Nino Frassica ci racconta “Paola”, il suo primo romanzo

Giovedì 15 Dicembre si è tenuta, nel tardo pomeriggio, la presentazione del primo romanzo di Nino Frassica, Paola, preso il Feltrinelli Point di Messina. Si tratta di un romanzo parodistico in cui si rivede molto della comicità dell’autore. Durante la presentazione “sui generis”, Frassica ha descritto scherzosamente una “storia vera” poco credibile. Anche la quarta di copertina fa emergere questo dettaglio. L’evento è stato intimo con un pubblico ridotto, e noi di UniVersoMe abbiamo avuto la possibilità di porgli qualche domanda. Ci ha dato l’impressione di una persona energica e con tanta voglia di interagire col pubblico, sia con noi che con i suoi fan. Abbiamo ritrovato quel Frassica scherzoso che è diventato famoso in tutta Italia. Proponendoci qualche aneddoto sul suo romanzo.

La passione per i libri è nata per influenza di amici/parenti o, semplicemente, da sé?

 In realtà io ho iniziato quando ho fatto la prima trasmissione, il primo successo televisivo, (corriere della notte), quando venne un editore della longonese che mi disse “ma perché non facciamo un libro sulle tue cose?”. Io non ci pensavo, perché dicevo “ah perché la gente compera il libro su ste cose qua?” e lui “si, facciamolo”. Faccio il libro, “Il libro di Sani Gesualdi”, che è rimasto 1° in classifica non so per quanto tempo, centinaia di migliaia di libri, non me lo aspettavo, e ho pensato che potesse essere interessante, e poi ho scritto il “terzesimo” libro di Sani Gesualdi, e poi con il successo di “Indietro tutta” ho fatto “il manovale del bravo presentatore” e poi spettacoli con mister Forest e abbiamo fatto un libro insieme. Di volta in volta facevo dei libri legati al successo televisivo. Stavolta, la 1° volta che lo faccio, non è legato ad alcun successo; avevo voglia di scrivere ed ho scritto questo romanzo, che si chiama “Paola, una storia vera” (e non è vero niente).

Frassica presenta “Paola”.  ©Gabriele Galletta

 

Quando lei partecipa ad eventi del genere, presentazioni di libri ecc…come vive il rapporto/contatto col pubblico rispetto a quando è al teatro o al cinema?

Al cinema no, ma al teatro somiglia, perché il pubblico al teatro è seduto e quindi c’è la confidenza, cerco di avere un po’ di luci in sala per vedere e creare il contatto; al cinema è totalmente diverso perché ci sono solo i tecnici e quindi posso immaginare che un giorno possa esserci qualche contatto. Qui invece è come se fossi al bar. 

“Paola, una storia vera”, il nuovo libro di Frassica. ©Matteo Mangano

 

Può raccontarci un aneddoto legato alla stesura del suo nuovo romanzo?

“È una cosa un po’ spiacevole, non so se posso dirla…” (e dopo una breve improvvisazione scenica da teatro, riprende) “non è vero niente, voi che ci credete”. Quello che mi ricordo del libro è che quando l’ho scritto, ci ho messo più o meno 4 mesi, poi ho fatto un periodo di “uscite” e quando sono tornato ho visto il libro e non mi ricordavo più di niente, poiché era passato un po’ di tempo (10 giorni). Perché sai, quando sei a caldo non sei neanche tanto obiettivo, non sai, non lo giudichi perché l’hai scritto tu. Quando invece sono passati giorni  l’ho letto e ho riso molto, e ho detto questo libro è bello.

La nostra foto con Frassica dopo l’intervista.

 

Non si è ritrovato a pensare che non andasse bene insomma?

Beh, quello è un fatto commerciale, può vendere di meno, di più ma non è importante. Cioè è importante a livello economico si, più vende più guadagno, però è anche importante il gradimento e che, chi  lo legga lo apprezzi, e a me bastano due persone. Hanno letto il libro si sono divertiti e io ho risolto il mio problema. 

 

Gaia Ilacqua
Matteo Mangano

Fake News: nonostante il nome, un album sincero

 

L’album riesce ampiamente a trasmettere ciò che vuole, forse però senza variare troppo dalle recenti sonorità dei Pinguini. Voto UVM 4/5

 

Tutto ha avuto inizio questa estate, quando in rete cominciarono a diffondersi alcune indiscrezioni intorno ad un presunto scioglimento dei Pinguini Tattici Nucleari, la band musicale bergamasca più in voga in Italia. E proprio queste indiscrezioni, in seguito smentite dal frontman del gruppo Riccardo Zanotti, hanno poi ispirato i PTN per la realizzazione del loro nuovissimo progetto discografico, pubblicato lo scorso venerdì 2 Dicembre, intitolato Fake News.

Rilasciato con quattro copertine differenti tra loro, in cui in ognuna gli artisti sono raffigurati come protagonisti di falsi articoli di giornale, l’album contiene 14 tracce, di cui una (la settima) disponibile solo nel formato fisico del disco.

Tutta la verità sui Pinguini Tattici Nucleari

In un’epoca in cui disinformazione e manipolazione delle notizie sono fenomeni in crescita, le cosiddette ‘bufale’ finiscono per inquinare persino l’ambiente musicale. Inoltre, è solito degli artisti prendere “in prestito” esperienze di amici e conoscenti, andando ad arricchire così i contenuti dei loro testi. Ed è in questo clima che i Pinguini Tattici Nucleari sembrano invece voler raccontare una storia vera, regalandoci un album seppur molto autoreferenziale, ricco di situazioni in cui tutti possiamo immedesimarci.

Zen, la traccia d’apertura del disco, è il tentativo riuscito di narrare la realtà dei fatti: è un pezzo urban in cui Zanotti rivela al pubblico l’altra faccia della medaglia dell’avere successo, trasportandoci all’interno della propria coscienza, alla ricerca di un equilibrio tra le infinite pressioni e paure che incombono nell’approcciarsi con la sua professione.

Ma i dolori che ho annegato qualche volta tornan fuori
Come gocce nella doccia che non mi fan dormire mai
O come quelle che mi prendo per non sbagliare troppo ai live.

Ed è sempre Zanotti che in Barfly ci svela la realtà che spesso sta dietro l’illusoria promessa di un futuro migliore all’estero, riportandoci indietro nel tempo nella sua vita a Londra da studente e lavoratore part-time. Il brano deve il titolo all’omonimo pub di Chalk Farm, che il cantante era solito raggiungere nei suoi pochi momenti di svago.

Ma la traccia autobiografica per eccellenza è Dentista Croazia, secondo dei tre singoli che hanno anticipato l’album. E’ la storia della gavetta affrontata da un gruppo ancora agli esordi, che percorre tragitti immensi su un furgone noleggiato a poco prezzo, per riuscire ad esibirsi nei locali in giro per l’Italia. Rappresenta una significativa fase di vita della band, e la scelta di non trasmetterlo in radio lo rende ancora più speciale.

