Il vero volto della luna

 

Guardare la luna: lo fa spesso chi prova mancanza. A tutti, almeno una volta nella vita ci è capitato di alzare gli occhi al cielo per ammirarla, notando istintivamente un piccolo volto.

Il vero volto della luna, un “viso umano” che sul nostro satellite è semplicemente  il risultato di vortici lunari, frutto della polvere magnetica depositata dalla lava di eruzioni vulcaniche di miliardi di anni

Questi vortici sono stati un mistero decennale per gli scienziati finché si è trovata recentemente una spiegazione che, come vedremo a breve, è una di quelle scoperte trasferibili al campo tecnologico.

Nel Rutherford Appleton Laboratory, in Inghilterra, il gruppo del Prof. R. Bamford ha svolto degli esperimenti1 che, riportati su larga scala, spiegano la formazione dei vortici lunari.

L’idea di base è che nel sottosuolo lunare siano presenti delle anomalie magnetiche, chiamate “mini-magnetosfere” (la cui esistenza resta tuttavia ancora da spiegare) che proteggono come una sorta di ombrello magnetico alcune zone del suolo lunare dal vento solare, lasciando il restante suolo esposto al flusso di particelle cariche proveniente dal Sole.

 

Queste “bolle” magnetiche interagiscono con il vento solare, ricco di ioni carichi positivamente ed elettroni (carichi negativamente), separandoli e creando così un campo elettrico che si propaga verso l’esterno della bolla magnetica. Il campo elettrico interagisce con gli ioni positivi, deflettendone la traiettoria, ma il campo continua a persistere perché gli ioni più pesanti riescono a penetrare.

A seguito di milioni di anni di bombardamenti da parte del vento solare, il risultato è la creazione di questi vortici che, visti dal satellite, risultano essere chiari all’interno della cavità magnetica e definite da linee scure.

Queste bolle magnetiche sembrano quindi essere la spiegazione alla formazione dei vortici lunari.

Resta tuttavia da capire come e perché, questi anomali campi magnetici si formino.

 

Carmela Caratozzolo

 

 

Ricoverato in gravi condizioni Andrea Camilleri

Il noto scrittore è stato trasportato stamane all’ospedale Santo Spirito di Roma in gravi condizioni a seguito di un arresto cardiaco.

Nonostante i suoi 93 anni l’inventore del Commissario Montalbano era ancora molto attivo nell’ambito dello spettacolo tanto che il 15 Luglio sarebbe stato alle Terme di Caralla a raccontare la sua Autodifesa di Caino.

Negli ultimi giorni Camilleri rilasció alcune dichiarazioni significative sostenendo che se fosse possibile preferirebbe finire la sua vita in una piazza a raccontare le sue storie.

Tutto il mondo della scrittura e del giornalismo si stringono intorno a questo grande personaggio della scrittura italiana simbolo di cultura e signorilità.

Pietro Inferrera

Se fosse tuo figlio – Nicolò Govoni

 

Dedicare se stessi agli altri. Voto UvM: 5/5

 

 

 

 

 

 

“Se non io, chi?
Se non ora, quando?”
La storia di un ragazzo, cui esempio ci insegna come realizzare i nostri sogni.

 

Già autore di “Bianco come Dio” (recensito qui), Nicolò Govoni torna con un nuovo libro: “Se fosse tuo figlio” pubblicato l’11 giugno di quest’anno ed edito Rizzoli.

Una storia vera fatta di profondo amore e resilienza ci accompagnano lungo il percorso di Nicolò, bellissimo e tortuoso, verso la realizzazione della sua missione.

 

Come già raccontato in altri libri, il ragazzo, oppresso da uno stile di vita preconfezionato e dal vuoto interiore, parte per l’India rurale. Qui i bambini di Davayavu Home si “insediano” nel suo cuore, insegnandogli ad amare.
Dopo la laurea adempie ad una promessa: ”Prendi l’amore che ti abbiamo insegnato e diffondilo nel mondo”.

Da qui ha inizio un’avventura piena di scelte difficili e coraggiose, dove numerosi sentieri si incontreranno su uno sfondo gelido che tornerà a rinascere.

 

Nicolò. 

