The car, il ritorno (quasi) trionfante degli Arctic Monkeys

“The car” è un album maturo, dall’animo avvolgente ed elegante, ma a primo impatto lento e ripetitivo. Nulla a che vedere con gli AM a cui eravamo abituati – Voto UVM:3/5

 

Rilasciato dalla Domino Recording Company il 21 ottobre 2022, The Car è il settimo e attesissimo album della celebre band britannica Arctic Monkeys. Scritto interamente dal frontman Alex Turner, e prodotto dal noto collaboratore del gruppo James Ford, ad anticiparne l’uscita sono stati i singoli There’d Better Be A Mirrorball, Body Paint e I Ain’t Quite Where I Think I Am, resi pubblici lo scorso settembre.

Nuovo album, nuovo stile

Il nome del disco, così come il titolo di un brano e la copertina dell’album stesso, si devono all’affascinante fotografia scattata dal batterista Matt Helders, raffigurante una Toyota Corolla bianca parcheggiata sul tetto di un comune, ma suggestivo edificio a Los Angeles.

“Ho avuto il presentimento quando ho visto questa foto per la prima volta che doveva essere la prossima copertina del disco”

ha raccontato Alex Turner in un’intervista.

Complici un blocco dello scrittore e la devastante pandemia del 2019, la band, dopo l’ultimo disco, aveva annunciato l’intenzione di prendersi una pausa dalla musica. Questo lungo periodo di silenzio aveva creato altissime aspettative nei cuori dei grandi fan del gruppo musicale: saranno riusciti i nostri quattro artisti di Sheffield a soddisfarle pienamente?

Secondo noi di UniVersoMe, sebbene si debba certamente riconoscere l’evoluzione della voce e scrittura di Turner, chi si aspettava un ritorno movimentato in pieno stile AM, dal genere prettamente indie e garage rock, rimarrà profondamente deluso.

The car
Alex Turner, cantante e frontman degli AM. Author: David Lichterman; fonte: flickr.com

 

Gli Arctic Monkeys, infatti, rompono il loro silenzio con un album dal tono decisamente più retro, riportandoci indietro nel tempo fino agli anni ’60, epoca in cui eleganza e romanticismo si univano spesso al rock, genere nato qualche anno prima.

The Car, quindi è un album più raffinato, dal sound lounge ed orchestrale, reso possibile grazie all’utilizzo consistente di strumenti ad arco e pianoforte. Sicuramente, però, il suo punto di forza non è l’immediatezza: ad un primo ascolto risulta per certi versi piatto e monotono, ed è solo riavviandolo più volte che si riesce ad apprezzarlo appieno nella sua profondità.

I testi sono infatti particolarmente sentimentali e a volte malinconici, come dimostra l’intro There’d Better Be a Mirrorball, che racconta le vicende di una relazione amorosa ormai destinata a morire, oppure il brano I ain’t quite where i think i am, in cui il leader della band esprime i tormenti che lo affliggono costantemente all’interno dei contesti sociali. Brani come Sculptures of anything goes, invece, sono riflessioni sul mondo dello spettacolo e sulla carriera della band, ultimamente discussa e criticata da molti per il recente cambio di rotta in fatto di genere musicale.

L’evoluzione degli Arctic Monkeys si rende ancora più evidente mettendo a confronto The car con AM, album del 2013. Quest’ultimo, uno dei loro veri capolavori,  è caratterizzato da un sound molto più rock e da tematiche totalmente differenti. Alcuni  dei brani più noti come Arabella,  dedicata ad una figura femminile attraente e seducente, o Do I wanna know? descrivono passioni sfrenate e amori impossibili.

“It’s the intermissionLet’s shake a few handsBlank expressions invite me to suspectI ain’t quite where I think I am “ (I ain’t quite where I think I am)

“Arabella’s got a seventies headBut she’s a modern loverIt’s an exploration, she’s made of outer spaceAnd her lips are like the galaxy’s edgeAnd her kiss the color of a constellation falling into place” (Arabella)

Non è la prima volta, però, che il quartetto britannico ci sorprende con un album così innovativo. La recente transizione di stile si evince già con Tranquility base hotel+ casino, album del 2018, in cui il genere indie rock si mescola insieme all’ atmosfera lounge da piano bar. Ma è sin dal lontano 2006, che con Whatever people say i am that’s what i am not, il gruppo manifesta l’intenso desiderio di andare contro le aspettative della massa, per non ripetere mai quanto fatto in precedenza.

Il cinema nella musica

“Il modo in cui il progetto The Car è stato realizzato, non è diverso da come mi immagino sia il processo creativo per fare un film.” (Alex Turner)

Ciò che caratterizza interamente The Car è il “sound cinematografico”, insieme alle numerose references al processo creativo per la realizzazione di un film e al cinema cult stesso. Un esempio è la terza traccia dell’album, Sculptures of anything goes, ispirata al film di Steven Spielberg, Indiana Jones e il tempio maledetto. Oppure nel brano Jet skis on the moat ritroviamo un riferimento al Cinemascope, lente da ripresa introdotta nel 1953.

Insomma The car è certamente un album molto originale che, anche se a primo impatto potrebbe risultare un po’ lento e ripetitivo, è caratterizzato da una particolare eleganza. Tuttavia non possiamo fare a meno di pensare a come sarebbe potuto essere un nuovo album con il loro vecchio stile energico e vivace.

Ma dopo tutto, una band così imprevedibile come gli Arctic Monkeys, magari in futuro ci potrebbe di nuovo  sorprendere  con un  ritorno al passato!

 

Ilaria Denaro, Giulia Giaimo

UVM e SAP: condivisione e aggregazione tra studenti UniMe

UniversoMe, la nostra testata multiforme assume toni internazionali. Infatti è stato promosso ed ha riscosso un notevole successo il cineforum organizzato, mercoledì 9 Novembre, in collaborazione con la comunità di studenti internazionali SAP.UVM X SAP

Cos’è SAP?

SAP è l’acronimo di Student Ambassador Program, progetto lanciato lo scorso Novembre. In cosa consiste? In una nuova divisione dell’Ateneo dedicata alla componente internazionale della comunità studentesca nell’Università di Messina. Perché nasce? Cosa si prefigge come obiettivo? Il programma si pone nell’ottica di creare una community degli studenti internazionali in UniMe offrendo loro sostegno e mettendo e promuovendo interessanti iniziative volte all’integrazione.

SAP/ Di quali strumenti si avvalgono?

Fanno molto utilizzo delle chat peer to peer che permettono loro di interagire e comunicare problematiche, dubbi, domande relative alle attività accademiche, burocratiche ed extracurriculari di UniMe.

Da chi è formato il team?

