Sanremo Giovani: racconti di vita e sfumature d’amore

Dicembre porta con sé, oltre i profumi di pan di zenzero e dolciaria varia, un lieve odore di fiori freschi, i fiori di Sanremo. Perché sì, è vero che siamo a Natale, ma la nostra mente comincia a volare a quei giorni in cui tutta l’Italia si riunisce per cinque intensi giorni di musica.

Per questo, noi di UVM, in mezzo a questo clima natalizio, vogliamo trasportarvi sul palco dell’Ariston, puntando i riflettori sulle 12 canzoni dei giovanissimi autori che, giorno 19 dicembre, si sfideranno per stabilire i 3 fortunati vincitori che completeranno la rosa dei big in gara. Scopriamole insieme!

Bnkr44 – Effetti speciali

In questo brano, il gruppo di Villanova, ci racconta la difficoltà dell’amore giovanile pieno di sfumature contrastanti, attraverso il racconto di una storia ormai al declino.

Si lo so è stato bello però
abbiamo solo vent’anni

La cornice narrativa, posta su una serie di parallelismi tra il mondo cinematografico e la realtà della fine di una relazione, ci rimanda ad un distacco dolceamaro ma non drammatico.

Suoni elettronici e acustici si fondono in questo pezzo pop fresco ma mai banale.   

Voto 5/5. 

GrenBaud – Mama

Un pezzo frenetico che ci porta in una vita sfrenata, fatta di desideri lussuosi e l’incostante incertezza di farcela, di riuscire a tornare a casa. Il tutto mentre la madre sta a casa in ansia.

La canzone dello streamer non convince, non dice niente di diverso da quello che dice ormai ogni rapper/trapper della scena musicale, ma fatta peggio.

Voto 2/5.

Lor3n – Fiore d’inverno

Può un fiore sbocciare d’inverno? Purtroppo, la risposta è no!

Un passato ormai tramontato, che va via via sfumando ma che continua ad occupare un posto nella memoria, il continuo rimpianto di ciò che poteva essere ma non è stato.

se ho dato speranza ad un fiore
che in fondo nasceva in un tempo sbagliato
d’inverno

Tutto questo è Fiore d’Inverno, il singolo in gara di Lor3n, una dichiarazione d’amore suonata al pianoforte che, con una serie d’immagini dal sapore poetico, ci riporta al tempo vivo di una relazione matura ma concepita in un tempo sbagliato.

Voto 5/5

Tancredi – Perle

La nuova canzone di Tancredi, giovane cantautore uscito dal talent Amici, ci racconta una storia d’amore dai forti contrasti. Da un lato troviamo lei, una ragazza sognatrice che si perde nel blu del cielo, dall’altro lato lui, pieno di paranoie e insicurezze che guarda il pavimento.

ma io non sono niente
quando guardi il cielo azzurro io guardo le piastrelle

Mix tra indie e pop, tra sogno e realtà, dove in un rapporto altalenante, incontriamo l’eco della solitudine.

Voto 5/5

 

Dipinto – Criminali

Vita vissuta nelle periferie campane, le condizioni in cui crescono molti giovani nei quartieri difficili tra criminalità e voglia di riscatto sociale.

Dipinto, in questo brano old school, ci racconta una storia a lieto fine, dove queste cose “anormali” sono totalmente superate.

Voto 3/5

Nausica – Favole

Come nelle favole, cerchiamo sempre un lieto fine che tarda ad arrivare, che non arriva, troppo spesso desiderato e mai pienamente compiuto.

Favole, il brano di Nausica, parla proprio di questo, della ricerca della felicità, di quel lieto fine tanto atteso per dire che, a volte anche le favole hanno ragione.

La voce di Nausica accompagnata dal suono dell’arpa rende questa canzone davvero unica.

Voto 4/5

Clara – Boulevard

Diventare grandi, essere adulti, non ci da il dono dell’infallibilità anzi, ci fa rendere conto che tutti i nostri punti di riferimento sono esseri umani come noi, ognuno con le proprie fragilità.

Un racconto intimo quello portato sul palco da Clara che, con la sua Boulevard, vuole rendere omaggio alla madre che l’ha resa la donna che è oggi, ma è anche un invito per tutti coloro che si trovano in difficoltà a chiedere aiuto, perché “nessuno si salva da solo”.

Voto 4/5

JacopoSol – Cose che non sai

Pressioni, stress, paura di non farcela, pressioni e stimoli che ci portano a sentirci schiacciati, privi del tempo per noi, di fare quello che ci piace.

È di questo che ci parla JacopoSol, con la sua Cose che non sai, attraverso un flusso di coscienza, si mette a nudo mostrandoci le fragilità della nostra generazione.

Voto 3/5

Santi Francesi – Occhi tristi

Per quanto possa essere buio il presente, nessuna notte è troppo lunga per impedire al sole di sorgere, e di conseguenza al girasole di alzare la testa verso di esso.

Occhi tristi è la descrizione perfetta di un rapporto d’amore in cui, nonostante le insicurezze, la necessità di abbandonarsi nelle braccia dell’altro è più forte di tutto.

E con me porterò quel fiore che ti piace
Sarebbe bello disegnare la tua voce

La musica con l’aggiunta di componenti elettronica unita alla profondità del testo, ci catapultano nelle tormente dell’anima quando tutto sembra opporsi, ma il legame amoroso è così forte da non infrangersi.

Perché è bello sapere che il lieto fine può esistere.

Voto 5/5

Vale LP – Stronza

Un brano intimo che si evolve in qualcosa di più universale, il racconto della presa di coscienza di una personalità tossica, che tende a distruggersi e a distruggere.

E trovo mille modi per poterci ferirePer non sentire mai che sta arrivando una fine

Senza peli sulla lingua, Vale LP, ci racconta la storia di un amore dalle dinamiche tossiche, attraverso il punto di vista e la presa di coscienza della persona narcisista.

Voto 4/5

Fellow – Alieno

In una società sempre più conformista e conformata, dove l’unica cosa che conta è essere fighi, Fellow va controtendenza, parlandoci di alienazione sociale unita alle dinamiche d’amore, andando dritto al cuore di chi si sente fuori dal mondo.

E lo sai che ho già piantato una bandiera
su ogni mia nuova insicurezza

Un brano che parla di solitudine, ma anche della bellezza del creare legami con persone che ci capiscono veramente.

Voto 5/5

 Omini – Mare Forza 9oi

Attraverso suoni carichi di esplosivo rock dal ritmo incalzante, gli Omini ci raccontano della tempesta che può nascere tra due individui che, come il mare che può raggiungere forze distruttive, così la passione può arrivare a decuplicare questa forza, facendo diventare esplosivo il “noi”

Voto 4/5 

Gaetano Aspa

Altri 60 di questi, Brad Pitt!

