Con gli stessi Brividi di Mahmood e Blanco

Arrivavano al Festival di Sanremo da favoriti, ma nessuno si aspettava un risultato così unanime e plebiscitario. L’affetto li ha travolti, sin dal primo giorno: un’ondata di amore per i due vincitori di quest’edizione del Festival di Sanremo, Mahmood e Blanco. Il duo che non ti aspettavi ha funzionato sin dal primo momento. Per Alessandro Mahmud si tratta di una riconferma dopo la vittoria con “Soldi” nel 2019; Riccardo Fabbriconi (vero nome di Blanco), invece, è il più giovane cantante maschio di sempre a vincere il Festival, a soli 18 anni.

La loro Brividi è balzata da subito ai primi posti di tutte le classifiche, sbancando anche per quanto riguarda gli ascolti in streaming, segnando il record italiano assoluto di ascolti nelle prime 24 ore su Spotify ed entrando nella top 10 mondiale. Una canzone che potremmo definire “trasversale”,  in grado di conquistare la Generazione Z, ma anche un pubblico più adulto, restio – molto spesso – ad aprirsi a questo genere musicale che –  erroneamente – viene liquidato come “solo autotune”.

Entrambi hanno invece dimostrato di saper usare le proprie voci con delicatezza e passione, dando voce ad un’idea di amore universale, un amore che non ha bisogno di etichette, un amore che vuole essere libero dagli schemi imposti dalla società.

Mahmood e Blanco, i nuovi vincitori di Sanremo. Fonte: t_info.it

Parole a nudo

“La tua paura cos’è?
Un mare dove non tocchi mai”

Insicurezza, paura di non farcela, un corollario di dolore che spezza in due quella fase dell’innamoramento considerata prematuramente eterna. Il brano arriva subito al punto: non esistono segreti quando si tratta di chi apre il cuore e scrive di getto. Mahmood questo lo rende subito evidente con la sua penna, in un testo struggente che sussurra un grande terremoto interiore, quello che Blanco poi decide di raccontare sdraiato sui mille coriandoli dell’Ariston, quasi come se il dolore lo lasciasse disteso lì di fronte a milioni di persone.

“Nudo con i brividi”

Poi, l’impossibilità di parlare, perché i sentimenti grandi a volte non si sanno raccontare e non si trovano mai le parole. La sfacciata voglia di regalare l’intero mondo coperto di perle e diamanti solo a quella persona, nonostante la continua e imperterrita insicurezza di sapersi tremendamente ai bordi, con la paura di non essere visti dall’altro con gli stessi occhi.

“A volte non so esprimermi
E ti vorrei amare, ma sbaglio sempre
E ti vorrei rubare un cielo di perle”

I due vincitori di Sanremo, Fonte: tuttogossipnews.it

Seguono parole, come se fossero le descrizioni di immagini perfette di un ricordo o forse di qualcosa che sta per sfumarsi.

“Tu, che mi svegli il mattino
Tu, che sporchi il letto di vino
Tu, che mi mordi la pelle
Con i tuoi occhi da vipera
E tu, sei il contrario di un angelo
E tu, sei come un pugile all’angolo
E tu scappi da qui, mi lasci così.”

Due voci e un panorama idilliaco

Spesso succede che a causa dell’immaturità una relazione tentenni o non riesca più a camminare e rimaniamo in ginocchio a guardare tutto ciò che si è costruito annichilirsi e crollare.

Nonostante il testo di Brividi nasca da un sogno “su una bici di diamanti”, sembra quasi che a pochi centimetri di inchiostro, diventi subito qualcosa di più grande e complesso: una sorta di elogio all’amore libero. Un sentimento contrastante mette da parte ogni cosa e diventa protagonista: la sensazione di voler regalare il mondo ma portandosi dietro un bagaglio di insicurezze.

“Vivo dentro una prigione
Provo a restarti vicino
Ma scusa se poi mando tutto a puttane”

Un chiaro esempio di come nonostante sia finita tragicamente questa storia d’amore, si abbia comunque ancora la forza di confessare le proprie colpe come se fosse una remissione dei peccati. Brividi si trasforma così in una poesia, in qualcosa di più candido che riesce ad adattarsi bene ad un’esperienza vissuta da ognuno di noi.

Alcune cose non si possono spiegare a parole, è vero, ma la musica ci è di grande aiuto.
Per questo, grazie Mahmood e grazie Blanco. Ci avete regalato un pezzo di storia di cui tutti avevamo bisogno.

Annina Monteleone

Chiara Gambuzza

 

 

Maneskin: dalla strada fino al tetto del mondo

Dopo un’annata di record e premi, ieri sera alla prima serata di Sanremo 2022 hanno fatto ritorno i Maneskin, aprendo il Festival con il loro stile, infiammando il palco di quell’Ariston che ha dato il via alla loro ascesa. “I pischelli de Roma” sono tornati con la loro grinta, il loro anticonformismo e la voglia di rompere gli schemi, esibendosi sulle note di Zitti e Buoni e Coraline, emozionandoci e rendendoci fieri di essere italiani. 

I Maneskin trionfanti a Sanremo 2021. Fonte: dilei

Bohemian Rhapsody con la sua favola bhoeme ci aveva incantato; come dimenticarsi poi di Brown Sugar, Purple Rain, Dream on, All You Need Is Love? Sono tutte canzoni che hanno fatto la storia e creato leggende. Chi non vorrebbe tornare indietro nel tempo e partecipare a un concerto di Jimi Hendrix, Elvis, Bee Gees,Led Zeppelin, Pink Floyd o partecipare al festival di Woodstock, il primo grande raduno rock della storia? 

Il rock aveva raggiunto il proprio apice tra colori psichedelici e rivolte a suon di chitarra. La trasgressione era la prima regola per infrangere l’ordinario. Ma signori e signore, vi sbagliate se credete che il rock è morto, perché non lo è. Piuttosto in Italia, negli ultimi anni, è stato poco considerato. Abbiamo band come Lacuna Coil,  Afterhours e tanti altri, gruppi che hanno avuto successo anche al di fuori del nostro Paese.

Ma solo un gruppo italiano finora è riuscito a raggiungere la fama mondiale e si tratta dei Maneskin, che con la loro grinta giovanile sono arrivati sul tetto del mondo.

