Baby Reindeer: la miniserie di Netflix che sconvolge e incuriosisce

Baby reindeer
Baby reindeer è una miniserie cruda, ben scritta e capace allo stesso tempo di sconvolgere e incuriosire il pubblico.- Voto UVM: 4/5

 

Baby Reindeer è una miniserie televisiva composta da sette episodi ed è disponibile su Netflix. La miniserie è ideata, scritta ed interpretata da Richard Gadd e si basa sul suo stesso One Man Show, uno spettacolo che parla di fatti realmente accaduti nell’arco della sua vita. Dietro la regia della miniserie ci sono Weronika Tofilska e Josephine Bornebusch, mentre lo stesso Gadd è affiancato nel cast da Jessica Gunning.

Baby reindeer: trama

La trama della miniserie Baby Reindeer si ispira alla vita di Richard Gadd, trasferitosi a Londra per coronare il suo sogno di entrare nel mondo della comicità. Nella miniserie realizzata da Netflix, il protagonista prende il nome di Donny. Il ragazzo si mantiene lavorando in un pub, cercando in tutti i modi di diventare un comico affermato ma la strada per raggiungere il suo obiettivo sembra essere piena di insidie.

Una sera, nel pub, entra una donna più grande di lui di nome Martha (Jessica Gunning). Martha afferma di essere un avvocato di successo, ma nonostante ciò non sembra avere mai denaro neanche per pagarsi qualcosa da bere. Donny, per gentilezza, le offrirà da bere e da quel momento, la donna si presenterà al pub ogni sera. Ma in realtà quello che sembra un semplice incontro abitudinario sarà il preludio di uno stalking (appostamenti, minacce, e-mail indesiderate, aggressioni alle persone vicine alla vittima, ecc.). Donny si recherà alla polizia, ma non sarà accolto come si aspettava: gli elementi non sono sufficienti per fare alcunché.

Fonte: Netflix.it

La miglior Serie Tv di Netflix di quest’anno?

Essendo quasi a metà anno, Baby Reindeer si può considerare una delle sorprese dal punto di vista telefilmico di questo 2024, viste le innumerevoli visualizzazioni che sta avendo sulla piattaforma da diverse settimane. Ancora oggi rimane nella Top 10 delle Serie TV più viste della piattaforma streaming.

Le ragioni ci sono eccome, perché Baby Reindeer è una miniserie ben realizzata e i motivi principali per cui riesce a coinvolgere sono un lato tecnico ben strutturato e il modo in cui tratta una tematica piuttosto delicata, divenuta sempre più ricorrente in questa società contemporanea: lo stalking.

 

Fonte: Netflix.it

Uno stalking molto crudo con un modus operandi differente

Vista la tematica, la miniserie non tratta nulla di originale però ciò che conta è il come viene raccontata una storia. Baby Reindeer affronta una storia realmente accaduta con una tonalità cruda, angosciante e capace di colpire come una cannonata la parte emotiva dello spettatore. E’ molto scorrevole ed ogni episodio ha una durata che oscilla tra i 30 e i 40 minuti. Nonostante il minutaggio complessivo della miniserie e il coinvolgimento che riesce a far venire allo spettatore, difficilmente si riesce a guardarla in poco tempo. Ciò avviene perché certe scene sono talmente forti che lo spettatore ha bisogno di una pausa dalla visione sia per l’angoscia che può venire che per un’analisi psicologica che viene spontaneo fare.

La miniserie trascina il pubblico all’interno della psiche sia della vittima che della stalker. Man mano che prosegue, ci si accorge di provare non solo angoscia, ma anche una sorta di empatia o addirittura rabbia per i comportamenti dei due (soprattutto per quelli di Donny).

Fonte:Netflix.it

Baby reindeer: la violenza psicologica

Richard Gadd si è messo a nudo in senso metaforico e si capisce dalla scrittura fatta di suo pugno che aveva molto a cuore lo scopo di raccontare la propria esperienza e la scrittura è talmente lineare che si percepisce ciò che ha provato, tanto da farlo arrivare allo spettatore. Il suo scopo era anche mettere in evidenza tutti gli aspetti che ruotano intorno allo stalking e alla psiche delle due persone coinvolte: lui e Martha.

Donny non ha mai elaborato il dramma di ciò che ha passato, le sue ferite emotive ancora sanguinanti non hanno mai ricevuto le cure necessarie. Quanti vogliono sentirti capiti, accolti e amati? Ma a che prezzo? La Serie mostra anche questo ed in effetti, Donny voleva solo affetto e la sua insicurezza e voglia di accettazione altrui, forse lo ha portato da Martha.

Il rapporto con la stalker

Quando subentra Martha nella sua vita, da una parte ne è terrorizzato ma dall’altra “ne ha bisogno” e questo rapporto malato diventa come una dipendenza. Sì, perché alla fine anche Martha, per quanto sia mentalmente instabile, e nonostante tutte le azioni discutibili, è l’unica che ha veramente a cuore Donnie.

Basta anche fare un’allusione al titolo per capire qualcosa in più sul loro rapporto, perché “Baby Reindeer” significa “Piccola Renna” ed è il nomignolo di Donny adottato da Martha. E’ un riferimento ad una renna peluche che aveva da bambina ed era l’unico appoggio che aveva durante la sua infanzia e quindi Donny in un certo senso, colma quel vuoto lasciato e rappresenta quel barlume di luce che ha ritrovato dopo tanto tempo.

In un certo senso, si possono considerare due facce della stessa medaglia: se da una parte vivono un rapporto malato capace di distruggere sia fisicamente che mentalmente, hanno bisogno l’uno dell’altro.

