Optimus: il Robot Antropomorfo di Elon Musk

Elon Musk il visionario “pazzo” che non si smentisce mai, in occasione del Tesla AI Day tenutosi il 30 settembre scorso ha presentato Optimus, il robot umanoide che promette di rivoluzionare la vita quotidiana.

 

https://www.hdmotori.it/

Indice dei contenuti

Tesla Bot

Leggi della robotica

Possibili utilizzi

Differenza con Atlas di Boston Dynamics

Futuro

 

Tesla Bot

Optimus, così battezzato dalla casa automobilistica tesla, ha fatto il suo ingresso sul palco simulando un saluto al pubblico. Si è trattato di un primo impatto un po’ rudimentale, visto che è stato trasportato sul palco e non ha fatto l’ingresso in maniera autonoma.
In realtà sono stati presentati due prototipi, Optimus e Bumble-C (Transformers?). Quest’ultimo, realizzato con componenti standard, ha fatto la sua entrata camminando in autonomia ed effettuando una serie di movimenti con le braccia.

https://www.dday.it/

Rappresenta il primo prototipo funzionante realizzato da Tesla che utilizza come software di intelligenza artificiale (AI), una variante del SoC dell’ autopilot installato nelle auto elettriche prodotte dalla medesima azienda, adattata per le nuove esigenze.
Le caratteristiche del robot sono le seguenti: altezza di 173 cm, peso 56,6kg, può trasportare carichi di 20kg camminando alla velocità di 8km/h con autonomia sufficiente per un’intera giornata di lavoro essendo alimentato da una batteria da 2,3KWh a 52Volt con un sistema di raffreddamento a liquido.
Presenta 28 attuatori (articolazioni) che possono piegarsi o girare a seconda del movimento da attuare, il tutto gestito da 12 motori. Presenta inoltre connettività WiFi e LTE per essere sempre connesso e disponibile.
Il punto forte su cui gli ingegneri si sono concentrati è il pollice opponibile per afferrare gli oggetti. Esso permette di compiere movimenti fini, simili a quelli umani.
Inoltre, presentano un meccanismo fisico esterno di spegnimento, per fermarli con un meccanismo di override non aggiornabile attraverso internet in caso di malfunzionamento.

https://insideevs.it/

Leggi della Robotica

Lo sviluppo sempre più imperante di dispositivi utilizzanti AI, impone l’utilizzo di regole per evitare che l’essere umano possa essere messo in pericolo.
Queste regole nella fantascienza sono denominate “leggi di Isaac Asimov“, un insieme di precetti ai quali obbediscono i robot positronici (robot dotati di cervello positronico).

Esse sono:

  • Un robot non può recar danno a un essere umano né può permettere che, a causa del suo mancato intervento, un essere umano riceva danno.
  • Un robot deve obbedire agli ordini impartiti dagli esseri umani, purché tali ordini non vadano in contrasto alla Prima Legge.
  • Un robot deve proteggere la propria esistenza, purché la salvaguardia di essa non contrasti con la Prima o con la Seconda Legge

Lo stesso Ceo di Telsa ha affermato che i robot saranno governati da alcune leggi della robotica impossibili da bypassare, iniziando dall’impossibilità per il bot di fare del male ad un essere umano, facendo riferimento alle suddette leggi.

https://www.isaacasimov.it/

 

Possibili utilizzi

Il lancio dello scorso settembre, è il primo test in diretta reale. Attualmente, secondo i video presentati durante l’evento, il robot è in grado di eseguire compiti semplici come annaffiare piante e trasportare scatole.
Ovviamente il suo utilizzo non si limita a questo. In futuro esso sarà in grado di aiutarci in tutti i compiti giornalieri, grazie all’utilizzo dell’AI autoapprendente, permettendo al robot di adeguarsi ad una serie di impervietà giornaliere. Questo si deve anche ai progressi compiuti in termini di mappatura tridimensionale dell’ambiente, di capacità di labeling (catologazione delle informazioni raccolte) e accuratezza nella capacità di leggere le situazioni e reagire di conseguenza, sviluppati per l’autopilot.

Differenza

Sebbene Optimus sia ancora in fase di sviluppo iniziale e altre concorrenti come Boston Dynamics sono molto più avanti nella progettazione di robot umanoidi, l’entusiasmo deriva dal fatto che Optimus sarà commercializzato su grande scala entro 3-5 anni al modico prezzo di 20000$, stando a quanto afferma Elon Musk (difficilmente le sue previsioni sulle tempistiche si avverano). Ha inoltre ribadito il cambio di direzione di Tesla, da casa automobilistica ad azienda di robotica avanzata. Inoltre, altri robot come Atlas di Boston Dynamics non sono pensati per rendere la vita quotidiana più semplice, ma sono stati progettati per fini bellici, potendo sostituire in futuro la fanteria umana.

https://www.bostondynamics.com/

 

Futuro

Il futuro ci riserverà grandi novità nel campo della robotica.
Optimus in particolare, in base alla roadmap fissata dallo stesso Musk, sarà in grado di sostituire completamente l’essere umano nei lavori manuali più comuni come in agricoltura e nelle fabbriche, abbassando il costo di produzione e apportando maggiore ricchezza in tutto il globo (anche se questo aspetto è molto controverso).
Inoltre l’ibrido uomo-macchina è sempre più vicino!
Grazie ai lavori di Neuralink (azienda sempre dello stesso Elon Musk), sta avanzando la possibilità di permettere l’utilizzo del robot come un’estensione di sé.
Siamo sicuri che sia tutto positivo? Avete dimenticato di Io Robot? È anche vero che l’evoluzione ed il progresso non si possono fermare solamente per paura.

 

Livio Milazzo

Bibliografia

https://www.gqitalia.it/tech/article/robot-elon-musk-flop

https://www.ilpost.it/2022/10/04/robot-optimus-tesla/

https://tech.everyeye.it/notizie/tesla-optimus-come-atlas-boston-dynamics-non-proprio-principali-differenze-612113.html

https://www.focus.it/scienza/scienze/focus-next-30-ibrido-uomo-macchina-e-sempre-piu-vicino

https://insideevs.it/news/613850/tesla-robot-optimus-ai-day/

https://insideevs.it/news/589829/tesla-bot-robot-elon-musk/

https://www.dday.it/redazione/43910/tesla-ha-mostrato-il-primo-prototipo-di-optimus-robot-umanoide-che-costera-meno-di-20000-dollari

Dragon Ball Super – Super Hero è un ritorno al passato

Il film ci lascia un sentimento di freschezza e una speranza di rinascita e redenzione. Dragon Ball è finalmente tornato. Voto UVM: 4/5

 

Dragon Ball Super: Super Hero, arrivato nelle sale italiane il 29 settembre, è un film riuscito. La sensazione che accompagna lo spettatore una volta fuori dalla sala è di aver visto una pellicola che riesce a tenersi in piedi perfettamente. Non mancano i difetti – di cui parleremo – ma i personaggi, la narrazione e lo stile lavorano assieme creando un’ottima sinergia.