William Bradley Pitt, megli noto come Brad Pitt, nasce a Shawnee (Oklahoma) il 18 Dicembre del 1963 dai coniugi Bill Pitt (dirigente di trasporti) e Jane Etta Hillhouse (consigliere scolastico).

Dopo una brillante carriera da atleta nell’adolescenza, decise di frequentare l’Università del Missouri in giornalismo e grafica pubblicitaria. Abbandonò il mondo universitario a pochi esami dalla laurea per seguire il suo sogno di recitare nei film di Hollywood. Prima di iniziare a recitare ha fatto gavetta lavorando come autista per spogliarelliste in limousine, il trasportatore di frigoriferi e addirittura travestendosi da pollo per promuovere una catena di ristoranti.

Le serie tv come trampolino di lancio

Ad aiutare la sua ascesa nel mondo dello spettacolo sono state principalmente delle parti prese in varie soap opera quali Destini (1987), Dallas (1987), 21 Jump street e Genitori in blue jeans (1987-1989). Raggiunge il successo nel ’91 nel film Thelma e Louise. Al contrario nel 2001 la sua comparsa in Friends (episodio 10 della stagione 8) permise alla serie stessa di sfruttare la popolarità raggiunta dall’attore. Qui Brad interpretò la parte di un ex compagno di liceo di Ross e Rachel (Jennifer Aniston) che ha un conto in sospeso con loro.

Amori, divorzi e Mr. & Mrs. Smith

Le riprese del film Mr. & Mrs. Smith sono iniziate il 21 giugno 2004 e si sono concluse il 15 dicembre 2004. Qui Pitt ha conosciuto l’attrice Angelina Jolie con il quale inizierà una relazione. Questo portò alla fine del matrimonio durato 5 anni tra Pitt e la Aniston. Infatti nel gennaio 2005 i due annunciarono la loro separazione e a dicembre dello stesso anno il divorzio.

Mr. & Mrs. Smith è un film del 2005 diretto da Doug Liman. Brad Pitt e Angelina Jolie interpretano rispettivamente John e Jane Smith. I coniugi Smith sono una coppia in crisi che confessano i loro problemi coniugali all’analista, omettendo però che entrambi sono delle spie che lavorano per agenzie rivali. Entrambi ignorano la doppia vita dell’altro, ma un giorno durante una missione i due coniugi finiscono per identificarsi. Le rispettive organizzazioni gli ordinano allora di eliminarsi a vicenda, ma il conflitto domestico a colpi di pistola non porterà altro che al rinnovato desiderio tra i due.

Il film che ha fatto incontrare e innamorare Angelina Jolie e Brad Pitt, soprannominati i Brangelina, è diventato un cult per essere stato il calcio di inizio della storia d’amore più bella di Hollywood degli ultimi vent’anni il cui finale però è stato drammatico con la separazione nel 2016.

La scena della sparatoria finale ha permesso a entrambi di vincere un MTV Movie Award per il miglior combattimento.

Il curioso caso di Benjamin Button

Il curioso caso di Benjamin Button è un film del 2008 diretto da David Fincher, basato sull’omonimo racconto breve del 1922 di Francis Scott Fitzgerald. La storia inizia nel 1860, anno di nascita del protagonista Benjamin Button. Il bambino nasce con l’aspetto di un anziano, e viene addirittura paragonato ad un ultraottantenne. Il padre Thomas Button, vergognatosi dell’aspetto inquietante del figlio, lo abbandona davanti ad una casa di riposo. Il bambino è, trovato da Queenie e Tizzy Weders che, nonostante siano disorientati dal suo aspetto, decidono di adottarlo. Il piccolo Benjamin, così chiamato dai nuovi genitori, trascorre la sua infanzia intrappolato nel corpo di un uomo anziano. La cosa strana che gli accade è che invece di crescere, più passa il tempo e più Benjamin ringiovanisce; egli è infatti, un uomo fuori dal comune che non riesce ad integrarsi con nessuna generazione.

L’interpretazione di Brad gli è valso il premio per i Critics’ Choice Movie Award e 3 nomination come miglior attore sia per gli Oscar sia per i Golden Globe.

Brad Pitt : Vi presento Joe Black

 

Susan (Claire Forlani) e La Morte (Brad Pitt) in una scena di Vi presento Joe Black. Fonte: Wired

Cosa succederebbe se sapeste tutto della vita e aveste raggiunto ogni soddisfazione dalla vita? Succede che arriva La Morte a voler conoscere il segreto della felicità. Questo è quello che succede a William “Bill” Parrish (interpretato da Anthony Hopkins), un magnate delle comunicazioni che viene avvicinato dalla Morte stessa. Ciò che ha permesso a questa entità di arrivare al mondo terreno è stato mettere fine alla vita di un uomo (interpretato da Brad Pitt) che si era innamorato della figlia di Bill, Susan, impossessandosi del suo corpo. Seppur la storia non lo dia a vedere, la narrazione ha note dolci e romantiche. Il rapporto tra La Morte e Susan che non sa cosa sia l’amore, permette a entrambi di collidere e conoscere un mondo che entrambi non avevano mai provato.

Questo film è valso a Brad una nomination ai Golden Globe e una al Saturn Ward, vincendo solo quest’ultima.

C’era una volta a… Hollywood

In questa ultima pellicola il nostro Brad non interpreta il protagonista, ma il suo migliore amico. Rick Dalton, interpretato da Leonardo Di Caprio, è un attore d’altri tempi e nel 1969 la sua carriera non riesce a decollare. Rick è grande amico del suo stuntman, Cliff Both (recitato dal nostro Brad) e anche lui non riesce a trovare lavoro dopo alcuni atti illeciti e i sospetti su di lui per la morte di sua moglie. In questo film di Quentin Tarantino la chimica tra Di Caprio e Pitt è stata elogiata dalla critica come “una presenza magnetica” quando si trovano insieme. Oltretutto la parte di Pitt riesce ad essere sia un punto di riferimento per il personaggio di Rick Dalton, ma anche l’artefice di alcune sue sventure. Riesce ad essere sia carismatico ma anche misteriosamente inquietante per la questione della moglie defunta. Per alcuni critici è sembrata la migliore interpretazione di Pitt in assoluto data la complessità del personaggio.

Questa interpretazione è valsa al nostro sex symbol il premio Oscar, il Golden Globe, il BAFTA e il Critics Choice Award come miglior attore non protagonista.

Per Brad Pitt i 60 sono i nuovi 20!

