Torre Faro: da traliccio della luce a simbolo di una città

Che cos’è il Pilone di Torre Faro?

Il Pilone di Torre Faro, nato come semplice traliccio della luce con lo scopo di trasferire l’energia elettrica dalla Sicilia alla Calabria (nella quale si trova un secondo Pilone, leggermente più piccolo ma posizionato ad un’altezza maggiore dal livello del mare), oggi è un importante simbolo per la città di Messina che, soprattutto durante la stagione estiva, si popola di giovani e di turisti. Da qui nasce la necessità di rendere questa struttura una vera e propria destinazione.

Nonostante ciò esso, insieme a tutta la frazione che lo ospita, si presenta in uno stato di abbandono in quanto poco attenzionato dall’amministrazione locale a causa della sua lontananza dal centro della città.

Pilone di Torre Faro. Vista dai Laghi di Ganzirri
Pilone di Torre Faro. Vista dai Laghi di Ganzirri. Fonte: riservacapopeloro.com

Storia e turismo

Progettato nel 1948 e costruito tra il 1951 e il 1955, venne ufficialmente inaugurato il 15 maggio 1956, in occasione dell’anniversario dell’autonomia della Regione Sicilia.

Alto ben 232 metri (in confronto a quello calabrese di 224 metri) e con una piattaforma in calcestruzzo armato formata da quattro cassoni che arrivano fino a 20 metri sotto il livello del mare, esso vinse il premio Aniai 1957 per la miglior realizzazione di ingegneria elettronica italiana.

Nel 1985 la sua funzione venne sostituita da un collegamento sottomarino, per cui nell’estate del 1999 venne dismesso. Nonostante esso non abbia più nessun utilizzo, fu deciso di non demolirlo, anzi, nel dicembre dello stesso anno iniziarono i progetti volti a valorizzarlo come elemento simbolo della città messinese ed entrò a far parte del patrimonio comunale. Tra le principali attività fin ora proposte, anche se attuate per un breve periodo e successivamente bloccate a causa di processi burocratici, ci sono un impianto di illuminazione lungo tutta la struttura e la possibilità per i visitatori di salire fino in cima per godere del suggestivo paesaggio dello Stretto.

Progetti di valorizzazione futuri

L’associazione Proloco Capo Peloro, che da anni opera sul territorio in cui è ubicato il Pilone, si è dimostrata aperta ad una collaborazione con l’ Università degli Studi di Messina, chiedendo direttamente agli studenti di proporre un insieme di attività realizzabili per dare una nuova vita alla struttura e alla zona circostante ad essa. A seguito di ciò, gli studenti hanno accolto con entusiasmo il progetto e si sono suddivisi in team.

Il Team SBC (di cui faccio parte) ha mostrato particolare interesse al contesto in cui si trova Torre Faro e tutta la città messinese, comprendendo che probabilmente la sua più grande difficoltà è la lontananza dal quadro tipico siciliano composto da arte e cultura millenaria di cui a Messina non c’è quasi più traccia. Conseguentemente, credo che la scelta ottimale sia operare attraverso la congiunzione tra tradizione e modernità, di cui si contraddistingue questa città emblematica.

Pilone di Torre Faro. Vista dall'alto
Pilone di Torre Faro. Vista dall’alto. Fonte: messinaoggi.it

Testimonianze degli abitanti

Dopo aver condotto delle analisi sul posto ed essermi interessata alla popolazione locale, riporto alcuni frammenti di interviste che mi hanno particolarmente colpita:

“All’inizio è stato un disastro per il Paese, poi ha avuto un impatto positivo soprattutto per l’economia e per i pescatori. i pescatori quando andavano a mare prendevano il Pilone come punto di riferimento.” 

“Per come è composto questo Paese potrebbe essere il più bello del mondo, ma è abbandonato. Se facessero dei lavori non ci sarebbe posto più bello di questo. Qui può nascere un cosa immensa.”

“Se facessero qualcosa per valorizzarlo sarebbe un impatto positivo per il lavoro giovanile e per il turismo. Le opere pubbliche che portano lavoro e turismo devono essere sempre ben accolte.”

“Ormai siamo abituati, questo è il nostro simbolo, senza Torre Faro non sarebbe la stessa.”

Conclusioni

Oggi il Pilone di Torre Faro si presta ad essere meta di piccoli flussi turistici grazie alla crescente realizzazione di eventi come festival musicali. Aiutata dal meraviglioso panorama dello Stretto, questa piccola frazione messinese può puntare ad essere un’importante destinazione destagionalizzata e internazionale.

Antonella Sauta

Fonti:

https://www.ganzirri.it/

https://www.letteraemme.it/maipiuscempi-il-pilone-di-torre-faro-e-le-sue-immense-potenzialita-non-sfruttate/

Lo Stato Sociale: la rivoluzione dello “Stupido Sexy Futuro”

 

Lo Stato Sociale torna alla ribalta con un album che torna alle origini, confermandosi la vera anima rivoluzionaria e indipendente della scena musicale italiana. – Voto UVM: 5/5

 

Tornano ad accendersi i riflettori sulla band più irriverente d’Italia, dopo un’attesa durata sei lunghi anni, era infatti il 2017 quando uscì Amore, lavoro e altri miti da sfatare, Lo Stato Sociale torna alla ribalta con un nuovo album d’inediti, Stupido Sexy Futuro

Ma bando alle ciance, immergiamoci all’ascolto e all’analisi di questa nuovo pezzo di rivoluzione

Ma che “Stupido Sexy Futuro”

L’album, pubblicato il 5 maggio sotto la Garrincha Dischi,  si compone di 11 brani, molti dei quali cantati con amici vecchi e nuovi, sono ben 7 le collaborazioni: Management, CIMINI, Drefgold, Mobrici, Naska, Vasco Brondie e Andrea Appino (in qualità di produttore). 

In quest’album, i regaz tornano più alternativi che mai, come dei veri anti-supereroi della società odierna. 

Infatti, Stupido sexy futuro, si propone come un album che scava dentro, spogliandosi di ogni possibile ipocrisia e senza peli sulla lingua, ironico, dissacrante ma allo stesso tempo intimo, con dei pezzi che colpiscono dritti al cuore. Insomma, il disco racconta il riscatto di quello Stato Sociale che poteva diventare una band commerciale  e quello che ha deciso di essere: un gruppo di ribelli che non vuole conformarsi ai numeri di massa, ai target e soprattutto portare una musica in cui ognuno possa identificarsi, come dichiarato dalla band:

“Il futuro è così: attraente e infame, ti invita ad affrontarlo per poi farti lo sgambetto. Ma il futuro c’è, non siamo senza futuro. Il futuro ci sarà, sarà deludente e allo stesso tempo così dannatamente sexy. Il presente è un futuro che non ce l’ha ancora fatta. Inizia il secondo tempo della nostra vita artistica, quella fase in cui si passa da giovani promesse a soliti stronzi, con un disco che racchiude tutte le cose che non troverete altrove: politico e sentimentale, intimo e sociale, stupido, sexy, futuro. Noi umili emiliani speriamo solo di poter entrare nelle orbite del cuore di qualcuno che vorrà ascoltare”.

