Erasmus+: il progetto THE + OF ERASMUS e il contest #scattaErasmus

La pandemia mondiale da Covid-19 che ha contraddistinto quest’anno, ha interrotto le attività professionali e accademiche in tutto il mondo, penalizzando inevitabilmente anche le attività degli studenti Erasmus e mettendo a dura prova lo svolgimento della mobilità tradizionale.

Il progetto THE + OF ERASMUS

In virtù di questo, l’Agenzia Nazionale Erasmus+ Indire in collaborazione con la Fondazione garagErasmus, rete professionale di Erasmus Generation, ha creato il progetto THE + OF ERASMUS: un pacchetto di servizi virtuali rivolto a tutti gli studenti internazionali incoming outgoing dell’a.a. 2020/2021.

Fonte: garagerasmus.org

Il progetto The + OF ERASMUS si pone l’obiettivo di ricreare quella condizione di socialità e inculturazione che sono state fortemente sfavorite fino ad ora a causa delle numerose restrizioni di viaggio, dei campus chiusi, delle classi d’istruzione miste e del distanziamento sociale.

Il tutto sarà totalmente gratuito.

Durata e svolgimento del progetto

Il progetto THE + OF ERASUM durerà fino a giugno 2021.

Le iniziative rivolte agli studenti sono:

  • Learning Garage:  amministratori delegati, imprenditori, esperti di risorse umane e specialisti del mercato del lavoro terranno lezioni interattive online. I relatori daranno importanti suggerimenti ai partecipanti su come approcciarsi al mercato del lavoro durante e dopo la pandemia;
  • Talents Match: questo programma prevede la creazione d’incontri tra imprese e giovani che saranno invitati in una stanza virtuale con ospiti internazionali;
  • Accelerator: in collaborazione con l’Istituto di Lingua Dante Alighieri di Recanati, si prevedono corsi di lingua italiana e webinar su cultura, usi e costumi, ad esempio: la base della lingua italiana e l’Italiano non parlato: i gesti.

Contest fotografico: scattaErasmus

L’1 dicembre 2020 l’Agenzia Erasmus+ Indire ha avviato, inoltre, un nuovo contest fotografico: #scattaErasmus.

Quest’iniziativa è stata creata per celebrare la conclusione del Programma Erasmus+ attraverso le foto, le didascalie e quindi le storie degli studenti che hanno beneficiato dell’ attività di mobilità dal 2014 fino al 2020.

L’iniziativa sarà pubblicata sulla nuova pagina ufficiale instagram: @Erasmus Indire, come inaugurazione di quest’ultima.

Come partecipare

Per partecipare al contest si devono seguire questi passaggi:

  1. Seguire @Erasmus_Indire su Instagram;
  2. Selezionare una foto di un momento particolare della propria esperienza Erasmus;
  3. Condividere l’immagine con l’hashtag #scattaErasmus ed una didascalia.

Il contest finirà il 15 gennaio 2021.

È invitato a partecipare tutto il mondo Erasmus: studenti universitari, professori, alunni delle scuole, insegnanti, dirigenti scolastici, formatori e professionisti che operano nell’educazione degli adulti.

I vincitori avranno un riconoscimento dall’Agenzia Nazionale Erasmus + Indire con interviste, gallerie fotografiche, post e dirette sui canali social dell’Agenzia per tutto il 2021.

Maria Cotugno e Giuseppina Simona Della Valle

 

Rosario Livatino verso la beatificazione, la Chiesa: “È martirio”

(fonte: grandangoloagrigento.it, it.wikipedia.org)

Si apre la strada alla beatificazione del magistrato Rosario Livatino, ucciso dalla mafia nel 1990 ad Agrigento a soli 38 anni.

A confermarlo il decreto riguardante “il martirio del Servo di Dio Rosario Angelo Livatino”, approvato da Papa Francesco ed emanato in data 21 dicembre 2020. Tale decreto accerta che l’assassinio sia avvenuto in odium fidei, cioè per via di un disprezzo della forte fede del magistrato, e che per questo debba ritenersi un martirio.

Ciò, nel moderno processo di beatificazione, apre una seconda via rispetto al procedimento che prevede la dimostrazione di miracoli avvenuti in vita.

La vita e l’attività contro la mafia

Rosario Livatino nacque nel 1952 a Canicattì, provincia di Agrigento, e studiò Giurisprudenza laureandosi col massimo dei voti. Durante la giovinezza visse attivamente in parrocchia e neanche da adulto perse la propria dedizione, fermandosi ogni giorno a visitare il Santissimo Sacramento mentre si recava a lavoro.

La sua perspicacia, l’ingegno e la capacità di comprendere le sottili logiche della Stidda (organizzazione criminale in azione nel territorio agrigentino, in contrasto con Cosa Nostra) gli permisero di arrivare ben presto a ricoprire il ruolo di Giudice della sezione penale del Tribunale di Agrigento.

Durante questo incarico si occupò, con varie sentenze, di colpire la Stidda tramite restrizioni di libertà e confische dei beni. Per tali motivi divenne un elemento scomodo, ma risultò determinante alla sua eliminazione il fatto che fosse «inavvicinabile, irriducibile a tentativi di corruzione proprio a motivo del suo essere cattolico praticante». Difatti, la forte incorruttibilità dovuta alla fede cattolica rappresenta il movente dell’omicidio.

Ciò che si legge nel decreto da poco emanato trova conferma anche nelle testimonianze degli assassini, in particolare quella di Gaetano Puzzangaro, uno dei killer mafiosi. È stato confermato l’odium fidei anche in base alle ricostruzioni dell’originale piano, che prevedeva che Livatino venisse ucciso davanti alla chiesa in cui era praticante.

(fonte:sikelianews.it)

Il martirio e le parole del Papa

Livatino venne invece ucciso il 21 settembre 1990 sulla strada statale 640 mentre si recava a lavoro, ad Agrigento, del tutto consapevole di quale sarebbe stato il suo destino. Il decreto sopracitato afferma che il magistrato sia giunto all’accettazione del possibile martirio tramite un percorso di maturazione nella fede. Ciò lo indusse a rifiutare la scorta e, come sostiene il decreto, forse anche le nozze.