Dopo quattro anni di Amore in India Nicolò torna a casa, brama di mantenere la promessa fatta ai suoi fratelli. “Diventerò il cambiamento” si ripete, ma l’Europa gli sta “un po’ più stretta”.
Non vede come poter concretizzare il suo sogno e, sulla linea stabilita tempo prima, decide di fare richiesta per una borsa di studio a New York.
Nel frattempo fa volontariato nell’isola greca di Samos.

L’hotspot. 

Ribattezzato Lager d’Europa, il campo non dispone di elettricità. I rifugiati sono costretti a vivere in container o in tende di fortuna nel bosco circostante.

I servizi igienici sono minimi e pile di rifiuti sono sparpagliate qua e là.
La capienza arriva a un massimo di 600 persone ed è largamente superata dalla cifra di 4000 rifugiati. Questo impedisce un normale accesso ai servizi essenziali come le cure mediche e l’alimentazione.

Le condizioni di vita insostenibili generano continue risse.

“Non è in Siria o nelle moschee d’Europa che si coltiva il terrorismo, ma in campi come questo, dove le persone perbene, spaventate, vulnerabili vengono trattate come criminali, dove le loro identità vengono spazzate via giorno dopo giorno.”

I Dreamers. 

Nicolò non tollera i traumi che il campo infligge ai bambini.
Insieme a Sarah, una volontaria come lui, creano la classe dei Dreamers restituendo loro il diritto all’istruzione e un po’ di tranquillità nelle ore del mattino.

Intanto riceve una notizia: gli è stata assegnata una borsa di studio per un’università di New York. Il sogno che ha fin da bambino è ora a portata di mano: che fare? Come abbandonare adesso quei bambini che hanno bisogno di lui?
Nicolò resta. Resta per loro, per i suoi Dreamers.

“La classe ascolta ma, quando viene il momento di ricopiare le lettere sulla carta, realizzo che alcuni di questi bambini sono incapaci anche solo di tenere in mano la matita. Mi trovo davanti a una generazione di potenziali scienziati, artisti, dottori e ingegneri. Il pensiero che i loro talenti possano finire sprecati mi spezza il cuore.”

Via via l’operato di Nicolò diventerà sempre migliore fino a fondare Mazì, la prima scuola per bambini rifugiati.
Qui vengono insegnati inglese, greco, biologia, geografia, storia, cultura europea, musica, arte, falegnameria, danza e informatica.

L’incontro. 

In questo meraviglioso percorso la stella più in alto è forse rappresentata da Hammundi, un bambino rifugiato che ha perso la sua famiglia.

Hammundi è arrivato in Europa con lo zio e le sue cugine fuggendo dalla guerra.
I traumi si sommano lungo la sua piccola vita: la morte del padre, i bombardamenti, la fuga in Turchia e l’orribile traversata in mare.

Il campo non lo risparmia facendolo cadere nella trappola del fumo e dell’autolesionismo.

Nicolò non riesce a restare a guardare. Lo integra nella classe dei Dreamers prima e denuncia alle autorità la violazione dei suoi diritti poi.

Qui emerge tutto il marcio del sistema, comprendente l’amministrazione dell’hotspot, le grandi ONG e il governo greco.

Numerosi sono i report e le pressioni fatte dal giovane, ma dall’altra parte solo silenzio.

Il libro vuole fungere da denuncia nei confronti di tale indifferenza citando i responsabili, affinchè chi è lontano possa vedere e conoscere le problematiche che affliggono ogni giorno il piccolo universo del campo Samos.

Perchè acquistare questo libro?

 

 

Se credete che questo libro racconti una storia di volontariato vi state sbagliando.
Molto più semplicemente si tratta di una storia di persone vere, che hanno affrontato gli stessi dubbi e che hanno vissuto le stesse speranze che potremmo vivere noi.

La lettura non può che arricchirci, in quanto non finiremmo che conoscere un po’ noi stessi.

È la storia di qualcuno che ce l’ha fatta, e che puoi insegnarci cosa vuol dire amare il proprio sogno fino ad essere folli.

Il ricavato della vendita del libro sarà utilizzato per costruire una scuola per bambini profughi in Turchia.

