Inside Chanel pubblica un nuovo film

Inside Chanel ha proposto un nuovissimo capitolo sulla storia di Coco Chanel.

 

 

Il loro obbiettivo è quello di raccontare ogni progresso dello stile unico e fantastico di Coco, ripercorrendo tappa dopo tappa la vita della stilista.

Il nuovo capitolo, ovvero il 25°, intitolato “Gabrielle Chanel  e la West Coast”, racconta il suo arrivo per la primissima volta in America.

Tutto ha inizio nel 1924: il suo profumo rivoluzionario, Chanel N°5, sbarca negli States.

L’America l’adora, Hollywood la vuole, ma lei si fa desiderare.

Approderà nella Grande Mela solo 7 anni dopo, a bordo del transatlantico Europa, portando con sé una parte “essenziale” del suo mondo: l’amica Misia Sert, un socio, due assistenti, due modelle, tre domestiche, 15 bauli e 35 bagagli. Non esattamente quello che si definisce “viaggiare leggeri”.

Eppure quel viaggio le regala alcune delle soddisfazioni più importanti della sua carriera: le sue creazioni vengono indossate da attrici come Barbara Weeks, Madge Evans e Gloria Swanson, il suo nome si fa strada nel mondo dorato del cinema.

Alcune di loro hanno definito il suo stile troppo essenziale, caratteristica che però l’ha fatta diventare una delle più grandi stiliste dell’epoca e del mondo contemporaneo.

Nel 1954, mentre la Francia critica la sua nuova collezione, l’America la osanna.

Nel 1957 Neiman Marcus, uno dei più celebri grandi magazzini USA, le conferisce il premio come stilista più influente del secolo.

Nel 1959, il flacone del N°5 finisce tra le sale del MoMA, nel frattempo la lista delle star che scelgono le sue creazioni (Marilyn Monroe, Marlene Dietrich, Elizabeth Taylor, Jane Fonda, Jean Seberg, Jackie Kennedy) cresce di pari passo con la sua fama.

Con la sua moda moderna e liberatoria, Coco affranca le donne americane dagli stereotipi sartoriali, rendendole libere di vestirsi e quindi di pensare.

E con il suo mito, continua a farlo ancora oggi.

 

Andrea Sangrigoli

Concertone del 1 Maggio, Roma

 

Concertone del 1 Maggio a Roma.

Lo spettacolo del primo maggio, si terrà nei pressi di piazza San Giovanni in Laterano a Roma, che ospiterà il tradizionale concerto promosso da CGIL, CISL e UIL nel giorno della festa dei lavoratori, “Lavoro, diritti, stato sociale, la nostra Europa“.

Una giornata fatta di musica, con i più grandi talenti del mondo musicale e con i piccoli gruppi di nicchia del posto e non.

L’evento sarà presentato da Ambra Angiolini e Lodo Guenzi (frontman dello Stato Sociale).

Una giornata all’insegna della musica e dei diritti sociali.

Ecco adesso la scaletta dei cantanti che si esibiranno sul palco:

La Rua

Ylenia Lucisano

I Tristi

Giulio Wilson

Margherita Zanin

Fulminacci

Eman

Lemandorle

Izi

La Rappresentante di Lista

Eugenio in Via di Gioia

Colapesce e Bianco

Dutch Nazari

Fast Animals and Slow Kids

La Municipal

Pinguini Tattici Nucleari

Coma Cose

Canova

Rancore

Ex Otago

Anastasio

Zen Circus

Ghemon

Omar Pedrini

Noel Gallagher

Carl Brave

Manuel Agnelli

Daniele Silvestri

Achille Lauro

Gazzelle

Subsonica

Ghali

Motta

Negrita

Orchestraccia

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                   Dalila De Benedetto

 

 

Notre Dame, corsa alla solidarietà: raccolti 600 milioni di euro

Solidarietà per Notre-Dame. Raccolti 600 milioni di euro. 

E’ quanto affermato dal ‘numero uno’ dell’Eliseo, che ha annunciato una colletta per raccogliere fondi per la ricostruzione della cattedrale.

La famiglia Pinault, alla guida del colosso del lusso Kering, ha annunciato l’immediata donazione di 100 milioni di euro per ricostruire Notre Dame. Nei giorni seguenti, si sono aggiunti altri big del lusso come Lvmh, a capo di marchi del calibro di Fendi, Bulgari, Dior e Louis Vuitton che hanno donato ben 200 milioni di euro.

