Tao Film Fest 69: Cattiva coscienza

“Cattiva coscienza”: emozionante ma non convincente. – Voto UVM: 3/5

 

La sesta serata del Taormina Film Fest 69 ha assistito all’anteprima mondiale del film Cattiva Coscienza (seguito precedentemente da Billie’s Magic World) diretto da Davide Minnella con la partecipazione di Francesco Scianna (protagonista di Baaria), Filippo Scicchitano (famoso per Bianca come il latte Rossa come il sangue) e Caterina Guzzanti (sorella minore di Sabina e Corrado Guzzanti).

Un film che può sembrare a primo impatto la classica rappresentazione di una storia d’amore, si rivela in realtà una piacevole sorpresa.

L’ago nel pagliaio, l’ago della bilancia

La pellicola si propone di raccontare quello che è l’incontro e lo scontro tra coscienze; cattive per via del contrasto tra razionalità e sentimento.
Filippo (Filippo Scicchitano) è un avvocato e lavora per il suocero, e che a breve dovrà sposarsi dopo una relazione lunga 7 anni. All’apparenza la sua vita sembra perfetta, lui incarna l’uomo ideale, pieno di valori ma in verità sembra che questo suo modo di essere lo renda infelice, facendolo sentire in trappola nella monotonia della vita di tutti i giorni.

Filippo Scicchitano. © Gabriele Galletta

Questo suo atteggiamento a dire il vero è frutto del lavoro di Otto (Francesco Scianna), voce della sua coscienza; quest’ultimo appartiene ad un mondo parallelo, il Mondo Altro. Qua hanno sede tutte le altre coscienze umane e proprio Otto e considerato un esempio per tutte le altre, per via dello stile di vita del suo protetto.
Un giorno per una svista di Otto, Filippo perde il controllo e si lascia dominare dal sentimento rischiando di mandare a monte il suo matrimonio. Sarà cura della coscienza sistemare le cose, ma capirà ben presto che l’equilibrio tra bene e male è difficile da bilanciare soprattutto quando si mette di mezzo l’amore.

Francesco Scianna. © Federico Ferrara

Stefano Sardo riesce a non far cadere nella banalità la sceneggiatura, nonostante la trama non richieda una certa complessità; utilizza magistralmente Eriberto (Alessandro Benvenuti), personaggio secondario, tuttavia importante, per sbloccare la trama in un momento complicato. Il montaggio di Sarah McTeigue appare interessante in un primo momento, poi diventa sconnesso, in particolar modo in una scena che ha luogo in discoteca. Le musiche di Michele Braga invece sono banali ma alla fine regalano qualche emozione inaspettata.

L’importanza del coraggio

Tra i vari insegnamenti da cogliere, c’è n’è uno forse più evidente, ovvero quello del coraggio; saper scegliere cosa è giusto per noi stessi e per gli altri, non reprimere le proprie passioni e in particolar modo con un dialogo che avviene verso la fine, la Coscienza Suprema (Drusilla Foer) sottolinea l’importanza del coraggio, quindi la forza d’animo che ci permette di essere umani. Finale che lascia però con l’amaro in bocca perché perde di credibilità per via del discorso precedente; sarebbe stato meglio un epilogo forse più aspro, in modo da rafforzare ciò che si presta di raccontare il film. Prendere in considerazione l’alternativa che sembra quella più triste per il pubblico non vuol dire che una storia non riesca bene nel suo intento.

In conclusione, Cattiva Coscienza è un film che ha sì delle pecche, ma nel complesso è molto riflessivo, probabilmente anche grazie alla bravura e alla naturalezza di Francesco Scianna che riesce a tenere in piedi l’intera pellicola:

“Al mondo non c’è coraggio e non c’è paura, ci sono solo coscienza e incoscienza. La coscienza è paura, l’incoscienza è coraggio.” – Alberto Moravia

 

Asia Origlia
Gabriele Galletta

Tao Film Fest 69: Billie’s Magic World

 

Billie’s Magic World: un film mediocre e dimenticabile. Voto UVM 2/5

 

La sesta serata del Taormina Film Festival 69 ha visto la proiezione di due film. Tra questi, vi era Billie’s Magic World, film in animazione diretto dal regista italiano Francesco Cinquemani (autore anche di La Rosa Velenosa e Andròn: The Black Labyrinth). Nel cast figurano i fratelli Alec e William Baldwin (per la prima volta insieme!), Valeria Marini, Elva Trill e altri. Il film, completamente diverso dal genere iniziale del regista, si concentra sulla visione fanciullesca di Billie (Mia McGovern Zaini), la protagonista, che si ritrova in un mondo magico e deve fronteggiare un manipolo di cattivi che vuole conquistare il mondo.

Billie’s Magic World: la trama

La protagonista si separa dal padre (Samuel Kay) improvvisamente poiché, viene rapita da Gregory (William Baldwin) e Florence (Elva Trill), che la portano nel castello di Lord Domino (Alec Baldwin) per imprigionarla nelle segrete. Il piano di Lord Domino è quello di conquistare il mondo, inondandolo di malumore e brutti pensieri. Billie, imprigionata in questo castello, dovrà trovare il modo per fuggire: le verrà in aiuto il suo pupazzo JP, il quale prenderà vita grazie a un trucco di magia adoperato dalla stessa bambina.

Tecnica mista…ma dove?

