La sospensione del vaccino AstraZeneca: perché non dobbiamo avere paura

Una grande ondata di dubbi e incertezze ha travolto l’Italia dopo la decisione, presa ieri dall’Aifa, di sospendere la somministrazione del vaccino AstraZeneca per ragioni esclusivamente precauzionali. La scelta ha seguito il colloquio tra il premier Mario Draghi e il ministro della salute Roberto Speranza che si sono allineati a quanto stabilito, sempre ieri, anche da Spagna, Germania e Francia. L’Ema in queste ore è impegnata in approfondimenti e verifiche, i cui esiti potrebbero essere resi noti già da domani.

Dosi di vaccino AstraZeneca – Fonte: www.ansa.it

I decessi degli ultimi giorni

A suscitare preoccupazione sono state le notizie degli ultimi giorni. Giovedì scorso un militare palermitano di 43 anni è morto per arresto cardiaco il giorno dopo essersi sottoposto alla prima dose del vaccino. Nei giorni precedenti anche un poliziotto cinquantenne in servizio a Catania si era sentito male fino a giungere al decesso, circa 10 giorni dopo la somministrazione del vaccino. Questi due avvenimenti avevano portato alla sospensione di un lotto di Astra-Zeneca. In ogni caso, fino a questo momento, non è stato riscontrato il nesso causa-effetto tra il vaccino e le morti. Ecco quanto dichiarato dall’Aifa:

I casi di decesso verificatisi dopo la somministrazione del vaccino AstraZeneca hanno un legame solo temporale. Nessuna causalità è stata dimostrata tra i due eventi. L’allarme legato alla sicurezza del vaccino AstraZeneca non è giustificato”.

Anche in Piemonte, due giorni fa, in seguito alla morte di un docente a Biella, la somministrazione di Astra-Zeneca era stata momentaneamente sospesa in tutto il territorio regionale dal commissario dell‘Area giuridico-amministrativa dell’Unità di crisi della Regione Piemonte, Antonio Rinaudo.

In questo momento il vaccino è stato sospeso anche da Spagna, Francia, Germania, Danimarca, Norvegia, Bulgaria, Islanda, Irlanda, Paesi Bassi, Indonesia. A preoccupare sono stati i casi di trombosi verificatisi. In Gran Bretagna, invece, la somministrazione di Astra-Zeneca sta procedendo senza ostacoli.

Perché non dobbiamo avere paura

Gli eventi delle ultime ore, senza dubbio, hanno in parte infranto tutte le già precarie certezze degli italiani e confermato le preoccupazioni dei più restii. La decisione dell’Aifa, sebbene precauzionale e temporanea, rischia di mettere in difficoltà la campagna di vaccinazione per il polverone di psicosi e panico che ha sollevato.

Non ci si può dunque esimere da una valutazione razionale della situazione che tenga conto di tutti i fattori in campo.

Guardiamo innanzitutto alla Gran Bretagna, il paese che ha somministrato il maggior numero di dosi AstraZeneca e che procede a gonfie vele con la vaccinazione. Il sistema vigente per valutare gli effetti collaterali del vaccino è quello della yellow card, cioè delle segnalazioni volontarie delle reazioni avverse da parte di chi ha ricevuto la dose. Con questo meccanismo sono stati registrati 275 decessi su 9,7 milioni di dosi di AstraZeneca. La MHRA (Agenzia di regolamentazione dei medicinali e dei prodotti sanitari del Regno Unito), dopo aver analizzato i casi dei decessi, ha concluso che la connessione tra la somministrazione e le morti è temporale, non causale. Si trattava, infatti, per lo più di persone anziane o con patologie pregresse. Rassicurante è anche lo studio condotto sulla popolazione vaccinata in Regno Unito dal professore di Oxford Andrew Pollard, che conferma che non vi è un aumento di casi di trombi sanguigni tra i pazienti che hanno ricevuto il vaccino.

Il professore di Oxford Andrew Pollard – Fonte: www.ross-shirejournal.co.uk

Positivi sono anche i pareri degli esperti. Andrea Crisanti ospite nella trasmissione “L’Aria che tira” ha affermato:

Io mi vaccinerei con AstraZeneca e ho consigliato a persone a me care di vaccinarsi con AstraZeneca. I 2-3 casi di sospetti eventi tromboembolitici dopo questo vaccino sono obiettivamente pochi, perché in Inghilterra hanno vaccinato 10 milioni di persone con AstraZeneca e non hanno evidenziato nessun caso di questa complicazione”.

Lo stesso Silvio Garattini, presidente dell’Istituto di ricerche farmacologiche “Mario Negri”, invita a mantenere la calma e a guardare alla Gran Bretagna dove su una grande fetta di popolazione vaccinata non sono state registrate particolari reazioni gravi da pensare ad un nesso causa-effetto.

Per quanto riguarda i casi di trombosi, quelli che maggiormente hanno preoccupato i Paesi che hanno stabilito la sospensione, i numeri sono rassicuranti: come riportato da una nota diffusa da Astra-Zeneca, stando a quanto registrato fino all’8 marzo, in Europa e in Regno Unito, su un totale di 17 milioni di soggetti vaccinati con il vaccino anti-Covid di AstraZeneca, ci sono stati 15 eventi di trombosi venosa profonda e 22 eventi di embolia polmonare. AstraZeneca sottolinea che tale numero di eventi

è molto più basso di quanto ci si aspetterebbe che si verifichi naturalmente in una popolazione generale di queste dimensioni ed è simile per altri vaccini Covid-19 autorizzati”.

Tra l’altro, come riportato dalla fondazione Veronesi, la trombosi è la terza più comune malattia cardiovascolare subito dopo l’ischemia miocardica e l’ictus cerebrale. Vi è dunque un’alta probabilità di morire per trombosi anche in casi normali.

Grafico che mostra che all’aumentare dei vaccinati e dei morti attesi in relazione alla mortalità generale, già con 1.000 morti attesi, la probabilità di osservare almeno un vaccinato che muore nel giorno del vaccino è quasi del 95%. – Fonte: www.tpi.it

Siamo continuamente esposti a rischi

Al di là dei dati e dei pareri degli esperti, non possiamo non considerare che ogni intervento medico e/o farmaceutico è un rischio. Se così non fosse, nelle scatole dei medicinali che compriamo ogni giorno, non troveremmo il famoso foglietto illustrativo che mostra tutte le controindicazioni del farmaco. Chiari esempi sono gli antibiotici e l’aspirina. Nel novembre del 2019, in occasione della settimana mondiale per l’uso consapevole degli antibiotici, l’Istituto superiore di sanità ha pubblicato dei dati preoccupanti relativi all’abuso degli antibiotici: ogni anno nei paesi dell’Ue sarebbero avvenuti 33.000 decessi per infezioni causate da batteri resistenti agli antibiotici. Nel 2017 gli scienziati dell’Università di Oxford hanno messo in luce i rischi legati all’abuso di aspirina: in Regno Unito sarebbe stata responsabile di 3000 morti ogni anno e di 20000 casi di sanguinamento gastrointestinale.

Il vaccino, al pari di un qualsiasi di questi farmaci quasi “da banco”, comporta dei rischi. Non è un segreto. Nell’altro piatto della bilancia, tuttavia, ci sono molti benefici: il vaccino è l’unica arma che abbiamo per sconfiggere il Covid, per impedire che faccia ancora altre vittime, per permettere all’economia di risollevarsi, per ricominciare a vivere davvero, per evitare che il distanziamento e le chiusure determinino irreparabili problemi psicologici.

“Nessun farmaco è sicuro al 100%, ma bisogna tenere conto dei vantaggi di vaccinare la popolazione”,

lo ha detto Soumya Swaminathan, scienziato capo dell’Oms.