 

Tra citazioni e riferimenti alla pop culture

Componente essenziale della scrittura dei Pinguini, e punto di forza dei testi dell’album, è la presenza di numerosi giochi di parole ed inside joke. E tra sottili reference a canzoni dei Coldplay, musica degli U2 e performance dei Maneskin, il disco è un concentrato di molteplici richiami alla cultura popolare. Per citarne solo alcuni:

In Non Sono Cool si fa riferimento alla canzone Indietro di Tiziano Ferro, con il verso:

Hai nomen omen
E, se ci pensi, “raccordi” è l’anagramma del mio nome

E a chi li accusa di aver adottato nel tempo un sound esageratamente pop, i sei ragazzi di Bergamo rispondono con ironia:

A ventisette puoi morire, oppure diventare un po’ più pop (“Dentista Croazia”)

Nell’ottica commerciale, però, la scelta di seguire un percorso che vira al mainstream ha dato i suoi frutti, garantendo alla band un successo che ha permesso il tour negli stadi previsto per l’estate 2023:

Non so a che stadio siamo dell’evoluzione
Però forse in questa stessa frase trovo la risposta (“Dentista Croazia”)

Tirando le somme

Fake News non apporta importanti variazioni di stile alle sonorità che di recente hanno trascinato la band al successo ma bisogna riconoscere la messa in atto di una volontà di sperimentazione: Non sono cool e Fede sono forse le tracce più interessanti dal punto di vista strumentale poiché strizzano l’occhio alla vena rockeggiante dei Pinguini del passato. Anche Melting Pop, pur essendo caratterizzato da sonorità pop riesce a distinguersi, in quanto, come suggerisce il nome stesso, è contaminato da una miscela di influenze musicali diverse.

A chiudere il disco è Cena di Classe, ballad che per lo stile ricorda Freddie di Fuori dall’Hype (2019), e che riflette quindi la tradizione cantautorale e la grande abilità di storytelling del gruppo. E’ la traccia che forse rappresenta al meglio ciò che Fake News vuole comunicare, poiché attraverso la storia di un incontro tra vecchi compagni di scuola, condanna chi si rifugia nell’ ipocrisia per celare le proprie debolezze, chi resta fermo ai titoli “clickbait” senza leggerne davvero il contenuto. A tal proposito, merita di essere menzionato l’omaggio della band a Cloe Bianco, reso con lo scopo di veicolare al mondo un messaggio ben preciso: per progredire in quanto società, alcune storie non devono essere dimenticate.

Per far capire le stelle agli scemi servono Laika da poter bruciareMa Bianco ora è cenere che sporca i divani di chi ancora usa la parola “normale”

 

Giulia Giaimo

Santanché sulle concessioni balneari: «Le spiagge vanno privatizzate»

Secondo la ministra del Turismo Daniela Santanché le spiagge italiane andrebbero privatizzate, in quanto luogo scelto spesso da tossicodipendenti e riempite da rifiuti abbandonati. Di questo ne soffrirebbe il turismo, intaccando l’aspetto economico. Pertanto – sostiene la ministra -, si dovrebbe intervenire.

Le parole di Santanché: «Non svendiamo il nostro patrimonio»

La ministra ha rilasciato le suddette dichiarazioni durante l’Assemblea annuale di Confesercenti, rispondendo ad un quesito sulle concessioni balneari:

Lancio una provocazione, credo che prima bisogna assegnare le spiagge che non sono assolutamente servite, spiagge libere lasciate ai tossicodipendenti e invase dai rifiuti, che nessuno mette in ordine.

Ha proseguito: «Non dobbiamo aprire la strada alle multinazionali, non dobbiamo svendere il nostro patrimonio».

Dunque, Santanché ha precisato anche di non ritenere l’affidarsi ad investitori esteri la soluzione migliore; la sua preoccupazione sarebbe quella di «consegnare pezzi del nostro litorale alle multinazionali, che toglierebbero quelle che sono le nostre peculiarità»:

Nei nostri stabilimenti balneari, a seconda della regione, c’è un tipo di ospitalità, di cibo, di accoglienza. Mi fa sentire male l’idea: pensate se non potessimo più mangiare i nostri spaghetti alle vongole o la nostra parmigiana di melanzane, cose che fanno parte della nostra identità.

(fonte: odanisalves @ pixnio.com)

Il tema è molto controverso, i vari governi rimandano da ormai diversi anni le gare per le concessioni balneari. Santanché, rispondendo ad altre domande, ha chiarito un po’ la questione, specificando che per fare le gare ci vorrà del tempo, non meno di un anno, approssimativamente.

L’aspetto più importante, secondo la ministra, sarebbe cambiare i patti in corso, dando più stabilità alle imprese. Inoltre, ha ribadito più volte che l’esigenza delle spiagge italiane è quella di essere adeguatamente attrezzate, soggette ad una intensa pulizia dai rifiuti che risultano essere uno dei tanti aspetti caratterizzanti di questa complessa questione, ma soprattutto devono essere sottoposte ad un rigido controllo.

Le critiche dell’opposizione

(Daniela Santanché. Fonte: Immortanjoe96 @ commoms.wikimedia.org)

A causa delle sue dichiarazioni, la ministra del Turismo è stata oggetto di discussione circa la sua attività imprenditoriale. Difatti, subito dopo essere stata designata come figura guida per il Ministero del Turismo, è stata accusata dall’opposizione di non poter ricoprire una carica così importante in maniera del tutto trasparente.

Il motivo per cui la Santanchè si trova al centro di numerose polemiche si ricollega al famoso caso del Twiga Beach Club, locale esclusivo sul mare di Flavio Briatore a Forte dei Marmi, di cui la ministra risulta essere socia e di cui detiene una quota di proprietà.
A seguito delle numerose accuse di conflitto di interessi, ha stabilito di cedere per 2,8 milioni di euro il 22 % della sua quota, di cui una metà è stata destinata ad una società del Lussemburgo, controllata da Briatore, e l’altra parte a due società controllate dal compagno. Tra i soggetti che hanno duramente criticato Daniela Santanché riscontriamo il co-portavoce di Europa Verde, Angelo Bonelli, il quale ha affermato:

Associare chi ha problemi di tossicodipendenza con i rifiuti per giustificare la privatizzazione e cementificazione delle ultime spiagge libere è indecente. La ministra Santanchè, proprietaria del Lido Twiga, ha ceduto le sue quote al suo compagno, propone di consegnare le spiagge libere, che per legge dovrebbero essere pulite dai comuni, ai privati sapendo che le nostre coste sono cementificate e occupate per oltre il 60% , un dato record in Europa. È l’espressione vivente del conflitto d’interessi che vuole regalare le spiagge, perché con esse si fanno profitti elevati grazie ai bassi canoni: per un metro quadro di spiaggia si paga allo stato 1,20 euro l’anno. Mentre lo Stato incassa complessivamente dalle concessioni 107 milioni di euro anno, con un’evasione erariale del 50%, gli stabilimenti balneari fatturano oltre 7 miliardi di euro anno. Un regalo fatto ai privati con il demanio marittimo, un patrimonio dello Stato, quindi noi cittadini.