In questo articolo vi abbiamo riportato alcuni dei film più di successo dell’attore che hanno segnato la vita e la carriera dell’attore; se ne potrebbe parlare di molti altri, quali Fight Club di David  Fincher o il più recente Babylon di Damien Chazelle. Ora però ci limiteremo ad omaggiare l’attore per i 60 anni che compirà questo 18 Dicembre. Ci auguriamo che anche in questa sua nuova fase della vita sappia stupirci con nuovi ruoli che vadano fuori dagli schemi del suo passato. Tanti auguri Brad!

Salvatore Donato,

Carmen Nicolino

Hunger Games e la distopica filosofia dell’Usignolo e del Serpente

 

Hunger Games
Una versione più “rudimentale” degli Hunger Games ma che riesce comunque a tenere lo spettatore incollato allo schermo. – Voto UVM: 3/5

 

Il prequel/spin-off del franchise diretto da Francis Lawrence è un ottimo motivo per farci tornare a Panem, in cui scopriremo le crudeli origini dei Giochi della Fame e del carismatico, e tutt’altro che “candido”, anti-eroe.

Il film è la trasposizione cinematografica del romanzo di Suzanne Collins pubblicato nel 2020, ed è ambientato durante i 10° Hunger Games.

Benvenuti ai 10° Hunger Games!

Il protagonista è un giovane Coriolanus Snow (colui che diventerà il temuto presidente di Panem): un giovane uomo, determinato a concludere gli studi per fare carriera e ripristinare il fascino del cognome di famiglia con il suo talento. Per questo, a soli 18 anni, non può rifiutare l’offerta di figurare come mentore di un tributo per gli Hunger Games. Il suo compito è di fare da mentore a Lucy Grey Baird, una ragazza povera del Distretto 12.

Nonostante i timori iniziali, Snow e Lucy Grey trovano un modo per affrontare l’arena, soprattutto quando la ragazza dimostra di avere una voce da usignolo.

Una storia d’amore senza lieto fine…

Coriolanus Snow (interpretato da Tom Blyth), a diciotto anni è già ingegnoso e astuto, ed il suo iniziale e genuino desiderio di riscatto, scaturito dal trauma per la perdita prematura di entrambi i genitori, si tramuterà ben presto in cieca ambizione.

Ben lontano dall’essere lo spietato presidente di Panem presentato nella saga principale, Snow mostra spesso le proprie vulnerabilità. Non è totalmente cattivo o spietato nel prequel, così come non è esattamente buono ed innocente. Ed è nelle sue sfumature di grigio che prende forma man mano quella personalità pericolosa che poi incontreremo nella saga principale.

Lucy Gray Baird (interpretata da Rachel Zegler) fa parte dei Covey, un gruppo di musicisti itineranti confinati nel 12 durante i Giorni Bui. Orfana di entrambi i genitori, si guadagna da vivere esibendosi sul palco. Dal carattere libero, frizzante e senza peli sulla lingua, Lucy Gray proprio grazie a queste sue caratteristiche riesce ad attirare su di sé l’attenzione e il favore del pubblico.

Tra i due protagonisti, nonostante le differenti origini, nascerà una storia d’amore non a lieto fine. Coriolanus che inizialmente reputava i giochi solo come una punizione per la passata ribellione, alla fine del film affermerà di aver finalmente capito a cosa servono veramente gli Hunger Games:

“La natura umana è intrinsecamente violenta e Capitol City è l’unica forza in grado di tenere a bada i distretti”.

Hunger Games
Frame del film: Hunger Games – La ballata dell’Usignolo e del Serpente. Distribuzione: Medusa Film.

Curiosità (distopiche) sul fenomeno mondiale Hunger Games

Suzanne Collins nel 2008 ispirandosi a George Orwell ed al suo distopico romanzo 1984, pubblica Hunger Games e ci catapulta per la prima volta a Panem, che altro non è che una versione moderna della orwelliana Oceania ed il set rappresenta, dunque, un futuro post apocalittico.

La Nazione è formata dalla ricca Capitol City e dai dodici distretti controllati dalla stessa Capitol (in origine erano 13, ma quest’ultimo è stato raso al suolo dopo la ribellione). Come suggerisce il titolo del romanzo, il tema chiave è la fame: intesa sia come libertà politica, sia come vera e propria fame, data la povertà di molti distretti.

In memoria di una passata ribellione dei Distretti, ogni anno la capitale organizza gli Hunger Games, un gioco trasmesso in tutte le tv nel quale due giovani per distretto, un ragazzo e una ragazza, vengono selezionati via sorteggio durante la mietitura, per affrontarsi brutalmente in un’arena iper tecnologica e piena di telecamere.

Negli Hunger Games è molto importante come i tributi vengano percepiti dal pubblico: più sono i favoriti e più riceveranno aiuti durante i combattimenti. Questo è ciò che ha dovuto fare Katniss Everdeen (distretto 12 come Lucy Gray), protagonista dei romanzi principali, per sopravvivere e vincere. Quest’ultima interpretata dalla bellissima e talentuosa Jennifer Lawrence.

E mentre Lucy Gray è una performer inserita in un campo di battaglia e costretta a diventare una cacciatrice per la sua sopravvivenza, Katniss è una cacciatrice inserita in un campo di battaglia, costretta a trasformarsi in una performer per la sua sopravvivenza.

In questo mondo la civiltà aliena le persone da ciò che dovrebbe essere reale e naturale, come la stessa Katniss aveva affermato:

“Distretto 12. Il miglior posto per morire di fame in tutta sicurezza”.

Hunger Games
Frame del film: Hunger Games – La ballata dell’Usignolo e del Serpente. Distribuzione: Medusa Film.

Gli Hunger Games visti da Jean Jacques Rousseau

Da Hunger Games ci si può ricollegare a Jean Jacques Rousseau e alla sua L’Origine della disuguaglianza (1755). Nell’opera, Rousseau riteneva che occorre risalire all’origine del tempo e della vita umana per capire l’uomo prima dell’avvento della civilizzazione umana e delle istituzioni che tanto hanno determinato la sua condotta. Ai suoi occhi il potere, la sopraffazione, l’egoismo, la guerra, appartengono al mondo civilizzato e sono sconosciuti all’uomo di natura.

In Hunger Games – La ballata dell’Usignolo e del Serpente, vediamo una versione più rudimentale dei giochi, con una tecnologia scarsa rispetto a quella della saga originale (basti pensare all’arena nella quale dovrà combattere Lucy Gray, molto più piccola e con meno astuzie tecnologiche di quella di Katniss).

Tuttavia, il film è pieno di suspense e di protagonisti affascinanti e coraggiosi che riescono a tenerci incollati allo schermo per tutta la durata del film.

