Motta e la semplicità del presente

Un disco che segna la maturità artistica di Motta. In cui anche le più grandi fragilità vengono trasformate in punti di forza.  – Voto UVM: 5/5

Dopo tre anni dall’ultimo album Vivere o Morire e la partecipazione al Festival di Sanremo con Dov’è l’Italia, Francesco Motta torna sulla scena musicale con un nuovo album pubblicato con la Sugar Music il 30 aprile. Non ha più paura di invecchiare, e si interroga sul suo passato e sulla stranezza dell’uomo che non riesce a rendersi conto che i problemi dei vent’anni sono davvero molto più semplici di quanto si pensi.

Il suo nuovo album, Semplice, anticipato dal singolo E poi finisco per amarti, è completamente nudo, elettrificato, reale e soprattutto vivo. Ti trasmette quell’emozione che a volte solamente un live è capace di dare. Magari dentro una grande stanza illuminata con neon a luci rosse e blu, a metà tra una fabbrica e una chiesa, col rumore delle pennate sulle corde di una Stratocaster. Un viaggio nel mondo, o meglio: nella semplicità del presente. Il cantautore pisano ammette di aver fatto pace col proprio passato, tutt’altro che semplice, per concepire quest’album:

Ho scoperto che non sono Peter Pan

afferma in un’intervista, e lasciandosi alle spalle tutti i tormenti e le paure, ci regala dieci tracce di una nostalgica quotidianità in cui tutti noi possiamo ritrovarci, tra ricordi e calzini, sampietrini e caffè.

La ricerca dell’essenziale

Qualcosa di normale, la quarta traccia è, infatti, una richiesta d’aiuto; cantata con un filo di voce insieme alla sorella Alice (unico feat. dell’album), per provare a conquistare non tanto la normalità, ma il sogno di una normalità. Del resto è un pezzo nato prima di una pandemia, fra le campagne di Sacrofano e che vanta i consigli di De Gregori.

E alla fine non ho più paura di stare a guardare qualcosa di normale

È un disco con gli archi, molto arrangiato e soprattutto diverso dai capitoli precedenti: nudo e fragile. Motta sceglie di giocare con la scaletta:

Il forte dopo il forte resta forte, ma il forte dopo il piano diventa fortissimo

Un disco per nulla minimale, con arrangiamenti ricchi, non barocchi ma corposi. In cui al centro c’è la continua ricerca dell’essenziale: come dice Italo Calvino nelle Lezioni americane, c’è il pensiero di una leggerezza che non è quella di una piuma che cade ma di un uccellino che continua faticosamente a volare.

Motta in un gioco di luci

La stessa nostalgia la ritroviamo in Quello che non so di te, che per l’autore altro non è che un ritorno al passato, soprattutto musicale. Per un attimo vengono abbandonati gli strumenti protagonisti: il violoncello lascia spazio al rock, e il pezzo si sporca di new wave sfiorando le ombre dei Cure.

Anche in Regole del gioco sembrerebbe che Motta stia cercando di tornare nella sua comfort zone, un po’ come se fosse il seguito di Chissà dove sarai (Vivere o Morire). Ma continuando l’ascolto ci accorgiamo di avere davanti un autore più maturo, più attento ai dettagli e che in fin dei conti ci piace. Come dice nella canzone:

Sai che c’è? C’è che alla fine qui va tutto bene

Ma questo non è un viaggio di sola nostalgia. A te, la prima traccia dell’album, è un’aperta dichiarazione d’amore, verso gli altri e verso se stessi. Un brano in cui chitarre acide e melodie oniriche si scontrano, riportando alla mente i Velvet Underground. E mentre Via dalla luce è un notturno che si aggrappa al pianoforte, Semplice tiene echi africani in sottofondo, per concentrarsi sul flusso di coscienza.

Tutti hanno paura…

Avete presente quando provate un paio di jeans e vi sta stretto? Beh, a Motta invece quel barlume di esistenzialismo è sempre caduto alla perfezione, e in quest’album è ancora più evidente.

L’estate d’autunno e Dall’altra parte del tempo (ottava e nona traccia) ci trasportano in un universo parallelo in cui tempo e spazio vanno quasi ad annullarsi completamente, lasciandoci un pizzico di cupa e autentica disperazione.

Il cantautore di “Dov’è l’Italia”. Fonte: ilsussidiario.net

Ma Semplice è anche paura: paura di perdersi, paura del futuro. Quando guardiamo una rosa, scritta a quattro mani col cantautore calabrese Dario Brunori (in arte Brunori Sas), è una vera e propria conversazione non amorosa di sette minuti. Un dialogo tra due persone provenienti da tempi diversi, che mettono la paura al centro delle loro vite. La giusta conclusione che, inaspettatamente, dà vita ad una coda strumentale perfetta.

Parlami della paura di vivere insieme una vita sola

Semplice è un gioco di equilibri precari e per questo affascinanti. Un mondo in cui passato e futuro si intrecciano, dando vita a quella semplicità, quasi essenziale, del presente. Un disco che non si limita a raccontare storie ma che ci parla, dritto al cuore. Anche a detta dell’autore, è da ascoltare per intero perché «Il concetto di album è ancora importante». Solo così si potrà ottenere l’assoluta comprensione del semplice e dell’essenziale. 

Domenico Leonello

NextGenerationMe: gli artisti di “Apollo&Arte”

In occasione della mostra temporanea “Apollo&Arte, che ridona vita alla via San Filippo Bianchi, torna la rubricaNextGenerationMe”. 

I protagonisti di oggi sono i giovani messinesi che hanno esposto le loro opere, ai quali abbiamo chiesto di raccontarci la storia del loro rapporto con l’arte e delle loro esposizioni.

Anna Viscuso

Classe ’99, ha iniziato ad avvicinarsi all’arte all’età di 15 anni grazie ad una professoressa del suo liceo linguistico. 

La cosa che ho imparato in questi anni è come qualsiasi forma d’arte non si limiti alla tecnica, anzi come inglobi totalmente la personalità di chi si avvicina”. Così Anna ci parla del suo vivere l’arte.

Il suo dipinto, dal titolo “E ti senti un po’ un fallito se ripensi alla tua età e cammini per la strada e provi a perderti”, riprende nel titolo una citazione di Cosmo, noto cantante pop italiano che riflette lo stato d’animo di quel Pierrot: “un po’ malinconico per non essersi riuscito a vivere a pieno i suoi vent’anni.”

©Cristina Geraci  – “E ti senti un po’ un fallito se ripensi alla tua età e cammini per la strada e provi a perderti” di Anna Viscuso, Messina 2021

Sofia Bernava 

Classe ’98, disegna fin da bambina, ma con l’inizio del liceo ha iniziato a volersi specializzare nei ritratti e da qui è “cominciata la ricerca di uno stile sempre più personale, ricerca infinita perché non si smette mai di evolversi insieme alla propria arte”. 

Il dipinto, già stato esposto in altri allestimenti, è un mix perfetto di molte forme d’arte ed è per questo che Sofia ha deciso di renderlo parte di questo progetto: “non desidero che chi lo guardi provi una determinata sensazione; il mio scopo è spingere l’osservatore a sentire qualcosa, qualsiasi sentimento esso sia.”

