Fuorisede: arriva il contributo affitti 2021

Buone notizie per gli studenti fuorisede di UniMe, è stato infatti appena pubblicato il bando per la presentazione delle istanze di rimborso dei canoni dei contratti di locazione corrisposti per l’anno 2021. (Applicazione del Decreto MUR-MEF n°1013 del 30 luglio 2021 “Contributi per le spese di locazione abitativa sostenute dagli studenti fuori sede”- Art 1, commi 526 e 527 legge di bilancio 30 dicembre n.178 ).

A chi è rivolto?

La selezione è riservata agli studenti fuorisede iscritti all’a.a. 2020/2021 che soddisfano i seguenti requisiti:

  • appartenere ad un nucleo familiare con un ISEE non superiore a 20.000 euro;
  • avere una certificazione ISEE in corso di validità;
  • non usufruire di altri contributi pubblici per l’alloggio, con ciò si intende in generale anche sussidi erogati sotto forma di servizio abitativo, non solo sotto forma di contributo economico.

Come presentare la domanda

La richiesta in carta semplice dovrà essere inviata all’indirizzo email protocollo@unime.it entro il 30 ottobre 2021, utilizzando il modello di domanda allegato al  bando (pagine 3 e 4 del bando).

Oltre al modulo adeguatamente compilato, dovranno essere allegati i seguenti documenti:

  • copia di un documento di identità valido;
  • copia del contratto di locazione regolarmente registrato – ricevuta della registrazione rilasciata dall’Agenzia delle Entrate – le quietanze di pagamento dei canoni corrisposti (ricevute fiscali o bonifico delle spese di affitto sostenute);
  • copia modello ISEE corrente.

In caso di mancata presentazione della suddetta documentazione o la presentazione di un documento irregolare si avrà la perdita del diritto al rimborso.

Contatti utili e supporto

In caso di dubbi o difficoltà, l’Unità Operativa Agevolazioni e Premialità Studenti garantisce puntuale assistenza via email al seguente indirizzo: agevolazionipremistudenti@unime.it
Claudia Di Mento

Grazia Deledda: la donna che scalò l’Olimpo della letteratura

Innumerevoli sono i nomi e i volti di uomini e donne che hanno fatto dell’Italia un esempio nel panorama della letteratura mondiale, tanti da non riuscire ad elencarli tutti.

Oggi più che mai spicca un nome insolito, il ricordo dei 150 anni dalla nascita di una donna: Grazia Deledda.

La Deledda, scrittrice di origini sarde, fu la prima donna italiana a salire sulla cima dell’Olimpo sacro della letteratura con il premio Nobel assegnatole nel 1926.

La scrittrice Grazia Deledda. Fonte: parchiletterari.com

La vita di una donna rivoluzionaria

Grazia Deledda nacque nel cuore della Sardegna rurale, nella piccola cittadina di Nuoro il 28 settembre 1871, in una famiglia agiata. Il padre, Giovanni Antonio Deledda era un noto imprenditore interessato alla poesia, egli stesso componeva versi in sardo; fu anche fondatore di una tipografia. La madre, Francesca Cambosu, era una donna di rigidissimi costumi, dedita alla casa, perfetta rappresentazione della chiusa mentalità patriarcale nuorese, che successivamente porterà la stessa Grazia a ribellarsi a tali dettami culturali. Formatasi in maniera privata sotto la guida del professore Pietro Ganga, proseguì i suoi studi completamente da autodidatta.

Importante per la formazione dei primi anni della sua carriera da scrittrice di Grazia, fu l’amicizia con lo scrittore e storico sassarese Enrico Costa, che per primo ne comprese il talento. Successivamente coltivò per lungo tempo uno scambio epistolare con lo scrittore calabrese Giovanni De Nava, che vantava il talento della giovane scrittrice, relazione che sfociò successivamente in missive amorose e che terminò bruscamente con l’allontanamento da parte del poeta reggino.

Nel 1899 si trasferì a Cagliari, dove conobbe Palmiro Madesani, funzionario del Ministero delle Finanze, lavoro che successivamente lasciò per dedicarsi all’attività di agente letterario della scrittrice, ormai divenuta sua moglie. La coppia si traferì a Roma l’anno successivo, conducendo una vita appartata. Ebbero due figli: Franz e Sardus.

Nel 1903, dopo una serie di pubblicazioni minori, arrivò per Grazia la consacrazione come scrittrice attraverso la pubblicazione del romanzo Elias Portolu, il primo di una serie di fortunati romanzi e opere teatrali: Cenere (1904), L’edera (1908), Sino al confine (1910), Colombi e sparvieri (1912), Canne al vento (1913), L’incendio nell’oliveto (1918), Il Dio dei venti (1922).

Le opere della Deledda furono apprezzate da tanti illustri letterati, tra cui Giovanni Verga. Fu riconosciuta e stimata anche all’estero: David H. Lawrence scrisse la prefazione in inglese della traduzione de La Madre, ed ella stessa fu traduttrice (è sua la traduzione italiana di Eugénie Grandet di Honoré de Balzac).

Il Nobel per la letteratura e la fine di una vita

Arriva il 10 dicembre 1926: nella cornice della magnifica Stoccolma, Grazia Deledda viene insignita del più alto riconoscimento letterario, il Premio Nobel, così motivato dalla prestigiosa giuria:

“Per la sua potenza di scrittrice, sostenuta da un alto ideale, che ritrae in forme plastiche la vita quale è nella sua appartata isola natale e che con profondità e con calore tratta problemi di generale interesse umano.”

Divenne così la prima e unica donna italiana e la seconda nel mondo, a raggiungere la vetta dell’Olimpo della letteratura.

Grazia Deledda riceve a Stoccolma il prestigioso premio Nobel. Fonte: eco di Pavia

Dieci anni dopo il premio arrivò per Grazia la fine della sua vita: si spense il 15 agosto 1936 così come aveva sempre vissuto, con l’odore di rivoluzione e sempre pronta a rompere ogni schema.

 Tre grandi capolavori di Grazia Deledda

1) Canne al vento (1913)

“L’uomo non è che una canna, la più fragile di tutta la natura; ma è una canna pensante.”

(Blaise Pascal, Pensieri)

Il romanzo capolavoro della scrittrice sarda affronta senza filtri tematiche dal sapore dolce-amaro: all’amore e all’onore vengono contrapposte la fragilità umana e la povertà, il ricordo della consapevolezza di un destino già segnato e impossibile da cambiare.

Riprendendo diversi spunti filosofici-letterari già trattati, la Deledda abbina sapientemente la metafora dell’uomo paragonato alla canna di Blaise Pascal, adattandolo perfettamente al protagonista, un eroe semplice quasi primitivo, sul modello del pastore errante leopardiano.