Tra polemica, politica e…

Già dal primo brano, Lo Stato Sociale mostra le sue vere intenzioni, con La musica degli sfigati che si avvale della collaborazione dei Management, lancia direttamente l’arco contro il mercato musicale odierno, criticando la musica mainstream e i colleghi che la fanno:

Mi piace la musica sporca, cantata e suonata male
Fatta con tre euro, che ti spacca le orecchie e il cuore
La musica fuori dalle radio, dalle playlist, dalle classifiche virali
Che non parla di quanto scopi, di quanto sei ricco e famoso

Ma non è solo la musica il bersaglio,  sono infatti diverse le tracce che ci riportano indietro nel tempo, a quello Stato Sociale che tanto ci ha fatto innamorare, quelle connotate dalla critica politica. Con Pompa il debito e Anche i ricchi muoiono, due ballate “così indie”, Bebo e Albi sparano a zero: il primo sulle ipocrisie della società odierna, il secondo contro i super ricchi del nostro tempo.

Con Ops, l’ho detto, che si avvale delle voci di Cimini e Drefgold, il brano più dissacrante dell’album, il gruppo bolognese rompe ogni politicamente corretto:

Per la musica ma anche per il successo
Per l’amore ma più spesso per il sesso
Chi parla di famiglia naturale è un gay represso

L’altro pezzo forte dei regaz è l’autoironia, prendendosi in giro in modo intelligente e ponendosi in empatia con l’ascoltatore, è il caso di Vita di m3rda 4ever.

Amore 

Ma, come in qualsiasi album dello Stato Sociale che si rispetti, non poteva mancare l’introspezione intima e romantica del nostro Lodo, che ci regala una nuova Niente di Speciale, con una storia particolare dietro:

Sono stato quattro anni con una ragazza. Ho fatto dei gran casini. L’ho tradita, ho scritto niente di speciale, mi ha chiesto almeno non cantarla tu. Ci siamo amati, ci siamo fatti male. È finita a pochi giorni dal suo compleanno. Preso dal senso di colpa, mi sono rifugiato a Livorno per due giorni. Ho bevuto il mar Tirreno e registrato una canzone per lei da Appino degli Zen. Gliel’ho regalata per il compleanno, con la promessa che non l’avrei mai pubblicata, sarebbe stata solo per lei. Lei l’ha ascoltata e ha detto “già fai i casini, già mi molli, poi mi fai pure la canzone? Allora sei un coglione”. Aveva ragione».

Così Lodo Guenzi racconta via Instagram cose c’è dietro l’ultimo singolo de Lo Stato Sociale. Il brano si intitola Per farti ridere di me e Lodo lo canta con Mobrici.

Un altra canzone strappalacrime, che racconta di tutti gli amici incontrati durante la carriera della band, è Tutti i miei amici,  dove trovano spazio Aimone Romizi, Tommaso Paradiso, Nicolò Carnesi, Andrea Appino, Calcutta, Mirko Bertuccioli, Pupi Avanti.

Per concludere il trittico che parla al cuore, facendoci venire anche velo di nostalgia e amarezza è Senza di noi:

Io non ci so stare senza di noi
Noi anime buone, brutte personе
Chi siamo davvero non ce lo diremo mai
Non ci so starе senza di noi
Noi fatti, falliti, oggetti smarriti in un mare di guai

Nuovo vecchio Stato Sociale

Concludono l’album due brani che ospitano due collaborazioni d’eccezione, Che Benessere !? che si mischia con il punk di Naska,  il brano più “spensierato” e Fottuti per sempre, con Vasco Brondi, che rappresenta un po’ il senso del percorso e il resoconto della vita recente della band.

Insomma, Lo Stato Sociale torna al passato per ritrovare le proprie radici, per non perdersi nella mediocrità della scena musica odierna, una seconda vita per farci vivere e sognare oggi, uno Stupido Sexy Futuro!

 

Gaetano Aspa

Amnesty International e l’anno nero per la pena di morte

Sono in totale 883 le persone giustiziate in tutto il mondo nel 2022, un aumento pari al 53% rispetto al 2021 e il più alto numero dal 2017. Anche quest’anno, l’Amnesty International, un’organizzazione non governativa internazionale impegnata nella difesa dei diritti umani, rende pubblico il suo report annuale sulla pena di morte nel mondo.

Tra i metodi di esecuzione più utilizzati la fucilazione e l’iniezione letale, senza dimenticare l’impiccagione e la decapitazione. Ma vediamolo insieme più nel dettaglio.

Amnesty: uno sguardo al rapporto

In una premessa fondamentale, Amnesty International tiene a sottolineare che:

Si oppone incondizionatamente alla pena di morte, senza eccezioni riguardo alla natura o alle circostanze del reato; alla colpevolezza, all’innocenza o ad altre caratteristiche dell’imputato; al metodo usato per eseguire la condanna a morte. Attraverso una campagna permanente, Amnesty International lavora per l’abolizione della pena capitale in tutto il mondo.

Tra gennaio e dicembre 2022, le informazioni sono state raccolte catalogando diverse fonti. Inclusi: dati ufficiali, pronunce giurisdizionali, notizie provenienti dagli stessi condannati a morte, resoconti dei mezzi di comunicazione e dei rapporti di altre organizzazioni della società civile. Nella ricostruzione dei grafici e nei dati finali, sono state riportate esclusivamente esecuzioni, condanne a morte e altri aspetti legati all’uso della pena di morte, come commutazioni o proscioglimenti, di cui ci sia ragionevole certezza. Nonostante la natura pragmatica, è anche vero che in molti paesi i governi non rendono pubbliche le informazioni riguardanti l’uso della pena capitale.

Cosa ci dicono i dati?

I dati parlano chiaro, esclusa la Cina, il 90% delle esecuzioni registrate hanno avuto luogo in soli tre paesi: Iran, Arabia Saudita e Egitto. In Cina, Corea del Nord e Vietnam i dati sull’uso della pena di morte sono classificati come segreto di stato. Proprio per questo i dati raccolti nel report di Amnesty sono da considerarsi incompleti e parziali, quelli reali sono probabilmente molto più alti. Si evidenzia poi che nel 2022 sono state riprese le esecuzioni in cinque stati: Afghanistan, Kuwait, Myanmar, Palestina e Singapore.

