Al Cinema Lux la Stagione Cinematografica 2024

Wim Wenders, Alfred Hitchock, Park Chan-wook: questi sono solo alcuni dei grandi nomi presenti nel programma della Stagione Cinematografica 2024 del Cineforum Don Orione al Cinema Lux (Largo Seggiola is. 168) di Messina.

Film di qualità e quasi tutte prime visioni per la città, eccetto qualche titolo rimasto un po’ indietro nei vari circuiti commerciali, come Miracle (Corea del Sud 2021) di Jang Hoon Lee, vincitore del Premio del Pubblico al Far East Film Festival, Maigret di Patricie Leconte, e Decision To Leave (Corea del Sud 2021) di Park Chan-wook (regista di Old Boy), Premio Miglior Regia al Festival di Cannes 2022.

A dare il via alla stagione del 2024 sarà il regista giapponese R. Nakano con Foto di famiglia (Giappone 2020), seguiranno poi una retrospettiva di tre film dedicata alle donne, “Donne… non solo un giorno all’anno”, una breve “Finestra sul cinema italiano”, e altri titoli protagonisti dei vari Film Festival di tutto il mondo. È previsto anche un incontro con l’autore per il film Un destino migliore (Italia 2023) di Gaetano Di Lorenzo, regista di A proposito di Franco, vincitore del Premio Cinceclub miglior documentario al San Giò Verona Video Festival.

Per quanto riguarda invece le modalità d’ingresso, oltre l’abbonamento ordinario all’intero ciclo di film di €60, sono previste delle riduzioni:

Junior (14 – 25 anni): €25
Studenti UniMe: €25
Senior
(over 70): €50
Convenzioni (dietro presentazione di tesserino): €50

ABBONAMENTO GENNAIO/MAGGIO 20 FILM: €45
ABBONAMENTO SOCIO SOSTENITORE: €100

SINGOLO SPETTACOLO: €7
RIDOTTO TESSERATI JUNIOR E SENIOR: €5

Per ulteriori informazioni:
www.cinemaluxmessina.com
www.cineforumdonorione.com
Tel. 090.9216093

IL PROGRAMMA:

Stagione Cinematografica 2024 – Cinema Lux

 

Redazione UniVersoMe

Il Natale

Candida neve,
frettolosi passanti
corrono per strada.
Le luci delle vetrine,
quasi soffuse,
illuminano poco
la vecchia via.
Al centro s’innalza
un albero abbellito
con colori festosi.
Profumo di vischio,
di biscotti caldi
e di aria natalizia.
Il vagito di un bimbo,
il sorriso di un anziano,
il canto delle genti.
La cometa sfugge
all’occhio nudo
di chi non sa amare.
Atmosfera tanto attesa,
il Natale è alle porte.
Nel mondo
c’è chi soffre,
c’è chi lotta
e chi non si arrende,
ma il Natale cerca
di far ritrovare
i cuori della gente.
E potrà certo arrivare
solo una volta l’anno,
ma la magia
di questa festa
vive nel ricordo
di chi sa gioire.

Alda Sgroi

*Immagine in evidenza: illustrazione di ©Marco Castiglia*

Maestro: Bradley Cooper torna alla regia

Maestro
Bradley Cooper ha curato tutto, in ogni minimo dettaglio. Se si deve trovare un difetto in Maestro, è il fatto che non riesce ad essere un film compreso da tutti. Ma era da un po’ che Netflix non distribuisse un film che arriva quasi al Capolavoro. voto UVM: 4/5

 

Maestro è un film del 2023 diretto, co-prodotto assieme a Martin Scorsese e Steven Spielberg, co-scritto ed interpretato da Bradley Cooper. E’ stato presentato in anteprima alla 80° Mostra Internazionale d’arte cinematografica di Venezia ed ora è uscito su Netflix, esattamente il 20 Dicembre.

Maestro: trama

«Un’opera d’arte non dà risposte alle domande, le suscita. Il valore sta nella tensione delle risposte contraddittorie»- Leonard Bernstein

Maestro è un film incentrato su Leonard Bernstein (Bradley Cooper), o meglio, narra la storia d’amore tra lui e l’attrice Felicia Montealegre (Carey Mulligan). Tutto inizia nel momento in cui Leonard ottiene la più grande opportunità della sua vita: dirigere per la prima volta a soli 25 anni la New York Philarmonic, al palcoscenico della Carnegie Hall. Da qui, la sua carriera decolla e si costruisce con la direzione d’orchestra, la composizione di musica, lo studio e l’insegnamento della musica. Allo stesso tempo, conosce e vive una storia d’amore con Felicia, con la quale convoleranno a nozze e metteranno su famiglia. Ma la loro storia sarà piuttosto travagliata, perché Leonard cadrà spesso in tentazioni e vivrà avventure extra-coniugali ed omosessuali.