Angela Cucinotta

Brescia Pride 2019

Un lungo corteo festoso e colorato ha attraversato le vie del centro storico della città per la seconda edizione del ”Brescia Pride”, la manifestazione nata per rivendicare i diritti per gli omosessuali.

All’incirca quindicimila persone che si sono ritrovate in piazza Vittoria da dove sono partiti verso le quattro di pomeriggio per fare ritorno due ore più tardi, per gli interventi dal palco.

Quest’anno la manifestazione è dedicata alla «voglia di agire e di essere ascoltati, facendosi sentire» sotto slogan #fuorilavoceAttesi per la chiusura del Brescia Pride i 200 percussionisti di Bsamba19 guidati dai sambisti Legau da Metro: il loro ritmo accompagnerà poi tutti verso il Carmine per il Rainbow Pride Party.

     Piero Cento

For Ever Karl: l’omaggio dedicato a Karl Lagerfeld

Da quando se n’è andato, il 19 febbraio 2019, Karl Lagerfeld ha lasciato un vuoto immenso e incolmabile nel mondo della moda e la moda ora vuole celebrarlo.

A cominciare dall’amica Carine Roitfeld, che lo ha sostituito alla direzione creativa del brand Karl Lagerfeld  e che pochi giorni fa – in occasione dell’amfAR 2019, evento di beneficenza che nel corso delle sue 25 edizioni ha raccolto oltre 220 milioni di dollari nella lotta contro l’AIDS – gli ha nuovamente dedicato un pensiero attraverso la sua pagina Instagram: “Karl, ci mancherai quest’anno all’amfAR”.

Ed è per questo che la moda intende rendergli omaggio attraverso una grande esposizione battezzata: “For Ever Karl”.

L’evento in sua memoria, annunciato in esclusiva dal magazine WWD, si terrà a Parigi all’interno del Grand Palais il 20 giugno 2019 durante la Paris Fashion Week dedicata alla moda Uomo.

Stando a quanto scrive WWD,  si creerà uno spettacolo durante il quale saranno proiettati video dello stesso Karl Lagerfeld e interviste delle persone che hanno avuto l’onore e il privilegio di lavorare con lui assieme a performance di ballerini, musicisti, cantanti e attori. Sarà un momento che non avrà nulla a che vedere con una commemorazione tradizionale, ma sarà una serata speciale che prevede 2.500 invitati che celebreranno il suo immenso talento e la sua incredibile umanità.

Il ruolo di Direttore creativo dell’intera mostra è stato assegnato a Robert Carsen il quale ha dichiarato su WWD:

“Ciò che maggiormente emerge quando si parla di Karl Lagerfeld è la sua capacità di aver sempre tirato fuori il meglio degli altri, tutte le persone che hanno lavorato con lui mi hanno detto quanto fosse estremamente gentile e incoraggiante.

Era attento a tutti. Mi ha molto commosso il fatto di essere stato chiamato a organizzare un evento di tale importanza.

Un grandissimo onore, ma anche una sfida enorme. Sappiamo della sua importanza per Chanel, Fendi, del marchio Karl Lagerfeld e Chloé, ma questo evento vuole celebrare anche Karl come uomo stesso, l’artista che era, anche se non gli piaceva affatto essere chiamato in questo modo”.

 

Andrea Sangrigoli

“Tutto è possibile… basta crederci” – intervista a Fabio La Rosa e Titti Mazza

“Tutto è possibile… basta crederci” è lo spettacolo teatrale che andrà in scena sabato 15 giugno ’19 alle ore 21:00 presso il Palacultura a Messina.

Promosso dall’associazione culturale teatrale “I giovani di Pirandello”scritto da Titti Mazza con la regia di Fabio La  Rosa, terzo spettacolo nella loro collaborazione, è caratterizzato dall’integrazione spontanea e completa tra ragazzi diversamente abili, operatori del settore e studenti del Dipartimento Cospecs dell’Università di Messina.
Uno spettacolo fondato sul corpo che domina il palco, che affronta temi delicati, quasi denunciando una società assente e molto più apparente, ancora utopica ed anacronistica.
Noi di UVM abbiamo avuto il piacere di assistere alle prove e scambiare quattro chiacchiere con loro.