Ne parla Volker Türk, Alto Commissario delle Nazioni Unite per i Diritti Umani. Le prove raccontano come la pena di morte ha un impatto nullo sulla riduzione del crimine. Moltissimi studi hanno dimostrato che nei paesi in cui è stata abolita, i tassi di omicidi sono rimasti invariati o addirittura sono diminuiti. La pena capitale nei paesi viene spesso utilizzata per scopi impropri: per infondere paura, reprimere l’opposizione e annullare il legittimo esercizio delle libertà.

sede amnesty international
Sede centrale di Amnesty International, sito a Londra. Fonte: alamy

 

D’altronde, la pena di morte esiste ancora in tutto il mondo ed è praticata in 58 Stati, tra cui: Nigeria, Somalia, Sudan, Usa, Iraq, Giappone, Pakistan, Thailandia ed Emirati Arabi. Un dato allarmante, che mette in allerta i vertici di Amnesty International. Come dichiara Agnès Callamard, segretaria generale di Amnesty International:

Aumentando il numero delle esecuzioni, gli Stati dell’area Medio Oriente-Africa del Nord (la cosiddetta Mena) hanno violato il diritto internazionale e mostrato un profondo disprezzo per la vita umana. Il numero delle persone private della loro vita è enormemente cresciuto. L’Arabia Saudita ha incredibilmente messo a morte 81 prigionieri in un solo giorno. Nella seconda parte dell’anno, nel disperato tentativo di stroncare le proteste popolari, l’Iran ha messo a morte persone che avevano solo esercitato il loro diritto di protesta

Una tendenza positiva verso l’abolizione

Le prospettive non sembrano delle migliori, ma un po’ di speranza sembra arrivare da sei Stati che, nel 2022, hanno abolito in tutto o in parte la pena di morte. Kazakistan, Papua Nuova Guinea, Repubblica Centrafricana e Sierra Leone l’hanno abolita per tutti i reati, Guinea Equatoriale e Zimbabwe per i reati comuni. Senza contare che 112 Stati avevano abolito la pena di morte per tutti i reati e altri nove Stati l’avevano abolita per i reati comuni.

Questa tendenza positiva prosegue nel 2023. In Liberia e Ghana sono state avviate iniziative di legge abolizioniste; i governi delle isole Maldive e dello Sri Lanka hanno annunciato che verranno interrotte le condanne a morte. Anche in Malesia il parlamento nazionale sta discutendo delle proposte di legge per annullare la pena capitale.

Sembra quindi che un vento a favore stia soffiando nella direzione dell’abolizione. La stessa Callamard sembra sia ottimista:

Molti Stati continuano a consegnare la pena di morte alla discarica della storia ed è tempo che altri seguano l’esempio. Gli atti di brutalità in Iran, Arabia Saudita, Cina, Corea del Nord e Vietnam appartengono ormai a una minoranza di Stati. Ma sono proprio questi che devono mettersi al passo coi tempi, proteggere i diritti umani e assicurare giustizia invece di mettere a morte persone. Di fronte a 125 stati membri delle Nazioni Unite, un numero mai così elevato, in favore di una moratoria sulle esecuzioni. Non ci siamo mai sentiti così fiduciosi che quell’orrenda punizione possa essere e sarà consegnata agli annali della storia. Ma i tragici dati nel 2022 ci ricordano che non bisogna  rimanere indifferenti e inoperosi. La nostra campagna continuerà fino a quando la pena di morte non sarà abolita a livello globale!

 Victoria Calvo

Innamorarsi a Messina

Tommaso non trova mai il coraggio di raccontare una storia, specialmente se è l’amore ad affermarsi come tema dominante. Amore che non necessariamente è rivolto ad una persona, ma anche un oggetto, una passione, una città. Non è mai semplice. Tommaso sa bene che a 22 anni non si ha contezza, né si conoscono le leggi teoricamente razionali che regolano i sentimenti. Non si può, ovviamente. Non esiste raziocinio, né logica. Solo gli impulsi a questa età, fuggevole e ardente di passioni e desideri.

Egli vive a Messina da settembre di quest’anno. Ogni tanto quando torna il fine settimana nel suo paese d’origine, bazzica nel suo amato pub per incontrare vecchi amici con cui bere la solita birra e abbandonarsi a confessioni e riflessioni. Era bella la vita, almeno così pensava. Non è stato facile abituarsi a nuovi ritmi, nuove compagnie e maledettissimi impegni di cui non riesce a farne a meno. D’un tratto, qualcosa cambiò.

Il giorno in cui Claudia gli scrisse si trovava alla Passeggiata a mare, luogo da cui si può ammirare lo Stretto sia se fa freddo che caldo, a meno che in questo caso, non ci sia l’ingannevole aria secca e calda dello Scirocco. Quel giorno però, c’era un vento di Grecale e questo potrebbe cambiare il corso della storia. Questa città spesso inganna. Capita di smarrirsi nelle sue vie infinite dove ogni incrocio, ogni palazzo, conserva un pezzo di storia che nessuno più rievoca, per pigrizia o indulgenza. Probabilmente, il messinese è un individuo impaurito della sua stessa persona, quasi come se volesse nascondere la sua appartenenza a un luogo così pieno di bellezza, di storia. Ma vallo a spiegare agli sconosciuti, ai turisti e varia gente che è solo “di passaggio”. Ma Lei no. Lei si è posta subito in modo curioso.

Si conobbero parlando dei R.E.M. e degli Oasis, poi Phil Collins, i Clash, i Police e altri artisti degli anni 80-90 per capire che in fondo, non erano poi così distanti i loro mondi. Non è poi così strano per due ragazzi nati tra il 1999 e il 2000. “La mia generazione è strana” pensò Tommaso, “specialmente se appartiene a una terra come la Sicilia, esotica e maledetta”. D’un tratto, l’identità svelata. Claudia è palermitana.

“Sono innamorata di Messina, quasi la preferisco a Palermo”.

“Com’è possibile” pensò Tommaso, “come si fa a preferire una città apparentemente vuota a una così ricca e suggestiva? Come si fa a preferire i normanni agli arabi, l’oriente all’occidente, gli arancini alle arancine?” Non credeva a ciò che aveva sentito. In fondo qualche pregiudizio, prima di vivere a pieno la città, egli ce l’aveva. Caratteristica endemica della gente di provincia, abituata forse alla calma del paese e al mare vicino al centro.

Dopo essersi scambiati dei messaggi via telefono, decisero di incontrarsi. Tommaso pensò bene di raccontarle la storia della nobile Messina attraverso i miti e le leggende: da Colapesce alla Fata Morgana, Dina e Clarenza, Mata e Grifone, Scilla e Cariddi, i progetti architettonici di Montorsoli e molto altro. Che lei si potesse annoiare era facile, d’altronde chi è quel folle che pensa di fare colpo così? E invece, la fortuna era dalla sua parte. Anzi, dalla loro. Se è vero che in questa città ci si può perdere di vista, è anche vero che ci si può ritrovare per iniziare una nuova vita, intraprendere nuovi percorsi e perché no, innamorarsi, ma non di una qualunque. Lei era speciale, solo che c’è voluto del tempo prima di capirlo davvero.