Billie’s Magic World presenta una serie di problemi. Il primo di cui vogliamo parlare è la tecnica d’animazione: informandoci su questo film, e parlandone con il regista, abbiamo saputo che questo è un film di animazione, girato in tecnica mista. Per intenderci, è una tecnica tramite la quale i personaggi, cioè gli attori in carne ed ossa, interagiscono con personaggi animati. Effettivamente una scena c’è, ma dura pochissimo e ci si scorda del fatto che Billie abbia interagito, nel mondo reale, con un personaggio animato. Infatti, questa è l’unica applicazione della tecnica mista in tutta la pellicola, e dura 10 secondi.

Successivamente, l’animazione continua tramite un semplice escamotage: i personaggi muovono le dita per aria, appare uno schermo e tutti quanti si siedono a guardare un episodio di un cartone animato. Ora, noi crediamo che questa scelta non sia stata soddisfacente, perché non restituisce la giusta empatia tra lo spettatore e ciò che vede sullo schermo. Questa impostazione, interrompe completamente il ritmo della narrazione (forse anche troppe volte).

Il montaggio, la regia e l’animazione

Il film presenta delle tecniche di montaggio abbastanza elementari e scarne, prive di guizzi creativi. Il regista ha detto che realizza pellicole per il pubblico americano. Ci chiediamo a questo punto cosa ne pensano davvero, perché non vi sono elementi tipici del montaggio americano (che sia classico o moderno). Nonostante sia un prodotto destinato a una fascia di pubblico giovanissimo, non significa che debba essere mediocre nel montaggio. Anzi, se c’è più creatività viene notato anche da chi non è esperto.

Francesco Cinquemani. ©Federico Ferrara

La regia, però, per quanto elementare ci è sembrata funzionale alla trama. Nessun guizzo particolare, ma la camera inquadrava sempre tutto ciò che serviva vedere.

Per quanto riguarda l’effettiva tecnica di animazione, utilizzata nei “corti” animati presenti a forza nel girato, crediamo che non abbia centrato il punto. Secondo noi, i personaggi erano animati in maniera troppo frenetica (per non dire isterica) ed erano completamente apatici, elemento che in un film per bambini non bisogna mai fare. Questo ha generato una grande confusione in noi, nel comprendere cosa stessero facendo effettivamente i personaggi. Se dovessimo riassumere in breve, diremmo che è un’animazione poco curata che trasmette molto poco,  soprattutto i più piccoli che sono proprio i diretti interessati.

La recitazione tra alti e bassi

La presenza dei fratelli Baldwin è dominante, anche se il regista ha voluto dare più spazio a William rispetto ad Alec. Quest’ultimo è certamente poco presente, ma è dovuto al suo ruolo di antagonista: la struttura narrativa di questo tipo di storia prevede che il cattivo, sia presente solo in scene chiave in cui ci sia anche la protagonista. Tuttavia, si sarebbe potuto optare per una presenza maggiore di Alec, scritturando attorno alla sua figura un personaggio minimamente fuori dagli schemi, per dargli maggior rilievo.

William Baldwin. ©Federico Ferrara

William supera abbondantemente la prova insieme a Elva, fornendo un’immagine concreta dei loro personaggi. Mia Zaini interpreta molto bene il ruolo di protagonista, e per noi è stata una grande rivelazione.
Altri, lasciano invece molto a desiderare: Orthensia (Valeria Marini) più che un personaggio di supporto, è piuttosto una comparsa messa lì per riempire il minutaggio. Sia lei, che il capo di lavoro del padre (fa più comparse ed è giusto così poiché è un personaggio secondario), non hanno un appeal convincente. Sembrano sconnessi da tutto il resto, sia del cast che della trama.

Valeria Marini. ©Federico Ferrara

Billie’s Magic World, ne vale la pena?

Billie’s Magic World, alla fine, è inconsistente. Le mascotte animate sembrano essere una serie di secondarie apparizioni, inserite soltanto a posteriori. 
La trama è troppo semplice, e manca completamente di una catarsi. Il cattivo non viene sconfitto, e di conseguenza i buoni non sembrano vincere sul male. Gli attori recitano bene (anche se non tutti), ma senza spiccare notevolmente.

Crediamo che si sarebbe potuto fare di meglio, ma le cose stanno così.

 

Federico Ferrara
Matteo Mangano

Tao Film Fest 69: Abel Ferrara si racconta e racconta il suo rapporto con l’Italia

– Quanto della tua vita metti nei film che fai?
Infinito!

È stata questa la risposta data dal grande regista Abel Ferrara alla domanda di un giornalista, durante la sua masterclass al Taormina Film Festival 69 (qui le nostre recensioni).

Durante l’incontro, Abel si è messo a proprio agio, scherzando col pubblico, rispondendo ai messaggi di James Franco e dando consigli ai fotografi su dove posizionarsi. Insomma, si è sentito subito a casa!

E non c’è da meravigliarsi se si pensa che da ben dieci anni, Abel Ferrara ha spostato la sua residenza in Italia, e più precisamente a Roma, città di cui è innamorato.

“In Italia si mangia ad orari precisi, ci si siede con un piatto di pasta. In America non lo capiscono, loro mangiano un panino senza smettere di lavorare. Ora che vivo da dieci anni qui, capisco che lo stile di vita italiano è molto più sano e naturale”.

Del resto, nel momento probabilmente più intimo di tutto l’incontro, Abel “si racconta”, affermando che l’Italia è il paese che lo ha salvato dall’alcolismo e dalla tossicodipendenza. Parlandoci poi del suo periodo a Napoli, dov’è rinato in una piccola comunità, e del rapporto con il nonno paterno, di origine italiana:

“Ero molto legato a lui mentre crescevo nel Bronx, è stata una figura importante per me. Mio nonno è nato vicino Napoli. C’è una sorta di connessione spirituale con quel luogo.”