2) Elias Portolu (1903)

Amor, ch’a nullo amato amar perdona

(Dante, La Divina Commedia, Inferno, canto V)

Un romanzo dai tratti “lussuriosi”, in pieno stile dantesco: la Deledda racconta, con sapiente maestria, il ritratto dell’amore impossibile e tormentato tra due cognati attraverso il loro conflitto interiore per non cedere alla passione e quindi al peccato.

3) Cenere (1904)

   Possibile che non si possa vivere senza far male agli innocenti?

(Grazia Deledda,  La chiesa della solitudine)

Il romanzo narra la storia di una madre – o meglio – l’assenza di una madre persa dietro alla passione per un uomo e di un figlio abbandonato, cresciuto dalla matrigna benevola.

La trama percorre tutta la vita del protagonista, tra aspirazioni personali e il decadimento di un paese fino al suicidio, l’unica soluzione che pone fine alle sofferenze del protagonista e alla ricerca ossessiva della madre.

La scrittrice in un’illustrazione di Gef Sanna. Fonte: lanuovasardegna.it

 

La Deledda dovette affrontare un lungo percorso per poter dare spazio alle sue aspirazioni più profonde, alla voce interiore che la chiamava a dedicare la propria esistenza alla scrittura, soprattutto contro la società di Nuoro in cui l’unico destino delle donne non poteva oltrepassare il limite di «figli e casa, casa e figli». Grazia reagì, rivelando da protagonista la crisi epocale del mondo patriarcale (e pastorale), incapace di contenere le istanze delle nuove generazioni. Seguì una strada esemplare, facendo emergere le contraddizioni di una società in declino, senza tradirne la radice identitaria profonda che la contraddistinse.

Gaetano Aspa

V: Il viaggio apocalittico di Mannarino

Mannarino torna a galla più prepotente che mai in un disco curioso, stimolante, potente. – Voto UVM: 4/5

 

A quattro anni di distanza dal precedente album, il cantautore romano Mannarino torna con un nuovo disco dal titolo “V”, disponibile dal 17 settembre.

Prodotto dallo stesso artista e registrato tra New York, Los Angeles, Città del Messico, Rio De Janeiro, Amazzonia e Italia con il coinvolgimento di produttori internazionali, l’album è un invito ad appellarsi alla saggezza ancestrale degli esseri umani. Un disco che parla le lingue del mondo, intriso di suoni di foresta e voci indigene. Mannarino va alla ricerca della sorgente tribale dell’umanità, proposta come unico e potente antidoto contemporaneo alla brutalità del disumano.

Cover: la Donna Guerriera di Mannarino

La cover del disco raffigura una donna combattente, guerriera. L’immagine è l’unione di due elementi: la donna e la resistenza indigena fusi insieme in un’azione: quella di calarsi il passamontagna, o forse di toglierlo, immagine evocativa di un’entrata in azione, un’azione che è difesa non violenta, poetica e ispiratrice. Calarsi il passamontagna per andare in guerra o toglierlo per mostrare e difendere la propria identità? Un’immagine contemporanea che trova la sua forza in una nuova tribalità, allo stesso tempo antica e futura.

La voce delle canzoni

Ad anticipare l’album è stato il singolo Africa, con un arrangiamento ricco di strumenti etnici e cori dal gusto africano. Mannarino canta quasi sussurrando le parole che si rivolgono in maniera diretta a quella che lo stesso artista definisce un “richiamo all’irrazionalità misteriosa”.

In Congo, invece, la poesia si fa irriverente e affilata. Con i tratti di una favola moderna, l’artista romano racconta della paura dell’altro, dell’ultimo ricercato e dell’ultima principessa, in un paesino fotografato alla vigilia di Natale. Attraverso un sound tribale alternato ad alcuni accordi di chitarra, si crea una visione apocalittica, a tratti biblica che parte dai bassifondi per arrivare al cielo a smascherare la bugia di Dio.

Vengono nell’oblio e, mentre vengono, chiamano Dio
E Dio è solo un pezzo di carne legata allo spago
Fra la bocca dell’affamato e la mano del mago.

Canti di rabbia, di rivolta, di resistenza, d’amore sono lo strumento per superare l’idea di impossibilità, ingiustizia e delusione. La voce debole e isolata trova la forza di trasformarsi in grido di battaglia, di riscatto e speranza. È questo il significato di Cantaré: un inno alla voce per chi non ha voce!

Fiume Nero è una dichiarazione d’amore “alternativa”. Qui, ci si addentra nella giungla, nella carne viva dell’album: un luogo al di fuori delle leggi dello spazio e del tempo, dove l’umano si fa Dio e mischia l’acqua con la lava. Due corpi, due esistenze, due mondi si uniscono nell’infinito, fuori da qualsiasi tipo di convenzione.

In Agua e Amazònica, entrambe registrate nella regione del Tapajos, la voce delle donne indigene combattenti “As Karuanas” accompagna quella di Mannarino. La canzone è un grido calmo, bagnato di pianto, che vuole essere una chiamata al mondo ad aprire gli occhi, ricordando che l’attacco alla terra indigena e alle risorse naturali dell’Amazzonia si sta trasformando in un vero e proprio genocidio.

Mannarino: giocoliere di parole

Chiunque ascolti il cantautore romano è sicuramente a conoscenza della sua versatilità e del suo modo di giocare con le canzoni. Questa volta lo fa con Banca De New York, un esperimento ironico e allucinato, registrata tra Roma e Città del Messico. In questo pezzo l’artista è riuscito ad unire il registro più romanesco e radicale con un mondo sonoro acido e “trippy”, ispirato al Mississippi e ai campi di cotone. Originale anche se purtroppo, per tutta la durata della canzone – a tratti ridondante – ci si aspetta un exploit che sembra non arrivare mai.

Man mano che il disco scorre, si sente serpeggiare la crisi di un uomo e simultaneamente apparire l’immagine di una donna: la Dea ipnotica. In Vagabunda questa immagine esce fuori in maniera potente. Parla di un uomo che cerca rifugio e salvezza dalle sbarre del logos occidentale in una donna, personificazione dell’“eros”.

Romantica, Eretica, Erotica

È una giungla carnosa e ipnotica questa, dove la salvezza passa per il corpo e la sensualità viene dalla ribellione.

Cantare è una mossa politica!

Il viaggio continua con la canzone cosmopolita Ballabylonia, la storia di una donna Iracema, contemporanea e futura, che dalla giungla viene attirata dalle luci della grande città, della metropoli immersa in un nuovo villaggio: quello “globale”, come direbbe il sociologo McLuhan. Si accorge così di essere in un altro tipo di giungla, ma molto più pericolosa. Musicalmente Mannarino abbandona quasi del tutto i suoni ancestrali della natura, dando più spazio all’elettronica, rafforzando l’idea del passaggio della donna Iracema dal suo tranquillo villaggio alla nostra giungla post-moderna.