“Mi sembra di avere una seconda identità” le disse, “anche se, in fin dei conti, ci sono motivi seri per essere sé stessi e per definirsi messinese d’adozione, senza dover rifugiarsi in trame nascoste e quindi andare oltre le apparenze. Messina è la città da cui ho deciso di ripartire, intravedo una possibilità.”

Dopo un bicchiere di vino, andarono nel luogo dove ha preso vita il mito, Capo Peloro.

Il mare delle “fere” di Stefano D’Arrigo, quella sera sembrava che fosse uno specchio dove potevano vedere i loro riflessi. Claudia gli chiese che cosa avesse di speciale, e lui disse:

“Questo è il posto in cui ho capito che tutto ciò non si può cancellare, non puoi immaginarlo leggendo solo pagine di letteratura, devi vederlo con i tuoi stessi occhi, assaporare il gusto di quest’acqua. Come si fa a restare indifferenti? Come si fa a metterlo da parte?”

Osservarono lo Stretto contornato dalle luci provenienti dall’altra terra, la Calabria. Nel mentre, passavano dei pescatori con le loro barche, probabilmente per cercare un po’ di pace in mezzo a un mare che ha sofferto. Questo spazio, negato alla civiltà, sembra che in quel momento stesse dicendo loro di cogliere l’attimo prima che entrasse in gioco l’inganno. Ma quella sera non c’era possibilità, il vento era troppo calmo e fresco per distogliere l’attenzione di Tommaso, che aveva il cuore tremante e la testa piena di pensieri.

Così ballarono sulle note di Purple Rain di Prince, il pezzo preferito di lui. Claudia lo guardò con occhi di perla pregiata mentre, stringendogli le mani al collo, sussurrò all’orecchio: “tutto questo mi piace, è incredibile”. Piovve, ma restarono imperterriti. Le luci dei lampioni si accesero di colpo dopo qualche intermittenza, illuminando il centro della piazzetta. Esistevano solo loro. Il tempo si fermò a quell’attimo, così come i loro cuori probabilmente.

Un passo, poi due, infine la silloge, il bacio. Fu così travolgente che quasi dimenticarono di essere lì, vicino ai duemari¸ davanti al faro che ne illumina il centro nevralgico creando un vortice di correnti che confonde, illude. Tommaso le accarezzò con delicatezza il volto, baciandola più volte. Quando si fermarono, si guardarono con lo sguardo spaventato, tipico di chi non sa cosa aspettarsi dopo.

Claudia aveva gli occhi molto lucidi, sembrava che non provasse nulla. In realtà era felice, ma ancora non lo sapeva. Tommaso rimase in silenzio lungo il tragitto per riportarla a casa. Solo una volta arrivati trovò le parole, voleva dirle che era stato bene e che gli sarebbe piaciuto incontrarla di nuovo. Gli uscì soltanto “buonanotte”. Lei ricambiò. Ci fu un altro bacio, stavolta più passionale.

“Adesso sto bene, Messina non è un ambientazione casuale”, pensò fra sé Tommaso. Abituato a toccate e fuga, questa volta avrebbe voluto passare il resto della notte con lei e aspettare l’alba, magari andando verso Santo Saba dove le case sono tutte basse, rivolte al mare. In quella parte la Calabria si vede poco, ma comunque quell’immensità dona un senso di pace che quasi supera il canone comune.

Arrivato a casa, il senso di vuoto lo inquietò per tutta la notte: “lo Scirocco è giunto e forse dovrei cambiare aria, Lei non esiste, forse era solo una mia proiezione”. Pensò a lei il giorno dopo, e il giorno dopo ancora, finché non si incontrarono un’altra volta.

Maledetta città. Eppure, da quel momento, Tommaso non poté più fare a meno di Claudia e viceversa.

Federico Ferrara

*Immagine in evidenza: illustrazione di Marco Castiglia 

Festa della mamma: 5 film sul rapporto con la madre

Come ogni anno, il 14 maggio ricorre una festa molto importante: la Festa della mamma. E noi di UniVersoMe abbiamo deciso di festeggiarla stilando una Top 5 di film (totalmente diversi tra loro) dedicati a tutte le super-mamme del mondo!

Da Una mamma per amica a serie come Little Fires Everywhere, dalle sitcom anni 80 al monologo di Chiara Francini a Sanremo, il rapporto con la figura materna può apparire idilliaco o terribile, ma rimane sempre e comunque complesso e delicato da affrontare. 

Per rispondere alla vostra domanda: “ma per questa festa della mamma che guardiamo di bello?”, ecco per voi la nostra lista!

1. Lady Bird (2017) 

Se avete visto la pellicola in questione è molto probabile che cliccando su questo articolo vi sia subito balenato in mente Lady Bird, primo successo della Greta Gerwig di Piccole Donne e dell’attesissimo Barbie, a luglio nelle sale e disponibile per la visione su Prime Video. 

Christine “Lady Bird” è una diciassettenne all’ultimo anno del liceo a Sacramento, in California, che sogna la vita frenetica e stimolante della costa orientale per sfuggire al rapporto turbolento e opprimente con la madre Marion

Il rapporto tra Christine e la madre è estremamente complicato. Le due si vogliono bene ma hanno difficoltà a conciliare le loro visioni del mondo: Christine con la sua impulsività e Marion con la sua incapacità di entrare a contatto con la figlia.

Nel corso del film vediamo alcuni momenti chiave di confronto e avvicinamento tra madre e figlia che portano Marion a cercare una linea di dialogo, complicata  dal rapporto a sua volta tormentato con la propria madre, finché in chiusura non è la stessa “Lady Bird” ad accettare il nome datole alla nascita e ad aprire le porte per una riconciliazione alle soglie del suo ingresso nell’età adulta.

 2. I segreti di Osage County (2013) 

Film drammatico diretto da John Wells e tratto dalla pièce teatrale Agosto, foto di famiglia di Tracy Letts, I segreti di Osage County vanta un cast incredibile con Meryl Streep nel ruolo della matriarca Violet e Julia Roberts nel ruolo della figlia maggiore Barbara. Per guardarlo correte su Prime Video. 

Riunitasi la famiglia Weston nella casa di Osage, Oklahoma, per un funerale, le tre figlie Barbara, Karen ed Ivy sono costrette a fare i conti con il rapporto con la madre Violet, che fa uso smodato di medicinali e che inizia ad attaccare verbalmente l’intera famiglia durante il pranzo. 

Violet è una donna che appare crudele e che sembra non sopportare l’idea della sofferenza lasciatale dalla madre al punto da doverla riversare sulle tre figlie in un ciclo infinito di trauma intergenerazionale. Come diretto risultato le donne finiscono per odiare se stesse nel caso di Ivy e Karen o per essere a sua volta dura e intransigente nel caso di Barbara. Sicuramente nell’incapacità di trovare amore per tutte e tre. 

 3. Red (2022) 

Direttamente dagli studi Pixar e distribuito su Disney+ un coloratissimo film d’animazione ambientato nei primi anni 2000 e con temi che si spostano su una fascia adolescenziale pur rimanendo adatto a tutte le età.