I Maneskin in un’illustrazione di @rdmdesign. Fonte: Instagram

Ma da dove inizia la loro storia? I Maneskin sono una rock band fondata nel 2015, il cui nome in danese vuol dire “chiaro di luna”. Come ogni artista che si rispetti, il gruppo romano comincia a esibirsi  per le strade della città eterna, dilettando i passanti con la propria musica (chissà quanti hanno avuto l’onore di vedere i quattro ragazzi, quando ancora erano dei “normali” adolescenti!). Dopo qualche anno, decidono di partecipare ai provini dell’undicesima edizione di X-Factor (2017), superando le selezioni e classificandosi al secondo posto (niente vittoria per questa volta!). Da lì in poi per il gruppo inizierà la propria scalata. La band, infatti, dopo pochi mesi apparirà in televisione e nelle radio. 

Da Sanremo all’ Eurovision

 Sono la band del momento: da Sanremo fino agli Stati Uniti, la loro musica sta raggiungendo un sacco di record. Dopo la vittoria al 71° Festival della Canzone Italiana col brano Zitti e Buoni, i Maneskin sembrano non fermarsi arrivando primi in tutte le classifiche. Il successo planetario arriva però con l’ Eurovision, dove si aggiudicano il primo posto. Da lì in poi per la band romana inizierà il “sogno rock”.

I Maneskin trionfanti all’Eurovision Song Contest 2021. Fonte: metalskunk.com

Il sogno italiano” in America

Damiano e i suoi compagni finora hanno venduto più di due milioni di singoli: un successo eccezionale che li ha portati negli Stati Uniti come special guest al concerto dei Rolling Stones, dando loro l’onore di stare accanto a delle leggende. Ma non è finita mica qui!

La band è stata ospite di show americani come The Ellen De Generes Shows, Saturday Night Live e nel “salotto” più famoso degli States ( Jimmy Fallon infatti li ha voluti al suo talk-show). I Maneskin si sono candidati agli American Music Award 2021, dove si sono esibiti sulle note di Beggin– conquistando la prima posizione nella classifica US Rock Airplay e rimanendo al primo posto per 10 settimane. Hanno portato a casa sei dischi di diamante, centotrentatre dischi di platino, trentaquattro dischi d’oro, 4 miliardi e 300 milioni di streaming. E per ultimo, ma non meno importante, è stata annunciata la loro partecipazione al Coachella: saranno la prima band rock italiana a suonare al famoso festival californiano.

 

I Maneskin assieme a Mick Jagger. Fonte: Cosmopolitan

I Maneskin vanno riconosciuti non solo per la loro musica e il loro talento, ma anche per come espongono la loro arte. Infatti i ragazzi nei loro show portano ciò che in Italia pochi osano, l’essere alternativi con la provocazione, ma sempre rispettando il prossimo. Un po’ come fece la mitica Loredana Bertè, che nel lontano 1986 si presentò al festival di Sanremo con col pancione finto , esibendosi con la sua grinta da rockettara. Molti la giudicarono per l’errore commesso, ma per lei fu una sorta di performance a favore dei diritti delle donne. La stessa cosa vale per i Maneskin, che con il loro stile provocano il pubblico, andando ad abbattere le barriere di un tradizionalismo che l’Italia si porta ancora dietro. 

“E farà male il dubbio di non essere nessuno, sarai qualcuno se resterai diverso dagli altri”

                                                                                                     Alessia Orsa

Fighting Demons: un altro pezzo dell’anima di Juice WRLD

Album ricco di dettagli e collaborazioni valide, con brani  che fanno riflettere seppur slegati tra loro- Voto UVM: 3/5

 

Le volontà di Juice WRLD, nome d’arte di Jarad Anthony Higgins, scomparso nel 2019 a seguito di un’overdose, risultano adempiute dai suoi familiari e collaboratori. Il 10 dicembre è uscito Fighting Demons, il secondo album postumo del rapper.

A differenza del primo album postumo, Legends Never Die, a cui il rapper aveva iniziato a lavorare, Fighting Demons è una raccolta di rime incise nel corso della sua carriera, decollata nel 2018 con il singolo Lucid Dreams. E’ un’analisi lucida fatta da Juice WRLD su se stesso; il rapporto con le droghe e quello con la fama sono i principali temi dell’album.

Fighting Demons

L’album contiene 18 brani con collaborazioni che attirano l’orecchio del grande pubblico internazionale. Spiccano infatti il featuring con Justin Bieber e quello con Suga del gruppo k-pop BTS. Una terza collaborazione lo vede protagonista con Polo G e Trippie Road, altri due nomi di spicco nel panorama rap.

Nell’album sono poi presenti tre tracce “speciali”, le cosiddette speaks. Si tratta di spezzoni tratti da interviste. Nel primo a parlare non è Juice WRLD, ma il rapper di fama internazionale Eminem. Nel secondo è Higgins stesso. Il terzo non è uno spezzone di un’intervista, ma una sorta di free-style.

La cover dell’album “Fighting Demons”. Fonte: Interscope Records

Alcune tracce contenute nell’album

L’8 dicembre 2019, il rapper si trovava su un jet privato partito da L.A. e con destinazione Chicago. A bordo erano presenti armi e droghe, per cui il pilota ha denunciato tutto alle autorità competenti che aspettavano il mezzo all’aeroporto di destinazione. Una volta atterrati, il rapper ha cominciato ad avere delle convulsioni e coloro che erano a bordo hanno subito reso noto agli agenti che Higgins aveva ingerito varie pillole, tra cui presumibilmente Percocet, un antidolorifico a base di ossicodone e paracetamolo. Nonostante il tempestivo trasporto in ospedale, il rapper è deceduto una volta arrivato, all’età di 21 anni.

Juice WRLD ha scritto delle rime proprio riguardo la sostanza che se l’è portato via, il Percocet. In Burn, il brano che apre l’album, Juice canta:

 

Prego Dio per un po’ d’acqua per ingoiare questi Percs

I pray to God for some water to wash down these Percs

 

In realtà l’intero album è costellato dalla presenza continua di droghe, come in Henny e Vicodin. In Already Dead il rapper canta:

 

Sono di nuovo amico con le droghe (yeah)

But I′m friends with the drugs again (yeah)

 

Le droghe però non sono le uniche protagoniste. Sempre in Already Dead, Higgins sottolinea come i fan e la musica siano le uniche cose capaci di tenerlo attaccato alla vita e che lotta con loro e grazie a loro.

Tutti i brani contenuti in Fighting Demons sono tentativi di esorcizzare i demoni di Juice WRLD, per cui sono particolarmente schietti e pregni di dolore. Nonostante la loro bellezza,  risultano però slegati tra loro: hanno in comune il solo fatto di essere rime inedite e mai pubblicate.