Con Bandida, ereditiera della patchanka di Manu Chao, ci ritroviamo davanti alla Donna indigena, ancestrale, forte, guerriera per natura, e ribelle per cultura. Questa immagine di donna è un’immagine umana che trova la sua corrispondenza più intima nel mistero della giungla: sono crollati i monoteismi, resta il mistero, l’animismo e la spinta vitale che ci porta tutti avanti. In testa, a guidare questa folla, c’è lei, colorata e furiosa.

La libertà che guida il popolo…

Lei è la fine del viaggio, l’epilogo ideale del disco. La crisi di un uomo di fronte all’immagine della donna rappresenta una crisi storica e sociale e la lotta di lei diventa un messaggio alle generazioni future.

Lei lasciò solo una scritta sul muro:                                                                                              “pagheranno caro, pagheranno tutto”                                                                                                voi picchiate duro                                                                                                                                aprite una breccia e vedrete il futuro

Adesso che il viaggio è finito e “Lei” non c’è più, ci restano i titoli di coda: Luna, una ballata struggente sulla separazione, sulla solitudine, e Paura, che rappresenta la presa di coscienza e il ritorno alla realtà. Due brani completamente in acustico, di estrema semplicità ma pieni di emotività, dalla voce calda, sicura e sussurrata.

Che io non ho paura alcuna, che io non ho paura.

È con queste semplici e struggenti parole che l’in-cantautore romano chiude il suo Viaggio. Un viaggio alla riscoperta della semplicità, della natura, della riconnessione con il proprio io, quello primordiale. Un viaggio fatto di storie: di battaglie babiloniche, fughe rivoluzionarie e amori fuorilegge, alla riscoperta di che cos’è davvero la paura.

Domenico Leonello

Qui rido io: l’esistenza come teatro


Martone dipinge magistralmente “miserie e nobiltà” di uno dei più grandi autori teatrali di sempre. Voto UVM: 4/5

 

Che la vita è un teatro è  massima proclamata dalle penne di poeti come William Shakespeare, dalle bocche di saggi di ogni tempo e luogo, ma anche verità sottintesa nei detti dei comuni mortali, incisa nel DNA di ciascuno di noi perché – come diceva Marlon Brando– ogni uomo in fondo è attore. Poi a seconda di gusti e inclinazioni personali, c’è chi intende l’esistenza come un’immane tragedia, chi come un dramma dell’assurdo senza capo né coda e altri ancora come una commedia o ancor meglio un’esilarante farsa in cui gli sforzi dell’attore sono ripagati dalla ricompensa più preziosa del suo pubblico: la risata.

Affamato dell’amore del pubblico e incapace di dividere farsa e vita vera era Eduardo Scarpetta, nome non nuovo per tanti cresciuti a pane, Miseria e nobiltà, nel mito di quel Felice Sciosciammocca con la pasta int’a sacca immortalato dal genio di Totò nella trasposizione cinematografica del ’54.  Affamato di vita e di teatro – come lo era la sua macchietta Sciosciammocca di pane – è soprattutto lo Scarpetta dipinto da Mario Martone in Qui rido io, film presentato alla 78esima Mostra di Venezia, con un magistrale Toni Servillo.

 Show must og on

Siamo agli inizi del Novecento, Eduardo Scarpetta (Toni Servillo) è l’attore e commediografo più famoso di Napoli, una personalità imponente e arrogante, un vero e proprio divo ante litteram acclamato dal pubblico e chiacchierato da tutti, prima ancora dell’avvento di Hollywood e Cinecittà.   Ma Scarpetta è prima di tutto padre, un padre sui generis: padre affezionato di Sciosciammocca, macchietta comica che soppianta a fine Ottocento la maschera di Pulcinella, padre prolifico di celebri commedie (Miseria e nobiltà, O miedeco d’e pazze, Nu turco napulitano, Na Santarella) così come di una famiglia difficile e ingarbugliata stile tribù da patriarca biblico, un’intera dinastia di talenti che incarneranno la teatralità napoletana.

Eduardo Scarpetta, discendente reale del noto Scarpetta, impersona Vincenzo, figlio legittimo del commediografo. Accanto Alessandro Manna nei panni di un piccolo Eduardo De Filippo. Fonte. amica.it

Tra tutti i De Filippo (Titina, Eduardo, Peppino), concepiti con Luisa, nipote della moglie, che non ereditano il cognome, ma sicuramente l’amore per il teatro, trasmesso quasi come un mestiere artigianale di padre in figlio, come quel Peppiniello che tutti i piccoli della famiglia – figli illegittimi compresi – a turno impersoneranno in una sorta di rito di iniziazione sancito da quel «Vincenzo m’è patre a me!». Proprio in quella battuta è condensato l’intreccio tra vita e teatro che è il focus dell’opera di Martone; nelle luci calde della fotografia di Renato Berta i due palchi – quello dell’esistenza e della commedia- si confondono : quello del povero scrivano Sciosciammocca che si finge Principe di Casador e quello del padre padrone Scarpetta che si fa chiamare zio dai piccoli De Filippo; le quinte dietro cui si nasconde all’incipit lo sguardo attento del piccolo Edoardo e la sua condizione di figlio nascosto del genio.

Toni Servillo e il bravissimo Alessandro Manna in una delle scene più toccanti del film. Fonte: madmass.it

Inizia nel teatro, nel mezzo di quella Miseria e nobiltà che è l’apoteosi di Scarpetta- e finisce sempre nel teatro inconsueto del tribunale, Qui rido io: il perno è quel palco da cui Eduardo Scarpetta non vuole proprio saperne di scendere, di rinunciare a ridere e a far ridere.

Martone scosta il sipario e inquadra solo un piccolo scorcio della vita del commediografo: il periodo difficile del contenzioso con D’Annunzio per aver parodiato il dramma La figlia di Iorio, l’avvento dei cabaret e del cinematografo che sembrano soppiantare la commedia napoletana. Certo si poteva raccontare molto di più per arricchire la trama: nella biografia di Scarpetta e della sua tribù si poteva persino pescare a piene mani per un’avvincente saga familiare (e magari qualcuno lo farà in futuro). Non era questo tuttavia l’intento di regista e sceneggiatori che hanno preferito puntare i riflettori sul teatro che è vita e sulla vita che è teatro, sul rapporto più palpabile e difficile attore teatrale/pubblico, così come padre/figlio, sullo spettacolo che continua mai uguale a sé stesso e va avanti nonostante tutto, nonostante “u scuornu” che una famiglia di teatranti come quella di Scarpetta non sa cos’è.

Felice Sciosciammocca diletta il suo pubblico. Fonte: labiennale.org

Giullare nato

«Volevo essere il re delle feste» afferma un Servillo da dolce vita ne La grande bellezza. Edonista nato, ma decisamente meno malinconico è anche l’Eduardo Scarpetta di Qui rido io, incapace di prendere sul serio persino un processo, farsesco e arrogante, prepotente persino coi suoi figli , non meno diverso per certi aspetti dal Berlusconi mondano di Loro. Insomma Servillo si rivela ancora una volta adatto a vestire i panni di personalità eccentriche e discutibili, ma c’è qualcosa in questo Scarpetta che ce lo fa amare – nonostante tutto- più degli altri personaggi ed è quella napoletanità che ha nel sangue e in questo film può far sprizzare da tutti i pori. Mentre parla con una cadenza partenopea pronunciata, mentre gesticola anche fuori dal palco, Servillo si sente a casa e si vede!