Maestro
Bradley Cooper in una scena del film. Fonte: corriere.it

La maturità di Bradley Cooper

Bradley Cooper ha una carriera completa e di tutto rispetto, dimostrando di essere davvero un attore maturo, nel corso degli anni. Ha dimostrato il suo talento in film come la trilogia di Una Notte Da Leoni, Il Lato Positivo – Silver Linings Playbook  e Nightmare Alley – La Fiera Delle Illusioni. Per di più, ha dimostrato anche di essere poliedrico, cimentandosi nel doppiaggio (Rocket nei Guardiani Della Galassia) o addirittura mettendosi alla prova come produttore, sceneggiatore e soprattutto come regista.

E a proposito della regia, chi si ricorda di A Star Is Born? Questo film lo ha visto nel duplice ruolo di attore e regista, affiancato dalla cantante Lady Gaga. Lì ha dimostrato una regia calma e sofisticata, raccontando una storia d’amore emozionante ed abbastanza insidiosa, oltre che a motivare il prossimo a saper sfruttare il proprio talento. Già in quell’occasione, ha dimostrato anche di avere un’altra grande passione: la musica. Dopo cinque anni, torna dietro la macchina da regia in un film che rimane attinente alla musica e raccontando anche qui, una storia travagliata.

Maestro si può definire il punto più alto della sua carriera e si vede che Cooper ci teneva particolarmente alla realizzazione di questo film. Con il suo bagaglio di esperienze ha potuto ottenere lo straordinario risultato che ha ottenuto nella pellicola, rispecchiando esattamente la sua passione e il suo impegno.

Maestro
Carey Mulligan e Bradley Cooper in una scena del film. Fonte: wired.it

Di cosa parla Maestro?

Come si è dimostrato in vari biopic, ciò che conta è come si vuole raccontare quella determinata storia possibilmente vera. L’inizio è mostrato con un ritmo un po’ lento e con una fotografia in formato 4:3 e con un bianco e nero che richiama il Neorealismo. Fin quando poi si passa ad un “aggiornamento” in cui vengono mostrati i vari colori e il trucco che ha reso lo stesso Cooper identico al vero Bernstein.

Dopo l’inizio della carriera di quest’ultimo e l’incontro con Felicia, ecco che viene mostrato il reale movente di Cooper: trasformare il biopic in un film sentimentale mirato a dare il giusto spazio ad entrambi i protagonisti e a scavare in profondità nell’animo umano di Leonard Bernstein. Voleva concentrarsi di più sulla vita privata di quest’ultimo e la relazione burrascosa con la moglie, fatta di tradimenti omosessuali da parte di lui, più che sulle varie esibizioni e sulla sua carriera musicale che formavano una “maschera” destinata poi a cadere. Vedendo il film, in cui la visione è accompagnata dall’ascolto delle musiche composte dal vero Bernstein, sorge il dubbio se amasse o meno sua moglie.

Nonostante i vari traguardi raggiunti, Bernstein sentiva un enorme vuoto dentro e cercava di colmarlo con l’amore verso la gente, ma questo amore lo portava sempre più lontano da Felicia interpretata da una bravissima Carey Mulligan (Una Donna Promettente). Lei, invece, è passata da essere una donna amorevole a una moglie ostile, ma allo stesso tempo per il bene dei figli, ha continuato a sopportare. Bernstein era combattuto tra i sensi di colpa e l’amore verso la gente, tanto che questo contrasto lo ha accompagnato fino alla fine dei suoi giorni.

 

Giorgio Maria Aloi

Santocielo, che miracolo!

 

Ficarra e Picone tornano con Santocielo al cinema ancora una volta con la loro innegabile e bizzarra comicità -Voto UVM: 3/5

 

Salvatore Ficarra e Valentino Picone sono un duo comico, tra i più amati d’Italia, emerso nel 1993. La loro forza comica affonda le radici, non in campo televisivo, quanto più all’interno di pub e cabaret siciliani attraverso una formazione teatrale da autodidatti.

La loro fama è accresciuta con la partecipazione a programmi televisivi quali Zelig Circus e, in tempi più recenti, Striscia la notizia. Il loro primo film, Nati stanchi, uscì nelle sale nel 2001. Da allora, mostrarono, e tutt’oggi mostrano, una grande versatilità in vari ambiti artistici. Seguirono: La matassa, L’ora legale, il 7 e l’8 ed anche serie tv come Incastrati. Ora ritornano sul grande schermo con Santocielo!