Abel Ferrara
Abel Ferrara, con Barrett Wissman (direttore esecutivo del Taormina Film Festival 69) durante la masterclass a Casa Cuseni. @ Nando Purrometo

Senza tralasciare il modo in cui ha scoperto la figura di Padre Pio, a cui ha dedicato il suo ultimo film con Shia LaBeouf, presentato al Festival del Cinema di Venezia:

“A Napoli ho scoperto che Padre Pio e Maradona sono i santi patroni dei malavitosi e degli spacciatori. Ogni volta che andavo a comprare droga, c’era una statua di Padre Pio e mi chiedevo chi fosse”.

Pasolini, il vero maestro di Abel Ferrara

Ed è immediato il focus su Pasolini, considerato da Ferrara il suo maestro:

“Pasolini era un personaggio complesso: era contro il consumismo ma poi lo praticava. Sapeva che si può combattere contro il fascismo ma non contro il capitalismo, ed è vero. Lui lo aveva già capito cinquant’anni fa”.

Non si può dare torto a Mr. Ferrara, Pasolini fu un vero e proprio visionario. Era lui a dire, cinquant’anni fa, che l’avvento del consumismo capitalistico avrebbe rovinato il mondo. Sapeva che da quel momento in poi la popolazione, schiava della globalizzazione, non sarebbe stata più felice, perché alla continua ricerca di quel “sogno frustrato” che mai avrebbe potuto raggiungere.

Ed era sempre Pasolini a contestare il nuovo sistema educativo, anch’esso vittima di quel consumismo capitalistico, che avrebbe spogliato le nuove generazioni del pensiero creativo, dello spirito critico e d’osservazione. Per lui, il sistema educativo fallimentare sarebbe stato l’inizio della tragedia!

Abel Ferrara: Pasolini (2014)
Un frame del film “Pasolini” (2014) del regista Abel Ferrara. In proiezione durante il Taormina Film Fest 69.

Abel utilizza una metafora per spiegare il linguaggio di Pasolini: “È luce del sole che attraversa la polvere”. E nel suo film “Pasolini” (2014), fa pronunciare a Pier Paolo, interpretato magistralmente da Willem Dafoe, testuali parole:

“Narrative art, as you well know, is dead.”

Che sia il cinema, dunque, la nuova arte narrativa? Per Abel Ferrara lo è, in particolar modo in Europa:

“In America si aspettano sempre qualcosa di perfettamente dritto. In Europa mi posso esprimere meglio. Qui posso fare rock ‘n’ roll”.

Non poteva di certo mancare qualche parola per il suo amico e attore meticcio, Willem Dafoe, che al momento, stando alle parole del regista, sta girando un film segreto, di cui nessuno sa niente. E che lo stesso Abel ha paragonato, scherzando, a Marco Polo:

“Lui viaggia tantissimo, lavora con la Marvel, gira film indipendenti, ma poi torna sempre.”

Il regista si sofferma, infine, sul processo di realizzazione del film, definito come un continuo divenire, come il Panta rei di Eraclito:

“Ci sono dei film che prima odi e poi, dopo 15 anni arrivi a scoprirne il senso. Ma il film non cambia, siamo noi a cambiare!”

 

Domenico Leonello

Tao Film Fest 69: Bella Thorne e Khaby Lame

La quinta serata della kermesse taorminese ha visto all’opera una serie di registi emergenti, presentati dall’illustre ospite Bella Thorne. Sono stati proiettati dieci cortometraggi dai temi e dalla tecnica più disparati che hanno dato mostra a diversi talenti. Nel pomeriggio del giorno dopo, abbiamo avuto l’opportunità di assistere ad una masterclass tenuta da Khaby Lame, influencer italiano che vanta milioni di follower sui social.

Influential Shorts di Bella Thorne

Il primo corto che abbiamo visto era FIFA: a love letter to Rwanda diretto da Adriana Lima. Si tratta di una produzione legata al grande ente calcistico che mette in correlazione molte realtà locali legate al calcio, nate grazie al patrocinio di Gianni Infantino, il Presidente della FIFA, presente anche durante l’evento. Il film si è concentrato anche sulla realtà del Rwanda, situato in Africa. Infatti, ci sono molte scene dove viene spiegato e descritto l’immaginario simbolico, elemento importante che fortifica il senso di appartenenza degli abitanti.

Bella Thorne sulla passerella a Taormina. ©Federico Ferrara

I corti:

Good Intentions tratta la storia vera di un assassinio avvenuto tra le strade di Londra, diretto da Yasen Atour, famoso per la partecipazione in The Witcher e The Rings Of Power; cerca di raccontare al pubblico la storia di un ragazzo e una ragazza, appartenenti a due culture diverse, lui senegalese e lei indiana. Il tema centrale è proprio questo, la differenza, lo scontro e gli ideali di entrambe le famiglie.

The One tratta di una normale giornata madre-figlio nel parco, e si rivela una storia tutt’altro che tipica. Tuttavia, alla fine si svela (turning point) un thriller psicologico di alto livello che esplora il tentativo di interpretare Dio nell’era della tecnologia, con un incredibile plot twist finale. Peccato per la messa in scena un po’ troppo lenta all’inizio e precipitosa nel finale. Diretto da Nina Dobrev, famosa per il suo ruolo in The Vampire Diares, e interpretato da Madeline Brewer, Indya Moore e Ryan-Kiera Armstrong.

Paint Her Red è stato diretto da Bella Thorne, con il quale fa il suo ingresso nel mondo della regia. Interpretato anche da lei e Juliet Sterner, il corto rappresenta l’allegoria grottesca della crescita, fin dalla più tenera età, all’interno dello show business. Risulta dominante, dunque, l’alterità dell’immagine come pretesto per mostrare cosa si nasconde dietro le immagini auliche delle star.