Scarpetta e Servillo a confronto. Fonte: notizie.it

Un film per tutti?

Bisogna essere amanti di Napoli, del suo teatro, dei suoi colori e della sua storia, della sua musica che suona anche nel dialetto, per apprezzare davvero il film di Martone. Bisogna conoscere una grande commedia come Miseria e nobiltà, i De Filippo e la loro storia paradossale: loro non riconoscuti dal padre – a differenza di quanto avviene nella finzione per il piccolo Peppiniello – diverranno per assurdo i figli più famosi del grande Scarpetta, segnando profondamente teatro e cinema del XX secolo.

Bisogna collegare tutti questi fili della matassa per sentire i brividi sulla pelle quando il piccolo Eduardo indicando il palco a un indisciplinato Peppino dice: «a libertà nostra sta là!». E forse tanti giovani purtroppo non conoscono questi personaggi, la loro storia, sono digiuni di teatro. O forse non serve: magari guardando il film, possono avvicinarsi a questo mondo perchè – ad ogni modo – anche i giovani sanno cos’è la vita e il teatro, in fondo, è la stessa cosa.

Angelica Rocca

 

 

Venezia 2021: il festival delle novità

1 settembre 2021: si apre uno dei festival del cinema più attesi: stiamo parlando della Mostra del cinema di Venezia! Ciò che rende questa premiazione così affascinante è prima di tutto la location: ogni anno possiamo ammirare le star che arrivano in barca al lido di Venezia- con scintillanti abiti firmati dai più grandi stilisti – portando con sé le grandi novità del cinema italiano ed internazionale. Anche questo festival, come altri, ha simboleggiato la rinascita del cinema e dello spettacolo, così fortemente danneggiato dalla pandemia.

Ma ora non dilunghiamoci oltre: andiamo a scoprire quali sono le grandi pellicole presentate e premiate alla mostra del cinema di Venezia 2021.

Film e attori premiati

Questo festival ha visto splendere prima di tutto nuovi talenti emergenti, in diversi settori. Grande rivelazione è stata senza dubbio il francese L’evenement di Audrey Diwan, Leone d’oro al miglior film, che tratta il tema dell’aborto, il cui diritto, anche se fondamentale , non è ancora tutelato al 100% in molti Stati, anche quelli più industrializzati e tecnologicamente avanzati come gli USA. La pellicola è tratta dal romanzo omonimo di Annie Ernaux.

Audrey Diwan con il suo Leone d’oro; fonte: globalist.it

Per un festival tutto in rosa, vediamo altre due donne premiate con il Leone d’argento per la miglior regia e il Premio Osella per la miglior sceneggiatura: si tratta di Jane Champion per Il potere del cane (premio inaspettato in quanto il film non era stato molto apprezzato) e Maggie Gyllenhaal,  sorella del noto attore americano Jake Gyllenhaal, per The lost daughter, il suo primo lavoro da regista e sceneggiatrice.

Maggie Gyllenhaal con il suo premio Osella; fonte: sugarpulp.it

Infine immancabile è naturalmente la coppia Sorrentino – Servillo, presente quest’anno con E’ stata la mano di Dio.  Il film, premiato con il Leone d’argento gran premio dalla giuria, ha tra l’altro fatto emergere un nuovo talento: il giovane attore Filippo Scotti, insignito del  premio Marcello Mastroianni.

Leone d’oro alla carriera

Durante quest’edizione del festival, hanno poi ricevuto il Leone d’oro alla carriera due importanti figure del cinema internazionale: Roberto Benigni e  Jamie Lee Curtis.

 Il premio non posso dedicarlo alla persona che imparadisce la mia mente – come dice Dante-  alla mia attrice prediletta Nicoletta Braschi: questo premio è suo, per cui sarai tu a dedicarlo. Abbiamo fatto tutto insieme per 40 anni, io conosco solo un modo per misurare il tempo, con o senza di te. Ce lo dividiamo questo Leone, io mi prendo la coda e a te lascio le ali. Se qualcosa di buono ho fatto è grazie alla tua luce.

Con queste poche parole, il noto attore Roberto Benigni è riuscito a far emozionare non solo tutti i presenti ma l’Italia intera, mostrando un amore sincero e profondo nei confronti di Nicoletta Braschi, moglie e compagna nella vita e nel lavoro.

Roberto Benigni con il leone d’oro alla carriera; fonte: Veneziatoday.it

Altrettanto commovente il discorso pronunciato dall’attrice Jamie Lee Curtis, nota per la sua performance nella saga di Halloween e in famosissime commedie quali Una poltrona per due e Un pesce di nome Wanda. La Curtis è da sempre stata molto impegnata socialmente per la difesa dei diritti della comunità LGBTQIA+ e delle vittime di violenza; infatti, è proprio a loro che dedica questo suo prestigioso premio. Un ringraziamento speciale è andato anche ai genitori, gli attori Tony Curtis (interprete indimenticabile di tante commedie hollywoodiane anni ’50) e Janet Leigh (nota per il suo ruolo nel film Psyco), che le hanno permesso di essere a sua volta una brava madre sempre vicina ai propri figli.

Jamie Lee Curtis con il suo leone d’oro; fonte: Luxgallery.it

La nuova coppia del momento

Tante sono state le coppie di attori, attrici e registi che hanno sfilato sul red carpet di questo festival, ma una in particolar modo ha attirato l’attenzione di tutti: stiamo parlando di Ben Affleck e Jennifer Lopez. I due erano già stati insieme in passato: dopo una relazione terminata bruscamente nel 2004, si erano allontanati per poi riavvicinarsi quest’estate. Il bacio sul red carpet di Venezia ha reso ufficialmente nota la “reunion”.

Ben Affleck e Jennifer Lopez sul red carpet; fonte: corriere.it

Un festival diverso e speciale

La mostra del cinema di Venezia di quest’anno è stata senza dubbio una premiazione un po’ diversa: anche se, da un lato, sono state mantenute delle specifiche linee anti- Covid19 , dall’altro è emersa un’ energica ripartenza del cinema accompagnata da una ventata di novità. Protagonisti della premiazione sono stati registi, attori e attrici emergenti che preannunciano una grande rinascita del settore cinematografico nell’era post- pandemica.

Ilaria Denaro

UniMe: tutto quello che devi sapere sul ritorno in aula e non solo

Un nuovo anno accademico si prospetta all’orizzonte e sono tante le novità che UniMe ha in servo per i suoi studenti. In questo articolo vedremo come sarà organizzato il rientro in aula (secondo quanto previsto dal decreto rettorale) nel rispetto della normativa vigente anti Covid-19 e tutte le opportunità che l’Ateneo offre ai suoi studenti!