L’acquisizione del titolo di Martire, così come di quello di Servo di Dio, sono il frutto di un lavoro lungo quasi trent’anni; un processo diocesano iniziato pochi anni dopo la morte del magistrato, nel 1993, con la raccolta di testimonianze e documenti che ne garantissero le fondamenta, e terminato nel 2018.

Già il Papa Giovanni Paolo II, durante il suo celebre discorso di condanna alla mafia del 1993, lo definì «martire della giustizia e indirettamente della fede». Papa Francesco (che già nel 2014 aveva scomunicato i mafiosi) affermerà nel 2019 che

Livatino è un esempio non soltanto per i magistrati, ma per tutti coloro che operano nel campo del diritto: per la coerenza tra la sua fede e il suo impegno di lavoro, e per l’attualità delle sue riflessioni.

(fonte:pinterest.it, ansa.it, it.wikipedia.org)

Oggi possiamo dire con certezza che Livatino fu senz’altro diretto martire della giustizia e della fede, due elementi che provò per tutta la vita a coniugare e praticare assieme. Così recita una sua riflessione, quotata anche da Papa Francesco:

Decidere è scegliere; e scegliere è una delle cose più difficili che l’uomo sia chiamato a fare. Ed è proprio in questo scegliere per decidere, decidere per ordinare, che il magistrato credente può trovare un rapporto con Dio. Un rapporto diretto, perché il rendere giustizia è realizzazione di sé, è preghiera, è dedizione di sé a Dio. Un rapporto indiretto, per il tramite dell’amore verso la persona giudicata. E tale compito sarà tanto più lieve quanto più il magistrato avvertirà con umiltà le proprie debolezze, quanto più si ripresenterà ogni volta alla società disposto e proteso a comprendere l’uomo che ha di fronte e a giudicarlo senza atteggiamento da superuomo, ma anzi con costruttiva contrizione.

 

Valeria Bonaccorso

Professori UniMe nella top 100.000 dei ricercatori mondiali

Uno dei criteri di fondamentale importanza nella valutazione di una Università e del suo prestigio è la ricerca, le cui qualità e quantità ci parlano sicuramente dello status dello stesso Ateneo.

E se è vero che a fine anno siamo tutti soliti tirare le somme del nostro operato, UniMe può essere più che soddisfatta! Infatti è stato pubblicato un recentissimo studio bibliometrico sulla rivista Plos Biology che classifica alcuni dei docenti dell’Ateneo messinese nella top 100.000 dei ricercatori mondiali.

Fonte: twitter.com/plosbiology

Lo studio bibliometrico

La bibliometria si occupa di analizzare quantità, qualità e diffusione delle pubblicazioni all’interno delle comunità scientifiche, sfruttando scienze matematiche e statistiche. Il suddetto lavoro  si basa sulla raccolta (a maggio 2020, con gli indicatori di citazioni standardizzati all’anno 2019) di informazioni dal database di ricerca scientifica mondiale Scopus. Questo vede coinvolti ben 7 milioni di scienziati provenienti da tutto il globo, suddivisi in 22 campi scientifici e 176 sottocampi. Ad effettuarlo, il prof. John Ioannidis (della Stanford University) con Kevin Boyack e Jeroen Baas.

UniMe in classifica

L’Ateneo Peloritano, in particolare, vanta 43 tra i migliori ricercatori al mondo per l’impatto scientifico dei loro studi durante la carriera (considerando un arco di tempo che va dal 1996 al 2019) e, di questi, lo studio firmato dalla Standford University inserisce nei primi 100.000 ben 13 professori UniMe: Salvatore Cuzzocrea, Gabriele Centi, Vincenzo Ficarra, Giovanni Neri, Sebastiano Campagna, Luigi Mondello, Antonio Persico, Gabriele Bonanno, Edoardo Spina, Salvatore Benvenga, Giovanni Raimondo, Joannes Christian Bart e Guido Ferlazzo.

Una seconda classifica prevede invece l’impatto degli studi soltanto nell’ultimo anno preso in considerazione, quindi il 2019, e vede in classifica 20 tra i professori dell’ateneo nei primi 100.000 a livello globale!

La notizia non può far altro che rendere fieri i diretti interessati, noi studenti che da loro apprendiamo e l’Università tutta. Il Magnifico Rettore Prof. Salvatore Cuzzocrea ha così commentato l’importante traguardo:

Anche questo risultato è frutto di un lavoro certosino fatto da tutta la Comunità Accademica per far crescere la qualità della ricerca. Come ho già detto in passato, nel complimentarmi con tutti i colleghi per questo eccellente riscontro, questo ci deve spingere a continuare a lavorare con passione e impegno per fare crescere sempre di più il nostro Ateneo. È un impegno preciso che ho assunto quando sono stato eletto e insieme a tutta la governance stiamo lavorando per qualificare sempre di più la ricerca, la didattica e i servizi. E anche la pandemia non ci ha fatto arretrare di un millimetro. Un grazie quindi ai docenti, ai ricercatori e a tutto il personale tecnico amministrativo per quanto hanno fatto e stanno facendo.

Giovanni Alizzi

Gli auguri del Magnifico Rettore alla stampa

Si è tenuto questa mattina alle ore 10 nell’Aula Magna del Rettorato l’incontro tra il Magnifico Rettore Prof. Salvatore Cuzzocrea e la stampa cittadina. Un’occasione quella di oggi, per porgere gli auguri dopo un anno particolarmente difficile, ma anche per riassumere i traguardi e l’impegno che l’Ateneo Peloritano ha messo al servizio della comunità non solo studentesca, ma anche cittadina. Segno di una istituzione universitaria che ha saputo reagire e rispondere alle difficoltà ed alle esigenze del periodo senza abbattersi.

Dopo un video introduttivo che ha ripercorso i momenti salienti di questo 2020, tappa dopo tappa, il Rettore ha consegnato 5 buoni creati con i soldi raccolti dall’iniziativa #donaunoradeltuolavoro a 5 enti cittadini, che li hanno ritirati personalmente tramite dei loro rappresentanti: la Comunità di Sant’Egidio, la Caritas, le Piccole Sorelle dei Poveri, la Croce Rossa Italiana, la Comunità di Sant’Antonio.

