Racconti di Natale: percorso di una studentessa esaurita

15554800_10211319473492230_2059214911_nAh, il Natale! Luci colorate dappertutto, Babbi Natale che spuntano in ogni dove, gente che va in giro carica di pacchetti e pacchettini. Tutti, verso novembre, cominciamo a lamentarci (e quannu mai) delle chiacchiere che si avviano su questa festa ma, alla fine, la sua magia si sparge in tutta l’aria.

C’è chi lo sente ancora tanto, come quando era bambino, chi lo sente un po’ di meno, chi invece si proclama il Grinch. Ognuno lo vive a modo suo. Chi pensa ai regali per farli perfetti, chi non li fa proprio; chi pensa ai nonni che non ci sono più e chi li ha ancora, seduti al proprio tavolo; chi già pensa a capodanno e chi il capodanno lo passa a casa da un bel di anni.

In questo dolcissimo calderone, ci sono anche gli studenti. Che, diciamocelo, fanno delle proprie vacanze di Natale paradiso e inferno.

Perché, dai, entriamo tutti in vacanza. Ma, il vero problema è non farsi seppellire dai sensi di colpa.

O no?

Periodo Pre-Natalizio: Chiudete gli occhi, (ma non davvero che non sennò non potete leggere) ed immaginate una fredda serata d’autunno. È novembre, le foglie cominciano a seccarsi e a cadere dagli alberi e al posto loro? LE LUCI. Si, il periodo pre natalizio è, per antonomasia, quello più difficile da affrontare, specie per lo studente che è in piena sessione e che l’appello di dicembre non lo può saltare (perché oh, in estate mi dovevo abbronzare). La reazione è immediata. Inizia a sfogare la sua frustante condizione da “vorrei cantare anch’io jingle bells ma non posso”, scagliandosi contro qualsiasi addobbo a intermittenze colorate, palle di neve (che poi è sempre polistirolo sbriciolato), festoni glitterati e canti di Natale. Si rinchiude in casa, a riparo da questa atmosfera, lì sa di poter studiare senza sentirsi in colpa per non poter prendere parte al preludio del compleanno del Creatore.

Bussano alla porta. È tua madre con un panettone gigante: “l’ho preso senza canditi, come piace a te”.

Il 24: Finalmente. Finalmente la sveglia non suona. E, come è andata è andata, iniziano le tue vacanze di Natale. Stai là, a sgranchirti, prendi il caffè, ti rimetti a letto, puoi fare quello che vuoi, le coperte sono tue… BIIIIIIIPPPPPP!!!! No, era solo un sogno. Ti alzi, scendi dal letto, corri, corri gazzella corri, esci confuso di casa, mezzo in pigiama. Devi ancora fare tutti i maledetti regali e, tra l’altro, incontrare tutte le persone alle quali devi consegnargli. In pratica, il giorno della vigilia, passi da un appuntamento all’altro (della durata di 30 secondi ciascuno), prendendo un caffè con ogni tuo amico, dando il regalo, scartando il tuo e scappando al prossimo incontro, alla velocità di Beep- beep quando è inseguito da Willy il Coyote. Ma non finisce qua: devi passare da alcuni parenti, aiutare tua madre che urla che non fai mai niente e ‘’questa casa non è un albergo!’’ (ma come?! Se fino a ieri avevo esami! Ma siete seri?). La vigilia è l’uragano Katrina: ad un certo punto ti ritrovi con il bicchiere di spumante in mano mentre urli ‘’Buon Natale!’’ e non sai nemmeno tu quando è successo. Una sorta di Inception dello studente medio. I più forti se ne vanno a giocare anche a carte dagli amici, tutti gli altri svengono sul divano, all’01:00, dopo il secondo bicchiere di Brut.

-Natale: È mattino presto ed è finalmente arrivata la famosa “mattina di natale”, quella che nei film Americani è descritta più o meno cosi: Apri gli occhi, guardi fuori dalla finestra e scende la neve (facciamo finta che qui da noi non ci siano 20 gradi a dicembre). Dopo aver goduto della bellezza del panorama, che la tua finestra ti offre direttamente dalla primissima fila del tuo letto, ti alzi e corri giù per le scale (si, perché gli Americani scendono sempre freneticamente le scale la mattina di Natale) per andare a scartare i regali che Babbo Natale ha lasciato lì per te. Poi pranzo, canti di Natale e cari saluti.