©Cristina Geraci  – “La poesia rende sempre giovani” di Sofia Bernava, Messina 2021

Lucia Foti

Classe ’92, l’arte è sempre stata la sua “seconda vita”, grazie al nonno che l’ha iniziata a questo mondo e a quello dei tarocchi, mondo dal quale proviene la sua opera . “La mia sensibilità all’arte non si riduce solo al disegno: ho avuto vari amori tra cui la street art e la fotografia perché a mio parere la sensibilità all’immagine è unica, se si è sensibili al disegno lo si è anche alla fotografia. Poi alla fine le mie radici mi hanno riportata a disegnare e a ottenere molte soddisfazioni”.

Ha scelto di esporre il suo disegno dell’arcano XXI, il mondo“, in cui una dea sorregge tutte le energie del mondo, “per esprimere il compimento del ciclo della vita, si impara una lezione e quindi si può  ricominciare da capo con la carta del matto.

©Cristina Geraci – “Arcano XXI, il Mondo” di Lucia Foti, Messina 2021

Grazia d’Arrigo

Classe ’86, ci dimostra come una passione può nascere per caso. Da poco tempo ha iniziato a “scarabocchiare per sfogare le sue emozioni” come piace dire a lei, nonostante fosse sempre stata affascinata dall’arte in generale. Il suo dipinto nasce durante i due mesi in cui è stata positiva al Covid-19: “l’isolamento mi ha provocato la necessità di un qualcosa di cui non ho mai sentito la mancanza, ho sognato un contatto con persone che non fossero i miei familiari. Ho deciso di rappresentare con questo bacio astratto ciò che prima ci teneva in vita e che adesso può addirittura metterla in pericolo.

©Cristina Geraci –”Tenuta astratta” di Grazia d’Arrigo, Messina 2021

Ylenia Bottari

Classe ’94, la sua sensibilità all’arte è sfociata in una “sensibilità a ciò che visivamente mi colpisce”. La fotografia esposta è stata scattata al teatro greco di Siracusa: “ho deciso di scattare questa fotografia e in generale tutte le altre perché sentivo il bisogno di immortalare quel momento, quel sentimento che provava chi ho fotografato”.

©Cristina Geraci – “Compianto” di Ylenia Bottari, Messina 2021

Daniele Commito

Classe ’96, ha iniziato a disegnare per “uscire fuori dagli schemi imposti dalla routine”. Non ama spiegare i suoi quadri: “perché posso manifestare al pubblico ciò che ho provato io nel realizzarlo, ma chiunque può avere una reazione diversa e sono contento sia così”. 

Il disegno che ha esposto “è nato dal bisogno di raffigurare la sensazione che ha il genere umano di limitare le sue emozioni contrapposta all’istintività del mondo animale, mondo dal quale dovremmo imparare la spontaneità”.

©Cristina Geraci – “Vorremmo essere animali”  di Daniele Commito, Messina 2021

Alessia Borgia

Classe ’86, ha sempre scattato fotografie, ma “molto inconsapevolmente”. 

“È diventata una passione nel momento in cui ho capito che mi piace osservare le persone e provare a capire quali siano le loro emozioni in quel momento.”

La foto esposta è stata scattata durante l’erasmus in Spagna: “vedevo questa bambina agitarsi continuamente, ma a colpirmi è stato il momento in cui si è calmata. Aveva un espressione che non riuscivo a decifrare e quindi ho deciso di fotografarla”.

©Cristina Geraci – “Sakura” di Alessia Borgia, Messina 2021

 

Sofia Ruello

 

Immagine in evidenza:

©Cristina Geraci – Gli artisti di “Apollo&Arte”, Messina 2021

Proteste, repressioni e morti in Colombia: ecco cosa sta succedendo

È una babele in questi giorni la Colombia: le proteste contro il governo del presidente Ivan Dunque continuano ad imperversare in moltissime città, soprattutto a Cali e Bogotà.

Una marcia organizzata dagli studenti universitari a Bogotà, in Colombia, il 3 maggio 2021 – Fonte: www.ilpost.it

Il casus belli e l’inizio della mobilitazione popolare 

Il casus belli è la riforma fiscale presentata il 5 aprile dal governo Dunque. Il disegno di legge, che aveva come obiettivo quello di raccogliere ulteriori 23 miliardi di pesos colombiani e che è stata presentata come necessaria per poter rispondere ai debiti internazionali e alle conseguenze economiche della pandemia, prevedeva la riscossione dell’IVA, che è del 19%, sulle aliquote dei servizi pubblici di energia, idriche e di fognatura, gas domestico e prodotti alimentari considerati prioritari e le accise sul carburante. La riforma tributaria prevedeva inoltre di diminuire significativamente la soglia di no tax area, includendo quindi nella tassazione fasce di popolazione ai limiti della soglia di povertà. Tale riforma avrebbe dunque provocato un aumento generalizzato del prezzo di tutti i prodotti e i beni di consumi e penalizzato i cittadini di reddito medio e basso.

La mobilitazione popolare si è accesa il 28 aprile per iniziativa del sindacato principale del Paese, Centrale unica dei lavoratori, che ha indetto uno sciopero generale. Ad aderire sono stati i sindacati minori, studenti, operai e comuni cittadini. Secondo la Central Unitaria de Trabajadores, nel solo 28 aprile, sono scesi in piazza oltre 5 milioni di persone in oltre 600 municipi. Nelle città più grandi, alle proteste pacifiche si sono affiancati saccheggi e incendi di autobus e stazioni di polizia.

La violenza delle forze di sicurezza e la marcia indietro del presidente Dunque

Il presidente, allarmatosi, l’ 1 maggio ha annunciato in tv l’intervento dell’esercito. Il governo di Dunque, che avrebbe dovuto rappresentare un’inversione di rotta rispetto alle destre che negli ultimi decenni avevano governato il paese, si è posto dunque in continuità con l’atteggiamento repressivo e autoritario dell’ex presidente Uribe che, non a caso, su Twitter ha esortato la polizia e l’esercito ad usare le armi.

Le esortazioni sono state accolte dalle forze di sicurezza che hanno reagito con disumana violenza: i tanti video che circolano sul web mostrano la polizia e l’esercito che sparano e colpiscono con gli scudi i manifestanti, speronano la folla con le motociclette. A lasciare senza parole è il video girato a Ibagué che mostra una donna che, subito dopo aver scoperto che il figlio di 19 anni è stato ucciso dagli agenti, grida: “Uccidete anche me, hanno ucciso anche me. Era il mio unico figlio!”.

L’ufficio del Difensore civico ha segnalato che almeno 20 persone sono state uccise e più di 800 sono rimaste ferite. L’ONG Temblores ha registrato oltre 30 vittime e, nei primi 5 giorni di protesta, fino a 940 casi di violenza da parte della polizia, 672 arresti arbitrati, 92 casi di violenza fisica o tortura e 4 vittime di violenza sessuale. Almeno 90 le persone scomparse nelle mobilitazioni dei giorni scorsi di cui solo due sono state rintracciate.

La decisione del governo di militarizzare la repressione è stata condannata dall’Onu, Human Rights watch, Amnesty International e dall’Organizzazione degli Stati Americani (OSA).

Dopo 4 giorni di proteste e cruenti scontri il presidente ha ceduto e il 2 maggio ha annunciato il ritiro del progetto di riforma. Il giorno dopo il ministro delle finanze, Alberto Carasquilla, ha presentato le sue dimissioni.