Significativa la frase scelta a chiusura del video, con le parole di Papa Francesco che rinvigoriscono quella speranza che i tempi hanno, forse, affievolito:

Colti da una tempesta inaspettata e furiosa, fragili e disorientati, ma importanti e necessari, siamo tutti chiamati a rimanere assieme. Restiamo uniti.

Siamo riusciti anche a scambiare due parole con il Rettore che, come sempre si è dimostrato disponibile.

Il Magnifico Rettore ai microfoni di UniVersoMe

Cominciamo con il farLe le nostre congratulazioni per il ruolo di Vicepresidente della Conferenza dei Rettori delle Università Italiane (CRUI) che Le è stato conferito giorno 16. Un traguardo importante che porta l’Università di Messina ancora di più in prima linea a livello nazionale. Che significato ha per l’Ateneo?

Essere prima stato eletto nella giunta della CRUI ed ora Vicepresidente è un segno di apprezzamento non soltanto per la mia persona, che sarebbe limitativo, ma per il lavoro fatto dall’Università di Messina, da Università siciliane e da quelle del sud Italia. I numeri dicono che stiamo lavorando molto bene e stiamo portando avanti dei risultati. Avere circa 8000 immatricolati non è qualcosa da poco, con un tasso che si avvicina, ad oggi, al + 30%.

Quello che sta per chiudersi è stato un anno particolarmente difficile per tutti, anche per l’Università che però ha saputo difendersi ed aiutare anche la comunità cittadina. Per gli studenti e per garantire la didattica a distanza, sono state acquistate lavagne multimediali, computer e attrezzature che hanno garantito e tutelato il diritto allo studio. Cosa auspica per il 2021?

La risposta più semplice e spontanea che posso dare è: la normalità. Trovarvi in aula, trovare gli studenti che possano usufruire delle aule che abbiamo allestito in maniera molto avanzata, poter accedere al campus che stiamo costruendo, è quello che spero, ma è chiaro che dobbiamo ancora aspettare. Sono convinto che saremo al fianco dei nostri ragazzi perché loro possano continuare ad inseguire i propri sogni nel modo migliore. Sono veramente molto orgoglioso dei miei studenti, di quello che hanno fatto e di come ha risposto tutta la comunità accademica. Non ci siamo difesi come Università, ma abbiamo fatto bene il nostro mestiere che è quello di formare i nostri ragazzi, seppur in modo strano.

Questo è sicuramente un Natale diverso, forse più vero, dove abbiamo riscoperto il piacere della famiglia, degli affetti, la difficoltà di non poter raggiungere i propri nonni, i propri anziani. Probabilmente meno amenità e più famiglia è quello che posso augurare a tutti. Perché l’Università è la seconda famiglia, la prima è quella a casa. Per cui un grosso abbraccio alle vostre famiglie ed un grazie particolare proprio a loro che ci affidano le vostre vite e il vostro futuro e che hanno creduto in noi e continuano a farlo.

Redazione UniVersoMe

Il Natale sempre più rosso sul calendario: lockdown nei festivi e prefestivi. Il 27 sarà il Vaccine Day

Sarà un Natale diverso quello che vivremo quest’anno. Lo immaginavamo già da tempo. Ieri sera, dopo giorni di incertezze, è arrivato il nuovo decreto legge a confermare i nostri timori.

L’Italia blindata nei giorni festivi e prefestivi, con restrizioni che ricordano il primo lockdown. Nei giorni lavorativi, invece, zona arancione.

Restrizioni e deroghe nei giorni rossi

La chiusura è dunque prevista dal 24 al 27 dicembre, dal 31 dicembre al 3 gennaio e il 5 e il 6 gennaio.

In questi giorni saranno vietati gli spostamenti tra regioni. Sarà possibile uscire soltanto per lavoro, salute e in altri casi di comprovata necessità. Chiusi negozi, centri estetici, bar, ristoranti, gelaterie e pasticcerie. Consentiti la consegna a domicilio e, fino alle 22, l’asporto. Aperti invece supermercati, negozi di beni alimentari e prima necessità, farmacie, edicole, parrucchieri e barbieri.

La risposta alla domanda che sta molto a cuore agli italiani: “Si potrà festeggiare il Natale?”, sembra essere no. Sicuramente i cenoni con parenti e amici, le grandi tavolate e le strade gremite quest’anno vivranno soltanto nei nostri ricordi. Nonostante ciò, grazie alle deroghe previste dal decreto, necessarie, come affermato ieri in conferenza stampa dal premier per “consentire quel minimo di socialità che si addice a questo periodo”, sembra ancora possibile salvare il Natale. Infatti, sarà permesso ospitare nella propria abitazione due persone non conviventi dalle ore 5 alle ore 22. Saranno esclusi dal computo gli under 14, le persone con disabilità e conviventi non autosufficienti. Inoltre, verrà consentito un solo spostamento al giorno verso le case di amici e parenti, sempre con autocertificazione. Insomma, sarà un festeggiamento all’insegna dell’intimità e della tranquillità.

Deroghe previste anche per l’attività motoria che sarà consentita nei pressi della propria abitazione e all’aperto ma in forma individuale.

Restrizioni nei giorni arancioni

Misure meno restrittive saranno invece applicate nei giorni 28, 29, 30 dicembre e 4 gennaio, in cui l’intero territorio nazionale sarà zona arancione. Saranno consentiti gli spostamenti all’interno del proprio comune e dai piccoli comuni, cioè quelli con un numero di abitanti inferiore o uguale a 5000, in un raggio di 30 km. Tuttavia, non sarà possibile raggiungere i comuni capoluoghi di provincia. Resteranno chiusi bar e ristoranti con asporto consentito fino alle ore 22 e consegne a domicilio senza restrizioni. I negozi saranno aperti fino alle ore 21. Resta valido il coprifuoco alle ore 22.