Citiamo anche gli altri corti della rassegna di ieri sera: Sis di Miranda Haymon, I Am Khabane di Khaby Lame, Burrow di Leaf Lieber, Serpentine di Eva Vik, Don’t Go Too Far di Maram Taibah e Paint Her Red di Bella Thorne.

Adriana Lima sulla passerella. ©Federico Ferrara

Khaby Lame: il ruolo dei social media

Alle 13 di oggi, abbiamo ascoltato le parole dell’influencer riguardo la gestione e l’utilizzo dei social media, in particolare Tik Tok. Ha esordito raccontando la sua storia personale, la quale è ampiamente rappresentata nel suo cortometraggio sopracitato. Tra discorsi motivazionali dove incita i giovani a farsi avanti senza paura nella vita, ha condiviso delle riflessioni che hanno suscitato una certa emozione nel pubblico presente. Gli stessi presentatori, si sono congratulati per la sua tenacia e umiltà.

Khaby Lame. ©Federico Ferrara

Ha risposto anche a delle domande del pubblico, tra cui molti giovanissimi. Tra queste, una gliela abbiamo fatta noi riguardante la possibilità di partecipare a un film della Marvel, vista la sua partecipazione (cameo) al film Wakanda Forever. Ci ha risposto che vorrebbe vedere se stesso come un eroe che riesce sempre a trovare la soluzione a tutti i problemi all’interno della trama, che riesca anche a controllare i poteri della natura intorno a sé.

Federico Ferrara
Gabriele Galletta
Matteo Mangano
Asia Origlia

Tao Film Fest 69: A Thousand and One

 

A Thousand and One
A Thousand and One: una pellicola tanto drammatica ed avvincente da far commuovere il pubblico. – Voto UVM: 4/5

 

La quarta serata della sessantanovesima edizione del Taormina Film Festival (qui parliamo di un’altra premiere) è stata incentrata su una pellicola tanto drammatica ed avvincente da far commuovere il pubblico: A Thousand and One. La pellicola, diretta dalla regista americana A.V. Rockwell.

A Thousand and One racconta il dramma di Inez, e la dolorosa separazione dal figlio Terry; uscita di prigione, Inez è costretta a visitare il proprio bambino in pochi brevi momenti, fin quando non decide di portarlo con sé. Rapisce il bambino per poterlo crescere ad Harlem, quartiere di origine di Inez. Terry diventa grande, ma la realtà è destinata a venire fuori.

Nel cast ritroviamo l’attrice e cantante americana (nata ad Harlem) Teyana Taylor nel ruolo di Inez, il giovanissimo Aaron Kingsley Adetola nei panni del piccolo Terry e William Catlett come Lucky.

A Thousand and One: la realtà di Harlem

Elemento interessante di A Thousand and One è il modo in cui la regista fa emergere la realtà sociale di quartieri poveri e con molta criminalità come la Harlem nei primi anni 2000, prima della crisi economica del 2007/2008. In una città ricca come lo era e lo è New York, vengono mostrati gli invisibili, coloro che lottano per la sopravvivenza a pochi isolati da uno dei quartieri finanziari più ricchi del mondo. La città finisce per essere, dal punto di vista della regista, un terzo protagonista.

L’aspetto dei cambiamenti sociali viene reso chiaro allo spettatore attraverso estratti di telegiornali, di discorsi di due sindaci della città: Rudolph Giuliani, sindaco dal 1994 al 2001, e Michael Bloomberg, sindaco dal 2001 al 2013. Queste due figure hanno contribuito a modificare la realtà di questi quartieri, non sempre però a vantaggio della povera gente.

Il periodo di grande espansione del mercato immobiliare nei primi 2000 ha avuto le sue ripercussioni in quartieri come Harlem, dove si è puntato ad una riqualificazione della zona, con rinnovamenti edilizi. Questo fattore è mostrato in A thousand and one, dove nel 2005 molti edifici della zona vengono comprati e ricostruiti, e le famiglie, tra cui anche gli stessi Inez e Terry, vengono messi in condizione di dover lasciare obbligatoriamente la loro casa.

Il miglioramento della zona è continuato, ad avviso della regista A.V. Rockwell e dell’attrice Teyana Taylor, fino al presente. Al giorno d’oggi Harlem non è più il quartiere governato dalla criminalità ed in cui la gente viveva di precarietà, ma in questa riqualificazione le persone della zona, i neri specialmente, non sono stati considerati ed inclusi in questo processo di cambiamento.

Il montaggio “intimo” di A. V. Rockwell: nostalgia da cinepresa

Il film riprende, stilisticamente parlando, il genere del cinema underground, merito anche del direttore della fotografia Eric Yue e dei due addetti al montaggio: Sabine Hoffman e Kristan Sprague.

La regista A. V. Rockwell è stata capace, tramite primi campi molto “intimi”, a rappresentare la condizione dei singoli personaggi, in particolar modo della protagonista, Teyana Taylor.

A Thousand and One ricorda molto quei “vecchi” film girati con macchina da presa e pellicole da 35 mm. (o meglio, super 35 mm.). Anche se, la regista stessa ha affermato, durante la sua masterclass al Taormina Film Festival 69, di aver girato tutto con una videocamera ALEXA Mini LF.

La durata media delle inquadrature (o average shot length, ASL), è invece di 3 secondi circa, arrivando a 7/8 secondi, per le scene più struggenti. Innovativo per un film di genere drammatico, soprattutto perché gli conferisce una velocità maggiore e non fa perdere l’attenzione allo spettatore.