Se i benefici del vaccino sono superiori ai rischi, se i rischi mettono in pericolo la nostra vita meno di quanto faccia la pandemia, se i rischi non sono maggiori rispetto a quelli che corriamo ogni giorno per l’assunzione di farmaci che dovrebbero proteggere la nostra salute e per la stessa casualità della morte, forse vale la pena rischiare.  Di fronte a questo equilibrio tra rischi e benefici la paura non può non cedere il passo alla ragione.

 Il caso Fluad del 2014

Stando a quanto detto, la decisione dell’Aifa non può farci perdere la fiducia nel vaccino. È stata sicuramente una scelta di cautela, legata da una parte alla volontà di camminare accanto agli altri paesi dell’Ue, dall’altra di garantire sicurezza e certezze ai cittadini. In questi casi la precauzione non è mai troppa.

Vaccino antinfluenzale – Fonte: www.scienzaesalute.blogosfere.it

Una cosa simile successe nel 2014: in occasione della somministrazione del vaccino antinfluenzale Fluad, l’Aifa, in seguito alla segnalazione di tre anziani di 87, 79 e 68 anni morti subito dopo la vaccinazione, decise di ritirare due lotti dei due vaccini antinfluenzali in uso. Subito dopo vennero svolti degli accertamenti che dimostrarono che il vaccino era conforme agli standard di qualità e che non conteneva sostanze tossiche. All’epoca la Siti, la Società italiana di Igiene, calcolò che nel corso dei 2 mesi dedicati alla campagna anti-influenzale, per un fatto puramente casuale, ogni giorno 15-20 persone morivano entro 2 giorni dalla vaccinazione. In quell’occasione, la decisione dell’Aifa compromise la campagna di vaccinazione: seminò il panico e diffuse dei dubbi intorno alla sicurezza del vaccino presenti ancora oggi.

La stessa cosa sta accadendo in questi giorni con il vaccino AstraZeneca. In questo caso, lottare affinché la paura non prevalga sulla ragione è ancora più importante. C’è in gioco la sconfitta di una pandemia che ha ormai messo in ginocchio il mondo intero.

Chiara Vita

 

 

 

 

 

NextGenerationME: Alessia Merlino, tra metamorfosi sonore e carriera universitaria

Nel corso di questi anni abbiamo narrato, in diverse occasioni, la storia di celebri personalità del passato legate alla città di Messina. Pur considerando importante continuare su questo percorso, abbiamo deciso di intraprenderne un altro parallelamente, dando spazio ai giovani talenti messinesi, per dimostrare che la nostra comunità non è ancorata esclusivamente ai fasti del suo passato, ma è una realtà viva, nutrita dalla linfa delle nuove generazioni.

Oggi vi parliamo di Alessia Merlino, cantautrice barcellonese con all’attivo 8 inediti – di cui 4 su Spotify -, 14.480 follower sul suo profilo Instagram, 2871 like nella propria pagina Facebook e un canale YouTube particolarmente seguito.

alessia merlino
Screnshoot dell’intervista ad Alessia Merlino

Buongiorno Alessia, in breve, cosa dici di te per presentarti a chi non ti conosce?

Sono nata all’inizio del ’98 a Barcellona Pozzo di Gotto (ME). Nella vita sono una studentessa dell’Università degli Studi di Messina e frequento con amore il secondo anno del CdL di Scienze della formazione. Prima di ciò ero iscritta alla facoltà di Giurisprudenza, ma poi ho capito che era giunto il momento di non accontentare più gli altri e fare ciò che davvero il mio cuore desiderava. Ci riesco e anche con ottimi risultati; per me studiare è soprattutto uno sfogo. Per quanto riguarda l’altra mia carriera, ovvero quella musicale, diciamo che vale un po’ lo stesso concetto: canto, ringrazio e sono grata a chi ha collaborato con me e mi ha spinta fin dove sono attualmente arrivata, ma ora è il momento di volare e cimentarmi in quest’arte da sola. Se potessi descrivere ciò che mi è successo negli ultimi anni, direi che la mia persona ha subito una vera e propria metamorfosi, mi piace usare questa metafora.

alessia merlino
Copertina del singolo “Resti dentro”

Concentriamoci dunque sulla tua carriera musicale. Quando hai iniziato a cantare? Che genere di musica produci?

Ho iniziato a cantare ad 8 anni; la mia prima apparizione ufficiale risale al luglio del 2006. Da lì sono succeduti numerosi festival come Pub Italia del messinese Franco Arcoraci, o un altro in cui sono salita sul podio insieme ad Alberto Urso, oppure la mia esibizione ad Amici davanti al maestro Vessicchio. A proposito di questo, situazione Covid permettendo, a giugno vorrei andare a Roma per partecipare ai casting del talent. Il mio primo seguito ufficiale l’ho avuto però dopo l’uscita del primo singolo “Resti dentro”. Ho studiato canto e vorrei continuare per perfezionare il lato tecnico di questa mia passione. Purtroppo il Covid, oltre a negarmi la frequenza delle lezioni universitarie in presenza, mi ha contemporaneamente levato la possibilità di continuare a studiare canto. Se mi devo identificare in un genere musicale, dico sicuramente musica leggera. 

alessia merlino
Alessia durante la registrazione del singolo “Mentre te ne vai”

Dove possiamo ascoltare la tua musica?

Trovate alcune delle mie esibizioni e il mio canale su YouTube. Le mie canzoni sono su tutti i Digital Stores, su Spotify, e le potete condividere anche attraverso la sezione “musica” delle Instagram stories.

A proposito di Instagram! Ho notato che il tuo account conta più di 14mila followers. E’ un buon risultato considerando che sei un’artista emergente. Approfondiamo l’argomento?

Assolutamente sì, ringrazio i miei follower che mi seguono in tutto ciò che faccio e che condividono le mie canzoni. Ultimamente ho anche iniziato collaborazioni con diverse aziende, è una bella esperienza. Spero di crescere sempre di più perché se i numeri aumentano, ovviamente significa che la mia musica piace ed è appagante per un’artista.

Una delle esibizioni di Alessia nel 2019

Oltre i casting di Amici, quali sono i tuoi progetti futuri?

Ho un nuovo inedito interamente scritto da me pronto ad uscire presto, intitolato “Senza voce”, ed inoltre vorrei provare a fare uscire una hit un po’ più estiva rispetto alle sonorità a cui è abituato chi mi ascolta. I miei modelli di ispirazione sono Ultimo e Alessandra Amoroso, ma se devo sognare, un giorno mi piacerebbe molto duettare con Shade, e se devo allargare ulteriormente il sogno, mi vedo sul palco di Sanremo. Credo che sarebbe l’apice. Eppure, per quanto fondamentale sia la musica per me, il mio principale obiettivo è laurearmi col massimo dei riconoscimenti, lavorare al più presto e chissà, un giorno fare un dottorato di ricerca in pedagogia.

 

Alessia Merlino è bravissima a raccontarsi da sola e io da redattrice non ho potuto far altro che armonizzare i contenuti e riportare a voi il fulcro della nostra piacevole intervista. Quel che mi viene da aggiungere, raccogliendo in poche misere battute ciò che questa cantautrice è riuscita a trasmettermi, potrei sintetizzarlo con una nota citazione: “non conta da dove vieni, ma dove stai andando”.

Alessia è molto fiera e legata alla sua terra natale, ma parte da zero. Nonostante la sua condizione iniziale ha le idee ben chiare sulla strada che vuole intraprendere e crede in se stessa, elemento fondamentale per perseguire qualsiasi carriera. Non ha paura di darsi, di dare e di far sentire la sua voce.

Uno spunto per chi come lei, magari, vuole provare ad emergere tra la moltitudine delle nuove proposte musicali, di cui l’era dei social ci bombarda ogni giorno.

 

Corinne Marika Rianò

 

Alessia sui social:

instagram/_alessiamerlino

facebook/alessiaaamerlino

youtube.com/AlessiaMerlino

open.spotify/artist/

 

 

Serie TV e flashback, come il passato scandisce il nostro presente

A circa un anno dal lockdown, i social cominciano a mostrarci i ricordi con “ accadeva un anno fa…” allegando foto in pigiama, immagini di pane fatto in casa e videochiamate. Sicuramente la pandemia ci ha reso più nostalgici e vedere le cose che si potevano fare è ormai  parte della routine quotidiana. 