Provvedimenti previsti dal decreto per le feste natalizie – Fonte: www.ansa.it

Una scelta sofferta ma necessaria

È stata una scelta sofferta, lo ha dichiarato Conte in conferenza stampa. Una scelta influenzata dalla preoccupazione del Comitato tecnico-scientifico per la possibile impennata della curva dei contagi nel periodo natalizio, soprattutto visti gli assembramenti degli ultimi giorni. È un momento cruciale in cui non sono permessi errori. Lo si comprende bene dalle parole di Provenzano, il ministro per il Sud e la coesione territoriale:

“Non possiamo permetterci una terza ondata perché gennaio e febbraio dobbiamo dedicarli alla vaccinazione e alla riapertura delle scuole”.

Questo è stato ribadito anche dal commissario straordinario Domenico Arcuri:

“Sarebbe complicato iniziare la campagna vaccinale con un nuovo incremento di contagi”.

Insomma, ci sono delle priorità che hanno reso necessario sacrificare il Natale. Del resto, gli ultimi dati sui contagi non sono rassicuranti. Ieri sono stati individuati 17.992 nuovi casi su 179.800 tamponi effettuati e 674 vittime. La trasmissione dell’infezione sta riprendendo quota, come emerge dalla dichiarazione del presidente dell’Istituto superiore di sanità Brusaferro:

“Abbiamo un Rt che cresce e in alcune regioni cresce di più e supera l’1. Rt è il primo indicatore a muoversi e poi viene seguito da nuovi casi, ricoveri e decessi”.

Le regioni con Rt pari o superiore a 1 sono il Molise, il Veneto e la Lombardia. I valori più bassi sono stati registrati in Valle d’Aosta e Campania con 0.63.

Bollettino Covid del 18 Dicembre – Fonte: www.chedonna.it

Il decreto Ristori

Accanto alle restrizioni, il nuovo decreto prevede un intervento economico a favore dei lavoratori più sacrificati dalla stretta natalizia.

“Comprendiamo le difficoltà economiche e comprendiamo l’ulteriore sacrificio degli operatori coinvolti direttamente da queste misure. Siamo al loro fianco”, ha detto Conte.

Il provvedimento dispone 645 milioni per ristoranti e bar costretti alla chiusura. Il premier rassicura che ci saranno benefici anche per gli altri operatori.

Teresa Bellanova coglie la palla al balzo e non perde l’occasione per mettere in risalto i meriti di Italia Viva:

“Dopo la nostra sollecitazione, è stata accolta in Consiglio dei ministri la proposta di stanziare subito ristori per i bar e ristoranti che devono chiudere per effetto delle nuove misure del governo”.

In attesa del vaccine day

Fonte: www.vecteezy.com

Tra regali di Natale e panettoni, restiamo intanto in attesa del 27 dicembre, il vaccine day, cioè il giorno in cui avrà inizio la campagna vaccinale in alcuni Paesi europei, simbolo dell’unione dell’Europa nella lotta contro la pandemia. Come comunicato ieri da Domenico Arcuri durante l’incontro tra Governo e Regioni, in Italia, il 26 dicembre arriveranno allo Spallanzani 9750 dosi di vaccino Pfizer. Il giorno dopo raggiungeranno i punti di somministrazione delle Regioni. Le regioni che riceveranno più dosi per questa prima inoculazione sono la Lombardia con 1620 dosi, l’Emilia Romagna con 955, il Piemonte con 910 e il Veneto con 875.

Dal 28 avrà inizio  la distribuzione ordinaria. È previsto un invio alla settimana in quantità sufficiente alla somministrazione delle due dosi da assumere entro i termini stabiliti. Le prime dosi verranno spedite da Pfizer nei punti provvisti di celle frigo, necessarie per la conservazione del principio attivo del vaccino. Laddove non si è ancora attrezzati, le dosi saranno inviate nei presidi ospedalieri più vicini.

Non ci sarà un obbligo di vaccinazione. Verranno vaccinati per primi gli operatori sanitari e sociosanitari, gli ospiti e il personale delle residenze per anziani. Alcune settimane dopo la prima fase di vaccinazione, ci sarà il richiamo per i primi vaccinati e si inizierà a somministrare le dosi alle categorie più fragili.

La notizia del vaccine day in Europa e quella dell’approvazione della Fda americana, giunta nelle ultime ore, al vaccino di Moderna ci fanno sperare e sognare il momento in cui questo incubo avrà fine.  Fino a quel momento non possiamo non mantenere cautela e prudenza.

“Dobbiamo ancora rimanere concentrati, non abbassare la soglia di attenzione”, esorta il premier.

Chiara Vita

 

Il diritto di contare: quando il “limite” è solo nella formula

Nuovo incontro in collaborazione con l’associazione AEGEE-Messina per il cineforum #socialequity: il film della settimana è la pellicola del 2016 di Theodore Melfi, Il diritto di contare (Hidden Figures).

Voto UVM: 5/5; una pellicola che pur trattando tematiche importanti è scorrevole e mai banale

Ispirandosi a tematiche di equità sociale, il film racconta la vera storia di Katherine Johnson (conosciuta anche come Katherine Gobble) che con l’aiuto delle proprie amiche, negli anni ’60, lotta contro le mille discriminazioni subite in ambiente lavorativo (e non) per poter esercitare i propri diritti. Tra tutti, quello di contare: ossia quello di vedersi riconosciute le proprie capacità, il proprio potenziale, ma anche e soprattutto quello di essere considerata al pari dei propri colleghi.

Magistrali le interpretazioni di Taraji P. Henson, Octavia Spencer e Janelle Monáe, affiancate da Kevin Costner, Kirsten Dunst e Jim Parsons.

(paoline.it)

La trama

Il film si apre con un salto negli USA del passato, mostrando una Katherine (Taraji P. Henson) in tenera età che studia presso un istituto per sole persone di colore (termine che con accezione dispregiativa veniva utilizzato per indicare la gente afroamericana). Sono gli anni della segregazione razziale e avranno fine solo decenni dopo. La bambina si distingue per le eccezionali doti matematiche, che le garantiscono di poter studiare nei migliori istituti.