A Thousand and One
Da sinistra: Teyana Taylor e A. V. Rockwell, rispettivamente protagonista e regista di “A Thousand and One” al Taormina Film Fest 69, durante prima europea del film. @ Nando Purrometo

Inez: una figura guida per la stessa regista

La protagonista femminile Inez è costruita come una figura forte, determinata. La stessa regista Rockwell, alla masterclass tenutasi al Taormina Film Fest, afferma di ispirarsi molto al personaggio di Inez, di vederla come una figura importante per l’empowerment femminile. Inez riesce a lottare per il proprio figlio e per rialzarsi ad ogni problema ed avversità.

L’impatto del personaggio di Inez è chiaro per il pubblico specialmente per il suo ruolo di madre, quindi nel rapporto con Terry. Lei lotta per poter crescere il proprio figlio, per potergli dare una vera famiglia e proteggerlo dall’infanzia che lei ha dovuto vivere. Inez arriva ad andare contro la legge, contro il sistema di affidamento per il suo bambino.

Una figura così tenace e disposta a qualsiasi sacrificio per il proprio figlio non può che generare empatia nel pubblico.

“No matter where you come from, you have the strength to find Inez in you” – A.V. Rockwell durante il Festival

 

Ilaria Denaro
Domenico Leonello

Abbronzatura: come funziona?

È iniziata l’estate e con lei la voglia di sole, mare e di abbronzarsi! Ma come avviene questo fenomeno così affascinante? Esaminiamo con un approccio scientifico quali sono le reazioni che avvengono sulla nostra pelle e le ripercussioni.

Indice dei contenuti

  1. Radiazione solare
  2. Cosa succede alla nostra pelle?
  3. Il Fattore di Protezione Solare (SPF)

Radiazione solare

La radiazione solare è l’energia che il sole emette e che la terra riceve in forma di onde elettromagnetiche. In particolare le radiazioni solari hanno una lunghezza d’onda tra compresa tra i 230 e 4000 nm. La maggior parte dell’energia solare giunge sulla terra con lunghezza d’onda tra i 400 e 760 nm (banda del visibile o luce). L’altra metà arriva in forma di radiazioni infrarosse, responsabili dell’azione termica dell’energia solare (760 e 4000 nm). L’ultimo tipo di radiazioni (dai 230 ai 400 nm) sono le radiazioni UV, ovvero le radiazioni ultraviolette. Di esse sulla terra ne arriva una minima parte essendo confinate maggiormente nell’alta atmosfera, in corrispondenza dell’ozonosfera. Anche se in piccole quantità rispetto alle radiazioni descritte precedentemente, anch’esse apportano benefici, e a volte purtroppo, danni al corpo umano. Distinguiamo 3 tipi di radiazioni ultraviolette: UV-A (400-315 nm), UV-B (315-280 nm) e UV-C (280-100 nm).

 

Comportamento delle radiazioni UV in presenza dell’ozonosfera Fonte: Okpedia

Il tipo di radiazione che penetra maggiormente l’atmosfera è l’UV-A seguita dall’UV-B, ovvero la radiazione responsabile della nostra abbronzatura!

Cosa succede alla nostra pelle?

È risaputo che stare a contatto con la luce del sole può apportare miglioramenti significativi per la salute. L’esposizione ai raggi UV permette infatti la sintesi organica di vitamina D, essenziale nell’assorbimento di calcio da parte dell’organismo. È consequenziale la minore probabilità di sviluppare patologie ossee quali l’osteomalacia e l’osteoporosi, ma anche di problematiche legate al sistema nervoso centrale e periferico e nella coagulazione.

L’epidermide, oltre a produrre vitamina D, si occupa della nostra protezione dai raggi UV per mezzo dei melanociti. Questi sono delle cellule dentritiche appartenenti allo strato basale dell’epidermide, dove al loro interno troviamo organuli come i melanosomi, i produttori della melanina. Fin che la melanina si trova all’interno dei melanociti non colora la pelle. Solo quando essa sarà fagocitata dai cheratinociti sarà in grado di donare all’epidermide la tipica colorazione ambrata.

Melanocita
Melanocita Fonte: Wikipedia

L’abbronzatura che noi osserviamo dopo alcune ore di sole, dunque, non è altro che un filtro solare naturale generato dalla pelle per protegge il DNA prevenire l’invecchiamento cutaneo contrastando la produzione di radicali liberi.

La melanina prodotta dai melanociti continua a degradarsi e ossidarsi all’interno dei cheratinociti fornendo ulteriore melanina fino a raggiungimento della quantità massima prevista dal nostro corredo genetico e dai melanosomi posseduti. Distinguiamo in base ai melanosomi tre tipi di popolazione:

  • Carnagione scura o nera: i melanosomi sono grandi.
  • Caucasica: i melanosomi sono di dimensioni minori.
  • Celtica: i melanosmi sono acora più piccoli.

Maggiori sono le dimensioni dei melanosomi, più sarà abbondante la quantità di melanina prodotta e di conseguenza più efficiente l’azione protettiva nei confronti del sole.

Il fattore di protezione solare (SPF)

La protezione effettiva generata dalla melanina in realtà risulta essere molto bassa e insufficiente per proteggere l’organismo da eventuali danni. Per questo motivo risulta d’obbligo l’utilizzo di prodotti solari specifici scelti in base al fototipo che si possiede.

Classifica dei fototipi Fonte: Facebook

Una volta individuato il fototipo, si scelgono i prodotti solari in base al Sun Protection Factor (SPF). Quest’ultimo indica la capacità di un prodotto di proteggere la pelle dai raggi solari. Maggiore è l’SPF maggiore sarà il grado di protezione solare.