Baby Reindeer è una miniserie cruda:  capace di far venire l’ansia a chi ha vissuto situazioni simili, come anche a chi finora ne è rimasto indenne . Ma è anche un invito a guardare questi temi delicati da un’altra prospettiva, ricavandone degli spunti di riflessioni differenti.

Giorgio Maria Aloi

MAYA: il viaggio verso la libertà di MACE

 

Un viaggio alla scoperta dell’uomo, tra paura e desideri. MACE si supera, trascendendo il velo del reale. Voto UVM: 5/5

 

Non è facile vivere (n.b. non esistere), riuscire a squarciare quel velo di Maya per vedere cosa ci riserva l’Oltre ma, ogni viaggio che si rispetti (spirituale e non), comincia sempre con un piccolo passo che non ci porta dove vogliamo, ma ci toglie da dove siamo, per raggiungere quella tanto ambita meta. 

Il velo è sceso sull’ultimo album di MACE (nome d’arte del producer Simone Benussi), MAYA, e ci porta in un viaggio di formazione che s’insinua nelle profondità dell’essere umano mettendolo a nudo, soprattutto nelle sue fragilità.

Mace, riscoprendo il significato autentico della musica, cioè, come mezzo di elevazione spirituale, ci accompagna insieme ad un collettivo di numerosi artisti, attraverso lo spazio e il tempo: da un piccolo Viaggio contro la paura fino allo squarciamento del Velo di Maya

Prendete le cuffie e… mettetevi in Viaggio come le Meteore 

L’album si apre con Viaggio contro la paura, dove ad accompagnare le voci di Gemitaiz e Joan Thiele sono un tripudio d’archi, che subito ci mette nelle condizioni ideali dell’ascolto: un viaggio in macchina verso il tramonto. Tra poco le ombre notturne prenderanno il sopravvento, scatenando tutte le paure, mettendoci di fronte il grande problema della società odierna, la solitudine. Ma, come il titolo stesso dice, non dobbiamo farci bloccare da esse, ma affrontarle a viso aperto significa poter proseguire oltre.

Tu mi dicevi sempre: “Non sentirti sola”L’assenza è un vuoto denso, è un viaggio contro la paura

Il terzo brano ci porta in un climax ascendente che, dopo il ritornello di Centomilacarie e la strofa di Gemitaiz, trova il suo culmine nelle parole di un Izi come non lo si vedeva da tempo. Quante volte ci siamo sentiti dire “meriti di essere felice”, ti auguro tutta la felicità”?  Forse non basterebbe quel “qualcuno” che restasse a insegnarcela? 

Viviamo in guerra, l’amore ci uccide
Se mi ami davvero, ora abbassa il fucile
E invece che dirmi di essere felice
Piuttosto tu insegnami come si fa

Mentre il mondo esplode… Solo un uomo…

Il viaggio s’infittisce e, come Dante, ci troviamo tra selve e mondi mitologici con il Mentre il mondo esplode, con la contrapposizione funzionale di due voci dagli stili diversi, quelle di Marco Castello ed Ele A. In questo brano, dai vaghi sentori “battiatiani”, ci viene presentato un mondo caotico, ricco di dilemmi esistenziali, tormento interiore e la natura fugace della vita. 

E tu parli solo degli altri, non vuoi pensarci
Che non siamo altro che acqua e sale, finirai per piangere

Il tema mitologico viene ripreso anche nel brano Solo un uomo, con una Althea in stato di grazia. Il tema principale è il dualismo corpo-anima, rimandandoci alle trame e ai significati dei miti di Orfeo e Euridice, Eco e Narciso, oltre che della famosa tela di Penelope

La carne cede allo smarrimento
Preda indifesa dell’inganno

Un fuoco… Non mi riconosco…

La nona traccia si apre con un trio eccezionale: Gemitaiz, Frah Quintale e il super Marco Mengoni. Questo brano ci parla della complessità dei rapporti e la loro misura nel tempo, soprattutto con l’evoluzione dei due partner, mettendoci di fronte al dilemma del potere e del compromesso per essere felici. 

Ma che senso ho io, io, ioHo chiuso nella mia vestagliaMa da cosa mi protegge? Ma da cosa mi protegge?Da un granello di sabbia

L’undicesima traccia ci porta di fronte uno specchio, dove l’immagine riflessa è una versione di noi che non riconosciamo e, con sentimenti di nostalgia, ripeschiamo nella memoria quel vecchio noi che abbiamo perso. Qui rivediamo Centomilacarie che cornicia una strofa magistrale di Salmo che, con la sua solita capacità espressiva, comunica la necessità di accettare questa nuova versione di noi e la solitudine per poter progredire. 

Da quando ho spiccato il volo, credo di essermi perso, ohMi fugge l’anima dal corpo, vedo la vita al rovescio, ohNon mi riconosco mai, sono sempre diverso, mi va bene lo stesso

Ossigeno… Il velo di Maya… 

Ossigeno, il brano che ospita la firma e la voce di Venerus, ci apre uno spaccato sulla necessità impellente dell’uomo di ritornare e riconnettersi con la natura. Nel finale, questa necessità viene espletata maggiormente, dove viene evidenziato il nostro costante bisogno di ossigeno e dipendenza dalla natura, come aspetto immutabile della nostra esistenza. 

Ci preoccupa esser liberiMa ci dimentichiamoChe ci serve ancora l’ossigeno

Il finale ci potrebbe lasciare perplessi, ma così non è. Mace, lascia concludere l’album con ben 8 minuti di solo traccia base, senza voci o alcun elemento esterno, solo pura e buona musica. E forse, come lo stesso Schopenhauer ha detto che il vero mondo è quello che non vediamo, così Mace ha squarciato quel velo, per lasciare la possibilità ad ognuno di noi, ascoltando la sua musica, di poter vedere cosa si cela dietro il nostro velo di Maya. 

