UniMe-SIC: Chillemi e Crisafulli coinvolti nello sviluppo del prototipo di Moto3

Massimiliano Chillemi e Davide Crisafulli, studenti del corso di Laurea Magistrale di Ingegneria Meccanica dell’Università di Messina e facenti parte del reparto Aerodinamica di Stretto in Carena, sono stati coinvolti nello sviluppo del prototipo di Moto 3 del Gresini Racing dall’Ing. Lorenzo Scappaticci, mostrando un talento innato.

Fonte: unime.it

Cos’è stretto in carena?

Stretto in Carena – SIC è un team di MotoStudent del sud Italia formatosi all’interno dell’Università, sviluppando un modello complementare di formazione per studenti di UniMe. Compete con altri gruppi universitari in tutto il mondo, mettendo in pratica le competenze acquisite durante il corso di studi ed ha come fine quello di progettare, sviluppare e costruire un prototipo di moto da corsa che verrà testato e valutato sul circuito di Aragòn. Non è il primo progetto ad essere sviluppato, in precedenza il team ha partecipato ad altri progetti internazionali come “Mille e Una Vela” e “Formula Student”.

Perché è un progetto importante? Perché permette già all’interno del percorso universitario di formarsi sul campo e mettere in evidenza le proprie competenze, potendosi presentare alle aziende per un futuro lavoro.

Sito Stretto in Carena

Cos’è il Team Gresini Racing?

Il team Gresini Racing, è un team che compete nei più grandi campionati del moto mondiale (MotoGP, Moto 2, Moto 3) ma anche nella nuovissima Moto-E. È una delle realtà più importanti avendo disputato ben 774 GP e aver ottenuto 171 arrivi al podio.

Sito Team Gresini Racing

Cos’hanno fatto gli studenti?

I due studenti sono stati coinvolti nel progetto dal prof. Lorenzo Scappaticci di sviluppo di prototipo di Moto3 dopo aver partecipato ad una puntata di “Stretto in Cameretta” dallo stesso professore,  che ha così commentato:

Hanno dato un contributo numerico alla determinazione del campo di moto nella zona laterale del cupolino di una Moto3, con particolare riferimento all’interazione della mano con il flusso. Inoltre, hanno proposto soluzioni aerodinamiche utili alla riduzione della resistenza di scia.

Abbiamo avuto l’occasione di conoscere meglio i giovani protagonisti!

Cosa significa per te “Stretto in Carena”?

Davide: “SIC-Stretto in Carena è il trampolino di lancio che mi ha permesso di crescere sia dal punto di vista professionale che personale, dandomi la possibilità di mettermi in gioco e applicare le conoscenze acquisite durante il mio percorso di studi. Appena entrato nel team, nel 2018, il mio modo di vivere l’università è cambiato, da un semplice luogo di studio è diventata quasi una seconda casa, un ambiente stimolante dove ho avuto la fortuna di conoscere colleghi ambiziosi con cui lavorare verso un obiettivo comune e che si sono rivelati essere anche ottimi amici. L’esperienza svolta con Gresini insieme al mio collega Massimiliano e con la collaborazione del prof. Scappaticci della galleria del vento di Perugia, è sicuramente frutto dell’intenso lavoro fatto in questi anni per SIC e motivo di orgoglio personale, ma è anche la dimostrazione che non è necessario abbandonare la propria città per raggiungere grandi traguardi.”

Massimiliano: “SIC è stata all’inizio un’opportunità, perché mi ha permesso di coniugare le conoscenze teoriche con gli aspetti applicativi della progettazione di un prototipo pre-Moto3. Dopo quattro anni, posso dire che Stretto in Carena è a tutti gli effetti diventato una famiglia e che il lavoro e i sacrifici fatti in questo tempo mi hanno portato diverse soddisfazioni, tra cui la possibilità di lavorare sul nostro prototipo in galleria del vento a Perugia con il prof. Scappaticci, confermando sul campo la qualità del lavoro computazionale svolto in precedenza. Questo è stato il punto di partenza per altre esperienze di progettazione aerodinamica, tra cui quella recente condivisa con Davide in Gresini.”

Quali sono le tue ambizioni future?

Massimiliano: “La speranza mia e di tutto il team è di poter gareggiare a luglio, Covid-19 permettendo, alla prova finale in pista ad Aragon per poter completare il percorso compiuto finora. In futuro la mia intenzione è quella di continuare a lavorare in ambito aerodinamico, facendo tesoro delle competenze acquisite grazie a questo progetto.”

Davide: “Il mio prossimo obiettivo è sicuramente quello di continuare ad arricchire la mia formazione completando il percorso di studi magistrale per poi cogliere le opportunità di lavoro future che si presenteranno.”

Ringraziamenti

L’Università di Messina è entusiasta di vedere emergere i propri studenti e di offrire un percorso formativo ampio e soddisfacente. Il prof Eugenio Guglielmino (coordinatore del Corso di Laurea Magistrale Magistrale di Ingegneria Meccanica) e la prof.ssa Ida Milone (Direttore di Dipartimento di Ingegneria) si uniscono ai vari complimenti espressi.

Il team di UniVersoMe si complimenta con i ragazzi, i professori e l’Università tutta, sperando di vedere presto i due giovanissimi in pista ad Aragon!

Livio Milazzo

Malcolm & Marie, un instant movie in bianco e nero


Film drammatico e a tratti romantico con una trama molto semplice. Non adatto ad un grande pubblico – Voto UVM: 4/5

In amore, come in qualsiasi altro rapporto, succede spesso di trovarsi in disaccordo su qualche punto e quando ciò accade diventa necessario non trasformare quella discussione in una lotta di supremazia. La soluzione quasi sempre più razionale risiede nel saper disinnescare e nel volersi sempre confrontare. Ma, come ben sappiamo, non è sempre così semplice ed i problemi sono spesso molteplici nonostante la complicità.

Chi è Malcom? Chi è Marie? Cos’hanno a che fare con la nostra riflessione? Scopriamolo insieme.

Tra euforia e scintille: un gioco al massacro

Nella bellissima pellicola in bianco e nero di Sam Levinson, gli attori che interpretano la giovane coppia di Los Angeles, ovvero Malcolm & Marie, sono Zendaya e John David Washington.
Malcom è un regista afroamericano, Marie un’ex tossicodipendente che ha abbandonato il sogno di diventare attrice.

Nella prima scena, ambientata in una favolosa villa a Malibù, entrambi sono reduci dalla magnifica presentazione del nuovo film di lui. Nonostante la bellissima serata, Marie si sente profondamente offesa con il proprio compagno, il quale ha dimenticato di ringraziarla pubblicamente.  I movimenti di Marie si fanno sempre più meccanici mentre prepara la cena a Malcom. Quella tensione lascia spazio ad una sola idea: il litigio è alle porte.  

Nel mezzo di un’accesa discussione, Malcom si rifiuta di ammettere che la protagonista del film è ispirata a lei. Da questa semplice scintilla, lungo il corso della notte, verranno messe a nudo le problematiche della coppia attraverso un cocktail di smisurata ambizione, egoismo, arroganza e rabbia.