Il sostegno di Confimprese

D’altra parte, la neo-ministra del Turismo afferma di non essere in conflitto di interessi, in quanto non ricopre cariche direttive in seno al Twiga.
Inoltre, sostiene che la questione non spetterebbe al Ministero del Turismo in quanto il governo sembrerebbe essere intenzionato a delegare a Nello Musumeci, ministro per la Protezione Civile e le Politiche del Mare, la questione dei balneari.
Nonostante le varie posizioni contrarie, il presidente di Confimprese demaniali Mauro Della Valle appoggia quanto affermato fino ad oggi dalla ministra, dichiarando:

Apprezziamo l’intervento del ministro Daniela Santanchè circa le numerose spiagge libere che, anziché essere lasciate abbandonate dai Comuni costieri, potrebbero essere oggetto di assegnazione e tutela a giovani e capaci imprenditori balneari. Siamo certi che la Corte di giustizia europea entro febbraio 2023 contestualizzerà quanto richiesto dal Tar di Lecce, e cioè che in Italia la risorsa demaniale non è scarsa e che per un’evidenza pubblica è necessario ci sia un interesse transfrontaliero certo. Siamo in piena sintonia con l’attenta analisi del presidente di Fiba Maurizio Rustignoli, che auspica un incontro con le associazioni di categoria e ricorda l’importanza della mappatura della costa italiana ad oggi obiettivamente mai rilevata da nessun governo.

Federica Lizzio

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Amsterdam, la nuova crime comedy di David O. Russell

Film leggero e piacevole da vedere, ma con un cast del genere non rispetta interamente le aspettative -Voto UVM: 3/5

 

Proiettato per la prima volta il 7 ottobre nelle sale statunitensi, e distribuito in Italia dopo la presentazione al Festival del cinema di Roma il 21 dello stesso mese, Amsterdam è una crime comedy scritta e diretta dal regista David O. Russell. Come spesso è accaduto nel periodo post pandemico (West side story, Nightmare Alley), il film ha ricevuto scarsi incassi già dal primo weekend di proiezione: con il sempre maggiore sviluppo delle piattaforme streaming, sembra che i cinefili non avvertano più lo charme di andare a sedersi nelle poltroncine rosse in sala e vivere l’esperienza di guardare un film al cinema.

Amsterdam è in parte tratto dalla storia realmente accaduta del “Business Plot”, tentativo di complotto avvenuto nel 1933, volto a deporre il presidente Roosevelt per instaurare una dittatura in America.

Un medico, un’infermiera e un soldato in giro ad Amsterdam

Francia, 1918. Qui si ritrovano nello stesso momento un medico, Burt Berendsen, mandato al fronte su consiglio dei cognati (a suo dire probabilmente per liberarsi di lui)e  Harold Woodman, un soldato americano di colore che chiede, insieme ad altri soldati neri, di avere un comando che li guidi e li rispetti. Burt stabilisce un patto con Harold: ognuno si sarebbe assicurato che l’altro sarebbe sopravvissuto.

Da questo patto nasce una forte amicizia; feriti entrambi in battaglia, vengono aiutati e curati da Valerie. Per trovare un occhio nuovo a Burt, i tre partono per Amsterdam, dove Valerie conosce un tale Paul Canterbury, commerciante di occhi di vetro (in realtà agente sotto copertura). Dopo un periodo di perfetta felicità tra i tre (ed amore tra Harold e Valerie), i tre si separano.

Ma con la morte sospetta del loro vecchio comandante Bill Meekins (Ed Begley Jr.) e di sua figlia Liz, le loro vite finiranno per incrociarsi nuovamente: i tre collaboreranno per risolvere il caso e per smascherare le cospirazioni di un misterioso gruppo chiamato “Il consiglio dei cinque”.

Amsterdam
Burt, Harold e Valerie ad Amsterdam. Fonte: Regency Enterprises, Dreamcrew, 20th Century Studios

Un patto per la vita

Pur incentrandosi su una trama a tratti tendente al crime, Amsterdam mantiene dei toni leggeri ed ironici. In particolare, alcuni personaggi vengono costruiti in maniera molto comica, quasi caricaturale, primo fra tutti Burt. Burt è un medico con un occhio di vetro ed un rapporto molto contrastante ed altalenante con la moglie Beatrice ed il suocero, un rispettabile medico di Park Avenue.  Burt ha una clinica per veterani, dove sperimenta, prima di tutto su sé stesso, nuovi farmaci spesso fallimentari. Molto ironica è anche la scena finale, ricca di suspense, in cui Burt, colpito e sotto effetto di alcune “strane gocce”, si distacca dalla realtà, in una sorta di monologo interiore.

Altra figura caricaturale è Libby Woze, moglie di Tom. Per quanto si comporti in maniera odiosa nei confronti di Valerie, risulta essere allo spettatore una figura quasi satirica.

La tematica principale di Amsterdam è l’amicizia che lega Burt, Harold e Valerie. I tre, dopo aver passato il periodo migliore della loro vita insieme in Europa, restano legati dal patto di proteggersi sempre, patto che mantengono anche dopo molti anni.

Una piccola curiosità: nelle prime scene del film Burt canta, o meglio avrebbe dovuto intonare, una breve canzone con Liz Meekins – interpretata dall’attrice e cantante Taylor Swift – in onore del padre. In un intervista al The Hollywood Reporter, Bale ammette di essere stato molto emozionato dal dover cantare con una tale pop star, che anche sua figlia rimase molto sorpresa dal fatto che lui dovesse cantare con la Swift.

Tuttavia, alla fine nel film, è solo Liz a cantare principalmente, in quanto anche il regista David. O. Russell notò come Bale offuscasse il talento della Swift.

Amsterdam
Gil Dillembeck e Burt. Fonte: Regency enterprises, Dreamcrew, 20th Century Studios

Amsterdam: un cast stellare e tante aspettative

Uno degli elementi che faceva di Amsterdam una pellicola molto promettente, sia riguardo gli incassi sia riguardo eventuali riconoscimenti, era la presenza di un cast d’eccezione. Oltre Christian Bale  (Vice) , John David Washington (Tenet, Malcom & Marie) ed un’affascinante Margot Robbie nei panni dei tre protagonisti, Burt, Harold e Valerie, vi sono molte altre le stelle del cinema in Amsterdam.

Il premio Oscar Rami Malek (Bohemian Rapsody) interpreta Tom Woze, mentre l’attrice e modella Anya Taylor Joy (Ultima notte a Soho, La regina degli Scacchi) interpreta Libby. Il fantastico Robert De Niro qui è nei panni del generale Gil Dillenbeck. In ruoli secondari abbiamo Zoe Saldana come Irma, l’infermiera, la nota cantante Taylor Swift come Liz Meekins, figlia del comandante Meekins, e Chris Rock nel ruolo di Milton, veterano amico di Burt e Harold.

Amsterdam risulta essere una pellicola con una sfumatura comica e piacevole da seguire, caratterizzata da personaggi ironici e performance interessanti. Ciononostante, non è esattamente il capolavoro che magari ci si aspettava con un cast di questo genere.

Ilaria Denaro

Natale alle porte: 5 letture da non perdere sotto l’albero

Dicembre è il mese del Natale: si iniziano ad addobbare le case e le strade, la città si illumina con le caratteristiche lucine natalizie e le ghirlande decorate. L’inverno è anche la stagione preferita dagli amanti dei libri: cosa c’è di meglio di leggere un bel libro davanti al camino con una tazza di cioccolata calda fumante?

Qui 5 letture natalizie che ti faranno immergere nell’atmosfera di festa.