Somme finali

Nella sua breve carriera artistica, Juice WRLD si è distinto per aver creato un nuovo stile che mette insieme rap, emo e pop-punk. Ciò che caratterizza la sua produzione è la sincerità giovanile con cui descrive determinate situazioni senza essere artificioso ma sempre genuino.

Higgins dimostrava una particolare sensibilità nel farsi scorrere la vita davanti come se fosse un film. Nel suo specifico caso, succedeva attraverso l’uso di sostanze stupefacenti che hanno portato la sua esistenza di fronte ad un bivio, tra i pensieri suicidi e il desiderio di vivere per sempre attraverso la sua arte.

Juice WRLD durante un’esibizione live. Fonte: adnkronos

Forse è  per questo che è facile apprezzare l’album. Chiunque si può identificare in queste situazioni. Chissà quante volte sarà successo di avere pensieri strani e di voler abbandonare tutto e tutti oppure voler combattere per un qualcosa di superfluo come un voto universitario.

A volte ci perdiamo nei nostri stessi pensieri e questi poi ci inghiottiscono. Alcuni riescono ad uscirne immediatamente, altri ci mettono più tempo e altri ancora non ce la fanno. Juice WRLD ha fatto parte di tutte queste categorie: ha lottato, a volte ne è uscito, altre volte no. Ha combattuto i suoi demoni e li ha esorcizzati con le sue rime. L’album che ci lascia è la prova di questa battaglia.

Sarah Tandurella

 

 

Gemello ci fa riscoprire la bellezza della quiete


Il nuovo progetto musicale di Gemello si presenta come un capolavoro del rap che riesce a raggiungere un grande pubblico  – Voto UVM: 4/5

 

Siamo sempre stati abituati a vivere di corsa, quasi come se fosse una sfida contro il tempo. Come se dovessimo esaurire tutte le cose da fare nell’arco di 24h. Poi il lockdown ha cambiato tutto. Ci ha insegnato a correre un po’ meno per sentire di più. Sentire l’odore del caffè la mattina, il sorriso della vicina mentre stende il bucato, cercare tutti gli svaghi solo dentro casa e – per i più fortunati – in terrazza. Ci ha insegnato a riscoprire la bellezza di un abbraccio, di una carezza o semplicemente di una stretta di mano. Ma ci ha aiutati anche ad amare l’amore e ad apprezzare la quiete.

A tre anni di distanza dall’ultimo album, Gemello ci regala un nuovo disco intitolato proprio La Quiete, lanciato su Spotify il 21 gennaio. Il sentimento dominante è quello dell’amore, in un album completamente rap che lascia spazio però ad un progetto musicale in continua crescita.

“Con questo album ho deciso di sperimentare un po’ di più e mettermi in gioco davvero per la prima volta con più ritornelli cantati, basi diverse e strofe meno serrate.  Abbiamo registrato il disco in una casa a picco sul mare al Circeo davanti al faro.” (Gemello in un’intervista a Cromosomi)

Nonostante le diverse produzioni musicali e le classifiche scalate su Spotify, Andrea D’Ambrogio in arte Gemello non risulta ancora molto conosciuto. Classe 1984 e artista a tutto tondo, impegnato nella musica ma anche nell’arte in quanto pittore, si laurea presso l’Accademia di Belle Arti di Roma e nel 2000 inizia ad esplorare il mondo del rap.

La bellissima cover realizzata interamente da Gemello per l’EP “Indiana” (2017). Fonte: Spotify

 

Il suo profilo è molto interessante perché non sceglie una delle due vie dell’arte, ma si dedica ad entrambe fondendole e portando avanti i suoi progetti con grande determinazione. Presenta nel corso dei vari anni degli album (l’ultimo è UNtitled del 2019), ma anche dei dipinti in varie aziende e costruisce con grandi sacrifici la propria carriera.

Una pioggia di parole

Per le sue diverse collaborazioni musicali, Gemello ha realizzato diversi feat con artisti differenti fra di loro, tra cui Gazzelle, Carl Brave, Gemitaiz e tanti altri.

Un Pezzo di Universo, primo brano del nuovo album, vede la collaborazione di Coez e di Gemitaiz. Il testo mostra un punto di snodo tra due mood: quello malinconico e quello nostalgico, è uno specchio in cui le emozioni si riflettono ed emerge e un amore malinconico, quasi velenoso.

“Sei un salto dal sesto piano”

O ancora

“Pensieri killer che nascono”

Sono tutte frasi che rappresentano un chiaro esempio di sentimenti indomabili e relazioni tossiche, capaci di suscitare forti emozioni anche dopo averle interrotte. Forse il titolo dell’album lascia spazio ad una considerazione sempre più profonda del senso del silenzio e del desiderio di pace interiore. Un singolo totalmente malinconico ma ben armonizzato, in cui pensieri ossessivi si riversano in una pioggia di parole.

“La Quiete”: cover. Fonte: Spotify

Una ramificazione interiore

“Di strillare? Di scordare? Di lasciarti andare via?
Dentro le fiamme del sole, dentro le nuvole, tra le persone
Ma queste strade parlano di noi
Quasi le sento mormorare a bassa voce, ehi”

Questo è un piccolo estratto di Flashback. Più che un testo di una canzone, questa volta sembra che Gemello stia scrivendo una lettera. Questi inconfondibili e mai banali flussi di parole sembrano delle vere e proprie cascate che si distaccano da ogni concezione comune. Le diramazioni interiori sono tante ma anche molto diverse fra loro.

Come se niente fosse è invece un feat con Altarboy. È un brano che segue le orme di Flashback e per l’ennesima volta fa da sfondo la pioggia.

“Tutte le volte che guardo, che penso, che sogno
Cristo, incredibile
Perché questo giorno non finisce mai?
Perché la pioggia fa rumore quanto te ne vai.”

La dipendenza affettiva per quanto tossica invade tutti i testi, lasciando spazio ad un inganno vissuto molto più male del previsto.

Gemello indossa una t-shirt con un suo dipinto . Fonte: Diregiovani.it

E adesso?

Gemello, in un’intervista a Cromosomi dice

“Sono un osservatore, ho bisogno d’immagazzinare vita, emozioni ed immagini per riversarle poi nei dischi”

L’autenticità è uno dei suoi pezzi forti. La Quiete, in tutte le sue sfaccettature, mostra un artista cambiato, più maturo e sempre in evoluzione. Nonostante la sua “faccia da duro”, Gemello nasconde un animo buono, pieno di dolcezza e di ferite nascoste.