Siamo tutti più avidi di ricordi: riusciamo a trovare sollievo nel passato e questo ci strappa un sorriso; ma ci sono serie tv che hanno fatto di eventi del passato – sotto forma di flashback – i loro punti di forza, usandoli come pretesto per raccontare o dare senso alle vicende o come vera e propria struttura narrativa. Da nuove uscite a grandi classici (come l’intramontabile How I Met Your Mother), il throwback non è solo la tendenza del momento.

Lost, 2005-2010

Quando si parla di flashblack, non possiamo non citare la serie cult per eccellenza. Lost probabilmente è stata la prima serie ad essere diventata un fenomeno di massa: le – fin troppo – complesse vicende che seguono lo schianto dell’aereo di linea 815 della compagnia Oceanic Airlines su un’isola sperduta, si snodano di fatto attraverso le storie precedenti dei naufraghi, con un continuo utilizzo dei flahsback. Il fascino dell’utilizzo di questa tecnica in Lost  è dovuto in gran parte al riflesso che le vicende passate sembrano inesorabilmente avere sulla vita presente dei superstiti toccando la sfera del paranormale.

Cast della serie; in primo piano due dei protagonisti principali: Jack Shepard (Matthew Fox) e Kate Austen (Evangeline Lily) 

Ma se l’isola di normale sembra avere ben poco, fino ad essere considerata un’entità “viva e consapevole”, la trama non può che rispecchiare questo leitmotiv: procedendo attraverso eventi sempre più strani e inspiegabili, lo spettatore si rende presto conto di come tutto sembra non avere – come si suol dire – né capo né coda. A “cominciare” dal finale, molto discusso e oscuro alla maggior parte del pubblico, continuando con una serie di sempre meno credibili colpi di scena, Lost sembra rispecchiare proprio il concetto di flashback: del resto, cos’è la memoria se non uno spazio immaginario, quasi teatrale, onirico, sempre più confuso e distante, dove vanno in scena inevitabilmente sempre gli stessi personaggi?

Mr. Robot, 2015-2019

Altra serie che meriterebbe un intero articolo , apparentemente potrebbe sembrare la più off topic. In realtà, nel capolavoro nato da un’idea di Sam Ismail,  il significato più profondo della vita complicata del protagonista, l’hacker Elliot Alderson (un eccezionale Rami Malek), risiede interamente nei suoi ricordi di infanzia. Mai come prima, una serie tv “moderna”, rivoluzionaria e per certi versi anche inquietante, ha nascosto così bene il suo animo più intimo, facendo di fatto ruotare gran parte delle emozionanti vicende intorno a un tema: i rapporti tra Elliot e i suoi familiari (e i pochissimi amici), ma soprattutto con il padre. 

Celebre scena (prestata in passato a molti meme) nella quale Elliot ( Rami Malek) esulta a Times Square. 

Per questo la serie non è soltanto un must per tutti gli appassionati di spionaggio e informatica, rivoluzionari e amanti dei thriller in senso lato: il racconto di come un gruppo di hacker ha provato a cambiare il mondo è una storia fatta di antieroi, ciascuno con la propria fragilità e il proprio vissuto.

Un passato che lascia ferite ben più profonde di una crisi monetaria globale, ma che, allo stesso tempo, rappresenta una fonte inesauribile di energia (anche se non sempre positiva).

Dark, 2017-2020

Passato, presente e futuro in un cerchio. D’altronde è vero: tutto si ricollega e ritorna al proprio posto, ma cosa succede se l’ inizio è la fine stessa?

Beh, in Dark è possibile vederlo: questa serie – che richiede più attenzione di quanto crediate – si fa strada nel tempo e nello spazio, dimostrando l’importanza dei rapporti umani, delle scelte e il peso delle loro conseguenze. Ogni episodio, a se stante, è come una goccia nel mare o come la goccia che fa traboccare il vaso, quindi è essenziale per capire il quadro generale ma anche per poterlo risolvere.

Presente, futuro, passato. Fonte: lascimmiapensa.com

È sicuramente innovativa, ben fatta, ma molto difficile da capire. Bisogna mettersi lì, a creare alberi genealogici e mappe per poter uscire dal labirinto delle vicende, cercando di comprendere come quello che succede è conseguenza e causa stessa di ciò che è accaduto.

Il flashback, qui, diventa reale. Andare indietro nel tempo e poi tornare di nuovo al presente, per poi arrivare verso il futuro… Che sia questo schema narrativo un monito per noi? Magari questo è il modo giusto di affrontare la vita? A voi la risposta.

Lupin, 2021 – in corso

La storia del ladro gentiluomo prende il volto di Assane (interpretato da Omar Sy): un moderno Lupin immerso nella Parigi del 2020, raccontato da Netflix con estrema leggerezza ma – allo stesso tempo – con una narrativa accattivante.

La storia del protagonista la si conoscerà a poco a poco. Saranno proprio i flashback a permetterci di conoscere il piccolo Assane e vedere come costruisce la sua identità di gentiluomo.

Primo bottino del gentiluomo. Fonte: Netflix

La trama sarà diversa da quella di «Lupin, Lupin, l’incorreggibile» perché dietro si nasconderanno problematiche differenti, attuali ma da sempre presenti: il potere del più forte, il sacrificio dei genitori e la discriminazione. Tuttavia, nonostante le critiche, la serie ha ottenuto un grandissimo successo.

Con lo stampo della – più fruttuosa – Casa De Papel, il protagonista raffigura un genio della truffa e tutto quello che ottiene sarà frutto di uno studio attento della situazione, delle conseguenze delle sue azioni; inoltre non perderà mai di vista l’obiettivo: vendicare il padre.

Ancora una volta, ci costringono ad ammirare il “cattivo” e a metterci dalla sua parte, per cui viene da chiedersi chi sbaglia: il carismatico e creativo ladro o coloro che lo inseguono?

L’estate in cui imparammo a volare (Firefly Lane), 2021 – in corso

La nuovissima serie tv proposta dalla grande N è un capolavoro che, purtroppo, non profuma di successo. 

La storia, riadattata dall’omonimo romanzo, è quella di due amiche che la vita ha reso sorelle e il cui legame indissolubile verrà confermato dagli innumerevoli salti temporali: dagli anni ottanta ai duemila, le vedremo da preadolescenti ad adulte crescere insieme e – nonostante provenienti da ambienti diversi – diventare le donne che sognavano.

 Tully e Kate ’80s. Fonte: rollingstone

Ad interpretare le due ragazze saranno due mostri sacri del piccolo schermo quali Katherine Heigl e Sarah Chalke meglio conosciute come Izzie (di Shondiana memoria) e Elliot di Scrubs; la loro bravura trapelerà in ogni episodio dando consistenza alle storie. La vicenda rende vera quella scritta «amiche per sempre» che non mancava sui diari delle nostre compagne di banco: nel loro caso la promessa viene riconfermata ogni anno che passa.

Il throwback, qui ben strutturato, ci dà la consapevolezza di quanto le protagoniste siano state importanti l’una per l’altra e di come le scelte prese a quindici anni abbiamo un riverbero anche a trentacinque.

L’importanza del passato quindi è inevitabile: il piccolo schermo non fa altro che accattivarci impacchettando le nostre necessità sotto forma di comodi episodi da divorare a nostro piacimento.

Che ci piaccia o no, tutto ciò che accade assume senso alla luce di ciò che lo ha preceduto.

Emanuele Chiara e Barbara Granata 

Femminismo sui social o nella letteratura: la risposta a Jane Austen

Come ogni 8 Marzo che si rispetti, le città e i social si riempiono di mimose.