Dragon Ball: un ritorno alle origini

L’ultimo film si era concluso con i protagonisti, Goku e Vegeta, che avevano lasciato la Terra per andare su un altro pianeta. E lì sono rimasti, non avendo nessun ruolo all’interno della nuova storia. I veri protagonisti di Dragon Ball Super: Super Hero sono, invece, Piccolo e Gohan. Abbiamo apprezzato particolarmente questo cambio radicale che dà modo a tutti i personaggi di esprimersi. La prima parte è infatti un vero e proprio ”slice of life” in cui vediamo tutti i vari primari e comprimari svolgere la loro normale vita. Gohan torna ad essere uno studioso, Crilin è diventato un poliziotto e Piccolo viene costretto a diventare praticamente lo zietto di Pan, la figlia di Gohan. La dinamica tra questi due ci introduce al film: la piccola è, infatti, il cardine che muove tutte le vicende, spostando il centro della narrazione verso una sfera di eventi più piccola.

Niente grandi minacce per l’universo ma un gradito ritorno dagli albori di Dragon Ball: il Fiocco Rosso. Tornano gli androidi si, ma torna anche il primissimo Dragon Ball, quello spensierato, giocoso e sognante. Gli avversari risultano ridicoli e la loro minaccia piccola, ma tutto ciò aiuta a creare una atmosfera leggera che porta freschezza a tutta la trama ed è una direzione che ci auguriamo venga ancora percorsa.

Una tecnica da perfezionare

Se quindi la leggerezza delle vicende tiene alto l’interesse, in alcuni frangenti, la tecnica del film non è sempre allo stesso livello. La pellicola utilizza una tecnica sperimentale: la CGI adattata allo stile anime e, sia chiaro, sappiamo che in molte produzioni risulta abbozzata e spesso scadente. Ma questo film riesce comunque a rimanere sopra la media: le coreografie degli scontri sono ottime ed il design di quasi tutti i personaggi viene trasposto bene, anche se tutto ciò non esclude comunque evidenti alti e bassi. Non siamo rimasti eccessivamente scottati ma ci auguriamo che se questa è la nuova direzione dell’animazione nipponica la tecnica venga migliorata e perfezionata ancora.

Serve un motivo per diventare più forte?

Finora però non abbiamo parlato di uno degli elementi, forse, più importanti del film. Questa è una pellicola d’azione e l’azione viene portata avanti anche dalle trasformazioni. Come sono allora questi power up?  Diciamolo subito: vengono fuori da un cilindro. Sono deus ex machina chiarissimi, come d’altronde sono sempre stati. Tutto il film ma in particolare questo aspetto non viene preso sul serio neanche per un attimo: sembra quasi che Dragon Ball sia diventato consapevole di se stesso. Non c’è serietà su queste trasformazioni e ciò è un bene.  L’unica pecca sono i design che non brillano: le trasformazioni dell’opera originale vengono ricordate per la loro entrata in scena, per il build up che veniva fatto ed anche per il loro lato puramente visivo. Ci sentiamo di penalizzare un minimo il film sotto questo aspetto, ma la riteniamo un pecca minima che non guasta l’economia generale.

Piccolo in una scena del film. Scritto da Akira Toriyama, diretto da Tetsuro Kodama e prodotto da Toei Animation. Fonte: aiptcomics.com

Tornate al cinema!

Quello che ci è rimasto della pellicola è un sentimento di freschezza e una speranza di rinascita e redenzione. Dragon Ball sembrava ormai destinato a ripetere in eterno le stesse dinamiche ma questo film dimostra il contrario.

In conclusione, quello che ci sentiamo di dire è questo: se siete fan di Dragon Ball non potete perdervi questo film. E se volete una pellicola di animazione spensierata e piena d’azione correte anche voi al cinema. Dragon Ball è finalmente tornato.

 

Matteo Mangano

 

Nobel per la fisica 2022: il segreto della disuguaglianza di Bell

Il Nobel per la Fisica 2022 è stato assegnato a Alain Aspect, John F. Clauser e Anton Zeilinger «per i loro esperimenti con l’entanglement dei fotoni, che hanno permesso di stabilire la violazione delle disuguaglianze di Bell e i lavori pionieristici nella scienza dell’informazione legata alla quantistica».
Se vuoi sapere di più sull’entanglement quantistico, l’abbiamo affrontato in un nostro precedente articolo.

Indice dei contenuti:

  1. Introduzione alla scoperta
  2. Teorema di Bell
  3. Il realismo locale
  4. Storia della scoperta
  5. Conclusioni
Fonte immagine: nobelprize.org

Introduzione alla scoperta

“Sono ancora un po’ scioccato, ma è uno shock molto positivo”, ha detto Zeilinger durante una conferenza stampa.
Tutti e tre i vincitori sono stati premiati per i loro contributi al lavoro sulla meccanica quantistica, che prevedeva esperimenti che utilizzavano fotoni, cioè particelle di luce entangled o connesse in un fenomeno che Albert Einstein ha notoriamente definito “azione spettrale a distanza“.
È stato dimostrato il teletrasporto quantistico per cui le informazioni possono essere trasmesse istantaneamente su distanze infinite.
“Einstein presume che la natura sia costituita da cose, distribuite nello spazio, inclusi frammenti di informazioni e simili. Sembra molto ragionevole. E, in effetti, la relatività generale si basa su questo. Quello che mostrano gli esperimenti è che non è vero”, ha detto Clauser martedì Non è possibile localizzare frammenti di informazioni in un volume piccolo e finito. Quel semplice risultato ha quindi applicazioni che si estendono alla crittografia quantistica e ad altre forme di teoria dell’informazione quantistica“.

Teorema di Bell

Ciascuno dei vincitori ha effettuato un test, nella vita reale, di un teorema matematico proposto per la prima volta dal fisico John Bell nel 1964, chiamato teorema di Bell. Esso tenta di capire se la meccanica quantistica è come il modello della palla da biliardo della meccanica newtoniana, in cui una cosa deve seguirne un’altra su scala locale o se le particelle separate da qualsiasi quantità di spazio possono influenzarsi a vicenda.
Il teorema di Bell mostra che la meccanica quantistica standard non è coerente con il realismo locale. Con ”realismo locale” si intende un principio molto generale che originariamente non si pensava potesse fare previsioni fisiche verificabili. Una parte importante dei suoi risultati è stata la dimostrazione che la disuguaglianza di Bell è implicita nel realismo locale, mentre le previsioni la violano.
Esperimenti come quello di Aspect hanno dimostrato che le disuguaglianze di Bell vengono violate nella realtà, confutando il realismo locale, in un modo coerente con la meccanica quantistica standard.

