USA, dubbi amari e tensioni sui “palloni-spia” cinesi

USA e Cina hanno ravvivato le tensioni reciproche. Le insolite “escursioni” di due “palloni-spia” di provenienza asiatica sul territorio statunitense, e nelle sue prossimità, hanno schiuso dubbi piuttosto amari. Per quale motivo degli strumenti d’analisi bellica hanno sorvolato i cieli americani? Perché il loro passaggio è stato così manifesto e spudorato? Che tutto sia propedeutico alla valutazione di uno sconfinamento cinese verso Taiwan? Di seguito una panoramica delle vicende con i loro dettagli controversi.

USA, il percorso dei “palloni-spia”

Riporta le informazioni Rainews. Il Pentagono ha annunciato di aver notato un primo “pallone-spia” (pallone aerostatico) sorvolare gli Stati Uniti lo scorso martedì, e che da allora ne ha monitorato gli spostamenti. Il suddetto oggetto avrebbe percorso le isole Aleutine (in Alaska), il Canada e infine il Montana.

Dato che in quest’ultimo spazio il governo statunitense possiede alcune delle sue centrali nucleari e dato che lo strumento è apparso attrezzato per raccogliere informazioni di genere militare, la presenza è stata immediatamente indagata con sospetto dalla parte violata. Così anche il Presidente Joe Biden si è interessato direttamente della questione.

Un secondo “pallone-spia” è stato ravvisato un giorno più tardi nei cieli sudamericani. Di questo si è detto che non fosse diretto verso il territorio statunitense, ma solo in transito su quello latinoamericano.

Pallone-spia
Pallone-spia. Fonte: Corriere della sera

Le (dure) reazioni di Washington

Il Presidente, apprese le notizie, ha richiesto l’abbattimento dei due palloni con veemenza. A primo impatto, valutando pericolosa la mossa, la Difesa ha deciso di attendere: i detriti dei palloni avrebbero potuto danneggiare i civili a terra. Il primo pallone è stato quindi distrutto una volta giunto sulle vie dell’Oceano Atlantico e ora i sui resti sono sotto l’analisi di alcuni esperti; il secondo pallone scorrazza ancora integro.

Parallelamente, il segretario di Stato americano Antony Blinken ha deciso di rinviare la sua visita in Cina, prevista per ieri. Blinken ha posto una peso sulla questione affermando che la priorità fosse «allontanare il pallone-spia dai cieli Usa». Successivamente ha comunque rassicurato di aver rimandato il bilaterale a un momento in cui vi sarebbero state «le condizioni per una visita».

Il messaggio dell’amministrazione Biden è stato perentorio: nessuno crede che la sonda cinese sia stata inviata in buona fede.

La difesa-offesa di Pechino

La Cina si è dapprincipio difesa facendo trapelare che il presunto «pallone spia» avvistato fosse in verità un «aeromobile civile» usato per «ricerche meteorologiche e scientifiche». A detta del ministero degli Esteri di Pechino, tale “aeromobile civile” sarebbe giunto nell’estremo occidente a causa di forti venti imprevisti. Per questo, il ministero ha subito dichiarato rammaricazione «per il suo ingresso involontario nello spazio aereo statunitense per cause di forza maggiore».

Dopo le (dure) reazioni di Washington, però, anche Pechino ha scelto di cambiare il registro del dialogo.

La Cina ha alzato i toni, esprimendo «la sua forte insoddisfazione e protesta contro l’abbattimento del suo dirigibile civile senza pilota». Poi aggiungendo, tramite una nota del ministero degli Esteri, che la parte americana avrebbe insistito «nell’usare la forza, ovviamente reagendo in modo eccessivo e violando gravemente la prassi internazionale» malgrado non ci fossero i requisiti di pericolo e l’affermato “uso civile del dirigibile.

Ora la Cina «salvaguarderà risolutamente diritti e interessi legittimi delle società interessate, riservandosi il diritto di effettuare ulteriori reazioni necessarie». Una sigla guerrigliera che apre a scoraggianti scenari.

Bandiera della Cina
Bandiera della Cina. Fonte: Cina in Italia

USA e Cina, gli elementi di contesa

Il principale tema di tensione tra USA e Cina è probabilmente la questione dell’isola di Taiwan.
Gli equilibri hanno subito un brutto colpo lo scorso agosto, con la visita di Nancy Pelosi all’isola, attraverso cui gli USA hanno confermato il sostegno all’idea d’indipendenza taiwanese.

La visita è stata giudicata da Pechino come «una grave violazione della sovranità e dell’integrità territoriale della Cina», e ha portato a crescenti tensioni militari nei pressi di Taiwan.

Altro motivo rilevante di disputa è il rapporto indefinito che la Cina ha con la Russia. La plurivocità di Pechino infastidisce notevolmente l’alleanza Nato.

A fronte di tutto ciò, si può pensare che la Cina voglia scandagliare l’arsenale USA per avere migliore contezza del suo potenziale militare, o che voglia punzecchiare la Federazione per cambiare, inasprendoli, i rapporti. Un passo falso di Biden potrebbe diventare un espediente azionante Jinping, e chissà se addirittura l’occasione per aggredire una regione ideologicamente contesa.

 

Gabriele Nostro

Altri libertini: il romanzo ad episodi di Tondelli

Tondelli, visionario della letteratura contemporanea, per primo ha saputo raccontare il disagio giovanile. – Voto UVM: 5/5

È claustrofobico il contesto sociale e culturale che fa da scenario alle vite dei libertini descritti nell’opera prima di Pier Vittorio Tondelli.

Altri libertini è una raccolta di sei racconti o come direbbe l’autore, un vero e proprio romanzo ad episodi. Pubblicato nel 1980 fu dapprima sequestrato per oscenità e poi assolto dal tribunale, venendo giudicato dalla critica odierna come una delle opere migliori dell’ultimissimo decennio.

Ehi, ma ce l’hai, l’hai portata la mia “via di fuga”?

Siamo negli anni delle ribellioni giovanili alle impostazioni del “tardo capitalismo” e in un contesto del genere, governato dal rischio e dall’incertezza, se non hai vie di fuga devi essere in grado di crearle.

E il metodo prediletto dagli anti-eroi tondelliani è la droga: l’unica possibilità di evasione, capace di dilatare l’ormai “squallida” realtà.

“La droga prende bene e subito e comincia dalle gambe e poi sale sale e prende lo stomaco che ti senti come dopo un pranzo di famiglia e poi la testa e finalmente sballi e allora son tutte rose e fiori, davvero, no problem no cry”. (Senso contrario)

Quello descritto dal protagonista del “terzo episodio” del romanzo è un esempio di come il trip prodotto dalla droga, riesca a distorcere gli umori e la reale visione del mondo.