 

Gaetano Aspa

Mens Sana in Corpore Sano: la relazione fra mente e corpo

Comprendere il significato dell’esistenza della stretta relazione fra mente e corpo ha rappresentato uno dei più grandi misteri di interesse per gli studi filosofici durante i secoli.
Il ruolo appartenente alla psiche nel determinare l’insorgenza delle implicazioni fisiche venne preso in considerazione dalle scienze mediche solo posteriormente.

Dualismo Corpo-Mente

Fin dagli albori delle indagini sull’animo umano è nata la contrapposizione tra la teoria encefalocentrica e quella cardiocentrica.
Il cardiocentrismo fu una teoria filosofica sostenuta da Aristotele, il quale considerava il cuore sede dell’anima umana e responsabile delle funzioni mentali, sensitive e motorie.
Ben presto si contrappose al cerebrocentrismo sostenuto da Ippocrate e successivamente da Galeno. La teoria identifica il cervello come sede della coscienza, responsabile delle attività sensitive e motorie.

La dimensione psichica del dolore influenza il corpo

Il dibattito aperto da Cartesio sulla descrizione meccanica delle strutture e delle funzioni organiche ha assunto connotazioni puramente materialistiche, ascrivendo definitivamente la localizzazione delle funzioni psichiche al cervello.

Le Passioni dell’Anima (1649) fu una delle ultime opere di Cartesio e venne dedicata alla principessa Elisabetta di Boemia che era molto malata e la cui malattia, secondo il filosofo, rappresentava la conseguenza dell’afflizione dell’anima.

In quest’opera Cartesio connota le passioni come inscindibili dall’essere umano e classifica non solo le loro cause, ma i loro effetti espressi attraverso il corpo.

Le Emozioni nella Genesi dei Comportamenti

A fine carriera Charles Darwin pubblicò L’Espressione delle emozioni nell’uomo e negli animali (1872) riportando l’origine biologica delle emozioni.
Le emozioni agiscono tramite la motivazione rendendo possibile l’inizio di un movimento necessario per riportare l’organismo alle condizioni di sicurezza ed equilibrio fisico.

I comportamenti per evitare o scappare da un pericolo si sono evoluti per rendere un organismo competitivo in termini di sopravvivenza.
Ma in modo inappropriato una fuga prolungata o un comportamento di evitamento potrebbero mettere l’animale in una condizione di svantaggio.

Se un organismo si sente continuamente minacciato nella propria sopravvivenza, le sue energie non potranno essere impiegate per nutrirsi, curarsi e riprodursi.

Le Emozioni agiscono nella Comunicazione

Le emozioni agiscono nella comunicazione fra gli individui, intervengono nelle dinamiche relazionali caratterizzando il linguaggio non verbale tramite i movimenti del viso e dei muscoli del corpo.
La comunicazione dello stato emotivo tramite la postura e la mimica facciale segnala le proprie intenzioni agli altri e genera in loro una reazione.

La Regolazione del Sistema Nervoso Autonomo

La miriade di variazioni, oscillazioni e segni che si possono notare in modo istintivo nell’interlocutore durante una conversazione, ad esempio i movimenti oculari o il cambio di tono della voce, unitamente alle proprie fluttuazioni interiori, come il battito cardiaco, la salivazione e il respiro, sono prodotte dalla sincronia di un unico sistema regolatore: il Sistema Nervoso Autonomo.

Il Sistema Nervoso Simpatico provvede ad accelerare le funzioni del corpo e a consumare energia per le reazioni necessarie a far funzionare l’organismo.
Il Sistema Nervoso Parasimpatico funge da freno e risponde allo stimolo dell’autoconservazione.

La denominazione di Sistema Nervoso Simpatico “sym pathos” venne attribuito quasi duemila anni fa da Galeno che ne osservava il funzionamento tramite le emozioni.
Infatti, come osservato da Darwin, il Sistema Nervoso Simpatico è responsabile della regolazione dell’arousal. Davanti a un pericolo permette la genesi dei comportamenti contrapposti di attacco e comportamento evitante, espresso tramite la fuga.
Porta il sangue ai muscoli per le azioni rapide, sollecita il rilascio di adrenalina da parte delle ghiandole surrenali che agisce sull’aumento del battito cardiaco e della pressione sanguigna.

Il Sistema Nervoso Parasimpatico promuovendo la secrezione di acetilcolina costituisce il freno inibitorio dell’arousal.
La sua azione permette il rilassamento dei muscoli, il rallentamento del battito cardiaco e il ritorno ad una frequenza respiratoria normale; accelera la digestione e la cura delle ferite.
Le osservazioni di Darwin lo riconducono alle funzioni autoconservative, di accudimento, protezione e accoppiamento.

La Teoria Polivagale

Le osservazioni condotte da Charles Darwin hanno ispirato gli studi neurofisiologici e neuroanatomici sul Sistema Nervoso Autonomo, portando all’elaborazione della teoria polivagale da parte di Stephen Porges che la presentò nel 1994.

L’indagine dei circuiti vagali ha portato alla conoscenza del loro ruolo nel determinare la condizione di “sentirsi al sicuro“, intervenire nella percezione dello spazio peripersonale e del coinvolgimento sociale.
Sentirsi al sicuro favorisce il mantenimento dell’omeostasi, il principio per cui ogni costituente degli esseri viventi deve trovarsi in equilibrio per poter svolgere correttamente le sue funzioni.