“Mi piaceva l’idea di questo finale un po’ lungo, riflessivo. Oltre a quello sento pure che è un periodo di vita dove ho messo un punto, e quindi dovrò ancora tornare in giro ad assorbire emozioni, guardare piogge o gatti che si nascondono.”

È così che l’artista parla del brano che chiude questo nuovo album. E adesso? è un testo che lascia spazio a molte interpretazioni con un finale che ci immerge in un mood quasi visionario.

“Giro di notte dentro a una nuvola di sigaretta
Ho perso tempo, ci siamo stretti, sì, ma tu andavi di fretta”

Come in una scena da film drammatico, sembra che gli addii abbiano sempre un sapore amaro per tutti. Se è vero che ognuno di noi fa i conti con la solitudine, è anche vero che è essa stessa a fortificarci e darci la possibilità di apprezzare e ponderare il prossimo passo. Un cambio di rotta non è mai un errore perché spesso ci apre panorami più profondi.

A parte qualche traccia decisamente poco riuscita ( è il caso di Rebecca è un fulmine), il nuovo album di Gemello ci permette di fare un viaggio introspettivo nell’animo e nella mente di un artista sempre in cambiamento. E noi, come lui e tanti altri artisti, speriamo di ritornare presto nelle piazze o negli stadi a cantare e scoprire tutte le storie che hanno da raccontarci, attraverso brani musicali sempre unici e alternativi.

Bob Marley diceva «La musica può rendere gli uomini liberi». Che sia un incoraggiamento oltre che un buon auspicio per tutti quanti.

Annina Monteleone

Elezioni Quirinale, il Professore Moschella ospite su Rai News 24

All’alba della terza giornata di votazioni per eleggere il nuovo presidente della Repubblica, che ha poi restituito una fumata nera,  il Prorettore Vicario dell’Università di Messina, Professore Giovanni Moschella, durante l’edizione mattutina di Rai News 24 del 26 Gennaio, ha commentato quella che si prospetta essere una lunga e travagliata corsa al Quirinale. (clicca qui per guardare l’intervista integrale)

Il mandato bis di Mattarella

In un vortice di schede bianche e nulle e alla luce dei risultati della terza giornata, il Presidente uscente Mattarella (qui un articolo su di lui) si conferma come più votato, concretizzando la possibilità di un mandato bis: “direi che la Costituzione certamente non lo esclude, tuttavia credo che il Presidente Mattarella abbia più volte ribadito la sua contrarietà ad avere un secondo mandato” ha commentato il Professore Moschella, sostenendo inoltre che la rielezione del Presidente uscente “consentirebbe al Paese da un lato di continuare ad avere una guida sicura, autorevole sotto il profilo internazionale e allo stesso tempo sul versante politico garantirebbe la continuazione del governo di larga coalizione guidato da Draghi”.

Da costituzionalista, il Professore non può fare a meno di citare la dottrina pubblicistica. Negli orientamenti degli ultimi anni, questa ha rilevato l’opportunità, dettata da ragioni di tipo politico, di procedere ad una revisione del testo costituzionale che ponga fine al semestre bianco: termine che si utilizza per definire gli ultimi sei mesi del settennato, periodo in cui appunto il Capo dello Stato non può sciogliere le Camere. Inoltre alcune tesi suggeriscono di inserire in Costituzione l’impossibilità di doppio mandato.

Draghi da Palazzo Chigi al Quirinale, un “ingorgo istituzionale”

Uno dei nomi più in voga per questa carica è quello di Draghi, attuale Presidente del Consiglio. Sulla sua possibile elezione secondo il Professore “ci sarebbe un problema anche dal punto di vista formale. Se Draghi effettivamente venisse eletto si verificherebbe un “ingorgo istituzionale“. L’attuale Presidente del Consiglio infatti, qualora diventasse Presidente della Repubblica, dovrebbe presentare le dimissioni dalla carica che fino a questo momento sta ricoprendo ma, afferma il Professore, “le dimissioni del Presidente del Consiglio devono essere firmate dal Capo dello Stato che, per riceverle deve essere insediato ma dopo il 3 febbraio il Presidente Mattarella non sarà più in carica”.

Il problema sorgerebbe anche dal punto di vista sostanziale, come giustamente evidenziato dal Professore Moschella, in merito ad una eventuale elezione del Presidente Draghi al Quirinale. La nuova carica, infatti, “porrebbe quest’ultimo nelle condizioni di dover poi emanare i provvedimenti di attuazione del Pnrr (Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza) che sono espressione certamente dell’indirizzo politico assunto dal suo governo; ciò crea qualche problema per quanto riguarda l’aspetto della separazione dei poteri”.

Una confusione tra istituzioni dell’ordinamento italiano, una commistione tra poteri dello Stato. Sicuramente, la salita al Colle di un Presidente del Consiglio in carica potrebbe creare intoppi a livello costituzionale e allo stesso tempo dar luogo ad un precedente che potremmo vedere consolidato in altre future elezioni per eleggere il Capo dello Stato.

Elidia Trifirò 

Crioablazione: nuove frontiere nella ricerca al Rizzoli di Bologna

L’istituto Rizzoli di Bologna mediante la tecnica della crioterapia, è riuscito a curare i primi sei pazienti affetti da fibromatosi desmoide.

  1. Cos’è la fibromatosi desmoide?
  2. Il trattamento convenzionale
  3. Cos’è la crioablazione?
  4. Procedura clinica
  5. Intervento al Rizzoli di bologna
  6. Conclusioni

Cos’è la fibromatosi desmoide?

La fibromatosi desmoide è una neoplasia fibrosa benigna (raramente maligna), che origina dal tessuto connettivo, rappresentando il 3% delle neoplasie dei tessuti molli.
È una malattia rara che colpisce soggetti giovani (10-40 anni di età), con maggiore prevalenza nel sesso femminile. Si manifesta con crescita anomala dei tessuti molli delle estremità e delle cellule fibromuscolari a livello addominale. Ne consegue dolore, compressione degli organi interni e disturbi della motilità.
Esistono forme sporadiche e forme genetiche. Le prime sono dovute, nell’ 80% casi, alla mutazione del gene beta-catenina, mentre nel restante 20% al gene APC. Le seconde, invece, sono correlate alla poliposi familiare per alterazione del gene APC.