Marie: Sai cosa c’è Malcom? Credo che quando ti senti amato e protetto da qualcuno, ti dimentichi di quella persona. Ti accorgi di lei quando stai per perderla

I due protagonisti Marie ( Zendaya) e Malcom (John David Washington). Fonte: ovicio.com.br

Una storia figlia del presente

Malcolm & Marie è stato ideato e scritto durante l’estate scorsa ed è figlio della delicata situazione che stiamo vivendo: è stato il primo film ad esser completato dopo lo scoppio della pandemia di COVID-19. La storia si consuma in 1 ora e 46 minuti in cui il continuo confronto tra la coppia si riduce in lunghi monologhi urlati, confessioni sussurrate, voci spezzate e continui assalti verbali, il tutto condito da altalenanti ruoli di giudice e imputato, vittima e carnefice che ingannano e nascondo i veri sentimenti.

La pellicola è un romantic drama in cui gli attori giocano molto bene il ruolo che rivestono. La loro passione è senza mezze misure: fatta di baci, desiderio, odio e amore, un continuo respingersi per poi abbracciarsi ancora più forte. Questi aspetti rendono il film magnetico e a tratti criptico anche se la storia si scioglie successivamente nella semplicità della propria trama. Malcom & Marie è stato definito come un esercizio di stile, un prodotto indie furbo che mette in mostra le capacità degli attori: il bianco e nero, infatti, è molto ricercato anche nelle immagini e dietro le scelte stilistiche si nasconde una grande voglia di farsi notare e spiccare.

Certo, non è un film che può soddisfare tutti, ma riesce a brillare solo agli occhi di chi ama quel tipo di cinema intimo, libero e a tratti ribelle.

 Malcom: Sei così spaventata ed egoista da dovermi demolire, criticando tutto ciò che faccio […] Hai bisogno che io abbia bisogno di te, altrimenti cosa diavolo ci faccio con te? Tu vuoi il controllo e non riesci ad immaginare che io voglia stare con te solo perché ti amo. Ti amo e basta, tesoro. Non ho bisogno di te. Ma ti amo. C’è qualcuno in questo mondo che ti ama e basta. Amo come funziona la tua mente, Marie. Amo come osservi il mondo.

Fonte: pedestrian.tv

Cento minuti di dialogo

Gli argomenti che i due affronteranno durante i forti litigi saranno molto delicati e intimi, ed è per questo che non vogliamo rovinare la semplice- ma anche sofisticata- trama raccontando tutto adesso. Il consiglio è quello di prendersi del tempo, mettersi comodi sul divano e assaporare il racconto ricorrendo ad una buona dose di empatia. Lo spettatore dovrà mostrarsi attivo nel captare la storia, senza alcun tipo di giudizio generalizzato.
Nessun significato nascosto, nessuna verità da ricercare, niente di oscuro, tutto si riduce alla semplice e mai banale discussione dei due attori.

Annina Monteleone

Lenta la vaccinazione nell’Ue: l’Austria vuole una collaborazione con Israele

La strategia di vaccinazione messa in campo da Bruxelles procede lentamente. E il cancelliere austriaco Sebastian Kurz non ci sta. L’esigenza di rapidità lo porta a guardare fuori dall’Ue e ad accordarsi con Israele.

Austria, Danimarca e gli altri “first mover” con Israele

Dopo l’annuncio della scorsa settimana di un possibile accordo con la Russia per la fornitura del vaccino Sputnik V, l’Austria si è dimostrata ancora una volta diffidente nei confronti della campagna di vaccinazione dell’Ue: il cancelliere Kurz ieri ha dichiarato di voler affiancare Israele nella produzione di dosi di vaccino di seconda generazione. La stessa decisione è stata presa dalla premier danese Mette Frederiksen e dagli altri “first mover”, gruppo di paesi formatosi in estate per iniziativa dello stesso Kurz per elaborare celeri strategie di contrasto alla pandemia che comprende oltre ad Austria, Danimarca e Israele, anche Grecia, Repubblica Ceca, Norvegia, Australia e Nuova Zelanda.

Secondo Kurz l’approccio di Bruxelles si è rivelato corretto, tuttavia l’Ema ha tempi di approvazione troppo lunghi e, a questo, si aggiungono i ritardi nelle consegne delle case farmaceutiche. Le rapide mutazioni del virus, per il cancelliere austriaco, richiedono tempestività. Per essere pronti, secondo Kurz, non basta fare affidamento sull’Ue.

La risposta di Bruxelles è stata moderata. Infatti, come spiegato da un portavoce della Commissione, c’è sempre stata la possibilità per gli Stati membri di stringere accordi con altri paesi e, soprattutto in questa circostanza, si può trarre insegnamento da approcci diversi da quello europeo.

In Italia, Paolo Gentiloni, commissario agli Affari economici, ha giustificato i ritardi e la lentezza delle procedure di approvazione che sarebbero legati a meccanismi che guardano in primo luogo alla garanzia della salute dei cittadini.

Salvini invece approva la decisione di Kurz:

“La priorità è difendere e tutelare la salute dei cittadini. L’Italia segua l’esempio”.

La campagna di vaccinazione israeliana

Perché  Israele corre rapidamente sul fronte vaccinazioni?

Fattori importanti sono un sistema sanitario altamente digitalizzato, un’efficiente organizzazione della campagna di vaccinazione della quale si sono occupate le 4 “casse malattie nazionali”. Fondamentale il contributo fornito dall’esercito che si è impegnato nella gestione delle persone da vaccinare negli stadi sportivi e nei tendoni predisposti.

il centro vaccini di piazza Rabin ad Israele – Fonte: www.rassegnaweb.it

Ma al di là di questo, il successo israeliano è legato all’importanza delle informazioni e del denaro. Infatti, l’accordo che Israele ha firmato con Pfizer-Biontech prevede non solo il pagamento di 30\47 dollari a persona per le dosi, molto più del doppio del prezzo praticato in Europa, ma anche la cessione di informazioni legate ai risultati delle vaccinazioni, al sesso, all’età, alla storia medica di coloro che hanno ricevuto il vaccino in cambio di 10milioni di dosi e della promessa di spedizioni di 400.000-700.000 dosi ogni settimana. Israele sarebbe dunque un grande laboratorio di sperimentazione. Il governo israeliano ha chiarito che alla casa farmaceutica vengono fornite solo statistiche generali, senza dati che potrebbero far identificare i soggetti a cui vengono somministrate le dosi.

Da considerare anche gli interessi del primo ministro Netanyahu che mira a completare con successo l’obiettivo della campagna di vaccinazione prima delle prossime elezioni.