L’8 Marzo è quella “festa” in cui tutte (e tutti) diventano femministe e si urla a gran voce «viva le donne!», «auguri a tutte noi!» o – per meglio dire – spesso si condivide soltanto una storia o un post ad hoc. Questo può essere definito femminismo? Può realmente creare un movimento per quei diritti che ancora mancano? Ciò che vediamo sui social è femminismo o mero esibizionismo?

Ma un’altra domanda sorge spontanea: è giusto chiamarla “festa”? No. L’8 marzo non è propriamente una festa, ma una ricorrenza per ricordare i diritti per cui le donne hanno combattuto e le lotte che hanno affrontato.

Ultimamente nel web e sui social si è sviluppato un “finto” femminismo che va a schiacciare l’uomo e la donna stessa. Ma che vuol dire essere davvero femministe?  E chi lo è stato in passato? Sono tanti e troppi i nomi, ma una delle femministe più influenti e conosciute è Jane Austen.

Jane Austen: ritratto di una femminista

Non so cosa significhi amare la gente a metà, non è nella mia natura. I miei affetti sono sempre eccessivi.

   Ritratto di Jane Austen. Fonte: Marieclaire

Essere femministe tra ‘700 e ‘800 non era semplice:  essere donna a quei tempi voleva dire essere ” una donna di casa”,  “una donna nata per essere moglie e madre”, ” una donna che deve lavare e cucire”, e tante altre definizioni stereotipate. Essere donna significava essere ciò che vuole e pretende la società.

Cosa rende una  “donna” tale? Non credo che ci sia un’unica risposta, ma molteplici, perché si è ciò che è solo quando si è liberi di sentirsi bene con sé stessi: solo allora si può diventare “qualcuno”.

Ma – tornando a noi – stavamo parlando di Jane Austen, scrittrice femminista vissuta a cavallo tra ‘700 e ‘800. Jane Austen con il suo lavoro è riuscita a rompere la patina delle etichette, trasformando l’impensabile in normalità. Le eroine dei suoi romanzi sono semplici ragazze che vogliono affermare la propria identità in un mondo costruito su misura per il genere maschile, un mondo in cui essere donna equivale a trovare marito, una società in cui solo diventando moglie si diventava “Donna”.

La Austen con la sua impronta è riuscita togliere il velo del finto perbenismo e ne ha tessuto un altro, allungato poi da altre donne con battaglie e piccoli segni di protesta. È riuscita a costruirsi la propria strada senza affiancarsi a un uomo: rifiutò infatti il matrimonio per dedicarsi totalmente alla scrittura. Il suo essere nubile è un segno di protesta che sembra urlare: “non ho bisogno di un uomo che mi mantenga, il mio essere e il mio modo di fare  costruiscono ciò che sono, la mia identità”.

Curioso sapere che la Austen non firmò mai col suo nome i propri libri, ma utilizzo l’appellativo “The Lady”: come mai? Non si conosce la verità: forse la scrittrice non voleva dare troppo nell’occhio o forse voleva semplicemente urlare la propria protesta senza troppi meriti ed elogi.

Orgoglio e pregiudizio (1813)

 L’immaginazione di una donna corre sempre: dall’ammirazione passa all’amore, dall’amore al matrimonio, tutto in un istante.

Copertina del libro. Fonte: libraccio.it              

Orgoglio e pregiudizio è uno dei libri più famosi della scrittrice. I protagonisti sono Elizabeth (pregiudizio) e lo scapolo Mister Darcy (orgoglio), due giovani ragazzi dotati di originalità, giacché ragionano con la propria testa, rinnegando il pensiero tradizionale e seguendo la loro propria identità in un mondo in cui non sei tu a decidere chi devi essere.

Elizabeth fa parte della famiglia Bennet ed è la seconda di cinque figlie, si è sempre sentita fuori luogo perché a differenza delle altre sorelle e della madre la frivolezza non fa parte di lei. Il padre, Mr Bennet, nutre una preferenza verso la nostra eroina, proprio per il suo essere “la pecora nera” della famiglia.

Nei pressi di casa loro, si trasferisce un giovane scapolo, Mr Bingley, accompagnato da Mr Darcy, e la madre di Elizabeth, col suo animo di donna frivola, vede un opportunità per le sue figlie: un marito per “sistemarle”.

La famiglia Bennet farà conoscenza dei nuovi vicini e durante un ballo Elizabeth noterà Mr Darcy, ma quest’ultimo mostrerà indifferenza scatenando sentimenti di antipatia in Elizabeth. Da quel ballo, la vita della protagonista cambierà: scoprirà di nutrire un interesse verso Mr Darcy e nascerà una delle storie d’amore più belle della letteratura mondiale.

Mai aveva sentito così chiaramente di poterlo amare, come ora che tutto l’amore era vano.

Ma cosa ha reso così importante Orgoglio e pregiudizio nel panorama femminista? L’opera è riuscita a scavare nell’animo di un’eroina anticonformista ma non esibizionista, forte e indipendente, che ha saputo imporre sé stessa e il suo modello di vita semplicemente con la razionalità delle proprie scelte, senza per questo rinunciare all’amore. A testimonianza di come il femminismo “reale”- quello di Jane Austen e di tante altre sue colleghe scrittrici – continuerà a gridare dai loro libri fino a quando ogni singola donna non sarà considerata veramente uguale all’uomo.

Alessia Orsa

UniMe-SIC: Chillemi e Crisafulli coinvolti nello sviluppo del prototipo di Moto3

Massimiliano Chillemi e Davide Crisafulli, studenti del corso di Laurea Magistrale di Ingegneria Meccanica dell’Università di Messina e facenti parte del reparto Aerodinamica di Stretto in Carena, sono stati coinvolti nello sviluppo del prototipo di Moto 3 del Gresini Racing dall’Ing. Lorenzo Scappaticci, mostrando un talento innato.

Fonte: unime.it

Cos’è stretto in carena?

Stretto in Carena – SIC è un team di MotoStudent del sud Italia formatosi all’interno dell’Università, sviluppando un modello complementare di formazione per studenti di UniMe. Compete con altri gruppi universitari in tutto il mondo, mettendo in pratica le competenze acquisite durante il corso di studi ed ha come fine quello di progettare, sviluppare e costruire un prototipo di moto da corsa che verrà testato e valutato sul circuito di Aragòn. Non è il primo progetto ad essere sviluppato, in precedenza il team ha partecipato ad altri progetti internazionali come “Mille e Una Vela” e “Formula Student”.

Perché è un progetto importante? Perché permette già all’interno del percorso universitario di formarsi sul campo e mettere in evidenza le proprie competenze, potendosi presentare alle aziende per un futuro lavoro.

Sito Stretto in Carena

Cos’è il Team Gresini Racing?

Il team Gresini Racing, è un team che compete nei più grandi campionati del moto mondiale (MotoGP, Moto 2, Moto 3) ma anche nella nuovissima Moto-E. È una delle realtà più importanti avendo disputato ben 774 GP e aver ottenuto 171 arrivi al podio.

Sito Team Gresini Racing

Cos’hanno fatto gli studenti?

I due studenti sono stati coinvolti nel progetto dal prof. Lorenzo Scappaticci di sviluppo di prototipo di Moto3 dopo aver partecipato ad una puntata di “Stretto in Cameretta” dallo stesso professore,  che ha così commentato:

Hanno dato un contributo numerico alla determinazione del campo di moto nella zona laterale del cupolino di una Moto3, con particolare riferimento all’interazione della mano con il flusso. Inoltre, hanno proposto soluzioni aerodinamiche utili alla riduzione della resistenza di scia.

Abbiamo avuto l’occasione di conoscere meglio i giovani protagonisti!

Cosa significa per te “Stretto in Carena”?