Cominciamo ricordando che dal 1° settembre 2021 e fino al 31 dicembre 2021, tutto il personale universitario e gli studenti universitari, per accedere alle strutture universitarie devono essere in possesso e devono esibire la certificazione verde COVID-19 nota anche come “Green Pass”.

Inoltre, si rammenta all’intera collettività universitaria il rigoroso rispetto delle norme generali di prevenzione: distanziamento sociale, norme igieniche, nonché il corretto utilizzo dei dispositivi di protezione individuale (DPI).

Lezioni

Le attività didattiche nei poli messinesi e presso le sedi decentrate saranno svolte con le stesse modalità di seguito riportate:

  • Finalmente le lezioni potranno tornare a svolgersi in presenza.
  • Fanno eccezione i corsi di studio in cui il numero degli iscritti per ciascun anno non è compatibile con le dimensioni delle aule, di conseguenza sarà adottata la modalità blended, per garantire il distanziamento interpersonale previsto dalle normative in vigore.
    • Gli studenti dovranno dunque prenotare il posto in aula tramite l’apposita piattaforma fino al raggiungimento dei posti massimi disponibili (clicca qui per accedere alla nostra guida prenotazione e accesso in aula) e
    • scaricare l’applicazione del sistema di rilevazione presenze (“Rilevazione frequenze UniMe” disponibile sia per dispostivi Android che IOS).
    • Nel caso in cui la capienza dell’85% venga raggiunta, i restanti studenti potranno, in contemporanea, seguire la lezione tramite la piattaforma Microsoft Teams. In quest’ultimo caso sarà necessario accedere alla stanza del corso integrato da seguire (Come posso seguire le lezioni su Teams?).

Nota Bene: In ogni caso lo svolgimento delle lezioni in presenza sarà garantito per:

  1. i corsi che si tengono al primo anno,
  2.  i corsi a frequenza obbligatoria.
  • Si ricorda che per gli studenti fragili (ai sensi dell’articolo 26 del DL n. 18 del 17/03/2020, convertito con modifiche dal DL 27 del 24/04/2021) di tutti i corsi le lezioni saranno disponibili in modalità sincrona su piattaforma Teams.

Esami di profitto

  • Gli esami si terranno esclusivamente in presenza.
  • Anche in questo caso si ricorda che per i soli studenti fragili (ai sensi dell’articolo 26 del DL n. 18 del 17/03/2020, convertito con modifiche dal DL 27 del 24/04/2021) di tutti i corsi, gli esami potranno essere svolti in modalità a distanza su piattaforma Teams. Clicca qui per leggere un nostro vecchio articolo e scoprire come richiedere la modalità telematica.

Focus Microsoft Teams

Non conosci la piattaforma Microsoft Teams e non sai come utilizzarla? Le FAQs #helpME ti aiuteranno!

(clicca qui per visualizzare tutte le altre FAQs)!!

Sedute di laurea

  • Le lauree si svolgeranno in presenza con la previsione di un numero contingentato di accompagnatori.

Se le modalità di registrazione degli accompagnatori rimarranno uguali a quelle adottate per le ultime lauree in presenza (e cioè 5 accompagnatori per ciascun candidato), ecco come procedere:

Ricevimento docenti-studenti

  • I ricevimenti avverranno in presenza o da remoto, secondo le modalità concordate con il docente.

Laboratori didattici

  • Le attività relative si svolgeranno in presenza nel rispetto delle normative anti Covid-19.

Biblioteche

  • Le sedi bibliotecarie e le aule studio saranno fruibili in presenza nel rispetto delle normative anti Covid-19.
  • Il Servizio di prestito libri sarà su prenotazione dal lunedì al venerdì.

Scopri qui il servizio di prenotazione.

Tirocini e TFA

  • tirocini curricolari ed extracurricolari potranno svolgersi in presenza nel rispetto delle normative anti-contagio e delle regole e disponibilità della struttura ospitante.
  • I  tirocini  di  area  medica  all’interno  della  struttura  sanitaria,  ivi  inclusi  i  laboratori assistenziali, si svolgeranno in presenza. Le attività di dottorandi, tesisti e specializzandi di area medica e non medica si svolgeranno in presenza.
  • Per i TFA sostegno e per il Corso di Laurea in Scienze della Formazione primaria, i tirocini si  terranno  secondo  le  modalità  stabilite  dai  coordinatori  in  funzione  principalmente:  della capacità delle singole scuole di attivare la modalità blended per lo svolgimento di tale attività; della disponibilità dei singoli istituti scolastici di accogliere tirocinanti in presenza; potranno essere attivate altre modalità ritenute utili allo scopo.

Mobilità Erasmus

  • Gli spostamenti relativi al programma Erasmus per studenti, docenti e personale T.A. proseguiranno, previa sottoscrizione di apposita liberatoria, in funzione delle disponibilità e regole Covid dell’Università ospitante.
  • Gli uffici di Ateneo competenti supporteranno ciascun assegnatario di borsa per la valutazione dello specifico programma.

Riunioni organi collegiali, Convegni, Congressi e Seminari

  • Le riunioni degli organi collegiali di ogni ordine e grado si svolgeranno in presenza.
  • Le attività in merito a convegni, congressi e seminari potranno svolgersi in presenza secondo le indicazioni fornite dal decreto n. 52 del 22/04/2021.

Ripresa attività sportive ad UniMe

Accesso gratuito per gli studenti

Ottime notizie per gli amanti  dello sport! È stato infatti disposto l’accesso gratuito a tutti gli studenti dell’Ateneo Peloritano a tutti gli impianti sportivi UniMe presso la nuova palestra di Palazzo Mariani e presso la Cittadella Universitaria dell’Annunziata.

 

Il Rettore Prof. Salvatore Cuzzocrea e la paratleta messinese Carolina Costa, medaglia di bronzo nel Judo ipovedenti alle olimpiadi di Tokyo 2020, durante l’inaugurazione della nuova palestra di Palazzo Mariani. – Fonte: unime.it

Come ottenere l’accesso gratuito?

È molto semplice! Per potere aderire all’iniziativa basterà compilare il seguente modulo: Attività gratuita per studenti – Modulo per l’adesione, disponibile anche sull’App UniMe ed inviato sulla mail istituzionale o personale di ciascuno studente.

Iscrizioni “Scuola di Sport”

Sei interessato ad uno o più sport in particolare? Sono riprese le attività alla Cittadella sportiva universitaria targate SSD UniMe (Società Sportiva Dilettantistica dell’Università di Messina). Il tutto nel pieno rispetto della normativa vigente anti Covid-19.

Da lunedì 6 settembre, infatti, è ripartita la “Scuola di Sport” con l’apertura delle iscrizioni alle varie discipline sportive. Bambini, ragazzi, studenti potranno scegliere fra:

  • Baseball,
  • Basket,
  • Calcio,
  • Equitazione,
  • Ginnastica Artistica,
  • Hockey,
  • Judo,
  • Nuoto,
  • Pallanuoto,
  • Softball,
  • Tennis.