Tornati al presente (nel 1961) Katherine ha trovato occupazione come addetta calcolatrice presso gli uffici della NASA assieme alle amiche Dorothy Vaughan (Octavia Spencer) e Mary Jackson (Janelle Monáe). Queste ultime – come la protagonista – aspirano entrambe a degli incarichi più alti ed adatti alle loro capacità ma che tuttavia non riescono a raggiungere, per via delle diffuse discriminazioni razziali dell’epoca.

Una svolta si ottiene in seguito alla promozione della protagonista, ammessa a lavorare per la Space Task Group. Quest’ultima, nata in occasione della “corsa allo spazio” contro i sovietici, mirava a mandare un uomo in orbita prima dei russi, ma come sappiamo, il primato è di questi ultimi che lanciarono in orbita di Yuri Gagarin nel 1961.

Da qui, molte sfide incroceranno i destini delle tre donne, che dovranno fare i conti con un computer IBM 7090 – che minaccerà il lavoro di molte addette del settore calcoli – e con una licenza d’ingegneria ottenibile soltanto frequentando dei corsi (presente in un istituto per soli bianchi).

(blog.screenweek.it)

«Un passo avanti per tutte noi»

La pellicola richiama un periodo di forte sofferenza per tutte le donne nere, riuscendo a mettere in luce una discriminazione subita a trecentosessanta gradi: intanto perché nere e successivamente perché donne. Le oppressioni che si riverberano nella vita di queste tre donne geniali ci mettono di fronte ad un grande quesito: dove saremmo oggi se il talento di molte di queste persone non fosse andato sprecato per stupide e immotivate discriminazioni razziali?

La particolarità di questo film è che, pur essendo ispirato alla lotta per i diritti civili, non ritrae enormi gesti clamorosi ed eroici: si tratta di persone che riescono a farsi strada grazie alle proprie armi e nello specifico quelle della mente.

E non è perché indossiamo le gonne… è perché indossiamo gli occhiali!

Questo è ciò che afferma la protagonista Katherine mentre passeggia col Tenente Jim, il quale mostra alcuni segni d’incertezza all’idea che una donna possa occuparsi di “cose così complicate”.

(comingsoon.it)

I vari volti dell’oppressione

Da qui, si evincono le oppressioni ricevute non solo dagli oppressori bianchi, ma per giunta dagli uomini neri che stanno al loro fianco. Tale caratteristica viene pienamente impersonata dal marito dell’amica Mary, il quale vorrebbe che lei fosse più presente a casa e la intima a non accettare le «concessioni dei bianchi, perché i diritti si dovrebbero pretendere». Una voce molto più radicale, che tuttavia investe il libero arbitrio dell’aspirante ingegnere. Ciò, tuttavia, non la fermerà dallo scegliere la strada più adatta a sé.

E ancora, naturalmente, non manca l’oppressione da parte di altre donne: la responsabile del reparto in cui lavorano le tre addette, interpretata da Kirsten Dunst, abbraccia il proprio ruolo di antagonista bloccando continuamente la strada a Dorothy che aspira a ricevere il ruolo di responsabile permanente.

Molti saranno gli ostacoli, molte le umiliazioni che si porranno sul cammino delle tre matematiche: a partire dalle difficoltà di trovare un bagno per gente di colore, passando per i famosi autobus coi posti a sedere per soli bianchi.

(rsi.ch)

Una valutazione finale

Insomma, un tripudio di tematiche che se non fossero state gestite con la massima serietà ed accuratezza avrebbero potuto mettere a rischio il film: fortunatamente quella che ci è stata servita è una pellicola seria ma leggera, dalla vena ironica (il classico “si ride per non piangere”) che coinvolge, che ci fa entrare nel mondo di una donna afroamericana negli anni ’60.

Riuscendo nell’intento, questo lungometraggio è riuscito a guadagnarsi varie candidature agli Oscar, tra cui quella a Miglior film, a Migliore attrice non protagonista (per Octavia Spencer) e quella a Migliore sceneggiatura non originale.

Una storia non certo facile da raccontare, ma da cui le giovani donne nere di oggi possono trarre ispirazione ed un sospiro di sollievo nel vedersi rappresentate. E questa componente non va affatto sottovalutata.

 

Valeria Bonaccorso

“Cinema e consumi”. Uno sguardo nuovo al mondo dei film

Si è svolto ieri 15 dicembre, il workshop di presentazione del PRIN (Progetto di Ricerca di Interesse Nazionale) “Il pollo ruspante: il cinema e la nuova cultura dei consumi in Italia (1950-1973)” , coordinato da Federico Vitella, Professore Associato di Storia del Cinema al COSPECS (Dipartimento di Scienze Cognitive, Psicologiche, Pedagogiche e degli Studi Culturali) dell’Università di Messina. Il seminario si è svolto interamente online dalle ore 10 alle 13 circa sulla piattaforma Zoom e in contemporanea in diretta Facebook e ha visto la partecipazione del CUC (Consulta Universitaria del Cinema) e il patrocinio dell’AIRSC (Associazione Italiana per le Ricerche di Storia del Cinema).

Locandina dell’evento. Fonte: consultacinema.org

Continua a leggere ““Cinema e consumi”. Uno sguardo nuovo al mondo dei film”

Cesare Cremonini e il suo mostro: quando camminare e scrivere ti salvano

Il cantante “eterno adolescente” racconta la sua lotta contro la schizofrenia, la continua frustrazione di non riuscire a dargli un nome, la successiva scoperta e la sconfitta del mostro.

Chi è Cesare Cremonini?

Nasce a Bologna nel 1980, precisamente il 27 marzo. Sviluppa sin da piccino un’innata passione verso la musica classica e all’età di sei anni per la prima volta si approccia al pianoforte, strumento che è diventato il suo miglior amico lungo la sua carriera. Frontman e autore dei pezzi più importanti del gruppo dei Lùnapop nel 1999 e successivamente cantante solista dal 2012 ad oggi. Quant’è strano credere che Cesare Cremonini abbia sofferto di schizofrenia?

Cesare si spoglia di tutte le sue paure e decide di raccontarsi, affermando infine di aver sconfitto quel mostro che lo tormentava e “premeva sul petto” nel 2017. Ne parlerà anche in una canzone nell’album Possibili Scenari: in Nessuno vuole essere Robin (2018) afferma di aver rischiato in qualche modo la vita, come se una pallottola lo avesse sfiorato.