A te, che l’America l’hai vista solo in tv, succederà più o meno questo: È mattino, ma non troppo presto (devi ancora smaltire il Brut di ieri sera) guardi fuori dalla finestra e, anche quest’anno, “fanculo Babbo Natale, due gocce potevi mandarle anche a noi”. Ti alzi ed assisti all’invasione dei parenti (che manco nei peggiori film di zombie). Si, perché il giorno di Natale si cucina tutti insieme e allora tutti, grandi e piccini, alle prese con le infornate di pasta al forno e lasagne. Comincia il pranzo che finisce circa alle 17.00. Si gioca a tombola che “oh ma il 47 è uscito?”.

Il giorno di Natale è fatto per gioire; Il panettone, il pandoro, i regali, le luci e poi? Prima del collasso generale guardi sotto l’albero. È una lettera. Firmata da Babbo Natale in persona che fa più o meno così “Caro amico, Natale è passato ma i CFU io non li regalo mica…”.

ED È SUBITO ANSIA.

-Periodo Post- Natale: Il 26 (che è rosso sul calendario quindi guai a chi lo tocca), ti corichi pensando ‘’dai, mi sono riposato questi due giorni, ora qualcosina al giorno la faccio fino al 31, così non rimango indietro’’. I giorni dal 27 al 31 hanno quella nebbiolina di incertezza, non sono vacanza, non sono propriamente giorni lavorativi (‘’ non è un cane, non è un lupo, sa soltanto quello che non è’’ cit.). Non essendo più a scuola, quindi, non ti senti in pace con la tua coscienza se non fai proprio niente. E quindi cedi. Il 26 sera punti la sveglia per le 09:00 a.m. del giorno a seguire. Il 27 ti svegli alle 14, panico, ti alzi (con ancora la bavetta alla bocca), ti lanci alla scrivania, ti siedi e la mamma ti chiama per il pranzo (in cui vengono serviti i rimasugli dei giorni precedenti, che come caspita fanno ad essere così buoni?!).

Dopo il pranzo sai che dovresti studiare, lo sai, ma su Rai2 c’è il film della Disney e vuoi stare un po’ accucciato sul divano… Rinvii alle 16. Ti addormenti. Le 18. Ti chiamano gli amici. Vabbè, dai. Per oggi niente… Domani. E domani diventa (magicamente) il 7 gennaio. Ma mannaiaaltacchinoripieno, ma come posso fare sempre il solito errore?, sarà il pensiero di quella mattina.

Capodanno: 3… 2… 1… “Ma tu che fai a Capodanno”?  Ecco a voi il cliché dei cliché, la domanda delle domande, l’ansia madre di tutte le ansie. Organizzare il Capodanno è una roba delicatissima. Cosa che per tutto l’anno pensi di essere diventato l’eremita del secolo per poi, di colpo, ritrovarti sommerso di proposte che manco fossero usciti dal letargo pure gli orsi a festeggiare.

E tu sei lì, che sei sopravvissuto al pre natale, alla vigilia, al Natale e pure ai postumi del Natale. Sei lì, coi sentimenti più contrastanti del Referendum di Renzi fra il SI, vengo a ballare e il NO, devo studiare.

Ma alla fine, diciamocelo pure, se Renzi lo avesse fatto così il Referendum, lo avrebbe pure vinto. E allora SI, vengo a ballare perché Capodanno vien una volta l’anno e A E I O U Y… SASUELAAA SASUELAAA, E PEDRO PEDRO PEDRO PEDRO PÈ.

Sono le 8.00 del mattino, tu non sai manco chi sei.

“La pacchia è finita, mi faccio un Capodanno nel letto e poi vado a studiare”.