Davide: “SIC-Stretto in Carena è il trampolino di lancio che mi ha permesso di crescere sia dal punto di vista professionale che personale, dandomi la possibilità di mettermi in gioco e applicare le conoscenze acquisite durante il mio percorso di studi. Appena entrato nel team, nel 2018, il mio modo di vivere l’università è cambiato, da un semplice luogo di studio è diventata quasi una seconda casa, un ambiente stimolante dove ho avuto la fortuna di conoscere colleghi ambiziosi con cui lavorare verso un obiettivo comune e che si sono rivelati essere anche ottimi amici. L’esperienza svolta con Gresini insieme al mio collega Massimiliano e con la collaborazione del prof. Scappaticci della galleria del vento di Perugia, è sicuramente frutto dell’intenso lavoro fatto in questi anni per SIC e motivo di orgoglio personale, ma è anche la dimostrazione che non è necessario abbandonare la propria città per raggiungere grandi traguardi.”

Massimiliano: “SIC è stata all’inizio un’opportunità, perché mi ha permesso di coniugare le conoscenze teoriche con gli aspetti applicativi della progettazione di un prototipo pre-Moto3. Dopo quattro anni, posso dire che Stretto in Carena è a tutti gli effetti diventato una famiglia e che il lavoro e i sacrifici fatti in questo tempo mi hanno portato diverse soddisfazioni, tra cui la possibilità di lavorare sul nostro prototipo in galleria del vento a Perugia con il prof. Scappaticci, confermando sul campo la qualità del lavoro computazionale svolto in precedenza. Questo è stato il punto di partenza per altre esperienze di progettazione aerodinamica, tra cui quella recente condivisa con Davide in Gresini.”

Quali sono le tue ambizioni future?

Massimiliano: “La speranza mia e di tutto il team è di poter gareggiare a luglio, Covid-19 permettendo, alla prova finale in pista ad Aragon per poter completare il percorso compiuto finora. In futuro la mia intenzione è quella di continuare a lavorare in ambito aerodinamico, facendo tesoro delle competenze acquisite grazie a questo progetto.”

Davide: “Il mio prossimo obiettivo è sicuramente quello di continuare ad arricchire la mia formazione completando il percorso di studi magistrale per poi cogliere le opportunità di lavoro future che si presenteranno.”

Ringraziamenti

L’Università di Messina è entusiasta di vedere emergere i propri studenti e di offrire un percorso formativo ampio e soddisfacente. Il prof Eugenio Guglielmino (coordinatore del Corso di Laurea Magistrale Magistrale di Ingegneria Meccanica) e la prof.ssa Ida Milone (Direttore di Dipartimento di Ingegneria) si uniscono ai vari complimenti espressi.

Il team di UniVersoMe si complimenta con i ragazzi, i professori e l’Università tutta, sperando di vedere presto i due giovanissimi in pista ad Aragon!

Livio Milazzo

Malcolm & Marie, un instant movie in bianco e nero


Film drammatico e a tratti romantico con una trama molto semplice. Non adatto ad un grande pubblico – Voto UVM: 4/5

In amore, come in qualsiasi altro rapporto, succede spesso di trovarsi in disaccordo su qualche punto e quando ciò accade diventa necessario non trasformare quella discussione in una lotta di supremazia. La soluzione quasi sempre più razionale risiede nel saper disinnescare e nel volersi sempre confrontare. Ma, come ben sappiamo, non è sempre così semplice ed i problemi sono spesso molteplici nonostante la complicità.

Chi è Malcom? Chi è Marie? Cos’hanno a che fare con la nostra riflessione? Scopriamolo insieme.

Tra euforia e scintille: un gioco al massacro

Nella bellissima pellicola in bianco e nero di Sam Levinson, gli attori che interpretano la giovane coppia di Los Angeles, ovvero Malcolm & Marie, sono Zendaya e John David Washington.
Malcom è un regista afroamericano, Marie un’ex tossicodipendente che ha abbandonato il sogno di diventare attrice.

Nella prima scena, ambientata in una favolosa villa a Malibù, entrambi sono reduci dalla magnifica presentazione del nuovo film di lui. Nonostante la bellissima serata, Marie si sente profondamente offesa con il proprio compagno, il quale ha dimenticato di ringraziarla pubblicamente.  I movimenti di Marie si fanno sempre più meccanici mentre prepara la cena a Malcom. Quella tensione lascia spazio ad una sola idea: il litigio è alle porte.  

Nel mezzo di un’accesa discussione, Malcom si rifiuta di ammettere che la protagonista del film è ispirata a lei. Da questa semplice scintilla, lungo il corso della notte, verranno messe a nudo le problematiche della coppia attraverso un cocktail di smisurata ambizione, egoismo, arroganza e rabbia.

Marie: Sai cosa c’è Malcom? Credo che quando ti senti amato e protetto da qualcuno, ti dimentichi di quella persona. Ti accorgi di lei quando stai per perderla

I due protagonisti Marie ( Zendaya) e Malcom (John David Washington). Fonte: ovicio.com.br

Una storia figlia del presente

Malcolm & Marie è stato ideato e scritto durante l’estate scorsa ed è figlio della delicata situazione che stiamo vivendo: è stato il primo film ad esser completato dopo lo scoppio della pandemia di COVID-19. La storia si consuma in 1 ora e 46 minuti in cui il continuo confronto tra la coppia si riduce in lunghi monologhi urlati, confessioni sussurrate, voci spezzate e continui assalti verbali, il tutto condito da altalenanti ruoli di giudice e imputato, vittima e carnefice che ingannano e nascondo i veri sentimenti.

La pellicola è un romantic drama in cui gli attori giocano molto bene il ruolo che rivestono. La loro passione è senza mezze misure: fatta di baci, desiderio, odio e amore, un continuo respingersi per poi abbracciarsi ancora più forte. Questi aspetti rendono il film magnetico e a tratti criptico anche se la storia si scioglie successivamente nella semplicità della propria trama. Malcom & Marie è stato definito come un esercizio di stile, un prodotto indie furbo che mette in mostra le capacità degli attori: il bianco e nero, infatti, è molto ricercato anche nelle immagini e dietro le scelte stilistiche si nasconde una grande voglia di farsi notare e spiccare.

Certo, non è un film che può soddisfare tutti, ma riesce a brillare solo agli occhi di chi ama quel tipo di cinema intimo, libero e a tratti ribelle.

 Malcom: Sei così spaventata ed egoista da dovermi demolire, criticando tutto ciò che faccio […] Hai bisogno che io abbia bisogno di te, altrimenti cosa diavolo ci faccio con te? Tu vuoi il controllo e non riesci ad immaginare che io voglia stare con te solo perché ti amo. Ti amo e basta, tesoro. Non ho bisogno di te. Ma ti amo. C’è qualcuno in questo mondo che ti ama e basta. Amo come funziona la tua mente, Marie. Amo come osservi il mondo.

Fonte: pedestrian.tv

Cento minuti di dialogo

Gli argomenti che i due affronteranno durante i forti litigi saranno molto delicati e intimi, ed è per questo che non vogliamo rovinare la semplice- ma anche sofisticata- trama raccontando tutto adesso. Il consiglio è quello di prendersi del tempo, mettersi comodi sul divano e assaporare il racconto ricorrendo ad una buona dose di empatia. Lo spettatore dovrà mostrarsi attivo nel captare la storia, senza alcun tipo di giudizio generalizzato.
Nessun significato nascosto, nessuna verità da ricercare, niente di oscuro, tutto si riduce alla semplice e mai banale discussione dei due attori.

Annina Monteleone

Lenta la vaccinazione nell’Ue: l’Austria vuole una collaborazione con Israele

La strategia di vaccinazione messa in campo da Bruxelles procede lentamente. E il cancelliere austriaco Sebastian Kurz non ci sta. L’esigenza di rapidità lo porta a guardare fuori dall’Ue e ad accordarsi con Israele.

