendo i suini comunemente utilizzati come prodotti per il cibo. Inoltre, i maiali producono cucciolate molto numerose, con periodi gestazionali e organi paragonabili a quelli umani. E’ ormai parere comune degli esperti che i test su primati non umani e l’esperimento del mese scorso danno vita a nuovi scenari incentrati su trapianti di rene di maiale su persone viventi nei prossimi anni. Questo costituirebbe sicuramente un’arma fondamentale dal punto di vista clinico: è infatti risaputo che, nonostante l’efficacia del trattamento dialitico, l’unico intervento capace di sopperire appieno alla complessa funzionalità del rene è il trapianto renale.

Ad oggi, numerose aziende sono in corsa per sviluppare organi di suino adatti al trapianto per attutire la carenza di organi umani. Più di 90.000 persone negli Stati Uniti sono in lista per un trapianto di rene. Ogni giorno, 12 persone muoiono nell’attesa.

Saro Pistorìo

 

Per approfondire:

https://medicalxpress.com/news/2021-10-pig-kidney-human-patient-potential.html

Dentro il “buco” nell’ozono: cos’è e perché deve preoccuparci

Alla scoperta del “buco” nell’ozono: com’è fatto, cosa ha determinato la sua formazione e perché si trova in Antartide.  Continua a leggere “Dentro il “buco” nell’ozono: cos’è e perché deve preoccuparci”

Tracce di Sars-Cov-2 nello sperma: possibile la trasmissione sessuale?

Un team di ricerca cinese ha rilevato RNA virale del Coronavirus SARS-CoV-2 nello sperma di alcuni pazienti affetti da COVID-19. Il virus può essere trasmesso sessualmente? Che rischi corrono i pazienti di sesso maschile? 

In questi mesi, in cui il virus ha destato preoccupazione a livello mondiale, sono stati condotti diversi studi sulle possibili vie di trasmissione: la principale via di trasmissione del virus, secondo l’OMS, in base ai dati attualmente disponibili, avviene attraverso il contatto stretto e diretto con soggetti presentanti l’infezione da SARS-CoV-2.

Ma uno studio, condotto da un team dell’Ospedale Municipale di Shangqiu e pubblicato il 7 Maggio sul Journal of American Medical Association, ha dimostrato la presenza del virus nel liquido spermatico dei pazienti.

Lo studio ha preso in esame tutti i pazienti di sesso maschile e di età posta al di sopra dei 15 anni, ricoverati in ospedale tra il 26 gennaio e il 16 febbraio. Tra 50 potenziali pazienti, lo studio ne ha coinvolti 38 (gli altri 12 pazienti a causa di comorbilità, disfunzione erettile o del coma farmacologico in terapia intensiva non sono stati in grado di fornire il campione biologico).

Su 38 pazienti:

  • 23 (rappresentati il 60,5% del campione totale) erano guariti clinicamente, non presentavano la classica sintomatologia, motivo per il quale si attendeva solo il tampone negativo per le dimissioni;
  • 15 (rappresentanti il 39,5% del campione totale) attraversavano la fase acuta dell’infezione.

Cosa ha dimostrato lo studio?

I risultati del test hanno dimostrato che circa il 16% dei pazienti presentava SARS-CoV-2 nello sperma, nello specifico:

  • il 25% del campione stava affrontando la fase acuta dell’infezione;
  • il 9% stava affrontando la fase di guarigione.

Diangeng Li del Chinese General’s Liberation Army General Hospital di Pechino ha riferito: “Anche se il virus non è in grado di replicarsi nel sistema riproduttivo maschile, può persistere, probabilmente a causa dell’immunità privilegiata dei testicoli”. Immunità privilegiata significa che il sistema immunitario non può raggiungere completamente la regione per attaccare gli invasori virali.