La partnership tra Merck e Johnson & Johnson negli Stati Uniti

Anche negli Stati Uniti la vaccinazione procede a gonfie vele sin dall’inizio. Gli Stati americani, infatti, sono stati i primi a muoversi nel mercato investendo risorse nella prenotazione di vaccini che ancora neanche esistevano. Tra l’altro, l’approvazione di Pfizer e Moderna da parte della Fda è arrivata prima rispetto a quella dell’Ema. A velocizzare ulteriormente la campagna vaccinale si è aggiunta la partnership fra i giganti farmaceutici statunitensi Merck e Johnson & Johnson annunciata ieri da Biden. L’accordo è stato favorito proprio dalla Casa Bianca preoccupata per i possibili ritardi della produzione di Johnson & Johnson. Il vaccino di J&J che già garantiva la rapidità perché efficace con una sola somministrazione, verrà affiancato dal nuovo medicinale di Merck che ha già ottenuto l’autorizzazione della Fda. Biden sembra confidare in questa collaborazione che, come affermato ieri, potrebbe portare

“Gli Usa sulla strada di avere abbastanza vaccini anti Covid per tutti gli americani entro fine maggio”,

con due mesi di anticipo rispetto alle previsioni.

Chiara Vita

Passaporto vaccinale: di che cosa si tratta e quali sono le perplessità in Ue

In vista della primavera e dell’estate, in Europa si discute sui passaporti vaccinali. Questa misura, che permetterebbe al turismo di ripartire nonostante il Covid, è stata discussa dai Paesi membri durante il Consiglio europeo del 25 febbraio.

Che cos’è il passaporto vaccinale?

Il passaporto vaccinale è un documento rilasciato da un’autorità sanitaria che certifica di essere stati vaccinati contro il coronavirus. Per verificare rapidamente il documento alle frontiere o agli aeroporti si pensa alla realizzazione di piattaforme e applicazioni.

Sistemi di questo tipo sono già in fase di sperimentazione. L’International Air Transport Association, la principale organizzazione internazionale delle compagnie aeree, ha avviato la realizzazione del travel pass, strumento che nelle prossime settimane verrà adoperato da Etihad Airways e Emirates e che dovrebbe dare direttamente ai laboratori la possibilità di caricare su un’applicazione gli esiti dei tamponi e l’avvenuta vaccinazione.

L’azienda informatica IBM ha avviato lo sviluppo del Digital Health Pass, sistema per accertare l’avvenuta vaccinazione sempre tramite un’applicazione che consentirebbe anche l’accesso a luoghi pubblici, come pub, cinema e teatri.

Dubbi e incertezze

Sono tante le proposte circolanti. Tanti i dubbi e le incertezze che fin ad ora hanno impedito all’Ue di decidersi per una soluzione comune e unitaria.

Il passaporto genera preoccupazioni legate innanzitutto all’efficacia del vaccino. Infatti, nonostante il vaccino difenda dalla possibilità di contrarre l’infezione, dall’altra parte non ci sono certezze intorno alla trasmissione del virus. Ecco perché l’Oms è contraria ai passaporti vaccinali.

Inoltre, molte sono le perplessità intorno alla disuguaglianza, a cui inevitabilmente condurrebbe il passaporto, tra coloro che sono vaccinati e coloro che non lo sono. I secondi sarebbero privati della libertà di accedere a luoghi pubblici o viaggiare. Questo chiama in causa un’altra questione: l’obbligatorietà del vaccino. Catherine Haguenau-Moizard, docente di legge presso l’Università di Strasburgo ha affermato:

“O decidi che il vaccino deve essere obbligatorio o decidi che non lo deve essere, ma non puoi fare una via di mezzo in cui non è obbligatorio ma lo diventa per poter accedere ad un certo numero di servizi”.

Catherine Haguenau-Moizard – Fonte: www.youtube.com

Ha suscitato dubbi anche l’aspetto della privacy. Secondo molti, infatti, i passaporti potrebbero violare la segretezza dei nostri dati personali.

A prescindere dalle questioni etiche, sono molti i Paesi in Europa che stanno, comunque, prendendo in considerazione la possibilità di adottare il sistema del passaporto vaccinale.

Cosa ne pensano i paesi dell’Ue

Il Paese che si dimostra più favorevole è la Grecia, che spinge affinché questa proposta sia approvata in vista del turismo estivo. Anche l’Austria è d’accordo: il cancelliere Sebastian Kurz propone l’uso del passaporto non solo per i viaggi, ma anche per accedere ai luoghi pubblici. Kurz guarda ad Israele, dove il governo darà la possibilità di prendere parte ad eventi ed entrare in luoghi pubblici ai vaccinati che dovranno prima registrarsi in un’apposita applicazione. Non si può, tuttavia, non considerare che Israele è il paese al mondo più avanti nella campagna di vaccinazione. Quindi il problema delle disparità generate dal passaporto non si pone così come in Europa.

Più incerti si sono dimostrati Belgio, Germania e Francia. Per il ministro della Salute francese, Olivier Veran, è ancora troppo presto:

Non sono stati tutti vaccinati e non sappiamo se il vaccino impedisca il contagio“.

Per la Merkel, dato il basso numero di vaccinazioni, quello del passaporto vaccinale resta un progetto futuro al quale però bisogna tenersi pronti. Per il momento la Germania non intende autorizzare restrizioni per chi non è stato vaccinato ma non esclude che questo possa avvenire nel privato.

Se un ristoratore vuole proporre un’offerta ai possessori di un passaporto vaccinale non possiamo impedirglielo“, ha dichiarato la ministra della Giustizia, Christine Lambrecht.

Mario Draghi, al vertice europeo, non si è espresso sui passaporti vaccinali, ma piuttosto sulla necessità di velocizzare la campagna di vaccinazione, richiedendo all’Ue un atteggiamento diverso nei confronti delle aziende farmaceutiche che non rispettano gli impegni nella fornitura di dosi. Draghi ha proposto un blocco delle esportazioni al di fuori dell’Europa per chi è in ritardo con le consegne.

Mario Draghi al vertice europeo – Fonte: www.ansa.it

Al di là delle divergenze, tutti Paesi concordano sulla necessità di sviluppare un approccio comune europeo al sistema dei passaporti vaccinali.

Se non ci riuscissimo, le iniziative bilaterali creeranno ancora più difficoltà”,

dice Ursula Von der Leyen, facendo riferimento in particolare alle soluzione già offerte da Google e Apple al problema dei passaporti. Quello che preoccupa maggiormente la presidente della Commissione è la questione della privacy:

“Si tratta di condividere informazioni confidenziali, quindi vogliamo dire chiaramente che noi offriamo una soluzione europea”.

Per Von der Leyen la decisione dovrà tenere conto da una parte delle discriminazioni causate dal passaporto, dall’altra parte del fatto che per molti paesi dell’Ue il turismo è il settore chiave dell’economia. Bruxelles spera di giungere ad un accordo con i governi europei già a marzo e prevede che lo sviluppo tecnico del passaporto vaccinale richiederà almeno 3 mesi.