 

https://conganat.uninet.edu

Il trattamento convenzionale

Il trattamento convenzionale, fino ad oggi utilizzato, comporta l’asportazione chirurgica combinata alla chemioterapia o radioterapia. 
A causa delle numerose recidive riscontrate nel 60% dei pazienti, si è notato però che non è preferibile intervenire chirurgicamente ma farmacologicamente, bloccando unicamente la crescita del tumore.
Grazie alla tecnica della crioterapia, è stata studiata la possibilità di eliminare la neoplasia attraverso crioablazione, riducendo così il deficit derivante all’intervento chirurgico tradizionale.

Che cos’è la Crioablazione?

La crioablazione è una tecnica della radiologia interventistica eseguita sotto guida radiologica, che consiste nel congelare letteralmente le cellule. Gli ambiti di applicazione variano dalla cardiochirurgia, utilizzata nella cura delle aritmie, fino alla rimozione di tumori, come avvenuto al Rizzoli di Bologna per sei pazienti affetti da fibromatosi desmoide.

 

https://cdn.gvmnet.it/

Procedura clinica

L‘intervento avviene in anestesia locale, inserendo uno o più aghi nella massa tumorale. Attraverso questi viene inoculato gas di temperatura inferiore ai -20 °C. In tal modo l’acqua presente nelle cellule tumorali si condensa in ghiaccio, causando necrosi cellulare e liberando gli antigeni tumorali. Ciò induce una risposta immunitaria contro il tumore.
Dunque la crioablazione consente di agire solo sulla massa tumorale senza intaccare tessuti sani, come avviene difatti con la chemioterapia.

Intervento al Rizzoli di Bologna

Il primo intervento in Italia è stato eseguito a luglio 2020 su un paziente di 39 anni. Il soggetto soffriva di dolore intenso e debilitante nella zona di crescita del tumore. Ha portato a scomparsa quasi completa della massa tumorale con una singola seduta.
Lo studio è stato diretto dal dottor Costantino Errani e dal radiologo interventista Giancarlo Facchini, basandosi sui primi risultati di uno studio americano del Memorial Sloan Kettering Cancer Center ed uno studio multicentrico francese.

 

http://www.ior.it/

Conclusioni

Offrire ai malati non solo una valida alternativa a un trattamento aggressivo o invasivo ma soprattutto una tecnica più efficace è ciò che ogni medico desidera per i propri pazienti”
Anselmo Campagna

Livio Milazzo

Bibliografia

Congelare il tumore con la crioterapia. Al Rizzoli di Bologna curati con questa tecnica i primi 6 pazienti affetti da fibromatosi desmoide | ISTITUTO ORTOPEDICO RIZZOLI (ior.it)

Fibromatosi di tipo desmoide – irccstumori (istitutotumori.mi.it)

Poliposi adenomatosa familiare – Disturbi gastrointestinali – Manuali MSD Edizione Professionisti (msdmanuals.com)

L’arte di narrare una storia: omaggio a Kobe Bryant

«Gli eroi vanno e vengono ma le leggende sono per sempre» si legge sulla locandina della nuova serie tv firmata Netflix, in uscita ad Agosto 2022, dal titolo The Black Mamba. Dopo il successo di The Last Dance, serie tv prodotta dalla piattaforma streaming per celebrare Michael Jordan nell’ultimo anno con i Chicago Bulls, Netflix si rituffa nel mondo del basket con un’altra leggenda dell’NBA: Kobe Bryant.

L’uscita – a due anni dalla scomparsa di Kobe e della figlia Gianna, insieme ad altre sette persone, in un tragico incidente avvenuto il 26 Gennaio 2020 – permetterà a tutti di immergersi nel mondo di un professionista del gioco.

Kobe Bryant e la figlia Gianna. Fonte: SportFair

La serie racconterà in un arco di dieci episodi i vent’anni di carriera di Bryant con la maglia dei Lakers, ripercorrerà tutti i successi del campione NBA, dai suoi esordi ai tre storici titoli consecutivi, al rapporto con la figlia Gianna, di cui era allenatore; un modo per riscoprire la carriera e le sfide di Black Mamba, attraverso i racconti degli ex compagni e dei suoi avversari.

Black Mamba, che darà il titolo alla serie è il soprannome che Kobe stesso scelse durante gli anni più bui della sua vita privata e della sua carriera. Un soprannome che lo aiutò a scindere il Kobe fuori dal campo di gioco dal Kobe professionista del basket alias Black Mamba appunto, un letale e rapido serpente, l’animale alle cui caratteristiche si ispirava per sviluppare il proprio stile di gioco, metafora di dedizione e talento per raccontare il suo approccio mentale alla pallacanestro.

Kobe Bryant. Fonte: The Indian Express.com

Moltissimi sono altri contenuti presenti in rete che ci permettono uno sguardo lucido su quei luminosi venti anni di carriera fino al ritiro nel 2016. Tra tutti, il libro autobiografico scritto da Kobe stesso è sicuramente una via privilegiata per guardare il mondo del basket dal punto di vista di un campione che padroneggiava perfettamente il gioco della pallacanestro.

The Mamba Mentality è il nome dato all’autobiografia edita Rizzoli e uscita in Italia nel Novembre 2018. Un resoconto minuzioso dell’approccio mentale di Kobe Bryant alla pratica sportiva, una riflessione sull’importanza di alimentare il talento con dedizione e  perseveranza. L’autobiografia vanta la presenza delle bellissime fotografie di Andrew D. Bernstein, da tempo fotografo ufficiale dei Los Angeles Lakers che seguì Kobe sin dall’inizio: la sua prima foto risale al 1996, quando il campione aveva 18 anni. Bernstein definì così il libro e la loro collaborazione durante un’intervista:

“Questo libro ,è una collaborazione davvero unica tra un atleta e un fotografo. Non credo ci sia mai stato un altro atleta in uno dei quattro maggiori sport professionistici americani che abbia speso 20 anni e tutta la sua intera carriera con la stessa squadra, fotografato attraverso l’occhio di uno stesso fotografo.”

L’opera è la dimostrazione di come l’amore per qualcosa – in questo caso uno sport – possano essere espressi con mezzi sempre diversi. Ma soprattutto racconta della strada percorsa da Kobe per raggiungere i suoi obiettivi: duri allenamenti, continuo studio del proprio modo di giocare e degli avversari attraverso filmati, cura e attenzione per ogni dettaglio.

“The Mamba Mentality”: copertina. Fonte: Rizzoli

Ossessione e dedizione costante al basket sono gli ingredienti di questo approccio alla pallacanestro, una mentalità che ha permesso a Bryant di conquistare cinque titoli, due medaglie d’oro olimpiche, due premi come miglior giocatore della lega nelle Finals, due premi consecutivi come miglior marcatore della stagione e il secondo numero massimo di punti mai segnato in un incontro NBA, fino all’ultima partita della sua carriera, dove segnò ben 60 punti.