 

Carmen Nicolino

Il grande Lebowski: il rilancio di un cult leggendario

Il grande Lebowski è esilarante e per certi versi grottesco. Voto UVM 5/5

Il grande Lebowski lo scorso 30 ottobre 2023 ha compiuto 25 anni, tornando al cinema nella versione restaurata in 4k, grazie alla Cineteca di Bologna con il suo progetto “Il cinema ritrovato”. Il film, diretto dai fratelli Coen (il ponte delle spie), arriva dopo il clamoroso successo di Fargo (1996, vincitore di due premi Oscar su sette nomination), che venne molto acclamato dalla critica. Considerato un grande classico degli anni ’90, da al pubblico una serie di motivi per guardarlo: cinico, divertente, demenziale e teatrale, ma soprattutto di successo. Il film, candidato sia all’European Film Awards nel 1998 che ai Nastri D’argento nel 1999, ha l’intento satirico di rappresentare la società americana nel periodo successivo alla sconfitta in Vietnam attraverso gli occhi del protagonista, “Drugo”.

Lebowski sono io

Grazie ai fratelli Coen, per 1h e 57 min abbiamo la possibilità di abbracciare lo stile di vita di Jeffrey Lebowski (Jeff Bridges), detto Drugo. Potrei tranquillamente essere io o voi lettori; pigro, svogliato e al tempo stesso ironico, che vive la sua vita in maniera abitudinaria e monotona. Lui è  un hippie che gioca a bowling, beve white russian a colazione, pranzo e cena e parla del più e del meno con i suoi due amici, Walter (John Goodman) e Theodore (Steve Buscemi). Uno non riesce a comunicare col mondo, l’altro, reduce dal Vietnam crede di essere ebreo perché lo era anche la moglie.
Praticamente la tipica vita di un fuori sede che studia all’università.

Walter e Drugo in una scena del film © Working Title Films

Aladino e il Tappeto Magico

Drugo, per uno strano scherzo del destino, si ritrova in una vicenda ricca di avventure che lo coinvolgono dall’inizio alla fine. Il motivo? Un caso di omonimia con tanto di pipì sul suo tappeto e non uno qualunque a quanto pare;  questo è proprio il casus belli del protagonista che sceglie di capirne di più sulla questione. Incoraggiato da Walter, Drugo incontra infatti il suo omonimo che poi sarebbe il suo opposto: miliardario e senza l’uso delle gambe.

Da qui, si può dire che inizia il viaggio demenziale dei due personaggi. Questi si ritrovano in una situazione assurda che assume paradossalmente, i tipici tratti del noir, ma senza essere preso troppo sul serio (tutto per un banalissimo tappeto e non solo!). Attorno a lui si presentano personaggi e situazioni surreali e iperboliche, nichilisti arrabbiati e una donna dai capelli rossi (Julianne Moore) che, amante del buon sesso, abbindola il protagonista.
L’atteggiamento di Drugo nei confronti delle varie vicende createsi nel corso del film, non sono altro che un chiaro manifesto di qualcosa che non c’è più. Drugo è arreso alla società corrotta e vive la sua vita assumendo un atteggiamento di indifferenza rispetto alle cose che ormai sembrano essere fondamentali.

il grande Lebowski
© Working Title Films

Convertiamoci al Dudeismo

Di fronte alla nostra strana condizione umana, apparentemente misera, la filosofia di Drugo propone come soluzione la tranquillità e il menefreghismo. Infatti, esalta la pigrizia e mette da parte le insoddisfazioni, in modo tale da vivere in armonia con la sua natura interiore, che è naturalmente anche nostra e con le sfide che ci riserva la vita.

Bevi anche tu un white russian e fai una partita a bowling con i tuoi amici, che male c’è? L’importante è non confondere tutto ciò con anarchismo poiché il dudeismo richiede a modo suo determinazione anche nella sua pigrizia paradossalmente. E poi, a dirla tutta, chiunque vorrebbe staccare la spina, non pensare ai soldi e preoccuparsi meno di ciò che lo circonda. Ecco, Drugo ci insegna a non essere ipocriti e a “prenderla con filosofia” ma senza fuggire dal problema.

Drugo voleva solo il suo tappeto. Nessuna avidità. È che dava un tono all’ambiente.

Asia Origlia

Castello Gallego – Storia del simbolo di Sant’Agata Militello

L’inizio della leggenda

Come molti luoghi della suggestiva Sicilia, Sant’Agata Militello affonda le sue radici in un mito avvolto nel fascino dell’antico, attribuendo la sua fondazione a uno dei figli di Eolo, sovrano dei venti e delle isole che portano il suo nome. Questi esseri, provenienti da Lipari e migrati sulla ‘terraferma’, plasmarono il territorio assegnato loro dai Sicani, dando vita a una cittadina originariamente chiamata Agatocle, un nome che col tempo si trasformò in Agata.

Un alone di segretezza avvolge anche la leggenda secondo cui coraggiosi navigatori di Catania, colti da una tempesta impetuosa, cercarono rifugio sulle spiagge di Sant’Agata. In seguito, per adempiere a un voto di gratitudine verso la santa protettrice della loro città, trasportarono con sé una statuetta di Sant’Agata, da cui la località avrebbe tratto il suo nome, conservando così gli antichi segreti di un passato avvolto nella suggestione.

In effetti, sembra che l’origine del nome del paese sia da attribuirsi a una modesta chiesa situata nelle vicinanze della zona marina, anche se le tracce di quest’ultima sono ormai irrimediabilmente perdute nel tempo. Tuttavia, la presenza di tale chiesa è attestata da un resoconto di un antico viaggiatore, il quale annotò con cura

“segue appresso a ½ miglio e fondago di Santa Agatta posseduta dall’Illustre signor Barone di Militello […] et li è una chiesa antica pur nominata Santa Agatta”.

Purtroppo, al momento, non si dispone di ulteriori informazioni riguardo a questa misteriosa chiesa. Tale mancanza di dettagli contribuisce a mantenere avvolta nel mistero la storia di Sant’Agata e delle sue origini. Ad oggi, la principale testimonianza della storia santagatese è la presenza del Castello Gallego.

 

Storia del castello

La struttura si presenta come l’evoluzione della cittadina attraverso le varie epoche. Come la maggior parte dei castelli della zona (Castello Larcan-Gravina di Acquedolci), esso nasce prima come torre di avvistamento che aveva lo scopo di difendere e avvertire, in caso di pericolo, le cittadine situate nella zona montana. La prima torre venne edificata intorno al XIV secolo per volontà dei regnanti aragonesi. Nella seconda metà del ‘500 venne affiancata alla prima una seconda torre.