Perché la protesta non si è ancora arrestata?

Questo non è bastato a placare il malcontento. La tensione è ancora tangibile. Ci sono altre motivazioni per protestare.

Prima tra tutte la situazione economica. Già nel 2019 la disuguaglianza economica era stata il bersaglio di proteste e rivolte che avevano portato ad alcune misure previdenziali, ma la pandemia ha fatto precipitare la situazione. Il lockdown, in Colombia, è stato uno dei più lunghi al mondo e ha causato la chiusura di oltre 500 mila attività. Si stima che nell’ultimo anno 2,8 milioni di persone siano sprofondate in condizione di povertà estrema.

Causa di malcontento è anche la repressione delle forze di sicurezza. Ad essere contestato è, in particolare, il ruolo dell’ESMAD, l’Escuadrón Móvil Antidisturbios (il reparto antisommosse) di cui i manifestanti chiedono lo scioglimento. Già a settembre vi erano state delle proteste contro la crudeltà delle forze dell’ordine, dopo la diffusione di un filmato che mostrava l’aggressione all’avvocato Javier Ordóñez, fermato per aver violato il distanziamento sociale e morto qualche ora più tardi. Nelle sommosse si invoca la fine di queste violenze e la punizione dei responsabili, garanzie costituzionali per la mobilitazione e la protesta, un governo meno autoritario, libertà e garanzie democratiche. A queste rivendicazioni si aggiunge anche quella di una vaccinazione di massa, visti i ritardi e le denunce di frodi e favoritismi su chi e quando riceve il vaccino.

A provocare dissenso è anche la riforma del sistema sanitario che si sta discutendo in Parlamento e che aumenterebbe le privatizzazioni e, secondo il personale ospedaliero, peggiorerebbe le condizioni di lavoro negli ospedali colombiani, già messi in difficoltà dalla pandemia. Infatti, la Colombia sta affrontando la terza ondata, le terapie intensive di quasi tutto il paese sono al collasso e si stimano quasi tre milioni di contagiati e oltre 72mila morti a causa del Covid.

Vista la gravissima situazione pandemica, la decisione dei cittadini di occupare strade e piazze per protestare appare come un atto di sfida alla morte. Ma basta guardare le foto dello slogan che ha fatto il giro del mondo e che recita “Ci stanno uccidendo” per comprendere che il governo uccide più ferocemente del virus e che, dunque, sfidare la morte è l’azione necessaria per lottare contro la stessa.

Lo slogan che ha fatto il giro del mondo “Nos estan matando” – Fonte: www.dinamopress.com

Chiara Vita

Alla scoperta del Demone di LaPlace: colui che prevede il futuro

Nell’introduzione al suo Essai philosophique sur les probabilités del 1814, Pierre-Simon Laplace estese un’idea di Gottfried Leibniz che divenne famoso come Demone di Laplace. La definizione locus classicus di rigoroso determinismo fisico, con il suo unico possibile futuro.

Laplace disse:

“Possiamo considerare lo stato presente dell’universo come l’effetto del suo passato e la causa del suo futuro. Un intelletto che a un certo momento conoscerebbe tutte le forze che mettono in moto la natura e tutte le posizioni di tutti gli elementi di cui la natura è composto, se questo intelletto fosse anche abbastanza vasto da sottoporre questi dati all’analisi, abbraccerebbe in un’unica formula i movimenti dei corpi più grandi dell’universo e quelli del più piccolo atomo; per un tale intelletto nulla sarebbe incerto e il futuro proprio come il passato sarebbe presente davanti ai suoi occhi “.

Laplace postula una superintelligenza (il demone) che potrebbe conoscere le posizioni, le velocità e le forze su tutte le particelle dell’universo contemporaneamente, e quindi conoscere l’universo per tutti i tempi.

Quindi suppone che ogni particella segue esattamente una legge deterministica (classica) del moto. Se ottieni abbastanza informazioni, puoi effettivamente calcolare tutto il futuro che accadrà a questa particella. Per un sistema macroscopico costituito da un numero enorme di particelle, in teoria è possibile calcolare il destino di ogni singola particella e quindi fare previsioni valide per l’intero sistema.

Le critiche

Il concetto è stato criticato per la grande quantità di informazioni che sarebbero richieste, impraticabili se non impossibili da raccogliere istantaneamente. E dove sarebbero conservate le informazioni? Servirebbe in qualche parte dell’universo un regresso infinito per la memorizzazione delle informazioni.

Esperimento mentale

Immaginiamo l’esercizio come puramente mentale, che coinvolge solo l’idea di tale conoscenza. Possiamo vedere il demone come un sostituto secolare di un Dio onnisciente con perfetta preconoscenza.

Il punto di vista di Laplace implica che il passato e il presente contengono sempre esattamente la stessa conoscenza. Questo rende l’informazione una costante della natura. In effetti, alcuni matematici pensano che l’informazione sia una quantità conservata (la linea blu nella figura), come la conservazione della massa e dell’energia.

Rappresentazione visiva del punto di vista di LaPlace – ©Jacopo Burgio

Irreversibilità dell’entropia

Tuttavia, a metà del XIX secolo, Lord Kelvin (William Thomson) si rese conto che la seconda legge della termodinamica appena scoperta richiedeva che le informazioni non potessero essere costanti, ma sarebbero state distrutte con l’aumento irreversibile dell’entropia (disordine). Hermann Helmholtz l’ha descritta come la morte termica dell’universo.

In termini classici, non è che il destino del sistema non sia predeterminato, è principalmente perché abbiamo bisogno di una grande quantità di informazioni per fare i conti e questo semplicemente non è possibile per tutti gli scopi pratici (FAPP). Quindi dobbiamo omettere alcune informazioni.

I fisici, incluso Ludwig Boltzmann, descrissero l’entropia come “informazione persa“, sebbene molti matematici pensassero che le informazioni perse potessero essere recuperate (ad esempio, invertendo il tempo).

Rappresentazione visiva del punto di vista di Lord Kelvin – ©Jacopo Burgio

 

L’affermazione di Kelvin sarebbe corretta se l’universo fosse un sistema chiuso. Ma nel nostro universo aperto e in espansione, David Layzer ha mostrato che la massima entropia possibile aumenta più velocemente dell’entropia effettiva. La differenza tra la massima entropia possibile e l’entropia attuale è chiamata entropia negativa, aprendo la possibilità a strutture informative complesse e stabili.

Rappresentazione visiva del punto di vista di David Layzer – ©Jacopo Burgio

Indeterminazione Quantistica

A causa della sua assunzione canonica di determinismo , il demone di Laplace è incompatibile con l’interpretazione di Copenaghen , che prevede l’indeterminatezza.

Quindi ora possiamo dedurre che un Demone Laplace è impossibile, e per due ragioni distinte. La prima è che la fisica quantistica moderna è intrinsecamente indeterministica. Il futuro è solo probabilistico, sebbene possa essere “adeguatamente determinato“.

La seconda è che non ci sono abbastanza informazioni nel passato (nessuna nell’universo primordiale) per determinare il presente. Il “passato fisso” e le “leggi della naturanon predeterminano nulla. Allo stesso modo, le informazioni al momento attuale non determinano il futuro. Il futuro è aperto. Dobbiamo crearlo.