Ma è comunque il viaggio ad essere il vero protagonista di questo “film su carta”: è fuori casa che si realizza l’idillio tondelliano. In particolar modo l’Europa del Nord è la meta più ambita dai nostri personaggi.

“Scopriamo tutt’insieme la birra, il sesso, les trous”. (Viaggio)

Storie di un “verismo allucinato”

Tondelli con questo viaggio ha uno scopo ben preciso, quello di filmare gli altri. E non dimentica proprio nessuno: hippy, lesbiche, filosofi ed eroinomani, femministe, depressi, angosciati, nostalgici, dipendenti, studenti e figli. La sua intenzione è quella di raccontare le loro vite, i loro amori, le loro lacrime ed i loro sorrisi.

“E questi caromio, saranno i personaggi e le figure del nuovo cinema mio, il Rail Cinema, il DRUNK, very-drunk, CINEMA, ok?”. (Autoban)

E nel farlo cerca di immedesimarsi nella loro vita, un po’ come Verga ed altri esponenti del verismo fecero in passato.

Tondelli
Copertina “Altri libertini” di Pier Vittorio Tondelli. Casa editrice: Feltrinelli

Una ribelle umiliazione del corpo

Bisogna però evidenziare il fatto che Tondelli percepiva il corpo come un involucro, cosparso di vergognosa individuazione.

“Non ero proprio complessato ma terribilmente disturbato di avere un corpo”. (Pier Vittorio Tondelli)

E in tutta la raccolta ma ancora di più in Senso contrario, troviamo il tentativo da parte dell’autore di “fondere i corpi”, come ulteriore via di fuga dalla realtà.

In Altri libertini i personaggi vanno per tutto il tempo alla ricerca di loro stessi, utilizzando il loro corpo come un mero strumento: l’uso e il consumo del proprio corpo è una forma di conoscenza.

E lo fanno assumendo alcol e sostanze ma anche dando sfogo ai loro istinti sessuali. Tutti atti di violenza nei confronti di un io che a quanto pare non basta alla vita e che loro evidenziano disprezzando se stessi.

Tondelli: precursore di un espressionismo pop

Evidente è il richiamo che l’autore postmoderno fa alle altre arti, e in particolar modo non passa inosservato l’uso di esclamazioni onomatopeiche da fumetto.

Quindi non c’è da stupirsi se durante la lettura, ad un certo punto, iniziano a capitarci davanti scritte come: WoooWwww, aaaggghhh, BUUUUM!, scrash scrash; che pur non commentando l’azione ne diventano parte integrante.

Ma Tondelli, ideatore così di un espressionismo pop, lascia spazio anche ad un linguaggio più spinto. Così, proprio le bestemmie e il linguaggio grezzo dei protagonisti, diventano lo schiaffo più potente nei confronti di quella letteratura e quella poetica “elitaria” sconosciuta ai suoi libertini.

 

Domenico Leonello

“Concerti dell’Ateneo Messinese”: la 33° edizione

L’ateneo messinese è giunto alla trentatreesima edizione dello storico evento musicale: “I Concerti dell’Ateneo Messinese”. Quest’anno, per l’Ateneo, sarà un traguardo storico. Infatti, dall’anno della fondazione dell’Università, si è a ben 500 eventi. Un evento importantissimo e da sempre amato, se paragonato alla precarietà di molte altre iniziative. Con orgoglio la comunità messinese, invece, lo celebra ed è ancora molto affezionata a questo importante evento.

I concerti dell’Ateneo Messinese/ Gli spettacoli

L’Ateneo messinese, nel corso del programma, proporrà una serie di eventi di alto livello artistico organizzati in 12 appuntamenti affidati a musicisti di fama internazionale.

Dopo anni di forzate restrizioni, finalmente la città di Messina è pronta a riabbracciare lo storico evento che accompagna la città e la cittadinanza da oltre trent’anni. Infatti, oltre ai concerti che si svolgeranno nell’Aula Magna, si terranno, come di consueto, due eventi. Il primo di apertura e l’ultimo, di chiusura, presso l’Auditorium Polifunzionale del Polo Papardo.

Si tratterà rispettivamente di una serata dedicata alle Canzoni dei mitici Anni ’60 il 2 febbraio e di un Gran Galà della Lirica, con la partecipazione di affermati cantanti che calcano abitualmente i palcoscenici dei più importanti Teatri d’Opera nazionali ed esteri, il 4 maggio.

Inoltre, oltre a questi appuntamenti, ci saranno anche due concerti che vedranno, per la prima volta nelle nostre programmazioni, nonostante i tanti anni di attività, un coro Gospel, il 23 febbraio ed un gruppo di Ottoni il 30 marzo.  F

ra gli appuntamenti ci sarà, anche, un omaggio ad Ennio Morricone, condotto dall’attore Bruno Gambarotta il 2 marzo.

Ateneo messinese
Fonte: freepiks.com

La possibilità di ottenere CFU

Si ricorda a tutti gli studenti UniMe che si tratta di un’iniziativa che permetterà anche il riconoscimento dei Crediti Formativi Universitari extra. Sarà sufficiente assistere ai concerti, per poter ottenere,  fino a un massimo di 3 CFU. Si ricorda, inoltre, che tutti gli spettacoli avranno inizio alle ore 21 e sono completamente gratuiti.

Per ulteriori informazioni clicca qui

Di seguito il programma completo di tutta la stagione.

Alex Rozzato

3 videogiochi per chi non ha mai videogiocato

Oggi i videogiochi sono più popolari e vari che mai. Chi ha lasciato nel cassetto il controller o non ne ha mai toccato uno può trovarsi spiazzato. Com’è possibile, allora, oggi avvicinarsi per la prima volta al mondo dei videogiochi?
Esistono, in realtà, dei punti cardine nel mercato che hanno come filosofia la semplicità d’accesso. Dall’uscita della sua prima console, la Nintendo è rimasta il caposaldo dell’industria quando si è trattato di sviluppare giochi in grado di avvicinare chiunque. Il concept alla loro base è sempre stato ridotto all’osso e con al centro l’interazione tra il giocatore e l’ambiente che ha attorno.
I criteri che abbiamo usato per creare questa lista sono quindi i seguenti: semplicità d’accesso e qualità dei controlli; obiettivi chiari da completare durante il percorso; qualità degli incentivi dati al giocatore; struttura di gioco di base semplice alla base ma complessa all’apice.

It’s a me! Mario!