1) Questo inverno di Alice Oseman (2022)

Fonte: Mondadori

Dall’autrice di Heartstopper (2019, Mondadori) da cui è tratta la famosa serie omonima, in Questo Inverno – Una Heartstopper Story (Mondadori) ritroviamo i personaggi che tanto abbiamo amato di Heartstopper, ma con atmosfere e la magia del Natale. Ma per i protagonisti, i tre fratelli Springs, quello di quest’anno non sarà un Natale come tutti gli altri.

La sorella maggiore Victoria, per tutti Tori, nonostante il suo aspetto freddo e distaccato, tiene ai suoi due fratelli minori, Charlie e Oliver, più di qualunque persona al mondo. D’altro canto, per Charlie non sarà facile dopo essere stato dimesso dalla clinica psichiatrica in cui era in cura, anche se il sostegno di Nick gli darà la forza necessaria per andare avanti.

Le ultime pagine sono incentrate sul piccolo di famiglia, in un ritratto tenero e dolcissimo di un bambino che si sposa benissimo con un quadretto familiare dove ogni piccola sfaccettatura d’amore è ben accetta. Una lettura leggera e scorrevole, non troppo impegnativa, ma che ti avvolge di quel calore natalizio sereno.

2) Let it snow. Innamorarsi sotto la neve di John Green, Maureen Johnson, Lauren Myracle (2015)

Fonte: Rizzoli

Let it snow. Innamorarsi sotto la neve, romanzo natalizio edito da Rizzoli nel 2015, che ha ispirato l’omonimo film su Netflix del 2019.

Per chi cerca non un racconto ma ben tre, che parlano di un amore sotto i fiocchi di neve, è il libro perfetto.

In Jubilee Express la protagonista è Jubilee, una ragazza di sedici anni, con due genitori con la passione dei pezzi in ceramica per ricreare villaggi di Natale in miniatura. Come da tradizione, i genitori di Julie sono partiti per accaparrarsi uno dei pezzi più rari, ma qualcosa va storto perché si ritrovano a passare la nottata in galera. Il motivo è tutto da scoprire. Julie a questo punto dovrà raggiungere i nonni e così sale sul treno che la porterà da loro. Peccato che sia in arrivo una tormenta di neve e che il treno sia costretto a fermarsi nei pressi di Gracetown!

Un racconto sincero e adorabile, che ci catapulterà accanto alla protagonista nella sua avventura tra personaggi molto diversi tra loro.

In Un cheertastico miracolo di Natale le protagoniste saranno un gruppo di cheerleaders, presenti anche nel racconto precedente. Dopo aver occupato il vagone del treno rimasto fermo a Gracetown, tre amici cercano riparo alla Waffle House. Racconto meno natalizio, più avventuroso, ma sempre con quel tocco candido di John Green che non guasta mai.

Nell’ultimo racconto, Il santo patrono dei maiali, la protagonista è Addie. La narrazione si apre con Addie che ha fatto un’enorme stupidaggine e questo ha messo in crisi lei e la sua relazione con Jeb, personaggio apparso negli altri due racconti. Certo, il fatto che sia stata lei a rovinare tutto conta poco, perché Addie riesce a concentrarsi solo su se stessa. Saranno proprio un insieme di vicissitudini e di eventi straordinari – come un maialino che sta in una tazza, l’avvento di una donna che potrebbe essere un angelo e una sorpresa davvero speciale – a farle capire che l’egoismo non è la strada per la felicità.

La penna di tre straordinari scrittori rende questo libro l’incontro perfetto per tutti i gusti dei giovani amanti del Natale romantico.

 

3) All’improvviso a New York di Melissa Hill (2015)

Fonte: BUR

Non è solo uno dei tanti romanzi rosa natalizi di cui siamo indigesti, ma il romanzo rosa che non sfocia mai nel troppo melenso, una coccola davanti al camino mentre gli scoppiettii risuonano al di sopra delle pagine del libro.

Darcy Archer è una libraia di 33 anni che si rifugia tra i suoi adorati libri, immaginando il proprio futuro e sognando quell’amore che ritrova solo nei protagonisti dei suoi romanzi preferiti. Non è però una donna che basa la propria vita esclusivamente su una relazione, né intende forzare il corso delle cose per avere a tutti i costi un uomo. Anzi vive con il sorriso, credendo sempre che con un romanzo si possa curare ogni tipo di problema.

Sarà un’incidente in bicicletta a farle svoltare la vita in positivo. Infatti nello scontro con un uomo e un cane, il primo perderà la memoria. Per i sensi di colpa, Darcy deciderà di prendersi cura del cane di Aiden, un bellissimo Husky di nome Bailey, e di aiutare l’uomo alla ricerca del suo passato.

Nonostante la storia d’amore, il vero fulcro della narrazione sono i libri: tra le pagine troviamo vere e proprie citazioni a opere esistenti, basate sul contesto e sulle vicissitudini che la protagonista vive in prima persona.

All’improvviso a New York, edito da Rizzoli, è un romanzo da leggere tutto d’un fiato, che strizza l’occhio al “giallo”  incuriosendo e lasciando in sospeso per tutto il racconto.

4) Per mano mia. Il Natale del Commissario Ricciardi di Maurizio De Giovanni

Fonte: Einaudi

Per gli amanti dei gialli, e in particolare del commissario più famoso di Napoli, consigliamo questo libro ambientato nel Natale degli anni trenta.

Il Commissario Luigi Alfredo Ricciardi, protagonista di una famosa serie televisiva con Lino Guanciale, e il Brigadiere Raffaele Maione, nel giorno del 25 dicembre dovranno fare i conti con un omicidio di una coppia di coniugi: il funzionario della Milizia Fascista che controlla i pescatori, Emanuele Garofalo, e di sua moglie Costanza. La donna è stata sgozzata con un solo colpo di lama, mentre l’uomo è stato trafitto nel letto con oltre 60 coltellate.

Sulla scena del delitto, Ricciardi, che ha l’amaro dono di vedere e sentire i morti ammazzati, ascolta le oscure ultime frasi della coppia, che non gli dicono granché. Iniziano quindi le prime indagini, andate a vuoto, ma un colpo d’occhio al mercato del pesce rivelerà la tremenda verità agli occhi del Commissario.

Per mano mia. Il Natale del Commissario Ricciardi, edito da Einaudi, fa parte della fortunatissima serie di romanzi di Maurizio De Giovanni, non avendo niente da invidiare agli altri romanzi dello stesso ciclo.

Anche qui De Giovanni si è superato nella narrazione dedita ai minimi dettagli, con un focus importante sul periodo storico dove l’opera è ambientata, velato da un’atmosfera cupa e segreta.

5) Il tram di Natale di Giosuè Calaciura

Fonte: Sellerio Editore

Alla vigilia di Natale, un tram viaggia all’estrema periferia di una città non identificata, con i suoi addobbi natalizi luminosi e un allegro aspetto di festa. Al suo interno, ad ogni corsa, accoglie uomini e donne in qualche modo infelici e poveri. Tra loro non si conoscono, ma nasce come una sorta di rete solidale che li unisce inconsapevolmente. Nell’ultimo sedile, lontano da tutti, vi giace un neonato, avvolto in calde coperte, e più in là il conducente del tram, blindato così da non poter vedere l’infelicità dei viaggiatori.