La pelle chiara del fototipo 1 e 2 è più delicata e richiede una protezione molto alta, con indice 50. Il fototipo 3 necessita un fattore 30. La scala decresce fino all’ultimo fototipo che richiede attenzioni minori rispetto ai primi.

La composizione dei solari viene disciplinata dal regolamento cosmetico europeo 1223/2009. I filtri fisici sono dati da componenti chimiche schermanti, ovvero sostanze opache in grado di riflettere le radiazioni come il biossido di titanio e l’ossido di zinco. Lo ZnO riflette sia i raggi UVB che gli UVA ed esercita inoltre un’azione lenitiva e antibatterica. Giustifica la presenza della patina biancastra lasciata dai prodotti solari, che risulta essere quanto schermante tanto dannosa per l’ambiente marino (viene infatti spesso sostituito dall’equivalente ecologico, l’idrossiapatite).

Oltre a dei filtri fisici, le creme solari presentano dei filtri chimici dati da molecole organiche complesse come l’oxibenzone, il fenilbenzilimidazolo, l’acido sulfonico, il butil metoxidibenzoilmetano e l’etilexil metoxicinnamato. Ognuna di queste molecole assorbe l’energia delle radiazioni a lunghezze d’onda diverse e le rilascia sotto forma di calore minimizzando i danni.

Nonostante i possibili effetti collaterali collegati ad un’esposizione prolungata al sole, con le giuste accortezze e prevenzione, è possibile minimizzare le ripercussioni sulla salute al minimo, ottenere una bella pelle dorata e tutti i benefici che ne derivano!

Asia Arezzio

 

Bibliografia

 

 

 

Falene

-Se dovessi essere un animale, che animale saresti ?

– Mio nonno diceva sempre che noi siamo delle falene.

– Falene? Come mai?

– Perché le falene, quando tutto è buio, sono attirate verso l’unica fonte di luce che si fa strada nella notte. Il loro obiettivo è raggiungere quella luce, che sia una lanterna, una torcia, una candela o la luna . E quando questa luce si spegne, loro rimangano nel profondo dell’oscurità, sono disorientate, vanno a sbattere all’impazzata perché non hanno più il loro punto di riferimento, la luce che da un senso alla loro vita. E noi siamo così, siamo falene e facciamo degli altri e delle abitudini la nostra luce. Ma proprio come delle lanterne anche gli altri possono spegnersi e abbandonarci; come anche le abitudini possono cambiare e crollare. Facciamo della nostra fonte di luce una certezza, ma la verità è che non esiste niente di certo e proprio come la falena ci troviamo a brancolare nel buio, nella nostra oscurità, perché fino a quel momento eravamo convinti che quella persona o quella cosa fosse la nostra luce, senza accorgerci che la nostra luce siamo noi. Siamo noi soltanto .

Carla Mascianà

Egitto: morti e feriti dopo il crollo di un palazzo di 13 piani

Paura e disperazione. Sono questi i sentimenti che nella tarda mattinata di ieri hanno scosso gli abitanti di Alessandria d’Egitto quando un palazzo di 13 piani è crollato su sé stesso intrappolando decine di persone che si trovavano al suo interno.

Il crollo

Il tragico evento è accaduto nel distretto di El-Montazah, precisamente nella zona di Sidi Bishr, nella parte orientale della città. Il crollo improvviso ha coinvolto anche le auto parcheggiate nelle vicinanze e quelle di passaggio. Alcune sono rimaste schiacciate dalle macerie; inoltre, alcuni detriti che hanno colpito degli oggetti infiammabili vicini hanno provocato un incendio che fortunatamente è stato domato in poco tempo dai pompieri. Molti palazzi vicini a cui era collegato l’immobile sono stati danneggiati e di conseguenza fatti evacuare.

Come si legge dalle informazioni riportate sul sito Youm 7 al piano terra del palazzo si trovava un supermercato, mentre gli altri piani erano abitati da residenti locali e alcuni appartamenti venivano utilizzati come case vacanza e affittati ai turisti durante la stagione estiva, quindi con molta probabilità ci sarebbero vittime straniere.

Soccorritori – fonte: skytg24.it
Le dichiarazioni

L’ultimo piano dell’edificio aveva un ordine di demolizione e l’intera proprietà era stata esaminata dal comitato incaricato di ispezionare gli edifici a rischio crollo.

Secondo le autorità locali, l’immobile costruito negli anni ’70 era già noto per via di alcune sopraelevazioni non a norma e, di conseguenza, si sarebbe dovuto abbattere e rimuovere l’ultimo piano. 
Il governatore locale Muhammad al-Sharif, tramite un comunicato stampa, ha inoltre confermato la presenza di vittime sotto le macerie del palazzo. I soccorritori e le forze dell’ordine sono già in stato d’allerta per individuare possibili sopravvissuti e trasportarli agli ospedali più vicini.

La sottosegretaria del ministero della Salute, Amira Tahio, ha confermato in un’intervista telefonica con il canale Al-Hadath la presenza certa di quattro feriti. Si tratta di persone di passaggio colpite dai detriti e già ricoverati in ospedale. Il più grave ha riportato la rottura di una gamba, mentre gli altri presenterebbero solo lievi escoriazioni.

Secondo il sito egiziano di informazione online Al-ahram, la Decent Life Foundation ha annunciato che fornirà un risarcimento finanziario di 25.000 EGP (lira egiziana) alle famiglie delle vittime del disastro.