Ritardi nella campagna vaccinale

La discussione sul passaporto vaccinale è resa ancora più complicata  dai ritardi che stanno ostacolando la campagna vaccinale. Mentre negli Stati Uniti il 13,4 % della popolazione ha già ricevuto almeno una dose dei vaccini contro il coronavirus e nel Regno Unito il 26,7%, Germania e Spagna sono al 4,2%, mentre Francia e Italia al 3,9%. L’Ue che ha avviato la vaccinazione già con ritardo a causa dei lunghi processi decisionali, è stata poi messa in difficoltà dalla riduzione nelle forniture di Pfizer Biontech a causa di alcuni lavori di potenziamento, da svolgere nello stabilimento produttivo in Europea e dai rallentamenti nelle consegne del vaccino di AstraZeneca. La Commissione europea ha indicato l’obiettivo di vaccinare il 70% della popolazione adulta entro l’estate, ma per raggiungerlo sarebbe necessario, secondo uno studio condotto dalla Società di assicurazione crediti commerciali Euler Hermes, un ritmo di somministrazione di sei volte superiore a quello attuale.

Stando alla situazione attuale, l’immunità di gregge potrebbe essere raggiunta solo alla fine del 2022. Una speranza proviene dall’aumento delle forniture previsto per i prossimi mesi garantito dalla disponibilità di nuovi vaccini come quello di Johnson & Johnson.

Chiara Vita

Walk the line: musica e amore come medicine

“Walk The Line” è un biopic degno di nota. Racconta una storia di lotta contro se stessi e di quanto possa essere importante la musica, andando ad affrontare anche altre tematiche fondamentali per un artista – Voto UVM: 4/5

Oggi 89 anni fa nasceva una delle più celebri star della musica statunitense: Johnny Cash.

Ha conquistato il pubblico americano tramite canzoni che sono entrate a far parte di prestigiose Hall of Fame di generi diversi a testimonianza della sua poliedricità. Nonostante una vita travagliata, è riuscito a imporsi nel panorama musicale divenendo principalmente un’icona della musica country.

Johnny Cash con la sua chitarra- Fonte: arte.sky.it

Il film  Walk The Line ( Quando l’amore brucia l’anima) diretto da James Mangold ripercorre le tappe fondamentali della sua carriera.

Trama

Johnny (Joaquin Phoenix) è un bambino che vive in una fattoria dell’Arkansas. Un giorno mentre è a pesca, il fratello si ferisce con una sega e muore; di lì in avanti i rapporti tra Johnny ed il padre si incrineranno notevolmente.

Nel 1950 si arruola  nell’aviazione prestando servizio nella Germania dell’Ovest dove comincia a suonare la chitarra per diletto per poi tornare in patria qualche anno dopo dove sposa la sua fidanzata ed inizia a lavorare come venditore porta a porta per vivere. Tuttavia sente che gli manca un qualcosa. Infatti, durante una giornata di lavoro , passa davanti ad uno studio di registrazione e colto dall’ispirazione decide di fondare un gruppo.

Dopo un’audizione Johnny conquista Sam Phillips (Dallas Roberts), produttore musicale e proprietario della Sun Records, il quale gli fa sottoscrivere immediatamente un contratto ed incidere il suo primo disco: Cry! Cry! Cry!

Locandina del film – Fonte: tmdb.it-maku.com

Le canzoni iniziano ad essere tramesse in radio ed il cantante parte per un tour di primaria importanza: infatti alla tournée partecipano grandi artisti emergenti del calibro di Elvis Presley e Jerry Lee Lewis e proprio in questo periodo il nostro protagonista conosce la bellissima cantante June Carter (Reese Whiterspoon) della quale si innamora perdutamente.

Tra alti e bassi, droga e carcere, Johnny non perderà mai il suo amore per la musica (e per June) e nonostante tutte le peripezie diventerà una delle più grandi star americane.

Regia

Il regista James Mangold ha voluto raccontare la storia di Johnny Cash improntandola fortemente sul lato umano.

L’amore è sicuramente uno dei temi principali della pellicola oltre- ovviamente- alla musica. E’ infatti proprio grazie a questo sentimento nei confronti di June che il protagonista trova la forza per reagire a qualsiasi problematica e spingersi oltre raggiungendo altissimi livelli.

Johnny Cash (Joaquin Phoenix) e June Carter (Reese Witherspoon) – Fonte: pinterest.it

Mangold stesso ha dichiarato di essersi emozionato quando durante uno dei suoi ultimi incontri con il vero Johnny Cash gli chiese quale fosse il suo film preferito, ed il cantante rispose:

Frankenstein. Perché è la storia di un uomo composto da parti marce. Una specie di oscurità. E contro la sua stessa natura… continuò a lottare per essere buono.

Forse un po’ severo con se stesso, ma sostanzialmente questo concetto si avvicina a quel che era Johnny. Il cantante, come riportato nel film, per un periodo è stato fortemente dipendente dalla droga che gli ha causato gravi problemi sia nelle relazioni sia a livello legale (di fatti è stato in carcere). Un uomo che sicuramente ha sbagliato, ma definirlo un mostro risulterebbe esagerato.

Comunque, la definizione di Frankenstein in parte esprime perfettamente la sua natura: anche se Johnny Cash non si riteneva una brava persona, ha cercato comunque di fare del bene come quando nel 1968 tenne un concerto alla prigione di Folsom per i suoi detenuti e inoltre prese in giro il direttore del carcere che li maltrattava (il regista ha deciso di chiudere il film proprio con questa scena meravigliosa sulle note di una delle sue canzoni più belle, Cocaine Blues).

Cast

Joaquin Phoenix nei panni di Johnny Cash è- come al solito- monumentale ( della sua interpretazione in Joker abbiamo già parlato qui). Fortemente calato all’interno del personaggio, l’attore, mediante lo sguardo, esprime un costante stato di preoccupazione ed ansia con cui il protagonista convive a causa della sua vita tormentata.

Scena del film in cui Johnny si esibisce per i detenuti – Fonte: themacguffin.it

Le canzoni sono interpretate da Joaquin stesso, così come quelle di June Carter da Reese Whiterspoon. Incredibile la chimica instauratasi tra i due attori, in particolare quando si esibiscono sul palcoscenico: nella realtà ciò era scontato dato che i cantanti si amavano; nel film i due interpreti sono riusciti perfettamente a rappresentare quella stessa armonia.

A livello di critica la pellicola fu un successo enorme, tanto che riuscì ad aggiudicarsi 3 Golden Globes e ben 5 nomination agli Oscar del 2006 (vincendone solo uno con Reese Whiterspoon per la Miglior Attrice Protagonista).

Un film veramente piacevole da guardare che rende onore ad un grande artista e ci comunica la forza reale dell’amore e della perseveranza, perché senza quest’ultime Johnny non avrebbe mai e poi mai sfondato nella musica.