Ma l’amore per il Basket ha portato Bryant a sperimentare nuovi modi per raccontare della pallacanestro. Lo stesso Kobe scriverà infatti:

“Questo sport mi ha dato ogni opportunità che avessi mai potuto desiderare, e lungo la strada ho imparato moltissimo. E non solo sul campo. Senza il basket non conoscerei la creatività né la scrittura […] questo sport in pratica mi ha insegnato l’arte di narrare una storia.”

La necessità di narrare lo ha condotto infatti nel 2015 ad annunciare il suo ritiro dal mondo della pallacanestro con un articolo pubblicato sulle pagine del The Player’s Tribune, dal titolo : Dear Basket, una vera e propria dichiarazione d’amore al basket, dall’infanzia al momento del ritiro. Dear Basket diventerà un cortometraggio con la voce di Kobe e le animazioni e la regia di Glen Keane.

Il corto, realizzato con un tratto a matita, ricorda i bozzetti Disney. Un’opera sicuramente dal taglio sentimentale che venne premiata nel 2018 con l’Oscar come miglior cortometraggio animato.

Dal cortometraggio “Dear Basket”. Fonte: lascimmiapensa.com

Per tutti questi motivi, la vicenda di Black Mamba ha effettivamente del leggendario per tutto il mondo del basket e a distanza di due anni dalla morte, la sua carriera e la sua presenza vengono restituite ai suoi tifosi sotto altre vesti, sotto forma di racconti, grazie alla necessità di narrare, grazie all’aiuto di quella complessa arte che è il tessere una storia.

                                                                                                                                                                    Martina Violante

Ucraina: NATO e USA stringono ancora, ma i negoziati continuano. La Russia accusa l’Occidente

Lunedì la NATO ha dichiarato di aver stanziato nuove truppe, navi e caccia da combattimento sui territori dell’Europa dell’Est per intensificarne la difesa, mentre gli Stati Uniti – lo afferma il portavoce del Pentagono, John Kirby – hanno messo in stato d’allerta 8,500 soldati in vista di un eventuale attacco russo.

Giorni prima, il Presidente Biden aveva disposto il ritiro del personale diplomatico non essenziale dall’ambasciata americana in Ucraina, seguito a ruota da una medesima decisione proveniente dal Regno Unito. La Gran Bretagna sostiene convintamente che la Russia voglia instaurare in Ucraina un presidente filo-russo, nonostante non siano state addotte prove a sostegno dell’accusa.

Tuttavia, anche l’Ucraina ed i rappresentanti UE hanno ritenuto il ritiro del personale diplomatico di USA e UK una mossa avventata e prematura, affermando tra l’altro che «non c’è motivo di drammatizzare la situazione mentre i colloqui con la Russia sono ancora in corso».

Il Cremlino non ha tardato a ribattere, bollando questa ulteriore stretta degli Alleati come «un’isteria dell’Occidente ed una diffusione di bugie». Infatti, Mosca ha più volte smentito di avere intenzioni belligeranti, nonostante la tensione ad Est si sia intensificata a seguito del dispiegamento di 100,000 soldati russi sui confini dell’Ucraina alcuni mesi fa.

Quali sono le reali intenzioni della Russia?

Si tratta della domanda a cui gli analisti provano a rispondere ormai da tempo, ma il comportamento imprevedibile di Mosca rende la questione molto complicata. E tuttavia, atteggiamenti del genere presentano alcuni fondamentali precedenti localizzabili nella regione del Donbass, ove nel 2014 alcuni manifestanti armati si sono impadroniti di alcuni palazzi governativi e definiti dal governo Ucraino come terroristi finanziati da Mosca. Non è nuovo che la Russia intervenga sempre nei disordini sociali dell’Europa orientale e, quasi sempre, a favore delle forze separatiste (come nel caso della Crimea, risalente allo stesso periodo).

(fonte: globalriskinsights.com)

Il perché è variabile: da un lato, garantire un margine di influenza sui paesi ex-sovietici; dall’altro, impedire l’espansione della NATO ad Est. Secondo un articolo di Valigia Blu, la Russia proverebbe un senso di tradimento nei confronti degli Stati Uniti a seguito del mancato rispetto della promessa – risalente alla fine della Guerra Fredda – di non espandere l’influenza della NATO ad Est. I fatti hanno rivelato il contrario: nel ’97 arriva il Vertice di Madrid, ove l’allora presidente Clinton ha invitato vari paesi ex sovietici (tra cui l’Ucraina) ad annettersi al Patto Atlantico.

L’articolo continua nel sostenere la tesi che il Cremlino stia mettendo in atto un esempio di “diplomazia coercitiva“, servendosi della pressione militare per costringere gli Stati Uniti al dialogo. Finora, i tentativi diplomatici tenuti a Ginevra non avrebbero dato risultati concreti per via della difficoltà di incontrare i requisiti minimi proposti da entrambe le fazioni.

  • La Russia spinge per il ritiro della NATO dagli Stati che vi hanno aderito post-’97 (tutti Stati ex sovietici) ed, in generale, dal panorama dell’Europa orientale;
  • la NATO chiede che la Russia ritiri le truppe stanziate dal dicembre scorso al confine con l’Ucraina.

Dai recenti incontri non è emerso che alcuno degli schieramenti intenda accettare le condizioni dell’altro.

La polveriera ucraina

Intanto, i consiglieri politici di Russia, Ucraina, Francia e Germania si incontreranno mercoledì a Parigi per parlare del conflitto in Ucraina orientale che, dal 2014, ha mietuto almeno 15,000 vittime. I negoziati di pace sul Donbass hanno ricevuto ormai da tempo una battuta di arresto, laddove nelle elezioni del 2019 erano state uno dei punti programmatici primari del presidente Zelensky. Lo stesso candidato aveva ricevuto un riscontro positivo da Mosca – prima di cambiare totalmente i piani in seguito ad un calo di consensi e porsi in contrasto con la Russia di Putin, invocando l’entrata dell’Ucraina nel Patto Atlantico.

Nonostante sia ben possibile (ma per niente scontato) che tra le intenzioni russe non ci sia quella di invadere l’Ucraina, rimane di fatto una continua escalation di tensioni tra blocchi (ormai è lecito affermarlo) che potrebbero, in concreto, condurre allo scoppio di un conflitto.