Il realismo locale

Il realismo locale afferma che ciò che accade in qualsiasi momento può essere direttamente influenzato dallo stato nelle sue immediate vicinanze, qualsiasi effetto a lungo raggio deve essere mediato da particelle o disturbi del campo che viaggiano a velocità (sub)luminali (superiori alla velocità della luce) e che tutto il comportamento sia deterministico.
Se le particelle entangled sono abbastanza distanti da poter eseguire misurazioni su entrambe in modo da garantire che gli eventi di misurazione siano separati da un intervallo simile allo spazio, il realismo locale richiederebbe che le particelle portino abbastanza variabili nascoste per predeterminare il risultato di ciascuna possibile misurazione. Questo perchè qualsiasi effetto di una misurazione non avrebbe il tempo di propagarsi all’altra per rafforzare le osservazioni correlate.

Le previsioni vengono ricavate dall’interpretazione standard a partire dallo stato del sistema ed dalle leggi di evoluzione dello stato casuali e non-locali. Le stesse previsioni non sono compatibili con una visione “realista” e “locale” dell’evoluzione dello stato utilizzato nella interpretazione standard. Si evince che lo stato è incompleto. Deduciamo un completamento dello stato che conduca alle stesse previsioni della interpretazione standard con leggi di evoluzione “realistiche” e “locali”. Alcuni fisici cercarono questo completamento attraverso le variabili nascoste. ©Jacopo Burgio

 

La proposta di Bell prevedeva la misurazione delle proprietà di due particelle entangled in un sistema isolato da qualsiasi altra cosa che potesse influenzare i risultati, come un osservatore che influenza inavvertitamente un partner entangled attraverso la misurazione, per vedere se superano un certo valore, creando una disuguaglianza matematica e dimostrando che gli effetti locali da soli non possono spiegare la meccanica quantistica.

Storia della scoperta

Nel 1972, John F. Clauser e il suo collega Stuart J. Freedman furono i primi a testare la disuguaglianza di Bell, misurando i fotoni entangled che provenivano dalle collisioni di atomi di calcio.
I dati di Clauser e Freedman sembravano violare la disuguaglianza di Bell, il primo esempio nel mondo reale a farlo, con un alto livello di accuratezza statistica. Ciò implica che la meccanica quantistica potrebbe davvero avere effetti non locali. Tuttavia, c’erano alcune scappatoie in questo esperimento che presentavano molte differenze rispetto all’idea originale di Bell.
Nel 1980, Alain Aspect e i suoi colleghi dell’Università di Paris-Saclay in Francia, sono riusciti a misurare nuovamente la disuguaglianza di Bell, con un grado di precisione molto maggiore e con meno dubbi, stimando la polarizzazione (o l’orientamento) di coppie di fotoni.
Il team ha utilizzato un dispositivo di commutazione casuale per decidere quale fotone misurare prima che venissero raggiunti i rivelatori. Ciò escludeva la possibilità che un osservatore avesse un effetto, come alcuni critici avevano pensato potesse verificarsi nell’esperimento di Clauser. Molti fisici ritenevano che le misurazioni di Aspect mettessero a tacere l’idea che la meccanica quantistica avesse azione locale.
Nel 1989, Anton Zeilinger dell’Università di Vienna e i suoi colleghi, hanno ampliato la disuguaglianza di Bell oltre due sole particelle entangled a uno stato di tre o più particelle entangled chiamato stato GHZ. Ciò costituisce un pilastro fondamentale per molte tecnologie quantistiche, incluso il calcolo quantistico, che può utilizzare gli stati GHZ per creare bit quantistici o qubit.

Conclusioni

Il fisico teorico Thors Hans Hansson e membro del Comitato Nobel per la fisica, durante la conferenza stampa, ha dichiarato: “Volevamo tornare indietro e onorare le persone che hanno gettato le basi per quella che sarebbe diventata [la scienza dell’informazione quantistica]”.
La teoria quantistica può essere strana e notoriamente astrusa, ma è fondamentale per la fisica moderna.
“Gli esperimenti pionieristicici hanno mostrato che lo strano mondo dell’entanglement e delle coppie di Bell non è solo il micromondo degli atomi , e certamente non il mondo virtuale della fantascienza o del misticismo, ma è il mondo reale in cui tutti viviamo”.

 

Gabriele Galletta

 

 

Bibliografia

https://www.nobelprize.org/prizes/physics/2022/popular-information/

Blonde: tra Norma Jeane e Marilyn Monroe

Un film che mette a nudo tutte le fragilità di Marilyn Monroe. Voto UVM: 5/5

 

Ricordo quando da bambina vidi per la prima volta una foto in bianco e nero in cui era ritratta Marilyn Monroe, rimanendo affascinata da quella donna, così bella ed elegante. Il mio pensiero fu: “non vedo l’ora di crescere, di vestirmi e di truccarmi come lei”. Ora sono una giovane donna ma cerco ancora in qualche modo di imitare quel mito tanto amato, non tanto per ricopiarne la bellezza quanto l’interiorità, ancora oggi nascosta ai nostri occhi.

In molti l’hanno definita come “la bionda stupida”, etichettandola con le famose misure 90-60-90. Ma Marilyn, anzi Norma Jeane, era una persona sola, alla costante ricerca dell’approvazione altrui. Voleva sentirsi desiderata e protetta, per questo scelse la carriera di attrice, quel lavoro in cui si è costantemente amati. Non confondete questo suo desiderio con l’egocentrismo, quest’ultimo porta l’individuo a vedere davanti solo se stesso. Vedrete, invece, in Norma Jeane una persona che per la proprie insicurezze è andata a rifugiarsi in Marilyn. Il film però ci fa capire come Norma odiasse quelle attenzioni, le detestava, perché tutti la vedevano solo e unicamente come un oggetto sessuale.

“Oh Daddy, quella cosa sullo schermo non sono io”

 

Ana De Armas (Norma Jeane/ Marilyn Monroe) in una scena del Film. Distribuzione: Netflix. Fonte: Consequence

Blonde (2022)

Blonde è un film del 2022, scritto e  diretto dal regista australiano Andrew Dominik. La pellicola, tratta dal romanzo della scrittrice Statunitense Joyce Carol Oates, ritrae la vita di Marilyn Monroe, la diva per eccellenza, interpretata dalla talentuosa Ana De Armas. Durante la visione però non vedremo la “donna più bella del mondo” ma Norma Jeane, colei che si rifugiò in Marilyn.

L’autrice del libro ha riscritto Marilyn tra realtà e finzione, mettendo a nudo le emozioni della diva e in particolare la sua disperazione. Joyce è rimasta affascinata dal Blonde, queste le sue parole:

Ho visto il primo montaggio dell’adattamento di Andrew Dominik ed è sorprendente, geniale, molto inquietante, e cosa forse ancora più sorprendente, è un’interpretazione completamente “femminista”…non credo che un altro regista abbia mai ottenuto qualcosa del genere”.

La scrittrice ha proprio ragione, Blonde è stato un film non facile da mettere in scena. Il regista ci ha messo ben 11 anni, tra copioni, attori e set. Tutto doveva essere perfetto per reincarnare la “bionda”.