Non è una scoperta sorprendente, in quanto molti virus possono sopravvivere nel tratto riproduttivo maschile; tipici esempi sono forniti dai virus Ebola e Zika che si trovano nello sperma anche a distanza di mesi dopo il recupero del paziente. Lo stesso studio ha dimostrato che le positività o meno al test sullo sperma non erano influenzate dall’età del paziente, da pregresse patologie urogenitali, o dalla fase che il paziente stava affrontando della patologia infettiva.

A cosa può andare incontro un paziente di sesso maschile?

La recente pandemia dovuta al SARS-CoV-2 ha sollevato diverse preoccupazioni nella medicina riproduttiva. La Società Italiana di Andrologia e Medicina Sessuale ha cercato di condurre diversi studi ma, a causa delle prove limitate, non è stato possibile formulare raccomandazioni secondo i criteri Levels of Evidence di Oxford 2011.

Secondo la Società Italiana di Andrologia e Medicina Sessuale diverse caratteristiche molecolari di SARS-CoV-2 possono giustificare la sua presenza all’interno del testicolo e possibili alterazioni della spermatogenesi e della funzione endocrina:

L’orchite è stata segnalata come una possibile complicanza dell’infezione da SARS-CoV-2. Da un punto di vista fisiopatologico, l’orchite potrebbe essere il risultato di una vasculite, in quanto la COVID-19 è stata associata ad anomalie della coagulazione. A questo fattore fisiopatologico, bisogna aggiungere, anatomicamente, la vascolarizzazione segmentaria del testicolo. Inoltre, i dati derivati ​​da pazienti, presentanti l’ infezione, suggeriscono che in caso di guarigione soprattutto in età fertile, i pazienti dovrebbero essere sottoposti alla valutazione della funzione gonadica, compresa l’analisi del seme per confermare (o escludere) la presenza di rischi per i gameti maschili che sono destinati alla crioconservazione in azoto liquido o a tecniche di riproduzione assistita.

A cosa può andare incontro una paziente di sesso femminile?

Il virus modula l’espressione dell’ACE2 nelle cellule ospiti: è un componente fondamentale del sistema renina-angiotensina ed esercita le sue funzioni fisiologiche modulando i livelli di angiotensina II (Ang II). Gli studi disponibili suggeriscono che l’ACE2 sia ampiamente espresso nelle ovaie, nell’utero, nella vagina e nella placenta, regolando lo sviluppo e l’ovulazione del follicolo. Nello specifico, esplicano la loro azione fisiologica modulando l’angiogenesi e la degenerazione luteale e influenzando i cambiamenti regolari nel tessuto endometriale. Considerando queste funzioni, SARS-CoV-2 può influenzare le funzioni riproduttive femminili attraverso la regolazione di ACE2.

Allarme per i rapporti sessuali?

Non è ancora chiaro se il nuovo Coronavirus possa diffondersi sessualmente, in quanto trovare tracce di SARS-CoV-2 nello sperma non significa necessariamente che quest’ultimo sia contagioso. Non è ancora chiara nemmeno la tempistica di sopravvivenza del virus nel liquido spermatico, motivo per il quale gli scienziati consigliano di attuare delle norme preventive comprendenti l’astinenza o l’uso del preservativo.

Caterina Andaloro

Bibliografia:

Ashour HM, Elkhatib WF, Rahman MM, Elshabrawy HA. Insights into the recent 2019 novel coronavirus (SARS-CoV-2) in light of past human coronavirus outbreaks. Pathog (Basel, Switzerland). 2020;9(3):186. doi: 10.3390/pathogens9030186;

Peng X, Xu X, Li Y, Cheng L, Zhou X, Ren B. Transmission routes of 2019-nCoV and controls in dental practice. Int J Oral Sci. 2020;12:9. doi: 10.1038/s41368-020-0075-9;

Cascella M, Rajnik M, Cuomo A, Dulebohn SC, Di Napoli R (2020) Features, evaluation and treatment coronavirus (COVID-19);

19, situation report update at 13 April 2020. https://www.salute.gov.it/portale/news/p3_2_1_1_1.jsp?lingua=italiano&menu=notizie&p=dalministero&id=4228.