(fonte: ispionline.it)

Se ciò avvenisse, si tratterebbe di uno scenario altamente frammentario, ove è divenuta ormai palese l’esistenza di contrasti interni alla stessa NATO (a seguito delle discusse affermazioni di Biden e Macron) – così come di una divisione interna all’Unione Europea, con la Francia che spinge per un sistema di sicurezza comune, Borrell e Germania che non intendono sporcarsi le mani (principalmente perché la Russia è il primo fornitore energetico del nostro continente) e la presidente Von Der Leyen che ha appena approvato un nuovo pacchetto di aiuti finanziari all’Ucraina da 1,2 miliardi di euro.

Senza dimenticare, poi, il ritardo e l’inefficacia degli interventi sanzionatori della NATO e dell’UE già all’alba dell’annessione russa della Crimea.

Valeria Bonaccorso

 

Euphoria: ecco 5+1 motivi per guardarla (e subito)

Oltre ogni ragionevole dubbio, Euphoria è la serie di cui il mercato dei teen drama ha disperatamente bisogno. Non perché ecceda nella bellezza della trama o nella verve, ma per la sua sincera vocazione di regalare allo spettatore la sensazione di vivere in un trip allucinogeno lungo cinquanta minuti. E noi l’apprezziamo per questo.

Al momento, la seconda stagione di Euphoria va in onda ogni domenica su HBO. In Italia è disponibile su Sky Atlantic ogni lunedì alle 3 di notte e in streaming su Now.

Se non l’avete ancora iniziata, ecco a voi 5+1 motivi per guardare questa serie tv firmata HBO.

1)  La perfetta combinazione tra musica e fotografia

Sappiamo che sono passati cinque minuti e vi state già chiedendo cosa vi abbia spinto ad iniziare questa serie. Lo sappiamo, ma fidatevi di noi: è più un’esperienza sensoriale che altro. Non pretende di farsi capire, ma di essere vissuta. Ponendo la vostra attenzione sulla musica, gli effetti sonori, così come anche sulla fotografia, riuscirete forse ad addentrarvi nel pieno dell’esperienza.

Jules ( Hunter Schafer) in una scena della prima stagione

Dopotutto, siete nella testa della protagonista Rue (Zendaya), la teenager tossicodipendente narratrice dell’intera storia (ecco il perché di tante scelte stilistiche del regista Sam Levinson).

Famosissima, poi, la colonna sonora Still don’t know my name di Labirinth, che potreste già aver sentito sui social.

 

2)  I casting

Ovviamente questa è una di quelle serie tv che si segue per la trama – e la trama è Jacob Elordi (benché sullo schermo interpreti l’odioso Nate)! Ma andando oltre le mere apparenze, i casting director si sono davvero superati. Non solo per aver sottoposto gli attori a molti provini (come Barbie Ferreira per il ruolo di Kat, ed Hunter Schafer per quello di Jules), ma anche per essere riusciti ad assumere le perfette versioni in miniatura degli attori, per interpretare flashback legati all’infanzia dei personaggi.

A sinistra: Kyra Adler interpreta Cassie da bambina.  A destra: Sydney Sweeney nel ruolo di Cassie da teenager.

Alcuni dei personaggi sono stati cuciti a pennello sugli interpreti, come nel caso della già citata Rue, di Lexi (Maude Apatow), e Fezco (Angus Cloud). Tra l’altro, per alcuni di loro si tratta della prima esperienza attoriale. Niente male, dal momento che la recitazione non lascia a desiderare (tranne che in sporadici momenti).

Lexi e Fezco durante una scena della seconda stagione

Curiosità: Zendaya ha ricevuto un Emmy Award per la sua interpretazione nella serie, diventando la donna più giovane a vincere un Emmy per la miglior performance drammatica.

3)  Lo stile dei personaggi

Un “normale” giorno di scuola per Maddy e Cassie

«Ma non è possibile che degli adolescenti si vestano così a scuola». Certo, i modi di vestire abbastanza esuberanti non verrebbero mai accettati in un vero sobborgo americano della classe media. Ma Euphoria non ha la pretesa di essere realistica, anzi.

Lo stile dei personaggi rappresenta un diretto riflesso del loro stato d’animo: lo notiamo soprattutto nel trucco, spesso esagerato, portato fino allo stremo nel caso della vanitosa Maddy (Alexa Demie). La truccatrice ha confermato quest’ipotesi, affermando che le gemme e l’eyeliner vamp di Maddy nella prima stagione rappresentano il suo carattere forte e tenace; tuttavia, ha anche aggiunto che i makeup sono destinati a variare col tempo ed in base alle esperienze dei personaggi.

Alcuni dei makeup utilizzati durante le riprese

Oltremare, infatti, il trucco alla Euphoria è già diventato moda ed in tantissimi provano a ricrearlo: che questo trend sbarchi presto anche in Italia?

4)  Questa scena

Questa scena, tratta dal primo episodio della prima stagione, raffigura uno dei trip di Rue subito dopo aver assunto delle sostanze stupefacenti ad una festa.

Vi risulta già vista? Probabilmente sì. Infatti è un riferimento ad un’altrettanta rinomata scena tratta dal film Inception. Levinson ha fatto installare un set girevole per rendere realistico l’effetto no-gravity.

Tra l’altro, per tutto l’arco della prima stagione è possibile trovare riferimenti a molti altri film cult. Tenete gli occhi ben aperti per notarne altri!

5)  Ogni personaggio rappresenta una debolezza

Sebbene a primo impatto possa sembrare che sia Rue il personaggio più disastrato della serie, non lasciatevi ingannare. Tutti i personaggi rappresentano una debolezza diversa, che va dalla sindrome dell’abbandono all’incapacità di fuggire da un rapporto tossico fino alle difficoltà di farsi valere o di far valere la propria sessualità. Questo è forse l’aspetto che più avvicina lo spettacolo al genere “teen drama”, benché venga affrontato in modo molto crudo e spassionato.

Cassie in una scena della seconda stagione

Nulla sfugge dalla lente di cinica della nostra protagonista, il cui racconto ribalta l’archetipo classico del personaggio. Non siamo in presenza di personaggi con alcuni difetti che vengono fuori durante l’arco evolutivo, anzi, qui è addirittura difficile trovare dei pregi. Ciononostante, il lavoro degli attori è stato davvero magistrale, inducendo lo spettatore a trovare sempre e comunque qualcuno in cui rispecchiarsi o per cui provare simpatia… Anche se quel qualcuno dovesse essere uno spacciatore di droga.