Il primo storico Super Mario Bros, uscito nel 1985, aveva un concept alla base minimale. Tutto era basato su pochissimi controlli: usa i tasti direzionali per muoverti a destra o a sinistra, il pulsante A per saltare e B per correre. Tutto qui. Nel mezzo, nemici e ostacoli da evitare e piattaforme su cui saltare col giusto tempismo.

Il motivo per cui un disegno cosi semplice è diventato la base per interi generi sta negli arricchimenti a questa base: ogni nemico sconfitto, invece che evitato, dona un punteggio, così come ogni moneta raccolta nel percorso; alcune piattaforme se colpite dal basso donano un potenziamento; alla fine di ogni livello un asta a cui aggrapparsi dona ancora più punteggio quanto più in alto si salta su di essa. Tutto questo viene poi arricchito ancora: ogni nemico abbattuto in sequenza aggiunge un moltiplicatore al punteggi; esistono altri bonus che permettono approcci ancora più vari; la varietà dei nemici aumenta ed ognuno di loro va sconfitto in maniera diversa.
Ma la scoperta più importante sono i segreti disseminati tra i livelli: esistono stanze segrete, nei livelli, per saltare intere sezioni del gioco o per ottenere immense quantità di monete. Tutti elementi che approfondiscono l’esperienza e premiano il giocatore. Il tutto usando solo sei tasti. Ed una macchina ad otto bit.

Primo livello di Super Mario Bros. Fonte: © Nintendo

 

Abbiamo descritto solo il primo capitolo perché su questi cardini si basano anche tutti gli altri videogiochi della serie: immediatezza, semplicità e ricompensa. Se volete giocare una delle miriadi avventure dell’idraulico italiano, vi consigliamo l’ultimo capitolo Odyssey, uscito su Nintendo Switch. Ma ogni Super Mario è un gioiello a se e anche andando a casaccio è impossibile sbagliare.

Link! Devi salvare la principessa Zelda!

La saga di The legend of Zelda basa tutto su una sensazione: la stessa che si prova da bambini entrando per la prima volta in una cantina polverosa o ammirando un nuovo paesaggio. Siamo un eroe senza nome, chiamato a salvare la principessa di un regno in rovina dalle grinfie di un oscuro demone.

Una premessa affidata nel primo gioco ad un testo che scorre dopo il titolo. Passato questo si viene catapultati nel mondo di gioco, senza una direzione e senza un aiuto se non il fidato manuale cartaceo. Vieni bloccato da un muro di nemici? Potrebbe non essere la strada giusta. Continui ad esplorare ed in una grotta trovi un personaggio: potrebbe darti indicazioni? Ad ovest si trova un grande albero cavo, e nelle sue profondità, dopo aver sconfitto il nemico a guardia ritrovi il primo pezzo della Triforza, reliquia leggendaria del regno, essenziale per sconfiggere Ganon. Il viaggio continua e le insidie aumentano e si diversificano, mentre tu avventuriero ti chiedi cosa si nasconda davvero dietro al cespuglio che hai appena trovato: l’ingresso segreto per una fonte fatata o un passaggio segreto per le montagne a Nord?
Il senso di scoperta è la colonna della saga di Zelda ed ogni capitolo lo ha declinato in ogni sua accezione, diventando caposaldo per tutti i videogiochi che abbia questi semplici elementi: una mappa, un personaggio ed un obiettivo enigmatico.

I primissimi minuti di The legend of Zelda. Fonte: © Nintendo

 

Il suo passaggio alla grafica 3D con Ocarina of Time nel 1998 ha portato all’evoluzione dell’intero medium anche in quel particolare periodo epocale. E recentemente Breath of the Wild uscito su Nintendo Switch ha portato a quello che noi consideriamo il coronamento di 30 anni di storia videoludica: mai una mappa è stata più esplorabile in ogni suo anfratto, mai l’esplorazione è stata più soddisfacente e mai un mondo è sembrato tanto reale per le possibilità date al giocatore di manipolarlo. È il capitolo che in assoluto consigliamo più della saga ed in questa lista. Se lo amerete, come crediamo farete, i classici vi faranno capire dove stanno le sue radici.

I migliori combattenti del mondo! Sono tutti qui!

Parliamo adesso di Super Smash Bros, il perfetto esempio di enciclopedia dei videogiochi. Si tratta di un platform fighter, sottogenere del picchiaduro. Diversamente da più giochi complessi come Tekken o Street fighter ha regole più basilari ed è più vicino al party game. Ha regole estremamente permissive e permette a chiunque di potersi divertire: vuoi fare giocare i cuginetti che vengono a trovarti per Natale? Buttali in arena impostando la casualità al massimo; vuoi divertirti da solo? Affronta la trama o sblocca tutti i personaggi e i segreti; vuoi sfidarti con un tuo amico in un incontro? Elimina tutti gli elementi di troppo e fa sì che siano i riflessi a comandare.
Qualunque approccio è consentito e per divertirsi è necessario solo capire con quale tasto muoversi e con quale tirare un destro.

Consigliamo questo titolo, però, in particolare per il lavoro di approfondimento fatto verso il medium. Il primo capitolo è nato per racchiudere le principali mascotte di Nintendo, ma presto i biglietti d’accesso al torneo sono arrivati a chiunque. Solid Snake di Metal Gear Solid che lotta contro Pikachu, Cloud di Final Fantasy che si scontra con Mario, o ancora R.O.B., periferica per le prime console Nintendo e Mr Game and Watch, basato sui proto-videogame degli anni ottanta, che diventano personaggi.
Ogni elemento di questo videogioco trasuda amore per il medium, dalle animazioni dei personaggi, alla raccolta degli oggetti collezionabili che spesso celano descrizioni degne di un manuale. È un vero diamante dell’industria e negli anni chiunque a fatto a gara per ricevere un invito.

Tutti i personaggi dentro a Smash Bros Ultimate. Fonte: © Nintendo / HAL Laboratory, Inc.

 

Il capitolo che consigliamo è l’ultimo uscito, ancora su Nintendo Switch: Super Smash Bros Ultimate. Contiene al suo interno più di un centinaio di personaggi giocabili, e una miriade di rimandi all’intero mondo dei videogiochi. È il più completo della saga, culmine di un lavoro enorme iniziato nel ’99.

 

Matteo Mangano

C’erano una volta i Maneskin: “RUSH!” sinonimo di esagerazione?

I Maneskin questa volta hanno osato troppo, facendo notare la loro mancanza di creatività. – Voto UVM: 2/5

 

Eccentrici, profondi, creativi e per nulla scontati: questi sono i Maneskin, o meglio, lo sono stati ai tempi dell’uscita del loro primo album, Il ballo della vita (2018).