Tra i colori e le ombre di Marilyn e Norma

Il film ha due realtà, quella dei colori e del bianco e nero. Dominik gioca con le luci e le ombre per rappresentare egregiamente il dualismo tra Marilyn e Norma Jeane. Da una lato abbiamo quella finzione creata da Hollywood e dall’altro lato abbiamo invece la disperata realtà che l’attrice viveva. Non è comunque per nulla semplice, quando il film cambia colori, distinguere la realtà dalla finzione. Il regista osa e amalgama il tutto, creando quel dualismo che pian piano va esso stesso ad annullarsi.

 

Ana De Armas (Norma Jeane/ Marilyn) in una scena del film. Fonte: actitudefilm

 

Una vita segnata dalle violenze e da quel lavoro che l’ha resa un’icona, – ottenuto con una vile molestia sessuale – facendola ricordare come una semplice “Bambolina Bionda”, perché ritenuta troppo stupida per ruoli più seri. Nella pellicola vediamo una scena in cui Norma dice di aver letto Dostoevskij e la risposta che si sente dare è: “ah perché tu leggi Dostoevskij?”.

Marilyn e l’amore

“Voglio studiare recitazione, ma recitazione vera. Ma soprattutto, io voglio sistemarmi, come ogni ragazza, e avere una famiglia”

Abbiamo sempre immaginato Marilyn Monroe come una donna forte e indipendente, in fondo lei stessa è cresciuta senza genitori, si è fatta strada da sola. Nel suo viso vedevamo uno sguardo dolce e sensuale, col suo sorriso riusciva a mascherare quella malinconia che l’ha strappata alla vita. Marilyn era una giovane donna, bisognosa d’affetto, che ricercava in quelle svariate storie d’amore un sostegno, quello che non ebbe durante la sua infanzia e adolescenza. Sopportando persino la violenza domestica, accettando delle volte solo l’amore carnale, per sentirsi desiderata e amata anche per un secondo. E di ciò lei era consapevole ma la sua fragilità la costringeva a compiere scelte non giuste verso se stessa.

Nel film vengono presentati i grandi amori di Norma/Marilyn, come Arthur Miller (Adrien Brody), Joe DiMaggio (Bobby Cannavale), e il Presidente John F. Kennedy. Facendoci notare come Norma cercasse di aggrapparsi ad ognuno di loro.

 

Ana De Armas (Norma Jeane/ Marilyn) e Adrien Boy (Arthur Miller) in una scena del film. Fonte: cinema.everyeye.it

 

Chi era Norma Jeane?

Se non fosse Marilyn, chi sarebbe?

Norma Jeane nasce il 1 Giugno del lontano 1926, figlia di una madre mentalmente instabile e di un padre di cui non seppe mai il nome. Norma passò la sua infanzia e adolescenza in varie famiglie, dato che la madre fu dichiarata come “malata di mente”, e quindi incapace di crescere una figlia. Tutto ciò finì per scombussolare Norma. Ve la ricordate la voce nei film di Marilyn? Quella che sembrava un sussurro mischiato col sospiro? Norma Jeane era in realtà costretta ad utilizzare quell’intonazione, difatti, soffriva di balbuzie e il logopedista le aveva consigliato di parlare in quel modo. La vita di Norma fu costellata di abusi e violenze. Norma si rifugiò in Marilyn, si creò un personaggio da tutti amato e desiderato, con lei ottenne quell’amore che non ebbe mai. Marilyn era quella amata, non Norma Jeane.

 

Ana De Armas (Norma Jeane/ Marilyn) in una scena del film. Fonte: news9live

 

Blonde rappresenta la sofferenza e la fragilità di ogni essere umano. Chiunque dovrebbe vedere quest’opera cinematografica e non solo per la magnifica interpretazione di ogni singolo attore. Blonde è un lungometraggio che entra dentro l’animo di ogni spettatore, una piccola perla che mostra la parte più nascosta e fragile di Norma Jeane/Marilyn Monroe, e non “la donna più bella del mondo”. Ci mostra il suo fascino e tutto il suo dolore, proprio quello che  l’industria cinematografica, tra strass e perline, ha voluto sempre tenere nascosto.

Alessia Orsa

Tutte le novità per l’A. A. 2022/2023

Tante novità riguarderanno il nuovo Anno Accademico di UniMe, ve ne segnaliamo alcune tra le più utili per la ripartenza.

Lezioni, tirocini ed attività di laboratorio

Le lezioni, i tirocini e le attività di laboratorio si svolgeranno esclusivamente in presenza. Tuttavia, si ricorda, che la classe di Microsoft Teams di ogni insegnamento rimarrà attiva per tutte le esigenze quali la condivisione di materiale didattico e i ricevimenti.

N.B. Gli studenti provenienti da Paesi extra UE, fino al 31 dicembre 2022, potranno usufruire della modalità blended.

Esami di profitto e sedute di laurea

Gli esami di profitto e le sedute di laurea si svolgeranno esclusivamente in presenza.

Ricevimento studenti e seminari

Le attività di ricevimento potranno svolgersi sia in presenza che da remoto, previo accordo tra studente e docente.

I seminari si svolgeranno in presenza.

Riunioni degli organi collegiali

Le sedute degli organi collegiali avranno luogo in presenza.

Le disposizioni da osservare

  • Docenti e studenti fragili dovranno indossare in aula la mascherina FFP2;
  • Necessità di effettuare ricambi di aria nelle aule durante le attività;
  • Gli studenti che hanno in corso il Covid19 non potranno avere accesso alle aule.

N.B. Queste disposizioni possono essere variate da UniMe in caso di differenti direttive provenienti dai Ministeri competenti e dalle autorità nazionali e locali.

Gli studenti fragili secondo il D.L. n. 52/2022  potranno richiedere di frequentare le lezioni da remoto, previa richiesta entro il 31 dicembre ai Coordinatori del CdS di appartenenza.

Ilenia Rocca

Ca’Food – L’eccellenza dello street food nebroideo

Nell’incantevole provincia di Messina, alle pendici dei Nebrodi, si trova lo splendido borgo di San Piero Patti, un paese ricco di storia, cultura e soprattutto di buon cibo.

San Piero Patti, con una commixtio tra l’antico e il moderno, ci racconta l’incessante scorrere dell’epoche e delle culture degli uomini: dalla dominazione araba del IX secolo con il suo suggestivo quartiere arabo, al barocco settecentesco delle chiese S.Maria Assunta e S.Pancrazio, dal rinascimentale convento e chiesa della Madonna del Carmelo fino all’arte contemporanea dei maestri locali; una miriade di tesori perscrutabili per le vie cittadine.

Ed è proprio qui, che da qualche anno, grazie all’ingegno di un gruppo di giovani amici, nasce una manifestazione che diventa una rappresentazione umana, storica, sociale, emotiva e artistica. Dove il cibo non è mai solo qualcosa con cui nutrirsi e sostenersi, ma è strumento di comunicazione sociale attraverso il quale la nostra vera natura si manifesta, spesso con lo stupore di chi la scopre per la prima volta.

L’evento di cui stiamo parlando è il “Ca Food”, che già dal nome ci rimanda all’espressione prettamente sicula del cafuddàre e che ci fa capire a cosa andiamo incontro, ovvero, al mangiare oltre la sazietà.