Le indagini

Una squadra della pubblica accusa ha ispezionato la scena e ha incaricato la protezione civile e i funzionari municipali di mettere in sicurezza l’area e le proprietà adiacenti, se necessario,

Intanto, il pubblico ministero ha sequestrato l’edificio e avviato un’indagine per determinare la causa dell’incidente ed esaminare il fascicolo relativo alle precedenti prescrizioni per il palazzo. Le prime indiscrezioni parlano di una “spaccatura verticale” della struttura prima del definitivo crollo.

Soccorritori Alessandria d’Egitto – fonte: skytg24.it

I precedenti

Non è la prima volta che un evento del genere si verifica nella nazione egiziana. Due anni fa, nel 2021, nella capitale Il Cairo un palazzo di 10 piani crollò su sé stesso causando la morte di 25 persone e più di 70 feriti. Anche in quel caso era stato segnalato un abuso edilizio, visto che al palazzo erano stati aggiunti illegalmente ben quattro piani.

Sviluppi

Le ricerche che si sono protratte per tutta la notte hanno permesso ai soccorritori di estrarre il primo corpo senza vita che si trovava sotto i cumuli di macerie. Altre due persone, invece, sono state individuate ed estratte vive.

Ci vorrà molto tempo per individuare la presenza di altri corpi o sopravvissuti sotto i resti del palazzo. Per questo, squadre di volontari e soccorritori professionisti sono arrivati anche dalle provincie limitrofe, in quella che ormai è diventata una corsa contro il tempo tra la vita e la morte.

Giuseppe Cannistrà

Tao Film Fest 69: Indiana Jones ed il quadrante del destino

Indiana Jones
Indiana Jones è sempre un personaggio caro al pubblico, ma la pellicola in se non presenta una grande originalità nella trama, non rispettando a pieno le aspettative del pubblico. – Voto UVM: 3/5

 

La terza serata della sessantanovesima edizione del Taormina Film Fest riporta sul grande schermo italiano una figura riconoscibile già da soli semplici accessori: una frusta ed un cappello. Ebbene si Harrison Ford è ritornato nei panni del professore/avventuriero Indiana Jones! Dopo tanti anni dall’uscita del precedente capitolo della saga, Indiana Jones ed il regno del teschio di cristallo (2008), in questa pellicola viene raccontato un Indy diverso, più grande e provato dal tempo passato.

A fianco del grande Harrison Ford sono presenti tante altre note figure del cinema Hollywoodiano ed internazionale. Interessante elemento di Indiana Jones ed il quadrante del destino è la presenza di una giovane figura femminile che affianca il noto avventuriero, interpretata da una carismatica Phoebe Waller Bridge (Fleabag). Nel cast ritroviamo anche Antonio Banderas ed il danese Mads Mikkelsen.

Indiana Jones
Parte del cast di “Indiana Jones 5” alla conferenza stampa al Taormina Film Festival 69.

Il ritorno dell’avventuriero

Indiana Jones ed il quadrante del destino si apre con un lungo flashback: l’archeologo si trova su un treno nazista durante la Seconda guerra mondiale per salvare l’amico e collega Basil Shaw, intrepretato da Toby Jones (Harry potter). Qui i due riusciranno eroicamente a sfuggire insieme ad un antico artefatto, l’Antikythera, rubato allo studioso nazista Voller. Si tratta di un meccanismo creato da Archimede che unito ad un secondo pezzo mancante, avrebbe permesso di controllare anche il tempo, di aprire dei varchi temporali. Negli anni, Basil resta così affascinato dall’oggetto da tramutarlo nella sua ossessione.

L’anno è il 1969, l’avventuriero Indiana Jones è divenuto un triste professore di archeologia prossimo alla pensione, con tanti acciacchi fisici ed un triste carico emotivo dal passato che porta con sé. L’incontro con Helena (Phoebe Waller Bridge), figlia del defunto Shaw, modificherà momentaneamente i suoi piani per una vecchiaia tranquilla; la ragazza si rivolge a Jones per recuperare l’Antikythera e poterlo vendere ad un’asta clandestina.

Nella corsa per riprendere l’antico oggetto rubato, Jones si imbatterà nuovamente nell’antico proprietario dell’Antikithera: il nazista Voller, ora professore Schmidt. Quest’ultimo, dopo aver conquistato lo spazio lavorando per la NASA, vuole nuovamente controllare il tempo con il meccanismo di Archimede.

Parte la corsa per Indiana Jones ed Helena, insieme, per recuperare il secondo oggetto, mai ritrovato fino ad allora.

Indiana Jones
Premiere italiana del film al Teatro antico di Taormina durante il Taormina Film Festival 69. @ Nando Purrometo

Un’Indiana Jones fuori tempo

Elemento interessante in Indiana Jones ed il quadrante del destino, che salta subito all’occhio per lo spettatore, è il passare degli anni per l’eroe con frusta e cappello.

Nel passaggio dal flashback al presente del 1969 la contrapposizione è fin troppo chiara per lo spettatore: se un minuto prima vediamo un Indiana Jones ringiovanito che salta da un treno in corsa, il momento dopo siamo di fronte ad un uomo, provato dagli anni di avventure.

Molto d’impatto è la scelta di mostrare come prima scena dell’archeologo nel presente il personaggio a torso nudo, in tutta la sua fragilità fisica. Il vecchio Indiana Jones si ritrova a vivere in un corpo che non è più il suo, ed in una realtà che non sente più sua.

Un cambio di testimone?

Indiana Jones ed il quadrante del destino presenta una nuova figura femminile: Helena. Si tratta di un personaggio avventuriero e senza paura come Jones, ma con una mente calcolatrice. Mentre il vecchio avventuriero è sempre legato ai valori e lotta per essi, Helena sembra avere un carattere più razionale.