 

Santocielo
 Valentino Picone in una scena del film. Fonte: siciliafan.it

Santocielo che inversione!

Dopo l’ultimo successo de La stranezza, Ficarra e Picone proseguono con l’uscita nelle sale cinematografiche, il 14 dicembre, del nuovo film intitolato Santocielo, dalla stravagante comicità, distribuito da Medusa Film e con la regia di Francesco Amato. Si tratta di una commedia natalizia adattata in accezione moderna dove tutto ruota intorno ad una questione riportata dagli angeli: l’egoismo e le azioni belliche da parte degli uomini. Per venire a capo ad una soluzione, gli angeli decidono di indurre una assemblea e proporre un sondaggio tra diluvio universale vs la nascita di un nuovo Messia. Con la vittoria della nuova venuta al mondo, verrà meno la portata decisionale di Dio, interpretato da Giovanni Storti del trio Aldo, Giovanni e Giacomo (Odio l’estate), evento mai accaduto prima.

Qui, per la prima volta, vedremo come figura principale Aristide (Valentino Picone) che si offrirà come volontario a questa missione per poter passare ad un livello più alto del semplice smistatore di preghiere dei fedeli. Il suo obiettivo, infatti, era arrivare al coro nel regno dei cieli.

Dio donerà ad Aristide una serie di poteri, in particolar modo, consacrerà la sua mano per poter ingravidare una donna e, in seguito la celebre frase: “vado ingravido e torno”, verrà catapultato nell’abisso terrestre. In questo luogo, ambientato a Catania e a lui sconosciuto, verrà a profilarsi un equivoco divino, dato dai vizi della società, che lo porterà a mettere incinto un uomo, Nicola Balistreri (Salvo Ficarra). Quest’ultimo è un maschilista sofferente per il divorzio dalla moglie che lo porta a scontrarsi con il rigidismo cattolico presente all’interno della scuola in cui ricopre la carica da vicepreside.

Ficarra e Picone, fonte: pagina Instagram @ficarraepicone

 

Santocielo: il potere della fede

Aristide cominciò a tener d’occhio gli sbalzi umorali di Nicola, dati dalla gravidanza, e nel frattempo si occupò di seguire un corso corale che pian piano lo porterà a legarsi ad una suora, Luisa, (Maria Chiara Giannetta). Ammaliata così tanto dalla fede emanata da Aristide, lo bacerà, mettendo in discussione inizialmente il suo percorso spirituale. Al tempo stesso, la notizia di uomo incinto cominciò a girare, costringendo Nicola e Aristide a rintanarsi in casa finché Suor Luisa non li aiutò a scappare nella ridente località di Montalbano Elicona dove risiedevano i suoi genitori. Qui trovarono un umile paese, indisposto a livello ospedaliero, ma pronto ad accoglierli e aiutarli. Al momento del parto però Nicola deciderà di non rinchiudersi nella vergogna e dare alla luce il nascituro in un ospedale pubblico.

Ma il nuovo Messia è una femmina

Ebbene, non ci saremmo mai aspettati che il nuovo Messia fosse in realtà una femmina. Aristide finalmente può, anche se a malincuore, tornare “lassù” al regno dei cieli e tutto improvvisamente prende forma nel momento in cui confessa alla suora la verità. Capisce, dunque, che il bacio con Aristide non era una perdita di spiritualità ma solo una maggiore attrazione ad essa. In sostanza, anche in questo caso assistiamo ad un rovesciamento dei canoni tradizionali in campo religioso: l’entrata di una donna Messia!

Santocielo
Ficarra e Picone, fonte: pagina Instagram @ficarraepicone

 

Uso dell’ironia dissacrante per rompere le barriere mentali

Santocielo si profila sicuramente come una commedia incentrata sul paradosso e lo stravagante, dal retrogusto amaro, ma che cerca fondamentalmente di abbattere i pregiudizi in primis sulla cristianità, senza fare la morale a nessuno. Al giorno d’oggi, la fede cristiana viene vista come una dottrina dominata da regole imprescindibili quando in realtà, come espliciterà Suor Luisa, la fede è uno strumento per sentirci meno soli dove non è importante se lassù qualcuno ci ascolta o meno. Parole che risuonano come incoraggiamento al senso di unione e comunità e di accettazione verso moderne regole. In conclusione, Santocielo inaugura un sentimento di una nuova speranza, soprattutto in questo tempo soggetto all’omologazione.