Il team, coordinato tecnicamente dallo Staff Ambassador Eliana Risicato, conta su Abdul Raouf Mastan, l’Ambasciatore coordinatore del programma. Ed insieme a lui, come studenti ambasciatori, troviamo Ece Erceber, Ghidaa Bayatra, Suresh Yadav, Yerzhan Torebek e Tariro Chidakwa. 

UVM X SAP

UVM X SAP/ L’iniziativa Film Club

Alle 18.30 di mercoledì 9 Novembre, presso il Cinema Apollo, con la premiere del film Marvel Black Panther: Wakanda Forever, si è inaugurata la collaborazione tra SAP e UniVersoMe. Un’iniziativa nuova, brillante e che ha riscosso moltissimo successo trattandosi di una vera e propria novità. Ed è proprio sfruttando l’atmosfera della premiere che la serata ha preso piede. Infatti, prima della proiezione, alcuni ragazzi del nostro progetto hanno intervistato i presenti ponendo loro delle domande sul film, cercando di comprendere quali fossero le aspettative degli studenti in merito ad esso.

Il cinema Apollo per l’occasione e per l’alta affluenza di partecipanti ha messo a disposizione due sale, proiettando in una la pellicola in lingua originale con i sottotitoli in italiano, mentre nella seconda interamente in italiano. La maggior parte degli studenti ha optato per la visione in lingua originale.

Si tratta sicuramente di un’iniziativa diversa, fresca e di portata internazionale che si propone di portare avanti gli ideali di fratellanza dell’Università di Messina. E data l’affluenza a questo primo appuntamento non si escludono sicuramente altri eventi del genere al cinema.

E’ fondamentale, ora che l’emergenza COVID-19 è rientrata, sperimentare nuovi metodi per incentivare la cultura e la comunicazione. Infatti, dopo anni di piattaforme in  streaming e numerosi rewatchs, calls virtuali e poco dialogo, è necessario tornare a privilegiare ogni forma di vita sociale. E quale modo migliore se non attraverso il cinema? Le sale cinematografiche del mondo si devono riappropriare di quella componente, la condivisione,  che le designava come luogo di aggregazione  e scambio culturale alla quale chiunque potesse accedervi.

E possiamo essere orgogliosi che, nel periodo della ripartenza, la nostra testata abbia voluto promuovere questa interessante e fruttuosa iniziativa.

Giorgia Fichera

*Ph: Abdul Raouf Mastan 

Facebook come Twitter: il caso dei licenziamenti di massa

Le due più grandi aziende tech di social network, Meta e Twitter, hanno annunciato uno dei licenziamenti di massa più grandi degli ultimi due decenni.

Dopo l’annuncio e il successivo licenziamento di almeno metà dei dipendenti di Twitter, mandati a casa tramite email, Elon Musk ha già fatto dietrofront e ha richiamato alcuni di loro perché “l’email di licenziamento partita per sbaglio” oppure “altri sono stati mandati via prima che la direzione si rendesse conto che il loro lavoro e la loro esperienza potrebbero essere necessari all’azienda“.

A cavalcare l’onda mediatica non viene da meno Mark Zuckerberg, aprendo così tanti interrogativi sul futuro dei social network.

Mark Zuckerberg durante la conferenza sul cambio nome di Facebook del 30 Aprile 2019. Fonte: instanews.it

Il nuovo proprietario di Twitter

Lo scorso 28 ottobre Elon Musk, l’amministratore delegato di SpaceX e di Tesla, nonché l’uomo più ricco del mondo in base alla classifica stilata da Forbes con un patrimonio pari a 219 miliardi di dollari, ha acquistato la piattaforma social Twitter per 44 milioni di dollari.

Inizia la propria scalata per l’acquisizione del social acquistandone il 9% delle azioni. Nonostante la proposta per il consiglio d’amministrazione di Twitter, l’imprenditore rifiuta categoricamente, per poi, il giorno seguente, postare Tweet di critica circa la policy e le sue modalità di funzionamento, giudicata troppo restrittive, troppo lesiva per la libertà di espressione.

La proposta del consiglio di amministrazione per l’entrata in società e il successivo acquisto non tardarono ad arrivare.

Solo dopo una lunga serie di trattative iniziate ad Aprile del 2022, arriva la notizia ufficiale: il 1 Novembre Elon Musk diventa ufficialmente l’amministratore delegato di Twitter, il CEO della piattaforma social.

Non sono in pochi che si domandano come abbia fatto ad acquistare Twitter: a inizio novembre, Elon Musk ha venduto 19,5 milioni di azioni di Tesla, per un totale di 3,9 miliardi di dollari di valore complessivo, come riportato dalle agenzie Bloomberg citando alcune comunicazioni alla SEC.

Nonostante ciò, qualche giorno prima, l’imprenditore rassicura gli utenti del social network e spiega le sue motivazioni:

Il motivo per cui ho acquisito Twitter è perché è importante per il futuro della civiltà avere una piazza cittadina digitale comune, dove un’ampia gamma di opinioni può essere discussa in modo sano, senza ricorrere alla violenza. Attualmente c’è un grande pericolo che i social media si spezzino in camere d’eco di estrema destra e di estrema sinistra che generano più odio e dividono la nostra società.

Il caso del “let that sink in” e dello smart working

Alla vigilia della scadenza imposta dal tribunale per acquistare l’azienda, Elon Musk sorprende tutti con la sua entrata nel quartier generale trasportando a mano un lavandino.  Il CEO di Twitter non perde occasioni di far parlare di sé.

Il momento è stato immortalato proprio con un tweet accompagnato da una frase sibillina: “Let that sink in” (“lascia che affondi!”), giocando col significato di sink, sia lavandino che affondare. Ma si può anche tradurre “fatevene una ragione“, come a sottolineare il proprio potere insinuatosi al momento dell’acquisizione della società.

Proprio per questo, cambia anche lo status del suo profilo pubblico di Twitter in “Chief Twit”, autoaffermandosi capo ancor prima della notizia ufficiale.

Sebbene il tweet abbia fatto scalpore, in realtà Musk aveva già iniziato a visitare gli uffici di Twitter a San Francisco. Afferma il chief marketing officer di Twitter, Leslie Berland, in una comunicazione ai dipendenti riportata dall’agenzia Bloomberg.

Elon è negli uffici di San Francisco questa settimana per incontri. Questo è solo l’inizio di molti incontri e conversazioni con Elon, e avrete modo di sentirlo direttamente da lui venerdì

Come se non bastasse, nella sua prima email ai dipendenti di Twitter, il nuovo proprietario ha confermato l’abolizione della possibilità di lavorare da casa “per sempre” che era stata istituita durante la pandemia di COVID-19 e implementare almeno 40 ore settimanali di lavoro in ufficio.

Nella stessa email ha aggiunto che vuole che gli abbonamenti rappresentino la metà delle entrate di Twitter. Avverte nello stesso scritto i suoi dipendenti di “tempi difficili andando avanti” e che “non ci sono modalità per addolcire la pillola”, presagendo quello che sarà uno dei licenziamenti di massa più grande dell’azienda.