©GiuliaGreco, Fabio La Rosa e Titti Mazza – Messina, 2019

“I Naviganti” ed il diritto alla felicità, “La libertà di essere folle” ed a breve “tutto è possibile…basta crederci”: c’è un filo che lega le storie dei tre spettacoli?

Titti: In effetti si e riguarda la dignità della persona, quello che sente di essere e di voler dimostrare senza il timore del giudizio, del peso della società.

Fabio: Il filo conduttore sicuramente è il viaggio. Gli spettacoli sono frutto di un percorso laboratoriale, non si tratta di un semplice spettacolo ma viene applicato un metodo ben preciso per affrontare l’avventura che vivono i nostri attori e poter sfruttare la forza che accumulano nella loro vita quotidiana. È un viaggio emozionale, già i titoli possono suggerire il movimento che si crea attraverso la fantasia, le emozioni ed il tempo.

Bene avete così anticipato la mia prossima domanda: leggendo mi sono incuriosita del vostro modus operandi, in che consiste il teatro emozionale?

Fabio: il teatro emozionale è un percorso particolare che unisce gli aspetti tecnici del teatro e il mondo della psiche. Parte da Grotowski (Jerzy Grotowski – regista teatrale polacco ndr), il quale affermava che il teatro deve essere povero e spoglio di scenografie e costumi, dando spazio all’anima dell’attore e quindi proprio questo è il fulcro: che cos’ha l’attore come arma per poter arrivare al pubblico? L’emozione, e proprio questa è qualcosa che non si può non avere, perché si nasce con i sentimenti, e chiunque li ha. Automaticamente se si punta sulle emozioni nessuno ne è deficitario, non si può parlare più di disabilità, anzi in questo caso i ragazzi diventano guida per gli operatori del settore perché loro sono in grado di vivere le emozioni allo stato puro.

Come è nata la vostra collaborazione?

Titti: la nostra collaborazione è nata per caso, diciamo: io ero nella giuria di un percorso teatrale, e Fabio fece uno spettacolo. Quando lo vidi ne rimasi particolarmente impressionata perché si percepiva una persona con un animo forte e peculiare, sia dal punto di vista lavorativo che umano.

Qual è il riscontro che vedete da parte del pubblico? E qual è la risposta della società al vostro lavoro…

Fabio: Chi viene a vedere lo spettacolo è sempre poco rispetto alle nostre aspettative, e non perché siano alte ma perché, sfortunatamente, ci si è un po’ più abituati a criticare che a vedere ed osservare. Credo che queste siano realtà che bisogna necessariamente vedere perché è difficile spiegare a parole il percorso affrontato ed i risultati raggiunti, vederlo con i propri occhi sicuramente è più esaustivo, si parla sempre di emozioni ed ognuno ha la propria percezione. Quando si spengono le luci sul palco chi è venuto a vedere lo spettacolo, spesso ci dice che non si è accorto dove fosse la disabilità degli attori, il che significa che il percorso effettuato riesce ad arginare il disagio che viene additato ricoprendolo della dignità che merita.

©GiuliaGreco – Attori dello spettacolo “Tutto è possibile… basta crederci” , Messina, 2019

 

 

Giulia Greco

WWF, allarme plastica: ne ingeriamo 5 grammi a settimana

Risultati immagini per ALLARME PLASTICA

Una nuova scioccante analisi sulla plastica rivela che ogni settimana l’uomo ne mangia circa 5 grammi, l’equivalente in peso di una carta di credito.

Il che, in media, equivale a oltre 250 grammi l’anno. Lo studio, commissionato dal Wwf, arriva dall’Università di Newcastle, a nord di Sydney in Australia.

L’invasione nella natura di micro particelle – che si diffondono nell’aria, nel suolo e nei mari – è acclarata da numerosi studi scientifici i quali, mentre si sta ancora indagando su eventuali effetti negativi sulla salute, hanno avvertito che finiscono anche nel piatto in cui mangiamo.

Ogni giorno facciamo “indigestione” di plastica con più di 100 minuscoli frammenti che ingoiamo ad ogni pasto e che arrivano anche da mobili e tessuti sintetici di casa e da materiali che si degradano.