Vincenzo Barbera

 

 

Oggi presentata la bozza del dpcm di Draghi: verso nuove restrizioni a Pasqua. Ecco quali

19.886 casi, 308 morti, un tasso di positività del 4,8% sono i dati registrati nell’ultimo bollettino del Coronavirus che non possono essere ignorati. «Non possiamo allentare le misure, non ci sono le condizioni epidemiologiche» afferma Speranza. Parole che sembrano preparare gli italiani a nuove restrizioni che, per il secondo anno di fila, li costringeranno a trascorrere Pasqua e Pasquetta in casa. Proprio oggi il Premier Draghi presenterà il dpcm anti-covidil primo per il nuovo leader insidiato a Palazzo Chigi- in vigore fino dal 6 marzo fino al 6 aprile.

Fonte: VelvetMag. Oggi la bozza del primo dpcm anti-covid del governo Draghi che prevede nuove restrizioni fino alle festività.

Il dialogo con le Regioni

Ai governatori di ciascuna regione sarà consegnata la bozza del provvedimento in queste ore, la cui approvazione è prevista tra venerdì 26 febbraio e il week end. Nell’incontro di ieri la ministra degli Affari Regionali e le Autonomie Mariastella Gelmini (FI) ha annunciato:

«Per l’esecutivo Draghi è fondamentale il confronto costante con le Regioni e anticipare le decisioni, in modo da lasciare ai cittadini il tempo necessario per poter organizzare la propria vita. State certamente notando un cambio di metodo. Ci siamo visti domenica e ci stiamo rivedendo oggi. Gli incontri saranno sempre più frequenti e costanti».

Il confronto diretto con le Regioni e la comunicazione con largo anticipo delle misure adottate dal governo, come già preannunciato da Draghi in Parlamento, è il cambio di rotta fondamentale che segna una certa discontinuità rispetto all’esecutivo di Conte. Fedeli a questa linea, durante la riunione di ieri, presente anche il Ministro della Salute Roberto Speranza, che potrebbe cambiare il colore di alcune regioni: da giallo ad arancione, da arancione a rosso. A preoccupare è infatti la curvatura dei contagi che fa aumentare le probabilità di una Terza Ondata, con un innalzamento dell’indice Rt al di sopra dell’1% secondo il fisico dell’Università di Trento Roberto Battiston. Rassicura però la Gelmini: «Il sistema a fasce verrà mantenuto. Finora è stato scongiurato un lockdown generalizzato e questo deve essere l’obiettivo principale anche per le prossime settimane e per i prossimi mesi».

Fonte: ANSA. La ministra per gli Affari Regionali e le Autonomie Mariastella Gelmini. Roma, 25 Febbraio 2021.

Cosa prevede il nuovo dpcm

Infatti, per allontanare il rischio di una possibile chiusura totale, il nuovo dpcm di Draghi non conterrà alcuna riapertura, ad eccezione per un barlume di speranza dato al settore della cultura. Intanto, è possibile riassumere schematicamente alcuni provvedimenti in vigore fino a Pasqua.

  • Spostamenti tra regioni. Lo stop agli spostamenti tra regioni (consentiti solo per rientro nella propria residenza, motivati da esigenze lavorative, ragioni di salute o di necessità) è valido fino al 27 marzo, ma numerose sono le ipotesi che farebbero pensare a un prolungamento. Sempre all’interno dei confini regionali, in zona gialla è possibile andare in abitazioni private, una sola volta al giorno e compreso in un orario tra le 5 e le 22, in presenza di due persone più i figli minori di 14 anni.
  • Seconde case. Anche in zona rossa sarà possibile raggiungere le seconde case, ma solo per il nucleo familiare.
  • Attività commerciali. Saracinesche abbassate per i negozi in zona rossa, dove sono garantiti esclusivamente gli esercizi commerciali essenziali come farmacie, alimentari e ferramenta. In zona gialla e arancione tutti i negozi sono aperti, ma nel fine settimana vietato l’ingresso a centri commerciali.
  • Attività sportive. Sul fronte delle attività sportive continuano a rimanere sigillate palestre e piscine. Bici, corsa e attività individuali come la camminata all’aperto sono invece permessi. È attesa una decisione riguardo la possibilità di concedere il via libera a lezioni individuali o su prenotazione.
  • Ristorazione. Niente apertura in orario serale per i ristoranti, ma consentito fino alle 22 l’asporto. Asporto e domicilio sono consentiti anche in zona arancione e rossa. Bocciata l’ipotesi della Lega e di Fratelli d’Italia di ristoranti aperti nelle regioni di fascia gialla: oltre le 18 consentita l’attività solo a mense, ristoranti negli alberghi e autogrill.

Il settore culturale

Per quanto riguarda il cinema, si lavora a un protocollo molto rigido che prevede una riapertura in sicurezza entro aprile: uso delle mascherine, distanziamento in sala, misurazione della temperatura, biglietti acquistati online per evitare assembramenti alla cassa e sale sanificate. Altra prerogativa è tenere aperti i musei e le aree archeologiche anche il sabato e la domenica, che al momento sono aperti solo nei giorni infrasettimanali in zona gialla.

«Il ministro Franceschini – continua la Gelmini – ha avviato un confronto con il Cts per far in modo che, superato il mese di marzo, si possano immaginare riaperture con misure di sicurezza adeguate. E’ un percorso, non è un risultato ancora acquisito. Ma è un segnale che va nella giusta direzione».

La scuola: apertura o chiusura?

Le scuole costituiscono anche per il governo Draghi un argomento assai problematico. Molte regioni chiedono di chiudere gli istituti scolastici di ogni grado e ordine per evitare il contagio dalle varianti, ma l’esecutivo assume un atteggiamento attendista. Per la Gelmini, chiedere l’apertura di alcune attività economiche e la chiusura delle scuole non è altro che una contraddizione. Numerose le perplessità dei governatori, tra cui Emiliano, che propone un piano vaccinale più efficace e veloce che possa mettere in sicurezza il rientro nelle aule. Nel frattempo, continua l’alternanza tra didattica a distanza tra il 50% e il 75%

Per Zaia, governatore del Veneto, il parere del Cts è di primaria rilevanza:

«Ho chiesto formalmente che il Cts si esprima ufficialmente rispetto all’apertura delle scuole la scuola, è una realtà sacra. Quando decisi la chiusura parlai chiaramente di una ‘sconfitta’ ma, se la guardiamo dal lato epidemiologico, il Cts ci deve dire perché altre forme di aggregazione sono pericolose e la scuola no. Perché noi non siamo in grado di esprimere una valutazione scientifica».

Immediata la chiusura per le scuole invece nelle zone rosse (come Siena e Pistoia) e arancione scuro (come Bologna), che mirano a contenere i focolai causati dalle varianti del virus.