La narrazione di Calaciura si sofferma su ognuno dei passeggeri, uno più diverso dall’altro, con storie differenti e spesso anche tragiche. Il messaggio che la dura realtà e la tristezza della vita parte dal momento della nascita, rappresentato dal neonato abbandonato, ma di cui ogni passeggero a modo suo cerca di prendersene cura, è letale, forte nel suo significato, come un pugno allo stomaco.

Il tram di Natale di Giosuè Calaciura, edito da Sellerio editore, è come una fiaba moderna, nuda e cruda nelle sue intenzioni. Inscena quasi un presepe vivente formato dalla diversità dei suoi personaggi e dai loro trascorsi umani.

Victoria Calvo

 

 

 

 

Deforestation free: l’Unione Europea ha messo al bando i prodotti derivanti dalla deforestazione

E’ stato trovato l’accordo provvisorio raggiunto dal Consiglio e il Parlamento europeo che prevede che alcuni prodotti considerati fondamentali immessi sul mercato non contribuiscano più alla deforestazione e al degrado forestale nell’Unione e nel resto del mondo.

L’obiettivo è quello di preservare l’ambiente durante i processi di produzione, attuando delle procedure al fine di rispettare l’ambiente in cui viviamo. Motivo per cui l’applicazione del nuovo regolamento tenderà ad assicurare che una categoria di beni essenziali non siano più causa del disboscamento. In data 6 dicembre il Consiglio dell’ Ue e il Parlamento, hanno discusso la proposta – che il Parlamento aveva presentato a settembre – partendo da un primo progetto della Commissione Europea.

Frans Timmermans, vicepresidente esecutivo per il Green Deal europeo, ha dichiarato: “per vincere la lotta che stiamo sferrando alle crisi del clima e della biodiversità nel mondo dobbiamo assumerci la responsabilità di agire sia all’interno che all’esterno. Il regolamento sul disboscamento risponde all’appello dei cittadini che chiedono di ridurre al minimo il contributo europeo a questo problema e promuovere consumi sostenibili. Le nuove norme che disciplinano le spedizioni di rifiuti promuoveranno l’economia circolare e garantiranno che le esportazioni di rifiuti non danneggino l’ambiente o la salute umana in altre parti del pianeta. E con la strategia per il suolo riporteremo i terreni in buona salute, faremo sì che siano usati in modo sostenibile e ricevano la necessaria protezione giuridica.” 

fonte: la Repubblica

 

Quali effetti avrà questa misura?

Dal punto di vista economico e ambientale la riduzione delle cause principali del degrado forestale in Europa porterà in futuro a preservare la varietà di organismi viventi di un determinato ambiente, ridurre l’effetto serra, evitare il surriscaldamento globale, il cambiamento climatico e il rischio idrogeologico

Il disboscamento determina soprattutto cambiamenti nel clima e aumenta il dissesto idrogeologico, questo comporta un elevato aumento del rischio di alluvioni e frane. Inoltre un’ulteriore conseguenza a seguito dell’abbattimento delle foreste è l’estinzione definitiva di numerose specie di animali e vegetali.

«Per combattere il cambiamento climatico e la perdita di biodiversità, la nuova legge obbliga le aziende a garantire che una serie di prodotti venduti nell’UE non provengano da terreni deforestati in qualsiasi parte del mondo» si legge in una note del Parlamento.

Il ministro ceco dell’ambiente e presidente di turno del Consiglio europeo ambiente, Marian Jurečka, ha ricordato che «L’Ue è un grande consumatore e commerciante di prodotti che svolgono un ruolo sostanziale nella deforestazione, come carne bovina, cacao, soia e legname. Le nuove regole mirano a garantire che quando i consumatori acquistano questi prodotti, non contribuiscano a un ulteriore degrado degli ecosistemi forestali. Proteggere l’ambiente in tutto il mondo, comprese le foreste e le foreste pluviali, è un obiettivo comune per tutti i paesi e l’UE è pronta ad assumersi le proprie responsabilità».

L’attuazione di questa legge inoltre, apporterebbe un cambiamento drastico in ambito di tutela ambientale, in quanto l’Unione Europea risulta essere tra i maggiori consumatori delle materie che provocano il fenomeno della deforestazione, ciononostante sarà davvero difficoltoso far rispettare il regolamento e mettere in pratica ogni tipo di controllo.

 

l’Ue è il secondo importatore globale di deforestazione tropicale, fonte: 3csc


Quali sono i prodotti da verificare?

Dopo un’accurata verifica è stato deciso che l’importazione di alcuni beni sarà vietata se la loro provenienza risulterà derivare da terreni disboscati. Le norme verranno applicate a: cacao, caffè, soia, olio di palma, carne bovina, gomma, carbone e prodotti di carta stampata.
La legge ha come obiettivo quello di rassicurare i consumatori sulla provenienza dei prodotti , e sul fatto che la produzione di questi ultimi non danneggi le foreste.
Per questo motivo le autorità dell’Unione Europea avranno accesso alle coordinate di geolocalizzazione e potranno effettuare una serie di controlli volti a monitorare e analizzare la provenienza dei prodotti sul mercato attraverso gli appositi strumenti.


Come si dovranno comportare le aziende?

Secondo il testo concordato, «mentre nessun Paese o prodotto in quanto tale sarà vietato, le aziende non saranno autorizzate a vendere i loro prodotti nell’Ue senza questo tipo di dichiarazione». Come richiesto dagli eurodeputati «le imprese dovranno anche verificare il rispetto della legislazione pertinente del Paese di produzione, compresi i diritti umani, e che i diritti delle popolazioni indigene interessate siano stati rispettati». Per effettuare i controlli le aziende dovranno avere accesso alle informazioni geografiche riguardo i terreni di coltivazione e le materie prime. Gli stessi co-legislatori hanno accordato severi obblighi di diligenza per gli operatori, che dovranno assicurare la tracciabilità dei prodotti venduti.


Quali saranno le sanzioni?

Sono previste sanzioni molto pesanti proporzionate al danno ambientale e al valore delle materie prime, pari al 4 % del fatturato annuale degli operatori nell’Europa, nonché il divieto di partecipare ad appalti e/o finanziamenti pubblici. Attualmente Consiglio e Parlamento devono adottare formalmente il regolamento affinché possa entrare in vigore; a seguito di ciò le aziende avranno 18 mesi di tempo per documentarsi e conformarsi alle nuove norme, nel caso di imprese più piccole il tempo è prolungato a 24 mesi.

Inoltre la Fao, Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura, ha constatato che tra il 1990 e il 2020 a causa della deforestazione siano stati persi circa 420 milioni di ettari di foresta, un numero davvero significativo che induce a riflettere sulle problematiche del nostro pianeta.

Federica Lizzio

 

Sfera Ebbasta compie 30 anni: 5 canzoni di maggior successo del Trap King italiano

Oggi compie gli anni Sfera Ebbasta, alias di Gionata Boschetti. Nato a Sesto San Giovanni il 07/12/1992 ma cresciuto a Cinisello Balsamo, ha iniziato la sua carriera musicale tra il 2011 e il 2012 caricando video musicali su YouTube. Successivamente, nel 2013 conobbe il produttore nonché amico fidato Charlie Charles e lentamente, ha scalato le vette delle classifiche, riscuotendo successi clamorosi di cui ancora oggi si parla. Lo celebriamo elencando quelle che sono, secondo noi di UniVersoMe, le sue migliori 5 canzoni!