All’epoca erano dei semplici kids from Rome appena usciti da X-Factor, con tante idee e con la voglia di “prendersi tutto”. Ora invece si sono presi tutto ma non hanno più idee. Dove sono finiti i nostri coatti e simpaticissimi Maneskin? A quanti, come me, mancano quei ragazzi?

“Se lo prendi con leggerezza, per quel che è, Rush! è un giro in una di quelle feste orgiastiche”. – (da un articolo di Rolling Stone)

È un po’ curioso il fatto che ascoltando RUSH! venga subito in mente Babylon, l’ultimo film di Damien Chazelle (qui la nostra eccentrica recensione). Quindi mi sono chiesto cosa mai possano avere in comune questi due prodotti, oltre a raccontare di orge intendo…

Capitolo 1: Marlena torna a casa…che il “brutto” qua si fa sentire!

Mi sorprende di come la band made in Rome sia passata dal fare canzoni come Torna a casa o Le parole lontane a pezzi tipo BLA BLA BLA (no, purtroppo non è quella di Gigi Dag)

“I wanna fuck, let’s go to my spot
But I’m too drunk and I can’t get hard”

Il brano altro non è che un imbarazzante susseguirsi di versi, di “fuck” e di “cock”. Insomma, siamo ormai lontani dai tempi in cui i Maneskin si facevano portavoce di sogni e di paure, d’amore e di libertà. Siamo lontani dai tempi in cui cantavano di Marlena.

E se dal punto di vista dei testi l’album è poco fantasioso anche musicalmente non rende. Detto ciò, mi trovo costretto a fare, nemmeno a metà recensione, un plauso all’assenza di creatività che è davvero di altissimo livello! L’unica canzone, forse, in grado di alzare l’asticella del disco poteva essere GOSSIP, che vanta il featuring di Tom Morello alla chitarra. Ma purtroppo, la collaborazione si limita ad un assolo di nemmeno 20 secondi.

Fa un po’ sorridere il fatto che l’unica sperimentazione forse mezza decente di tutto l’album sia stata KOOL KIDS. Una canzone dal retrogusto punk e con un intro di basso abbastanza convincente (brava Victoria), ma che purtroppo non è per niente in linea col resto dell’album!

Capitolo 2: Maneskin con o contro il sistema?

“Sarai qualcuno se resterai
diverso dagli altri”

Era il 2020 quando il fidanzato di Giorgia Soleri (ora sono pari) e la sua banda recitavano queste parole in VENT’ANNI, un altro dei loro successi inserito poi in Teatro d’ira – Vol. 1 (2021). Per molti l’album della ribalta, per me e pochi altri l’inizio del tracollo.

Damiano & Co, all’epoca usciti vittoriosi dal Festival di Sanremo e poi anche dall’Eurovision Song Contest, se le sarebbero dovute tatuare queste parole, dato che già ad un primo ascolto, la maggior parte delle canzoni di RUSH! danno la sensazione di essere un qualcosa di già sentito. E non me ne vogliate se ritengo che TIMEZONE sembri proprio la brutta copia di una canzone di Billie Eilish.

Sarà una conseguenza del fatto che ormai da tempo i Maneskin puntano al mercato internazionale, cercando di creare un nuovo tipo di pubblico. E non a caso la produzione dell’album è stata affidata proprio a Max Martin (già producer di Britney Spears, Taylor Swift, Lady Gaga, Katy Perry, ecc).

Capitolo 3: “RUSH!” è anche peggio di un film di Baz Luhrmann

Lo sapevate che i Maneskin si sono sposati? Ottima come strategia di marketing per l’album, – se solo ne fosse valsa la pena, – e ottimo anche per dimostrare a tutto il mondo (ancora?) quanto il look, quello esagerato, sia importante per loro.

Damiano e Thomas nella parte degli sposi, Victoria ed Ethan in quella delle mogliettine dall’abito bianco! Alla festa c’erano proprio tutti, dai Ferragnez a Paolo Sorrentino, e non poteva di certo mancare lui: Baz Luhrmann, che di recente se n’è uscito con un biopic su Elvis (se neanche questo è stato di vostro gradimento leggete qua), per cui i Maneskin hanno realizzato la canzone If I Can Dream.

E proprio come Luhrmann con i suoi film, i Maneskin con RUSH! hanno osato troppo. E anche IL DONO DELLA VITA, che dovrebbe essere la ballata per eccellenza dell’album, sulla falsa riga di Torna a casa e CORALINE, non convince abbastanza: troppo spinta per vestire i panni di una ballad.

Epilogo: siamo tutti (o quasi) troppo vecchi per i Maneskin… 

A differenza di molti altri artisti che presenziano l’odierna scena musicale, i Maneskin non devono dimostrare niente a nessuno, l’hanno già fatto in passato. Ora possono continuare a fare musica senza porsi nessun limite e soprattutto possono farlo a modo loro, divertendosi, come se fossero ad una festa di Damien Chazelle.

Anzi, abituatevi all’idea di ascoltare questi pezzi ovunque. Del resto, per le nuovissime generazioni i Maneskin continueranno ad essere rock e originali. Per il semplice fatto che questi giovani non hanno sperimentato il rock puro, non hanno nessun punto di riferimento. Questa per loro è vera musica perchè è l’unica che conoscono.

 

Domenico Leonello

Sbocciano nuovi artisti: l’esibizione al Messina Music contest è un concerto di passione

Meritata vittoria al “Messina Music Contest” per i tre finalisti: Arianna Nicita (prima classificata); Laura Celi (seconda classificata) e il gruppo Taurus Void (terzi classificati). La sera del 20 gennaio al Palacultura di Messina si sono esibiti all’insegna della musica dieci giovani artisti locali (Domenico Ieni, Laura Celi, Ludovico Parisi, Giuseppe Lo Presti, Ester Falzea, Skilla, Arianna Nicita, Paolo Muscarà, Fabio Porcino, Alex Fazio) e due gruppi (“AstriOpposti” e “Taurus Void”). Un divertimento a cielo aperto tra balli, scene teatrali, performance, imitazioni, giochi e sorprese.