Anche il gruppo transalpino di lusso e cosmetici L’Oreal, insieme alla famiglia Bettencourt Meyers e alla fondazione Bettencourt Schueller, scende in campo per ricostruire Notre Dame facendo sapere che doneranno 200 milioni di euro; di questi, 100 verranno donati attraverso la fondazione Bettencourt Schueller.

I danni riportati dalla Cattedrale sono ingenti. Le opere d’arte e le reliquie custodite all’interno sono state portate in salvo, ma a preoccupare ora è la stabilità della struttura.

Fortunato Grillo

Messina: le navi da crociera sbarcano anche in provincia

La stagione crocieristica, che porta ogni anno migliaia di turisti nella città dello Stretto, quest’anno coinvolgerà anche la provincia, più precisamente Giardini Naxos. 

Già programmati gli sbarchi da Maggio, mese in cui attraccheranno 19 navi ad ottobre, per un totale nei mesi estivi e nella primavera di circa 124 arrivi.

Seppure la maggioranza delle crociere provengano da Livorno, Gallipoli, Crotone, Corfù, Lipari e Amalfi, ci saranno anche navi battenti bandiera maltese e greca. Attesi anche turisti dalle Bahamas.

I numerosi visitatori contribuiranno all’economia di Giardini Naxos e dei paesi limitrofi, in particolar modo della vicina Taormina. Verranno coinvolte non solo le attività commerciali ma anche i giovani intenzionati a prestare servizio per accogliere e guidare i turisti.

Dopo l’impegno da parte dell’amministrazione di ristrutturare il porto di Schisò, si spera soltanto che ciò avvenga in tempi consoni così da ospitare più turisti e farli sentire a loro agio.

Si attendono maggiori informazioni dagli addetti.

Paola Puleio

AUT AUT (1843) di Sören Kierkegaard

La vita etica e la vita estetica secondo Kierkegaard. Voto UvM: 4/5

 

 

Aut Aut, del filosofo Sören Kierkegaard, considerato il padre dell’esistenzialismo, si presenta come una lettera dal tono informale in cui un personaggio fittizio, Wilhelm, che incarna la figura del bravo lavoratore e padre di famiglia, illustra al suo amico i vantaggi della vita etica, improntata all’assunzione della responsabilità e al rispetto del dovere, su quella estetica, incentrata sulla fuga dalla noia e sulla ricerca del godimento.

«Cosa vuol dire vivere esteticamente e cosa vuol dire vivere eticamente?»

Estetica è indifferenza, essere tutto e niente, et et in base alle contingenze del momento, signore assoluto nella vita del Don Giovanni; è un continuo vestire e svestire molteplici maschere in un vorticoso carnevale in cui ci si nasconde persino a sé stessi.

 

 

Etica invece è quello stile di vita che ha il coraggio, l’energia e la serietà di porre l’assolutezza della scelta. Aut aut. O questo o quello. Non et et.

Γνῶθι σαυτόν, conosci te stesso, recita appunto il detto delfico accolto da Socrate di cui l’autore si proclama erede, esponente come lui di una filosofia che sia capace di tornare per strada, sandali ai piedi, a interrogare nuovamente non lo Spirito, la Sostanza, l’Idea eterna, ma l’individuo, il singolo uomo.

 

 

Diventa te stessopartorisci te stesso dice inveceKierkegaard perché «[…] la più ricca personalità non è nulla prima di aver scelto sé stessa […].»

Attraverso una serie di temi tipici della filosofia kierkegaardiana, tra cui spicca la disperazione e una dialettica che si gioca sui termini momento/continuità, eccezione/ regola, casualità/universalità, infinità/ finito, eterno/temporalità , il filosofo sarà in grado di ribaltare tutti i miti e i cardini del vivere estetico, primo su tutti quello dell’eroe, l’uomo al di fuori d’ogni norma, l’eccezione.

«Uno può conquistare regni e paesi senza essere un eroe, un altro invece nel signoreggiare il suo carattere può rivelarsi un eroe […] Ciò che importa è il modo in cui agisce» ed ancora «Il vero uomo eccezionale è il vero uomo comune».

Se Aut aut si distingue nettamente da altre opere filosofiche coeve, è perché il problema che tratta è di urgenza esistenziale e non esclusivamente speculativa.

A Kierkegaard non interessa costruire un sistema.