-Epifania: E arrivi alla fine. Sopravvivi di stenti fino al 6 gennaio, il giorno in cui, forse, senti di più ‘’l’atmosfera natalizia’’. Dopotutto, si sa, le cose si apprezzano quando si perdono… o no? Quando ti alzi, con molta probabilità, o tua madre ha già fatto sparire l’albero e ogni Babbo Natale, o la trovi accerchiata da scatoloni che con una mano posa le decorazioni e con l’altra passa l’aspirapolvere. La guardi e pensi come possa essere già tutto finito. Pic! Già fatto? Così, senza nemmeno avvertire? Senza fare una chiamata? Non sono pronto. Amo il Natale. O, quanto meno, non amo che finisca. Ma è finita: non hai più scuse. I più forti hanno ricominciato il 3 gennaio a studiare, tu non sei tra loro. Sei tra i deboli, sei tra quelli che ‘’vabbè ormai, sai che ti dico? Fanculo, ricomincio il 7’’. Quindi lo sai, lo sai che il 6 è l’ultimo giorno. La tua coscienza, quella cara amica, quella vocina che non si è stutata manco per un minuto (oddio, forse durante la sbronza di capodanno anche per più di un minuto) te lo sussurra mentre lo guardi sparire: ‘’Eccoti qua, piccolo scemo. Ci siamo. Non puoi più rimandare. THIS IS SPARTA.’’. Quieto, vai alla tua scrivania, guardi le date degli esami: piangi. Sì, potevi pensarci il 27. Potevi non smettere mai. Ma è inutile versare lacrime sui libri: è giunto il momento. Ora a noi due, sessione di febbraio. Da domani si ricomincia.

Ed è subito Pasqua.

 

Ma, sapete che vi diciamo, ragazzi? Godetevele tutte, le vacanze. Non privatevi di nulla. Arrotolatevi nei plaid fino a diventare bozzoli perfetti, arenatevi sui divani guardando cartoni animati mentre bevete la cioccolata calda e le lucette dell’albero vi fanno da sfondo. Andate a giocare a carte, litigate su chi ha parlato con il morto a Cucù, scegliete all’ultimo la vostra notte di capodanno (non procreate, per favore) e riposatevi. Godetevi l’anno che finisce (UNA GIOIA, 2016 DI ME***) e l’anno che inizia.

15595901_10211319473532231_329098258_oChe tanto, volenti o dolenti, non saremo mai in anticipo con lo studio e tutti, dal secchione al fuori corso, in fondo, siamo degli SdM.

Buon Natale!

Elena Anna Andronico

Vanessa Munaò

Elezioni studentesche: l’esito del ricorso

10362861_868989786452670_1257934179361652496_nIl Tribunale Amministrativo Regionale di Catania si è pronunciato: respinta l’istanza cautelare inerente l’esclusione della lista SIRIO dalle elezioni dei rappresentanti degli studenti in seno agli organi collegiali indette per il giorno 22 e 23 novembre 2016, a causa di irregolarità nell’autentica delle firme.

Ormai da giorni completate le procedure di scrutinio e verbalizzazione relative alle elezioni dei rappresentanti degli studenti, ora l’Università procederà alla proclamazione degli eletti secondo quanto già annunciato nei comunicati ufficiali.

Qui consultabile l’esito

 

“Il primo uomo cattivo” di Miranda July

9788807031748_quarta

“Questo libro vi farà ridere, sussultare e immedesimarvi in una donna che non avreste mai previsto di essere. E quando Miranda July parla della maternità, il libro diventerà la vostra bibbia.” Lena Dunham

Ci sono persone che scelgono i libri basandosi sulla copertina , non rientro fra questi ma nella scelta de “Il primo uomo cattivo” mi è capitato di sceglierlo proprio per il disegno e i colori esterni e per l’autrice : Miranda July della quale avevo visto solo un film e letto qualche intervista.

 

Cheryl Glickman è la protagonista-narratrice del racconto, lavora alla Open Palm una società no profit che si occupa di autodifesa per le donne.

Conduce una vita piuttosto semplice, forse monotona, minimale soprattutto nell’economia domestica dove vige il principio di efficienza.

E’ affetta da globus hystericus, un nodo alla gola, ed infatuata di un collega, una figura ricorrente nella narrazione. C’è la maternità, ma non descritta come nella maggior parte dei film o libri, Cheryl ha una relazione quasi karmica basata sul “primo sguardo” con Kubelko Bondy lo spirito di un bambino che lei immagina di vedere nei figli altrui.