Stefy Saffioti

Dramma d’amore

Io se sbaglio,                                        sbaglio con la mia testa
come al solito mio
il cuore mi calpesta
senza ragione cado in un oblio
la mia paura diventa un meccanismo di difesa
perché grande è stata la sofferenza
di questo addio

Io Assillandoti sto sbagliando,
ma il mio cuore grida il tuo nome
come un grido assordante
si trasforma in un dolore indelebile
averti perso diventa un presente diverso
ed il futuro mi spaventa
e penso come faccio adesso?
questa vita è imprevedibile
non sono una persona perfetta come Dio
errare è umano
per questo ascolto il mio io

Eravamo due sconosciuti
Conosciuti per caso
In un compleanno di mezza estate
Ora siamo due sconosciuti
Che non si parlano
In mezzo alla gente

Ora come ora vorrei tanti cambiamenti,
ma quanto è difficile andare avanti,
dimenticare qualcuno che prima era il tuo posto nel Mondo
e ora solo uno sconosciuto a cui non importa nulla di te,
come se quei tre anni non fossero esistiti mai.
Come se esistessero solo gli errori e le scuse fossero cancellate.

Miriana Postiglione

*Immagine in evidenza: Illustrazione di Marco Castiglia

Gibellina: La Land Art più grande del mondo le dà nuova vita

Il terremoto e la ricostruzione

Gibellina, un comune della provincia di Trapani, situato nella suggestiva Valle del Belice, è il protagonista di una storia di rinascita straordinaria che affonda le radici nel tragico terremoto del 1978. Quell’evento devastante, che provocò centinaia di vittime e migliaia di feriti e senzatetto, segnò profondamente la comunità, lasciando dietro di sé solo macerie e ricordi dolorosi di perdita e distruzione.

Dopo il terremoto, Gibellina si trovò a dover affrontare la difficile sfida della ricostruzione e del recupero della propria identità. Ludovico Corrao, il sindaco del comune ormai distrutto, avvertì un profondo desiderio di riscatto tra gli abitanti. Fu lui a riconoscere nell’arte un potente mezzo per riportare dignità e speranza in un luogo che sembrava aver perso ogni cosa.

Difatti, Gibellina Vecchia si trovava in una posizione geografica scomoda, su una collina abbastanza isolata, motivo per cui, al di là del terremoto, stava subendo un inevitabile spopolamento. Si decise, dunque, di dedicare quel luogo esclusivamente alla memoria e di creare un nuovo nucleo abitativo a pochi minuti da essa, ma allo stesso tempo più vicino all’autostrada e, di conseguenza, decisamente più accessibile.

Il potere dell’arte

Il compito di trasformare le rovine in un simbolo di rinascita fu affidato all’artista Alberto Burri. Quest’ultimo, con grande sensibilità, concepì il monumento noto come il “Grande Cretto“. Utilizzando il cemento come medium, Burri creò un velo che avvolge le macerie degli edifici e percorre le strade del paese, trasformando il dolore in un’opera d’arte imponente. La semplicità dell’architettura lascia spazio alla memoria del luogo che diventa la protagonista dell’opera. Il Grande Cretto non solo rappresenta la più grande land art del mondo, grande orgoglio Siciliano, ma incarna anche un significato profondo, simbolo di resilienza e forza di una comunità determinata a emergere dalle sue ceneri.

Cretto di Gibellina
Cretto di Gibellina. Fonte: https://www.artwort.com/2016/07/20/speciali/cult/cretto-burri-gibellina/

Gibellina Nuova

Gli abitanti, intanto, diedero vita a Gibellina Nuova. Anche questa nuova comunità lascia ampio spazio all’arte, venendo concepita come un grande museo a cielo aperto. Si distingue per l’uso creativo del cemento, con cui sono formate gran parte delle strutture, che funge da collegamento tangibile con il Cretto di Gibellina Vecchia. Artisticamente curata, Gibellina Nuova ospita più di 60 opere ed installazioni realizzate da artisti e architetti di fama internazionale.

Arco d’ingresso a Gibellina Nuova. Fonte:https://www.quotidianocontribuenti.com/belice-e-altre-storie-la-stella-di-consagra-brilla-per-il-centenario/

All’ingresso un arco, la Stella del Belice, accoglie i visitatori, diventando il simbolo distintivo della città nuova.