Alessia Vaccarella

L’altra faccia del politically correct

Che infanzia sarebbe senza Aristogatti, Dumbo e Peter Pan? Recentemente il colosso Disney, in nome del politically correct ha deciso di inserire all’inizio della proiezione di questi famosi film d’animazione una sorta di “parental advisory”: questo programma include rappresentazioni negative e/o offese di persone e culture. La presenza di personaggi stereotipati nelle pellicole, in seguito a recenti episodi di razzismo, ha portato Disney Plus ad aggiungere questo avvertimento per i più piccoli. Negli Aristogatti è presente un gatto siamese con dei marcati tratti orientali, Peter Pan definisce “pellerossa” i nativi americani e infine i corvi neri di Dumbo ricordano gli schiavi afroamericani nelle piantagioni. Una sorte più drastica è toccata l’anno scorso al celebre Via col Vento addirittura oscurato per mesi dalla piattaforma HBO Max, sull’onda delle proteste del movimento Black Lives Matter, in quanto giustificherebbe lo schiavismo e inciterebbe all’odio razziale.  Sotto accusa finisce di recente anche Grease per una frase della canzone “Summer Nights” che a detta di molti strizzerebbe l’occhio allo stupro e per l’”omofobo” personaggio Vince Fontaine che raccomanda al ballo del liceo di non formare coppie dello stesso sesso.

La domanda che sorge spontanea è se ha un senso scagliarsi oggi contro produzioni cinematografiche di oltre mezzo secolo fa, nate quando vi era una diversa sensibilità verso alcune tematiche e se non sia più utile attaccare invece quei prodotti culturali odierni che rivelano ancora una visione del mondo arretrata e irrispettosa delle differenze.  Certo è che un bambino potrebbe non possedere spirito critico e di conseguenza abituarsi al cliché e allo stereotipo, ma è anche vero che un bambino dovrebbe guardare un film d’animazione libero da pregiudizi e condizionamenti e quindi non cogliere alcun tipo di messaggio dannoso tra le righe. Si spera invece che l’adulto si approcci davanti a qualsiasi rappresentazione artistica senza condizionamenti e contestualizzando l’opera nel tempo e nello spazio senza bisogno di ricorrere a strumenti quali una pseudo-censura in chiave moderna.

Gli Aristogatti sotto accusa per Shun Gon, stereotipo “offensivo” dell’orientale. Fonte. corriere.it

Non si può negare: quello di Via col Vento, sia nel romanzo di Mitchell che nella trasposizione cinematografica del ’39, è un affresco a tinte nostalgiche del Sud schiavista all’alba della Guerra di Secessione. È questa una verità risaputa ancor prima della riscossa della “cancel culture”. Ma lo spettatore che guarda oggi Via col Vento simpatizza più con la capricciosa e ingrata Rossella O’ Hara o con la più umile MamiWalt Disney, matita geniale dell’american dream, non era certo un campione di progressismo e impegno sociale. Ma nell’ultimo film prodotto sotto la sua supervisione- e parliamo proprio degli Aristogatti (1970)- non trapela odio reazionario nei confronti del diverso. Abbiamo una banda di gatti randagi che accorre in aiuto a una famigliola di “aristocats”: due mondi diversi specchio delle disuguaglianze create dall’uomo si trovano a fraternizzare. Dov’è il messaggio diseducativo per le giovani generazioni? Come la nostra mente rischia di rimanere imprigionata nella rappresentazione stereotipata e riduttiva che questi capolavori ci consegnano del diverso?

Rossella O’Hara e Mami-Fonte: Giornale di Sicilia.it

Allora non basta la nobile Duchessa che fa amicizia con Romeo, Scat- Cat e tutta la gang di “pulciosi” gatti randagi. Non basta la Mami dal cuore d’oro e l’Oscar a Hattie Mc Daniel come miglior attrice non protagonista. Rimangono comunque gli occhi a mandorla, gli incisivi sporgenti di Shun- Gon e quelle bacchette dello xilofono che sembrano più posate da sushi. Rimangono i “fianconi” e l’accento poco yankee di Mami.

Come i francesi mangiatori di formaggio, gli scozzesi col kilt e il “braccino corto”, i siciliani lupara e baffi che si trovano in tante barzellette, ma anche classici comici di immenso successo. Il problema è proprio questo: quando si vuole disegnare ciò che è “straniero”, tra ritratto pittoresco e caricatura offensiva il tratto è molto sottile. Altre volte ancora le matite non sono abbastanza appuntite, il nostro sguardo non troppo acuto e si finisce per ricalcare contorni già tracciati dal proprio background culturale senza troppo sforzo o originalità alcuna. Ed ecco lo stereotipo. Allora che fare? Cancellare anni e anni di arte e cultura con un colpo di gomma?

Tiberio Murgia (il siciliano Ferribotte de “I soliti Ignoti”). L’attore, benché sardo, fu scelto da Monicelli perché incarnava il “tipico siciliano”. Fonte: memories.books.it

La cancel culture, oltre a peccare di mancanza di prospettiva storica, non tiene poi conto che l’arte è innanzitutto gioco di fantasia ed evasione. «Se la mia musica è letterale, allora io sono un criminale» dice il “rap godEminem in uno uno dei suoi tanti testi “controversi”. Con la lente di ingrandimento, alla ricerca ossessivo-compulsiva di un capo d’accusa dietro ogni immagine, dietro ogni parola, come il prete di Nuovo Cinema Paradiso che costringeva il buon Alfredo a tagliare parti di pellicola: è questo che si propone esattamente di fare la cultura del moderno revisionismo. E se questa tendenza verrà portata all’estremo, poco resterebbe della produzione culturale pop del Novecento. I giovani in primis si troverebbero privati di un patrimonio immenso da apprezzare ma anche- si spera- conoscere con occhio critico. Tutto questo dovrebbe giocare a favore di una società più libera da visioni retrograde e pregiudizi. Ma possiamo definire veramente libero un mondo in cui la creatività artistica sarà imbrigliata nelle spire del perbenismo e del politically correct? Matite frenate, penne censurate, comici zittiti: questo è lo scenario grigio e poco stimolante al quale potrebbe alla lunga condurci un’ossessione che qualcuno ha giustamente definito “dittatoriale”.

 

          Angelica e Ilenia Rocca

Perseverance: il rover è su Marte

Dopo 7 mesi di estenuante attesa e 470 milioni di chilometri di spazio percorsi, alle 21:55, ora italiana, il rover Perseverance della NASA ha toccato il suolo di Marte. Ma perché questa missione è così importante?

Gli ingegneri del Jet Propulsion Laboratory della NASA a Pasadena, USA, osservano il primo test di guida per Perseverance della NASA il 17 dicembre 2019.
Fonte: NASA/JPL-Caltech

Prima dell’ammartaggio: i ‘’sette minuti di terrore’’

Così viene definito il tempo necessario all’ammartaggio, in cui il centro di controllo non può correggere eventuali errori causati dai famosi sette minuti di ritardo tra la Terra e Marte. Tutto è quindi nelle mani dei sistemi di bordo a dir poco precisi del rover. Perseverance è entrato nell’atmosfera raggiungendo i 1300 C° ad una velocità di 1600 chilometri orari, protetto da uno scudo termico. Quando quest’ultimo si è sganciato, ha lasciato spazio all’apertura del paracadute di circa 21 metri che ha attutito la caduta, rallentando la discesa del rover a circa 400 chilometri orari. Da questo momento in poi sono entrati in gioco i retrorazzi, che hanno accompagnato il robot fino al suolo, facendolo scendere dolcemente tramite l’argano montato sulla sommità dei propulsori ed attaccato tramite cavi al corpo di Perseverance, per poi sganciarsi ed atterrare poco più distante.