Helena diviene un prototipo di eroina femminista: indipendente ed intraprendente, fa risse, sfugge dalla mafia in Marocco e si dà a degli inseguimenti in sella ad una moto rubata! L’attrice Phoebe Waller Bridge, nell’interpretare la giovane, porta molta della sua sottile ironia, dando vita ad una co protagonista che porta un certo brio comico al film.

Indiana Jones
Phoebe Waller Bridge alla conferenza stampa del Taormina Film Fest 69.

Il solito Indiana Jones

Indiana Jones ed il quadrante del destino presenta molti elementi tecnico narrativi classici del franchise: l’indimenticabile colonna sonora di John Williams (The Fabelmans), le scene d’azione e di inseguimenti e l’immancabile look dell’avventuriero Jones. La presenza di questi elementi era necessaria per il film, altrimenti che Indiana Jones sarebbe stato!

Ad ogni modo però la presenza di una trama molto simile a quella degli altri film precedenti può dare al film un non so che di già visto, di ripetitivo. L’unico elemento narrativo di differenza è la presenza dei viaggi nei varchi temporali: tale tematica non solo non è appartenente al genere d’avventura, ma soprattutto non è affrontata in maniera adeguatamente precisa.

Indiana Jones ed il quadrante del destino non è una pellicola perfetta e probabilmente non ha rispettato le tante attese del pubblico, ma ci ha comunque regalato un ritorno sullo schermo di una figura molto amata dagli spettatori. Il risultato è un film molto piacevole da vedere, che ci riporta il perfetto mix di azione, avventura e lieto fine che solo un Indiana Jones può regalare!

 

Ilaria Denaro

Tao Film Fest 69: In The Fire

 

In The Fire
“In The Fire” pecca di originalità ma va riconosciuto come prodotto cinematografico (quasi) italiano – Voto UVM: 2/5

 

In The Fire, diretto da Conor Allyn, è stato presentato alla prima serata del Taormina Film Fest 69 e segna il ritorno sulle scene di Amber Heard. Quest’ultima, accompagnata dal resto del cast, è stata presente il 24 giugno alla presentazione ufficiale del film, dialogando col direttore esecutivo del Taormina Film Fest 69: Barrett Wissman.

Ambientato a fine Ottocento, il film, racconta di una psichiatra trentottenne americana (Amber Heard), chiamata a risolvere il caso di un bambino autistico, creduto indemoniato. Al suo arrivo la dottoressa scopre che la madre del ragazzino è morta e che il padre stesso ha iniziato a credere alla possibile possessione del piccolo.

La donna tenta una psicoanalisi del bambino (ci troviamo, infatti, agli inizi degli studi freudiani sulla psicanalisi) ma gli eventi nefasti si intensificano e la sua “cura” diventa una corsa per salvare il piccolo dalla furia dei concittadini e, forse, anche da se stesso!

In The Fire
Amber Heard durante la prima ufficiale di “In The Fire” al Taormina Film Festival 69. @ Nando Purrometo

Quanto c’è di originale?

A leggere la trama, il film sembra qualcosa di già visto e sentito. Ed effettivamente sono molti i prodotti filmici e seriali che in passato hanno proposto trame simili, per non dire identiche!

Volete qualche esempio? Di sicuro, il recente Il prodigio (2022) è l’esempio più lampante: ritroviamo, infatti la figura di una donna a cui è stata affidata una bambina. E anche in questo caso la donna sarà costretta a lottare con della gente bigotta e irrazionale.

Come non citare poi Freud (2020), la serie tv che fin da subito si è presentata come “un porno dell’orrore” e che a sua volta è un plagio della precedente L’alienista (2018). Insomma, una cosa è certa: In The Fire pecca di originalità!

In The Fire: and the winner is…

È da riconoscere l’impegno messo da parte di Conor per la realizzazione del film. Anche se con un montaggio un po’ lento, rientra perfettamente nei canoni del genere a cui appartiene: il thriller psicologico.

Un plauso meritatissimo anche a tutto il resto del cast e soprattutto a Eduardo Noriega, che nel film interpreta il ruolo del padre del bambino, e a Luca Calvani, che dopo Beautiful (1987) riveste nuovamente i panni di un sacerdote.

In The Fire
Da sinistra a destra: Lady Monika Bacardi e Andrea Iervolino (produttori cinematografici di “In The Fire”. @ Nando Purrometo

E non può mancare, a questo punto, il feedback dei produttori del film:

“In the Fire sintetizza bene il nostro business model e ci conferma la validità della strada intrapresa in questi anni: produzioni 100% italiane e di qualità rivolte al mercato globale, che vedono la partecipazione di star hollywoodiane e l’impiego di maestranze nostrane”

Hanno dichiarato i produttori Andrea Iervolino e Lady Monika Bacardi, fondatori di ILBE, ad un’intervista durante il Taormina Film Festival (qui una parte dell’intervista).

Amber Heard volto del nuovo cinema italiano?

Il film segna il ritorno di Amber Heard nel cinema indie, nelle vesti di protagonista e di produttrice esecutiva. Ma, l’ex moglie di Johnny Depp, in questo film ha dovuto fare un passo indietro di fronte alla bravura del resto del cast. Partendo da quella di Eduardo Noriega e del piccolo Lorenzo McGovern Zaini, volto di molti film “made in ILBE”, fino ad arrivare agli italianissimi Luca Calvani (To Rome with Love, Sex and the City, Beautiful) e Yari Gugliucci, due sacerdoti molto diversi ma ugualmente enigmatici.

Una pellicola che non può vantare né la sua originalità né un buon montaggio. Va presa per quello che è: un prodotto “made in Italy” con un ottimo cast!

 

Domenico Leonello