Il suo pensiero, ancor prima di quello di Nietzsche, è reazione antihegeliana per eccellenza in quanto si pone intenzionalmente il più lontano possibile dalla pura e astratta teoresi, dalla ricerca metafisica del principio infinito e più prossimo alla vita concreta, all’esistenza determinata dell’individuo in quanto persona.

Non a caso la scrittura stessa non ha niente della classica prosa scientifico-filosofica.

Aut aut è invece una lettera ricca di metafore ed esempi di vita quotidiana e non, un’opera scorrevole che non suona ostica nemmeno ad un lettore della contemporaneità se non su alcuni punti.

Che dire infatti dell’esaltazione del matrimonio come necessaria tappa in cui si attua l’ideale del vivere etico? E della condanna di qualsiasi altro tipo di legame o sentimento amoroso che non si inquadri nei rigidi contorni di questo?

Appare invece di una democraticità quasi moderna la concezione etica che valorizza ogni uomo in quanto dotato di un particolare talento e capace di realizzare sé stesso attraverso il lavoro – «L’etica […] dice: ogni uomo ha un mestiere» – in opposizione alla visione aristocratica dell’esteta che gioca sul contrasto svilente individuo eccezionale/massa.

Spicca inoltre per bellezza e poesia la rappresentazione della donna come ancora di salvezza, come colei che è capace di riconciliare l’uomo al finito, alla temporalità e alla vita vera.

Angelica Rocca

Archeologia: scoperta una nuova regina egizia

Importante scoperta per l’archeologia: una regina egizia che avrebbe regnato in diarchia prima di Tutankhamon.

È questa la tesi sostenuta da una studiosa dell’Università del Québec a Montréal (Uqam).

Una diarchia tutta femminile sarebbe stata allestita nell’attesa che il faraone-bambino Tutankhamon si facesse adulto abbastanza da poter governare.

Il sunto della ricerca che ha portato all’eclatante scoperta è stato pubblicato sul sito dell’ateneo canadese dove si sottolinea che “due donne, e non una, regnarono sull’Egitto nel XIV secolo avanti Cristo”.

Gli egittologi ‘sospettavano’ già da tempo la presenza di una regina tra la morte del faraone Akhenaton e l’ascesa al trono di suo figlio Tutankhamon, ma a dividere gli studiosi era proprio l’identità di questa misteriosa sovrana.

Grazie a ricerche epigrafiche e iconografiche,Valérie Angenot, storica dell’arte specialista di semeiotica visuale dell’ateneo, afferma che Akhenaton – oltre a sposare la propria figlia Meritaton per prepararla a succedergli – avrebbe in seguito associato al potere un’altra delle sue sei figlie, “Neferneferuaton Tasherit”.

Le due avrebbero dunque regnato insieme, dopo la morte del padre, per “tre o quattro anni col nome di Neferneferuaton Ankhkheperure”.

 

Benedetta Sisinni

Cagliari, spara colpi a salve dal finestrino e pubblica il video su Instagram: arrestato

Un’incosciente condivisione sui social network quella di due ragazzi di Cagliari che hanno deciso di riprendersi con in mano una pistola mentre giravano per la città a bordo di un’auto.

A uno dei due è costato l’arresto, poiché non c’è stato solo l’intento di fare vedere ai propri follower il possesso dell’arma, bensì se ne voleva pure dare una dimostrazione pratica sparando dal finestrino colpi contro i palazzi.

Incuranti di aver spaventato gli abitanti del quartiere, il video su Instagram è stato comunque pubblicato, non sfuggendo però ai carabinieri del nucleo operativo della compagnia di Cagliari e ai militari della guardia di finanza che, dopo aver controllato decine di profili social, sono poi arrivati al responsabile degli spari; un diciannovenne incensurato, e successivamente anche all’amico che l’ha ripreso.

I militari hanno subito provveduto alla perquisizione domiciliare, non solo ritrovando la pistola a salve utilizzata, ma anche una quarantina di cartucce da 8 millimetri, 70 grammi di hashish, due cesoie, un bilancino di precisione e due coltelli a serramanico.

Non è stato ritrovato alcun oggetto a casa dell’amico che ha ripreso il tutto.

Il diciannovenne è stato giudicato ieri con rito direttissimo.

Antonino Giannetto

Chernobyl: 33 anni dopo il disastro

Alle 01:24 del 26 aprile 1986 un guasto al reattore numero 4 della centrale atomica di Chernobyl, nei pressi di Kiev in Ucraina, provoca il più grande incidente della storia dell’energia nucleare.