Vi sono poi la Montagna del sale, una struttura in cemento, vetroresina e pietrisco con all’interno 30 statue di cavalli in legno, nata come scenografia dello spettacolo “La sposa di Messina”;

Il MAC, Museo Civico di Arte Contemporanea, che racchiude circa 400 opere di varie recenti correnti artistiche;

il Tappeto volante, realizzato con quasi 50 mila cordicelle di canapa che riproducono un effetto simile alle Muquarnas della Cappella Palatina di Palermo, oggi situato al Museo delle trame mediterranee, dedicato al sindaco che rese possibile una ripresa per il paese, Ludovico Corrao.

Il 2019 ha segnato un ulteriore passo avanti con l’inaugurazione del Museo del Grande Cretto di Gibellina, ubicato all’interno dell’unica struttura sopravvissuta al terremoto: la Chiesa di Santa Caterina.

La Chiesa Madre di Ludovico Quaroni – Gibellina Nuova. Fonte: https://www.spaghettievaligie.it/gibellina-museo-cielo-aperto/

Conclusioni

Arrivare alla collina che ospita questa grande opera non è semplice, ma il silenzio del luogo, immerso nella campagna dell’entroterra trapanese, lascia spazio ad una malinconica bellezza.

In conclusione, Gibellina oggi, oltre ad essere un vero e proprio simbolo di rinascita, in grado di mostrare il potere dell’arte e di una comunità unita per far risplendere il proprio territorio, si mostra anche come grande attrazione turistica che, ogni anno, accoglie eventi culturali di vario genere.

 

Antonella Sauta

Fonti:

https://luoghidelcontemporaneo.beniculturali.it/grande-cretto-

https://luoghidelcontemporaneo.beniculturali.it/gibellina-nuova-

Samuel L. Jackson: 75 anni di grande cinema!

Cinefilo o meno, sicuramente sarà capitato a tutti almeno una volta di vedere Samuel L. Jackson in una delle sue fantastiche interpretazioni! L’attore, con una filmografia che conta più di centoventi pellicole, ha spesso sorpreso il pubblico con i suoi personaggi, divenendo ormai un tassello della storia del cinema contemporaneo. Con l’avvicinarsi del suo settantacinquesimo compleanno non ci resta che guardare indietro e ammirare la sua carriera.

Samuel L. Jackson: dove tutto ebbe inizio

Samuel Leroy Jackson nasce a Washington il 21 dicembre del 1948, vivendo la propria infanzia solo con la madre e i nonni materni, per via dell’alcolismo del padre. Dopo essersi laureato al Morehouse college ad Atlanta, inizia la sua carriera nel cinema. In questi primi anni, oltre a comparire in qualche spot pubblicitario e a lavorare con la Negro Ensemble, una compagnia teatrale di cui ha fatto parte anche Morgan Freeman, ottiene le sue prime parti in alcune note pellicole, quali Il principe cerca moglie di John Landis.

Ezechiele 25:17: la pluridecennale collaborazione con Tarantino

Jackson
Samuel L. Jackson nel ruolo di Jules in Pulp Fiction. Fonte: variety.com

Successivamente alla partecipazione in importanti opere cinematografiche come Quei bravi ragazzi di Martin Scorsese e Jurassic park di Spielberg, Samuel L. Jackson trova il suo regista del cuore, con il quale lavorerà in moltissime pellicole. Stiamo parlando di Quentin Tarantino! Che si tratti del protagonista o di un personaggio secondario, Quentin sembra trovare sempre spazio per Jackson nelle sue storie. Ad ogni modo, il ruolo che ha reso l’attore così famoso è il personaggio di Jules in Pulp fiction. Il film, uno dei più noti del regista al grande pubblico, racconta le vicende di due gangster, Jules e Vincent, di un pugile e della moglie di un boss della malavita, Mia Wallace: le storie di questi personaggi finiranno per intrecciarsi in un continuo alternarsi di azione, violenza e comicità.

Altre pellicole di Tarantino che hanno visto Jackson nel ruolo del protagonista sono Jackie Brown, dove interpreta Ordell Robbie, un mercante d’armi, e The hateful eight. Samuel L. Jackson riveste anche dei ruoli secondari in Django Unchained e in Kill Bill- volume 2.

Nick Fury nel MCU e Mace Windu in Star wars

Samuel L. Jackson si afferma da subito per la propria bravura come attore e versatilità nell’interpretazione dei personaggi. Jackson riesce a passare da Jules al maestro jedi Mace Windu con una spontaneità inaudita. La trilogia di Star wars a cui l’attore ha preso parte è un prequel nella serie cinematografica: queste sono le ultime tre pellicole della saga ad essere dirette dall’ideatore del franchise George Lucas.