Mei Lee è una ragazzina di 13 anni di origini cinesi nella Toronto del 2002 che una mattina si sveglia trasformata in un panda rosso gigante. Mei ha la possibilità di annullare quella che percepisce come una maledizione ma l’adolescenza incombe e porterà stravolgimenti inaspettati. 

Il rapporto tra Mei e la madre Ming non si limita allo stereotipo della madre apprensiva e rigida ma risuona sincero e dinamico nelle sue sfaccettature fino a commuovere. Il rapporto madre-figlia d’altronde non è spesso al centro di pellicole d’animazione e quasi mai trattato così bene. Consigliato se per la festa della mamma (e non solo) desiderate passare una tranquilla serata in famiglia!

Red è una storia di crescita personale, che fa i conti con quei momenti in cui ognuno di noi inizia a crearsi una sua personalità e delle opinioni che differiscono da quelle dei nostri genitori, con tanto di piccole o grandi ribellioni, e di come troviamo un nuovo equilibrio con i nostri cari. 

 4. Juno (2007) 

Successo straordinario al nostrano Festival Internazionale del Film di Roma, la pellicola di Jason Reitman disponibile su Disney+ racconta la maternità su tre fronti diversi:
– un’adolescente che non è pronta ad essere madre;
– una donna che desidera esserlo disperatamente;
– una madre non biologica che ama senza fronzoli. 

La sedicenne Juno rimane incinta del suo migliore amico e decide di far adottare il bambino ad una coppia trovata tra gli annunci di un giornale, Mark e Vanessa. Se il rapporto con Mark sarà fin troppo amichevole, quello con Vanessa faticherà a svilupparsi, mentre Juno inizierà aa apprendere alcune importanti verità su se stessa e sulle persone a lei vicine. 

Juno ha il grandissimo pregio di parlare di maternità in modo non convenzionale e molto reale al tempo stesso. Juno è una ragazza che si ritrova in una posizione vulnerabile ma che ha il coraggio di scegliere per sé, Vanessa è una donna che si nasconde nella sua diffidenza per non sperare troppo e Bren è una matrigna-madre perfettamente credibile e non banale, pragmatica e inamovibile nel supporto a Juno ma pronta a far notare alla ragazza i suoi errori. In sintesi una storia che parla di maternità in modo onesto e completo, senza perdere colpi.

 5. Matrimonio all’italiana (1964)

Concludiamo con un classico intramontabile di Vittorio De Sica con Marcello Mastroianni e Sophia Loren, per lasciarci con una madre italiana d’eccezione.

Domenico Soriano intreccia con un’ex prostituta, Filumena Marturano, una relazione lunghissima che relegherà la donna al ruolo di semplice amante. Così Filumena arriverà a fingere di essere in punto di morte per chiedere come ultimo desiderio di sposare l’uomo per poi, una volta sposati, rivelargli di stare bene e di avere tre figli, di cui uno proprio dell’uomo, ma senza dirgli quale dei tre. 

Matrimonio all’italiana non è solo un film iconico che offre uno spaccato dell’Italia del tempo, ma anche la storia di una madre italiana emblematica di quello spirito di sacrificio, di quell’amore sconfinato e incondizionato che a volte diamo per scontato e che vediamo nelle nostre famiglie.

Filumena ama Domenico ma non smette per un secondo di lottare per far affermare i figli, soffrendo lontana da loro e sotto il peso dello stigma per il suo passato, tanto da essere disposta a rinunciare alla sua vita e al suo matrimonio pur di garantire finalmente loro una famiglia senza che sia importante chi sia figlio di chi. 

Non penso ci sia modo migliore di concludere questa lista di film dedicati alla festa della mamma, se non con una madre come lei, che soffre e non è perfetta, un essere umano come tutte le mamme, ma che ama profondamente e senza paura i suoi figli.

Dalla redazione di UniVersoMe, auguri a tutte le super-donne del mondo. Buona festa della mamma!

 

Chiara Tringali

Caro affitti. Il Ministero reagisce alle proteste: 660 milioni per gli alloggi universitari

Il problema del caro affitti in Italia ha quasi i caratteri di un’emergenza. Sarebbe sbagliato definirlo così per la sua prevedibilità e la sua stasi nel tempo, ma di un’emergenza presenta certamente l’inclinazione cronica. La corsa dell’inflazione e la crisi economica generale hanno stravolto i prezzi del mercato edilizio; a soffrirne sono più degli altri gli studenti fuori sede, che per abitare Roma, Milano o Bologna devono accettare spesso il peso del debito. 

Ma, voce più voce, gli universitari hanno fatto avanzare le proprie pretese, giungendo, qualche giorno fa, a uno scacco verso le istituzioni. La corale “protesta delle tende” ha funzionato! Il governo sbloccherà 660 milioni per gli alloggi accademici!

Caro affitti, la “protesta delle tende”

Riporta le informazioni Rainews24. La succitata “protesta delle tende” si è diffusa a partire dall’azione della studentessa Ilaria Lamera, del Politecnico di Milano, che pochi giorni fa aveva piantato una tenda davanti al suo ateneo per “accendere una luce sul problema del caro affitti”. Dopo di lei, infatti, altri “colleghi” da tutta Italia hanno portato ai fatti la loro ribellione. 

Vari gruppi studenteschi hanno innestato le proprie tende di fronte alle università di Torino, Firenze, Cagliari, Pavia e Roma, ripresentando fortemente le loro presunzioni. Leone Piva, coordinatore dell’associazione Sinistra Universitaria della Sapienza e organizzatore della mobilitazione romana, ha sostenuto:

I prezzi degli affitti sono diventati altissimi, a Roma non si scende sotto i 500 euro per una camera. Quella che stiamo vivendo è un’emergenza abitativa. Gli studenti chiedono un tavolo con gli atenei e la Regione per trovare una soluzione

Mentre Damiano, uno studente al primo anno di Lettere e Filosofia dello stesso ateneo, ha lamentato:

È un problema che vivo in prima persona. Faccio il pendolare, tutti i giorni ci metto 3 ore per andare a lezione e tornare a casa a Civitavecchia, dove vivo. Una casa non me la posso permettere.

Caro affitti
Sapienza Università di Roma. Fonte: Wikimedia Commons

Le risposte istituzionali al caro affitti: problema in via di risoluzione?

Riporta le informazioni SkyTg24. Il Consiglio dei ministri ha autorizzato la presentazione di un emendamento per “confermare l’immediata operatività” delle misure “che destinano 660 milioni di euro all’acquisizione della disponibilità di nuovi posti letto presso alloggi o residenze per studenti delle istituzioni della formazione superiore”.

Una misura che il governo potrà adottare grazie ai fondi messi a disposizione dal PNRR. L’emendamento, difatti, prima di giungere a Palazzo Chigi è passato per un’interlocuzione nella Commissione europea, la quale ha consentito di escludere “la natura di aiuti di Stato” di tali intervenienti.