Il Nervo vago con le sue diramazioni è responsabile di tre stati fisiologici che intervengono quando viene turbata l’incolumità. Il ramo vagale ventrale complesso (VVC) è frutto dell’evoluzione verso la costruzione da parte delle specie di una vita di relazione.
Infatti, durante le difficoltà, la richiesta di supporto tramite il coinvolgimento relazionale rappresenta il primo livello di risoluzione del pericolo, se l’ottenimento di aiuto da parte delle persone care risulta inefficace, l’unica strategia per la sopravvivenza rimane la più primitiva di attacco o fuga.
Se si è intrappolati e non si riesce a fuggire interviene il meccanismo di “freezing”, congelamento, in cui l’organismo cerca di preservarsi “spegnendosi” consumando il minor quantitativo di energia possibile.

Porges ha coniato il termine “neurocezione” per descrivere la capacità di valutare il rischio e la sicurezza, insiti nell’ambiente di ognuno di noi.

Quando un evento traumatico non viene elaborato correttamente e non viene ristabilita la condizione di sicurezza nell’integrazione fra corpo e mente si esperisce una neurocezione fallace che provoca l’asincronia nella regolazione delle risposte comportamentali automatiche.

Costanza Brunati

Le monde. Description du corps humain. Passions de l’âme. Anatomica. Varia – Oeuvres de Descartes (vol. XI) (1897-1913)

Le Passioni dell’Anima – Renato Cartesio (1649)

Il Corpo Accusa il Colpo – Bessel Van der Kolk (2015)

The Expression of the Emotions in Man and Animal – Charles Darwin (1872)

Polyvagal Theory: A Science of Safety, Stephen W Porges, Front Integr Neurosci (2022)

Il 7 e l’8 maggio la prima Student Conference del DICAM, “Il Conflitto”

Il 7 e 8 maggio si terrà al Dipartimento di Civiltà Antiche e Moderne dell’Università di Messina un convegno dal titolo Il conflitto: prospettive storico-antropologiche, filosofico-sociali, filologico-letterarie e archeologiche”. L’evento è organizzato dal dottorato in Scienze Umanistiche.

L’inaugurazione sarà nell’Aula Magna del Dipartimento alle ore 9.30 alla presenza della Magnifica Rettrice Giovanna Sparari, del Direttore del Dipartimento Giuseppe Ucciardello e della Coordinatrice del Dottorato in Scienze Umanistiche Caterina Malta. Subito dopo, la sessione plenaria sarà inaugurata dalla prof.ssa Caterina Resta, già ordinario di Filosofia Teoretica, e dal prof. Antonino De Francesco, ordinario di Storia Moderna e già presidente della Società Italiana per la Storia dell’Età Moderna; a moderare il prorettore vicario Giuseppe Giordano.

Per gli studenti che parteciperanno alla Student Conference è previsto il rilascio dell’attestato di partecipazione per il riconoscimento dei CFU nei corsi di laurea triennali e magistrali del Dipartimento.
Gli studenti che vorranno fare richiesta ai coordinatori devono registrarsi presso la segreteria generale del convegno allestita in Sala Mostre.

Locandina del convegno

Le tematiche del convegno

Abbiamo chiesto a tre dei dottorandi che si sono occupati dell’organizzazione, la dott.ssa Rosita Castelluzzo, il dott. Giovanni Di Bella e la dott.ssa Francesca Rodolico, cosa ci si dovesse aspettare da questi due giorni. “Il termine conflitto verrà declinato da ogni relatore afferente a diversi campi della ricerca. Ognuno darà la sua visione dal punto di vista concettuale, ma anche metodologico, su come affrontare il conflitto e come trovare le linee guida per risolverlo”.

È stato allestito un programma ricco di panel, che procederà per sessioni parallele mettendo in dialogo anche settori scientifici relativamente diversi uno dall’altro. “Abbiamo avuto un grosso riscontro” ci dicono i dottorandi “e ci sono state anche risposte da dipartimenti prettamente scientifici. Ovviamente poi il Comitato Scientifico ha dovuto restringere il campo per questioni tempistiche. Sulle 142 risposte ricevute, abbiamo potuto accogliere “solo” la metà dei relatori, purtroppo.”

Un convegno non soltanto locale, con relatori dalle università di Bari, Bologna, Firenze, Genova, Milano, Milano “Bicocca”, Napoli, Palermo, Perugia, Roma “La Sapienza”, Salerno, Torino, Venezia, dalla Scuola Normale Superiore di Pisa e dalle università di Belgrado (Serbia), Gent (Belgio) e Malaga (Spagna).

La genesi

Questo è il primo convegno organizzato dal dottorato di Scienze Umanistiche. I dottorandi dicono: “Il progetto è nato diversi anni fa, i colleghi dei cicli precedenti lo hanno pensato, ma poi per varie difficoltà non è stato possibile realizzarlo. Quest’anno, però, abbiamo tentato nuovamente e con l’aiuto di varie figure ci stiamo riuscendo, anche perché, essendo il primo, abbiamo dovuto fare tutto da zero.”

Lo stesso convegno pone in dialogo le quattro macro-aree del dottorato, risolvendo già in qualche modo un conflitto e creando comunità su più fronti. I dottorandi ci dicono: “Sono subito state coinvolte diverse forze dell’Ateneo e della Città, creando una sinergia forte, che non è sempre una cosa facilissima. Per questo un forte grazie va intanto alla Coordinatrice, la prof.ssa Caterina Malta, ai proff. Giuseppe Ucciardello e Giuseppe Giordano, al Comune di Messina, per averci dato la possibilità di visitare i luoghi più importanti della città.” Alla fine della prima giornata di lavoro, infatti, non mancherà la visita al centro storico di Messina con la guida dei proff. Roberto Cobianchi, ordinario di Storia dell’Arte Medievale, e Giovanni Giura, ricercatore in Storia dell’Arte Moderna.