Negli ultimi anni Jackson è entrato a far parte di un nuovo grande universo, il Marvel Cinematic Universe, nei panni del direttore dello S.H.I.E.L.D.  Nick Fury, un temibile ed impavido agente con un occhio solo. Pur non essendogli stato garantito (ancora) un film o uno show da solista, Fury è un personaggio molto presente in diverse pellicole del MCU, specialmente negli Avengers, fino a Endgame, e in Captain Marvel.

Samuel L. Jackson nei panni del maestro Mace Windu in Star Wars. Fonte: movieweb.com

Spike Lee: il riadattamento americano di Oldboy

Da non dimenticare, nella filmografia di Samuel L. Jackson, è anche la collaborazione con il regista afroamericano Spike Lee. L’attore, soprattutto durante la prima parte della sua carriera, ha infatti preso parte a vari film del regista premio Oscar. Fra i tanti ricordiamo Aule turbolente (School Daze), primo musical diretto da un regista afroamericano, Jungle Fever del 1991, e il più recente Oldboy (2013). Quest’ultimo, remake del film di Park Chan-wook uscito nel 2003 e basato sull’omonimo manga Old Boy, vanta un cast del tutto eccezionale con Elizabeth Olsen, Rami Malek e lo stesso Samuel L. Jackson.

Purtroppo per Samuel e per il resto della banda però, il film-remake di Spike Lee non è riuscito a competere con il cult del 2003 elogiato, tra l’altro, dal sopra citato Quentin Tarantino: “il film che avrei voluto fare io”.

L’alienante (e alienato) Oldboy del 2013 è un film profondamente politico, – come del resto tutta la filmografia di Spike Lee, – in cui tutto si svolge in un “nonluogo”. Politico perché la storia del protagonista si presta benissimo alla parabola americana di quel periodo, tra crisi sociale e governativa. Un “nonluogo” poiché lo spettatore, provando a riconoscere l’America tra i protagonisti della pellicola, rimarrà deluso nell’apprendere che questa potrà essere vista solamente in poche e fredde immagini di telegiornale. Difatti, l’America non c’è. E la sua “crisi”, mostrata solo di riflesso, finisce per rendere il film un mero “exploitation”. Un falsario firmato Spike Lee.

Samuel L. Jackson in Oldboy. Fonte: thefilmgordon.com

Jackson: il sodalizio di una grande star di Hollywood

Samuel L. Jackson ha dato tutto il suo talento a Hollywood, e continua a darlo nonostante i suoi quasi 75 anni d’età. Nel 2022 l’Academy Awards lo ha voluto premiare con quello che forse è il premio più prestigioso a cui un attore può aspirare: l’Oscar alla carriera. Si tratta della prima statuetta che l’attore ottiene dall’Academy, che si va ad aggiungere al premio BAFTA come miglior attore non protagonista in Pulp fiction e a tante candidature sfortunata ai Golden Globe e agli Oscar. Non ci resta che augurargli buon compleanno per il 21 dicembre e ringraziarlo per il grande cinema che ci ha regalato!

Ilaria Denaro

Domenico Leonello

Scolopendra

Dicembre
e illuminavi
i viali di
stinti ricordi
ognuno
del secondo precedente

Ho provato
a incollarli
con il biadesivo
a inalare
il liquido di sviluppo
a cercarti
nei più cremisi angoli
della camera oscura
Volevo leggere le pellicole
come foglie di tè
per far finta di conoscerti
per nome

Il passato
è una catena arrugginita
ancorata
alla mia carotide
e il tuo
è un tiro alla fune
unilaterale

Chiara Tringali

*Immagine in evidenza: illustrazione di Marco Castiglia

Willy Wonka, la nuova rappresentazione perbenista del personaggio

Wonka
Nuova versione della storia di Willy Wonka, ironica, divertente e anticonformista. Voto UVM: 2/5

 

Quest’anno alla magia del Natale si unisce anche la magia del cinema con Wonka, prequel sullo stravagante Willy Wonka. Dopo Gene Wider nel 1971 e Johnny Depp nel 2005, ora è Thimothee Chalamet ad interpretare il personaggio ideato da Roald Dahl nel suo romanzo La fabbrica di cioccolato. Wonka, distribuito nei cinema italiani dal 14 dicembre, è diretto da Paul King e vanta un cast d’eccezione: oltre alla presenza di Chalamet, nuova stella di Hollywood, ritroviamo anche Olivia Colman (la regina Elisabetta in The crown), Hugh Grant e Sally Hawkins (La forma dell’acqua).