L’esempio UniMe: in anticipo sul problema

Anche l’Università degli Studi di Messina ha preso a cuore il problema caro-affitti: grazie al progetto “Casa UniMe”, 230 studenti ricevono un contributo per le loro spese di locazione. E dal 2 maggio, per mezzo di un accordo con l’Università, l’Hotel Liberty ha messo a disposizione degli universitari 102 posti letto aggiuntivi.

Tutto ciò è il frutto di un lavoro comunitario che ha visto convolti: l’ERSU (Ente Regionale per il diritto allo Studio Universitario), la società UNI. LAV., l’amministrazione accademica nella figura del Magnifico Rettore Salvatore Cuzzocrea e il dott. Pietro Franza, concessore delle risorse dell’Hotel Liberty.

Gabriele Nostro

Cannes 2023: il festival dei grandi ritorni

Ormai manca meno di una settimana all’inizio di uno dei festival del cinema più importanti al mondo: Cannes 2023! La premiazione avrà inizio giorno 16 maggio con una proiezione speciale, Jeanne du Barry- la favorita del re diretto dalla regista francese Maïwenn, per chiudersi poi il 27 maggio.

A Cannes quest’anno non sembrano mancare colpi di scena e nuovi capolavori: tra i film presentati in concorso ritroviamo opere anche di noti registi a livello internazionale. Uno che attira particolarmente l’attenzione dello spettatore è Asteroid City diretto da Wes Anderson (The french dispatch): già dal solo trailer uscito il 29 marzo si ritrova il solito coloratissimo stile che denota tutti i suoi film! Tra i grandi esclusi da questa edizione si ritrovano il regista Woody Allen, che con il suo Coup de Chance non sembra attirare abbastanza l’attenzione del delegato generale di Cannes, Thierry Fremaux, insieme al noto Roman Polanski, la cui pellicola The Palace viene anche tagliata fuori. Quali novità ci aspettano per questo Cannes 2023?

Johnny Depp: un ritorno trionfante?

Questa settantaseiesima edizione del festival di Cannes è anche segnata dal ritorno nel cinema di un noto divo Hollywoodiano: stiamo parlando di Johnny Depp. La battaglia legale messa in atto tra l’attore e la sua ex moglie, l’attrice Amber Heard, è stata per tanti mesi sotto gli occhi di tutti. Depp sembrava averne pagato le conseguenze maggiori anche dal punto di vista lavorativo: l’attore infatti era stato escluso dal cast di Animali fantastici 3 proprio per i suoi problemi legali con l’ex moglie e le presunte accuse di violenza domestica nei confronti della Heard.

Ad ogni modo, Johnny Depp fa il suo nuovo ritorno nel cinema con il già citato Jean du Barry: qui interpreta Luigi XV e recita affianco alla stessa Maïwenn, nei panni di Madame du Barry.

Cannes 2023
Johnny Depp in Jean Du Barry. Fonte: theplaylist.net , why not productions, Le pacte

L’oro alla carriera per Michael Douglas

Quest’anno Cannes punta a regalare tantissime emozioni fin dal primo giorno! Il 16 maggio, infatti, oltre al film ritorno di Johnny Depp come pellicola di apertura, verrà premiato il grande Michael Douglas con la Palma d’oro alla carriera. L’attore, figlio della star Kirk Douglas, deceduto nel 2020, si è distinto per il suo grande talento e per la passione per il cinema durante i più di cinquant’anni di carriera. L’attore sarà sicuramente noto ai più giovani per il ruolo di Hank Pym in Ant-man, ma si è distinto per la sua bravura in   moltissime altre pellicole come The game diretto da David Fincher o Attrazione Fatale.

“Dopo oltre 50 anni di carriera, è un onore tornare sulla Croisette per aprire il Festival e parlare la nostra lingua comune, quella del cinema” – Michael Douglas

L’orgoglio italiano a Cannes 2023

Dopo la quasi totale assenza dell’Italia agli Oscar 2023, i riflettori di Cannes fanno risplendere nuovamente il talento italiano. Quest’anno, infatti, sono stati inclusi tra in film in concorso ben tre opere made in Italy: non si aveva una così vasta rappresentanza al  festival da più di vent’anni!

Prima pellicola in gara è Il sol dell’avvenire diretto da Nanni Moretti: il regista festeggia con quest’opera i suoi quarantacinque anni al festival, dal suo primo film presentato Ecce Bombo. Nel cast ritroviamo lo stesso Moretti, nei panni di un regista intento a girare un film negli anni 50, affiancato da Margherita Buy.

Il secondo film italiano in concorso è La chimera, diretto da Alice Rohrwacher. L’attore britannico Josh O’connor (il principe Charles nella serie The Crown, Peaky Blinders) interpreta il protagonista Arthur, un trafficante di reperti archeologici. Nel cast si ritrovano anche Isabella Rossellini e Alba Rohrwacher. La pellicola sarà proiettata per la prima volta proprio qui a Cannes.

Cannes 2023
Una scena di rapito di Bellocchio. Fonte: 24emilia.com

La terza ed ultima opera cinematografica italiana in gara è Rapito diretto da Marco Bellocchio. Il film, basato su eventi storici, racconta le vicende di Edgardo Mortara, bambino ebreo strappato alla propria famiglia per essere cresciuto come cristiano da papa Pio IX. Rapito è tratto dal libro Il caso Mortara. La vera storia del bambino ebreo rapito dal papa di Daniele Scalise. Nel cast ritroviamo Paolo Pierobon (Qui rido io) nel  ruolo di Papa Pio IX, insieme a Fausto Russo Alesi (La stranezza) e Barbara Ronchi.

Jean-Luc Godard ritrovato

Festival cinematografici così antichi come quello di Cannes sono il luogo perfetto per rendere omaggio al grande cinema, di ieri e di oggi. Quest’anno si vuole ricordare un grande regista, scomparso nel settembre dell’anno scorso: Jean-Luc Godard. Il francese, un luminare della cinepresa, è stato uno dei maggiori esponenti della corrente cinematografica della Nouvelle Vague; con il suo estro creativo in un continuo e frenetico movimento, Godard ha regalato alla storia del cinema un numero vastissimo di opere e capolavori. Lo stesso avanzare dell’età non ha frenato la sua passione di fare cinema: fino al momento della sua morte a novantuno anni (qui il nostro articolo), il regista ha prodotto film, lasciando, purtroppo, incompleto il suo ultimo lavoro.

E’ proprio in questo che il festival vuole ricordarlo: mostrando al mondo la sua ultima grande idea lasciata in sospeso per sempre. Si tratta di un semplice trailer preparatorio di circa venti minuti, da cui avrebbe dovuto prendere poi forma Drôles de Guerres, un film mai nato.