Nel 1573, i nobili aragonesi Gallego, dal quale il castello prende e mantiene il nome, ottengono la baronia dello stesso e dedicano un particolare interesse verso questa struttura. Si nota anche dalla diminuzione degli attacchi pirateschi in quel periodo.

Nel 1628 inizia la costruzione del palazzo circostante alle due torri, destinato ad ospitare i discendenti del Principe Luigi Gallego di Militello per oltre un secolo. L’ultimo erede vendette l’edificio e le terre al Principe Lanza Branciforte di Trabia, che lo adoperò come residenza estiva e mantenne la proprietà anche dopo l’abolizione della feudalità. Nel secolo scorso, il castello ha avuto varie destinazioni, tra cui un’azienda agricola e un ristorante. Solo nel 1991 il Comune di Sant’Agata lo acquisì, riportandolo al suo antico splendore attraverso opere di restauro tra il 2006 e il 2008.

 

Architettura

Il Castello Gallego, con il suo perimetro quadrangolare, delinea un ampio cortile interno. La facciata, caratterizzata dal portale d’ingresso in pietra calcarea bianca locale, è affiancata a destra dalla Chiesa di Maria Santissima del Carmelo. L’androne, accessibile sia a piedi che da carrozze e cavalcature, costituisce l’ingresso principale. Da qui, si accede a due spazi laterali dedicati alla guardia e a una scalinata che conduce all’ala meridionale.

La sala delle guardie offre l’accesso a un ambiente sotterraneo con quattro piccole prigioni.

 

La sala delle guardie, ingresso sotterranei. ©Benedetto Lardo

 

Il vasto magazzino, pavimentato in ciottoli in parte e caratterizzato dal ritrovamento di giare durante il restauro, testimonia la conservazione dei prodotti.

 

Giare rinvenute durante il restauro del magazzino. ©Benedetto Lardo

 

Proseguendo, si trova la scuderia di palazzo, con pavimentazione e mattonelle in ceramica di Santo Stefano di Camastra che rivestono le mangiatoie, mentre un passaggio esterno consentiva l’accesso dei cavalli a questa stanza.

 

Scuderie con mangiatoie rivestite con mattonelle in ceramica di S.Stefano di Camastra. ©Benedetto Lardo

La Torre

La Torre Aragonese, o Torre Saracena, costituisce la parte più antica dell’intero complesso architettonico, con mura dallo spessore imponente di quasi due metri e un pavimento originale in cotto. Al centro di quest’ultimo si trova la bocca di una piccola cisterna d’acqua.

L’anticorpo di questa torre, eretto nei primi anni del XVII secolo, sorge sul luogo della scala in legno retrattile utilizzata per accedere al piano superiore. In caso di minaccia, i milites custodi potevano facilmente salire attraverso una botola ancora visibile.

La seconda torre fu concepita come fortino, ma forse rimase incompleta, presentando uno spessore murario inferiore alla prima.

Il fondaco della carrozza, originariamente la residenza della carrozza principesca ai tempi dei Gallego, successivamente, con il passaggio del castello ai Lanza di Trabia, fu destinato alla lavorazione dell’uva e alla conservazione del vino. Sulle pareti di questa stanza si possono ammirare disegni raffiguranti antiche navi a vela.

La corte costituisce il cuore pulsante del palazzo, fungendo da fulcro per molte attività del castello e offrendo un punto di contatto con il mondo esterno.

Da qui si accede a una scala a chiocciola, sovrastata dallo stemma originale della casata dei Lanza di Trabia. Nonostante le dimensioni ridotte, la scala ha mantenuto a lungo la sua importanza come l’unico mezzo di comunicazione con il piano superiore.

 

Stemma della casata dei Lanza di Trabia. ©Benedetto Lardo.

 

Infine, la Chiesetta di Maria Santissima del Carmelo funge da cappella del palazzo ed è accessibile al pubblico attraverso un’entrata esterna. Da essa prende il nome il Duomo della cittadina.

Oggi

Attualmente, il Castello Gallego si erge come un autentico polo culturale, ospitando la biblioteca comunale, una sala congressi, un ambiente dedicato allo scrittore Vincenzo Consolo, il museo etnoantropologico dei Nebrodi e la pinacoteca d’arte Nino Franchina. Ogni anno, i suoi ambienti sono animati da una variegata serie di eventi culturali.

Benedetto Lardo, Antonella Sauta

 

Fonti:

http://www.comune.santagatadimilitello.me.it/hh/index.php?jvs=0&acc=1

https://visitme.comune.messina.it/it/luoghi/castello-gallego-s-agata-militello

 

Napoleon: l’uomo oltre l’Imperatore


Napoleon
Napoleon è un film che emoziona, dettagliato nonostante qualche imprecisione storica e che senza alcun dubbio lascerà il segno- Voto UVM: 5/5

 

La stagione invernale si è ufficialmente aperta! Ad accogliere calorosamente questo mese di novembre sono state infatti una lunga serie di grandi uscite nelle sale cinematografiche a cominciare col gran successo di Paola Cortellesi al suo esordio alla regia con C’è ancora domani a finire con uno straordinario Pierfrancesco Favino nei panni del messinese Salvatore Todaro in Comandante .E’ certamente il grande ritorno alla regia di Ridley Scott ad aver prodotto il titolo destinato ad essere tra i più attesi dell’anno. Di puro stampo storico e con decise pennellate dall’agro dolce sapore romanzato, Napoleon è riuscito perfettamente ad incollare gli occhi sullo schermo a migliaia di spettatori. Uscito nelle sale il 23 novembre, l’ascesa al potere e la caduta del grande Imperatore di Francia Napoleone Bonaparte non potevano essere riportati con una resa più epica.

Un tuffo nella vita dell’Impero napoleonico

Ci troviamo al capolinea della sanguinolenta Rivoluzione Francese e nel pieno dei tumulti che segnarono pesantemente il territorio francese un giovane uomo d’armi Napoleone Bonaparte, interpretato da uno straordinario Joaquin Phoenix, comincia intrepido la sua lenta scalata al potere che lo porterà nel 1804 a divenire il più potente Imperatore di Francia che la Storia ricordi.

Ciò che ha affascinato maggiormente il pubblico però, che già dal primo giorno ha affollato le sale, è stata certamente la resa scenica dell’opera filmica. Riesce perfettamente a catapultarci nel vivo di quell’atmosfera tanto frizzante quanto cupa della Rivoluzione Francese prima e dell’Impero napoleonico dopo. Ci consente di vivere un vero e proprio viaggio nel tempo, permettendoci di avere l’impressione di trovarci proprio lì, tra le strade affollate delle città francesi o nel boato delle grandi battaglie al fianco di Napoleone. Si tratta di un viaggio nel pieno di uno dei momenti più significativi che le pagine della Storia raccontano.