 

 

La nube radioattiva che si sviluppa investe tutta l’Europa, provocando una serie di conseguenze nella popolazione.

Nelle settimane successive allo scoppio, a causa delle radiazioni, furono trentuno i lavoratori della centrale e i pompieri che persero la vita tra atroci sofferenze. Ma il numero esatto delle vittime “collaterali” del disastro nucleare è tutt’oggi incerto e non vi è ormai più alcun modo di stabilire con certezza i morti diretti, ma soprattutto quelli indiretti, deceduti in seguito, a causa di malattie.

Sono decine di migliaia le persone che si ammalarono a causa delle radiazioni dovute all’esplosione, le cui conseguenze furono inevitabili e devastanti.

L’esplosione si verificò mentre era in corso un test per il quale erano stati staccati i sistemi di sicurezza. Durante una prova per verificare il funzionamento della turbina in caso di un blackout improvviso, errori umani e tecnica difettosa crearono le condizioni per il disastro. L’orologio segnava l’una, 23 minuti e 44 secondi. Fuoriuscirono circa il 50% di iodio e il 30% di cesio, disperdendosi nell’atmosfera, con un’emanazione di radioattività tra i 50 e i 250 milioni di Curie, quantità circa cento volte maggiore rispetto a quella delle bombe americane sganciate su Hiroshima e Nagasaki nel 1945. La nube radioattiva si spostò rapidamente da Chernobyl verso gran parte d’Europa. Secondo l’Iaea (Agenzia internazionale per l’energia atomica) l’esplosione portò la contaminazione più elevata in un’area nel raggio di 100 km dalla centrale, con la concentrazione maggiore di isotopi di stronzio, cesio e plutonio.

 

 

Solo il 27 aprile, 36 ore dopo l’incidente, furono evacuati i 45mila abitanti di Pripyat, cittadina a un passo da Chernobyl e nei giorni successivi circa 130 mila persone in un raggio di 30 km dovettero lasciare le proprie case. In totale furono circa 350 mila le persone evacuate dalla regione e costrette a trasferirsi altrove. L’allarme in Europa giunse dalla Svezia il 28 aprile, quando venne registrata radioattività anomala nel Paese. Nei primi dieci giorni successivi alla catastrofe si tentò con ogni mezzo di fermare la fuga radioattiva: elicotteri militari versarono oltre 1800 tonnellate di sabbia e 2400 di piombo sul reattore, ma solo il 6 maggio la situazione fu sotto controllo. Migliaia le persone che parteciparono alle operazioni, tra militari e civili; si calcola che i “liquidatori“, operai, pompieri, soldati, reclutati e volontari, siano stati nei mesi seguenti circa 700mila, provenienti non solo da Ucraina, ma anche da Russia e Bielorussia, repubbliche che all’epoca dell’incidente facevano parte appunto dell’Unione Sovietica. Da Mosca l’ammissione del disastro arrivò solo il 14 maggio da parte del segretario dell’allora Partito comunista sovietico Mikhail Gorbaciov.

Secondo l’Iaea furono circa 4000 le vittime causate direttamente dalle radiazioni, tra di essi in larga parte i cosiddetti “early liquidators”, ovvero coloro che lavorarono per primi tentando di tamponare i danni dopo l’esplosione. Cifre non ufficiali alzano il numero dei morti sino a 25mila in tutti e tre i Paesi (Ucraina, Bielorussia e Russia) investiti dalla nube radioattiva. Certezze non ve ne sono, nemmeno per i numeri delle persone colpite da malattie – cifre sempre non ufficiali indicano 100mila casi di tumore alla tiroide per persone di tutte le età nelle tre ex repubbliche sovietiche – e da disturbi psicologici che possono aver interessato i cinque milioni di persone che anche per un breve periodo sono state esposte a radiazioni sopra la norma in seguito alla catastrofe.