La canzone è volta a raccontare la paura di essere fragili, vista come una spinta attiva su cui combattere per costruire qualcosa di nuovo. All’interno continua a scrivere pensieri molto intimi seguiti dal forte desiderio di cambiare il presente e ricominciare.

fonte: corriere.it

Let them talk

Nella maggior parte dei casi, un individuo che soffre di schizofrenia è accompagnato da voci che gli altri non possono sentire.

Ancora oggi, Cremonini racconta di riuscire a udire quelle strane e inquietanti voci sussurrare dietro il suo orecchio o chiacchierare tra di loro, ma come gli disse il suo psichiatra «Let them talk», lasciali parlare. Di fronte alla sua voglia di raccontarsi e di raccontare il difficile percorso riabilitativo anche ai suoi fan, Cesare decide di scrivere e pubblicare il proprio libro il primo Dicembre 2020 dal titolo Let them talk, chiaro invito rivolto al lettore al fine di entrare nella sua sfera personale e di rivivere insieme a lui ricordi e suggestioni.

“Questo libro non cercherà di raccontare le mie diversità, ciò che mi rende unico per i dolori vissuti o per le fortune e i successi. Al contrario. Questo libro è nato, come tutte le mie canzoni, per far incontrare, e stringersi in un abbraccio, la mia storia con le storie di chi vi entra o ci passa accanto per caso.”

I brani musicali fanno da filo conduttore lungo tutte le 228 pagine.

 

Let them talk: copertina. Fonte: tg24.sky.it

Il mostro

In un’intervista rilasciata al Corriere della Sera, il cantante ripercorre il lungo viaggio all’interno dei suoi anni più difficili partendo dall’incontro con lo psichiatra che afferma sia avvenuto in maniera casuale dopo aver accompagnato un suo amico. Continua dicendo:

“Poi gli raccontai di me, di quel che provavo. I sintomi crescenti. La sensazione fisica di avere dentro di me una figura a me estranea. Quasi ogni giorno, sempre più spesso, sentivo un mostro premere contro il petto, salire alla gola. Mi pareva quasi di vederlo. E lo psichiatra me lo fece vedere. L’immagine si trova anche su Internet. “È questo?”, mi chiese. Era quello”

Lui lo descrive come un «mostro con gambe corte e appuntite» che imperterrito e senza pace continuava a salire lungo la schiena, il petto e premeva contro la gola. La sensazione era quella di condividere involontariamente ogni giorno la propria vita con una figura orribile e deforme. Quando lo psichiatra mise su carta i suoi incubi e quell’oscura creatura, non ci furono dubbi

“È questo?” chiese.
“Si, è questo” risposi.

Era chiaro, si trattava di schizofrenia. Il disturbo prendeva vita in quel caso come una sorta di allucinazione che veniva dall’interno, un’immagine proveniente dal subconscio dove aveva messo radici e si aggirava quasi come se quella fosse casa sua.

Il mostro della schizofrenia. Fonte: corriere.it

La rinascita

Lo specialista spiega che la causa scatenante della schizofrenia, in quel caso, era data dal lavoro e dallo stress accumulato: i giorni chiusi in studio, lo stile di vita poco sano, due anni di ossessione – che lo stesso cantautore definisce – feroce per la musica.

Superai i cento chili. Non facevo più l’amore, se non da ubriaco. Avevo smesso qualsiasi attività fisica.”

Nella sua intervista, Cremonini afferma che la cura al suo disturbo psichico sia stata la camminata, aver percorso per tanto tempo diversi km in montagna ogni volta che il mostro urlava nelle sue orecchie. E lo racconta così:

“Quando sento il mostro borbottare, mi rimetto in cammino. Su una collina, in montagna. Sono tornato dallo psichiatra alla fine del primo tour negli stadi. Mi ha chiesto se vedevo ancora i mostri. Gli ho risposto di no, ma che ogni tanto li sento chiacchierare. E lui: “Let them talk”…”

 

Annina Monteleone

Oggi Conte al Consiglio europeo: il via alla riforma sul Mes. Ancora contrasti sul Recovery Plan

Una settimana impegnativa per il premier Conte, che tenta di tenere il timone dell’Italia destreggiandosi tra il controllo della pandemia, i conflitti per la gestione del recovery fund e lo scompiglio causato dalla riforma sul Mes approvata ieri in Parlamento. Quest’ultima sarà al centro del Consiglio Europeo che si terrà oggi e domani a Bruxelles, durante il quale Conte darà il via libera alla trasformazione apportata proprio da tale riforma all’economia europea.

Che cos’è il Mes? Che cosa prevede la riforma?

Il Mes, ovvero il meccanismo europeo di stabilità, è uno strumento nato nel 2012 per contrastare una possibile crisi del debito dei paesi dell’Unione Europea che hanno adottato l’euro come moneta. Il Mes ha una dotazione complessiva di 700 miliardi di euro, è finanziato direttamente dai singoli Stati membri in base al loro specifico peso economico ed è gestito da un’apposita struttura che ha sede a Lussemburgo. Il Paese in crisi, per ottenere un aiuto, deve accettare un piano di riforme la cui applicazione è sorvegliata da Troika, un organismo costituito dalla Commissione europea, dalla Banca centrale europea e dal Fondo monetario internazionale. Il piano prevede pesanti tagli alla spesa pubblica.

La riforma del Mes, approvata ieri dal Parlamento italiano, prevede tre cambiamenti importanti. Per ottenere un prestito non sarà più necessario sottoscrivere un accordo di riforme impopolari, ma sarà sufficiente una lettera di intenti. Il fattore limitante è che tale regola vale solo per quegli stati che rispettano i parametri di Maastricht.