 

Non solo Musk: anche Meta costretta a ridimensionarsi

Mark Zuckerberg, amministratore delegato di Meta, ha annunciato il licenziamento di oltre 11 mila dipendenti (di cui 22 a Milano) tra Facebook, Whatsapp e Instagram. La notizia era stata anticipata nei giorni scorsi dal Wall Street Journal, ma non era sicuro quale portata avrebbe intrapreso questa azione.

A fronte dei quasi 87 mila dipendenti della società, la decisione di ridurre la forza lavoro del 13% è stata presa a causa dei risultati finanziari molto deludenti nell’ultimo trimestre, registrando un calo delle entrate provenienti dalle pubblicità del 4% circa.

Sfortunatamente, non è andata come mi aspettavo. La recessione macroeconomica, l’aumento della concorrenza e la diminuzione di inserzioni pubblicitarie hanno fatto sì che le nostre entrate fossero molto più basse di quanto mi aspettassi. Ho sbagliato, e me ne assumo la responsabilità.

Sede di Meta in Italia, in Via Missori 2, Milano. Fonte: ilsole24ore.it

I licenziamenti, spiega Mark Zuckerberg, riguarderanno tutti i settori della società, ma in particolare il team che si occupa di reclutamento di nuovo personale e il reparto finanziario.

Meta ha anche annunciato che inizieranno a ridurre i costi in generale, tra cui la riduzione dei budget, dei benefit e degli spazi usati come ufficio.
Per i dipendenti licenziati negli Stati Uniti saranno garantite 16 settimane di retribuzione base più due settimane aggiuntive per ogni anno di servizio, coprirà anche il costo dell’assistenza sanitaria per le persone e le loro famiglie per sei mesi, e fornirà tre mesi di supporto professionale con un fornitore esterno per accedere a nuove offerte di lavoro.

Victoria Calvo

Boris 4: stesse intenzioni, formula diversa

Questo revival vuole riportare la strampalata troupe ai giorni nostri, ci riesce seppur con risultati inaspettati. Voto UVM: 4/5

 

La fuori serie italiana torna dopo 11 anni dall’ultimo episodio della 3° stagione per cercare di accontentare tutti i fan ma soprattutto torna per aggiornare la situazione televisiva italiana dopo un’era in cui tecnologia e pubblico sono stati ben diversi. Grazie alla permanenza sulla piattaforma di Netflix di qualche anno fa, le prime 3 stagioni di Boris ebbero una seconda vita e quando la Disney ne acquisì i diritti, annunciò il 16 Febbraio 2021 il revival di questa serie.

Boris si è contraddistinto fin dall’inizio per i suoi personaggi caratteristici e per le sue citazioni. Di ogni puntata ne è rimasta la memoria fino ai nostri giorni, grazie anche alla loro durezza nei confronti del sistema italiano. Una satira capace di colpire in pieno tutte le debolezze nostrane in fatto di politica e di produzioni televisive. Sarà così anche per questo mondo un po’ più smart e politicamente corretto?

Lo streaming e il Lock

Da un po’ di tempo non si parla più di rete ma di piattaforma. Le multinazionali estere sono economicamente stabili e portare a loro un progetto significa arrivare a grossi e stabili guadagni per tutti i componenti della produzione. Bisogna però, come prima cosa, ottenere il Lock, ovvero l’approvazione del progetto ottenibile solo quando verranno rispettati tutti i requisiti richiesti dall’algoritmo. Insomma, un mondo nuovo porta a nuovi problemi che in Boris vedremo sviscerati, uno ad uno, nello stile a cui siamo stati abituati.

Boris tra inclusivity e TikTok

Ferretti: “DAI DAI DAI” “Ma che è successo?  [Alyson] Mi è sembrata incupita…”

Sceneggiatore (A. Sartoretti): “René le hai detto die die die, significa muori muori muori!”

Il mondo va avanti ma, come sappiamo, tutto rimane immobile in Italia. Si parla di inclusione per le minoranze e il numero di followers è quello che ora mai più conta per un personaggio di spicco. La troupe de “Gli occhi del cuore” e “Caprera” dovrà scontrarsi con un nuovo linguaggio che li tartasserà (soprattutto Biascica, interpretato da Paolo Calabresi) durante il lavoro. È importante utilizzare u finale per riferirsi a qualsiasi sostantivo per essere più inclusivi ed è anche necessario avere nel cast almeno un cinese e un africano per rispettare i requisiti minimi dettati dalla piattaforma.

Inoltre, è importante come ci si mostra: non solo di fronte alle telecamere ma anche sui propri social network. È importante pubblicare in brevi video momenti della vita privata e mostrarsi estroversi e simpatici. Magari con dei balletti divertenti o aforismi banali. Insomma tutte cose in linea con le personalità di Renè Ferretti (Francesco Pannofino) e Biascica, giusto per fare due esempi lampanti.

Boris
Frame dal trailer di “Boris 4”. A sinistra Diego Lopez (Antonio Catania), a destra Renè Ferretti (Francesco Pannofino). Regia: Giacomo Ciarrapico, Luca Vendruscolo. Distribuzione: Disney.

 

Boris: libertè, ugualitè e fraternitè

Troveremo i nostri beneamini invecchiati, cambiati ed alcuni anche scomparsi (si, deceduti sia realmente che nel mondo di Ferretti). Dopo pochi minuti dall’inizio del primo episodio la nostra amata troupe verrà a sapere della morte di Itala (Roberta Fiorentini) che commemoreranno in ricordo di tempi ormai andati. Inoltre, verrà anche omaggiata la scomparsa di uno dei 3 sceneggiatori della serie di Boris, il caro Mattia Torre, grande amico degli altri due autori, ovvero Giacomo Ciarrapico e Luca Vendruscolo, ma sulla sua commemorazione ci torneremo più tardi.

Biascica: “E si’ oggi Itala è morta è de tristezza… Perché nel nostro mondo è cambiato tutto. ‘E merde diventano capoccia… e allora io mi chiedo: dov’è finita la poesia de’ i set de na vorta?”

Ciò che è stato affrontato in parte dalla narrazione riguarda il ribaltamento di alcuni ruoli a noi ben noti, ma siamo stati abituati da sempre alla filosofia del “cambiare tutto per non cambiare niente” e infatti la conclusione di ogni personaggio è quella: la conferma che tutto sommato le cose devono rimanere com’erano.