Una manifestazione lanciata nel 2017 e che quest’anno raggiunge la sua IV edizione, una sintesi di un’idea grande e complessa con un obiettivo ambizioso: comunicare il patrimonio culturale raccontandolo tramite i prodotti del territorio, il lavoro e la fantasia dei protagonisti dell’evento. Dopo la prima edizione Ca’Food si presenta come un marchio legalmente registrato e riconosciuto e dalla cui riuscita è nata l’Associazione Ca’Sud.

 

I ragazzi dell’Associazione Ca’Sud  (fonte: Associazione Ca’Sud) 

Lasciamo la parola a Valeria Cannizzo, Valeria Paolillo e a Marco Cannizzo in qualità di membri del direttivo dell’Associazione Ca’Sud, a nome di tutto il gruppo e ci racconteranno la storia e i retroscena della manifestazione più attesa di San Piero Patti.

 

Il Ca’Food fin dal nome ha qualcosa di particolare, qual è la storia della nascita di questo evento?

Ci hanno chiesto più volte come nasce Ca’Food e dietro a questa domanda c’è una storia molto simpatica. Qualche anno fa siamo andati a fare un giro ad un evento di street food in una grande città del nord Italia dove, tra le altre cose, c’erano prodotti siciliani. Presi dalla nostalgia abbiamo assaggiato un arancino: 5 euro per una palla di riso che ricordava vagamente un arancino.

Quindi noi di Ca’Food nati e cresciuti a San Piero Patti, in un contesto dove il cibo è abbastanza economico ma di qualità molto alta, ci siamo chiesti “perchè non sfruttare il potenziale del nostro paese e della zona dei Nebrodi con l’obbiettivo di esaltarlo agli occhi dei sanpietrini e farlo conoscere ai visitatori che vengono da fuori?”. Da questa consapevolezza, da questo piccolo accaduto e da una grande voglia di fare qualcosa per San Piero, di stare insieme e di creare con un gruppo di ragazzi che vivono tutto l’anno fuori dalla Sicilia, qualcosa di bello che unisca le persone nel cibo che è uno degli elementi di convivialità per antonomasia, che metta insieme l’amore per il proprio paese e le proprie radici culturali, sociali, linguistiche e gastronomiche; da questi punti fondamentali nasce il Ca’Food. 

Da qui poi il coinvolgimento dei commercianti e dei ristoratori; agli agriturismi e ai bar viene chiesta la loro specialità e ciò che cucinerebbero se avessero a cena degli invitati molto speciali, in pratica qualcosa che riesca a stupirli e lasciarli un bel ricordo, un sapore speciali che rappresenti appunto, la zona dei Nebrodi. E in aggiunta, le specialità locali, quali la ricotta infornata, i formaggi, i dolci alla nocciola, tutte le ricette che i nonni ci hanno tramandato sono da sempre i veri protagonisti del Ca’Food.

 

Scritta Ca’Food come decorazione urbana (fonte: Associazione Ca’Sud)

Sin dalla prima edizione avete fatto numeri da record, vi aspettavate tutto questo successo?

Come spesso succede quando un’iniziativa è appena iniziata, è difficile fare previsioni. Non ci aspettavamo questo successo, soprattutto il primo anno. Era del tutto a scatola chiusa e si prefiggeva l’obiettivo di coinvolgere prettamente ed esclusivamente le persone del paese di San Piero Patti. Anche qui c’è stata una situazione molto simpatica, perché al leggere il nome Ca’Food tutte le persone che vedevano all’inizio la locandina ci chiedevano “ma che significa questa parola Ca’Food?” (“cafuddare” in siciliano significa mangiare tanto oppure dare tanto di qualcosa) e abbiamo creato questo gioco di parole con Ca’ (che in siciliano significa “qui”) e “Food” (dall’ inglese che significa cibo) per dire “Qui c’è cibo e si mangia tanto”.  Quindi, il primo anno si è creata tutta questa hype, questa curiosità nei confronti dell’evento di cui non avevamo previsione di nulla, potevano venire 50 persone o 200, ma alla fine ne sono venute più di 1000. L’unico ricordo che abbiamo è di una piazza semideserta alle 7 del pomeriggio e di un paese saccheggiato alle 21:30 dove era finito anche il cibo; nessuno aveva previsto che più di 1000 persone avrebbero avuto voglia e desiderio di mangiare quello che avevamo preparato. Non ci aspettavamo il grande successo della prima edizione e neanche la grandissima crescita che ha avuto l’evento in sole tre edizioni. L’ultima edizione ha visto circa 8.000 presenze, un risultato straordinario che ci riempie di orgoglio e che ci spinge a fare sempre meglio

 

 

Intrattenimento musicale per le vie cittadine (fonte: Associazione Ca’Sud)

 

Se doveste riassumere in poche parole gli ingredienti essenziali che hanno reso il Ca’Food la manifestazione di successo quale è oggi, quali sarebbero?

Due elementi soprattutto; in primis le diverse professionalità e competenze che tutti quanti i soci hanno messo a disposizione dell’evento. Dagli allestitori, ai volontari, da chi si è occupato della comunicazione a chi sbriga l’enormità di pratiche burocratiche.

Ca’Food è un grande sforzo di organizzazione collettiva che proviamo costantemente a migliorare.

 Il secondo elemento è il grande impegno e l’amore che i volontari e i soci di Ca’sud, le attività commerciali e i cittadini di San Piero hanno messo perché Ca’Food fosse sempre migliore e sempre più bello per chi viene a scoprire San Piero. Ca’Food anche se esiste solo da pochi anni è diventato un punto di riferimento per tutta la Comunità sampietrina e questo è sicuramente il risultato di cui tutti noi andiamo più fieri. 

Varie decorazioni e attività presenti al Ca’Food (fonte: Associazione Ca’Sud)

 

Questa è la prima edizione dopo la pandemia, Cosa c’è da aspettarsi quest’anno?

Quest’anno ci aspettiamo probabilmente ancora di più, il fatto che ci sia più voglia di uscire di incontrarsi e di stare insieme ci spinge a fare meglio, per questo stiamo lavorando a un evento che nello spirito del Ca’Food punti a comunicare il territorio attraverso la cucina siciliana, i prodotti del territorio e lo spirito di accoglienza della comunità sampietrina. Saranno tante le novità che riguardano sia il culinario con le nuove specialità in vendita, sia logistiche con la prenotazione su event-bride dei tokens per l’acquisto dei piatti, sia artistiche con ancora più musica e installazioni nelle vie del circuito delle specialità.

Novità che si vanno ad aggiungere alla struttura del Ca’Food che, come al solito, prevede laboratori per bambini, performance artistiche e musicali che animeranno la Piazza Duomo e le vie del centro. Sarà presente un itinerario gastronomico a più tappe presenziate da ristoratori, pasticceri e commercianti locali, che prepareranno per l’occasione il miglior cibo da strada che il nostro territorio offre, con particolare riguardo all’utilizzo di prodotti biologici e a km zero.