Ad aumentare il tenore delle suggestioni ci pensa anche la colonna sonora di Martin Phipps, con melodie che sono riuscite a pieno a incorniciare ogni momento del film e a renderlo profondamente emozionante e talvolta anche realmente epico. La componente scenografica è anch’essa riuscita a lasciare profondamente il segno, con la direzione di Arthur Max (già scenografo del capolavoro della regia di Scott Il gladiatore). Qui si presentano allo spettatore una serie di immagini che sono chiari e palesi riferimenti ai grandi dipinti degli innumerevoli artisti che nel tempo hanno immortalato la grandezza dell’Imperatore, primo tra tutti Jacques-Louis David.

Napoleone nella scena dell’incoronazione
Napoleone nella scena dell’incoronazione. Fonte: en-vols.com

L’animo intimo dell’Imperatore

Come in ogni biopic che si rispetti, il cuore pulsante del film non sta tanto nel racconto di un uomo che “è uscito dal nulla per governare tutto” come lo stesso Ridley Scott affermerà. Il vero fulcro non sta nella storia della sua ascesa al potere o della sua caduta, sta bensì nello scoprire chi era l’uomo oltre l’Imperatore e dunque spiare il lato più intimo della sua vita: le ansie, le paure, le ambizioni, ma soprattutto il suo più grande amore, Giuseppina di Beauharnais, l’unica donna che Napoleone amò davvero. È così dunque che l’uomo Napoleone viene rappresentato, mostrandoci anche e soprattutto la sua sensibilità ed emotività, rendendoci testimoni oculari dei momenti più bui e burrascosi della sua vita.

Imprecisioni e mancanze tra Storia e Romanzo

È certamente risaputo che, quando si parla di film di stampo storico, l’aggiunta di una componente romanzata sia necessaria per puntare a raccontare qualcosa di nuovo in merito al periodo o alla figura di cui si intende parlare. Nessun buon film di stampo storico sarà mai dunque incentrato esclusivamente sulle vicende storiche avvenute e qui ci troviamo di fronte all’ennesimo esempio di eccellente film di stampo storico. Ciononostante la critica si è seriamente divisa e gli storici non hanno esitato a storcere il naso.

Il giovane Napoleone in una scena del film
Napoleone in una scena del film. Fonte: 42mag.fr

E’ da riconoscere che il film presenti qualche notevole imprecisione a livello storico così come qualche mancanza. Il film ci mostra con estrema fedeltà il legame che Napoleone aveva con i suoi cavalli che traspare già dalle prime scene di battagli. Ci racconta minuziosamente le Campagne Napoleoniche o le grandi battaglie, dalla gloriosa Austerlitz alla tragedia della spedizione a Mosca e dell’ultimo scontro a Waterloo. Ci vengono mostrati i personaggi che sono entrati nella vita dell’Imperatore: riconosciamo Maximilien de Robespierre e addirittura lo stesso pittore Jacques-Louis David nel momento in cui lo sta per immortalare in uno dei suoi dipinti.

Parlando di imprecisioni, prima tra tutte è la più totale trascuratezza dell’Italia dal contesto delle Campagne Napoleoniche. Si tratta di una grande défaillance considerando che la figura di Napoleone in Italia fu ben nota per aver portato molte novità soprattutto nel campo dell’istruzione.

Altro dato che gli storici non sono riusciti a digerire è stata la totale assenza della figura di  Paolina Bonaparte, sorella dell’Imperatore alla quale egli, sembra sia sempre stato molto legato.  Ultimo fattore è la presenza di un uomo d’arme di colore, inserito nel contesto filmico per questioni di inclusività:  purtroppo una scelta incoerente con il periodo storico che il film racconta.

L’amore tra Napoleone e Giuseppina

Parte della critica negativa si è poi spostata sull’evidente grande calibro che è stato dato all’interno delle vicende filmiche alla situazione sentimentale tra Napoleone e la sua Giuseppina, certamente giustificato non solo dalla necessità di una componente romanzata, ma anche dalla straordinaria esigenza di mostrare il lato più intimo dell’Imperatore. Ad ogni modo è effettivamente da riconoscere che, la trama sentimentale che funge da romanzo rischia notevolmente di sopraffare tutta la componente storica.

Napoleone incita la sua Grande Armata in una scena del film
Napoleone incita la sua Grande Armata in una scena del film. Fonte: sonypictures.ca

Un personaggio illustre raccontato da un film illustre

Inutile negare il fatto che ci troviamo di fronte ad un grande film che lascerà senza alcun dubbio il segno, che ha portato per la prima volta una produzione Apple Studios sul grande schermo. Un film evento lavorato con cura e dedizione da un Ridley Scott che si dichiarerà da sempre profondamente attratto dalla figura di Napoleone. Ciò l’ha spinto  alla realizzazione di un film tanto lungo quanto scorrevole, che racconta di una delle più iconiche e illustri figure che la Storia ricordi e che dunque, nonostante tutto, merita assolutamente di essere visto!

Marco Castiglia 

Cineforum UniVersoMe: procedura e modulo per il riconoscimento CFU

La partecipazione alle singole proiezioni dei cineforum organizzati da UniVersoMe garantisce il conferimento di 0,25 CFU per incontro.

Per coloro che hanno già partecipato alle prime due proiezioni del cineforum Cinema Perturbante, ovvero Profondo Rosso di Dario Argento il 31 ottobre e Psycho di Alfred Hitchcock il 14 novembre, sarà necessario compilare l’apposito modulo per il riconoscimento dei CFU.

ATTENZIONE! E’ opportuno fare richiesta per i CFU delle proiezioni solamente ove ci sia stata una reale ed effettiva presenza; ci si appella al buon senso ed all’onestà degli studenti nel mandare la richiesta solo ove ci sia stata la partecipazione.

Come deve essere compilato il modulo per i CFU?

Al seguente link troverete il modulo per il riconoscimento dei CFU. Tale modulo deve essere compilato con i propri dati personali nella parte iniziale: nome e cognome, numero di matricola, codice fiscale, telefono, mail ISTITUZIONALE, anno accademico e corso di studi.

A questa prima parte seguirà una tabella dove potranno essere riportate le attività svolte. Nella prima colonna, denominata Titolo evento dovrà essere inserita la denominazione del cineforum ed il film visto (es. Cineforum Cinema Perturbante, Psycho). L’iniziativa del cineforum UVM è approvata dal Senato accademico, quindi nella seconda parte della tabella si dovrà semplicemente segnare nella colonna Senato accademico nella riga corrispondente.

Nelle ultime due colonne, denominate Data e Quota CFU, dovranno intuibilmente essere inserite la data della proiezione a cui si è tenuto parte ed il quantitativo di CFU che devono essere convalidati per la singola attività, ovvero 0,25.