Presentatori, giurie e pubblico. Tutti i protagonisti della serata

All’evento hanno partecipato come ospiti speciali Annalaura Princiotto (cantautrice) con Giorgio Alberti (chitarrista), e una giuria che, attraverso la propria valutazione, ha determinato la classifica grazie alla quale vari artisti hanno ricevuto un premio, una targa o premi in palio da parte degli sponsor (Greengea, il Bho, MyLillo, La Pineta Sport Club e molti altri). La giuria era composta da Paride Acacia, Sarah Lanza, Teresa Impollonia, Floriana Sicari e Nino Pipitò. L’evento è stato organizzato dall’associazione Crescendo Incubatore insieme alla collaborazione dei ragazzi facenti parte della Testata Multimediale UniVersoMe. Sono stati quest’ultimi a intrattenere il pubblico del Palacultura rendendolo non spettatore passivo bensì parte integrante della serata. I presenti hanno cantato la prima strofa del brano “La canzone del sole” scritta da Lucio Battisti, risolto degli indovinelli, ed infine fatto da giuria esprimendo la propria preferenza attraverso un link indicato dai presentatori. La platea si è dimostrata molto interessata, concentrata, attenta e divertita, pronta a battere le mani e a incoraggiare gli artisti.

 

Le interviste di UVM ai ragazzi in gara

Il team della redazione UniVersoMe ha inoltre effettuato delle interviste agli artisti in gara, i quali si sono dimostrati cordiali e soddisfatti delle domande insolite e curiose.

Ai quesiti “se dovessi andare a Sanremo di chi vorresti fare la cover? e con chi vorresti fare il duetto? puoi farci una lista di almeno cinque persone famose che vorresti fra il pubblico ad un tuo concerto? una canzone che avresti voluto scrivere tu?” gli artisti si sono sbizzarriti con l’immaginazione.
Paolo: se dovesse andare a Sanremo vorrebbe fare la cover dei Stills o dei Pink Floyd e duettare con Andy Timmons. Le persone famose che vorrebbe a un suo concerto sono: il suo maestro di chitarra, David Gilmour, Andy Timmons, Stills e i suoi genitori. Mentre la canzone che avrebbe voluto comporre lui è “Il Testamento di Tito” di Fabrizio De Andrè;
Ludo: se dovesse andare a Sanremo vorrebbe fare la cover di Lazza e duettare con Laura Pausini. Le persone famose che vorrebbe a un suo concerto sono: Sfera Ebbasta, Marracash, Guè Pequeno, Eros Ramazzotti, Tha Supreme. Mentre la canzone che avrebbe voluto scrivere lui è “Niente canzoni d’amore” di Marracash. Afferma inoltre che il posto più bello in cui ha cantato è stato in Puglia, ad un contest precedente alla live di Salmo;
Domenico: se dovesse andare a Sanremo vorrebbe fare la cover al piano “You are the Reason” di Calum Scott e duettare con una voce femminile leggera per accompagnare il piano. Le persone famose che vorrebbe a un suo concerto sono la sua famiglia e i suoi amici. Ha composto due inediti, di cui uno intitolato “Leggerezza”, ispirato alla falsa sensazione della vita frivola ma altrettanto difficile;
Manuel: Se dovesse andare a Sanremo vorrebbe fare la cover di Nirvana e duettare con Michael Jackson. Le persone famose che vorrebbe a un suo concerto sono la sua famiglia, i suoi amici e Jimi Hendrix. Mentre la canzone che avrebbe voluto scrivere lui è “I Don’t Want to Miss a Thing” di Aerosmith. Il posto più bello in cui ha cantato è stato il Teatro ABC di Catania;
Antonella: se dovesse andare a Sanremo vorrebbe fare la cover dei Green Day e duettare con Chester Bennington. Le persone famose che vorrebbe a un suo concerto sono lo stesso Chester Bennington, oltre alla sua famiglia e ai suoi amici. La canzone che avrebbe voluto comporre lei è “Numb” dei Linkin Park. L’emozione più bella per Antonella è stata al Duomo di Messina mentre si esibiva con i Taurus Void.
Andrea: se dovesse andare a Sanremo vorrebbe fare la cover e cantare con Phil Collins. Le persone famose che vorrebbe al suo concerto sono ovviamente Phil Collins, ma anche Robert Plant, John bohnam, e Gianni Morandi. La canzone che avrebbe voluto comporre lui è “Every Breath You Take” dei The Police;
Gabriele: vorrebbe duettare con Salmo. Le persone famose che vorrebbe al suo concerto sono: Travis Barker, Peter Steele, Tony Iommi, Danny De Vito. La canzone che avrebbe voluto comporre lui è “Bleed” dei Meshuggah;
Annalaura e Giorgio: se dovessero andare a Sanremo vorrebbero fare la cover di Claudio Baglioni “Questo piccolo grande amore”. Annalaura vorrebbe duettare con Ultimo. Le persone famose che vorrebbe a un suo concerto sono: un produttore della Sony, Giovanni Caccamo, Guns N’ Roses, Claudio Baglioni e Laura Pausini. Giorgio come persone famose al suo concerto vorrebbe Slash, Guns N’ Roses, Laura Pausini, Prince. La canzone che Annalaura avrebbe voluto scrivere è “I just died in your arms” di Cutting Crew; invece Giorgio avrebbe voluto scrivere lui “November Rain” di Guns N’ Roses. Anche Annalaura afferma che il posto più bello in cui ha cantato è stato Sanremo mentre Giorgio presume Militello Rosmarino e Piazza Duomo di Acireale.
Infine per concludere l’intervista è stata fatta la fatidica domanda “Pensate che con l’evento di questa sera potreste essere di ispirazione ai ragazzi di oggi? Tutti gli artisti intervistati hanno affermato che il loro obiettivo è essere di ispirazione a tutti i giovani che si cimentano in questa arte, scoprire nuovi talenti e accendere passioni.

 

 

 

Formica Myriam

Calandra Giulia

Babylon: gli eccessi della Hollywood dei roaring twenties

Babylon è tutto: eccentrico, a tratti eccessivo, fedele alla realtà, ma soprattutto mantiene salda l’attenzione dello spettatore. Voto UVM: 5/5

 

In un turbinio di luci, musica, balli e piaceri, Babylon è un’esperienza audiovisiva che porta lo spettatore in un’epoca di sfarzo e lussuria: la Hollywood degli anni ’20. Scritto e diretto Damien Chazelle, più giovane vincitore del premio Oscar per miglior regia fino ad ora (Whiplash, La La Land), Babylon è, con i suoi 189 minuti, un’opera imponente. Il film ha riscontrato già da subito una buona accoglienza da parte della critica, aggiudicandosi numerose candidature ai Golden Globe, Critics’ Choice Awards e BAFTA. Ciononostante, la pellicola non ha riscontrato il successo sperato in fatto di incassi, probabilmente per via del grande successo di Avatar- la via dell’acqua.

Nel cast si ritrovano alcune delle più grandi stelle del cinema Hollywoodiano contemporaneo: Brad Pitt (Mr e Mrs Smith) nei panni di Jack Conrad, Margot Robbie (Amsterdam) nel ruolo di Nellie Leroi e Tobey Maguire in quello di James McKay.