I ringraziamenti continuano: “Si deve dire grazie al Palazzo Arcivescovile, all’Arciprete della Cattedrale, ma anche all’E.R.S.U, che offrirà i due pranzi a tutti i relatori, e all’A.T.M. per le linee potenziate. Il convegno è stato organizzato dai Dottorandi e dalle Dottorande di Scienze Umanistiche, ma l’aiuto di persone esterne è stato prezioso dal punto di vista pratico e spirituale, una su tutte il dott. Francesco Galatà.”

Ci sono già delle prospettive per il futuro di questo convegno? L’idea sarebbe quella di riproporlo ogni due anni, l’auspicio è quello che i posteri abbiano interesse nel perseguire questo progetto. A questo punto, non resta che augurare buon lavoro ai Dottorandi e alle Dottorande!

Programma del convegno 1/2

Programma del convegno 2/2

Giulia Cavallaro

Drive-Away Dolls: le tante facce dell’America

Drive-Away Dolls è poco impegnativo, ma al tempo stesso intrattenente. Voto UVM: 4/5

Drive-Away Dolls è un film del 2024 diretto da Ethan Coen, che insieme al fratello Joel, ha vinto a suo tempo ben 4 Oscar. Nel cast spiccano i nomi di attrici emergenti nei ruoli principali, come Margaret Qualley, già presente in lungometraggi più rinomati come Povere creature! e C’era una volta a… Hollywood, Geraldine Viswanathan e Beanie Feldstein, ma anche quelli di personalità più famose al pubblico come Pedro Pascal, Matt Damon e Miley Cyrus, che con i loro personaggi compongono la cornice della trama e legano i pezzi di questa tra loro. La pellicola presenta una comicità surreale e a tratti pungente, dove si trattano non solo temi romantici e erotici, ma anche di spessore sociale.

Fonte: ew.com

Drive-Away Dolls: la trama

L’ambientazione dove si apre il film è la Philadelphia del 1999, dove la comunità queer in America è più in ascesa.

Nella primissima scena vediamo dei loschi individui uccidere un goffo personaggio (Pedro Pascal) e derubarlo di una valigetta, senza che ci vengano forniti ulteriori dettagli. Subito dopo viene presentata una delle due protagoniste: Jamie (Margaret Qualley) è una ragazza dallo spiccato accento texano che ama divertirsi e passare la notte con altre ragazze. Proprio per questo Sukie (Beanie Feldstein), la sua ragazza, la scarica e la caccia dal suo appartamento.

Jamie si ritrova così senza una fissa dimora, ospite dell’altra protagonista Marian (Geraldine Viswanathan), un’altra ragazza omosessuale che però è molto introversa e non ha una relazione da anni. Marian è in procinto di partire per Tallahassee, in Florida, per incontrare la zia e Jamie decide di accompagnarla. Per arrivarci, le due decidono di noleggiare un’auto, incominciando così un viaggio verso il profondo sud degli Stati Uniti, dove la mentalità è molto più conservatrice e tradizionalista.

Contemporaneamente tre criminali, che si dirigono per pura coincidenza a Tallahassee, vanno a ritirare una macchina, la stessa che si trova in mano alle protagoniste, ma che in realtà era destinata ai tre.

Jamie, sempre in cerca di avventure e di posti da visitare lungo la costa orientale, prende il viaggio come una gita, allungando il tragitto che doveva in realtà durare un giorno. Lungo le varie fermate, le due imparano pian piano a conoscersi sempre meglio, con Marian che fa fatica a uscire dal suo guscio. I tre scagnozzi hanno intanto iniziato a cercare la macchina, irrompendo a casa di Sukie che rivela loro l’identità di chi c’è alla guida. La macchina infatti nasconde al suo interno la valigetta della prima scena e un altro carico non ben specificato.

Le esperienze di Ethan Coen e le particolarità nel montaggio

Il regista viene da una carriera costruita fianco a fianco con il fratello Joel, con il quale ha vinto un Oscar nel 1998 per Fargo alla miglior sceneggiatura originale e altre tre statuette nel 2008 per Non è un paese per vecchi all’esordio per miglior film, oltre che per miglior regia e miglior sceneggiatura non originale. La stretta collaborazione che ha caratterizzato i loro film non è però presente in Drive-Away Dolls, dove Ethan Coen collabora con la moglie Tricia Cooke realizzando un film che non rappresenta l’apice della sua carriera, ma che sicuramente ha degli aspetti positivi.

Ethan Coen e la moglie Tricia Cooke al loro primo film insieme. Fonte: ciakmagazine.it

Lungo la pellicola appaiono flashback relativi al passato di Marian, mostrando il suo primo approccio all’omosessualità. Trip allucinogeni ripresi da Il Grande Lebowski spezzano il racconto colpendo lo spettatore, ma riescono ad ottenere un senso solamente verso la fine del film, risultando così un po’ sconnessi. Solamente una storia completa darà senso a queste scene, che sono anch’esse flashback.

L’unicità oltre gli stereotipi

La rappresentazione delle minoranze all’interno dell’opera è sicuramente un aspetto da menzionare, in quanto non sono più rappresentate da personaggi caratterizzati appositamente per quello e che cercano continuamente di emanciparsi, ma sono giustamente rappresentate come una semplice normalità che aiuta tantissimo lo spettatore ad entrarci in empatia.