Nell’ultima parte del documento sarà necessario segnalare il numero totale di CFU da convalidare e per quale tipologia di attività: attività a scelta dello studente (CFU liberi), ulteriori attività formative o crediti extra-curriculari.

È importante segnalare che tale modulo NON va compilato e mandato per una singola attività (es. per convalidare 0,25 CFU di una singola proiezione), bensì quando i CFU di più attività devono essere convalidati (es. per una partecipazione continua a tutte le proiezioni si chiede di compilare il modulo a fine cineforum). Nel caso di una partecipazione ad un singolo film, è consigliato richiedere la convalida insieme ad altre attività.

Cosa fare dopo aver compilato il modulo?

Una volta compilato ed ultimato, il modulo, insieme ad una copia fronte/retro del documento di identità, deve essere mandato all’indirizzo e-mail protocollo@unime.it. La procedura verrà infine ultimata dalla segreteria dell’università che ultimerà la convalida dei CFU.

In caso di dubbi o problemi UniVersoMe si mantiene disponibile per qualsiasi chiarimento a questo proposito attraverso i nostri vari canali social e mail.

Modulo CFU Cineforum UVM - Cinema Perturbante
Programma Cineforum UVM: “Cinema Perturbante”

Fantasmi

Nella mente
la malinconia,
a dover rimarginarsi
è rimasta la ferita.
Il nostro legame
l’ha portato via
il vento improvviso.
Hai colpito il mio cuore
e ne hai fatto polvere,
hai frantumato i ricordi
e li hai resi schegge.
Il lieto fine ormai
svanisce nell’oblio.
Non c’è più amore,
solo silenzio
e tanto rancore.
Siam due fantasmi
che hanno vissuto
un sentimento parallelo
che non s’incontra mai.

Alda Sgroi

immagine in evidenza: Illustrazione di Marco Castiglia

Comandante, il nuovo successo di Pierfrancesco Favino

Comandante
Comandante racconta le gesta di Salvatore Todaro, che qui è interpretato da Pierfrancesco Favino ed anche qui, ha fatto centro. Voto UVM: 4/5

Comandante è un film italiano del 2023 diretto da Edoardo De Angelis. È stato presentato in anteprima alla 80° Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia ed è stato anche il film d’apertura del Festival. L’attore protagonista è Pierfrancesco Favino.

Comandante: trama

Il film si svolge nel 1940, durante la Seconda Guerra Mondiale. Il protagonista è Salvatore Todaro, un uomo nato a Messina nel 1908 e comandante del sommergibile Cappellini. Durante una missione, il sommergibile viene attaccato dai Belgi, ma Todaro e i suoi uomini rispondono al fuoco ed affondano la nave. Dopo la battaglia, Todaro decide di salvare i naufraghi e di portarli in salvo. Per lui, la legge del mare è più importante della legge della guerra.

Comandante
Pierfrancesco Favino in una scena del film. Fonte: Cineuropa.org

Il  miglior film di Edoardo De Angelis?

Più che il miglior film, è più giusto dire che uno dei pilastri più importanti della carriera di Edoardo De Angelis: è senza dubbio il film più ambizioso che abbia mai fatto. La regia qui è piuttosto ben strutturata e le inquadrature mettono a fuoco i vari step della missione di Todaro.

Quando si parla di biopic, si tende sempre a romanzare la vicenda ma ciò che conta non è la vicenda raccontata, ma il modus operandi adottato per la narrazione. Spesso, ci si prende anche una leggera libertà ed a mostrare una visione autoriale, ma Comandante ha un comparto tecnico ben consolidato e permette di raggiungere lo scopo del regista.

Lo stile adottato consiste in un ritmo un po’ prolisso, che non arriva subito ad un punto ben preciso. La lentezza percepita è “necessaria” perché l’obiettivo è quello di coinvolgere lo spettatore e fargli capire bene la psicologia di Todaro e tutte le sfumature della missione, all’interno del sommergibile Cappellini. De Angelis chiede pazienza ed infatti, il vero fulcro della storia emerge durante la seconda parte del film, dopo aver presentato adeguatamente il protagonista e la missione che sta sostenendo.

Tutto questo è accompagnato da una fotografia straordinaria: mette a fuoco le varie situazioni, sia all’interno che all’esterno del sommergibile, con uno stile pittoresco. Nel cercare qualche difetto nel film, si possono notare alcuni stereotipi mostrati.

Comandante
Fonte: Larepubblica.it

Comandante è un film di propaganda?

Oltre a raccontare le gesta di Salvatore Todaro e capire la sua psicologia, Comandante ha anche un altro scopo. Il movente di Comandante è piuttosto chiaro, ma non è forzato perché arriva al momento giusto e senza risultare ingombrante. Anzi, questo è uno dei casi piuttosto contestualizzati e piano piano il messaggio arriva per colpire lo spettatore in un punto preciso, mentre si ritrova coinvolto, insieme ai personaggi, nella missione.

Il film racconta una storia vera per mostrare la rivendicazione del valore del soccorso e portare ad una riflessione su una tematica piuttosto attuale ed abbastanza dibattuta. La visione del film può portare a vedere la tematica del soccorso in mare da un’altra angolazione. Todaro è la storia giusta, perché qui viene presentato come un uomo che vive un dissidio interno, tra il mantenimento di certi principi politici e l’essere un uomo di valori, pronto ad aiutare il prossimo. Oltre tutto, è stato interpretato da un fantastico Pierfrancesco Favino.

Favino ha fatto centro ?

«Una volta c’erano i ruoli, per gli attori. Adesso li fa tutti Favino» diceva l’attore Martellone – sconsolato – nella serie tv «Boris».

 

C’è della verità forse in questa frase satirica, però il fatto che Favino sia quasi ovunque (quest’anno si è già visto ne L’Ultima Notte Di Amore ed ora a Dicembre, sarà presente anche in Adagio) non nasconde il fatto che sia un bravissimo attore. Sì, Favino è bravo, ma bravo ad alti livelli ed è difficile che ne sbagli una. Basta pensare ad alcuni ruoli iconici della sua carriera (Il Traditore, Nostalgia, L’Ultima Notte Di Amore, Hammamet, Gli Anni Più Belli, Corro Da Te) in cui ha avuto modo di interpretare personaggi di ogni tipo ed ogni volta dimostra di essere perfettamente capaci di ricoprire qualsiasi ruolo.

In Comandante interpreta un uomo che va contro certi principi, per abbracciare poi il valore più importante. Ricorda che, al di là di tutto, lui è pur sempre un uomo e lo sono anche i naufraghi e i suoi nemici.