La vita di Cheryl prende una direzione inaspettata quando deve ospitare Clee, figlia ventenne dei suoi capi all’Open Palm. Una ragazza che è totalmente opposta a lei, dalla fisicità, Cheryl molto magra, quasi androgina, Clee viene definita “molto donna”, allo stile.

Clee è un personaggio un po’ sgradevole, sporca, una passiva-aggressiva, in alcune situazioni attiva-aggressiva.

Ed è in questo momento che il libro prende una piega che non mi sarei mai aspettata e la July si dimostra perfetta narratrice: tracciando il crescere della libido di Cheryl con una nota ironica e , di contrappasso, delicatamente il suo istinto materno. Ci rende partecipi ai sussulti della protagonista.

 

I meno puritani di me non si scioccheranno delle crude scene di violenza , le descrizioni delle condizioni igieniche di Clee mi hanno nauseata ma sono funzionali al personaggio , non le si perdonano ma si accettano.

Cheryl vede solo il suo mondo non c’è contorno, essenziale.

Sono personaggi sgradevoli in parte, così maniacali, strani, imprevedibili da essere in realtà comuni e umani , che alla conclusione del libro li accettiamo.

Miranda July è una artista stimolante e provocatoria, a vent’anni trasferitasi a Portland entra nel movimento delle Riot grrrl (il movimento punk-rock femminista) e inizia a frequentare, colei che è la sua più stretta amica, Carrie Brownstein (altra artista eccezionale) chitarrista e voce delle Sleater Kinney , band simbolo del movimento e ancora oggi una delle migliori rock band femminili.

Definirla è difficile, è una regista, scrittrice, musicista, attrice, creatrice di app , è un soggetto molto stravagante, irriverente a tal punto da pensare che sia folle : è geniale.

“Il primo uomo cattivo” è il suo primo romanzo, caldo, ironico, disgustoso è pura vita comune.

Arianna De Arcangelis 

 

 

Suicide Squad, dai fumetti al film: l’affascinante mondo dei cattivi

suicide-squad-calendar

Il 6 dicembre 2016, esce il Dvd del film ‘’Suicide Squad’’, opera cinematografica che ha riempito le sale quest’estate.

Con un cast stellare e diversi record al botteghino, Suicide Squad, è una pellicola basata sui cattivi dei fumetti firmati DC Comics. Per la prima volta nella storia del mondo sono proprio i cattivi quelli che salveranno la terra: dopo la morte di SuperMan e la sparizione di BatMan, non c’è nessun altro a cui il governo americano può rivolgersi.

Ai cattivi, però, non viene dato niente in cambio: nessun premio, nessuna gloria, nemmeno la libertà. Loro sono stati crudeli, quindi o obbediscono o verranno uccisi. A tutti loro, infatti, viene impiantato un cip sotto pelle: se provano a ribellarsi, boom, saltano in aria.

Ci mancava, penserete voi: dopotutto stiamo parlando delle menti più contorte e folli che ci hanno sempre spaventati, fin da bambini. Infatti, la Suicide Squad (Squadra Suicida) è formata da: l’ex-psichiatra Harley Quinn (Margot Robbie), il cecchino mercenario Deadshot (Will Smith), l’ex-gangster pirocinetico El Diablo (Jay Hernandez), il ladro Capitan Boomerang (Jay Courtney), il mostruoso cannibale Killer Croc ( Adewale Akinnuoye-Agbaje) e il mercenario Slipknot (Adam Beach).

A loro si uniscono anche la dottoressa June Moone, un’archeologa posseduta da un’antica entità malvagia nota come Incantatrice (Cara Delevigne) e Katana ( Karen Fukuhara), mercenaria in possesso di una spada mistica.

C’è anche il Joker (Jared Leto) che, da dietro le quinte, segue la squadra: il suo unico obiettivo? Liberare Harley Quinn e riprendersela con sé (figuratevi a lui quanto può fregare di salvare gli esseri umani).