Austria, Danimarca e gli altri “first mover” con Israele

Dopo l’annuncio della scorsa settimana di un possibile accordo con la Russia per la fornitura del vaccino Sputnik V, l’Austria si è dimostrata ancora una volta diffidente nei confronti della campagna di vaccinazione dell’Ue: il cancelliere Kurz ieri ha dichiarato di voler affiancare Israele nella produzione di dosi di vaccino di seconda generazione. La stessa decisione è stata presa dalla premier danese Mette Frederiksen e dagli altri “first mover”, gruppo di paesi formatosi in estate per iniziativa dello stesso Kurz per elaborare celeri strategie di contrasto alla pandemia che comprende oltre ad Austria, Danimarca e Israele, anche Grecia, Repubblica Ceca, Norvegia, Australia e Nuova Zelanda.

Secondo Kurz l’approccio di Bruxelles si è rivelato corretto, tuttavia l’Ema ha tempi di approvazione troppo lunghi e, a questo, si aggiungono i ritardi nelle consegne delle case farmaceutiche. Le rapide mutazioni del virus, per il cancelliere austriaco, richiedono tempestività. Per essere pronti, secondo Kurz, non basta fare affidamento sull’Ue.

La risposta di Bruxelles è stata moderata. Infatti, come spiegato da un portavoce della Commissione, c’è sempre stata la possibilità per gli Stati membri di stringere accordi con altri paesi e, soprattutto in questa circostanza, si può trarre insegnamento da approcci diversi da quello europeo.

In Italia, Paolo Gentiloni, commissario agli Affari economici, ha giustificato i ritardi e la lentezza delle procedure di approvazione che sarebbero legati a meccanismi che guardano in primo luogo alla garanzia della salute dei cittadini.

Salvini invece approva la decisione di Kurz:

“La priorità è difendere e tutelare la salute dei cittadini. L’Italia segua l’esempio”.

La campagna di vaccinazione israeliana

Perché  Israele corre rapidamente sul fronte vaccinazioni?

Fattori importanti sono un sistema sanitario altamente digitalizzato, un’efficiente organizzazione della campagna di vaccinazione della quale si sono occupate le 4 “casse malattie nazionali”. Fondamentale il contributo fornito dall’esercito che si è impegnato nella gestione delle persone da vaccinare negli stadi sportivi e nei tendoni predisposti.

il centro vaccini di piazza Rabin ad Israele – Fonte: www.rassegnaweb.it

Ma al di là di questo, il successo israeliano è legato all’importanza delle informazioni e del denaro. Infatti, l’accordo che Israele ha firmato con Pfizer-Biontech prevede non solo il pagamento di 30\47 dollari a persona per le dosi, molto più del doppio del prezzo praticato in Europa, ma anche la cessione di informazioni legate ai risultati delle vaccinazioni, al sesso, all’età, alla storia medica di coloro che hanno ricevuto il vaccino in cambio di 10milioni di dosi e della promessa di spedizioni di 400.000-700.000 dosi ogni settimana. Israele sarebbe dunque un grande laboratorio di sperimentazione. Il governo israeliano ha chiarito che alla casa farmaceutica vengono fornite solo statistiche generali, senza dati che potrebbero far identificare i soggetti a cui vengono somministrate le dosi.

Da considerare anche gli interessi del primo ministro Netanyahu che mira a completare con successo l’obiettivo della campagna di vaccinazione prima delle prossime elezioni.

La partnership tra Merck e Johnson & Johnson negli Stati Uniti

Anche negli Stati Uniti la vaccinazione procede a gonfie vele sin dall’inizio. Gli Stati americani, infatti, sono stati i primi a muoversi nel mercato investendo risorse nella prenotazione di vaccini che ancora neanche esistevano. Tra l’altro, l’approvazione di Pfizer e Moderna da parte della Fda è arrivata prima rispetto a quella dell’Ema. A velocizzare ulteriormente la campagna vaccinale si è aggiunta la partnership fra i giganti farmaceutici statunitensi Merck e Johnson & Johnson annunciata ieri da Biden. L’accordo è stato favorito proprio dalla Casa Bianca preoccupata per i possibili ritardi della produzione di Johnson & Johnson. Il vaccino di J&J che già garantiva la rapidità perché efficace con una sola somministrazione, verrà affiancato dal nuovo medicinale di Merck che ha già ottenuto l’autorizzazione della Fda. Biden sembra confidare in questa collaborazione che, come affermato ieri, potrebbe portare

“Gli Usa sulla strada di avere abbastanza vaccini anti Covid per tutti gli americani entro fine maggio”,

con due mesi di anticipo rispetto alle previsioni.

Chiara Vita

Passaporto vaccinale: di che cosa si tratta e quali sono le perplessità in Ue

In vista della primavera e dell’estate, in Europa si discute sui passaporti vaccinali. Questa misura, che permetterebbe al turismo di ripartire nonostante il Covid, è stata discussa dai Paesi membri durante il Consiglio europeo del 25 febbraio.

Che cos’è il passaporto vaccinale?

Il passaporto vaccinale è un documento rilasciato da un’autorità sanitaria che certifica di essere stati vaccinati contro il coronavirus. Per verificare rapidamente il documento alle frontiere o agli aeroporti si pensa alla realizzazione di piattaforme e applicazioni.

Sistemi di questo tipo sono già in fase di sperimentazione. L’International Air Transport Association, la principale organizzazione internazionale delle compagnie aeree, ha avviato la realizzazione del travel pass, strumento che nelle prossime settimane verrà adoperato da Etihad Airways e Emirates e che dovrebbe dare direttamente ai laboratori la possibilità di caricare su un’applicazione gli esiti dei tamponi e l’avvenuta vaccinazione.

L’azienda informatica IBM ha avviato lo sviluppo del Digital Health Pass, sistema per accertare l’avvenuta vaccinazione sempre tramite un’applicazione che consentirebbe anche l’accesso a luoghi pubblici, come pub, cinema e teatri.

Dubbi e incertezze

Sono tante le proposte circolanti. Tanti i dubbi e le incertezze che fin ad ora hanno impedito all’Ue di decidersi per una soluzione comune e unitaria.

Il passaporto genera preoccupazioni legate innanzitutto all’efficacia del vaccino. Infatti, nonostante il vaccino difenda dalla possibilità di contrarre l’infezione, dall’altra parte non ci sono certezze intorno alla trasmissione del virus. Ecco perché l’Oms è contraria ai passaporti vaccinali.

Inoltre, molte sono le perplessità intorno alla disuguaglianza, a cui inevitabilmente condurrebbe il passaporto, tra coloro che sono vaccinati e coloro che non lo sono. I secondi sarebbero privati della libertà di accedere a luoghi pubblici o viaggiare. Questo chiama in causa un’altra questione: l’obbligatorietà del vaccino. Catherine Haguenau-Moizard, docente di legge presso l’Università di Strasburgo ha affermato:

“O decidi che il vaccino deve essere obbligatorio o decidi che non lo deve essere, ma non puoi fare una via di mezzo in cui non è obbligatorio ma lo diventa per poter accedere ad un certo numero di servizi”.

Catherine Haguenau-Moizard – Fonte: www.youtube.com

Ha suscitato dubbi anche l’aspetto della privacy. Secondo molti, infatti, i passaporti potrebbero violare la segretezza dei nostri dati personali.

A prescindere dalle questioni etiche, sono molti i Paesi in Europa che stanno, comunque, prendendo in considerazione la possibilità di adottare il sistema del passaporto vaccinale.

Cosa ne pensano i paesi dell’Ue

Il Paese che si dimostra più favorevole è la Grecia, che spinge affinché questa proposta sia approvata in vista del turismo estivo. Anche l’Austria è d’accordo: il cancelliere Sebastian Kurz propone l’uso del passaporto non solo per i viaggi, ma anche per accedere ai luoghi pubblici. Kurz guarda ad Israele, dove il governo darà la possibilità di prendere parte ad eventi ed entrare in luoghi pubblici ai vaccinati che dovranno prima registrarsi in un’apposita applicazione. Non si può, tuttavia, non considerare che Israele è il paese al mondo più avanti nella campagna di vaccinazione. Quindi il problema delle disparità generate dal passaporto non si pone così come in Europa.