Giorgio Maria Aloi

Kennedy moriva 60 anni fa: uno zoom sul politico

John Fitzgerald Kennedy nasce il 29 maggio del 1917 a Brookline nel Massachusetts. La sua famiglia aveva origini irlandesi; suo padre Joseph Kennedy era il presidente della commissione Borsa e Finanze a Wall Street.

Nel 1937 John Kennedy si laurea ad Harvard e durante la Seconda Guerra Mondiale partecipa come volontario in Marina. Congedato con onore, decise di intraprendere la carriera politica in parte anche per compensare il vuoto lasciato dal popolare fratello Joseph Jr., deceduto in guerra. Si confronta con il candidato repubblicano Richard Nixon nel primo dibattito presidenziale trasmesso alla televisione.

Qui Kennedy trasmise al pubblico un’immagine sicura e composta a differenza del suo rivale. Nel novembre del 1960  il nuovo Presidente degli Stati Uniti d’America divenne proprio Kennedy. E’ stato il primo Presidente ad essere nato nel XX secolo ed il più giovane a morire mentre era in carica.

“Non chiedete cosa il vostro Paese può fare per voi; chiedete cosa potete fare voi per il vostro Paese”.

Vita privata di Kennedy

Il 12 settembre 1953 John Kennedy sposa Jacqueline Bouvier detta Jackie:  con lei ha avuto ben quattro figli. Le morti premature dei suoi figli, gli omicidi dello stesso John (assassinato nel 1963) e del fratello Robert (assassinato nel 1968), oltre alla lobotomia per un ritardo mentale alla sorella Rosemary (che la danneggiò a livello sia fisico che mentale) hanno diffuso la credenza della maledizione dei Kennedy.

Kennedy
Kennedy con la moglie. Fonte: Toda Matéria

Sono state molte le amanti di John negli anni, tra queste anche personaggi di spicco di Hollywood come l’attrice Marilyn Monroe (Blonde): le note di Happy Birthday Mr. President” sembrano risuonare ancora oggi tra le mura del Madison Square Garden di New York. La performance, avvenuta dieci giorni prima dell’effettivo compleanno di Kennedy, è ancora oggi ricordata. Marilyn Monroe indossava il suo famoso abito color carne, impreziosito da una cascata di duemilacinquecento perline luccicanti cucite a mano. A cause delle voci in merito alla liason amorosa tra Marilyn Monroe e il presidente, i servizi segreti si erano occupati di distruggere tutte le prove di quell’incontro.

Politica interna e riforme sociali

John ha promosso leggi a favore dell’istruzione e contro la discriminazione razziale nei luoghi pubblici e nelle scuole. Con la sua ‘’Nuova Frontiera’’ infatti, Kennedy sostenne l’integrazione razziale e i diritti civili. Chiamò inoltre a sé durante la campagna elettorale del 1960 la moglie dell’imprigionato reverendo Martin Luther King, guadagnandosi il consenso della popolazione nera alla sua candidatura.

Kennedy fece  pressione affinché gli Stati Uniti guidassero l’esplorazione dello spazio. Chiese al Congresso di finanziare il Programma Apollo per oltre 22 miliardi di dollari, con lo scopo di portare un uomo statunitense sulla Luna entro la fine del decennio.

“nessuna nazione che aspiri a essere alla guida delle altre può attendersi di rimanere indietro nella corsa per lo spazio, abbiamo scelto di andare sulla Luna e di fare altre cose, non perché sono facili, ma perché sono difficili”.

Politica estera: i rapporti con l’Unione Sovietica

John Kennedy, in piena Guerra Fredda, si disse favorevole al disarmo nucleare e una politica distensiva nei confronti del blocco sovietico. Kennedy considerava Berlino parte della Germania Federale, mentre i tedeschi la volevano libera. La costruzione del Muro di Berlino fu allora la risposta che rendeva impossibili le fughe.

Il confronto più drammatico tra le due potenze ebbe luogo a Cuba: Kennedy cercò subito di soffocare il regime di Fidel Castro. Lo sbarco alla Baia dei Porci (Bahìa de Cochinos), l’avventuroso tentativo di invasione effettuato il 17 aprile 1961 si risolse in un insuccesso completo. Il giorno seguente gli assalitori si resero conto della situazione insostenibile e fu ordinato il ritiro.

La celebre frase «Ich bin ein Berliner», pronunciata il 26 giugno 1963 a Berlino Ovest dal Presidente Kennedy, aveva l’intento di comunicare alla città di Berlino e alla Germania stessa, seppur entrambe divise, una sorta di vicinanza e amicizia degli Stati Uniti.

Kennedy
Kennedy in auto. Fonte: National Geographic

22/11/63: l’assassinio

Il 22 novembre 1963 Kennedy fu ucciso a Dallas in un attentato il cui colpevole non fu mai realmente identificato. Kennedy si trovava in visita ufficiale nel Texas. Mentre il Presidente e sua moglie Jacqueline salutavano la folla, diversi colpi di arma da fuoco furono esplosi da un fucile in direzione della vettura: uno di essi colpì JFK alla testa. Responsabile dell’assassinio venne ritenuto Lee Harvey Oswald, un impiegato. Dopo la morte di Kennedy, venne immediatamente eletto nuovo presidente Lyndon Johnson.

John Kennedy non è stato soltanto un personaggio storico e un uomo di potere, ma è entrato nell’immaginario collettivo, insieme alla sua famiglia, come un vero e proprio mito. Oggi ricorrono i 60 anni dal suo assassinio: i proiettili che quel giorno lo assassinarono colpirono al cuore la sua nazione e sconvolsero anche tutto il mondo intero.

Kennedy nella cultura contemporanea

Il mistero dell’assassinio del presidente Kennedy affascina ancora il grande pubblico. Questo è uno dei motivi per cui sono presenti così tanti esempi di adattamento cinematografico o letterario a questo singolo avvenimento. Si pensi già solamente al noto romanzo di Stephen King 22/11/63: il libro, portato anche sul grande schermo con una serie adattamento con James Franco e George McKay (1917), racconta il viaggio nel tempo di Jake per evitare l’uccisione del presidente.

La morte di Kennedy viene analizzata nel cinema da vari punti di vista: il dramma Jackie con Natalie Portman nel ruolo di Jacqueline Kennedy ne è un esempio. Il film, diretto dal regista Pablo Larrain (Spencer), analizza l’avvenimento con un focus sulla first lady.

Sarebbero moltissimi gli altri esempi da ricordare. Qui ci limiteremo a sottolineare come questo evento abbia colpito nel profondo la comunità mondiale e come ancora oggi la morte di un grande presidente come Kennedy venga ricordata in tutto il mondo.

 

Carmen Nicolino