Cannes 2023
Jean-Luc Godard. Fonte: arquitecturaviva.com

Già da queste sole anticipazioni si prevede un festival di Cannes tutt’altro che noioso: una premiazione in cui il cinema è protagonista. Non resta che aspettare questi ultimi giorni e tifare per i nostri talenti italiani!

Ilaria Denaro

Guardiani Della Galassia Vol. 3: miglior film del MCU?

L’ultimo film sui Guardiani Della Galassia? Uno dei più riusciti del MCU, con un finale di una trilogia riuscito ed emozionante, ma un po’ scontato. – Voto UVM: 4/5

 

Guardiani Della Galassia: Vol. 3 è un film del 2023 scritto e diretto da James Gunn (noto per aver diretto anche i primi due film dei Guardiani Della Galassia e “The Suicide Squad”, il film uscito nel 2021). E’ il trentaduesimo film realizzato dai Marvel Studios e secondo film della Fase 5 del Marvel Cinematic Universe (MCU).

E’ il terzo ed ultimo capitolo della trilogia incentrata sui Guardiani Della Galassia. Nel cast sono presenti: Chris Pratt, Zoe Saldana, Dave Bautista, Karen Gillan, Pom Klementieff, Vin Diesel, Bradley Cooper, Sean Gunn, Chukwudi Iwuji, Will Poulter e Sylvester Stallone.

Trama

E’ passato del tempo dalla sconfitta di Thanos avvenuta in Avengers Endgame e i Guardiani Della Galassia (Peter Quill, Nebula, Rocket, Drax, Mantis, Groot, Kraglin e Cosmo) cercano di rendere più accogliente la loro base: Ovunque. Star-Lord è ancora giù per la perdita di Gamora, nonostante lei sia viva. Quest’ultima è proveniente da una linea temporale differente e non ha alcun ricordo di Peter Quill e dei Guardiani. Ad un tratto, vengono attaccati da un essere misterioso di nome Adam Warlock e dalla battaglia ne esce ferito Rocket.

Purtroppo non riescono a curarlo, perché è stato installato sul procione un sistema di sicurezza che ne impedisce ogni alterazione. C’è solo un modo per salvarlo: andare a cercare il creatore di Rocket, l’Alto Rivoluzionario. Inizierà così una nuova missione dei Guardiani, che porterà loro alla scoperta delle origini di Rocket ed a cercare di salvare la Galassia da un diabolico piano architettato dallo stesso Alto Rivoluzionario.

La degna conclusione della trilogia dei Guardiani Della Galassia?

Si. L’incredibile viaggio dei Guardiani Della Galassia iniziato nel 2014, si è concluso come meritava e perfettamente in linea con i protagonisti e con la loro storia.

Il Marvel Cinematic Universe iniziato nel 2008 con il primo Iron Man, si è costruito poco a poco ed ancora oggi è in corso, tra alti e bassi. Ci sono personaggi che si sono fatti conoscere o altri hanno avuto una redenzione, per via della scarsa popolarità fumettistica che avevano in passato. I Guardiani Della Galassia rientrano in entrambe le categorie e per di più non sono quegli eroi senza macchia e senza paura che cercano di fare la cosa giusta, ma tutt’altro.

Sono dei simpatici personaggi da cui ci si aspetta di tutto e che alla fine, cercano un modo per riscattarsi e soprattutto un luogo dove sentirsi a “casa”. Questo incredibile viaggio li ha portati in vari punti della Galassia, ma alla fine quello che cercavano era l’uno accanto all’altro. Ed alla fine, hanno concluso il tutto con una maturità emotiva sviluppata poco a poco e quello che si è assistito non è una fine definitiva, ma l’inizio di un nuovo ciclo.

Guardiani Della Galassia Vol. 3: miglior film del MCU?

Definirlo il miglior film del Marvel Cinematic Universe sembra un po’ esagerato, perché non è perfetto. Però, si può definire tranquillamente una delle colonne più importanti ed una delle pellicole più riuscite di questo puzzle che si sta componendo sempre di più.

Si sa, quelli dei Marvel Studios hanno sfornato dei bei film, ma anche qualche pellicola poco riuscita. Anzi, ultimamente, hanno fatto alcuni errori come puntare più sulla quantità che sulla qualità e questo è accompagnato da sceneggiature pigre e poca attenzione ad alcuni elementi narrativi e tecnici.

I Guardiani Della Galassia, tuttavia, hanno sempre funzionato e sono riusciti ad entrare nei cuori dei fans della Marvel, sia con momenti divertenti che con scene strappalacrime. Anzi, il bello di questi personaggi che, nonostante facciano parte dello stesso Universo degli altri personaggi Marvel che si sono visti negli ultimi venticinque anni, sono stati un po’ estemporanei (tranne per Avengers Infinity War e Avengers Endgame) e quindi, senza troppi collegamenti “forzati”, la loro trilogia ha funzionato anche per questo.

Guardiani Della Galassia
Guardiani Della Galassia Vol. 3. Casa di produzione: Marvel Studios. Distribuzione: Wal Disney Studios Moction Pictures.

James Gunn è un buon regista?

Il successo dei Guardiani è dovuto anche alla presenza degli attori adatti per i ruoli, guidati dal regista James Gunn. Lui ha uno stile che rende i suoi film pieno di gag esilaranti, battute un po’ spinte e scene splatter (per esempio, “The Suicide Squad ” rispecchia totalmente ciò).

Anche i film dei Guardiani Della Galassia sono così, ma la mano della Disney limita tutto questo per via del loro obiettivo di rendere i loro film per tutti. Ma nonostante questo limite, la trilogia firmata da Gunn è riuscita.

O lo si ama o lo si odia, bisogna riconoscere che Gunn sa fare sia lo sceneggiatore che il regista. E’ un buon conoscitore di fumetti ed ha quella capacità di far affezionare al pubblico persino personaggi poco conosciuti. Prima di lui pochi conoscevano questi personaggi, ed ora hanno la loro popolarità ottenuta dalla presenza di incredibili scene action, battute ironiche e scene emozionanti. Tutto questo, accompagnato da una buona CGI, da diversi riferimenti alla Cultura Pop e da un’incredibile colonna sonora, fatta di musica anni ‘80.

Se si devono trovare dei difetti, si trovano nel villain poco interessante e nel finale un po’ scontato, nonostante la capacità di far scendere qualche lacrima e di lasciare un po’ di amaro in bocca, sapendo che questo spassoso mondo dei Guardiani non sarà più come prima!

 

Giorgio Maria Aloi

Mina, “la tigre di Cremona”, è tornata!

Mina
Il nuovo disco di Mina è una raccolta di canzoni d’amore morbide e drammatiche. – Voto UVM: 4/5

 

Nata nel 1940 a Busto Arsizio, Mina è una cantante, produttrice discografica, conduttrice televisiva ed attrice italiana che da anni risiede in Svizzera. E’ nota per le sue qualità vocali e per essere stata protagonista negli anni sessanta e settanta in molti spettacoli televisivi trasmessi dalla Rai.