1) XDVR

Estratto dal primo album, XDVR, pubblicato nel 2015 e interamente prodotto da Charlie Charles, il singolo rappresenta un punto di rottura nella scena hip hop mainstream italiana, affermandosi come un prodotto musicale mai sentito prima. Connotato da forti sonorità Trap, il brano apre il disco d’esordio dell’artista milanese, provocando un interesse non indifferente. Di questo pezzo, succeduto al primo singolo estratto dall’album Panette, è stato poi realizzato un remix, inserito nell’album, con due strofe di Marracash e Luché.

 

2) Ciny

La C con la mano è da dove veniamo
La C con la mano è da dove veniamo
Ciny, Ciny
Ciny, Ciny

Tra i singoli più ascoltati dell’album sopracitato, Ciny è fondamentalmente una descrizione del piccolo paese in cui ha vissuto. Il video musicale vede la presenza di molte persone di Cinisello Balsamo, probabilmente tutti amici di Sfera, ed è funzionale per trasmettere il legame e l’appartenenza alle sue radici. Ancora oggi, nell’immaginario collettivo, l’incipit del brano produce un certo effetto nostalgico. Inoltre Sfera, durante una breve intervista per Vevo, ha dichiarato che Ciny è la sua canzone preferita da suonare dal vivo.

 

3) BRNBQ (Bravi ragazzi nei brutti quartieri)

Uno tra i pezzi più iconici della carriera di Sfera, spesso suonato dal vivo (soprattutto in versione acustica), rappresenta la sua vita e quella di tutti quei ragazzi cresciuti in ambienti di periferia, a contatto con situazioni difficili e di piccola criminalità, ai quali nonostante il successo è, per certi aspetti, ancora legato. Il brano è contenuto nel secondo album omonimo Sfera Ebbasta, uscito nel 2016 e affermatosi subito in vetta alle classifiche, nel pieno della primavera della trap italiana. Tra le barre più iconiche citiamo:

E sono padri un po’ prima del tempo i miei fra’
Invecchiano dentro una cella o ad un bar
Certi diventano star
Certi non si son mai mossi di qua
E sognano vite diverse da queste
Mentre uno sbirro gli chiede dove sta la merce
Tutti fan finta di niente
Come non fosse mai successo niente

E ancora:

Bravi ragazzi nei brutti quartieri
Fumano e parlano lingue diverse
Però non ci parlano ai carabinieri
Fanno le cose che è meglio non dire
Fanno le cose che è meglio non fare
Bravi ragazzi nei brutti quartieri
No, mamma non preoccuparti
Esco solo a farmi un giro con i bravi ragazzi
Sfrecciano alle tre di notte sull’Audi
Dio non li vede quaggiù
Dietro quei tendoni blu
Quindi non pregano più

 

4) Cupido (feat. Quavo)

Tra le hit più forti della carriera dell’artista milanese, Cupido, contenuta nel secondo album Rockstar, vanta il featuring con uno dei tre rapper dei Migos, gruppo hip-hop statunitense, ossia Quavo. Il singolo, un paio di settimane dopo l’uscita del disco, ha superato i quaranta milioni di stream su Spotify. Si evince da subito l’evoluzione artistica di Sfera e della produzione di Charlie Charles poiché in questa canzone, così come nelle altre del disco, predomina una ricerca accurata dei suoni da utilizzare, oltre alla presenza di poche e brevi tracce che danno all’album un carattere leggero, rendendolo quindi facile da ascoltare. Rispetto ad un canonico disco rap, in cui su quindici brani, solo tre o quattro sono destinati a diventare di tendenza, Rockstar propone undici canzoni perfettamente bilanciate, in modo che ciascun ascoltatore possa scegliere la sua preferita.

 

5) Bottiglie Privè

Tutto cambia, nulla resta uguale
Tranne l’amore di tua madre
La gente cambia, il cash ti cambia
Più ne fai e più non ti basta

Bottiglie Privè è la traccia d’apertura, nonché il primo singolo estratto del terzo album di Sfera Ebbasta, Famoso.

La prima versione del brano, come mostrato nel docu-film FAMOSO – The Movie, rilasciato un giorno prima del singolo, è nata nell’estate del 2019, durante il soggiorno di Sfera e del suo team ad Arezzo. Nel testo, l’artista racconta le sensazioni provate una volta arrivato al successo, rendendosi conto della caducità dei beni materiali che è riuscito a conquistare dopo tanti sacrifici. Proprio per questo motivo Bottiglie Privè è considerato uno dei pezzi più personali del trapper. Inoltre, è l’unica traccia di Famoso prodotta da Charlie Charles, lo storico produttore di fiducia di Sfera, a cui è stata comunque affidata la produzione esecutiva dell’intero progetto. Il pianoforte è stato invece suonato dal compositore e musicista Max D’Ambra.

Confermatosi come l’artista più ascoltato in Italia nel 2022 secondo una stima prodotta da Spotify, Sfera, musicalmente parlando, ha lasciato la sua traccia ovunque. Buon compleanno, Trap King!

 

Federico Ferrara

Intervista a Simona Dalla Chiesa: “la famiglia è il porto dove mi rifugio”

Nel quarantennale della strage di via Carini, l’Università degli studi di Messina ha ricordato il Generale Carlo Alberto Dalla Chiesa con l’evento “Un eroe del nostro tempo”. Sono state parecchie le riflessioni elaborate durante tutto il convegno e non sono mancati i momenti di commozione per Simona Dalla Chiesa che, dimostrandosi degna figlia di suo padre, ha condiviso con tutti noi una bellissima testimonianza. Manifestando la sua speranza per un futuro migliore, pronto ad imparare dalla storia. Perché lei, come suo padre, ha capito che per lottare contro le ingiustizie, bisogna curare le menti. E di questo ne parla nella breve intervista che ha rilasciato per UniVersoMe.

Lei ha parlato dell’importante rapporto che ha mantenuto con i suoi fratelli, soprattutto dopo l’accaduto. E credo che anche per questo, meglio di altri, possa capire il “vero” valore della famiglia e di quei legami importanti che non svaniscono col tempo.  

Per me la mia famiglia è veramente il porto e, allo stesso tempo, il faro dove mi rifugio e dove trovo sempre la forza per andare avanti. Purtroppo, siamo stati privati della presenza di papà e mamma troppo presto, però loro ci avevano dato talmente tanto amore, talmente tanti insegnamenti che ce li siamo “spalmati” lungo tutta la vita. Noi tre fratelli, pur vivendo in tre città differenti, ci “whatsappiamo” senza fine, ci controlliamo, litighiamo come tutti e ci ritroviamo. Siamo veramente un’unica cosa. Penso che questo sia veramente importantissimo perché nessuno di noi può vivere solo e può farcela da solo. La forza dell’amore e l’amore della famiglia sono fondamentali per andare avanti; chi aveva un momento di cedimento poteva trovare nell’altro il coraggio di riprendersi e viceversa. Mio padre ci aveva lasciato proprio questo messaggio: “vogliatevi sempre il bene di ora” . Oggi sarà, insieme a mamma, molto orgoglioso di noi.