È interessante vedere come, fin dai primi minuti del film, si resta affascinati e si scatena un innamoramento nei confronti di questi pluriomicidi: chi l’ha mai detto, dopotutto, che non provano alcun sentimento? Con il susseguirsi della storia scopriamo proprio questo: tutti loro hanno amato qualcuno più di loro stessi e tutti loro, inevitabilmente, lo hanno perso.

Ma per chi è appassionato di fumetti, cosa è cambiato? Ovviamente questi personaggi, a prescindere dall’aspetto che mai poteva essere assolutamente uguale a quello dei disegni, sono stati umanizzati, sono (forse) meno folli del fumetto.

Obiettivamente alcuni cambiamenti sono obbligati: una pellicola non potrà mai essere fedele ad anni e anni di fumetti. Il fulcro di ogni personaggio rimane indenne, dalle loro perversioni, alle manie, all’istinto quasi suicida e la sintesi delle loro storie individuali è assolutamente fedele.

suicide-squad-fumetto

Due personaggi in particolare sono stati, da alcuni, criticati: la coppia (che scoppia?) Joker- Quinn. Nei fumetti, infatti, Harley Quinn è una donna completamente sottomessa, che ama le violenze imposte dal Joker, che quasi si diverte a provocarlo pur di farsi fare del male.

Il Joker, d’altro canto, non sembra innamorato, nei fumetti, anzi: la presenza di Harley, il più delle volte, lo infastidisce; mentre, nel film, anche lui ha un’attrazione per lei.

Il confronto, ovviamente, è molto soggettivo: possono sembrare, per alcuni, una coppia di amanti con una grande indipendenza; per altri, invece, l’ossessione del Joker è esattamente quella dei fumetti: lui va a riprendersela perché è l’unico che può comandarla.

Harley Quinn, d’altro canto, è sottomessa in tutte le parti del film a lui: si rincorrono flash back dove si vede come lei, più e più volte, è pronta anche a morire per lui.

A prescindere dalle puntigliose critiche, dalle disquisizioni su dove e come il film poteva essere migliore, se Suicide Squad ha sbancato un motivo c’è, ed è il motivo per cui noi vi consigliamo di vederlo: in sintesi? È una figata.

Elena Anna Andronico

 

 

Bulli e bullismo: quando l’ossigeno dovrebbe essere un privilegio per pochi

bullismo-bart

Piaga sociale n° 374302: il bullismo. Non staremo qua a scrivere un papello su cosa sia il bullismo: lo sappiamo tutti. C’è una persona che si alza una mattina e decide di dare fastidio e invadere gli spazi vitali di un’altra persona, senza un motivo apparente (che io li manderei tutti nelle miniere di carbone e poi vediamo).

I bulli sono la prova che, ad un certo punto, l’evoluzione è andata a farsi fottere.

Il bullismo va dai 0 ai 100 anni. È come il gioco dell’oca: un gioco di società a cui possono giocare dai 0 ai +99 anni (c’è scritto veramente così).

E noi, che difendiamo i deboli (tipo Batman), siamo qua a studiare con voi i vari tipi di bulli e darvi qualche chicca su come difendervi.

Here, we, go…!

  1. Bulli Fisici

È forse la forma più “antica” di questo fenomeno ignobile. E no, con “antico” ahimè non intendo superato o “passato di moda” come i pantaloni a zampa di elefante. Il bullismo che si manifesta tramite la violenza fisica è paralizzante. Solitamente è collocato in una delicatissima fascia d’età che, indicativamente, va dai 6 (si, perché anche a 6 anni qualcuno riesce ad essere così maligno) ai 18 (anche se, non sarebbe errato scrivere venti o ventidue o vergognatevi). Questo tipo di bullo comincia proprio fra le mura di scuola: ti ruba la merenda perché lui è il più figo. Ti spintona perché lui è il più forte e deve dimostrarlo a tutti (che poi, diciamocelo pure, l’unica persona alla quale devono dimostrare qualcosa sono loro stessi). Ti umilia verbalmente e pubblicamente perché è lui ad avere il potere. Ma il potere di cosa? Il potere su chi? Ti esaspera, ti toglie le energie, la voglia di uscire, di vivere.