Perseverance ha raggiunto sano e salvo il cratere Jezero, letto di un antico lago marziano, il 18 febbraio 2021. Il viaggio e l’esplorazione del pianeta rosso fanno parte della missione spaziale Mars 2020, iniziata proprio con il lancio della sonda lo scorso 30 luglio da Cape Canaveral in Florida.

Perseverance lanciato su un razzo Atlas V-541 dal Launch Complex 41 a Cape Canaveral Air Force Station, Florida.
Fonte: https://mars.nasa.gov/mars2020/timeline/launch/

Gli obiettivi della missione

Uno degli obiettivi di Perseverance è quello di cercare segni di antica vita microbica su Marte. Ciò permetterà alla NASA di studiare la passata abitabilità del pianeta. In particolare, gli scienziati sono interessati ai sedimenti trasportati dagli antichi fiumi nel cratere. Queste rocce sono molto importanti in quanto potrebbero tener traccia di sostanze organiche, segno della possibile vita passata di Marte. Il rover si impegna, inoltre, a raccogliere rocce vulcaniche, in modo tale da poter stabilire i cambiamenti geologici e ambientali nel corso del tempo.

Oltre a queste, innovative tecnologie verranno testate per aumentare i sistemi protettivi delle tute spaziali, in vista di possibili e future missioni umane sul pianeta rosso. Le missioni saranno supportate anche grazie allo studio dell’ossigeno estratto dall’atmosfera, volto a verificare con maggior chiarezza la possibilità di autosostentamento degli astronauti sul gemello della Terra.

Prima immagine di Marte da Perseverance.
Fonte: NASA/JPL-Caltech

Operazioni al suolo di Perseverance

Perseverance è dotato di sette strumenti, tra cui fotocamere, radar e sistemi laser per l’analisi del suolo e della sua composizione. Vi è anche un trapano rotante in grado di perforare il terreno di circa 5 centimetri. I frammenti ottenuti verranno raccolti e sigillati ermeticamente dentro tubi di titanio (il peso di ogni campione è di circa 15 grammi). Il rover trasporterà a bordo i campioni sigillati, fino a quando il team che si dedica alla missione deciderà di depositarli sulla superficie marziana.

Secondo il piano, Perseverance sistemerà le capsule in posizioni strategiche, in modo tale da poter essere raccolte da missioni future. A questo proposito, l’European Space Agency (ESA) prevede di usare il Sample Fetch Rover durante la missione Sample Retrieval Lander della NASA. Il rover dell’ESA raccoglierà i campioni che Perseverance ha depositato e li porterà al lander, dove saranno accuratamente conservati in un Mars Ascent Vehicle (MAV). Il MAV lancerà il container con i campioni dalla superficie marziana, mettendolo in orbita intorno a Marte.

Ingenuity

Insieme a Perseverance c’è Ingenuity, un drone di piccole dimensioni a forma di elicottero . Sarà utilizzato per testare l’effettiva possibilità di volare sul suolo marziano per potersi spostare con più facilità e a una velocità maggiore, in quanto il rover può percorrere pochi metri al giorno. Una serie di test di volo sarà eseguita su una finestra sperimentale di 30 giorni marziani che inizierà nella primavera del 2021. Per il primo volo, l’elicottero decollerà a pochi metri da terra, si aggirerà in aria per circa 20-30 secondi e atterrerà. Dopo di che, il team tenterà ulteriori voli sperimentali di crescente distanza e maggiore altitudine. Dopo che l’elicottero avrà completato la sua dimostrazione tecnologica, Perseverance continuerà la sua missione scientifica.

Rappresentazione artistica di Ingenuity sul suolo marziano.
Fonte: NASA/JPL-Caltech

Un barlume di speranza

Ieri il team della National Aeronautics and Space Administration ha raggiunto un grande obiettivo, dal momento che sul totale di missioni verso il suolo marziano, circa il 60% è risultato fallito. Perseverance rappresenta un barlume di speranza per avvicinarci ancora di più alla risposta alla domanda: siamo mai stati soli nell’Universo?

”Mi sono dato come legge di procedere sempre dal noto all’ignoto, e di non fare alcuna deduzione che non sgorghi direttamente dagli esperimenti e dall’osservazione.”

 

Serena Muscarà

 

Bibliografia
https://mars.nasa.gov/mars2020/mission/overview/

https://mars.nasa.gov/technology/helicopter/

https://mars.nasa.gov/mars2020/timeline/launch/

https://mars.nasa.gov/mars2020/timeline/surface-operations/

https://www.esa.int/ESA_Multimedia/Images/2020/04/Perseverance_rover

https://mars.nasa.gov/news/8865/touchdown-nasas-mars-perseverance-rover-safely-lands-on-red-planet/

 

Mio caro e vecchio amico Faber

 

“E come tutte le più belle cose, vivesti solo un giorno come le rose”

Dimmi Faber, come ti sentivi quel 18 Febbraio del lontano 1940? Come ti sei sentito quando sei venuto al mondo? Eri consapevole del fatto che saresti diventato uno dei più grandi  poeti e cantautori del ‘900? Ancora adesso, la tua musica e le tue parole continuano ad accompagnare  il popolo. Non è forse vero che la tua musica l’hai scritta per tutti noi?

Fabrizio De André in concerto. Fonte: giornalettismo

Fabrizio De André nasce il 18 Febbraio a Genova, città piena di culture diverse e paesaggi che hanno ispirato l’indole musicale del cantastorie, rendendolo uno tra i personaggi più famosi della musica italiana.

“Genova per me è come una madre. E’ dove ho imparato a vivere. Mi ha partorito e allevato fino al trentacinquesimo anno di età: e non è poco, anzi, forse è quasi tutto.”

De André è sempre stato ispirato dalla musica, ma la sua indole ribelle lo allontana per un periodo da questa strada; il punto di incontro arriva con l’ascolto di Georges Brassens (cantautore francese), di cui tradurrà alcune canzoni e le inserirà nel proprio lavoro discografico.  Ma solo nell’Ottobre del ’61 viene pubblicato il suo primo album e nel ’63 avviene il suo approdo nel mondo della televisione nel programma Rendez-Vous. Per il cantautore si aprono le porte del successo, le sue canzoni vengono trasmesse in radio ed è sulla bocca di tutti. De Andrè rivela al popolo il suo talento, ma allo stesso tempo la sua penna e la sua chitarra divengono un nemico per il potere.

Sono tante e sono troppe le canzoni del nostro cantautore, ma non temete ora vedremo assieme due album in cui si intravede un velo della sua anima.