Ph: Gianluca Carbone. La giornalista Simona Dalla Chiesa con il nostro redattore Domenico Leonello

Suo padre nell’ultimo periodo di vita aveva capito che per lottare contro la mafia bisognava curare le menti e la cultura. Nel convegno di oggi anche il Professore Chiara e il Dottore Crescenti hanno riconosciuto il potere che i libri e il cinema hanno nel portare alla luce la nostra storia. Recentemente è stata prodotta sia una docuserie su suo padre ed è anche andata in onda la serie tv “Esterno Notte” sul rapimento di Aldo Moro. Secondo lei è un bene che certi fatti vengano ripresi dal mondo seriale con l’intenzione di farli conoscere ad un pubblico sempre più ampio e, in particolar modo, alle nuove generazioni, o c’è il rischio che possano essere distorti e quindi non arrivare al grande pubblico per come dovrebbero?

Io sono del parere che queste fiction, documentari, film, libri, abbiano un valore enorme. Hanno la capacità di arrivare, nel giro di poco, ad una platea che non sarebbe mai raggiungibile neanche attraverso un’attività,  seppur capillare e diffusa, di conoscenza diretta. L’importante è che in questi film non si metta in risalto il negativo, come spesso accade. Perché se non si ha una spiccata capacità critica o qualcuno che ne accompagni la visione, è possibile che in certi ragazzi possa scattare un senso di emulazione o di riconoscimento nei confronti di figure che sono assolutamente negative. Quindi, chi produce questo tipo di film e di fiction, dovrebbe far emergere la lotta della giustizia contro il crimine, del bene contro il male, della fratellanza contro la violenza e non indurre ad un’ammirazione nei confronti di chi si è macchiato dei peggiori delitti.

Il direttore de “Il Fatto Quotidiano” ha di recente affermato, appellandosi al Parlamento, che è “la realtà storica a dover essere ricostruita”. In che modo, secondo lei, le istituzioni dovrebbero rendere nota quella “realtà storica” da troppo tempo ormai nascosta?

Io penso che sia necessario fare luce su tante storie che hanno infangato sia il nostro Paese che il buon nome delle nostre istituzioni. Penso che i rapporti tra servizi segreti,  quelli deviati ovviamente, tra politici e tra uomini della mafia, siano assolutamente certi. La mia paura è quando si generalizza, ovvero nel momento in cui, partendo dai fatti reali, si fa del qualunquismo per togliere credibilità e fiducia nelle istituzioni. Dovrebbe, invece, essere un interesse dello Stato far luce su quello che è accaduto per delimitare le responsabilità e non mandare un messaggio di sfiducia nelle nostre istituzioni.

Non sono in pochi ad affermare che la trattativa stato-mafia c’è stata ma che sono stati chiamati a risponderne soltanto gli uomini della mafia. In che modo, secondo lei,  le odierne istituzioni, dovrebbero reagire ad un’ affermazione del genere?

Ne hanno risposto solo i mafiosi perché tante responsabilità non sono state tutt’ora accertate rimanendo nell’ombra, mentre sono state tirate in ballo persone che non c’entravano niente (v. depistaggi strage Via D’Amelio n.d.r.). Ecco perché è importante avere il coraggio di fare luce, fino in fondo, su quali siano stati i meccanismi utilizzati. Capire quali persone abbiano realmente partecipato e quali, invece, abbiano semplicemente obbedito a degli ordini, non potendo fare diversamente. Creare quindi una gerarchia di responsabilità perché altrimenti nell’opinione pubblica si veicola il messaggio che lo Stato è colluso con la mafia e ciò non deve avvenire.

Ringraziamo la giornalista Simona Dalla Chiesa per essersi resa disponibile a dialogare con noi!

 

Domenico Leonello

Cappato indagato per un nuovo caso di aiuto al suicidio: «La condizione del sostegno vitale una trappola dello Stato»

82 anni, ex giornalista toscano e residente a Peschiera Borromeo, il signor Romano era ormai costretto a vivere con forti dolori dovuti al Parkinsonismo atipico dal 2020, malattia che gli impediva di svolgere una qualsiasi attività in autonomia, ma non era tenuto in vita da trattamenti di sostegno vitale.

«Mio marito Romano è affetto da una grave malattia neurodegenerativa, una forma di Parkinson molto aggressiva che gli ha paralizzato completamente gli arti e che ha prodotto una disfagia molto severa che lo porterà a breve a una alimentazione forzata», ha affermato la moglie di Romano.

Per questo motivo, la famiglia ha scelto di supportare l’uomo nella decisione di porre fine alla sua vita, chiedendo a Marco Cappato, tesoriere dell’Associazione Luca Coscioni, di procedere con il suicidio assistito in Svizzera.

«Ho sempre fatto le mie scelte e ho sempre pensato che la nostra vita ci appartenga, prima ancora che questa frase diventasse centrale nella campagna dell’Associazione Luca Coscioni. Così ho iniziato ad informarmi sulle possibilità di organizzare il mio fine vita nel modo più dignitoso possibile, ma presto mi è stato chiaro che la situazione italiana è più complicata di come potessi pensare. L’opzione di recarmi in Svizzera in clandestinità mi spaventa perché non voglio assolutamente mettere i miei familiari nella condizione di rischiare di affrontare vicissitudini giudiziarie. Trovo però che sottrarre la libertà di scelta in questi casi sia anacronistico e crudele, e non mi arrendo all’idea di non essere libero».

Le condizioni per l’accesso al suicidio assistito

L’uomo, come più volte sottolineato, non era tenuto in vita da trattamenti di sostegno vitale e quindi non rientrava nei casi previsti dalla sentenza 242/2019 della Corte costituzionale per l’accesso al suicidio assistito in Italia. Secondo quanto deciso dalla Consulta, infatti, il suicidio assistito sarebbe possibile e legale quando la persona malata che ne fa richiesta risponda a determinati requisiti verificati dal Sistema Sanitario Nazionale:
1) Affetta da una patologia irreversibile.
2) Fonte di intollerabili sofferenze fisiche o psicologiche.
3) Pienamente capace di prendere decisioni libere e consapevoli.
4) Tenuta in vita da trattamenti di sostegno vitale.

L’accusa di aiuto al suicidio

Non è la prima volta che ad un soggetto viene negato il trattamento in assenza di uno dei requisiti: è stato anche il caso della signora Elena Altamira, 69enne veneta malata terminale di cancro, aiutata a porre fine alla propria vita dallo stesso Marco Cappato, che risulta adesso nel registro degli indagati con l’accusa di aiuto al suicidio.

Per questo motivo Marco Cappato si è autodenunciato il 26 novembre presso i carabinieri della Compagnia Duomo a Milano per aver portato in una clinica in Svizzera l’uomo, rischiando fino a 12 anni di carcere.

Il tesoriere dell’Associazione Luca Coscioni però afferma che «la trappola nella quale l’82enne stava per cadere definitivamente era quella di acquisire il cosiddetto quarto criterio previsto dalla Corte costituzionale – diventare dipendente dal trattamento di sostegno vitale, ma allo stesso tempo avrebbe perso la capacità di intendere e di volere che è una delle condizioni indispensabili per ottenere l’aiuto alla morte. Questa è una condizione di oggettiva violenza esercitata dallo Stato».