Santoro Mangeruca

Daniela Bonanzinga “Io ormai sono una realtà un po’ rara”

Fonte: La Scatola Lilla, ©2015

Martedì 16 Aprile intervisto Daniela Bonanzinga, nonché libraia più rinomata in città, attiva nel promuovere la lettura fra i giovani con il progetto “La libreria incontra la scuola”. E’ quasi ora di pranzo e spero che il mio stomaco non cominci a brontolare proprio adesso. Guardo l’ingresso della Libreria Bonanzinga con un misto di suggestione e adrenalina, ed entro. Il locale è quasi vuoto, dato l’orario. La proprietaria ci saluta e finisce un discorso con alcune clienti. Aspettandola, mi aggiro fra le mensole, pochi libri sono rimasti; il trasloco dei locali è in atto. Lei termina il suo da fare e invita me e la mia collega fotografa a salire per l’intervista. Ha una stretta di mano veloce ma incisiva, ricorda quasi quella di un uomo. Io ne resto affascinata. Prendiamo posto; Daniela si accomoda come una vera e propria padrona di casa, poggiando un braccio con il gomito sull’altra sedia. Io la scruto, per un secondo, e penso quel tipico, timido e puerile “Voglio essere come lei da grande”. Poi, do il via alla mia incalzante serie di domande.

Allora, ha iniziato a lavorare a diciotto anni, ho letto, affiancando i suoi genitori. Ha mai avuto dubbi, anche il minimo dubbio, che potesse non essere la sua strada?

Tantissimi. Le certezze si costruiscono sui dubbi, miliardi di dubbi. Anche perché a diciotto anni una persona si deve ancora formare e la sua vita deve ancora svolgersi. Quindi sì, ho avuto tantissimi dubbi, fin dalle prime battute.

Lavorare, per così tanti anni, nel mondo dei libri in cosa l’ha umanamente migliorata?

Mi ha migliorata a livello umano perché sicuramente i libri hanno aperto la mia mente e il mio spirito al percorso della ricerca esistenziale, personale e lavorativa. Quindi sicuramente il libro come oggetto nella sua varietà, profondità, nella sua declinazione ha fatto sviluppare in me l’anima della ricercatrice. E non esiste differenza, chi ricerca, ricerca in tutti i campi.

E in cosa, invece, l’ha stressata magari a tal punto da dire “potevo fare un lavoro statale, un lavoro diverso”?

Che cosa mi ha stressata di più? Certamente la crisi, micidiale, che ha colpito l’economia, il comparto dei libri e della comunicazione tutta legata alla carta stampata. E’ iniziata la ricerca del cliente perché tutte le attività commerciali, legate anche alla cultura, sono aziende, non dimentichiamolo; vivono di bilanci, profitti,  ricavi, perdite. Questo è l’aspetto che maggiormente mi ha stressata anche perché io ho una formazione umanistica, sono laureata in lettere moderne. Tutti i miei studi sono stati orientati alla comunicazione. Io ho la visione umanistica del numero, per dirla ridendo, cioè tutto ciò che è gestione, numeri, finanza mi ha stressata molto nella mia carriera e mi continua a stressare. ( risate)

Ilaria: e lo farà a questo punto. (risate)

 

©SofiaCampagna, Ilaria intervista la dott.ssa Bonanzinga- Libreria Bonanzinga, Messina 16 Aprile 2019.

Sarebbe errato dire che vede il mestiere del libraio più come una missione che come un lavoro?

Allora, generalmente chi vede le attività come missioni opera nell’ambito del no-profit; invece io tengo sempre a bada i numeri, perché io non sono, come hai detto tu, un’impiegata statale. Di questo lavoro devo vivere, ho una famiglia e, come ho sempre detto, mio padre mi ha donato un’azienda, non 500 milioni sul conto corrente. Mi ha donato un’azienda con le sue problematicità. Si può dire, invece, che io ho una visione sociale del mio mestiere, cioè, che per me è molto importante far leggere quante più persone è possibile, motivo per il quale mi sono dedicata al mondo della scuola, dei ragazzi, da sempre. Che questo poi abbia una ricaduta di tipo commerciale è certamente secondario, la cosa più importante è far aumentare questi numeri della lettura, far leggere uno a chi legge zero, non tanto far leggere due a chi legge uno perché quello è già più facile. Ma la cosa più bella, ripeto, è far leggere uno a chi legge zero.

Cosa suggerisce a chi, piccolo o adulto, è restio a leggere? Purtroppo sono tanti, i numeri parlano.