A partire dallo stesso giorno sarà possibile iscriversi anche alle attività connesse alla palestra ed ai vari corsi di Fitness, Acquafitness e Hidrobike.
Per avere maggiori informazioni e per prenotare è possibile contattare:

Giovanni Alizzi

Claudia Di Mento

Se cadono le montagne: un reportage a fumetti di Zerocalcare

 

Zerocalcare torna con il suo stile unico a raccontarci del suo viaggio nel nord dell’Iraq con incredibile sensibilità – Voto UVM:  5/5

 

Sulla copertina della recentissima uscita del settimanale Internazionale troviamo un disegno di Michele Rech in arte Zerocalcare, un assaggio del reportage a fumetti di 34 pagine, Etichette, che la rivista custodisce al suo interno. Ad accompagnare l’illustrazione in copertina c’è una frase: «Se cadono le montagne» e il sottotitolo Un reportage dal nord dell’Iraq, tra i curdi che vivono nel campo di Makhmour.

Il reportage è facilmente reperibile in edicola o con qualche click online sul sito del settimanale Internazionale; sempre online, sui social, si trova il racconto di  Zero circa la scelta di Alberto Madrigal per occuparsi della colorazione dell’illustrazione  in copertina e delle mezzetinte acquerellate all’interno del fumetto .

Zerocalcare, Con il cuore a Kobane; Internazionale. Fonte: ilbibliomane.wordpress.com

Se cadono le montagne?

Zerocalcare non è nuovo alla vicenda curda. Ci racconta infatti del suo viaggio tra il deserto e le montagne del Kurdistan qualche anno dopo l’uscita di Kobane Calling, un reportage a fumetti del viaggio di Michele in Turchia, Iraq e Siria in supporto ai combattenti curdi, un itinerario per comprendere le storie di un popolo in guerra per il proprio diritto ad esistere.

Ed è nell’introduzione del 2020 a Kobane Calling che ci scrive di un detto curdo che recita:

I curdi hanno un solo amico, le montagne.

In effetti nell’immaginario comune le montagne veicolano un significato di protezione e sicurezza. Il freddo e distaccato fascino del monte Fuji ne La grande onda di Kanagawa, qualcosa che è impossibile cada. E allora sembra che in gioco ci sia qualcosa di vitale, così la frase che leggiamo sulla copertina di Internazionale risuona in modo più decisivo e solenne, questa volta come una domanda: e se cadono le montagne?

La grande onda di Kanagawa, famosissima xilografia di Hokusai. Fonte: dueminutidiarte.com

Risposte                                    

La risposta la troviamo all’interno del fumetto: Se cadono le montagne cade tutto. Lapidaria, inscritta su uno sfondo malinconico, si vede una ragazza che siede su una roccia e regge un’arma mentre osserva i compagni che armi in spalla marciano tra le montagne.

Seguendo i dialoghi e le persone che Zerocalcare incontra nel viaggio verso il campo profughi di Makhmour, ci accorgiamo infatti che le montagne dei curdi non sono le montagne delle mappe o del nostro immaginario. Le montagne appiattite delle cartine. Sono le montagne del Pkk, dove si trovano i guerrieri curdi, considerati terroristi dai Turchi, le montagne del confederalismo democratico, le montagne da cui può arrivare l’aiuto.

Ci accorgiamo sfogliando che qualcosa non va nel nostro immaginario, che forse ci sono in gioco dinamiche più complesse a cui forse non abbiamo prestato ascolto. Dinamiche che è difficile districare e comprendere senza affidarsi ad etichette che altri hanno scelto per noi. E leggiamo ancora tra i disegni: “Le storie di guerra sono anche questo, portano con sé cose che non ci piace sentire, che ci fanno fare i conti con la realtà e la coscienza e con quello che siamo disposti ad accettare. Sono più complesse delle favole.”

 

“Se cadono le montagne”, Zerocalcare. Fonte: dalla rivista Internazionale.

Conclusioni

La complessità caratterizza le storie che Zero ci racconta con qualche battuta per alleggerire il carico emotivo.

Se cadono le montagne è una riflessione sulla complessità delle storie, 34 pagine ben riuscite che ci invitano all’ascolto e a superare i confini del – per dirla come farebbe Zero –  “così ho sentito di’ “, contro ogni riduzionismo o semplificazione. Un invito a disegni ad immaginare più da vicino i volti e i contesti, come quello dei campi profughi. Un aiuto a toccare con mano la realtà di chi abita quei luoghi e un modo per provare a prestare ascolto a voci che narrano storie diverse da quelle che siamo abituati a sentire, fuor da “etichette”.

Martina Violante

Da domenica Israele somministrerà la terza dose di Pfizer. In Italia aperto il dibattito tra gli esperti

Secondo quanto annunciato dal ministero della Sanità locale, in Israele le persone con più di 60 anni che hanno già completato il ciclo vaccinale potranno ricevere, a partire da domenica, se sono trascorsi oltre cinque mesi dall’inoculazione della seconda dose, una terza dose Pfizer. Israele è il primo paese a compiere un passo simile.

Vaccinazioni in Israele – Fonte: www.ansa.it

“Un trend gradualmente in declino dell’efficacia vaccinale”

Mercoledì un team di esperti aveva consigliato di avviare la somministrazione della terza dose dopo aver notato un calo nell’efficacia del vaccino fra quanti sono stati immunizzati sei mesi fa. Il primo a ricevere la terza dose sarà il capo dello Stato Isaac Herzog.

A parlare di “un trend gradualmente in declino dell’efficacia vaccinale” è uno studio inserito nella piattaforma MedRxiv e supportato da Pfizer e Biontech. Gli esperti hanno notato che, dopo il picco raggiunto dopo la seconda dose e fino a 2 mesi l’efficacia è del 96,2 %, dopo i 2 mesi ed entro i 4 la percentuale scende fino al 90, 1 %, dai 4 ai 6 mesi è dell’ 83,7 %.  Lo studio ha calcolato un calo medio di efficacia del vaccino Pfizer del 6% ogni 2 mesi. Fino a 6 mesi il vaccino ha comunque un profilo di sicurezza favorevole ed è altamente efficace, ma sia il trend in calo sia la diffusione capillare della variante Delta hanno fatto pensare alla necessità della terza dose.

A preoccupare Israele non è soltanto l’accertato calo di efficacia del vaccino ma anche i dati più recenti relativi ai nuovi casi di coronavirus. Ieri i contagi sono stati 2.165. I malati gravi sono saliti a 159 e l’indice di contagio si è attestato adesso sull’1,35 %.