Willy Wonka: dolce come un cioccolatino

Thimothee Chalamet (Dune, Bones and all) non poteva che essere un Willy Wonka anticonformista; giovane, di bell’aspetto e soprattutto ingenuo. Diversamente dalle versioni precedenti questo aspirante cioccolataio, lui è un mix di tanti ingredienti, quasi come quelli che Wonka utilizza per fare il cioccolato. In questo modo, riesce a distinguersi e a distaccarsi dalle altre precedenti rappresentazioni cinematografiche del personaggio.

Wonka
Thimothee Chalamet in una scena del film. Fonte: Warner Bros.

Sa sa sa prova

Se l’iniziativa è quella di andare a vedere la fabbrica di cioccolato, dovete sapere che si tratta di… un musical, e mi spiace ammettere che la scelta di tradurre le canzoni in italiano, forse non è stata un’ottima idea. La traduzione dei brani ha fatto perdere parte della magia che veniva magari trasmessa maggiormente dai testi originali.

Per cui, abbiamo un Willy Wonka interpretato da Thimothee Chalamet che, in generale, all’apparenza sembra abbia 18 anni piuttosto che 27 (è chiaramente un complimento), un musical in italiano e uno dei personaggi principali alto un metro e venti, una bambina. Sembra che questa pellicola strizzi l’occhio proprio al pubblico più piccolo, soprattutto perché rende accessibile a tutti la storia, grandi e piccini.

NoodleS per tutti

Pochi minuti dopo l’inizio del film entra in scena un personaggio che il pubblico non saprebbe  se identificare come quello principale. La storia di Willy Wonka diventa la storia di Noodle, una bambina rimasta orfana e condannata a vivere una vita rinchiusa in una lavanderia, gestita da una signora alquanto avida e per molti versi furba, la signora Scrubbit; la stessa che trarrà in inganno il povero signor Wonka. Probabilmente in un’altra vita avrà conseguito la laurea in legge, perché proprio per via di un contratto, anche Willy resterà suo prigioniero.

Meno cento punti a Grifondoro!

In verità, pensare ad Harry Potter nel momento in cui il titolo del biglietto acquistato è un altro, la trovo un po’ un’eresia, ma l’atmosfera che crea Wonka sembra essere paradossalmente simile! Si potrebbe pensare che il tocco di David Heyman, produttore di tutte ed otto le pellicole della serie cinematografica sul mago più famoso del mondo, sia diventata una testata.

Probabilmente manca quel piccolo accenno di oscurità del personaggio che dava unicità al film e allo stesso protagonista. L’aspetto più importante di Wonka sembra venir meno e di conseguenza la riuscita della pellicola fallisce nell’intento. Mentre questa sfumatura cupa sembra essere sviluppata ampliamente nella versione de La fabbrica di cioccolato diretta dal noto regista Tim Burton con Jonny Depp, qui sembra venire a mancare del tutto.

Momento perfetto, tempismo sbagliato

In un’epoca storica come questa, con la sensibilità di adesso, rivisitare un film del genere deve cercare di comunicare qualcosa al pubblico, ma in maniera più completa e marcata. Willy Wonka, descritto sia nei libri che nei film, è una persona che si nasconde dietro il suo difficile modo di esprimersi e rapportarsi al mondo, ma che paradossalmente mette in luce una serie di realtà. Probabilmente una scelta azzardata ma non da scartare potrebbe essere una seconda visione, per apprezzare di più la pellicola.

Asia Origlia

Marco Bellocchio: il grande cinema a Messina

Lo scorso 7 dicembre 2023, Marco Bellocchio, noto regista, sceneggiatore, produttore e docente di cinema, è stato insignito dall’Università di Messina del dottorato di ricerca honoris causa in Scienze Cognitive, curriculum Teorie e tecnologie sociali, territoriali, dei media e delle arti performative. Nel pomeriggio della stessa giornata, è stato ospite al Messina Film Festival Cinema & Opera ed ha partecipato alla consegna del premio per miglior cortometraggio a tema, vinto dalla giovane regista Maria Francesca Monsù Scolaro con il filmCon-Divise.

Biografia di Marco Bellocchio

Marco Bellocchio nasce il 9 novembre 1939 a Bobbio, in provincia di Piacenza ed è durante la frequentazione delle scuole salesiane che scopre la sua grande passione per il cinema, che lo porta a frequentare il Centro sperimentale di cinematografia di Roma, dove si diploma come regista nel 1962, sotto la guida di Andrea Camilleri. Il suo primo lungometraggio, I Pugni In Tasca, realizzato alla giovane età di ventisei anni, gli garantisce la selezione al Festival del film Locarno e vince il premio  Vela d’argento nel 1965. In questa e in altre pellicole come La Cina è Vicina (1967), premiato con il Leone D’Argento al Festival di Venezia, ha dimostrato il suo anticonformismo, mettendo a nudo l’ipocrisia borghese e facendo riferimento ai moti del’68.