Oggi è una domanda da 1 milione di dollari. Dunque, ci sono alcuni piccoli punti. Oggi la lettura è in competizione con un mondo molto accelerato e molto complesso che è quello della nuova comunicazione, dei social e della rete. Oggi la battaglia è serrata, la comunicazione tra ragazzi è diversa, i nuovi media sono molto aggressivi e i tempi dedicati ai social sono tanti. Ma io penso che una generazione che non legge potrebbe veramente esitare in un disastro cosmico e continuo quindi a fare, nel mio passaggio terreno, quello che sono chiamata a fare: creare per ragazzi occasioni di incontri alti, con personaggi importanti, con persone che qualcosa restituiscono. E continuare a scommettere che i ragazzi oggi, anche se in modo diverso, a loro volta restituiscono qualcosa. La lettura è una restituzione d’affetto, la lettura può cambiare la vita, la lettura ha dei sensi; bisogna insegnare ai ragazzi quali sono questi sensi.

Qual è la più grande soddisfazione personale e se sta per dire il Premio Mauri del 2010 ne scelga una seconda.

La più grande soddisfazione è certamente La libreria incontra la scuola, 150 scrittori e 400000 occasioni di lettura. Se tu mi chiedi in 40 anni di attività qual è stata la cosa più bella? La libreria incontra la scuola. Qual è la cosa che ripeteresti senza ombra di dubbio? La libreria incontra la scuola. Qual è stata la scommessa che hai vinto? La libreria incontra la scuola. Non ho mai trovato un progetto che potesse distrarre la mia attenzione dalla La libreria incontra la scuola. Il Premio Mauri è consequenziale a questa, senza questa, non c’è manco il premio. (risate). Questo lavoro nel mio territorio spesso diventa un po’ invisibile perché, avendo creato un format così vincente, è stato imitato da tutti e spesso si tende a dimenticare chi l’ha inventato. Io ne ho registrato il marchio, però siccome poi tutto funziona per personalismi, è stato molto semplice per i miei colleghi appropriarsi di questa invenzione ed era anche impensabile che non accadesse, se no non sarei stata docente alla scuola per librai e non l’avrei insegnato agli altri librai d’Italia. Chiaramente, nel mio territorio l’osservazione e l’imitazione sono state fisiologiche. Quello che è bello è che ogni tanto qualcuno si ricordi che questa cosa l’ho inventata io. E ogni tanto vedo che stenta ad arrivare questo riconoscimento, ho deciso di darmelo da sola, ma non ti dico come perché lo vedrete in questa nuova avventura di questa nuova location. Così, avrò messo un punto visibile, anche se gli altri non lo ricordano, me lo ricordo da sola.

 

©SofiaCampagna, Ilaria intervista la dott.ssa Bonanzinga – Libreria Bonanzinga, Messina 16 Aprile 2019

 

Chi è lo scrittore o la scrittrice che le ha lasciato un ricordo di impatto, un ricordo così commovente che le ha fatto pensare “ecco perché amo il mio lavoro!”.

Veramente posso dirti che ci sono tante, tante esperienze, di ogni ordine e grado, legate anche a grandissimi nomi della letteratura contemporanea. Una su tutte, l’esperienza fatta quest’anno col professore Galimberti, l’uomo più che lo studioso. Ma fare una classifica è molto difficile.

E qual è il consiglio, per chi come lei, ha il sogno di aprire una libreria indipendente?

Ci sono tante nuove realtà ed è forse una cosa che bisognerebbe chiedere a questa nuova generazione. Io ormai sono una realtà un po’ rara, cioè sono una libreria indipendente, storica, con 50 anni all’attivo che ha svoltato. Le nuove generazioni hanno davanti schemi diversi, confronti diversi, assente la storicità, alcuni elementi che per me sono stati fondanti.  Io potrei dare delle risposte che sono poco rincuoranti e invece credo che ognuno debba perseguire i propri sogni. Perché è facile creare una libreria senza uno storico di riferimento, perché tu ti concentri su quei consumi, indici di lettura. I dolori vengono quando questi indici vengono confrontati con 10 anni fa. Non voglio rispondere a chi ha un sogno nel cassetto; lo persegua! Studi, si faccia delle scuole, ce ne sono tante, si sperimenti. E’ una cosa molto faticosa, questo lo posso dire a chiare lettere.

Quest’anno la libreria compirà 50 anni; è stato proprio per celebrare questa occasione che ha deciso di spostare i locali della libreria?