Da ieri, infatti, è tornato in vigore il Green Pass sanitario, grazie a cui verranno limitati gli ingressi nei locali al chiuso a chi è stato vaccinato, a chi sia guarito del Covid e a chi sia in possesso di un test Pcr (tampone) negativo eseguito nel corso nelle 72 ore precedenti. Inoltre, il Ministero della salute israeliano ha annunciato che dall’1 agosto potranno essere vaccinati anche i bambini tra i 5 e gli 11 anni che rischiano complicazioni gravi o la morte a causa del Covid-19.

Il parere dell’Ema e dell’Oms

Non tutti sono pronti a seguire l’esempio di Israele. Secondo quanto dichiarato dall’Ema«è troppo presto per confermare se e quando ci sarà bisogno di una dose di richiamo, perché non ci sono ancora abbastanza dati dalle campagne vaccinali». 

Dubbiosa è anche l’Oms che invita a pensare ai paesi più poveri che non hanno ancora fatto le prime dosi o, addirittura, non dispongono di vaccini.

Nel frattempo la Commissione Europea, che non vuole farsi trovare impreparata, sta stringendo accordi con Pfizer-Biontech e con Moderna per nuove dosi. “Siamo molto consapevoli che servirà un rafforzamento del vaccino ed è il motivo per cui ci stiamo preparando, ad esempio concludendo un terzo accordo con Biontech/Pfizer, che prenota per la Ue 1,8 miliardi di dosi che servono se occorrerà fare una terza dose, oppure per combattere le varianti, o se servirà vaccinare altri gruppi come ragazzi e bambini”, ha dichiarato un portavoce della Commissione Ue.

Il dibattito in Italia

Anche in Italia si è aperto il dibattito sull’opportunità della somministrazione della terza dose. Questa probabilmente, secondo il parere di medici e virologi, sarà rivolta a soggetti fragili come anziani, immunodepressi, pazienti oncologici.

L’infettivologo Matteo Bassetti – Fonte: www.ansa.it

Secondo Matteo Bassetti, primario di Malattie infettive all’ospedale San Martino di Genova, non ci sono ancora dati a sufficienza per dire con certezza che la terza dose andrà fatta e bisognerebbe vedere i dati delle seconde dosi per capire se chi ha fatto il vaccino ad un anno di distanza ha ancora gli anticorpi. Per quanto riguarda la variante Delta, sostiene l’infettivologo: “Dai dati che arrivano dalle aziende, la terza dose del vaccino a mRna è in grado di alzare di cinque volte la risposta immunitaria contro la variante Delta. Ma due dosi di vaccino proteggono dalle forme gravi della malattia, chi ha completato il ciclo è dunque perfettamente coperto”.

Mario Clerici, docente di immunologia dell’università degli Studi di Milano, sostiene la necessità della terza dose soltanto per pazienti immuno-depressi.

Secondo Andrea Crisanti, direttore del Dipartimento di medicina molecolare dell’università di Padova, considerando che la variante Delta può avere gravi ripercussioni, tra coloro che hanno completato la vaccinazione da 7-8 mesi, su soggetti fragili e anziani, l’opportunità della terza dose è da valutare proprio per questi soggetti.

“Credo sia da prendere in considerazione la terza dose di vaccino anti-Covid. Anche un recente articolo della Pfizer evidenzia qualche defaillance dopo 6 mesi dal vaccino e quindi bisogna pensarci, perché siamo, me compreso, verso la fine e comincia a vedersi anche personale sanitario, come altri cittadini, positivo. Quindi, situazioni che per certi versi inquietano rispetto all’operatività degli ospedali e delle strutture sanitarie”, ha detto il virologo Fabrizio Pregliasco, docente dell’Università Statale di Milano.

Massimo Galli, direttore di Malattie infettive all’ospedale Sacco di Milano, sostiene che la somministrazione di una terza dose non ha senso, neanche per soggetti a rischio, se prima non è stata valutata la presenza di anticorpi.

L’infettivologo Massimo Galli – Fonte: www.ansa.it

Terza dose anche di AstraZeneca?

Il dibattito sulla terza dose ha riguardato soprattutto i vaccini a Rna messagero. Per quanto riguarda quelli con adenovirus, l‘amministratore delegato di AstraZeneca Pascal Soriot, ha dichiarato di non avere elementi per dire con certezza se servirà o meno una terza dose del vaccino e che sarà il tempo a dare delle risposte. “Ci sono due dimensioni dell’immunità: gli anticorpi, che calano con il tempo, e la seconda, importantissima, le cellule T, che tendono a proteggere le persone dalla malattia grave ma offrono anche durata nel tempo. Con la tecnologia che utilizziamo, abbiamo una produzione molto elevata di cellule T. Speriamo di avere un vaccino durevole che protegga per un lungo periodo di tempo”, ha spiegato il manager.

Chiara Vita

Marvel: Croce e Delizia

Il mese di luglio è stato il punto di svolta di questa nuova fase del MCU (Marvel Cinematic Universe) grazie alla conclusione della serie su Loki e del tanto atteso film sulla Vedova Nera.

Loki

La terza serie su Disney+ risulta essere inaspettatamente la più impattante sul nuovo corso narrativo della Fase 4, ma anche quella che vanta una qualità di scrittura maggiore.

Locandina della serie. Fonte: LaPresse

Gli eventi della serie partono dalla fuga di Loki durante Avengers Endgame (2019) avvenuta grazie ad una Gemma dell’Infinito – che portano il protagonista (interpretato da un Tom Hiddleston in grande spolvero) ad arrivare in un pianeta sperduto nel quale verrà arrestato dalla TVA (Time Variance Authority) e condotto nel loro quartier generale.

Qui arrivato, Loki scopre di essere una “variante”, ossia una versione di sé stesso che non è andata incontro alla sorte che il destino gli aveva serbato.

La serie si rivela dunque il fulcro dal quale si dirameranno i futuri di tutti i personaggi dell’universo cinematografico della Casa delle Idee, che delinea e prospetta un imminente multiverso.

Le parti migliori risultano essere i dialoghi, scritti in maniera impeccabile e mai stucchevole o noiosa e che fanno capire in maniera chiara allo spettatore i background di ogni singolo personaggio.

Brillano anche i costumi e tutte le citazioni ai lettori delle varie controparti cartacee.

In conclusione, Loki è una serie fresca e scorrevole, ma di impatto, quella che più di tutte le altre dà l’impressione allo spettatore di leggere un fumetto: sembra proprio che la Disney non abbia intenzione di sbagliarne una!

Black Widow

Totalmente all’opposto qualitativamente parlando è il film incentrato su Natasha Romanoff.

Locandina del film. Fonte: Comics Universe

La pellicola narra gli eventi vissuti dalla Vedova Nera (Scarlett Johansson) nel periodo che intercorre tra Civil War e Avengers Infinity War.

Una Natasha in fuga (in quanto ha violato i trattati di Sokovia essendosi schierata dalla parte di Capitan America) riceve una lettera dalla propria sorella adottiva (anch’essa vedova nera), la quale, una volta incontrata, le chiede aiuto per liberare tutte le altre vedove nere ancora prigioniere della Stanza Rossa.