Quello che ha reso “Boris – La fuori serie italiana” un cult è stata una scrittura fortemente ispirata al mondo italiano visto con un occhio critico ma rassegnato. Le sue prime stagioni caratterizzate da semplici sketch e una regia limitata dal budget riuscivano a trasmettere con grande impatto il dietro le quinte di un mondo da sempre sconosciuto agli occhi dei telespettatori. Prima di questo revival sembrava quasi che fosse stato detto tutto. Gli autori Ciarrapico e Vendruscolo sono riusciti a mostrare nuove criticità ed anche nuove speranze in chi crede nell’arte e nella qualità. Abbiamo notato quanto gli autori abbiano provato a cambiare rotta senza stonare con lo spirito iniziale, seppur il citazionismo e la satira si sprecano ad ogni scena.

Che stamo a di’

sceneggiatore 1: “collega com’è l’inferno?”

sceneggiatore 2 (V. Aprea):“mah, ti dirò alla fine non è male. è pieno di quarte stagioni”

Credo che non si possa parlare di una 4° stagione di Boris senza il confronto con il passato. Anche solo parlare dei significati dietro lo sceneggiato non sarebbe bastato – comunque ce ne sarebbe molto da dire solo per quelli – e soprattutto il finale di stagione riporta un messaggio immenso per chi ama l’arte e per chi l’arte la fa. Si potrebbe quasi dire che l’intera stagione sia stata scritta in memoria dello sceneggiatore Mattia Torre, tanto amato sia dal cast che da Vendruscolo e Ciarrapico. E crediamo che lo abbiano commemorato nel migliore dei modi possibili. A proposito di nuove speranze, è qui che gli autori di Boris hanno voluto dare uno spiraglio di luce dalla cima di un pozzo che sembrava davvero lontana. La follia, la tenacia e un po’ di capacità prensile potrebbero aiutare a infrangere gli schemi e provare a compiere una fatica dai risultati insperati.

Boris
Frame dal trailer di “Boris 4”. Da sinistra: Duccio (Ninni Bruschetta), Backstage, Renè Ferretti, Biascica (Paolo Calabrese), Arianna (Caterina Guzzanti). Regia: Giacomo Ciarrapico, Luca Vendruscolo. Distribuzione: Disney.

 

Arianna: “Vuoi girare la scena del battesimo vero? Oggi non ce la facciamo… mi dispiace, te lo dico.”

Ferretti: “… ce la facciamo, Arianna. Alla fine ce la facciamo sempre.”

 

Crediamo che questa stagione non abbia lo stesso animo da “meme” tanto amato dai fan, quello su cui hanno voluto puntare questa volta è stato un prodotto ben orchestrato che lascia un senso di malinconia ma anche di rivalsa. Lascia un’energia contagiosa, una voglia di poter ribaltare le sorti mettendoci un pizzico della nostra locura. Infine, crediamo che questo prodotto confezionato da Disney non sarà ricordato nelle future generazioni per la sua irriverenza, ma per il suo animo unico e carismatico.

 

Salvatore Donato

Tutto chiede salvezza: Benvenuti sulla nave dei pazzi

Brillante, empatica e spiritosa, la serie riesce a rompere il tabù delle malattie mentali – Voto UVM: 5/5

 

Benvenuti sulla nave dei pazzi, chi è sano mentalmente è quello strano quassù, la prima regola per salire a bordo è quella di avere qualche disturbo o malattia mentale. Siete disposti a salire?

Come può una serie mettere in scena le nostre paure e preoccupazioni? Nessuno mai in Italia era riuscito a ricreare il tema della salute mentale in un’unica serie tv mischiando umorismo ed empatia. Molte volte confondiamo la fragilità con la debolezza, e nella nostra immaginazione associamo queste due parole con la figura della donna. In questa serie, per la prima volta, si parlerà dell’interiorità del genere maschile, da sempre nascosta perché in caso contrario, l’uomo potrebbe risultare troppo poco virile. Una società che delle volte dimentica che l’umano è un essere fatto di emozioni, e non una mera macchina.

 

Tutto chiede salvezza
Daniele in una scena della serie tv. Regia: Francesco Bruni. Distribuzione: Netflix. Fonte: luce.lanazione.it

Tutto chiede salvezza (2022)

Tutto chiede salvezza è una serie televisiva diretta dal regista Francesco Bruni, e tratta dal romanzo autobiografico di Daniele Mancarelli, vincitore del premio strega giovani 2020. La serie è stata distribuita sulla piattaforma Netlfix il 18 Ottobre 2022, ed è composta da sette episodi.

La storia è ambienta nella bellissima Roma, all’interno di un reparto psichiatrico, dove Daniele (Daniele Mencarelli) che è stato ricoverato contro la sua volontà, dovrà passare un’intera settimana che stravolgerà la sua vita.

Personaggi

“Quei cinque pazzi sono la cosa più simile all’amicizia che abbia mai incontrato, di più, sono fratelli offerti dalla vita, trovati sulla stessa barca, in mezzo alla medesima tempesta, tra pazzia e qualche altra cosa che un giorno saprò nominare.”

Il protagonista ha solo 20 anni, quando all’improvviso dentro di lui nasce una forte rabbia che sfocia in violenza – un episodio psicotico – e d’urgenza viene sottoposto al TSO. È proprio in quest’occasione che farà conoscenza con i suoi compagni di stanza: Gianluca (Vincenzo Crea) un ragazzo gay, con un disturbo bipolare, considerato troppo strano dai propri genitori per la propria omosessualità; abbiamo poi Giorgio (Lorenzo Renzi) un omone grande e forzuto ma tenero che con se tiene sempre la foto in bianco e nero della propria mamma scomparsa; troviamo Madonnina (Vincenzo Nemolato), un uomo con seri problemi mentali; Mario (Andrea Pennacchi) che osserva sempre la finestra nella speranza di rivedere il suo amato uccellino; ed infine c’è Alessandro (Alessandro Pacioni), intrappolato con gli occhi e col corpo dentro quel letto d’ospedale. Ma Daniele farà anche conoscenza con Nina (Fotinì Peluso), una ragazza con problemi più grandi dei suoi.

Tutti e sei sono accomunati dal trattamento sanitario obbligatorio, le loro giornate sono accompagnate dal caldo afoso e da infermieri e dottori che vigilano su di essi. In loro nascerà una grande amicizia, anzi, una fratellanza, per resistere a quel mondo “sano” per loro troppo irraggiungibile.

 

Tutto chiede salvezza
A sinistra Daniele (Daniele Mencarelli), seguito da Madonnina (Vincenzo Nemolato), Gianluca (Vincenzo Crea), e Giorgio (Lorenzo Renzi). Regia: Francesco Bruni. Distribuzione: Netflix.

Dentro le sale bianche

Come già detto sopra, la serie è tratta dal romanzo autobiografico di Daniele Mancarelli, che racconta la sua vera storia, ammettendo senza vergogna e paura il proprio disturbo che lo accompagnò nell’estate del 1994. I suoi genitori vollero per lui il TSO, dopo l’ennesimo attacco di rabbia. E da un giorno all’altro non si trovava più dentro la sua cameretta, ma i suoi occhi si risvegliarono dentro una stanza con lunghe pareti bianche e con degli insoliti compagni di stanza.