Si sa che le materie plastiche sono in grado di assorbire anche agenti tossici e cancerogeni dall’ambiente. In merito a ciò uno studio dell’università Heriot-Watt di Edimburgo, ha quantificato fino a 68.415 fibre di plastica, potenzialmente pericolose, che finiscono nel nostro stomaco ogni anno.

La maggior parte delle particelle sono sotto i 5 millimetri di grandezza e molte si trovano nelle acque di tutto il mondo, da quella di superficie a quella nelle falde (negli Stati Uniti e in India ne sono state riscontrate il doppio rispetto all’acqua in Europa o in Indonesia).

Uno studio americano su undici marchi di acqua in bottiglia provenienti da tutto il mondo, ha mostrato il 93% è contaminato da microplastica con il polipropilene dei tappi presente più di altri materiali.

Gli alimenti in cui sono stati trovati più microframmenti sono frutti di mare, birrasale.

I risultati – spiega Marco Lambertini, direttore internazionale del Wwf – segnano un importante passo avanti nel comprendere l’impatto dell’inquinamento da plastica sugli esseri umani e devono servire da campanello d’allarme per i governi“. “È un problema globale – ha aggiunto – che può essere risolto solo affrontando le cause alla radice“, cioè “fermando i milioni di tonnellate di plastica che continuano a diffondersi nella natura.

E’ necessaria un’azione urgente a livello di governi, di imprese e di consumatori“. Ricordando che ogni anno finiscono negli oceani 8 milioni di tonnellate di rifiuti, di cui il 75% è costituito da plastica.

Lo studio australiano rileva anche il danno all’economia del mare stimato dal Programma per l’ambiente delle Nazioni Unite in 8 miliardi di dollari all’anno.

Questa è una delle tante conseguenze delle azioni scellerate dell’uomo, che imperterrito continua ad avvelenare se stesso, e quindi la natura che lo circonda.

 

Santoro Mangeruca

Serafino Gubbio nell’era della usability

Denuncia pirandelliana contro l’imperante alienazione tecnologica. Voto UvM: 4/5

 

 

 

È uno dei romanzi pirandelliani meno noti al grande pubblico, anno di pubblicazione 1951: “I Quaderni di Serafino Gubbio operatore”.

Eppure il lettore moderno, a distanza di più di cento anni, non può fare a meno di considerarlo estremamente attuale, vedendo tratteggiata nella storia di un operatore cinematografico temporalmente lontano la relazione che ogni nativo digitale del XXI secolo instaura con i propri strumenti tecnologici.

“La mia mano obbediva impassibile alla misura che io imponevo al movimento, più presto, più piano, pianissimo, come se la volontà mi fosse scesa – ferma, lucida, inflessibile – nel polso, e da qui governasse lei sola, lasciandomi libero il cervello di pensare, il cuore di sentire;”.

Era un bravo operatore Serafino Gubbio, preciso, competente, eccessivamente zelante, avrebbe continuato sempre a girare la sua manovella, qualsiasi cosa fosse successa.

Svolgeva il suo compito con quella carica di impersonalità e freddezza che lo legavano indissolubilmente alla macchina da presa, divenuta il “prolungamento del suo braccio”.

Vi ricorda forse qualcosa questo prolungamento? Ma la macchina non lo lasciava, si era impossessata di lui, lo aveva reso un automa incapace di distinguere tra vita e finzione, spettatore inerme e passivo della realtà registrata silenziosamente come fosse un artificio.

Proprio questo rovesciamento del rapporto tra oggetto e soggetto, tra uomo e macchina, appare terribilmente moderno.

“Fu profetico, un secolo fa Pirandello coi suoi Quaderni di Serafino Gubbio operatore. Quel legame ambiguo e estremo con la macchina, e la confusione tra vero e virtuale ci riguardano molto da vicino. Anzi troppo, da vicino.”

Lo scrive la giornalista e scrittrice Elvira Seminara, che chiarisce efficacemente le modalità e i rischi connessi al largo ricorso alla “usability”, imperante nell’era del web. Secondo la norma ISO, la più importante Organizzazione Internazionale per la Standardizzazione, bisogna intendere con il termine usability il “grado in cui un prodotto può essere usato da particolari utenti per raggiungere certi obiettivi con efficacia, efficienza e soddisfazione in uno specifico contesto d’uso”.