Ne consegue che il determinismo, l’idea filosofica secondo cui ogni evento o stato di cose, comprese ogni decisione e azione umana, è la conseguenza ineluttabile e necessaria di stati di cose antecedenti, non è vero.

Più precisamente, il determinismo, o la determinazione da alcuni eventi precedenti come cause, dovrebbe essere distinto dal predeterminismo del tempo di Laplace, l’idea che l’intero passato (così come il futuro) fosse determinato all’origine dell’universo.

Teoria del caos

Il ponte è probabilmente la teoria deterministica del caos. Come in questa teoria, qualsiasi incertezza nella condizione iniziale si gonfierà così rapidamente che ci perderemo completamente in breve tempo.

Per analogia, consideriamo un piccolo pezzo di sale il cui volume rappresenta le incertezze nella condizione iniziale, l’evoluzione di tale incertezza nel tempo. Se lo metto in acqua, rapidamente si dissolve e si mescola così finemente con il vasto volume d’acqua che non sai dire esattamente quale e quale, quindi devi ammettere che l’incertezza si è diffusa ovunque e ora tutta l’acqua è incerta. Questo è il cosiddetto “topologicamente misto“.

Tuttavia, se hai una risoluzione di osservazione infinita, sarai in grado di rintracciare dove vanno tutte le particelle di sale, quindi non c’è incertezza e ottieni ciò che fa il demone. Altrimenti, con minuscole limitazioni nella risoluzione, perdi tutte le informazioni.

Tieni presente che questa è solo un’analogia, in teoria (in termini classici) non hai bisogno di una risoluzione infinita, una risoluzione più fine della dimensione dell’atomo di sale funzionerebbe.

Conclusione

Ciò che le persone dovrebbero davvero trarre dall’esperimento mentale del demone di Laplace è che: in un universo deterministico, gli eventi portano a tutti gli altri eventi, inclusi i nostri pensieri e le nostre decisioni. Solo perché il demone di Laplace non può vedere il passato basandosi su una comprensione completa dello stato dell’universo, e anche se possono esserci o meno limitazioni alla previsione in avanti del demone, semplicemente non influenza il libero arbitrio che non esisterebbe comunque. Dopo tutto, il determinismo non implica necessariamente la prevedibilità, ma implica l’incompatibilità con la possibilità di fare diversamente, di propria iniziativa. L’idea del “libero arbitrio” che ha causato tanti problemi nel mondo. Idea che l’esperimento mentale del demone di Laplace ci aiuta a capire.

Il vero conflitto avviene solo nella meccanismo quantistico in cui l’entropia è definita come la traccia della matrice di densità. Quest’ultima è considerata (non TUTTI gli scienziati sono d’accordo) probabilisticamente “genuina”.

Per quanto riguarda qualsiasi potenziale evento non causato (data un’interpretazione quantistica indeterministica), sarebbe un enorme ostacolo per il demone di Laplace, e soprattutto se un tale evento ha voce in capitolo sui nostri pensieri o azioni, per la nostra stessa ostinazione e coerenza.

Gabriele Galletta

UniMe: le novità su lezioni, esami e lauree

L’Università degli Studi di Messina ha appena diramato il nuovo decreto rettorale che avrà valenza da Lunedì 17 maggio 2021, in merito all’emergenza Covid-19.

Lezioni

  • Le lezioni del secondo semestre saranno in modalità blended.
  • Lo studente potrà scegliere la modalità nella quale intende seguire le lezioni:
    1. modalità in presenza
    2. modalità telematica
  • In caso di modalità in presenza sarà necessario prenotare il proprio posto a lezione tramite applicazione.
  • Qualora il numero dei prenotati superasse il numero di posti disponibili, gli studenti non rientranti seguiranno le lezioni in teledidattica.

Ricevimento docenti-studenti

  • I ricevimenti avverranno in presenza o da remoto, secondo le modalità concordate con il docente.

Laboratori

  • Le attività relative si svolgeranno in presenza nel rispetto delle normative anti Covid-19.

Biblioteche

  • Le sedi bibliotecarie e le aule studio saranno fruibili in presenza nel rispetto delle normative anti Covid-19.
  • Il Servizio di prestito libri sarà su prenotazione dal lunedì al venerdì.

Esami

  • Gli esami di profitto a partire dal mese di giugno si svolgeranno esclusivamente in presenza.

Lauree

  • Le sedute di laurea a partire dal mese di maggio potranno svolgersi in presenza con la previsione di un numero contingentato di accompagnatori.

Se le modalità di registrazione degli accompagnatori rimarranno uguali a quelle adottate per le ultime lauree in presenza (e cioè 5 accompagnatori per ciascun candidato), ecco come procedere:

Saranno da attendere, in caso contrario, ulteriori disposizioni.

Tirocini

  • I tirocini curricolari ed extracurricolari potranno svolgersi in presenza nel rispetto delle normative anti-contagio e delle regole e disponibilità della struttura ospitante.
  • I tirocini di area medica all’interno della struttura sanitaria si svolgeranno in presenza per gli studenti che hanno ricevuto le due dosi di vaccino anti-Covid-19.
  • I tirocini di TFA sostegno e per i tirocini del corso di laurea di Scienze della Formazione Primaria si terranno secondo le modalità stabilite dai coordinatori.

Attività di ricerca

  • Le attività di ricerca di dottorandi, tesisti e specializzandi di area non medica potranno svolgersi in presenza.
  • Tutte le attività degli specializzandi di area medica continueranno a svolgersi in presenza.

Mobilità internazionale

  • Gli spostamenti relativi al programma Erasmus e a tutti i programmi di mobilità internazionale potranno riprendere previa sottoscrizione di apposita liberatoria per docenti, studenti e personale TA.
  • Gli uffici di Ateneo supporteranno ciascun vincitore di borsa.

Sedute e Convegni

  • Le riunioni degli organi collegiali di ogni ordine e grado si svolgeranno in presenza.
  • Le attività convegnistiche e congressuali,  si svolgeranno esclusivamente in modalità telematica; l’eventuale ripresa in presenza sarà disposta dopo il primo luglio.
  • Lo svolgimento di seminari e workshop, esclusivamente dedicati agli studenti, sarà consentito nel rigido rispetto delle norme anti-Covid-19.

Personale non docente

  • Al fine di garantire l’erogazione dei servizi, almeno il 60 % del personale dovrà svolgere attività ordinaria in presenza.
    Le Strutture che erogano servizi agli studenti dovranno organizzare il lavoro per garantire l’orario di accesso ai servizi, anche in presenza, da parte degli studenti dal lunedì al venerdì, dalle ore 8,00 alle ore 17,00.

Claudia Di Mento

UniMe tra eccellenza e nuovi traguardi

Pensare che la soddisfazione dello studente stia esclusivamente nell’ottenere risultati personali non è del tutto corretto. Questa, infatti, rientra anche nell’essere consapevole di far parte di un Ateneo che si distingue e che si fa strada in diversi ambiti anche a livello internazionale, fornendo opportunità e prestigio.

Di seguito, le ultime novità.