Sette puntate: una per ogni giorno della settimana, che ci faranno conoscere il breve ma intenso viaggio di Daniele. Una settimana costellata di avventure fisiche e mentali, che accompagneranno i personaggi tra monologhi e speranze abbandonate, sostituite da sogni, tanto belli quanto pericolosi per la loro salute. Per tutti i pazzi e sognatori, non preoccupatevi, prima o poi pure voi sarete compresi, osate finché potete!

 

Alessia Orsa

UniMe: in arrivo il bando Erasmus+ Studio per l’A.A. 2022-2023

In arrivo anche quest’anno il bando Mobilità Erasmus+  Studio 2022/2023, consultabile al seguente link.

Chi può accedervi?

Innanzitutto è possibile partecipare al programma Erasmus+ Studio sin dal primo anno di corso. Possono accedervi studenti appartenenti a CdS triennali, specialistiche e magistrali a ciclo unico, che hanno intenzione di svolgere un periodo di studio all’estero della durata minima di due mesi e fino ad un massimo di 12 mesi presso un Ente straniero. Lo stesso vale per i dottorandi. Per le lauree a ciclo unico, invece, il periodo si estende a massimo 24 mesi, per un totale di 720 giorni.

Bando Erasmus+/ Come funziona?

La candidatura dello studente dovrà essere presentata tramite la piattaforma online Esse3 dall’11 ottobre ed entro e non oltre il 14 novembre 2022 ore 13:00. 

Quali sono i requisiti obbligatori per la partecipazione?

I documenti da allegare alla domanda di partecipazione Erasmus+ Studio sono i seguenti:

  •  Presentazione del LAT – Learning Agreement for Traineeship (contenente il piano di lavoro che si intende svolgere all’estero) già compilato e firmato anche dalla Sede ospitante;
  • certificazione/Autocertificazione della competenza linguistica;
  • i riferimenti dell’ente ospitante in cui si intende svolgere il tirocinio specificando, nell’apposita sezione, lo Stato di appartenenza dell’Ente stesso;
  • i dati relativi all’eventuale partecipazione a precedenti periodi di mobilità nell’ambito del programma Erasmus;
  • l’eventuale presenza di handicap.

Erasmus+/ Come si individua la sede? 

La scelta va effettuata sulla base delle disponibilità delle sedi contenute negli elenchi inerenti al bando. Per facilitarti potrai consultare il seguente link per le destinazioni disponibili per le lauree triennali, specialistiche e magistrali a ciclo unico, mentre potrai consultare questo link per quelle disponibili per i dottorandi.

Inoltre, il piano di studi da sostenere nel periodo Erasmus verrà concordato con l’aiuto del Referente per la mobilità internazionale del CdL. Per l’elenco completo dei referenti consultare il seguente link.

 

Erasmus+ bando
Fonte: Freepic

Bando Erasmus+/ Le novità A. A 2022/2023

Con l’Anno Accademico 2022/2023 sono state previste diverse tipologie di modalità Erasmus+ Studio:

  • mobilità di tipo fisica, distinta in “Long mobility” e “Short mobility”;
  • mobilità di tipo mista, con componente sia fisica che virtuale.

Cosa intendiamo con Fisica “long mobility”? Si intende la mobilità “tradizionale” Erasmus svolta in presenza presso l’Istituto ospitante per una durata minima di 2 mesi fino ad un massimo di 4 mesi. Le regole sono quelle previste dalla Guida al Programma, rispettando le procedure pre-COVID19.
Il contributo destinato alle mobilità Erasmus+ “long mobility” è costituito dalle seguenti voci di importo:

  • borsa mensile comunitaria stanziata da Agenzia Nazionale Erasmus+/INDIRE (da 500 euro a 400 euro al mese in base al paese di destinazione);
  • contributo Integrativo MUR: La borsa Erasmus+ è integrata da un contributo proveniente da fondi MUR, da 300 euro a 200 euro al mese in base al paese di destinazione e fino ad esaurimento fondi.

Cosa intendiamo con Fisica “short mobility”? In base a questa modalità, sarà possibile effettuare una mobilità Erasmus di breve durata, da 5 a 30 giorni, a cui possono partecipare esclusivamente dottorandi e studenti iscritti ad un Master di I o II livello. Il contributo per mobilità di breve durata “Short mobility”  è calcolata sulla base dell’effettiva durata.

Invece, la modalità Mista “blended” prevede sia un periodo di svolgimento delle attività a distanza, che un periodo di presenza nell’organizzazione ospitante. Quest’ultimo dovrà rispettare la durata minima per ogni tipo di attività: 60 giorni per la “Long mobility”; 5 giorni completi e consecutivi per la “Short mobility”. In questo caso, il contributo economico sarà riconosciuto solo per il periodo di effettiva presenza. 

Per ulteriori informazioni è possibile contattare:

  • Unità Operativa Mobilità per Tirocinio
  • Unità Organizzativa Mobilità Internazionale
  • Università degli Studi di Messina

Giorgia Fichera

Dahmer: mille sfumature di mostro

Dahmer, una serie contorta e controversa che ricostruisce le vicende che hanno portato alla nascita di un mostro. – Voto UVM: 5/5

 

Una storia reale, ambienti cupi al limite del claustrofobico, una continua ricerca delle profondità psicologiche; questo e tanto altro è la controversa serie tv diffusa su Netflix firmata da Ryan Murphy che, in dieci episodi, racconta la storia di uno dei più celebri serial killer che ha sconvolto l’America e il mondo intero.

Stiamo parlando di Mostro: la storia di Jeffrey Dahmer, che nel giro di poco tempo è diventata la serie dei record, scatenando una bufera mediatica che ha riaperto una ferita profonda nel cuore degli americani.

La nascita di un mostro o…

Lo show composto da dieci episodi, si presenta come un racconto solido, che mira alla profondità priva di esagerazioni e fronzoli narrativi. Una tensione in crescendo che ci accompagna puntata dopo puntata, non solo nel racconto degli orribili omicidi e del modus operandi del serial killer, ma soprattutto andando a ricostruire la degenerazione della psiche già frammentata e dolorosa di Dahmer, senza giustificarlo in alcun modo; eppure, mettendo in evidenza le numerose contraddizioni che caratterizzavano una società ottusa e anaffettiva dell’America degli anni ’70-’80.

La serie gioca molto sui flash-back, in un susseguirsi di immagini che delineano il profilo di Jeffrey dall’infanzia solitaria, ad un’adolescenza trascorsa in preda ai fumi dell’alcool ed alla vita adulta segnata dalla sindrome dell’abbandono.

La storia così rimane per la prima parte slegata dagli omicidi per tratteggiare una personalità realistica, costretta alla repressione della sua sessualità da una società intollerante che lo costrinse a rinchiudersi in una rabbiosa solitudine, fino all’esplosione di quell’odio covato sulle prime vittime, rendendolo da quel momento un mostro.