Ha ribadito nuovamente la sua posizione alla trasmissione di Radio 24 “Uno, nessuno, 100Milan”: «Romano aveva due possibilità: morire come non avrebbe mai voluto, cioè incapace di intendere e di volere, attaccato a una Peg come sarebbe stato a breve, oppure morire potendo salutare senza soffrire le persone che lo hanno amato, ovvero la moglie e i figli. Questo è un suicidio? Per me non lo è».

A riguardo è stata intervistata la figlia del signor Romano, Francesca: «Mio papà ha appena confermato la scelta di morire. Io sono arrivata dalla California per essere qui con lui in questi giorni. In California, la scelta che ha fatto mio papà è legale e, nel caso di una malattia come la sua, avrebbe potuto scegliere di morire in casa, circondato dai suoi cari e dalla sua famiglia. Noi abbiamo dovuto fare questo viaggio per venire in Svizzera perché lui potesse fare questa scelta e io spero che in Italia, presto, sia possibile per le persone poter fare questa scelta a casa propria e morire a casa propria, circondate dalle persone care». 

Federica Lizzio

Il ritorno di Gerber nel nuovo romanzo di Donato Carrisi

Una lettura brillante e coinvolgente, dall’attrazione magnetica che ci proietta in un mondo pieno di lati oscuri e spirali di luce, alla costante ricerca della via giusta da seguire. Voto UvM: 5/5

 

Donato Carrisi ritorna nelle librerie italiane con il terzo volume del ciclo di Pietro Gerber La casa delle luci, edito da Longanesi per la collana La Gaja Scienza.

Sequel de La casa delle voci (2019, Longanesi) e La casa senza ricordi (2021, Longanesi), lo psicologo infantile Pietro Gerber, da cui proviene il nome della serie di romanzi, dovrà fare i conti con l’ennesimo mistero che si cela attorno alla figura di una bambina. Anzi, di due bambini.

Dall’esordio alle vette delle classifiche

Donato Carrisi, nato a Martina Franca (TA) il 25 marzo 1973, viene considerato il Maestro del Thriller su carta stampata.

Laureatosi in giurisprudenza con una tesi su Luigi Chiatti, ne è seguita poi la specializzazione in criminologia e scienza del comportamento. Non solo scrittore di romanzi ma anche sceneggiatore, drammaturgo, regista di serie tv e film d’autore, e collaboratore per il Corriere della Sera.

In televisione, coadiuva in numerose serie televisive marchiate Rai come Casa famiglia ed Era mio fratello, invece per Taodue di Mediaset in Squadra Antimafia – Palermo Oggi e Nassiryia – Per non dimenticare.

Dal romanzo d’esordio il suggeritore (2009, Longanesi) vince il premio bancarella 2009 e, successivamente, con l’edizione in francese le Chuchoteur, il Prix Livre de Poche 2011 e il Prix SNCF du polar 2011. Le sue opere thriller forse più famose,  La ragazza nella nebbia (2015, Longanesi), L’uomo del labirinto (2017, Longanesi) e Io sono l’abisso (2020, Longanesi), hanno trovato una trasposizione cinematografica di cui lo stesso Carrisi ne è stato regista.

Donato Carrisi
Donato Carrisi (al centro) presenta il suo nuovo romanzo “La casa delle luci” a Radio Deejay, con Nicola Savino (a sinistra) e Linus (a destra). Fonte: deejay.it

Cosa cela Gerber?

Pietro Gerber, protagonista della saga “Il Ciclo di Pietro Gerber”, è uno psicologo infantile, specializzato nell’ipnosi di bambini per aiutarli a superare dei traumi causati da eventi drammatici. Infatti, proprio per questa sua caratteristica, viene soprannominato “l’addormentatore di bambini”.

Ha trentatré anni e lavora a Firenze nel Tribunale dei minori, considerato dai suoi colleghi come il migliore nel suo campo.

Questa volta dovrà occuparsi del caso della piccola Eva, una bambina agorafobica di dieci anni, che vive in una grande casa in collina con la governante e una ragazza finlandese au pair, Maja Salo. Dei genitori nessuna traccia: il padre ha abbandonato la famiglia anni prima e la madre viaggia in giro per il mondo, comunicando con la figlia tramite sms.

Sarà proprio Maja a chiedere aiuto all’ipnotista Pietro Gerber. La bambina, che preferisce stare a casa rinchiusa senza voler vedere nessuno, sembra non essere più sola. A farle compagnia c’è un presunto amico immaginario senza nome e senza volto. Non è però solo un amico immaginario e potrebbe portare la piccola in pericolo.

Pietro, al fronte di una reputazione quasi allo sbaraglio, accetta il confronto con Eva. O meglio, con il suo amico immaginario.

Ma ciò che si troverà davanti va oltre il pensiero umano: la voce del ragazzino che comunica attraverso Eva non gli è indifferente. E, soprattutto, quella voce conosce Pietro. Conosce il suo passato e sembra possedere una verità rimasta celata troppo a lungo su qualcosa che è avvenuto in una calda estate di quando lui era ancora bambino.

Perché sentiva una specie di desiderio segreto dentro la pancia. E voleva sapere cosa si prova a sfidare Dio. Ma ora so che a Dio non importa se i bambini muoiono. E il signore con gli occhiali voleva provare almeno una volta a sentirsi come si sente Dio, prima di diventare vecchio e di morire… Perché la sua vita non gli piace, la sua vita è tutta una bugia.

Fronteggiando l’ignoto

Con i primi due romanzi della serie, il personaggio di Pietro Gerber è riuscito a farsi conoscere: un protagonista all’apparenza tutto d’un pezzo, disteso nel suo ruolo da psicologo infantile e fermo nella sua logica pungente. Ma addentrandosi nella narrazione, le fragilità tendono a scoprirsi piano piano, ponendosi in bilico tra il suo passato avvolto nell’oscurità e il presente incerto delle sue basi d’appoggio.

Gli interrogativi sono molti, tanti, e non tutti hanno la propria risposta esaustiva. Carrisi lascia sospeso il racconto, dove al di là si trova un’atmosfera cupa, coerente con l’ambientazione. Non è una novità e neanche una fatalità che gli elementi paranormali, le paure della mente e dell’immaginario, le presenze oscure, fanno un po’ leva e anche da protagoniste, nel turbinio di emozioni che lo stesso Gerber, ma anche chi intraprende il viaggio con lui, si trova ad affrontare a pieni polmoni.

La lettura è lenta ma scorrevole, razionale ed oggettiva nella descrizione, tutti i punti sono ben trattati e non lascia nulla al caso. Anche i pensieri espressi dai personaggi hanno un che di razionale, quasi a non volersi scomporre troppo, per non doversi aprire e temere un improvviso out of character.

Una nota di merito, come spiega lo stesso Carrisi nelle note dell’autore alla fine del romanzo, si deve fare sulle pratiche ipnotiche presenti nella storia, che sono effettivamente quelle utilizzate nelle terapie, così come gli effetti prodotti. Lo studio meticoloso di Carrisi, forte del contributo di professionisti qualificati e certificati, come cita nei ringraziamenti finali, non si ferma solo sugli effetti scientifici ma frantuma la “quarta parete cinematografica”, piazzando davanti ai nostri occhi un testo ricco di potere metaforico racchiuso nelle parole e nei frammenti di ignoto che, via via, si incastonano uno con l’altro, dando vita alla storia de La casa delle luci.

 

Victoria Calvo