UniMe e RSMAS: firmata la cooperazione

Dopo l’incontro telematico svoltosi tra rappresentanti dell’Università degli Studi di Messina e della Rosenstiel School of Marine and Atmospheric Science (RSMAS) dell’Università di Miami, pochi giorni fa è stato firmato il Framework Cooperation da parte del Magnifico Rettore, Prof. Salvatore Cuzzocrea. Con tale accordo, i due enti si sono impegnati a condividere didattica, ricerca e attività culturali per favorire maggiori scambi scientifici in aree di interesse comune. La RSMAS è una delle più prestigiose scuole di scienze marine ed atmosferiche impegnate nella ricerca e, grazie alla Prof.ssa Concetta De Stefano, che ha fortemente promosso l’incontro, tutti gli studenti, dottorandi e ricercatori di UniMe che si occupano di scienze marine avranno modo di confrontarsi e relazionarsi con i massimi esperti nel settore.

I referenti della convenzione sono la Prof.ssa Concetta De Stefano, del Dipartimento CHIBIOFARAM e il Prof. Roni Avissar, decano della RSMAS.

Fonte:
Fonte: unime.it

UniMe selezionata tra i tre migliori articoli dell’anno della rivista Thyroid

“Influence of Dietary Habits on Oxidative Stress Markers in Hashimoto’s thyroiditis”  è il titolo del lavoro che vede impegnati i proff. Rosaria Maddalena Ruggeri, Salvatore Giovinazzo , Maria Cristina Barbalace, Mariateresa Cristani, Angela Alibrandi, Teresa M. Vicchio, Giuseppe Giuffrida, Moahamed H. Aguennouz, Marco Malaguti, Cristina Angeloni, Francesco Trimarchi , Silvana Hrelia, Alfredo Campennì e Salvatore Cannavò.

Il progetto nasce dalla cooperazione di tre diversi dipartimenti dell’Ateneo Messinese e le Università di Camerino e Bologna ed è stato selezionato dall’E-i-C di Thyroid, organo ufficiale dell’American Thyroid Association. Lo studio dimostra come una corretta dieta è necessaria per prevenire lo sviluppo di patologie a carattere autoimmune come la tiroidite di Hashimoto.

Fonte: unime.it

Clicca qui per accedere all’articolo.

Conferenza sul futuro dell’Europa: il CDE diventa HUB

Il Centro di Documentazione Europea (CDE) dell’Università di Messina è stato inserito tra i 17 CDE italiani in occasione della Conferenza sul futuro dell’Europa (CoFE).

Fonte: unime.it

I 17 centri individuati come Hub in Italia, insieme agli altri Hub europei, si occuperanno di promuovere eventi e dibattiti sui temi stabiliti dalla conferenza e di far conoscere la piattaforma digitale che darà a tutti gli interessati modo di partecipare e contribuire attivamente al miglioramento della comunità.

Per ulteriori informazioni, ecco il sito del CDE.

La rivista ASCE-ASME selezione la ricerca UniMe come “Best paper published in2020”

È il prof. Muscolino (professore ordinario di Scienza delle Costruzioni presso il Dipartimento di Ingegneria) il coautore del lavoro scientifico A Sensitivity-Based Approach for Reliability Analysis of Randomly Excited Structures with Interval Axial Stiffness. Questo è stato selezionato come Best Paper published in 2020 dalla rivista ASCE-ASME Journal of Risk and Uncertainty in Engineering Systems, Part B: Mechanical Engineering. Il lavoro, che affronta una tematica fondamentale nell’ambito dell’Ingegneria Civile, consiste principalmente nella messa a punto di una procedura rigorosa ma, allo stesso tempo, semplice per valutare l’affidabilità delle strutture fortemente esposte al vento. Il premio sarà consegnato durante l’International Mechanical Engineering Congress & Exposition organizzato dalla ASME (American Society of Mechanical Engineering).

Fonte: unime.it

UniMe si classifica 85° al mondo nel ranking THE Impact

L’impatto delle università di tutto il mondo nella realizzazione degli obiettivi per lo Sviluppo Sostenibile definiti nell’agenda 2030 delle Nazioni Unite è stato misurato e classificato nel ranking THE Impact. Qui, UniMe si classifica 85° a livello mondiale tra gli oltre 850 partecipanti. È il primo anno di partecipazione per l’ateneo, che si occupa principalmente dell’obiettivo Salute e Benessere .

La soddisfazione espressa dal Rettore prof. Salvatore Cuzzocrea è chiara:

Entrare nella classifica THE Impact premia il grande lavoro che il nostro Ateneo sta facendo per mettere a sistema il complesso insieme di iniziative ed azioni già esistenti, e progettarne di nuove, per contribuire concretamente allo sviluppo sostenibile ed alla promozione degli obiettivi dell’Agenda 2030. Questo è solo l’inizio di un percorso che intendiamo portare avanti con convinzione e impegno perché le Università svolgono un ruolo strategico nel favorire una crescita sostenibile ed equa.

Fonte: unime.it

Come ricorda il prorettore  alla Internazionalizzazione professor Antonino Germanà al Rankings  partecipano tutte le più importanti università al mondo, rafforzando ancora di più il riconoscimento ottenuto.

Nomina ESEVT per la professoressa Puglise

L’European Association of Establishments for Veterinary Education (EAEVE) ha accolto la candidatura della prof.ssa Michela Pugliese a European System of Evaluation of Veterinary Training (ESEVT) expert. Il suo nome adesso risulta tra gli esperti come commissario nominabile per le prossime visite utili per l’accreditamento dei Corsi di Laurea in Medicina Veterinaria.

Fonte: unime.it

La prof.ssa Serranò prende parte alla commissione interministeriale sulla giustizia tributaria 

Con decreto del  Ministro dell’Economia e delle Finanze e della Ministra della Giustizia, la prof.ssa Maria Vittoria Serranò è stata nominata componente della commissione interministeriale sulla Giustizia tributaria. La commissione, che vede a capo il prof. Giacinto Della Cananea, docente di diritto amministrativo presso l’Università Bocconi di Milano, si occuperà di analizzare e formulare proposte di intervento per far fronte al contenzioso arretrato e ridurre la durata dei processi. La relazione sull’esito dei lavori svolti sarà presentata al consiglio dei ministri dalla stessa commissione entro il 30 Giugno 2021.

Fonte: unime.it

 

Giovanni Alizzi

Questo piccolo grande amore: la storia che non ti aspetti

Parlare d’amore non è semplice, non esiste una definizione universale che possa racchiudere l’enorme ed enigmatico significato di questo termine. Ognuno di noi ha vissuto almeno una storia che l’ha cambiato per sempre.
C’è chi dice che l’amore abbia la capacità di toglierci il respiro e chi come me che invece pensa che l’amore ti dia fiato.

I due protagonisti Andrea e Giulia. Fonte: pinterest.com

Una produzione tutta made in Italy

Questo piccolo grande amore è un classico senza tempo che racconta la storia d’amore tra Andrea e Giulia, nata nel 1972 in un bar durante una manifestazione studentesca. La pellicola viene prodotta in Italia nell’anno 2009 dal regista Riccardo Donna.