L’incubo di Milwaukee

Jeffrey Dahmer, responsabile di diciassette omicidi effettuati tra gli anni 1978 e 1991, è diventato nel tempo un vero e proprio incubo vivente. Lasciato libero nonostante i sospetti e le segnalazioni dei vicini su di lui, ha protratto indisturbato la sua attività per più di un decennio.

Il racconto di Murphy non cade nei dettagli orrifici ma procede mettendo al centro dello schermo la personalità del suo protagonista più degli orribili omicidi, attraverso un continuo di rimandi psicologici che cerca di definire un personaggio complicato, ma non per questo meno colpevole o barbarico. A cominciare dallo sviluppo del suo modus operandi nella cantina della nonna fino all’appartamento degli orrori in cui verrà dilaniata la sua ultima vittima.

Le sequenze più violente vengono in maniera magistrale intervallate da caratterizzazioni del passato tormentato di Dahmer e successivamente da scorci che si aprono sulle vittime e sui loro famigliari, fino ai risultati mediatici occorsi nel periodo successivo all’arresto. La parte finale, si allontana dal protagonista per gettare una luce oscura sull’America e sul dolore dei parenti in lutto, dimostrando un rispetto verso una ferita aperta che si è cicatrizzata solo nei fatti.

Ora è finita. Non ho voluto mai la libertà. Sinceramente, volevo la pena capitale per me stesso. Qui si è trattato di dire al mondo che ho fatto quello che ho fatto, ma non per ragioni di odio. Non ho odiato nessuno. Sapevo di essere malato, o malvagio o entrambe le cose.

 

Dahmer
Jeffrey Dahmer (Evan Peters) in una scena della serie. Distribuzione: Netflix. Regia: Ryan Murphy. Fonte: thetab.com

Dahmer: interpretazione da Emmy

Alla riuscita di questa rappresentazione, che ha portato la storia di un uomo sicuramente malato ma soprattutto in grado di spingersi oltre qualsiasi limite immaginabile, concorrono le interpretazioni impeccabili dei suoi attori protagonisti, in particolare spicca quella del grandioso Evan Peters – che già aveva lavorato con Murphy in AHS – completamente calato nella parte del killer. Il Dahmer da lui rappresentato prende vita nel doloroso binomio vittima-maniaco che l’interprete riesce a riflettere impeccabilmente attraverso un gioco fatto di uso degli occhi e del fisico.

 

Gaetano Aspa

Settore alimentare a rischio: la crisi dell’acido solforico

Aumenta la domanda a discapito dell’offerta. Secondo i nuovi studi dell’University College di Londra, la richiesta globale di acido solforico aumenterà vertiginosamente da 246 a 400 milioni di tonnellate entro il 2040. Per il settore della mobilità sostenibile, agricolo e soprattutto alimentare, sarà un duro colpo.

Indice dei contenuti

  1. La centralità dell’acido solforico nella società moderna
  2. I problemi di produzione
  3. Metodo Frasch e torrefazione
  4. Le conseguenze economiche
  5. Le alternative

La centralità dell’acido solforico nella società moderna

Lo zolfo, in particolare sotto forma di acido solforico H2SO4, per la società odierna è il cuore pulsante delle batterie al litio e dei fertilizzanti al fosforo naturali. Quest’ultimi, si ottengono dalla trattazione delle rocce fosfatiche o farina d’ossa con l’acido solforico. I concimi ottenuti sono essenziali per il processamento di terreni calcarei e per la concimazione di ortaggi, diverse tipologie di alberi da frutto e cereali.
Con l’arrivo della tecnologia verde e l’intensificazione dell’agricoltura, è stato spinto al limite l’utilizzo di questa preziosa risorsa. Ai prezzi già vertiginosi causati dal caro energia, a gravare ulteriormente sui portafogli delle famiglie è proprio la questione dell’acido solforico.

I problemi di produzione

Più dell’80% dello zolfo ha origine nel petrolio e nei gas naturali. Vengono raffinati e liberati dall’1% fino al 3% di zolfo, in base alla resa della raffinazione. Come si può immaginare, a seguito delle svariate problematiche climatiche e ambientali, è iniziato un processo di  decarbonizzazione e transizione energetica, che porterà entro il 2050 ad un inesorabile diminuzione dell’utilizzo dei combustibili fossili e di conseguenza anche a una diminuzione della produzione di zolfo.
Altro punto a sfavore è la guerra russo-ucraina che ha incentivato l’Unione Europea ad abbandonare i gas naturali, a favore di energie pulite.

Metodo Frasch e torrefazione

Oltre il petrolio e i gas naturali, buona parte di zolfo viene ricavata dall’attività vulcanica o dall’estrazione dai giacimenti con il metodo Frasch, decisamente meno gettonato, dato il rincaro energetico e le complicazioni ambientali. Per la sua esecuzione, infatti, sono necessarie tonnellate d’acqua dalla temperatura di 160 gradi centigradi, in modo da fondere lo zolfo (con una temperatura di fusione di 120 gradi centigradi) e aria compressa, per riportare l’emulsione di acqua e zolfo in superficie. L’estrazione dei minerali di solfuro, inoltre, risulta estremamente pericolosa a causa della presenza di materiali pesanti come mercurio, tallio ed arsenico.
Per quanto riguarda la torrefazione, invece, abbiamo la produzione di anidride solforosa da trasformare istantaneamente in acido solforico, un processo rischioso e costoso.

Le conseguenze economiche

Aumenta la domanda, ancor di più i prezzi, ma diminuisce la produzione.
Con l’aumento del valore dell’acido solforico, abbiamo l’inevitabile innalzamento del prezzo dei beni alimentari che prevedono l’utilizzo di questa specie chimica per la loro concimazione. I più colpiti saranno i paesi in via di sviluppo. Analizzando la domanda e le previsioni per i prossimi decenni, sono stati forniti diversi scenari.
I grafici rimandano ad un deficit tra il 40% il 130% entro 2040. Circa 40 anni fa il prezzo dello zolfo si poteva considerare stabile ai 40$ per tonnellata, oggi date le diverse problematiche di natura ambientale e politica si prospetta un aumento oltre i 200$ per tonnellata.

 

www.regionieambiente.it

Le alternative

L’aumento del prezzo dei beni alimentari (e non solo), può essere contrastato in più modi. Come precedentemente accennato, i vulcani sono una delle maggiori fonti di zolfo. La United States Geological Survey (USGS) ha rilevato in essi una fornitura praticamente illimitata di giacimenti di zolfo elementare e minerali di solfuro. L’unica nota dolente sono le emissioni provocate dal processo di estrazione.
Il piano B prevede l’utilizzo di alcuni batteri membri attivi del ciclo dello zolfo, come lo Spirillum Volutans e specie appartenenti alla famiglia Thiorhodaceae. Quest’ultimi attraverso un pigmento nominato bacteriopurina, possono scindere l’acido solfidrico con conseguente formazione di zolfo elementare.