5+1) Bonus: anche Leonardo DiCaprio ha ammesso di guardare la serie

E quale persona più autorevole dello stesso DiCaprio?

A dire il vero, i nuclei tematici di Euphoria non rappresentano qualcosa di fittizio, ma si calano bene nella realtà di oggi – una realtà che il pubblico adulto può e deve conoscere, al fine di fornire protezione ai giovani che ne hanno disperato bisogno. Tant’è che lo stesso cast ha raccomandato più volte di guardare la serie facendo molta attenzione al contenuto sensibile, affinché gli spettatori più fragili non ne rimangano negativamente segnati. Alla fine di ogni episodio, poi, viene trasmesso un messaggio che invita chiunque ne abbia bisogno a cercare aiuto.

Insomma, la cura sta nei dettagli.

Valeria Bonaccorso

“Emily in Paris 2” : everything coming up roses

Serie family friendly, adatta ad ogni fascia d’età, ma con qualche piccola sbavatura – Voto UVM: 4/5

 

«Everything coming up roses» recitava una vecchia canzone. Una frase tra l’altro già sentita e pronunciata da Emily Cooper (Lily Collins), protagonista della serie tv di successo mondiale Emily in Paris, produzione targata Netflix. Il significato sembra racchiudere perfettamente quello che è il carisma, la grinta, la passione e la positività della protagonista.

Come ci eravamo lasciati?

Tra una storia d’amore giunta al termine e l’incontro con un’evidente nuova fiamma, lo chef francese Gabriel (Lucas Bravo), Emily riesce ad affermarsi, stravolgendo le regole dell’azienda in cui lavora, nonostante sia un’americana sbarcata a Parigi che –  come ormai risaputo – è terra di veri patriottici duri a staccarsi dai propri costumi e dalle proprie convinzioni, anche in ambito lavorativo.

Nuove amicizie, nuove prime volte e l’eccessivo entusiasmo, però, portano la protagonista a fare scelte sbagliate, come quella di tradire la propria amica, Camille (Camille Razat), andando a letto con il suo fidanzato.

Nonostante ciò, Emily continuerà a vivere godendo appieno la vita, e facendo quasi sentire questo senso di totale leggerezza anche agli spettatori. Se trasmettere questa sensazione al pubblico era l’intento dei produttori, si può dire che ci siano riusciti alla grande!

Primo selfie di Emily a Parigi 

Ecco cos’è cambiato nella seconda stagione

Sempre più francese, ma senza mai abbandonare le radici, i valori e le strategie (di marketing) del proprio Paese, Emily è ancora più determinata nel proprio lavoro, pur vivendo un crescendo di fatiche e difficoltà. Rimasta imbrigliata nel triangolo amoroso con Gabriel, nonché suo vicino di casa, e la sua prima amica conosciuta a Parigi, Camille ( ex o “quasi” di Gabriel), la vita di Emily andrà a sfociare in un susseguirsi di eventi negativi. Diverrà dnque meno “rosea”, seppur vissuta sempre con il sorriso in volto e il coraggio di mettersi in gioco.

Sarà Alfie ( Lucien Laviscount), affascinante inglese, suo compagno a scuola di francese, a portare grandi cambiamenti nelle sue giornate. Ma ancora una volta gli sceneggiatori decideranno di lasciarci col fiato sospeso. La stagione termina infatti con una difficile scelta che deve compiere la protagonista, scelta che può incidere sulla sua futura carriera (e anche sulla vita privata). Ci tocca aspettare un po’ per sapere come andrà a finire.

Da sinistra a destra: Lucien Laviscount, Lily Collins e Lucas Bravo nella foto promozionale di “Emily in Paris 2”

To be continued…

Passerà un anno, o forse più, prima dell’uscita della terza stagione già ufficialmente confermata insieme alla quarta  (quest’ultima del tutto inaspettata).

Per cui, cari fan, se avete passato una brutta giornata, questa è un’ottima notizia per cui gioire.

Inoltre, sono molte le voci che girano riguardo ad un’interessante aggiunta nel cast: si tratta di Kim Cattrall (la seducente Samantha di Sex and the City), che dopo aver rifiutato di partecipare all’attesissimo sequel And Just like that, sembra voler approdare proprio nella Parigi di Emily.

Un po’ meno per i detrattori di una serie che ha toccato il gradino più alto del podio delle tendenze mondiali, divenendo in poco tempo una delle produzioni Netflix più amate e redditizie degli ultimi anni.

Petra e Madeline: pregiudizi o solo ironia?

“Nella serie c’è un’inaccettabile caricatura di una donna ucraina. Un vero e proprio insulto. Ma è così che vengono visti gli ucraini all’estero?”

Una tra le tante voci critiche arriva dall’Ucraina: il ministro della cultura Oleksandr Tkachenko ha sottolineato come il personaggio di Petra (Daria Panchenko), compagna di classe di Emily nel corso di francese, sia costruito sul solito vecchio stereotipo degli abitanti dell’est Europa. È possibile che nonostante la globalizzazione e il multiculturalismo, ci si fermi ancora a questo genere di pregiudizi?

Ad ogni modo, possiamo notare come effettivamente molti personaggi della serie siano un po’ caricaturali: Madeline (Kate Walsh), ad esempio, rappresenta quella che potrebbe essere considerata l’americana tipo che non rispetta gli usi francesi e pretende di imporsi con arroganza su tutti ( tralasciando i suoi modi molto poco fini).

Per quanto gli stereotipi che riguardano la figura di Madeline siano certamente meno offensivi di quelli che caratterizzano  il personaggio di Petra, è chiara una tendenza in tutta la serie alle generalizzazioni facili.

Petra ed Emily fanno shopping. Fonte: New.Fox-24.com

Serie da vedere tutta d’un fiato

Emily in Paris – la prima come la seconda stagione – è una serie leggera, piacevole da seguire, con tutti i suoi intrighi amorosi, i suoi grandi eventi ed outfit alla moda (fin dai primi episodi non si è potuto fare a meno di notare lo stile di Emily).

Allo stesso tempo, però, è molto interessante il multiculturalismo presentato: nonostante alcune forzature (come nel caso di Petra), la serie gira tutta intorno a come Emily riesce ad integrarsi nella società francese, sempre però mantenendo una sua individualità.

A questo punto direi che non ci resta che aspettare – con ansia! – la terza stagione per scoprire le nuove avventure di Emily. Au  revoir!

Ilaria Denaro, Marco Abate