L’incontro tra i due protagonisti, inconsapevolmente, segnerà le loro vite per sempre: Andrea (Emanuele Bosi) sente di essersi legato alla bellissima Giulia (Mary Petruolo) sin dal primo istante e si lascerà ammaliare dal suo sguardo e dal suo fascino. Anche Giulia però da quel momento in poi, tra mille paure e incertezze, inizierà a pensare all’incontro fatto in precedenza. Andrea e Giulia provengono da due mondi diversi: amici, idee, percorsi differenti. Lui è al primo anno di architettura mentre lei è all’ultimo anno di liceo classico.

La loro storia d’amore conoscerà diverse fasi che verranno accompagnate da svariati brani del famosissimo cantante Claudio Baglioni. Il film in questione non nasce solo come esempio di genere romantico e sentimentale ma anche e soprattutto musicale. Il titolo, infatti, prende il nome da uno dei brani più famosi dello stesso Baglioni.

Una tenerissima pellicola che non ha paura di mettere il piede sull’acceleratore dei sentimenti per raccontare la prima vera storia d’amore, fatta di corse contro il tempo, risate, incoscienza, tenerezza, paura.

Andrea: Vieni andiamo giù.

Giulia: Ma già ci sono stata.

Andrea: Si, ma non con me!

Andrea e Giulia mano nella mano. Fonte: pensieriparole.it

Il film che non ti aspetti

Il film non vuole assolutamente mostrarsi come un trattato storico sulla generazione degli anni ’70. Seppur sia ambientato in quel periodo, l’intento è quello di raccontarci un amore giovane che si scontra con le difficoltà degli adulti.
Assisteremo alla partenza di Andrea, l’allontanamento di Giulia, i primi litigi e i primi distacchi. Sotto questo punto di vista, la pellicola funziona abbastanza bene.

Giulia: Ma perché innamorarsi in inglese si dice “fall in love”, cadere in amore?

– Maestra Di Inglese: Perché me lo chiedi?

– G: Perché innamorarsi dovrebbe significare un’altra cosa, essere liberi, volare in alto, scalare una montagna. Ma non cadere in basso.

– M: Ma non è cadere in basso, è cadere e basta. Nel senso di abbandonarsi, non avere freni, lasciarsi andare.

– G: No… no invece vuol dire precipitare. Andare giù.

Seguiranno diversi sentimenti contrastanti, tipici delle prime relazioni. Si percepisce molto bene ogni stato d’animo dei due ragazzi, dalla rabbia al desiderio di ritrovarsi, a quella idea illogica di non vedersi mai più.

Andrea e Giulia in una scena del film. Fonte: movieplayer.it

Questo piccolo grande amore, la canzone

Questo piccolo grande amore è riconosciuto come il brano più importante, oltre che conosciuto, di tutto il percorso artistico di Claudio Baglioni, nonché anche un classico della musica pop italiana. Secondo alcune statistiche il brano risulta essere il più venduto in Italia ed inoltre diversi artisti si sono cimentati nella cover di questa canzone: tra questi Mina, Fiorello, Mino Reitano.

Come tutti, ascoltandolo, ricorderemo diverse cose vissute. Attimi di vita condivisi con persone importanti. Attimi che riemergono e vivono nella sfera del nostro universo, del nostro mondo interiore. Esistono libri, film, canzoni che ci riportano proprio lì, in quel sogno che perennemente continuiamo a mandare avanti nella nostra mente, spesso aggiungendoci tasselli in più, campati in aria sul nostro volere, sulla nostra fantasia. Sono sicura che almeno una volta in tutta la nostra vita, ci siamo abbandonati all’ascolto (per caso o per volere) di Questo piccolo piccolo amore, ricordando quell’esatto frammento temporale, quel messaggio con su scritto «Scendi, sono sotto il tuo portone», quegli occhi in cui avremmo affogato volentieri, quel piccolo grande amore.

Lei mi guardava con sospetto
Poi mi sorrideva e mi teneva stretto stretto
Ed io
Io non ho mai capito niente
Visto che oramai non me lo levo dalla mente
Che lei, lei era
Un piccolo grande amore
Solo un piccolo grande amore

I soliti, o quasi, romantici

Ed anche se noi non saremo sempre i soliti – o quasi – romantici, sono sicura che ci sono cose che ci accomunano: siamo amanti dell’amore e delle belle sensazioni. Oggi voglio celebrare la dolcezza dei ricordi, anche di quelli più amari.

Dicono che la nostra generazione non sappia amare come una volta, io penso piuttosto che non ci sia una vera e propria bilancia che possa pesare i due contesti o i molteplici tipi di amore. Però penso che Questo piccolo grande amore, il film, riesca a celebrare molto bene la delicatezza di un inizio e le pillole amare di una qualsiasi storia d’amore.

Annina Monteleone

Oscar 2021: i film che ci legano agli altri

Quest’anno agli Oscar domina l’introspezione.  Due film candidati come miglior pellicola narrano entrambi la storia di uomini con grandi ambizioni per loro stessi così come per la propria famiglia. Le storie di Sound of Metal e Minari raccontano di rivalsa sociale così come di accettazione: temi che, se narrati bene, parlano ad ognuno di noi.

 I due protagonisti delle pellicole, Jacob e Ruben. Fonte Goldderby.co

Sound of metal

La pellicola di Darius Marder ci racconta la storia di Ruben (Riz Ahmed), batterista del duo metal composto da lui e dalla sua ragazza. Il punto di svolta della vicenda arriva con la lenta ma inesorabile perdita dell’udito da parte del protagonista: sarà qui che Ruben dovrà cominciare ad affrontare una sfida che lo porterà a dover riconsiderare le proprie prospettive di vita da musicista.

Accolto in una piccola comunità di non udenti, dovrà piano piano affrontare ciò che altri come lui hanno dovuto imparare ad accettare: la sordità. Sarà Joe (Paul Raci), gestore del rifugio, ad insegnare questa lezione al protagonista diventando per lui una figura paterna capace di guidarlo in questo suo nuovo cammino. Cammino che, non senza gravi inciampi, porterà Ruben ad accettare questa sua nuova vita e a riscoprirsi nel rapporto con la comunità e con i suoi membri più giovani, con cui instaurerà un rapporto stretto.

Ruben insegna ai bambini del rifugio il ritmo. Fonte: lwlies.com 

Le scelte di Ruben testimoniano come alla fine l’accettazione di sé stessi e dei propri difetti (in questo caso veri e propri handicap), sia fondamentale per saper vivere e trovare una propria via serena. La sua scelta finale sta proprio a testimonianza di ciò, perché – come ci viene mostrato dal regista – il protagonista riesce negli ultimi momenti a trovare una pace interiore che solo a sprazzi si era vista nel resto del film.

Minari

Il secondo film ci porta invece sulla costa occidentale degli Stati uniti, durante gli anni Ottanta, per raccontarci la storia di David (Alan Kim), un bambino nato in America da genitori coreani, e della sua famiglia.

Lee Isaac Chung, autore del racconto, ci mostra quindi la vicenda di due coniugi, Jacob (Steven Yeun) e Monica (Han Ye-ri), emigrati dalla Corea in cerca di una vita migliore in America. Miglioramento che però stenta ad arrivare: dopo un decennio passato ai margini della società pieni di insoddisfazione, Jacob prenderà una decisione chiave per l’intera famiglia: cercare fortuna avviando un’impresa agricola.