I ragazzi del Ca’Food nel salutare tutti voi lettori di UniversoMe, vi lanciano il loro invito:

Dopo due anni di pandemia e di stop agli eventi, siamo tutti impazienti di rivederci in piazza e di accogliervi nel nostro piccolo mondo Ca’Food, fatto di cibo, musica, allegria e stare insieme a cuor leggero e a pancia piena! Vi aspettiamo!

 Gaetano Aspa

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MCU fase 4: ancora tanta confusione

Sin dall’inizio della fase quattro si è percepito un alone di confusione e di astrazione tale da non dare allo spettatore alcuna idea di quello che è, e che dovrebbe essere, la nuova Saga del Multiverso dei Marvel Studios. Thor e Miss Marvel, ultimi due prodotti della casa delle idee, non sono riusciti, infatti, a dare una svolta a questa quarta fase.

Thor: Love and Thunder

La nuova pellicola di Taika Waititi incentrata sul dio del tuono era indubbiamente una delle più attese della nuova fase cinematografica Marvel (insieme a Spider-Man No Way Home), che però, mantenendo lo stesso tono comico del capitolo precedente ha continuato a tenere divisi sia pubblico che critica.

La storia del figlio di Odino inizia dalla fine di Avengers Endgame. Thor si imbarca con i Guardiani della Galassia alla ricerca di qualcosa di cui neanche lui è certo, e che lo porterà a recuperare la forma fisica e soprattutto la fiducia in sé stesso, nonostante continui ad avvertire nella sua vita la mancanza di qualcosa: l’amore.

Poster del film “Thor: Love and Thunder” (Marvel Studios). Fonte: fumettologica.it

 

La nuova pellicola sul dio del tuono incarna il regista al 100%. Comicità esagerata e messinscena spettacolare ed esuberante, vanno però a cozzare con il materiale d’origine: la run di Jason Aaron. Senza dubbio la migliore run mai fatta su Thor, intrisa di epicità, crescita e soprattutto umanità. Caratteristiche trasposte all’interno del film ma non con l’impatto che avrebbero meritato.

Il ritorno di Natalie Portman nei panni di Jane Foster (la quale diviene La Potente Thor) ha un sapore agrodolce in quanto tutto il suo percorso nei “sia umani che divini” viene tagliato con l’accetta e non riesce a coinvolgere lo spettatore per come dovrebbe. Chris Hemsworth è invece sempre più calato nella nuova piega presa dal suo personaggio, trovandosi sempre più a suo agio rispetto ai due film iniziali.

Personaggio maggiormente di spicco è sicuramente il Gorr di Christian Bale, che interpreta alla perfezione il ruolo del macellatore di dei, riuscendo ad essere spaventoso ed imponente nei momenti giusti e a rendere le sue scene le migliori del film. Menzione d’onore va al penultimo combattimento nel mondo in bianco e nero di Gorr, dove solamente le armi divine mantengono le proprie colorazioni e danno vita ad un contrasto impattante e ben congeniato!

Ms. Marvel

L’ultima serie tv atterrata su Disney+ ha come protagonista Kamala Khan (Iman Vellani), una giovane ragazza figlia di immigrati pakistani trasferitisi in America in cerca di una vita migliore. Il personaggio di Kamala viene introdotto con una sequenza originale e molto ben architettata di doodle, che compaiono sullo schermo man mano che si alternano le scene e i vari punti che contraddistinguono Jersey City.

La narrazione mantiene un passo concreto nella prima metà della storia, presentando personaggi, le cui interazioni l’uno con l’altro risultano essere l’elemento più riuscito dell’intera produzione. Narrazione che rimanderebbe ad un classico teen-drama con delle venature politiche attualissime.

Poster della miniserie “Ms. Marvel” (Marvel Studios). Fonte: serialminds.com

 

E’ però nella seconda metà che la serie subisce un tonfo nella sceneggiatura. Il cambio di ambientazione è affascinante ma risulta vittima del classici problemi che hanno afflitto le serie Marvel nell’ultimo periodo: la pigrizia e la fretta. Avvenimenti sconnessi e con poco senso, clichè che rendono alcune scene davvero noiose e prevedibili e una CGI non sempre nel pieno della forma. Insomma, una nuova serie riuscita a metà con tante idee interessanti ma sviluppate non proprio nel migliore dei modi.

In conclusione, questa parte finale della fase 4 (ancora in attesa di She-Hulk e Black Panther: Wakanda Forever) continua a convincere a metà senza mai centrare un punto che dia allo spettatore una visione d’insieme per questa nuova maxi saga.

 

Giuseppe Catanzaro

Marcello come here!

“Marcello è un magnifico attore. Ma è soprattutto un uomo di una bontà incantevole, di una generosità spaventosa. Troppo leale per l’ambiente in cui vive. Gli manca la corazza, certi pescicagnacci che conosco io, sono pronti a mandarselo giù in un boccone”. (Federico Fellini)

Perché parlare proprio oggi di Marcello Mastroianni? Non è il suo compleanno, ma semplicemente i miti non muoiono mai, dopo anni il loro nome ancora riecheggia, perché Marcello era un attore vero, non costruito. Con i suoi film torniamo indietro nel tempo, a quell’Italia in bianco e nero dove vedevi una coppia di innamorati, trasportati dalle due ruote di una vespa che sfrecciava nei vicoli e nelle strade del bel paese.

Marcello e le maschere

Marcello viene considerato come uno tra i maggiori artisti di sempre. Non solo in Italia, ma anche all’estero molti registi lo volevano con sé. Nella maggior parte dei film a cui ha preso parte, ha sempre ricoperto ruoli da protagonista, ha lavorato con cineasti i cui i nomi sono leggenda, tra cui il mitico Federico Fellini. Ha recitato con la bellissima Sophia Loren, Alberto Sordi, Vittorio Gassman, Nino Manfredi e Ugo Tognazzi. Attore molto versatile, ha indossato mille volti, dai ruoli drammatici fino ad arrivare a quelli comici.

Per tre volte è stato candidato all’Oscar, senza mai portarsi a casa l’ambita statuetta, ma in compenso ha vinto numerosi premi: due Golden Globe, otto Nastri D’argento ( di cui uno postumo), due Premi BAFTA, otto David di Donatello, cinque Globi d’oro e un Ciak d’oro. Nel 1990 ha vinto il Leone D’oro alla Carriera. Insomma il suo talento è stato riconosciuto, (anche se il genio non viene consacrato da un premio ma da ciò che un artista lascia ai posteri e Marcello ha trionfato in pieno).

Marcello Mastroianni in una scena de “La Dolce Vita”. Fonte: Cineriz

Marcello comincia a incamminarsi verso il mondo del cinema dopo la fine della seconda guerra mondiale, quando inizia a prendere lezioni di recitazione e nel 1948 fa il suo debutto nel film I Miserabili tratto dal romanzo di Victorio Hugo, diretto da Riccardo Freda. Pian piano comincia a interpretare piccoli ruoli teatrali in compagnie di dilettanti, facendosi notare da Luchino Visconti, che gli offre il primo ruolo importante in “Rosalinda o Come vi piace”. Da lì in poi l’ascesa del nostro protagonista non conoscerà mai la parola fine.