Non è stato per questa occasione, se vogliamo è stato il contrario. Festeggeremo i 50 anni nella nuova libreria. Io ho deciso di spostare la libreria per vivere meglio e per fare, a 57 anni, dopo essere stata vicina, da tutti i punti di vista, alla mia famiglia,  un mio progetto. Mi sono detta “te lo meriti”, uno spazio mio progettato sulle mie nuove esigenze, sui  miei sogni. Lo spazio è tutto, come una casa. Quindi dopo 40 anni di militanza in uno spazio progettato da altri, ho sentito l’esigenza di concludere tutto ciò che mi resta, lavorativamente parlando, in uno spazio progettato da me, sul presente.

 

©SofiaCampagna, Ilaria intervista la dott.ssa Bonanzinga – Libreria Bonanzinga, Messina 16 Aprile 2019

 

Infatti, cosa si  aspetta per questa nuova libreria? Per questa nuova avventura?

Mi aspetto di potere trasformare la mia libreria in un luogo dove gli aspetti della virtualità, cioè gli aspetti della rete, possano unirsi agli aspetti della realtà. Io mi aspetto un luogo dove le persone, entrando, mi stringano la mano e mi dicano “noi siamo amici su Facebook” e trovino un luogo fisico in cui poter scambiare sguardi, emozioni, esperienze.

Ci fa qualche spoiler sul 27? Ci saranno delle sorprese?

Te lo posso già anticipare. Sarà un pomeriggio d’autore perché si susseguiranno Cristina Cassar Scalia, Barbara Bellomo, Guglielmo Pispisa e Mario Falcone; converseranno tutto il pomeriggio, alternandosi nelle varie fasce orarie. Non ci saranno nastri da tagliare, ci sarà un bicchiere per brindare e la città che decide di partecipare.

E sicuramente parteciperà; io la ringrazio molto per il suo tempo.

 

 

 

                                                                                                                        Ilaria Piscioneri

Bianco come Dio: una storia di grande ispirazione

La storia di un ragazzo risvegliato. Voto UvM: 5/5

 

 

 

 

 

 

Ho diciott’anni e mi sento vecchio.

Lo avete mai pensato? Avete mai provato questa sensazione?

Abbiamo tutto ciò che un ragazzo o una ragazza di 18-25 anni potrebbe desiderare. Una famiglia, un ragazzo/a, studiamo, magari siamo già economicamente indipendenti. Eppure, anche se non vogliamo ammetterlo, qualcosa manca.

Non te lo sai spiegare.

Questa società è profondamente sbagliata.”

Sì, avete pensato anche questo. Molte volte. Tante volte.

Chi non lo pensa?

Organizziamo la nostra intera vita sulla base di questo concetto.

È vero, chi crede il contrario si sta prendendo in giro.

Abbiamo tutti rinunciato ai nostri sogni, e ci va bene così. Ci va bene questa vita preconfezionata. Ci va bene non esistere. Ci va bene arrenderci, e accontentarci e scegliere un dolore facile anziché un’impervia vittoria.”

Forse qualcuno è arrivato a questa conclusione. Sono le nostre stesse vite a comunicarcelo, lo vediamo nelle vita degli altri, il clima della società ne trabocca.

Non c’è alcun giudizio in tutto questo, è solo una fotografia della nostra realtà. Lo stile di vita predominante in questo momento storico.

C’è chi accetta volentieri e chi con un sentimento di impotenza.
Quale la bussola in questa situazione?

Io merito di meglio” è la risposta che si dà Nicolò Govoni in questo mare di incertezze.

Lui, giovane ventenne come noi, decide di giocare secondo le sue regole in un mondo privo di promesse per generazioni come la nostra.

Nel 2013 organizza la sua fuga e parte per un orfanotrofio dell’India meridionale.

Ricerca risposte, ma soprattutto ricerca sè stesso. È di una manciata di mesi la sua permanenza nella parte più povera del paese (Raccontata in un altro libro, “Uno”).

Tornato in Italia si ritrova cambiato: non è più lo stesso ragazzo.

Il vuoto, avvertito prima della partenza, è stato colmato dai bambini di Davayavu Home.

Nicolò ha trovato le risposte che cercava, ha trovato sè stesso.

Il pensiero di aver migliorato un’altra vita per un po’, ma poi lasciarsela alle spalle è per lui insopportabile.

Torna da loro, torna a Casa.

 

 

È da qui che ha inizio la narrazione di “Bianco come Dio”, pubblicato il 30 ottobre 2018 edito Rizzoli.

Una storia profonda, ricca di atti d’amore e resilienza.