Babylon
Nellie Leroi in una scena del film. Fonte: Paramount Pictures, Marc Platt Productions, Material Pictures, Eagle Pictures

Babylon: dal cinema muto all’avvento del sonoro

Il film si apre nel culmine degli eccessi: in una strabiliante festa. Tutta la ricca Hollywood si rifugia la sera in un circolo di droghe di ogni tipo, libertà sessuale ed eccessi di ogni tipo; qui si intrecciano le storie di tre figure focali del film. Jack Conrad è una stella del cinema muto, con una certa passione per l’alcol ed alcuni problemi nelle relazioni di coppia; Manuel Torres è un giovane cameriere di origini messicane, con l’ambizione di lavorare nel cinema, di sentire di far parte di qualcosa di più grande. Come Manuel anche Nellie Leroi, bella e determinata, vuole farsi strada nel mondo del cinema, fino a diventare una star.

Proprio nel quieto devasto dopo la festa, Nellie otterrà il suo primo ruolo, trampolino di lancio per la sua carriera. Anche Manny (Manuel) ottiene un biglietto di entrata al parco giochi, che è il set cinematografico, grazie allo stesso Conrad, che lo prende in simpatia e lo aiuta a raggiungere le sue aspirazioni. Ma in una società che cambia, in un cinema che cambia con l’avvento del sonoro, anche le grandi star possono tramutarsi in stelle cadenti e finire nel dimenticatoio.

La parabola del successo

“Ti è stato fatto un dono, avevi i riflettori. Vivrai per sempre nella pellicola.” – Elinor St John a Jack Conrad

Babylon presenta quattro differenti storie di successo: quattro figure che, una volta raggiunto l’apice, decadono miseramente dimenticate dal pubblico. Prima fra tutte Jack Conrad; attore desiderato da tutti i registi, star del cinema muto, non riesce ad adattare il suo talento con l’avvento del sonoro. Determinante è la scena in cui Conrad, osservando gli spettatori in una sala di un cinema guardare un momento particolarmente commuovente della pellicola, semplicemente ridono. La stessa critica amica dell’attore Elinor St John (Jean Smart) lo abbandona, dipingendolo come una star decaduta. La St John considera il destino di Conrad ormai segnato: ciò nonostante, pur avendo perso il suo successo, l’attore rimarrà impresso nella storia del cinema grazie ai suoi film.

La stessa Nellie non riesce a sopportare il peso delle critiche e finisce in un vortice di alcol, droga e gioco d’azzardo, trasportando con sé Manny, innamorato di lei. L’unico che si mantiene indenne dalle influenze dell’ambiente hollywoodiano è il trombettista Sidney Palmer (Jovan Adepo).

Babylon
Manny e Nellie alla festa. Fonte: Paramount Pictures, Marc Platt Productions, Material Pictures, Eagle Pictures.

Da Babilonia ad una società moralista

Un altro fattore focale in Babylon è l’evoluzione che si crea nella Hollywood dagli anni ’20 agli inizi degli anni ’30. Se prima vigevano gli eccessi e la libertà assoluta nei piaceri, si nota come, con l’avvento del sonoro, anche la società tende a modificarsi. Il pubblico stesso inizia a richiedere una maggiore moralità nel cinema e negli attori, e molte figure, come Nellie, hanno difficoltà ad adattarsi ad una nuova società moralista ed ipocrita. Pur cercando di modificare il proprio comportamento, considerato ora rozzo e volgare, l’attrice finirà per rigettare la nuova moralità.

Il cambio di rotta a Hollywood si può notare ancora più chiaramente dagli eventi: se prima le feste erano tanto sfarzose da sembrare quasi delle sorta di orge, in un secondo momento si preferiscono eventi più pacati, caratterizzati da una visione snob e classista.

Un tripudio di colori

In questa lunga dedica alle origini del cinema, Babylon è costellato da varie tecniche cinematografiche e sperimentazioni da parte del regista, che rendono il film alquanto originale. Le scene delle vecchie pellicole mute vengono portate sul grande schermo in bianco e nero, rispettando le inquadrature e lo stile dell’epoca.

Ma ciò che rende veramente unica la pellicola è il finale: senza fare alcuno spoiler, si anticipa solamente la presenza di una totale esplosione di colori, con una sequenza di scene che hanno fatto la storia del cinema. Come dice la stessa St John a Conrad nel film “ è più grande di te, è più grande di tutti noi”: non si tratta di un singolo attore, o di una singola pellicola, ma del cinema in se.

A dare un tocco di colore in più contribuisce anche la grande performance di Margot Robbie nel ruolo di Nellie: l’attrice costruisce una nuova diva, dalla bellezza magnetica ed accattivante, ma pur sempre autonoma nelle proprie scelte e dall’animo forte e determinato.

Babylon: tratto da una storia vera

Ciò che rende la pellicola di Chazelle ancora più strabiliante ed un po’ sconvolgente per lo spettatore è il fatto che ci sia un certo grado di verità nei fatti del film. Si pensi alla figura di Nellie Leroi: lo stesso regista ammette di aver costruito la figura della star sul modello della diva Clara Bow. Altro esempio di personaggio realmente esistito è la scrittrice Elinor St. John, nella realtà Elinor Glyn, mentre l’attore Jack Conrad sembra essere ispirato all’attore John Gilbert.

Ma ciò che sorprende più di tutto è la veridicità della Hollywood-Babilonia: questa espressione, coniata dal regista Kenneth Anger, sembra rappresentare la realtà di una Hollywood fuori controllo. Dopo lo scandalo che coinvolse il comico Fatty Arbuckle per l’omicidio di un’attrice durante una festa, gli studios decisero di cambiare rotta, ristabilendo l’ordine. Il sentimento per un maggiore contegno da parte delle star sfociò infine in un vero e proprio Codice di produzione.

 

Ilaria Denaro

La vita bugiarda degli adulti: una realtà spigolosa ma vera

 

Un dramma di formazione. Una realtà dura, cruda e vera quella raccontata dalla serie tv. Una sola pecca: il ritmo dei primi due episodi che rallenta di poco l’iniziale coinvolgimento. Voto UVM: 4/5

 

Tra dolci bugie e amare verità! È finalmente disponibile dal 4 gennaio la nuova serie italiana originale Netflix, tratta dall’omonimo romanzo di Elena Ferrante: La vita bugiarda degli adulti. Dopo il successo della fiction L’amica geniale, un’altra opera della scrittrice, senza volto e identità, viene adattata al piccolo schermo.