La moltitudine di esperienze omosessuali che le protagoniste vivono e le varie sfaccettature della complessa e variegata società americana fanno capire come ognuno sia unico nel suo genere e ciò rende il film intrigante fino all’ultima scena, dove Jamie e Marian, dopo aver affrontato delle esperienze uniche che le hanno inevitabilmente legate, hanno capito di sentirsi a proprio agio l’una con l’altra e si dirigono insieme alla zia di Marian, abbiente donna di colore, in Massachusetts, dove il matrimonio tra donne è consentito.

Il film funziona oltre che per la sua velocità anche grazie alla presenza scenica di Margaret Qualley che riesce a rendere Jamie protagonista in ogni situazione. La Universal Pictures, per la distribuzione nei cinema, ha tristemente deciso di portare il film in Italia senza il doppiaggio nella lingua, ma aggiungendo solamente i sottotitoli. Questo però non lo rende un film non alla portata di tutti, anzi è perfetto per farsi quattro risate con gli amici senza momenti di noia totale.

Giuseppe Micari

Inaugurato il Master in Istituzioni Parlamentari e Assembleari. Le parole di Barbara Floridia, Presidente della Commissione vigilanza Rai

L’11 Marzo presso la sede centrale dell’Università degli Studi di Messina si è tenuta l’inaugurazione del Master in istituzioni parlamentari e assembleari con la partecipazione di Barbara Floridia, senatrice della Repubblica e Presidente della Commissione parlamentare per l’indirizzo generale e la vigilanza dei servizio radiotelevisivi.

Nel dare il via all’incontro ha preso la parola il Prorettore Vicario Giuseppe Giordano, professore ordinario di Storia della filosofia del Dipartimento di civiltà antiche e moderne, che ha evidenziato l’importanza di questo Master come luogo in cui poter formare persone consapevoli del funzionamento a garanzia delle libertà democratiche.

Le dichiarazioni del Direttore del Master

Subito dopo ha preso la parola il Prof. Giovanni Moschella, ordinario di Istituzioni di Diritto pubblico e direttore del Master in istituzioni parlamentari ed assembleari, il quale ha condiviso una riflessione sulla crisi che la rappresentanza politica sta vivendo in questo periodo storico; crisi della rappresentanza che coincide con quella delle istituzioni. Sintomo e allo stesso tempo causa di questa crisi, sono i numerosi tentativi di riforma volte ad una semplificazione delle forme di rappresentanza che hanno determinato un impatto negativo sulla funzionalità e sul prestigio delle istituzioni. Il professore ordinario ha poi continuato sottolineando il valore, dal punto di vista sistemico e generale, di un Master che abbia come obiettivo la riscoperta della funzione determinante del sistema democratico.

Il Prof. Moschella, direttore del Master, durante il suo intervento

L’inaugurazione è proseguita con l’intervento del Professore Alessandro Morelli, ordinario di istituzioni di diritto pubblico e direttore del Centro studi in diritto parlamentare delle assemblee elettive. Il Prof. Morelli ha esposto l’importanza del centro studi come luogo in cui è possibile divulgare sia in ambito accademico che istituzionale la discussione critica a livello statale e sub statale.

Floridia: «Nessuno può censurare la libera espressione degli artisti»

La Senatrice Barbara Floridia è stata relatrice d’eccezione dell’incontro, al cui termine ha risposto alle nostre domande:

C’è chi ha parlato di Daspo per gli artisti che “osassero” portare la politica a Sanremo. Lei in passato ha affermato che la politica dovrebbe stare fuori dalla televisione di Stato. Ma come dove finisce la repressione della propaganda e dove inizia la censura della libera espressione?

La censura non può esistere e finché sarò Presidente (della Commissione, ndr) non lo permetterò. È stata un’idea malsana probabilmente di un parlamentare ma non importa. Ciò che importa è garantire ciò che ad oggi è garantito: che ciascun artista e ospite del servizio pubblico sia libero di esprimere il proprio pensiero. L’importante è tutelare la dignità delle persone. Detto ciò nessuno, neanche il CdA, può bloccare e censurare ciò che un artista vuol dire liberamente.

La vigilanza Rai

L’istituzione del master è la principale iniziativa del centro ad oggi e la presenza della Presidente Floridia consente di aprire gli studi con un tema di grande importanza, quello della vigilanza Rai, attuale concessionaria del servizio pubblico radiotelevisivo. Il Prof. Morelli ha poi esposto la storia della commissione partendo da una sentenza del 1969 della Corte Costituzionale che ha enfatizzato l’importanza del pluralismo come pietra angolare dell’ordine democratico.

Successivamente ha preso la parola il Professore Giacomo D’Amico, ordinario di diritto costituzionale, che ha marcato l’importanza dal punto di vista sia storico che costituzionale della Commissione di vigilanza. Essa affonda le proprie radici molto prima del 1975, già il 3 Aprile del 1947, quandocun decreto legislativo del capo provvisorio di stato prevede l’istituzione della commissione di parlamentari avente compito dell’alta vigilanza per assicurare l’indipendenza politica del servizio pubblico.

La Commisssione di Vigilanza Rai oggi

Ad oggi la commissione ha un ruolo significativo di indirizzo. L’attività di vigilanza che rappresenta un corollario dei poteri di indirizzo della commissione, che vigila sul rispetto delle direttive impartite dall’organo. Normalmente la commissione è affidata ad un parlamentare di opposizione, per via del suo ruolo critico e ad oggi è composta da 21 senatori e 21 deputati.

La lectio magistralis della Presidente Floridia

Floridia ha preso parola per ultima per evidenziare la grande opportunità offerta dalla nostra Università di un Master in istituzioni parlamentari, essendo la nostra democrazia retta da varie e complesse strutture.