Crêuza de mä (1984)

Crêuza de mä ,pubblicato nel 1984, è l’undicesimo album , realizzato assieme a Mauro Pagani (compositore italiano). È interamente cantato in dialetto genovese. Il disco è considerato come uno degli album più importanti degli anni ottanta, tanto che David Byrne (musicista e cantautore statunitense), ha dichiarato alla rivista Rolling Stone che Crêuza de mä è uno dei dieci album più importanti della musica non solo italiana ma anche internazionale.

L’album è composto da sei canzoni; De Andrè dedicò questo CD ai pescatori, come si evince da  Crêuza de mä che è il primo componimento, ed è stata pure la colonna sonora per l’inaugurazione del nuovo ponte Morandi, quindi una canzone che parla di un nuovo inizio, qualcosa di nuovo.

“Umbre de muri, muri de mainé
Dunde ne vegnì, duve l’è ch’ané
Da ‘n scitu duve a l’ûn-a se mustra nûa
E a nuette a n’à puntou u cutellu ä gua”

Crêuza de mä, è un capolavoro dell’arte e dopo anni rimane ancora uno tra i dischi migliori mai creati.

Crêuza de mä: cover. Fonte: fabriziodeandrè.it

 

Storia di un impiegato (1972)

“La “Storia di un impiegato” l’abbiamo scritta, io, Bentivoglio, Piovani, in un anno e mezzo tormentatissimo e quando è uscita volevo bruciare il disco. Era la prima volta che mi dichiaravo politicamente e so di aver usato un linguaggio troppo oscuro, difficile, so di non essere riuscito a spiegarmi.”

E’ il sesto album del cantautore, ed è composto da nove canzoni: quest’ultime sono legate tutte da un tema ben preciso che è quello della rivolta giovanile. L’album contiene tante storie diverse fra di loro ma tutte con lo stesso ideale.

Uno tra i brani più significativi è “Verranno a chiederti del nostro amore che è l’ottava traccia. Il brano racconta dell’impiegato che all’interno del carcere vede la sua donna intervistata dai mass-media e vedendola ripensa alla loro storia; a dividere i due innamorati è proprio quel muro del carcere ed essa è lontana da lui che spera possa diventare una donna autonoma e forte.

Storia di un impiegato: cover. Fonte: musica-bazaar.com             

 

La musica di Faber non rientra nel concetto di “banalismo”: la sua arte si spostava dalla canzone d’autore al folk, le sue sinfonie erano sempre accompagnate dalla sua vecchia amica a sei corde, diventato un simbolo dello stesso cantastorie. E ora mi rivolgo a voi lettori, quando pensate a De Andrè non lo vedete sempre con una chitarra in mano?

Ma tornando a noi, i testi di De Andrè sono considerati dei veri e propri capolavori non solo della musica italiana ma anche della poesia: i suoi racconti parlano degli ultimi e dei dimenticati, i suoi testi possono essere letti anche prima di andare a dormire o mentre si aspetta l’autobus, perché Faber è tutti noi.

“Se fossi stato al vostro posto… ma al vostro posto non ci so stare.”

 

Alessia Orsa

Io & Annie: storia di una relazione imperfetta

Commedia romantica profonda, ma con un tono umoristico – Voto UVM: 5/5                                           

I grandi film, col passare degli anni, non solo continuano ad essere visti ed apprezzati dal pubblico, ma fanno letteralmente la storia del cinema: diventano cult. Questo è il caso di Io & Annie (Annie Hall).

Il film diretto ed interpretato da Woody Allen, è una delle pellicole insieme a Manhattan che gli valsero maggior successo ed è uscito nelle sale nel 1977.

Fonte: pinterest.com- Alvy nel monologo iniziale

Trama

“Annie e io abbiamo rotto e io ancora non riesco a farmene una ragione. Io… io continuo a studiare i cocci del nostro rapporto nella mia mente e a esaminare la mia vita cercando di capire da dove è partita la crepa, ecco…”

Io & Annie racconta la storia della relazione tra un comico cinico, Alvy Singer, interpretato dallo stesso Woody Allen, e una giovane cantante, Annie Hall, interpretata da Diane Keaton.

Il film strutturalmente non ha una sua unità cronologica: Alvy ripercorre con la mente vari momenti della loro relazione in diversi episodi, alternando flashbacks anche della sua infanzia e del matrimonio con la sua prima moglie, Allison. Ciò che rende questo film speciale e diverso da qualsiasi altra commedia romantica è il modo in cui presenta al pubblico l’intera parabola di una relazione, dalla prima fase dell’innamoramento all’emergere dei primi contrasti e di un diverso modo di vedere le cose, fino alla rottura definitiva.

Durante tutto il film, inoltre, lo spettatore ha un contatto diretto col personaggio: una delle tecniche per cui Allen è maggiormente noto è il dialogo diretto con il pubblico. Alvy stesso presenta durante svariati monologhi il suo punto di vista, alternato sempre ad un sottile umorismo, a tratti velato di cinismo e pessimismo.

Annie Hall e Alvy Singer

Fonte: tumblr.com- Alvy ed Annie che si baciano

Alvy ed Annie hanno delle personalità opposte: Annie è molto esuberante, anche se all’inizio è un po’ insicura, specialmente riguardo al suo talento nel canto.  Proviene da una normale famiglia americana, è molto legata ai genitori e specialmente alla nonna.

Al contrario, Alvy è un personaggio molto cupo sotto vari aspetti: è ebreo e pensa di essere discriminato per questo, va da uno psicologo da quindici anni, non riesce ad avere relazioni stabili con altre donne. Non riesce a distaccarsi da New York, la sua città; è un comico, ma tutte le sue battute sono sempre di stampo umoristico-pessimistico. Durante la sua relazione con Annie tende in parte a soffocarla, facendola diventare un po’ come lui.

I due protagonisti inoltre rispecchiano in parte gli attori: Annie Hall, infatti riprende il vero nome dell’attrice Diane Keaton (Diane Hall), mentre il carattere di Alvy riflette un po’ lo stesso Allen, o comunque molti altri personaggi da lui ideati ed interpretati durante la sua carriera cinematografica come Isaac Davis in Manhattan (1979) o Sid Waterman in Scoop (2006).

Un film da Oscar

Io & Annie viene candidato nel 1978 a ben 5 premi oscar, di cui ne vince 4: miglior film, miglior regia ad Allen, miglior attrice protagonista alla Keaton e miglior sceneggiatura originale. Woody Allen ottenne anche la candidatura per miglior attore protagonista.

Inoltre, per i fan della serie tv How I met your mother, il film preferito di Ted è proprio… Io & Annie!

Fonte: wikipedia.it- Alvy ed Annie seduti nel parco

Per  finire

Credo che Io & Annie non sia solamente l’ennesimo film romantico strappa lacrime, ma che abbia un significato più profondo; in ogni caso, pur affrontando il difficile argomento della relazione di coppia, lo fa con punte di umorismo e nella maniera più leggera possibile.  Questo film non lascia la tristezza nel cuore, anzi: uno strano sorriso sul volto.

Ilaria Denaro