Sono tanti e sono troppi i film di Marcello memorabili: oggi avrei voluto parlare di almeno due pellicole che sono entrate nel mio cuore, due opere che racchiudono non dialoghi, ma vere e proprie poesie, ma ci vorrebbe un articolo a parte …

La Dolce Vita (1960)

“Vorrei vivere in una città nuova, e non incontrare più nessuno”

Piccolo tesoro del cinema mondiale, La Dolce Vita è un film diretto e scritto da Federico Fellini e considerato uno dei suoi più grandi capolavori. Ha ottenuto quattro candidature agli Oscar vincendone una, nonché la Palma d’oro al 13º Festival di Cannes. Il titolo del film rappresenta il periodo storico di fine anni ’50 e inizio ’60 e racchiude tutte quelle vite mondane sbocciate in quell’era, tra champagne e hotel lussuosi.

In quelle stanze scintillanti troviamo Marcello Rubini (Marcello Mastroianni) giornalista di cronaca mondana, il cui sogno però è quello di diventare un romanziere, stanco di quella vita costruita in cui l’immagine viene prima di ogni cosa.

“A me invece Roma piace moltissimo: è una specie di giungla, tiepida, tranquilla, dove ci si può nascondere bene.”

 

Marcello Mastroianni in “La Dolce Vita”. Fonte: Cineriz

Il nostro protagonista non è così, è un artista, quindi una persona che vede il mondo con occhi diversi. Il suo lavoro l’ha portato a vivere quella vita di eccessi che tanto detesta.

Marcello Rubini è fidanzato e convive con Emma (Yvonne Furneaux), ma la sua natura da “don Giovanni” lo fa passare da una donna all’altra, poi c’è Maddalena (Anouk Aimée), una donna che ama, ma con cui vuole solo un rapporto carnale. Con l’arrivo della bellissima Sylvia (Anita Ekberg), una celebre attrice americana, il nostro giornalista comincerà a provare emozioni nuove.

“Sylvia ma chi sei?”

Lei sembra la salvezza per il nostro Marcello. Quella scena che tanto amiamo della Fontana di Trevi, nient’altro rappresenta che l’illusione di una cambiamento per il protagonista che ormai odia quella vita mondana che Fellini ha messo in scena. Con Sylvia vorrebbe una storia d’amore ma non ci riesce, non si impegnerà nemmeno con Emma e Maddalena, illudendole e trattandole come meri oggetti, come gli ha insegnato la vita da “giornalista mondano”.

“Marcello, come here, hurry up”

Il declino dell’uomo contemporaneo ne La Dolce Vita

Come ci insegna Fellini, la dolce vita non può essere eterna, e quel vuoto che attanaglia Marcello rimarrà ancorato ad esso, nei suoi occhi spenti che vediamo alla fine del film. Lo spettatore quasi si arrabbia con Marcello, perché è un uomo che non si impegna e si abbandona a quella vita che dolce non è, arrendendosi a quell’esistenza che disprezza tanto, ma che, allo stesso tempo, non riesce a lasciare: una realtà fatta di donne, tradimenti e materialismo. Fellini, in tre ore di film, riesce a mostrare la decadenza dell’essere umano contemporaneo che tutto ha, ma per inerzia non fa niente per cambiare e migliorare la realtà.

Marcello (Marcello Mastroianni) e Sylvia (Anita Ekberg) nella celebre scena della fontana. Fonte: Cineriz

Che cos’è il Cinema se non l’arte di raffigurare il vero? Cos’è la recitazione se non il modo di mettere a nudo le emozioni umane? Chi sei tu Marcello? Che hai reso grande il nostro paese con il talento e la bontà, che abbiamo visto nei tuoi lavori? E dimmi, Marcello, ti sei mai rivisto in qualche tuo personaggio, ti sei mai rispecchiato in Guido Anselmi o in Domenico Soriano? Te ne sei andato via troppo presto, a soli 72 anni, ma purtroppo – si sa – non tutte le leggende vivono fino ai 100 anni.

“Marcello ritorna da noi!” Il cinema non è più lo stesso senza di te, il perfetto gentleman che ha rubato il cuore di milioni di italiane e che il talento ha consacrato come uno dei migliori attori che la cinepresa abbia mai inquadrato.

Alessia Orsa

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Robot Melma: il nuovo materiale dalle proprietà innovative

Dalla Cina arriva il Robot Melma che promette di rivoluzionare la biomedicina attraverso l’utilizzo di un nuovo materiale. La nuova scoperta promette applicazioni in aree del corpo difficili da raggiungere e, di conseguenza, un notevole salto avanti nella ricerca medica e non solo.

Fonte: bgr.com

Indice dei contenuti

Cos’è e da cosa è costituito?

Come funziona

Possibili utilizzi

Quali sono i progetti e gli utilizzi futuri?

 

Cos’è e da cosa è costituito?

Dallo studio portato avanti dal Prof. Li Zhang e colleghi dell’Università cinese di Hong Kong, nasce un “robot morbido“, simile a uno slime, in grado di superare i limiti dei predecessori. Gli studiosi, previa considerazione e studio di progetti esistenti per verificare i limiti di molecole simili (esistevano già robot elastici in grado di manipolare oggetti e robot a base di fluidi  per di navigare in spazi ristretti), hanno creato uno slime con proprietà miste. Lo strumento è composto da particelle magnetiche al neodimio mescolate con borace e alcol polivinilico, un aggregato con proprietà viscoelastiche che si comporta come un liquido o un solido a seconda della forza che gli viene applicata (un tipico fluido newtoniano).

Come funziona

Lo slime viene controllato da magneti esterni che sfruttando le forze elettromagnetiche (forza che un corpo esercita su un altro a causa della presenza di cariche elettriche), generano un campo magnetico determinando così i suoi movimenti, potendosi allungare, accorciare e attorcigliare su se stesso.

Fonte: corriere.it

Utilizzi

Permette di inglobare e recuperare piccoli oggetti penetrati erroneamente nel corpo umano essendo in grado di attraversare canali superiori a 1.5mm di diametro. Infatti il team lo ha testato in vari scenari, come l’incapsulamento di una batteria in un modello di stomaco e, più in generale, la compressione e il movimento attraverso fessure di dimensioni millimetriche.
È anche un buon conduttore elettrico, per questo potrebbe essere utilizzato per “saldare” due terminali che si sono staccati, raggiungendoli all’interno dello strumento.

Fonte: www.smartworld.it

Quali sono i progetti e gli utilizzi futuri?

Il prototipo realizzato risulta al momento essere tossico a causa delle particelle ferromagnetiche. Tuttavia i ricercatori stanno già lavorando sulla versione 2.0 provando a ricoprirlo con uno strato protettivo di silice per isolarlo. Gli utilizzi futuri riguarderanno sia la biomedicina (rimozione di corpi estranei, trasporto di farmaci nel tratto gastrointestinale nel sito specifico) ma anche la tecnologia del futuro (riparazione di componenti elettroniche).
In futuro il team della CUHK prevede di voler cambiare il colore del loro robot, rendendolo più vivace e riconoscibile.