L’importanza, inoltre, del servizio pubblico di dare un indirizzo e, soprattutto, di vigilare l’informazione che passa tramite i mezzi radio-televisivi, diventa uno snodo fondamentale per arrivare a fare una riflessione sui nuovi mezzi digitali. La Presidente porta avanti la necessità di rinnovare le norme della Commissione e, in primis, ciò che deve regolare.
Infatti, l’informazione ormai non passa più solamente attraverso la radio o la televisione, ma anche e, potremmo dire, principalmente tramite le piattaforme digitali. La Presidente Floridia spiega che viviamo in “infodemia”, una fase in cui il flusso delle informazioni è eccessivo.

La vera democrazia, quindi, non sta nel raccogliere più informazioni possibili, ma nel discernere quelle vere da quelle false. Questo, ovviamente, diventa molto difficile da attuare sul vastissimo mare che è internet. Il servizio pubblico, quindi, è debole al momento sui vari social, essendo queste piattaforme dispersive, private e per lo più straniere. «Se la vigilanza dell’informazione resterà relegata alla televisione, allora la politica non avrà compiuto il suo dovere – dichiara- ed è proprio ciò di cui si sta discutendo in queste settimane nel Parlamento Europeo». 

Giuseppe Calì

Isabel Pancaldo

Wall of Eyes dei The Smile è un album magnetico

wall of eyes
Wall of eyes, secondo album della giovane band, conferma la delicatezza e sobrietà del nuovo progetto di Thom Yorke. voto UVM: 4/5

Qualche critico musicale parla ogni tanto dell’esistenza di un nuovo genere musicale nato dopo dopo il 2020, chiamandolo musica pandemica, le cui caratteristiche sono il languore e la delicatezza che contraddistinguono alcuni album e brani nati durante i lockdown. Le motivazioni sono fra le più disparate: rimanere in casa ci ha costretti a maggiore riflessione, sentendo il bisogno di ascoltare qualcosa che stesse sulla stessa lunghezza d’onda delle nostre emozioni. Inoltre, la proibizione dei concerti ed eventi dal vivo ha temporaneamente cambiato la fruizione musicale stessa.

In questo contesto, nel Maggio del 2021 sono nati i The Smile, una rock band inglese la cui formazione vede la presenza di Thom Yorke (voce sensuale dei Radiohead, ancora formalmente attivi) Johnny Greenwood (anch’egli parte dei Radiohead) e Tom Skinner. Hanno fatto il loro debutto via streaming con una diretta del festival di Glastonbury (di fatto cancellato nel 2021 e sostituto da una serie di riprese trasmesse online), confermando in qualche modo il concetto stesso di musica pandemica. Yorke stesso ha confermato che è stato il confinamento domestico e l’indisponibilità del batterista dei Radiohead Philip Selway a spingerlo a ideare una nuova formazione in cui sperimentare nuove dimensioni musicali.

Wall of eyes
The smile. Fonte: rockenseine.com

A Light for Attracting Attention: il primo successo

Con il primo album A Light for Attracting Attention la band si era già conquistata una discreta acclamazione da parte della critica e ovviamente questo anche sulla scorta dell’esperienza, ormai quasi quarantennale, dei Radiohead. Con Wall of Eyes, il nuovo album uscito lo scorso 26 Gennaio, i The Smile si confermano degni successori (in realtà sarebbe meglio definirli contemporanei) dei Radiohead stessi. Da questi prendono legittimamente in prestito le sonorità art rock, attraverso l’uso di chitarre accostato a pianoforte e archi. Inoltre, sono ancora più chiare le tendenze krautrock, una forma di genere proveniente dal rock psichedelico che fa uso di una serie di motivi in loop, in modo tale da sospendere l’ascoltare in una trance meditativa. In I Quit, sesto brano dell’album, non è solo la musica a rendere chiare queste volontà ma anche il testo:

To wherever it goes

And wherever it goes

The Smile. Fonte: internazionale.it

Wall of eyes: una sobrietà che cattura

L’album appare molto equilibrato, le intenzioni di creare sonorità semplici e lineari sono pienamente rispettate. Alla fine, grazie soprattutto all’effetto degli archi, ci cattura in una specie di “ragnatela” da cui è difficile uscire. La title track, nonché primo brano dell’album, Wall of Eyes sembra quasi invitarci a questo viaggio, attraverso i cambi tonali sfumati e le percussioni alla chitarra.

Il primo singolo estratto, Bending Hectic, è una bellissima poesia musicale, accompagnata da diversi rallentamenti e accelerazioni del tempo e quelle che appaiono come improvvisazioni alla batteria. Il testo ci racconta di un viaggio in macchina, di quell’attrazione irresistibile che si ha guardando un panorama fuori dal finestrino. Il tempo si è fermato su uno strapiombo visibile dall’auto intenta a percorre un tornante su una strada di montagna in Italia:

A sheer drop down
The Italian mountainside

Time is kind of frozen
As you’re gazing at the view
And I swear I’m seeing double

No one’s gonna bring me down, no

Una continuità piacevolmente attesa

L’album non rappresenta una grande sorpresa rispetto al suo predecessore e sinceramente questa è una bella notizia. Nessuno vorrebbe che Thom Yorke fosse diverso da com’è, un musicista dalla voce sensuale e magnetica e dalla capacità di sublimare in maniera unica le sue emozioni in musica. Wall of Eyes non è un album che farà parlare tanto e non è questa la sua intenzione. Non vuole fare baccano, non vuole rompere nessuno schema. Vuole solo farsi ascoltare come si farebbe con un bel disco durante un viaggio in macchina, magari al tramonto o ancora mentre si percorre un tornante che sfiora un strapiombo in montagna. Con la unica intenzione di riempire lo spazio che ci circonda e finalmente anche una platea di persone pronte ad ascoltare finalmente dal vivo i The Smile.