Più incerti si sono dimostrati Belgio, Germania e Francia. Per il ministro della Salute francese, Olivier Veran, è ancora troppo presto:

Non sono stati tutti vaccinati e non sappiamo se il vaccino impedisca il contagio“.

Per la Merkel, dato il basso numero di vaccinazioni, quello del passaporto vaccinale resta un progetto futuro al quale però bisogna tenersi pronti. Per il momento la Germania non intende autorizzare restrizioni per chi non è stato vaccinato ma non esclude che questo possa avvenire nel privato.

Se un ristoratore vuole proporre un’offerta ai possessori di un passaporto vaccinale non possiamo impedirglielo“, ha dichiarato la ministra della Giustizia, Christine Lambrecht.

Mario Draghi, al vertice europeo, non si è espresso sui passaporti vaccinali, ma piuttosto sulla necessità di velocizzare la campagna di vaccinazione, richiedendo all’Ue un atteggiamento diverso nei confronti delle aziende farmaceutiche che non rispettano gli impegni nella fornitura di dosi. Draghi ha proposto un blocco delle esportazioni al di fuori dell’Europa per chi è in ritardo con le consegne.

Mario Draghi al vertice europeo – Fonte: www.ansa.it

Al di là delle divergenze, tutti Paesi concordano sulla necessità di sviluppare un approccio comune europeo al sistema dei passaporti vaccinali.

Se non ci riuscissimo, le iniziative bilaterali creeranno ancora più difficoltà”,

dice Ursula Von der Leyen, facendo riferimento in particolare alle soluzione già offerte da Google e Apple al problema dei passaporti. Quello che preoccupa maggiormente la presidente della Commissione è la questione della privacy:

“Si tratta di condividere informazioni confidenziali, quindi vogliamo dire chiaramente che noi offriamo una soluzione europea”.

Per Von der Leyen la decisione dovrà tenere conto da una parte delle discriminazioni causate dal passaporto, dall’altra parte del fatto che per molti paesi dell’Ue il turismo è il settore chiave dell’economia. Bruxelles spera di giungere ad un accordo con i governi europei già a marzo e prevede che lo sviluppo tecnico del passaporto vaccinale richiederà almeno 3 mesi.

Ritardi nella campagna vaccinale

La discussione sul passaporto vaccinale è resa ancora più complicata  dai ritardi che stanno ostacolando la campagna vaccinale. Mentre negli Stati Uniti il 13,4 % della popolazione ha già ricevuto almeno una dose dei vaccini contro il coronavirus e nel Regno Unito il 26,7%, Germania e Spagna sono al 4,2%, mentre Francia e Italia al 3,9%. L’Ue che ha avviato la vaccinazione già con ritardo a causa dei lunghi processi decisionali, è stata poi messa in difficoltà dalla riduzione nelle forniture di Pfizer Biontech a causa di alcuni lavori di potenziamento, da svolgere nello stabilimento produttivo in Europea e dai rallentamenti nelle consegne del vaccino di AstraZeneca. La Commissione europea ha indicato l’obiettivo di vaccinare il 70% della popolazione adulta entro l’estate, ma per raggiungerlo sarebbe necessario, secondo uno studio condotto dalla Società di assicurazione crediti commerciali Euler Hermes, un ritmo di somministrazione di sei volte superiore a quello attuale.

Stando alla situazione attuale, l’immunità di gregge potrebbe essere raggiunta solo alla fine del 2022. Una speranza proviene dall’aumento delle forniture previsto per i prossimi mesi garantito dalla disponibilità di nuovi vaccini come quello di Johnson & Johnson.

Chiara Vita

Walk the line: musica e amore come medicine

“Walk The Line” è un biopic degno di nota. Racconta una storia di lotta contro se stessi e di quanto possa essere importante la musica, andando ad affrontare anche altre tematiche fondamentali per un artista – Voto UVM: 4/5

Oggi 89 anni fa nasceva una delle più celebri star della musica statunitense: Johnny Cash.

Ha conquistato il pubblico americano tramite canzoni che sono entrate a far parte di prestigiose Hall of Fame di generi diversi a testimonianza della sua poliedricità. Nonostante una vita travagliata, è riuscito a imporsi nel panorama musicale divenendo principalmente un’icona della musica country.

Johnny Cash con la sua chitarra- Fonte: arte.sky.it

Il film  Walk The Line ( Quando l’amore brucia l’anima) diretto da James Mangold ripercorre le tappe fondamentali della sua carriera.

Trama

Johnny (Joaquin Phoenix) è un bambino che vive in una fattoria dell’Arkansas. Un giorno mentre è a pesca, il fratello si ferisce con una sega e muore; di lì in avanti i rapporti tra Johnny ed il padre si incrineranno notevolmente.

Nel 1950 si arruola  nell’aviazione prestando servizio nella Germania dell’Ovest dove comincia a suonare la chitarra per diletto per poi tornare in patria qualche anno dopo dove sposa la sua fidanzata ed inizia a lavorare come venditore porta a porta per vivere. Tuttavia sente che gli manca un qualcosa. Infatti, durante una giornata di lavoro , passa davanti ad uno studio di registrazione e colto dall’ispirazione decide di fondare un gruppo.

Dopo un’audizione Johnny conquista Sam Phillips (Dallas Roberts), produttore musicale e proprietario della Sun Records, il quale gli fa sottoscrivere immediatamente un contratto ed incidere il suo primo disco: Cry! Cry! Cry!

Locandina del film – Fonte: tmdb.it-maku.com

Le canzoni iniziano ad essere tramesse in radio ed il cantante parte per un tour di primaria importanza: infatti alla tournée partecipano grandi artisti emergenti del calibro di Elvis Presley e Jerry Lee Lewis e proprio in questo periodo il nostro protagonista conosce la bellissima cantante June Carter (Reese Whiterspoon) della quale si innamora perdutamente.

Tra alti e bassi, droga e carcere, Johnny non perderà mai il suo amore per la musica (e per June) e nonostante tutte le peripezie diventerà una delle più grandi star americane.

Regia

Il regista James Mangold ha voluto raccontare la storia di Johnny Cash improntandola fortemente sul lato umano.

L’amore è sicuramente uno dei temi principali della pellicola oltre- ovviamente- alla musica. E’ infatti proprio grazie a questo sentimento nei confronti di June che il protagonista trova la forza per reagire a qualsiasi problematica e spingersi oltre raggiungendo altissimi livelli.

Johnny Cash (Joaquin Phoenix) e June Carter (Reese Witherspoon) – Fonte: pinterest.it

Mangold stesso ha dichiarato di essersi emozionato quando durante uno dei suoi ultimi incontri con il vero Johnny Cash gli chiese quale fosse il suo film preferito, ed il cantante rispose:

Frankenstein. Perché è la storia di un uomo composto da parti marce. Una specie di oscurità. E contro la sua stessa natura… continuò a lottare per essere buono.

Forse un po’ severo con se stesso, ma sostanzialmente questo concetto si avvicina a quel che era Johnny. Il cantante, come riportato nel film, per un periodo è stato fortemente dipendente dalla droga che gli ha causato gravi problemi sia nelle relazioni sia a livello legale (di fatti è stato in carcere). Un uomo che sicuramente ha sbagliato, ma definirlo un mostro risulterebbe esagerato.

Comunque, la definizione di Frankenstein in parte esprime perfettamente la sua natura: anche se Johnny Cash non si riteneva una brava persona, ha cercato comunque di fare del bene come quando nel 1968 tenne un concerto alla prigione di Folsom per i suoi detenuti e inoltre prese in giro il direttore del carcere che li maltrattava (il regista ha deciso di chiudere il film proprio con questa scena meravigliosa sulle note di una delle sue canzoni più belle, Cocaine Blues).