Inoltre, la riforma tenta di rendere più facile la ristrutturazione del debito pubblico di un paese che chiede aiuto al Mes. Ristrutturare il debito pubblico significa concordare una riduzione del valore del prestito fatto allo stato, il che, per i creditori, vuol dire perdere parte del loro investimento nel momento in cui scatta il pacchetto di aiuti. La riforma introdurrebbe le single limb Cacs, cioè un particolare tipo di titoli di stato che permettono una ristrutturazione tramite un solo voto dei creditori, rendendo le procedure meno complesse. Il timore è che i creditori, consapevoli della possibilità per i debitori di restituire meno di quanto dato in prestito, chiedano interessi più alti, soprattutto agli stati più a rischio, come l’Italia.

La riforma sostiene anche l’anticipazione al 2022 del «backstop» al Fondo unico di risoluzione per le banche. Con backstop si intende la protezione delle banche in dissesto grazie alle risorse provenienti dal Mes.

I contrasti sul Mes hanno avuto come sfondo lo scontro tra europeisti e antieuropeisti. Gli oppositori intravedono nella riforma il pericolo di una forte ingerenza dell’Europa nella politica italiana. Emerge questo dalle parole di Giorgia Meloni:

Il Mes non è uno strumento utile per l’Italia ma un atto di sottomissione al controllo della burocrazia europea”.

Nonostante le avversioni, la riforma ha ottenuto il via libera, ieri in Parlamento, con 156 favorevoli. Entusiasta il ministro dell’economia e delle finanze Roberto Gualtieri:

Grande soddisfazione per il voto di oggi di Camera e Senato. È un’importante conferma della coesione della maggioranza su un chiaro indirizzo europeista e del lavoro positivo svolto dal governo in Europa”.

Il ministro Roberto Gualtieri – Fonte: www.policymakermag.it

 

Il Recovery Plan

Disinnescata la mina del Mes, la maggioranza è invece in fibrillazione sul Recovery plan, il progetto nazionale di gestione del fondo per la ripresa dei paesi europei maggiormente colpiti dal Covid.

Per quanto riguarda i settori di impiego del finanziamento, la domanda guida del progetto proposto da Conte, così come affermato da lui stesso, è stata: “Che paese vorremmo tra dieci anni?”. Il premier guarda al futuro fiducioso di recuperare il ritardo dell’Italia, soprattutto in alcuni settori, rispetto agli altri paesi europei. Le valutazioni dei tecnici del Tesoro lasciano sperare: secondo le previsioni, se il Recovery Plan funzionerà, tra sei anni il Pil italiano sarà più alto di oltre 40 miliardi. Stando al progetto,74,3 miliardi saranno assegnati al green, 48,7 miliardi alla digitalizzazione, 27,7 miliardi alle infrastrutture, 19,2 miliardi ad istruzione e ricerca, 17 miliardi a parità di genere, coesione sociale e territoriale, 9 miliardi alla salute.

Come verrà gestito il Recovery Fund – Fonte: www.genteditalia.org

 

Il Recovery Fund in Sicilia

“Un’occasione unica per riequilibrare il divario tra nord e sud”,

vengono visti in tal modo, dall’assessore all’economia Gaetano Armao, i 20 miliardi che toccano alla Sicilia. Secondo le previsioni della bozza di Conte, il prodotto interno lordo della nostra isola aggiungerà un 4,67% alle stime per il 2021.

Gaetano Armao – Fonte: www.siciliaunonews.com

La bozza del premier delude, tuttavia, la giunta regionale siciliana: non è menzionato né il Ponte sullo Stretto richiesto dal centrodestra, né l’aeroporto intercontinentale che il governo Musumeci vorrebbe realizzare a Milazzo.

Si punta invece alla tutela del patrimonio culturale, alla riduzione del divario sociale, al potenziamento delle due zone economiche speciali, quella occidentale che include parte di Palermo e Trapani, quella orientale che ingloba Enna, Messina e Siracusa. Importante l’intervento sulle ferrovie: l’investimento di 6,8 miliardi permetterà ai treni del triangolo Palermo, Messina, Catania di raggiungere una velocità di 160 chilometri orari.

La frattura della compagine governativa

La questione che ha lacerato il governo è quella della cabina di regia, cioè degli organi a cui è affidata la gestione dei 209 miliardi che spettano all’Italia. La proposta del premier prevede la presenza di un comitato esecutivo composto, accanto a Conte, da Gualtieri e da Patuanelli e una task force di sei manager nominati da lui stesso. Il piano punta anche sulla collaborazione di un “comitato di responsabilità sociale, composto da rappresentanti delle categorie produttive, del sistema dell’università e della ricerca” che possa dare pareri e suggerimenti.

Il no alla bozza del progetto del premier è arrivato soprattutto da Italia viva, il cui leader, Matteo Renzi minaccia: “Io mi sgancio” evocando la crisi del governo. Agli occhi di Renzi, la proposta di Conte priverebbe ministri e regioni di potere decisionale in un progetto che influenzerà il futuro dell’Italia.

Questa struttura esautora non solo i ministeri, ma anche le Regioni e in sostanza l’intera Pa, mentre il Recovery deve rappresentare una straordinaria occasione di rinnovamento e innovazione della pubblica amministrazione”.

Decisa la renziana Teresa Bellanova che, tra l’altro, Italia Viva avrebbe voluto includere nel triumvirato incaricato di gestire il Recovery incontrando, tuttavia, l’opposizione del partito democratico che non intende cedere alle pretese di Renzi. Dure le parole del ministro Peppe Provenzano:

Già abbiamo Orban che frena. Dividerci anche tra noi per ragioni di visibilità sarebbe molto grave”.

Conte risponde agli attacchi assicurando che la struttura del Recovery plan non priverà i ministri del potere:

la responsabilità rimane sempre nel governo perché servirà l’autorizzazione del Consiglio dei Ministri”.

Oggi Conte al Consiglio europeo

La questione del Recovery Fund è ancora tutta da risolvere. Gli scontri in Italia preoccupano l’Unione Europea: il nostro paese è quello a cui spettano più fondi e, di conseguenza, è necessario un progetto forte ed efficace. Il tempo a Bruxelles stringe: la commissione europea spinge affinché il piano venga approvato e mandato all’Ue, così da metterlo in atto nel minor tempo possibile.