La serie è suddivisa in sei episodi, ognuno di essi tratta una particolare tematica: la bellezza, la somiglianza, l’amarezza, la solitudine, l’amore e la verità. La regia del talentuoso Edoardo De Angelis e la sceneggiatura di Francesco Piccolo e Laura Paolucci, ci conducono in un’esperienza visiva più vicina alla realtà che alla finzione.

Un po’ come se fosse un racconto di formazione, la serie mette in risalto quel particolare passaggio dall’infanzia all’adolescenza di una ragazza ribelle come Giovanna Trada (Giordana Marengo), in una Napoli tutta anni ‘90. È continuo il confronto generazionale, tra fedeltà e tradimento, tra saggezza e ignoranza, tra ricchezza e povertà, tra ribellione e accondiscendenza. Il rapporto è perfettamente rappresentato da Giovanna e dalla zia Vittoria (Valeria Golino): figure diverse all’apparenza ma che in fondo si dimostreranno più simili del previsto.

La trama: da un’infanzia ovattata ad un’adolescenza rivelatrice

Quando si è piccoli tutto ci sembra grande. Quando si è grandi tutto ci sembra piccolo, quasi privo di senso!

Questa è una frase “mantra” della serie, ripetutamente proposta come a circostanziare le prospettive sfalsate dell’età. A pronunciarla è la protagonista tredicenne, Giovanna, nata e cresciuta nella “Napoli bene” (a Vomero, una zona ricca della città). Capelli corti, occhi penetranti e un look da vera ribelle: Giovanna è soltanto un’adolescente alla ricerca della propria identità.

Andrea e Nella sono i genitori, entrambi docenti di liceo. Il padre, interpretato da Alessandro Preziosi è un uomo colto, di sinistra, una persona ben costruita ma poco leale. La madre, Nella (Pina Turco), oltre ad essere insegnante, per arrotondare fa la traduttrice di romanzi stranieri. Follemente innamorata del marito, con la figlia è una madre attenta e comprensiva. Ma non accetterà poi il rapporto che quest’ultima instaurerà con la zia, vedendola come una minaccia per i successi di Andrea.

Uno scatto con alcuni personaggi della serie. Fonte: TvBlogo. Casa di produzione: Fandango. Distributore ufficiale: Netflix.

Il passaggio adolescenziale farà calare il rendimento scolastico di Giovanna che inizierà sempre più a prendere le sembianze di sua zia Vittoria. Infatti, proprio nell’incipit sia del romanzo che della serie, Giovanna sente il padre dire

si sta facendo la faccia di Vittoria…

Quest’ultima, sorella di Andrea, ha il volto censurato in tutte le foto di famiglia. È da sempre stata la zia innominabile, quella di cui la famiglia Trada non parla da anni. Mai conosciuta da Giovanna poiché rappresenta una figura “scomoda” per loro.

È proprio questa nube di mistero nei confronti della zia che incuriosisce Giovanna. Entrambe si incontrano, per concessione del padre, una domenica mattina in un quartiere malfamato della Napoli dei rioni (Poggioreale). Da quell’incontro Vittoria accompagnerà la nipote in un viaggio introspettivo, tra luci ed ombre, tra i primi amori e le prime esperienze sessuali: un nodo da dover sciogliere. In un mondo fatto di maschere, sarà proprio lei a rivelarle “la vita bugiarda degli adulti”.

Una città dai due volti: è una storia già vista, già sentita?

Da una parte una Napoli alta, borghese e costruita, dall’altra una Napoli bassa, malfamata ma vera. Sono due facce di una stessa medaglia che influenzeranno il percorso della protagonista. Napoli è una città dell’anima, anzi come direbbe la pungente Vittoria:

dell’anima ‘e chi v’è muorto

Per gli amanti della Ferrante si sa bene che molte tematiche e luoghi cari alla scrittrice, riecheggiano anche qui: il disagio adolescenziale, tra inquietudini e difficoltà; la condizione femminile, alla ricerca di un’identità da donna matura; la marginalità urbana, e il problema delle condizioni sociali.

La serie ci ricorda un racconto di formazione napoletana breve e coinciso ma simile, per alcune sfaccettature, al precedente successo internazionale, L’amica geniale, con la regia di Daniele Lucchetti. La timeline lega di certo i due racconti che convivono nello stesso emisfero, nonostante abbiano una linea temporale diversa. L’ambientazione, i colori, le musiche, la vita nei rioni forse ci potrebbero riportare all’epoca di Lila e Lenù. Anche la stessa zia Vittoria, col suo modo di fare e il suo linguaggio dialettale, ci ricorda un po’ con minore tragicità la Lila più matura dell’ultima stagione de L’amica geniale.

Il primo incontro tra Giovanna e la zia Vittoria. Casa di produzione: Fandango. Distributore ufficiale: Netflix.

Per l’atmosfera, i luoghi, i personaggi ci starebbe anche un paragone con l’opera di Paolo Sorrentino È stata la mano di Dio, candidata agli Oscar e distribuita sempre da Netflix. Tra adolescenti che scorrazzano sempre in motorino con cuffiette in testa e borghesi benestanti che si dichiarano comunisti.

La vita bugiarda degli adulti: non è una copia ma una realtà ribaltata!

Nonostante tutto il tono dato al romanzo e, alla serie, è allo stesso tempo diverso da delle possibili copie. Come ha affermato il regista De Angelis, in conferenza stampa a Roma:

In questa storia Elena Ferrante gioca con il paradosso della realtà sistematicamente ribaltata o aberrataseguendo la sola regola del proprio interesse. Nel vortice melmoso di adulti ossessionati dall’autorappresentazione di se stessi come giusti, onesti, sinceri. Giovanna scopre che la vita è sporca, puzza e certe volte è pure brutta.

Le bugie, come ben sappiamo, a forza di essere raccontate possono diventare verità. Queste menzogne truccate sono spesso alla base dei rapporti sociali, sia in famiglia che fuori. In fondo tutti, grandi e piccoli, abbiamo la necessità di dover crescere, sbagliare, imparare e riprovare. Questa storia vuole mettere in evidenza proprio questo!

Anche se non sei un* “Ferrante Fever” sono sicura che questa serie potrebbe contagiarti! Fai play, cosa aspetti? Ecco a te il trailer ufficiale.

 

Marta Ferrato

Guè ritorna con Madreperla

Il miglior album di Guè, in cui il rapper si mette a nudo, mostrandoci le sue fragilità e le sue paure- Voto UVM: 5/5

 

Il re è tornato! Guè, dopo tredici mesi dal precedente album Guesus, è ritornato sulle scene col suo decimo lavoro da solista: Madreperla. Definito già da molti critici musicali come come uno dei migliori album dell’ex membro dei Club Dogo.