Soprannominata la “Tigre di Cremona” (la famiglia era infatti, originaria di Cremona, città nella quale poi vi fece ritorno nel 1943), fu anche apprezzata dal grande Loius Armstrong che la definì:

“La più grande cantante bianca al mondo!”

Mina ha venduto oltre 150 milioni di album, ed è infatti l’artista italiana con maggior successo discografico.
Ha anticipato mode e costumi : dallo scandaloso cat eye allungato di nero, al vestito glitter nel videoclip di Ancora Ancora Ancora. Nell’immaginario collettivo, infatti, è un patrimonio del quale andare orgogliosi. Indimenticabili i suoi successi come Grande Grande Grande, Amor mio, Parole parole, Le mille bolle blu, Mi sei scoppiato dentro il cuore, Ma che bontà.

Una particolare attenzione è da dare al brano Se telefonando, scritto da Maurizio Costanzo (scomparso nel 2023); brano che Nek nel 2015 ha riportato in auge grazie a Sanremo nella serata dedicata alle cover.

Perché Mina si è ritirata dalle scene?

Un addio simbolico è quello che accompagna la regina della canzone italiana anni sessanta e settanta. Il suo ultimo concerto risale al 23 agosto del 1978 a Bussoladomani a Marina di Pietrasanta, nonostante ciò è sempre presente, ma nascosta, nella sua intimità familiare a Lugano, continuando a comporre musica.

Uno dei primi motivi del suo ritiro fu una broncopolmonite virale che le fece interrompere il suo ultimo tour. Scomparsa dalle scene da ormai 40 anni, il suo ultimo fotogramma televisivo risale al 1974 nello show Milleluci della grande Raffaella Carrà. Lo stress mediatico poi, ha sicuramente giocato un ruolo importante nel suo ritiro. Tutto ciò ha consegnato il mito a una narrazione solamente musicale e l’ha resa una legenda più di quanto già non lo fosse prima!

Le collaborazioni importanti di Mina…

La tigre di Cremona ha sempre dimostrato di essere versatile e di avere una grande cultura musicale, oltre al timbro inconfondibile e potentissimo: non sorprende, quindi, che conoscesse ed ammirasse il Re del pop.

Proprio come Michael Jackson, anche Mina ha sempre vissuto male la propria fama e lo ha omaggiato nel 1990 quando uscì il suo disco Ti conosco mascherina nel quale inserì una sua personale versione di Billie jean, cover molto lodata ed apprezzata.

Famosissimo poi il duetto di Acqua e sale (brano poi riscritto in spagnolo da Miguel Bos) e Brivido felino (del 1998 e tratto dall’album Mina Celentano), A un passo da te (brano del 2017 dell’album Le migliori) con il suo amico di lunga data Adriano Celentano. Nel 2009 la cantante fa il duetto con Manuel Agnelli degli Afterhours in Adesso è facile mentre nel 2019 collabora col rapper Mondo Marcio nel brano Angeli e Demoni.

Il nuovo album: “Ti amo come un pazzo”

Il suo nuovo album contiene 12 brani ed è uscito il 21 aprile 2023 col titolo Ti amo come un pazzo, anticipato il 14 aprile dal duetto con il ribelle Blanco in Un briciolo di allegria (nonostante i due non si siano mai visti di persona). Nel video, la ballerina e attrice messinese Alice Stancanelli interpreta Mina, ed a proposito ha spiegato:

“Mina non si fa vedere in pubblico da anni, e anche nel video io non mi vedo mai direttamente, è quasi come se fossi la sua ombra. Sono sempre in silhouette, in controluce.”

Il disco è una raccolta di canzoni d’amore morbide e drammatiche. Composto da 10 inediti e due cover: Tutto quello che un uomo di Sergio Cammiare e Don Salvatò di Enzo Avitabile. Il brano Povero amore è stato scelto dal regista Ferzan Ozpetek per il suo film Nuovo Olimpo in uscita a Natale 2023; tra l’altro si tratta di una seconda collaborazione con il regista, dopo che Luna diamante venne scelta per il film La dea fortuna.

Nel nuovo album Mina sceglie autori, mondi e atmosfere diverse; fanno da “fil rouge” la sua voce, e quella vena ironica a cui l’artista non ha mai rinunciato. Il figlio Massimiliano Pani, ormai da tempo portavoce della cantante, riguardo al nuovo album della madre ha affermato:

“Questi sono tutti pezzi d’amore, è un fotoromanzo che accarezza tanti mondi musicali, dal triste al bello, fino a quello che finisce bene e quello che invece va male. La cover cita il fotoromanzo, una delle poche volte che è coerente col progetto. Ha una linea ironica, e i pezzi che sembrano minori poi non lo sono.”

Mina, sottraendosi al nostro sguardo, è finita per alimentare sempre più la nostra immaginazione; speriamo che ci stupisca ancora!

 

                                                                                                      Carmen Nicolino

Jim Lee è il nuovo presidente di DC Comics

Il rinomato fumettista Jim Lee, autore tra migliori bestseller dell’industria del fumetto e già publisher e direttore creativo dell’azienda, è stato nominato presidente.

A dare la notizia è stata Pam Lifford presidente presso Warner Bros. Discovery. Stando all’annuncio il suo contributo servirà adesso a portare avanti gli sforzi creativi non soltanto nell’ambito del fumetto, a cui ha fatto finora riferimento, ma avrà un ruolo molto più transmediale.

Jim Lee
Jim Lee, il nuovo presidente della DC lato comics. Fonte: Fumettologica

Chi è Jim Lee per DC ed il fumetto?

Lee è stata una delle personalità di spicco durante gli anni 90 per tutto il fumetto americano. La prima pubblicazione della testata da lui curata, Marvel, X-Men n.1, mantiene ancora oggi il primato per numero di vendite di un singolo volume dedicato ai supereroi UncannyX-Men #1. Ha anche fondato vari editori tuttora presenti in America, tra cui Image Comics che si contende il terzo posto sotto Marvel e DC tra i maggiori editori di fumetti negli USA.

La sua influenza sull’intero panorama fumettistico e supereroistico non può essere negata. Da anni è responsabile di alcuni dei rilanci più importanti di sempre delle testate DC, tra cui, “I nuovi 52” e “Rinascita”.
Le sue decisioni hanno anche portato ad un rinnovamento moderno delle vendite DC, con un attenzione maggiore alle pubblicazioni digitali e ai mercati esteri.

Il suo lavoro si unirà anche a quello del nuovo direttore creativo e co-presidente della controparte cinema DC Studios, James Gunn, con il quale collaborerà per garantire la sopracitata multimedialità dei nuovi progetti DC.
Il suo essere già stato lungimirante nel passato sembra possa andare in sintonia con una visione marketing dei piani alti aziendali molto più larga ed organica rispetto al passato.

 

Matteo Mangano