Non ci pensare nemmeno. Non perdere la speranza. Qui l’unico a dover smettere di uscire di casa, di guardarsi allo specchio, di sentirsi umano è proprio lui. E quindi vivi, reagisci, bucagli le ruote dello scooter o in alternativa contatta le autrici di questo articolo. Eh, , bullo che ci leggi, è una minaccia.

  1. Bulli Virtuali

Chiunque di noi può essere un bullo virtuale. Sono quelle ‘’persone’’, e ve lo virgoletto perché non penso si meritino questo appellativo, che si nascondono dietro una tastiera e si accaniscono contro qualcun altro, così a caso: si accaniscono contro i post, contro le foto, contro le frasi. Contro qualsiasi cosa.

Pubblichi una canzone? Fa schifo. Scrivi una frase poetica? Sei un comunista. Cambi foto del profilo? Hai i denti gialli. Pubblichi un articolo su quanto fa bene praticare una dieta equilibrata? Sei un vegano di merda perché non muori insieme a tua nonna morta (nb: se il bullo è un vegano ti darà dell’assassino come se il tuo passatempo preferito fosse soffocare cuccioli di cane nel Nilo).

Ormai sono conosciuti come haters. Insultano soprattutto i personaggi famosi (no sense). La fascia d’età, in questo caso, è molto ristretta: essenzialmente devi avere un oggetto elettronico e saperlo usare. Quindi, diciamo, vanno dai 16 ai 50 (dai 60 in poi inizia la fase ‘’devo pubblicare foto di gatti che danno il buongiorno’’). Umiliano. Creano nell’animo del bullizzato una mortificazione tale che lo stesso ha l’istinto di sparire dai social. Cancellare il proprio profilo. Non pubblicare più nulla. Pouf.

Non fatelo! Mai. Loro commentano a manetta? Insultano in chat? E voi bloccateli. Non è dare soddisfazione e, in questi casi, non vale la regola ‘’l’indifferenza è la migliore arma’’. La migliore arma è l’omicidio, ma è illegale. Segnalateli. Segnalateli 10, 20, 100 volte. Chiamate la polizia postale. Fate sparire loro, non sparite voi. E VAFFANCULO.

Bullismo
Bullismo

3- Bulli Morali

Ah, che brutta categoria. Questi sono i peggiori. Perché, similmente a quelli virtuali, sfruttano il potere della parola (che poi perché tutti dobbiamo imparare a parlare? Quanto era bello l’analfabetismo). Solo che lo fanno alla luce del sole. Ed è peggio perché, ovviamente, non puoi spegnere il computer. Anche se potresti spegnere la luce e recidere loro la giugulare (ma anche questo, penso, sia illegale). Il loro punto di forza sta nell’attirare altre persone. Fanno branco. Iniziano a prendere in giro una persona qualsiasi, fanno ridere le pecorelle intorno a loro e continuano. E più fanno ridere, più continuano. E più persone li circondano, più si sentono forti e continuano. Spesso la vittima non è difesa da nessuno e questo, ragazzi miei, è l’errore più grande che ognuno di noi possa fare: lasciare il compagno, collega, amico solo. La ‘’presa in giro’’, anche qua, potrebbe essere su tutto: i vestiti, i capelli, gli occhiali e l’apparecchio, l’altezza, la sessualità, se ti piacciono i fumetti o no. Come le zanzare, non risparmiano nessuno. Dalle elementari, in cui troviamo 7enni (talvolta più taglienti degli adulti) che prendono in giro il compagnetto perchè ha un gioco vecchio, rotto, non di marca; al liceo, università e, perché no, ufficio dove, per quanto inizi l’età adulta, gli argomenti sono più pesanti, dove la vittima si sente dire che è una fallita o un ricchione di merda.

Ti soffocano.