Cast

Joaquin Phoenix nei panni di Johnny Cash è- come al solito- monumentale ( della sua interpretazione in Joker abbiamo già parlato qui). Fortemente calato all’interno del personaggio, l’attore, mediante lo sguardo, esprime un costante stato di preoccupazione ed ansia con cui il protagonista convive a causa della sua vita tormentata.

Scena del film in cui Johnny si esibisce per i detenuti – Fonte: themacguffin.it

Le canzoni sono interpretate da Joaquin stesso, così come quelle di June Carter da Reese Whiterspoon. Incredibile la chimica instauratasi tra i due attori, in particolare quando si esibiscono sul palcoscenico: nella realtà ciò era scontato dato che i cantanti si amavano; nel film i due interpreti sono riusciti perfettamente a rappresentare quella stessa armonia.

A livello di critica la pellicola fu un successo enorme, tanto che riuscì ad aggiudicarsi 3 Golden Globes e ben 5 nomination agli Oscar del 2006 (vincendone solo uno con Reese Whiterspoon per la Miglior Attrice Protagonista).

Un film veramente piacevole da guardare che rende onore ad un grande artista e ci comunica la forza reale dell’amore e della perseveranza, perché senza quest’ultime Johnny non avrebbe mai e poi mai sfondato nella musica.

Vincenzo Barbera

 

 

Oggi presentata la bozza del dpcm di Draghi: verso nuove restrizioni a Pasqua. Ecco quali

19.886 casi, 308 morti, un tasso di positività del 4,8% sono i dati registrati nell’ultimo bollettino del Coronavirus che non possono essere ignorati. «Non possiamo allentare le misure, non ci sono le condizioni epidemiologiche» afferma Speranza. Parole che sembrano preparare gli italiani a nuove restrizioni che, per il secondo anno di fila, li costringeranno a trascorrere Pasqua e Pasquetta in casa. Proprio oggi il Premier Draghi presenterà il dpcm anti-covidil primo per il nuovo leader insidiato a Palazzo Chigi- in vigore fino dal 6 marzo fino al 6 aprile.

Fonte: VelvetMag. Oggi la bozza del primo dpcm anti-covid del governo Draghi che prevede nuove restrizioni fino alle festività.

Il dialogo con le Regioni

Ai governatori di ciascuna regione sarà consegnata la bozza del provvedimento in queste ore, la cui approvazione è prevista tra venerdì 26 febbraio e il week end. Nell’incontro di ieri la ministra degli Affari Regionali e le Autonomie Mariastella Gelmini (FI) ha annunciato:

«Per l’esecutivo Draghi è fondamentale il confronto costante con le Regioni e anticipare le decisioni, in modo da lasciare ai cittadini il tempo necessario per poter organizzare la propria vita. State certamente notando un cambio di metodo. Ci siamo visti domenica e ci stiamo rivedendo oggi. Gli incontri saranno sempre più frequenti e costanti».

Il confronto diretto con le Regioni e la comunicazione con largo anticipo delle misure adottate dal governo, come già preannunciato da Draghi in Parlamento, è il cambio di rotta fondamentale che segna una certa discontinuità rispetto all’esecutivo di Conte. Fedeli a questa linea, durante la riunione di ieri, presente anche il Ministro della Salute Roberto Speranza, che potrebbe cambiare il colore di alcune regioni: da giallo ad arancione, da arancione a rosso. A preoccupare è infatti la curvatura dei contagi che fa aumentare le probabilità di una Terza Ondata, con un innalzamento dell’indice Rt al di sopra dell’1% secondo il fisico dell’Università di Trento Roberto Battiston. Rassicura però la Gelmini: «Il sistema a fasce verrà mantenuto. Finora è stato scongiurato un lockdown generalizzato e questo deve essere l’obiettivo principale anche per le prossime settimane e per i prossimi mesi».

Fonte: ANSA. La ministra per gli Affari Regionali e le Autonomie Mariastella Gelmini. Roma, 25 Febbraio 2021.

Cosa prevede il nuovo dpcm

Infatti, per allontanare il rischio di una possibile chiusura totale, il nuovo dpcm di Draghi non conterrà alcuna riapertura, ad eccezione per un barlume di speranza dato al settore della cultura. Intanto, è possibile riassumere schematicamente alcuni provvedimenti in vigore fino a Pasqua.

  • Spostamenti tra regioni. Lo stop agli spostamenti tra regioni (consentiti solo per rientro nella propria residenza, motivati da esigenze lavorative, ragioni di salute o di necessità) è valido fino al 27 marzo, ma numerose sono le ipotesi che farebbero pensare a un prolungamento. Sempre all’interno dei confini regionali, in zona gialla è possibile andare in abitazioni private, una sola volta al giorno e compreso in un orario tra le 5 e le 22, in presenza di due persone più i figli minori di 14 anni.
  • Seconde case. Anche in zona rossa sarà possibile raggiungere le seconde case, ma solo per il nucleo familiare.
  • Attività commerciali. Saracinesche abbassate per i negozi in zona rossa, dove sono garantiti esclusivamente gli esercizi commerciali essenziali come farmacie, alimentari e ferramenta. In zona gialla e arancione tutti i negozi sono aperti, ma nel fine settimana vietato l’ingresso a centri commerciali.
  • Attività sportive. Sul fronte delle attività sportive continuano a rimanere sigillate palestre e piscine. Bici, corsa e attività individuali come la camminata all’aperto sono invece permessi. È attesa una decisione riguardo la possibilità di concedere il via libera a lezioni individuali o su prenotazione.
  • Ristorazione. Niente apertura in orario serale per i ristoranti, ma consentito fino alle 22 l’asporto. Asporto e domicilio sono consentiti anche in zona arancione e rossa. Bocciata l’ipotesi della Lega e di Fratelli d’Italia di ristoranti aperti nelle regioni di fascia gialla: oltre le 18 consentita l’attività solo a mense, ristoranti negli alberghi e autogrill.

Il settore culturale

Per quanto riguarda il cinema, si lavora a un protocollo molto rigido che prevede una riapertura in sicurezza entro aprile: uso delle mascherine, distanziamento in sala, misurazione della temperatura, biglietti acquistati online per evitare assembramenti alla cassa e sale sanificate. Altra prerogativa è tenere aperti i musei e le aree archeologiche anche il sabato e la domenica, che al momento sono aperti solo nei giorni infrasettimanali in zona gialla.

«Il ministro Franceschini – continua la Gelmini – ha avviato un confronto con il Cts per far in modo che, superato il mese di marzo, si possano immaginare riaperture con misure di sicurezza adeguate. E’ un percorso, non è un risultato ancora acquisito. Ma è un segnale che va nella giusta direzione».

La scuola: apertura o chiusura?

Le scuole costituiscono anche per il governo Draghi un argomento assai problematico. Molte regioni chiedono di chiudere gli istituti scolastici di ogni grado e ordine per evitare il contagio dalle varianti, ma l’esecutivo assume un atteggiamento attendista. Per la Gelmini, chiedere l’apertura di alcune attività economiche e la chiusura delle scuole non è altro che una contraddizione. Numerose le perplessità dei governatori, tra cui Emiliano, che propone un piano vaccinale più efficace e veloce che possa mettere in sicurezza il rientro nelle aule. Nel frattempo, continua l’alternanza tra didattica a distanza tra il 50% e il 75%

Per Zaia, governatore del Veneto, il parere del Cts è di primaria rilevanza:

«Ho chiesto formalmente che il Cts si esprima ufficialmente rispetto all’apertura delle scuole la scuola, è una realtà sacra. Quando decisi la chiusura parlai chiaramente di una ‘sconfitta’ ma, se la guardiamo dal lato epidemiologico, il Cts ci deve dire perché altre forme di aggregazione sono pericolose e la scuola no. Perché noi non siamo in grado di esprimere una valutazione scientifica».

Immediata la chiusura per le scuole invece nelle zone rosse (come Siena e Pistoia) e arancione scuro (come Bologna), che mirano a contenere i focolai causati dalle varianti del virus.

Alessia Vaccarella