In moltissimi dei suoi lungometraggi, caratterizzati da un procedere piuttosto calmo e lento, traspaiono i suoi interessi sociali e politici. Alcuni tra i titoli più noti sono Buongiorno, Notte (2003) in cui racconta il rapimento e l’uccisione di Aldo Moro; Il Traditore (2019), relativo al mondo della mafia. Il culmine della sua carriera è stato raggiunto proprio quest’anno con Rapito, in cui racconta il caso di Edgardo Mortara.

 

Il regista Marco Bellocchio con il prof. F.Vitella. Ph. © Ilaria Denaro

Dottorato honoris causa a Marco Bellocchio

Non ho più l’età per perdere la testa, ma sono estremamente felice

Sono queste le parole pronunciate da Bellocchio, una volta insignito del dottorato. Egli è stato accolto come membro dell’Università di Messina dai docenti Alessandra Falzone, Coordinatrice del Dottorato in Scienze Cognitive; Carmelo Maria Porto, Direttore del Dipartimento di Scienze Cognitive; il Prorettore Vicario Eugenio Cucinotta; il Direttore Generale Francesco Bonanno e il Decano Antonio Panebianco.

Marco Bellocchio
Da sx Carmelo Maria Porto, Direttore del Dipartimento di Scienze Cognitive,il Prorettore Vicario Eugenio Cucinotta, il Decano Antonio Panebianco, il Direttore Generale Francesco Bonanno. Ph.©Ilaria Denaro

 

La Laudatio, invece, è stata affidata al professore Federico Vitella, ordinario di Cinema, fotografia e televisione, che è stato il primo sostenitore del conferimento del titolo a Bellocchio e che, con il suo discorso, ha ripercorso le tappe principali della carriera del regista.

Abbiamo l’onore di consegnare il dottorato – ha esordito – al più grande regista italiano vivente. Esponente del nuovo cinema italiano degli anni Sessanta, ha saputo innovare l’arte cinematografica, svecchiandone la narrazione e spalancando le porte al cinema moderno. Ha saputo anche rinnovare costantemente sé stesso, pur rimanendo fedele a uno stile inconfondibile, come la scelta dell’inquadratura lunga o della teatralità dello spazio, ed alcuni temi che definiscono il suo orizzonte poetico.

Queste, invece, le parole di Bellocchio:

Questo titolo, che arriva dopo la Laurea Honoris Causa alla Iulm, non sarà qualcosa che metterò al muro e lascerò impolverare, ma un segno davvero importante, una conferma e una soddisfazione che mi dà ancora più voglia di lavorare e creare. […] Stiamo mettendo a fuoco questo progetto che è una serie in sei episodi su Enzo Tortora. In questi mesi cerco di non distrarmi in nessun altro progetto, poi vedremo, prima di tutto vediamo di farlo e di farlo bene. Poi se uno ci pensa, ci sono tanti progetti da realizzare, da Giovanni Pascoli o storie molto internazionali come il processo di Norimberga, per esempio, però il nostro lavoro è molto concreto, bisogna capire se ci sono anche le possibilità economiche per poterlo fare; quindi, ci misuriamo sempre con il possibile. […] Il Dottorato Honoris Causa ricevuto in questo affascinante contesto mi inorgoglisce molto e mi impegna a rispondere ad una responsabilità in più. Dovrò compiere una meticolosa ricerca, al di là della gloria, dei traguardi o degli onori, che possa essere fortemente umana nell’ambito di un mestiere molto pratico, abituato a mediare tra diverse esigenze per produrre i suoi risultati. Il riconoscimento odierno testimonia l’entusiasmo per il mio lavoro e mi dona ancora più forza e convinzione per continuare a fare ciò che mi piace. Ai giovani, dico di essere entusiasti e di indagare a fondo per comprendere se il cinema è davvero la loro più grande passione da inseguire con tutte le energie di cui dispongono.

Nel pomeriggio, poi, come detto in precedenza, il regista è stato ospite al Messina Film Festival Cinema & Opera, ed in questa occasione, sono stati proiettati quattro dei suoi lavori: I pugni in tasca (1965); Vincere (2009); Addio del passato (2002); Pagliacci (2016).

 

Giorgio Maria Aloi