Il film vuole essere uno spy-movie dai toni un pò più canzonatori e leggeri rispetto ad un Capitan America: The Winter Soldier (2014), riuscendo ad esserne solo una brutta copia in tutti gli aspetti. Cerca di spremere tutto ciò che è rimasto da spremere, da un personaggio che non aveva più niente da dire già in Avengers Endgame.

Dialoghi vuoti e privi di mordente, coreografie dei combattimenti deboli e non spettacolarizzate quanto dovrebbero – tranne in rarissimi casi – e una trama scialba che non aggiunge letteralmente nulla alla visione di insieme del MCU se non per la scena post credit.

Tirando le somme, Balck Widow non è un film pretenzioso ma riesce a far male anche quelle cose in cui dovrebbe brillare un po’ di più, un tributo finale assai amaro ad un personaggio che ha accompagnato i fan dell’universo cinematografico Marvel sin dagli inizi.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                               Giuseppe Catanzaro

Le 5 località più belle della città metropolitana di Messina pt.2: la zona ionica

Torna con il secondo appuntamento il nostro carosello turistico messinese: dopo le località tirreniche, stavolta ci occuperemo della zona ionica. Tra noto e celato, passando da mari, distese verdi e piccole cittadine, eccola qui la sublime trinacria, sempre pronta ad accogliere, costantemente pronta a stupire, culla di semplicità e contemporaneamente di cultura.
Di seguito le 5 località ioniche più belle della città metropolitana di Messina, spalancate gli occhi e… buon viaggio!

Taormina: il comune più famoso della regione

Tutto il mondo conosce Taormina, ma siamo davvero sicuri, almeno noi isolàni, di conoscerla abbastanza? Ci siamo stati almeno una volta: Corso Umberto tappeto rosso del centro storico, il maestoso Duomo, piazza IX Aprile per godersi la vista panoramica. Ce ne sarebbero tanti di frammenti da elencare, se consideriamo i luoghi limitrofi anche l’isola Bella e Castelmola.
Eppure siete mai stati ai giardini pubblici a godervi, per esempio, un arieggiato pranzo al sacco? La villa comunale, in origine, era di proprietà di una facoltosa donna inglese appassionata di uccelli, la quale decise di costruire diverse strutture al suo interno, tra cui mangiatoie e cassette per i nidi. Un armonioso cinguettio vi accompagnerà lontano dalla folla del centro storico, all’ombra di fruscianti alberi verdi.
Fra le vostre memorie però non dimenticate il teatro greco di Taormina, seppur conosciuto da molti perfettamente, non finisce mai di spezzare il fiato, che sia per un concerto, una tragedia o una visita archeologica.

Villa Comunale di Taormina – Fonte: rivierazzurraolivieri.it

Giardini Naxos, le incantevoli spiagge e la Nike

A poca distanza da Taormina, un altro comune molto amato dai turisti e dai siculi stessi è senza dubbio Giardini Naxos. Fino al 1970 circa questo era un tranquillo comune di pescatori, mentre ora è un centro di movida e ritrovo giovanile, pur conservando importanti pezzi di storia.

Amatissima la spiaggia di Recanati, ma meritano senza dubbio una visita anche la meravigliosa spiaggia di Porticciolo di Saia e la spiaggia di Schisò.

A Capo Schisò è conservata la Nike. La scultura, opera di Carmelo Mendola nel 1965, è ispirata alla Nike di Samotracia ospitata dal Museo del Louvre e raffigura la dea messaggera della vittoria. Una seconda copia della statua è stata collocata nel 1980 a Calcide Eubea, a simboleggiarne il gemellaggio. Un assaggio di Grecia in questo paese che poco ha da invidiare ad altri.

Nike di Capo Schisò – Fonte: commons.wikimedia.org

Forza d’Agrò, il suo borgo e le testimonianze architettoniche

Secondo i dati sono meno di 900 gli abitanti di questo paese medievale, un incantevole borgo a 420 metri di quota, incastonato tra colli e mar Ionio. Fu fondato nel X secolo ed è casa di interessanti testimonianze architettoniche, quali la Chiesa Madre dedicata alla Santissima Annunziata, il Convento Agostiniano, lo spagnoleggiante Palazzo Miano e i ruderi del Castello Normanno.
Il castello divenne nella seconda metà del XIX secolo e per circa un secolo il cimitero del paese, che, essendo attualmente in via di smantellamento, rende la visita ancor più suggestiva, seppur potenzialmente pericolosa a causa della sua decadenza e della mancanza di manutenzione. Ci si accede tramite una lunga e ripida scalinata in pietra e all’interno della cinta muraria sono ancora visibili i resti della chiesa del S.S. Crocifisso e gli alloggi dei soldati.

Castello Normanno di Forza d’Agrò – Fonte: ttravelguy.wordpress.com

Sant’Alessio Siculo e il suo Castello

Sant’Alessio Siculo si erge ai piedi del monte Tauro ed è delimitato a nord del torrente Agrò e ad est dallo Ionio. La bellezza del paese è contornata principalmente dal castello di Capo Sant’Alessio, edificato dai saraceni appena conquistata la Sicilia, poi andato in rovina nella tarda epoca normanna, successivamente riqualificato in epoca aragonese. Del periodo saraceno rimangono alcune tracce nel quartiere vecchio, immediatamente sottostante al promontorio su cui sorge Forza d’Agrò.
Nel quartiere della Madonna del Carmelo, invece, si trova una chiesa risalente al periodo normanno. In più il paese ospita la Villa Genovesi. Un luogo insomma attraversato da molte culture, ognuna, a suo modo, da ricordare.

Castello di Capo Sant’Alessio Siculo – Fonte: bandw.it

La riserva naturale orientata Fiumedinisi e Monte Scuderi

La Riserva naturale orientata Fiumedinisi e Monte Scuderi è un’area naturale protetta istituita nel 1998 che si estende nei territori di Alì, Fiumedinisi, Italia, Monforte San Giorgio, Nizza di Sicilia, San Pier Niceto e Santa Lucia del Mela, comuni della provincia messinese sullo Ionio. È gestita dal Dipartimento Regionale Azienda Foreste Demaniali.

Bellissima riserva, pulita, dove la natura regna sovrana, purtroppo dai molti poco nota. Regala non poche sorprese all’appassionato naturalista: esemplari di erica arborea ai piedi di Monte Scuderi, boschi di tutte le specie di roverella conosciute in Sicilia, le fiumare e l’infinità di ciottoli di diversa origine minerale, sono solo alcuni dei punti di forza di quest’attrazione turistica Peloritana.
Percorrerla è senz’altro un ottimo modo di respirare aria verde di cui lo smog e il caos delle città spesso ci privano.

Riserva naturale orientata Fiumedinisi e Monte Scuderi – Fonte: rivierazzurraolivieri.it

 

 

Corinne Marika Rianò