Guè non ha bisogno di presentazioni, essendo uno dei migliori artisti presenti al momento sulla scena musicale italiana, che con i suoi testi “accattivanti” ci porta dentro al suo mondo. Il rapper milanese con la sua arte ogni volta ci fa vedere una nuova parte di sè.

Un disco che non si lega ai canoni del consumismo e al mondo dei social. Quello di Guè è un lavoro autentico, un inno per generazioni. Madrepaerla, prodotto da Bassi Maestro non può che essere una certezza! Ormai i due lavorano insieme da anni; sono una coppia che funziona, come possiamo ascoltare in questo ultimo capolavoro.

“Dal punto di vista artistico, passionale e culturale è perfetto. Ci siamo divertiti tantissimo a farlo, non abbiamo avuto limiti e ci siamo espressi al meglio in quanto cultori della cosa. Ci fa sentire molto 2003, è un disco super hip hop che però non vuole essere una martellata sull’anima. È fatto da due pro, io mi sono misurato finalmente con quello che volevo”. (Guè su Madreperla)

Il rapper milanese Guè (Cosimo Fini). Fonte: lecconotizie.

Dentro l’album

Nel bar luci gialle, Blade Runner
Sono quasi alla tua bocca, a due spanne
Mentre ti parlo, ti guardo, ti mordi il labbro

Un ritorno stile old school, in cui Guè ci regala 12 tracce, tra cui sette featuring con nove grandi artisti, da Napoleone a Paky, che hanno fatto letteralmente impazzire il mondo dei social. Specialmente quello con Anna & Sfera Ebbasta in COOKIES N’ CREAM, pezzo interessante e coinvolgente.

  1. PREFISSI
  2. TUTA MAPHIA (feat. Paky)
  3. MI HAI CAPITO O NO?
  4. COOKIES N’ CREAM (feat. Anna & Sfera Ebbasta)
  5. NEED U 2NITE (feat. Massimo Pericolo)
  6. LÉON (THE PROFESSIONAL)
  7. FREE (feat. Marracash & Rkomi)
  8. MOLLAMI PT.2
  9. LONTANO DAI GUAI (feat. Mahmood)
  10. CHIUDI GLI OCCHI (co-prodotto da Shablo)
  11. DA 1K IN SU (feat. Benny The Butcher)
  12. CAPA TOSTA (feat. Napoleone)

Traccia dopo traccia, Guè ci porta in un mondo diverso e ogni canzone ha la capacità di catturare a pieno l’ascoltatore. Testi interessanti che spaziano dall’amore alla solitudine. Non c’è alcun bisogno di mettere in pausa o di saltare da una traccia all’altra: mettetevi comodi, andate a correre, prendete la macchina o fate una passeggiata e ascoltate l’album tutto d’un fiato. In meno di 40 minuti, Cosimo Fini (questo il vero nome di Guè) ci regala 12 storie diverse fra di loro. Uno dei brani più interessanti è Lontano da Guai, con la voce unica di Mahoomod. Probabilmente una delle canzoni più intime dell’album! Qua, il rapper si confessa, mostrandoci tutte le sue debolezze: l’amore per sua figlia e il dolore per la scomparsa del padre.

Non te la prendere se ti ho messo in attesa
Continui a credere, sia la solita scusa
Lontano dal cash, dai guai
Non fare mai lo sbaglio di buttare anni

Il lancio di Madreperla

Nessuno si sarebbe aspettato questa nuova chicca da parte del rapper milanese. Immaginate di entrare sui social e di trovare un video in cui il mitico Jerry Calà, che interpreta il direttore di un hotel, accompagna noi “utenti” su e giù all’interno del residence. Nelle corso del video possiamo intravedere i personaggi più importanti della scena rap italiana che faranno parte di Madreperla, e ultimo ma non meno importante si arriva a Guè. Un modo simpatico e originale per annunciare il nuovo album, diventato subito virale in pochissime ore.

La copertina dell’album

Se le canzoni sono un capolavoro, per la copertina Guè non ce l’ha proprio fatta. Nella cover vediamo il re del rap dentro la galleria di Milano. Lui al centro col suo solito sguardo beffardo che da sempre lo contraddistingue e dietro due ragazze con vestiti succinti, pronte a soddisfare ogni bisogno del loro “pappone”. Una copertina che non ha niente a che fare con l’arte a differenza della cover di Flop, disco di Salmo. Quest’ultima ritrae niente di meno che l’opera de L’angelo Caduto del pittore francese Alexander Cabanel.

Nonostante ciò, Guè non ci ha delusi e con Madreperla ha scritto una lettera d’amore per tutti noi e per i suoi cari.

 

Alessia Orsa

Messina Music Contest: un’opportunità per le giovani promesse!

Si svolgerà a Messina presso il Palacultura, venerdì 20 gennaio dalle ore 21:00, il Messina Music Contest, un concorso musicale promosso dall’associazione giovanile Crescendo incubatore di idee composta da circa trenta ragazzi tra i 18 e i 24 anni. Essi sono stati già protagonisti in città organizzando, in collaborazione con l’Università degli studi di Messina, gli UniMe Games nel mese di ottobre. Il progetto, che è stato già lanciato sui social nel mese di novembre, si propone come un’occasione per i giovani artisti in gara di mettersi in mostra e la vincitrice o il vincitore avrà la possibilità di incidere un brano presso la sala di registrazione Atomizer Studio di Joe Nevix, dj e produttore messinese, e sarà intervistato in radio per UniVersoMe! Oltre alle esibizioni canore e musicali, ci sarà spazio per alcune forme di intrattenimento comico.

Gli artisti in gara e la giuria

In questa edizione del Messina Music Contest, saranno 12 gli artisti in gara, divisi tra cantanti, band e strumentisti:

Domenico Ieni
Gli AstriOpposti
Laura Celi
Ludò
I Taurus Void
Giuseppe Lo Presti
Ester Falzea
Skilla
Arianna Nicita
Paolo Muscarà
Fabio Porcino
Alex Fazio

A dar loro i voti sarà la giuria, composta da Floriana Sicari, soprano e docente di Arte scenica al Conservatorio di Messina “Arcangelo Corelli”; Paride Acacia e Sarah Lanza, docenti dell’Accademia “On-stage”; Nino Pipitò, DJ e producer, e Teresa Impollonia, direttrice di Radio Zenith Messina. Durante l’evento, gli artisti verranno intervistati da alcuni dei nostri collaboratori del giornale e della radio.

Da noi di UniVersoMe, un grosso in bocca al lupo a tutti i partecipanti!

 

          Federico Ferrara