Quello che è evidentemente un salto nel buio da parte dell’uomo metterà più volte in serio pericolo l’incolumità della sua famiglia, nonché il rapporto con la moglie, mai davvero convinta del suo progetto e preoccupata dalla decisione di mettere il proprio successo al di sopra di lei e dei suoi figli. Jacob difatti non farà mai la scelta più giusta per le persone attorno, ma preferirà sempre circondarsi di scuse poco credibili a cui la moglie darà retta solo per l’amore che la lega al compagno. Anche la salute stessa dei figli viene spesso messa in bilico dal protagonista: la malattia cardiaca di David è infatti tenuta sempre in conto da Monica, ma altrettanto non sembra fare Jacob.

La famiglia di Jacob al completo. Fonte: theartsdesk.com 

Il messaggio che vuole lascarci la storia è quindi quello di rimanere legati alla propria famiglia: metafora espressa dalla pianta aromatica che dà il nome anche alla pellicola, essendo di fatto ciò che – come una buona famiglia – cresce e prospera da sola.

Il confronto

Come si può facilmente notare, entrambe le pellicole candidate narrano una storia simile, che verte sull’accettazione delle difficoltà della vita e ci fa capire come spesso queste ultime possano essere affrontate semplicemente accettando sé stessi o instaurando un rapporto migliore con ciò che ci sta attorno, e – in molti casi – rassegnandosi all’assenza di quello che può essere un desiderio o una passione bruciante, nel nome di qualcosa di più grande che ci sta vicino.

Si prospetta quindi una lotta dal finale incerto per la vittoria della statuetta di miglior film, come anche per quella di miglior attore protagonista a cui entrambi gli interpreti delle due pellicole sono candidati.

           Matteo Mangano

Messina cum laude: la rigenerazione dell’area della Fiera di Messina

Si dice spesso che il futuro sia in mano alle nuove generazioni. Noi di UniVersoMe, da giovani redattori, crediamo fermamente in quest’assunto, a tal punto da voler dare spazio ai giovani talenti della nostra città. Oltre al campo artistico, però, è di fondamentale importanza – per la comunità cittadina – l’innovazione scientifica, apportata dai giovani studenti universitari. Mossi da questa premessa, abbiamo deciso di lanciare una nuova rubrica, denominata “Messina cum laude”.  La rubrica si concentrerà sulle tesi di laurea che hanno come oggetto un aspetto specifico della nostra città.

Iniziamo oggi con una tesi di laurea magistrale concernete l’area della Fiera di Messina, negli ultimi mesi al centro del dibattito cittadino – prevalentemente sui social – per la demolizione dell’ex Teatro in Fiera.

Gli autori

L’elaborato, dal titolo “Rigenerare il patrimonio storico del mediterraneo. Il caso studio della Fiera di Messina” è stato redatto dal dottor Giandomenico Crisarà – nato a Reggio Calabria – e dalla dottoressa messinese Antonina Sturniolo. Entrambi hanno conseguito la laurea triennale in Scienza dell’Architettura presso l’Università degli Studi di Reggio Calabria e, lo scorso febbraio, si sono laureati in Architettura per il restauro e la valorizzazione del patrimonio presso il Politecnico di Torino.

Il dottor Giandomenico Crisarà e la dottoressa Antonina Sturniolo, dopo un sopralluogo nell’area della Fiera

L’indagine storico-sociale e lo stile architettonico

La tesi si basa sulla rigenerazione urbana di un bene di un certo valore nelle coste del Mediterraneo. L’analisi di alcuni esempi di rigenerazione ha dimostrato che esistono buone – e funzionali – e cattive pratiche, con spreco di soldi.

Da qui è stata condotta un’indagine storica e sociale su un caso particolare: l’area della Fiera di Messina. La prima problematicità è stata capire a chi appartiene la titolarità del bene e a chi compete la gestione, a causa dei numerosi contenziosi. Probabilmente molti non sanno che l’area della Fiera è un bene demaniale marittimo – quindi appartiene allo Stato -, la cui titolarità attualmente è dell’Autorità Portuale dello Stretto.

Prima del collocamento dell’istituzione fieristica messinese – tra le più antiche del mondo -, nell’area in questione sorgeva il giardino Umberto I, un giardino ottocentesco di una bellezza peculiare. Il terremoto e i bombardamenti del Novecento, però, hanno distrutto il cosiddetto “giardino a mare”, mai più recuperato.

Scorcio del “giardino a mare” Umberto I

Nel 1938 l’area accolse per la prima volta la Fiera – istituita nuovamente nel 1934 con la denominazione “Fiera delle attività economiche siciliane” e giunta alla sua quinta edizione –, precedentemente ospitata dai locali del Liceo classico “Maurolico”.

Il primo progetto del complesso è degli architetti romani Libera (il padre del razionalismo) e De Renzi; gli architetti successivi, invece, sono tutti messinesi e hanno operato – a parte qualche eccezione – in continuità con l’architettura razionalista. L’idea principale di Libera e De Renzi si basava sulla realizzazione di una porta affacciata allo Stretto; inizialmente si sarebbe voluto preservare il verde della villa ottocentesca, però, con il passare degli anni l’area è diventata un cantiere di cemento. Dagli anni ’50, infatti, si sono susseguiti tanti interventi affrettati e poco consoni, probabilmente per esigenze funzionali e a breve termine.

Timeline degli architetti e dei rispettivi interventi

Linee guida per il progetto

Per tutta la seconda metà del Novecento e nel primo decennio dell’attuale secolo, l’area era affidata in gestione all’Ente autonomo della Fiera, istituito nel 1946. Dal 2012 – dopo lo scioglimento dell’Ente autonomo – l’area è in gestione all’Autorità Portuale, che nel 2016 ha indetto un bando di concessione, andato deserto.

Guidati dal bando, i due dottori hanno elaborato un progetto molto realistico, perché considera i vincoli sugli edifici protetti, la tutela della vegetazione e la promozione socioculturale del rapporto con il mare.

Il progetto parte dal concetto di pianificazione strategica e considera di primaria importanza il ruolo degli stakeholder -i soggetti interessati al progetto -, dalla cittadinanza ai possibili investitori; inoltre, è improntato su una visione globale e non su interventi sconnessi sui singoli edifici.

 

Mappa degli stakeholder

Il progetto originale della tesi

L’idea di base del progetto è quello di aprire e far vivere questo luogo ai cittadini; un luogo dinamico, pronto a rispondere alle diverse esigenze della nostra città.

Gli edifici abbandonati potrebbero ospitare aule studio universitarie, capaci di trasformarsi di sera in luoghi di aggregazione per giovani – e non solo -.

La mappatura dei potenziali stakeholder – che hanno espresso interesse in passato – ha permesso di elaborare una proposta reale; non mancano infatti le associazioni giovanili pronte a creare dinamiche di aggregazione e organizzare eventi socioculturali.

Centrale sarebbe anche la valorizzazione dello sport, sia all’aperto che all’interno di uno dei padiglioni.

In un edificio potrebbe essere allestita – in chiave turistica – una galleria enogastronomica, con stand in microgestione.

Si darebbe ampio spazio al verde, riprendendo le caratteristiche del meraviglioso giardino Umberto I.

L’aspetto più importante, però, riguarda la valorizzazione del waterfront, attraverso la creazione di un complesso unico con la Passeggiata, anche se bisognerebbe andare oltre la proposta della demolizione dell’edificio dell’ex Bar Irrera, bene vincolato per la sua importanza architettonica.