Una lettura adatta a tutti, ma di grande impatto per la giovane generazione che può, senza ombra di dubbio, rispecchiarsi in Nicolò.

Lo stile, estremamente coinvolgente, affronta temi di notevole importanza con quella genuina semplicità che riesce a dare valore agli argomenti trattati più di tanti paroloni e ragionamenti stilistici.

La comunicazione di Govoni trascina il lettore in delle esperienze di vita vissuta facendolo entrare in risonanza con i protagonisti degli eventi narrati.

Per Nicolò la risposta è stata aiutare gli ultimi, ma questo libro non parla solo di volontariato.

Nell’opera è possibile individuare alcune tappe che ognuno di noi che crede di “meritare di meglio” si troverà a compiere. Eccole di seguito:

 

Risveglio. 

Già largamente argomentato nell’introduzione, è qui ripreso brevemente.

È dura ammettere che viviamo da “addormentati”, ebbri e accecati da uno stile di vita mediocre venduto da pubblicità e televisione.

Le massime aspirazioni del nostro tempo sono trovare un partner, avere un lavoro che ci permetta di divertirci nel weekend e trascorrere gli ultimi anni della nostra vita in tranquillità.

Non c’è nulla di sbagliato in tutto questo, è solo lo stile di vita della vecchia generazione.

Rendeva felici i nostri nonni e i nostri genitori. Siamo sicuri che funzionerà anche per noi?

Nicolò percepisce questa precarietà e fugge in India. Allontanandosi dalla realtà sgangherata in cui viviamo riesce a coglierne le falle.

 

Non lo so, papà” faccio dopo un po’. “Non so nulla. Nessuno di noi sa nulla, a casa, nè i miei coetanei, nè gli adulti, e questa incertezza ci sta facendo sbiadire giorno dopo giorno.
Questo perchè la gente cerca conferme in fattori esterni.” Si sfrega le mani. “La famiglia, il denaro, l’amore, la carriera…
Mi sento vecchio” lo interrompo. “Ho vent’anni e mi sento vecchio

 

La scelta. 

Conosciuta la verità è quasi impossibile fingersi ciechi e sordi.

Non è facile remare contro il modo di essere che ci è stato insegnato, ed è difficile accettare che sia infruttuoso. Tuttavia nasce una scintilla; si sente il dovere di farsi carico della responsabilità di cambiare le cose.

Govoni affronta le ferite del suo passato e combatte contro quei dubbi che silenziosamente assillano ognuno di noi ogni giorno. Una scelta è per sempre? Che ruolo ha il tempo nelle nostre vite? Si può tornare indietro?

 

Ma dobbiamo scegliere ugualmente.” Mio padre sospira, eppure la sua voce risuona nitida.
Come possiamo prendere decisioni se la posta in gioco è tanto alta?
Se non prendi alcuna decisione, stai comunque già scegliendo, no? Scegli di restare fermo.

 

La missione. 

La scelta implica un impegno. Un impegno che va onorato con tutti se stessi, ogni giorno, per tutta la vita.

È solo trovando noi stessi che scopriamo di poterci dedicare a qualcosa più grande di noi.

 

Fai in modo che ogni tua decisione” mi dice Piriya in una delle nostre lunghe passeggiate dopo la scuola “ti porti di un passo più vicino al tuo obiettivo finale.
E se non lo conosco, il mio obiettivo finale?
Passa un istante prima che risponda. “In che mondo vorresti vivere?

 

Anche noi, chiediamoci in che mondo vorremmo vivere, e poi mettiamo al servizio il nostro impegno per realizzare un cambiamento.

 

 

Il servizio come stile di vita. 

Il mondo ha tanti problemi, da un estremo all’altro.
Ignorarli “pensando in positivo” non li risolverà.

Migliorare la situazione non è così semplice come si crede. Tuttavia un modo c’è, e Nicolò è di grande ispirazione per tutti noi.
Sarebbe sufficiente mettere al servizio di una missione, che sentiamo ci appartenga, i nostri talenti e il nostro impegno. Tutto questo, perchè ci siamo compresi davvero.
I risultati non tarderebbero ad arrivare.

 

Sono solo un venticinquenne con un sogno: lasciare il mondo un po’ migliore di come l’ho trovato. Dopotutto, celebrare la vita significa farne il miglior uso possibile, e alleviare il dolore altrui è la miglior vita che io possa vivere.

 

Angela Cucinotta