Apparentemente irrilevante, la usability incide profondamente sulla relazione sempre più intima e solida intrecciata con le nostre macchine, che ci dominano ed influenzano in un vicendevole scambio per cui “le usiamo e ne siamo usati”.

Il tipo di legame basato sulla usability è in fondo lo stesso già intuito un secolo fa da Pirandello, efficace, semplice, ma distruttivo, capace di rendere Serafino Gubbio indifferente a tutto, persino alla più atroce violenza.

Per comprendere quale importanza rivesta la usability nella nostra vita quotidiana, basta ricordare che in molte riviste è indicato sopra l’articolo anche il tempo di usability, cioè i minuti che servono per leggerlo, come se l’uso e la qualità del tempo non fossero una scelta personale.

Social dilaganti come Facebook rivelano il dominante controllo psichico esercitato da macchine intelligenti quali smartphones e computers, che non solo interagiscono con noi, ma irrompono persino nella nostra vita privata, indagano sulla nostra personalità, sui nostri desideri, sulle nostre abitudini. Attratti e dipendenti da esse, veniamo apaticamente addomesticati e privati di libertà e spontaneità, in cambio di serenità illusoria e visibilità.

Cediamo inconsapevolmente ad esse parte della nostra umanità e personalità, che vengono ingoiate senza pietà come accadde alla vita e alla voce tristemente spezzata di Serafino Gubbio.

E forse oggi, la società tecno-liquida, dominata da macchine avanzate e pronte a sostituirci, sta rispondendo all’angosciante dubbio espresso da Serafino: “La macchinetta – anche questa macchinetta, come tante altre macchinette – girerà da sé.”

Ma che cosa poi farà l’uomo quando tutte le macchinette gireranno da sé, questo, caro signore, resta ancora da vedere.”

Giusy Mantarro

Minibot: cosa sono e a cosa servono?

I minibot sono dei buoni ordinari del Tesoro di piccolo taglio da 5, 10, 20, 50 e 100 euro e verrebbero stampati fisicamente e sarebbero del tutto simili a delle banconote.

Privi di tasso di interesse e senza scadenza, verrebbero utilizzati per qualsiasi bene o servizio legato allo Stato, dalle tasse alle partecipate alla benzina ai biglietti dei treni.

I minibot serviranno a pagare i debiti della pubblica amministrazione  ha contratto con gli imprenditori che avevano deciso di investire nei titoli di Stato.

Questa introduzione sarà uno strumento per saldare i debiti della ed è uno dei cavalli di dell’asse Lega-cinque stelle .Questi buoni ordinari del tesoro, a differenza dei bot regolari, non sono immateriali, ma assomigliano piuttosto a una vera moneta cartacea . Quello che confonde gli analisti è che non si capisce se si tratti di uno strumento che consente un debito sul debito oppure qualcosa che in realtà sia il primo passo di una nuova moneta alternativa all’Euro.

Secondo il Presidente della Bce Mario Draghi  “O sono moneta, e quindi sono illegali, o sono debito, e quindi aumentano il debito pubblico. Nient’altro”.

  Fortunato Grillo

Messina e Reggio Calabria rifiutano il filosofo Aleksandr Dugin

L‘Università degli studi di Messina e il Consiglio regionale della Calabria hanno rifiutato di ospitare il filosofo russo Aleksandr Dugin, il quale avrebbe dovuto tenere il convegno “CIVITAS – Identità e Diversità”.

Quella a Messina sarebbe stata l’unica tappa siciliana di Dugin, filosofo, scrittore, politologo e promotore della ‘Quarta Teoria Politica’.

L’incontro avrebbe dovuto tenersi presso la Sala Cannizzaro del Rettorato dell’Università, ma l’Ateneo Peloritano ha successivamente deciso di non ospitare l’evento.

Il convegno è stato allora riprogrammato in una nuova sede, l’Hotel Royal, ma Dugin in seguito al rifiuto ricevuto dall’università ha deciso di tenere a Reggio Calabria la sua conferenza.

Ma anche questa scelta si è dimostrata fallace: il Consiglio regionale della Calabria ha chiuso le porte al filosofo.

Benedetta Sisinni