2H2S + CO2 → (CH2O) + H2O + S2

Entrambe le modalità richiedono tempo, ricerca e in particolare, nell’ultimo caso, una sperimentazione su scala industriale.
Da quanto fin qui espresso, non resta che affidare alla scienza il futuro di questo prezioso materiale.

 

Asia Arezzio  

Bibliografia:

https://rgs-ibg.onlinelibrary.wiley.com/doi/10.1111/geoj.12475

https://rgs-ibg.onlinelibrary.wiley.com/doi/10.1111/geoj.12475

https://it.wikipedia.org/wiki/Ciclo_dello_zolfo

Xi Jinping verso il suo terzo mandato: le sue dichiarazioni al Congresso Nazionale del Partito Comunista

Dal 16 al 22 ottobre il segretario generale Xi Jinping ha presieduto il 20° Congresso Nazionale del partito Comunista cinese (PCC), tenutosi nella Grande Sala del Popolo a Pechino. L’ershida, attesa da tutti i media cinesi e mondiali, ha ancora una volta dato prova della forza e del potere politico che il segretario generale ha accumulato durante i suoi anni di mandato. 

Cos’è il Congresso Nazionale del partito comunista 

Considerato come uno degli eventi politici più importanti ed attesi nel territorio cinese, il Congresso si tiene ogni cinque anni, della durata di circa una settimana, e riunisce ben 2.300 membri rappresentativi dei quasi 97 milioni di iscritti del partito comunista, chiamati delegati 

Di questi delegati, circa 400 fanno parte del Comitato Centrale del Partito, la più alta autorità istituzionale cinese, del quale poi saranno chiamati ad eleggere il Segretario Generale del Partito, che a sua volta eleggerà il cosiddetto Politburo, l’ufficio politico del Partito Comunista Cinese. 

La Grande Sala del popolo di Pechino durante il 20° Congresso Nazionale del Partito Comunista cinese. Fonte: rainews.it

Xi come “nucleo” del partito 

Dalla sua elezione nel 2012 come Segretario Generale del Partito Comunista e Presidente della Commissione Militare Centrale, Xi Jinping ha cercato sempre di più di consolidare la sua autorità e accrescere il suo potere individuale, portando così il Congresso Nazionale del PCC tenutosi nel 2018 a fare la prima sostanziale modifica sul limite di due mandati.  

Fatto sta, l’intento di Xi era chiaro: la mancata nomina di un suo successore aveva già fatto presagire l’ipotesi di un terzo mandato, per poi essere stata confermata davanti ai media nazionali e internazionali il 23 ottobre, al termine del Congresso del Partito Comunista. 

Nel discorso d’insediamento dichiara:  

“La Cina continuerà ad aprirsi, perché nessuno può chiudersi. Il percorso davanti a noi è arduo, ma raggiungeremo la destinazione”

Ha poi presentato la lista dei sei membri eletti nel Comitato permanente del Comitato Centrale, tutti uomini molto vicini e fedeli di Xi. Come numero due troviamo il nome di Qiang Li, segretario del partito comunista di Shangai, che ha destato qualche polemica a causa delle politiche “zero-covid” fallimentari che ha portato la città in lockdown per due mesi nel 2022. 

I riferimenti alla figura di Mao Tse-tung, il presidente più longevo della Cina rimasto al potere dal 1949 al 1976, non tardano ad arrivare. Nonostante questo possa essere addirittura un azzardo, è innegabile affermare che Xi abbia intenzione di accentrare tutto il potere e l’influenza politica intorno alla figura del “leader del popolo”, termine usato per la prima volta da Mao, in un processo sempre più irreversibile di una istituzionalizzazione del pensiero di Xi e della conseguente “leaderizzazione” del partito comunista. 

Questo ha portato all’approvazione degli emendamenti alla costituzione, dei “Due Stabilimenti” e delle “Due Salvaguardie”, che ha sancito Xi Jinping come il nucleo del partito. 

Xi Jinping avvia il suo storico terzo mandato il 23 ottobre 2022. Fonte: faz.net

Dalla politica Zero covid all’economia

Il discorso d’apertura del Congresso, della durata di circa due ore, si basa su argomenti di attualità, come la lotta al covid, in cui ribadisce l’intento di proseguire ancora per tanto tempo con le politiche “Zero Covid”, a discapito delle proteste sollevate dai cittadini cinesi che sono scesi in piazza a Shenzhen contro la misura contenitiva fra le più rigide. Al grido di “Togliete il lockdown”, la contestazione si è diffusa anche nei distretti di Xinzhou e Huaqiangbei, in seguito alla rilevazione di 10 infetti su una popolazione di oltre 18 milione di abitanti.  

Fra gli altri successi del partito, Xi cita anche la campagna anticorruzione, che ha permesso di eliminare i gravi pericoli latenti all’interno del partito, lo Stato e l’esercito”, l’istituzione di programmi di salute, promettendo un miglioramento del sistema sanitario pubblico, l’avanzamento nelle politiche ambientali, su cui rassicura che il Paese si attiverà per la transizione ecologica e nella lotta contro il cambiamento climatico, per poi parlare di uso pulito ed efficiente del carbone. 

Anche se l’economia cinese ha registrato un boom negli ultimi decenni, a causa del covid e della crisi della guerra russa in Ucraina, il segretario generale ha ribadito anche che “lo sviluppo economico è la priorità”, dichiarando: 

“[La Cina] ha grande resilienza e potenziale. I suoi solidi fondamentali non cambieranno e rimarrà su una traiettoria positiva nel lungo periodo. Saremo risoluti nell’approfondire la riforma e l’apertura su tutta la linea e nel perseguire uno sviluppo di alta qualità”

 

La posizione su Hong Kong e Taiwan

Si è menzionato come da prassi il discorso su Hong Kong e Taiwan: se per il primo si è rivelato molto più stringente, per il secondo ha toccato la questione con una certa prudenza.  

Su Hong Kong ha ribadito che l’amministrazione della regione indipendente ha trovato una stabilità, grazie alla concretizzazione e all’affermarsi di un governo portato avanti da patrioti. Al di fuori di ciò, conferma l’intenzione di reprimere senza sé e senza ma qualsiasi principio di protesta volta a destabilizzare Hong Kong per colpire la Cina.  

Riferendosi alle regioni indipendenti di Macao e Hong Kong, vengono definite dallo stesso Xi Jinping “un Paese, due sistemi” proprio per sottolineare il modello che tiene in rapporto le due città e Pechino.  