Conte a Bruxelles – Fonte: it.notizie.yahoo.com

Oggi, dunque, si prospetta per Conte un’aria tesa a Bruxelles. Accanto al Mes e al Recovery Fund, sul quale, così come affermato ieri in Parlamento dal premier, si intravede uno spiraglio nel negoziato con Polonia e Ungheria, terranno impegnato il vertice dei leader del Consiglio europeo anche altre importanti questioni: la Brexit, il green deal e i rapporti con la Turchia.

Chiara Vita

A Gazzelle, il più Indie di tutti

Nello scrivere seguendo le «intermittenze del cuore» Flavio Pardini, in arte Gazzelle, è riuscito a creare un impero; nello scenario della musica italiana – ora più variegato che mai – la musica indie si fa sempre più preponderante e lui ne è uno degli esponenti più apprezzati. Il cantautore originario della capitale ha incantato milioni di ascoltatori con i suoi brani e la loro magia, mescolando vari stili della grande musica del passato e sintetizzando tutto in semplici melodie e ritornelli orecchiabili: un mix perfetto.

In occasione del suo compleanno, vogliamo rivedere (e ovviamente riascoltare) le canzoni più belle, quelle che l’hanno fatto entrare nelle top playlist di Spotify e soprattutto nella nostra vita.

Di me volevi solo te – Quella te (2016)

Questo brano è stato l’esordio dell’artista: un giovane che cantava nei bar di Roma camuffando il volto, nascondendo gli occhi dietro un paio di occhiali e indossando un cappellino con la visiera. Ha destato subito l’attenzione della critica ed ha cominciato la sua carriera con questa canzone, che poi diventerà parte di “Superbattito”, il suo primo album. 

Quella te è un brano molto anni 90 – come parte della discografia di Flavio – che racconta di una storia d’amore con nostalgia e con un pizzico di rabbia.

Screenshot del video ufficiale, fonte: wikipedia

«Quella te che rideva» potrebbe essere chiunque: potremmo essere noi o potremmo cantarlo a qualcuno; la magia del pezzo sta nel fatto che il soggetto del testo non ha una vera identità, si adatta ai vari momenti e ai vari protagonisti della nostra vita.

E io che come al solito fraintendo – Nero (2017)

Nero è uno dei singoli più ascoltati dell’autore (soprattutto dalla sottoscritta) e sembra essere un urlo di speranza.

Dal titolo non si direbbe, ma in realtà cela la consapevolezza che c’è sempre qualcosa di bello nonostante tutto; di certo Gazzelle non si risparmia nel descrivere le situazioni peggiori e ognuna di queste – ancora una volta – rappresenta qualcosa nella vita di chi la ascolta.

E non crescono i fiori, è vero, dove cammino io // Ma nemmeno è tutto nero

Screenshot del video ufficiale, fonte: wikipedia

La malinconia sfocia in speranza e il ritornello è così orecchiabile da rimanere stabilmente in testa.

Ti ricordi di me? – Scintille (2018)

Il 2018 è l’anno di un artista più maturo e il nuovo disco “Punk” sancisce un periodo molto attivo, con nuove produzioni e con concerti in tutta Italia, ma soprattutto con un massiccio aumento di ascolti.

In Scintille, Gazzelle canta come se stesse guardando se stesso nel passato:

Ti ricordi di me? […] // Io mi ricordo e lo sai, pensavo fosse amore invece erano guai

Screenshot del video ufficiale, fonte: wikipedia

Parla a se stesso o parla a qualcun altro? Beh, sicuramente ad ognuno la sua interpretazione, ma è certo che ogni strofa diventa indelebile dopo averla ascoltata. Delicato ma forte riesce ad adattarsi ad ogni sensazione; brano che durante i suoi concerti ha fatto illuminare gli spalti e cantare a squarciagola tutti gli spettatori, creando un’atmosfera unica.

Quando la luce s’infrange sopra le tue guance – Una canzone che non so (2019)

In “Post-Punk” Flavio arricchisce l’album precedente con quattro canzoni, tra le quali Una canzone che non so. Con un piano d’accompagnamento ed una chitarra che sottolinea i momenti più forti del testo, questo brano ha ottenuto subito grandi consensi.

Il video dà un volto ai protagonisti di questa storia ma le parole sembrano essere quelle di ognuno di noi (pensate o dette almeno una volta nella vita):

Che ti ricordi di me, lo so // Ma solo quando non ti calcolo

Screenshot del video ufficiale, fonte: wikipedia

Sembra quasi cercare una spiegazione per chiudere una storia o per dare un senso ad una rottura; quindi ci pone dalla parte di chi deve capire qualcosa e riapre la possibilità a nuove interpretazioni anche delle proprie esperienze.

E fermati qui e resta così – Scusa (2020)

Quest’ultima uscita è quasi un regalo che ci ha fatto alla conclusione di questo 2020.

Scusa (insieme a Lacri-ma e Destri) è una canzone che sarà parte di un nuovo album di cui non è nota la data di uscita o il titolo ; Gazzelle, in una intervista per Rockol, spiega: «Con le nuove canzoni ho recuperato i Nirvana: volevo fare qualcosa che fosse orientato verso una sorta di grunge, ma in chiave moderna».

Ancora una volta si riconferma il genio di Flavio: Scusa è una poesia; un testo capace di premere quei tasti giusti per emozionare ed eventualmente riaprire delle ferite passate.

Copertina ufficiale, fonte: YouTube

Anche grazie al bellissimo accompagnamento musicale, questo brano ha avuto un successo clamoroso; rimane impresso in mente e forse anche nel cuore di chi la ascolta:

E sarò io, e sarai te // L’unica cosa al mondo da non perdere

 

Cos’altro dire? Avremmo potuto parlare di ogni brano, dello stile che oscilla sempre tra una ballata d’amore e di malinconia, ma che riesce ad estrapolare qualcosa in più ogni volta; riesce a dare tono e forma ad alcune emozioni e lo fa sempre in maniera diversa.

Flavio, ti ringraziamo per tutte le lacrime che ci hai fatto versare e per l’intensità delle cose che ci hai fatto provare; diciamo che nonostante tutto in fin dei conti stiamo bene.

                                                                                                                                  Barbara Granata