Schema tridimensionale delle nuove destinazioni d’uso

Una grande occasione per la rigenerazione

La tesi di Crisarà e Sturniolo, caratterizzata da uno scrupoloso studio e da un impeccabile approccio metodologico, nasce con l’intento di denunciare le cattive pratiche che hanno contribuito alla decadenza di un’area di grande potenzialità del nostro territorio.

La denuncia però non è fine a sé stessa, ma è accompagnata da una proposta organica, ben strutturata e ampiamente motivata.

La crisi generata dalla pandemia ha colpito molti paradigmi della nostra società; eppure, proprio dalle macerie emergono opportunità di rigenerazione. È dunque necessario dare spazio ai giovani cittadini, pronti a mettere al servizio della comunità le proprie idee e – soprattutto – le proprie competenze.

Mario Antonio Spiritosanto

 

Gli autori sui social:

Giandomenico Crisarà:

linkedin.com/in/giandomenico-crisarà

instagram.com/giandocri

facebook.com/giandomenico.crisara

Antonina Sturniolo:

linkedin.com/in/antonina-sturniolo

instagram.com/antonellastu

facebook.com/antonella.sturniolo

 

Fonti:

Tutte le immagini presenti nell’articolo sono state fornite dai due autori

Achille Lauro: Io sono la mia arte

In Lauro ,”ultimo” disco di Achille, si sente la mancanza di Boss Doms, ma non viene meno lo stile provocatorio – Voto UVM: 4/5

C’era una volta in Italia un ragazzo eccentrico; i suoi modi e la sua arte provocavano la repulsione di alcuni, ma la maggior parte provava ammirazione verso questo artista dallo stile mai banale. Le sue performance creavano scalpore e indignazione: c’era chi si sentiva offeso e chi muoveva meri insulti verso un cantante che esprimeva la sua arte in modo stravagante, cosa piuttosto insolita in Italia. Ma non eravamo forse nell’era del politically correct?  In un mondo in cui nessuno può essere attaccato? O questa era soltanto una semplice moda?

Questo ragazzo, dal nome d’arte Achille Lauro, ha dato un nuovo volto non solo alla musica italiana, ma all’Italia stessa. Forse proprio per questo è stato attaccato? O per il suo modo d’essere provocatorio?

 Achille Lauro durante un servizio fotografico. Fonte: rai.it                                        

Achille e il Sanremo del 2021

Quest’anno, alla settantunesima edizione di Sanremo, Achille Lauro è stato il vero protagonista con i suoi eccentrici vestiti e i suoi “quadri” che hanno incantato ma anche indignato. L’artista ha presentato cinque opere tutte diverse l’una dall’altra, accompagnate da un monologo in cui “il pittore” afferma la libertà di essere, non solo la propria, ma quella di tutti noi.

Esistere è essere. Essere è diritto di ognuno, Dio benedica chi è.

Achille Lauro e i suoi cinque quadri a Sanremo 2021. Fonte: imperiapost.it                    

 Non sono mancate le critiche al cantante. Non parliamo di semplici messaggi d’odio che siamo ormai abituati a vedere sotto qualsiasi post, ma vere e proprie proteste e grida di disapprovazione si sono levate dalla Chiesa fino ad arrivare alle forze armate. Lauro è stato addirittura denunciato per “vilipendio alla bandiera”: difatti alla quarta serata sanremese, il cantante ha fatto il suo ingresso dalle famose scale con il tricolore in mano mentre una chitarra elettrica tuonava l’inno di Mameli. 

Vi starete chiedendo «cosa avrà mai fatto Achille?». La risposta è: assolutamente niente! Lauro ha semplicemente posato la bandiera per terra e ha iniziato a esibirsi nella medley Me ne frego/Rolls Royce. Perché così tanta indignazione? Forse qualcuno avrà interpretato male il messaggio: diversi esponenti delle forze armate hanno infatti dichiarato: «E’ irrispettoso, abbiamo giurato fedeltà davanti al tricolore

Ma io mi rivolgo a voi, cari lettori: cosa ne pensate della vicenda? Achille Lauro ha seriamente commesso vilipendio o semplicemente ha svolto il suo lavoro senza mancare di rispetto a nessuno?

Lauro (2021)

 Ieri 16 aprile è uscito il nuovo disco di Achille Lauro, un album per tutti coloro che non si sentono “giusti” e vengono criticati per il loro modo di essere e di fare. Un disco per tutti quindi. Lo stesso Lauro, quando ha annunciato il nuovo album su Instagram, ha lasciato questo messaggio:

Per chi  ha scelto di essere e di goderne. Per chi se ne frega. Per chi ha conosciuto la fine e della fine ha fatto il suo nuovo inizio. Per tutti gli incompresi, come lo siamo noi.

Un mese fa, inoltre, sono comparsi degli indizi sul profilo Instagram ufficiale del cantante. Lauro si è divertito a giocare all’impiccato con i suoi follower: ogni giorno rivelava una lettera fino a quando, l’8 marzo, i fan videro comparire la parola  Lauro, titolo del nuovo album. Sulla copertina del CD infatti è disegnato il famoso gioco, un piacevole ritorno ai banchi di scuola durante le ore “buca”.

 
Copertina ufficiale del CD audio. Fonte: instagram.com

Già dalle prime note si sente la mancanza del collega e amico Boss Doms, ma nonostante tutto l’album ha entusiasmato i fan, entrando in classifica a poche ore dalla mezzanotte. Traccia dopo traccia l’album non delude nessuno: rock, pop, blues, jazz e anche un po’ di elettronica accompagnano l’ascoltatore mentre il nostro giullare con le sue parole ci racconta il mondo degli incompresi e il suo passato. Ovviamente non manca la provocazione, il marchio di fabbrica del nostro cantante romano, marchio che lo ha fatto amare e odiare.

Le mie canzoni nascono in maniera spontanea. Sono stati d’animo. Fotografie.

L’album contiene 13 tracce, Solo noiMarilù sono state lanciate come singoli qualche mese fa.

Marilù ha riscosso subito successo; oltre ad essere una canzone, è anche un manifesto femminista. Il testo racconta la storia di tutti noi narrata dagli occhi di una ragazza chiamata Marilù che sta cercando di vivere la propria vita senza farsi intrappolare da un mondo troppo rigido e da vili luoghi comuni. Marilù, quando esce dal nido familiare, lontana dagli occhi del padre, si tira la gonna «un po’ più su», un piccolo atto di ribellione con cui esprime tutta la sua libertà, il suo modo di essere e non quello imposto da qualcuno o qualcosa.

Ma sei così
Sì, così libera
Sogno l’America
Si ma tu sei così
Così lunatica
Che vuoi chi non merita
Non merita
Ma sei così
Un’attrice comica
La bomba atomica
Si ma tu sei così
In fiamme sei Notre Dame

Achille Lauro ha comunicato che questo – forse – sarà il suo ultimo album: speriamo sia solo uno scherzo dal cantante dai mille volti che con questo nuovo disco ci ha lasciato la storia e le cicatrici che lo hanno portato ad essere “Achille Lauro”.

Dopo questo album voglio vivere da Signor Nessuno

                                                                                                                                                          Alessia Orsa