Livio Milazzo

Bibliografia

L’incredibile robot di «slime magnetico» che si muoverà dentro il corpo umano per recuperare oggetti- Corriere.it

Sembra Venom, ma è un robot fatto di melma magnetica che potrebbe salvarti la vita – greenMe

La melma cinese che può salvare la vita: afferra oggetti e guarisce da sola. Ecco come funziona (leggo.it)

La “melma magnetica robot” che potrebbe aiutare a recuperare gli oggetti inghiottiti | SmartWorld

“Mare Mosso”. Un noir mediterraneo per gli amanti del mare

 

Una storia vera di mare, d’amore e mistero. L’ideale per una lettura estiva – Voto UVM: 5/5

 

Dopo il romanzo d’esordio L’attimo prima, uscito nel 2019 per Rizzoli, Francesco Musolino ritorna con Mare Mosso, edito per e/o. Raccontare una storia di mare non è sempre un’operazione semplice. Per farlo bisognerebbe prendere il largo (non solo metaforicamente). Eppure, l’autore è riuscito perfettamente a costruire l’atmosfera, studiando ogni dettaglio possibile da inserire nella storia e la lingua da utilizzare, ponendo al centro della narrazione il mare in tempesta dove un gruppo di marinai tenta in tutti i modi di portare a termine un’ardua missione di salvataggio che si infittisce di mistero.

Prima di entrare nel dettaglio della trama, è doveroso parlare in breve dello scrittore messinese.

Conosciamo lo scrittore

Francesco Musolino ( che abbiamo avuto modo di conoscere personalmente in quest’occasione!) nasce a Messina nel 1981. E’ laureato in Scienze Politiche e oggi è giornalista culturale per conto di diverse testate, tra cui L’EspressoLa Stampa.  Nel 2014 fonda il progetto no-profit di lettura @Stoleggendo per costruire una rete di rapporti su Twitter tra librai, scrittori ed editori con lo scopo principale di creare un canale concreto per la lettura di qualsiasi testo con la partecipazione simultanea dei lavoratori dell’editoria.

Lo scrittore Francesco Musolino. © Sofia Ruello

Oltre ai romanzi citati, l’autore ha pubblicato nel 2019 un saggio interessante dal nome Le incredibili curiosità della Sicilia per la casa editrice Newton Compton, il quale esplora le caratteristiche tipiche delle città siciliane e della nostra cultura. E’ inoltre anche docente di scrittura creativa presso la Scuola Holden di Torino.

L’impresa da compiere

La storia è incentrata su un salvataggio a largo della costa sarda – precisamente nella “golfatina di Santa Caterina di Pittinuri”- avvenuto la notte del 24 dicembre 1981. L’obiettivo è recuperare una nave cargo turca chiamata Izmir. È una nave imponente, quasi impossibile da trainare fino al porto, al punto tale da gettare nello sconforto i personaggi che accompagnano il protagonista, Achille Vitale, in questa impresa.

Il motivo per cui si ritrovano in mare è per via degli interessi di un uomo misterioso, Mr. K, interessato a recuperare il carico della nave. All’inizio i marinai pensano che essa contenga solo tonnellate di pesce, ma successivamente saranno costretti a ricredersi. È proprio in quel momento che prendono vita le ombre del giallo, grazie a un climax ascendente fornito da un io narrante mai ripetitivo, che non lascia alcun buco nella trama. In virtù di ciò, la storia si alterna tra l’azione dinamica e l’introspezione dei personaggi, grazie anche all’uso ben calibrato dei flashback.

L’animo forte e sensibile di Achille

Il protagonista è abituato a intraprendere il largo, al punto tale da mostrare una sintonia emozionante con il mare:

“La potenza selvaggia della natura mi ha sempre affascinato. Quella paura che ti acchiappa fra le onde, che ti aggroviglia le budella e fa tremare le gambe mentre tutto oscilla intorno, rischia di diventare come una droga e ti chiedi perché cazzo ti piace quella vita, perché non sai rinunciare alla malìa del rullaggio, alla salsedine che mangia ogni cosa e intanto l’orizzonte all’improvviso si apre, si spalanca e ti invita ad andare mentre il vento ti spinge o ti sfida, ti provoca o ti soccorre.”

Tuttavia, egli non vive soltanto nella burrasca. Infatti, nel corso della narrazione Achille si lascia andare a dei pensieri che vedono al centro Brigitta, la donna che ama tanto. Tra la bellezza primordiale dell’amore e i tormenti dovuti alla gelosia, il romanzo affronta delicatamente questi temi ponendo in risalto la sensibilità dell’eroe, dando dimostrazione del carattere solo all’apparenza “duro” di un marinaio:

“Giunti a Cagliari, la nostra routine di coppia è cambiata velocemente. Io ero spesso fuori, in mare aperto, a tutte le ore del giorno e della notte, mentre Brigitta restava da sola, in una città completamente diversa dalla sua amata Venezia. Poi è arrivata Nina e, fra alti e bassi, c’abbiamo provato. Oggi continuo a prendermi cura delle sue rose in terrazza, immergendomi con le bombole sui fondali della costa in cerca di un po’ di pace ma i ricordi possono essere acuminati come le rocce, pericolosi come una murena che ti punta dalla profondità degli abissi, ingannatori come un bagliore che luccica e ti attira, trascinandoti sempre più giù, dentro le tue stesse paure.”

È evidente l’importanza simbolica di questa missione. Tornare a casa per Achille significa anche ritornare da Brigitta, lasciare tutto e ricominciare daccapo per vivere più serenamente.

I temi e le caratteristiche del romanzo

Tra le pagine si evince una descrizione dettagliata degli ambienti sia interni, sia esterni alla nave, accompagnata da una continua suspense visiva. La scelta del mare è lungimirante poiché per lo scrittore, le storie sono estremamente importanti nella misura in cui evocano un profilo identitario che ci accomuni e che, quindi, ci appartenga. Questo principio viene rivendicato con forza grazie a una epigrafe di Stefano D’Arrigo (capitolo 20), tra le tante poste in apertura dei capitoli:

“Non c’è lido più lontano di quello dove non si approda”

Se ci pensiamo, è una condizione che nella vita quotidiana ci riguarda quasi sempre. L’autore ci sollecita a ricordare che il nostro è un viaggio continuo alla ricerca dell’appartenenza, del conflitto e, dunque, dell’approdo. Il lido spesso è lontano – come si evince dalla storia di Achille – però, solo se siamo in grado di affrontare le nostre paure, allora forse arriveremo alla meta.

“Mare Mosso”: copertina, Fonte: edizioni e/o

Chiudo questa recensione lasciandovi alla piacevole chiacchierata che ho intrattenuto con l’autore e invitandovi alla lettura del romanzo, con l’augurio che possiate prendere il mare con coraggio!

 

Federico Ferrara