Francesco D’Anna

Non togliermi il tuo amore

Non togliermi il tuo amore,

le tue parole, il tuo sorriso.

Toglimi il vino e il vizio del fumo,

toglimi le scarpe, la maglia, il cuore

ma restami accanto nel dolore.

Portati via le cicatrici,

i tagli e l’aria delle mie narici,

ma non togliermi il tuo sapore,

perché è la fonte del mio vivere.

Prenditi le mie poesie

ma non togliermi il tuo amore,

perché come Amore amava Psiche,

così io amo te. 

Levami tutto e tutto prenditi,

ma non togliermi il tuo amore.

 

Gaetano Aspa

 

*immagine in evidenza: illustrazione di Marco Castiglia

Madame Web: un incubo ad occhi aperti

Madame Web, il cinecomic di cui nessuno aveva bisogno. – Voto UVM: 1/5 (voto motivazionale perchè il film ha le capacità, ma non si applica!)

 

Guardare un film al cinema è sempre una buona idea. L’esperienza del grande schermo è ineguagliabile e si sostengono anche preziose attività messe ormai in ginocchio dallo streaming e i loro infiniti cataloghi da consumare comodamente dal divano di casa. Che il film sia di tuo gradimento o meno, rimane comunque un’esperienza piacevole.

A volte però, l’imbarazzo è talmente evidente che, sebbene armati di positività e indulgenza, proprio non si riesce a trovare nulla di buono in quelle due ore e mezza passate in sala: in poche parole, capita che i cinema passino film come Madame Web…

Un cinecomic apparentemente “normale”

 

Madame Web
Dakota Johnson in una scena del film. Fonte: Sony Pictures

Concepito come spin-off della serie legata a Spiderman, e girato da S. J. Clarkson, il film vede nel proprio cast attori e attrici di spicco come Dakota Johnson (nota per il suo ruolo nella serie di film Cinquanta sfumature), Sidney Sweeney (Euphoria e The White Lotus) e Tahar Rahim (Il profeta).

Il film si incentra sulle vicende di Cassandra Web, figlia di Constance Web, una ricercatrice che, come viene mostrato nelle prime scene, decenni prima si ritrovò in Perù a studiare una specie di ragno dalle potenziali proprietà curative. Tuttavia la ricercatrice è vittima di una trappola tesa dal suo stesso collaboratore Ezekiel per cui viene mortalmente ferita e lasciata in mezzo alla foresta. Costance era in quel momento incinta di Cassey. Per sua fortuna la neonata viene salvata dall’autoctona tribù dei Las Arañas. Questi le praticano una forma di medicamento con la puntura del ragno dalle proprietà curative, donando alla bimba dei superpoteri che le rimarranno sconosciuti fino all’età adulta.

La scena si sposta così al 2003. Qui ritroviamo Cassey nei panni di una paramedica a New York, la quale dopo un incidente quasi fatale ha le prime rivelazioni sul suo superpotere: vedere nel futuro. Questo privilegio le consente di salvare la vita a tre ragazzine che sono nel mirino di Ezekiel, il collaboratore in Perù della madre Constance. In qualche modo non svelato nel film, Ezekiel sa che verrà ucciso dalle ragazzine che nel futuro acquisiranno dei superpoteri, come peraltro svelato dal finale.

Lo sviluppo narrativo…inevitabilmente comico!

 

Una scena del film. Fonte: Sony Pictures

Leggendo la trama sembrerebbe un film sui supereroi come tanti altri, in linea con gli standard narrativi della Marvel. Ciononostante, lo sviluppo della narrazione è talmente incoerente e illogico da diventare quasi ridicolo. Lascia abbastanza a desiderare anche la performance attoriale: un mero esercizio mnemonico.

Ma entriamo un po’ più nei particolari. In primis il superpotere della nostra Madame Web: da copione lei dovrebbe essere capace di “vedere” nel futuro, ma dal film sembra invece che il suo vero potere sia quello di rubare auto in giro per la città e di sfondare muri.

C’è poi il trio per eccellenza stereotipato dai cinecomics: l’outsider, l’alternativa e la ribelle, le quali vengono rapite senza opporre alcuna resistenza. E come non parlare poi dello scontro finale, in cui Cassey e le ragazzine affrontano Ezekiel, in una battaglia all’ultimo “petardo” su una grande insegna della Pepsi (che quasi quasi è lei la vera protagonista del film). E sarà proprio in questo frangente che la nostra supereroina “da quattro soldi”, scoprirà di avere una nuova capacità: la moltiplicazione corporea.

Conclusioni “affrettate” ma (dato il film) sufficienti…

Madame Web è uno di quei titoli per i quali, a fine proiezione, lo spettatore vorrebbe che gli restituissero i suoi soldi. Giusto per rispetto. A maggior ragione se si pensa alla cifra spesa per la produzione del film: ottanta milioni di dollari (circa).

Ma a questo punto, l’unica cosa da chiedersi è: non sarebbe stato meglio darli in beneficienza?

 

Francesco D’Anna

Maschere

Se giungesse
una persona perfetta,
con fare bonario,
e ci tendesse la mano?
Quella stessa persona
s’insinua nel cuore,
con apparenza composta,
e ne fa il suo gioco.
Indossa una maschera
di bella manifattura
per riuscire ad ingannare
e turbare l’animo per sempre.
Dobbiamo avere coraggio,
nonostante le maschere,
per distruggere le apparenze.
La persona vera è quella che
una maschera non ce l’ha
e mostra sempre la verità
fatta di trasparenza e credibilità.

Alda Sgroi

Immagine in evidenza: illustrazione di Marco Castiglia