Non è dello stesso avviso per Taiwan, il quale si è fermamente opposto, da sempre, affermando che la “riunificazione” di Taiwan alla Cina si farà, impegnandosi in un’operazione pacifica, senza però voler rinunciare all’uso della forza e si riserva di utilizzare “tutti i mezzi” che ha a disposizione. 

Il presidente del Partito democratico di Hong Kong, Wu Chi-wai, mentre viene portato via a forza dal Consiglio legislativo della città. Fonte: ansa.it

L’ex presidente scortato fuori 

Poco prima del voto all’unanimità per il sostegno al segretario generale Xi Jinping, l’ex Presidente della Cina, il suo mandato durato 10 anni dal 2003 al 2013, Hu Jintao viene portato fuori dalla Grande Sala dove si è tenuto il Congresso da due presenti, di cui uno dei due pare sia il vicedirettore dell’Ufficio Generale del Comitato Centrale del Partito. Seduto a sinistra di Xi, viene invitato dapprima a lasciare l’auditorium, per poi prenderlo quasi di forza e fatto scortare fuori. Hu dapprima sembra confuso, chiede anche spiegazioni al premier Li Keqiang, ma dopo una breve conversazioni, l’ex presidente lascia l’aula sotto l’indifferenza di tutti i presenti, tranne che per la reazione di uno dei sette membri del Comitato permanente del Politburo Li Zhanshu, cercando prontamente di aiutare ma viene trattenuto da Wang Huning, altro membro del Comitato. 

Il motivo di questo gesto non è ancora molto chiaro, ma a rompere il silenzio ci pensa il post dal profilo Twitter della testata giornalistica cinese Xinhua, che spiega: 

“Dal momento che non si sentiva bene durante la seduta, il suo staff, per motivi di salute, lo ha accompagnato in una stanza accanto alla sede della riunione per un periodo di riposo. Ora sta molto meglio.”

Victoria Calvo

Banana Yoshimoto ci racconta un legame indissolubile ne “Le strane storie di Fukiage”

 

Banana Yoshimoto ha lo strano potere di trasformare ogni suo racconto in un viaggio intimo,  con un linguaggio semplice ma mai banale che ti lascia quel velo di dolce malinconia– Voto UVM: 4/5

 

La scrittrice giapponese Mahoko Yoshimoto, in arte Banana Yoshimoto, ritorna nello scenario letterario italiano con il nuovo romanzo Le strane storie di Fukiage, pubblicato questo mese da Feltrinelli per la collana I Narratori.

Chi è Banana Yoshimoto

La scrittrice di Tokyo, figlia di uno dei più importanti poeti e critici letterari giapponesi degli anni Sessanta, trova la sua fama in Italia nel 1991 con la traduzione dell’opera Kitchen, edito da Feltrinelli. Da qui, la si vede spesso tra gli autori di Best Sellers grazie a romanzi di un certo spessore introspettivo come NP (1992, Feltrinelli), Le sorelle Donguri (2010, Feltrinelli), Il dolce domani (2020, Feltrinelli).

La storia delle gemelle di Fukiage

Il nuovo romanzo è ambientato a Fukiage, città natale delle due sorelle gemelle eterozigote, Kodachi e Mimi. Seppur simili d’aspetto, caratterialmente sono l’una l’opposto dell’altra, la prima più pacata ed elegante nei modi di fare, la seconda più impulsiva.

Ma un tragico evento segna per sempre la loro vita: a causa di un incidente stradale, il padre muore e la madre entra in uno stato di coma dal quale non si vuole svegliare. 

 “Le strane storie di Fukiage”. copertina. (romanzo di Banana Yoshimoto, 2022, Feltrinelli editore). Fonte: feltrinellieditore.it

Kodachi e Mimi vengono così affidate ancora giovani ad una coppia di presunti parenti della madre, proprietari di un piccolo negozietto artigianale nella stessa Fukiage. Ma l‘accoglienza ricevuta non è delle migliori: la moglie Masami le tratta da sconosciute, quasi infastidita dalla loro presenza in casa.

La voglia di libertà, di cambiare aria, porta le sorelle alla decisione di trasferirsi lontane da casa, a Tokyo, prendendo in affitto un piccolo appartamento accanto all’università che iniziano a frequentare. Il loro unico desiderio è quello di rimanere unite, nonostante le condizioni in cui riversa la madre, che le trascinano in un loop infinito di tristezza e sensi di colpa. 

La vita trascorre tranquilla e questo per Mimi è una vera e propria benedizione, ma non può mai immaginare che l’uscita serale di una qualunque giornata autunnale sarà l’ultima volta in cui vedrà Kodachi. Di lei rimane solo un biglietto che lo zio Kodama trova in casa, dopo aver passato la sera precedente in compagnia della moglie e della nipote. 

Kodachi sembra aver scoperto qualcosa sul coma della madre, ed è molto decisa a rivelarne la verità.

«Sapevo bene che non c’è niente che gli esseri umani temano quanto il riaffiorare di un desiderio cui avevano già rinunciato»

Un viaggio nell’io interiore tra realtà e immaginazione: lo stile unico di Yoshimoto

A differenza di quanto si possa pensare, la narrazione si apre già con la scomparsa della sorella di Mimi, che ci lascia così in sospeso su un filo sottile, in pieno limbo. Cosa sia successo prima lo scopriremo più avanti, in un ritmo incalzante di eventi che si susseguono su una linea temporale ideale. La lettura è scorrevole e molto leggera, con molti flashback che la protagonista rivive in prima persona, lasciandosi travolgere dal sapore amaro del passato.

I riferimenti al folklore giapponese ci portano direttamente nel Paese del Sol Levante, facendoci respirare i profumi avvolgenti dell’antica cultura tradizionale. Impossibile non proiettarsi accanto alla stessa Mimi, che ci tiene per mano durante tutto il suo cammino, fatto di curve pericolose e di salite senza fine: la rappresentazione della crescita personale a cui si fa fronte nel viaggio chiamato “vita”.

Con elementi magici e di fantasia, lo stile di scrittura è quello tipico di Banana Yoshimoto: il linguaggio semplice ma diretto, che ti scava dentro, che mette a nudo le tue debolezze e ti costringe a fare i conti con la realtà circostante. Ma è uno stile anche leggero, senza essere superficiale, in grado di trascinarti all’interno della trama e tenerti incollato per tutto il tempo alle pagine del libro. È un racconto intimo e personale, quasi liberatorio, accarezza l’anima e fa dubitare delle proprie sicurezze.

Narra di sofferenza, di rinascita, del terrore della perdita e dell’amore stesso, di sentimenti contrastanti: li posa davanti ai tuoi occhi come candide fotografie e li esprime con la delicatezza di chi non vuol fare rumore ma sembra volerti segnare dentro.

Per chi vuole intraprendere un viaggio introspettivo, alla ricerca di domande e di risposte, Le strane storie di Fukiage di Banana Yoshimoto è il biglietto di sola andata.

Victoria Calvo