Io ho incontrato il mio bullo alle medie. Anzi, i miei bulli. Ero piccolina, bassa, con gli occhiali e l’apparecchio. Non potevo usare la piastra, avevo i capelli arruffati, i vestiti me li comprava ancora la mamma. Facevano branco e mi prendevano in giro, ogni giorno, su qualunque cosa. Tornavo a casa piangendo, ogni santo giorno. Cosa feci? Diedi un pugno. E un altro, un altro, un altro. Reagii con le mani, forse un modo sbagliato per una bambina di 12 anni, ma l’unico modo che trovai per difendermi (mia madre, che venne convocata dalla preside, mi fece un applauso e poi andò a bruciare la scuola).

Abbiate una reazione, qualsiasi essa sia. Per quanto stupide, portate le pecore dalla vostra parte (puzzano di letame, ma ne vale la pena). Abbiate anche tanta pazienza: i cadaveri passano tutti sulla sponda del fiume. Sapete che fine hanno fatto i miei bulli? Beh, le ragazze sono delle racchie che lassamu peddiri, alte 1.30m e con le dentature che vanno dalla cavallina alla versione rospo viscido. I ragazzi… Beh, probabilmente stanno sotto i ponti. Mi devo informare.

Eh sì, ora, talvolta, vorrei poter fare io la bulla con loro. Ma, poveracci, ci pensa la vita tutti i giorni.

Stronzi.

  1. Bulli “Inter Nos”

Ogni famiglia è un po’ un’associazione a delinquere, all’interno della quale, spesso, le personalità più forti spiccano nei confronti di quelle più “deboli”. Il primo caso di bullismo (e forse qui sto un po’ esasperando la situazione) è quello che vede protagonisti i genitori un po’ “troppo protettivi”. Ti costringono a frequentare quel liceo perché l’ambiente è tranquillo, quella facoltà perché ti offre lavoro, il corso di yoga perché ti rigenera il corpo e la mente. Ma no dai, questo non è mica bullismo, ve lo avevo detto che stavo esasperando la situazione. Quello dei genitori, in fondo, è solo amore smisurato e incontrollato. Ma il bullismo inter nos cos’è allora? Ma dai, non ce lo hai avuto quel cugino antipatico che ad ogni pranzo di famiglia, ad ogni cena di Natale, ad ogni pomeriggio trascorso insieme ti ha torturato? Menomale.

Il bullo, che è anche un componente della tua famiglia, è altamente pericoloso: conosce di te, non solo ciò che lasci vedere agli altri, ma anche la tua più intima debolezza. E non ha paura ad usarla per sminuirti ed apparire come il gallo col canto più forte della famiglia, o semplicemente per toglierti di mezzo.

Sa che non sai nuotare? Tenterà di annegarti in mezzo al mare per poi fingersi lui la vittima della situazione. Sa che ti piace il cioccolato al latte, ti lascerà solamente quello fondente. Sa che non vai bene in matematica? Ti chiederà, davanti a tutti, quanto fa 7×8 (che crudeltà).

La cosa positiva? Il bullismo inter nos prima o poi finisce perché si cresce. E, a quel punto, puoi pure decidere di non farti vedere mai più (alleluia). Almeno solo dopo che al giorno del tuo matrimonio, il famoso cugino in questione non simuli di essere stato sequestrato (un po’ come Lapo) solo per rovinarti pure quel giorno.

Puoi vendicarti. Appostati durante le sue chiamate più intime. Registrale e mandale per posta alla sua famiglia (che poi sono tipo i tuoi zii). Inserisci un biglietto anonimo scritto con le lettere di giornale (così non potranno mai risalire a te): “Suo figlio mi ha bullizzato per una vita; ora la sua ragazza lo costringe a provare i nuovi trucchi della Kiko…”

Ah, che meraviglia il Karma.

 

Siate più furbi, sempre. Al costo di mettere in mezzo l’FBI. Chiedete aiuto. Ditelo agli adulti, agli amici, fate branco anche voi. Che voi siate dei ragazzi delle medie, del liceo, dell’università, ricordatevi: nessuno si salva da solo. L’unione fa la forza. E la vendetta è un piatto che va gustato freddo.

Come si dice? Tieniti stretti gli amici, ma ancora di più I BULLI. Voi, che non siete nullità come loro, teneteveli stretti e poi… I colli sono un ottimo posto per nascondere i cadaveri.

Elena Anna Andronico

Vanessa Munaò

 

Intervista con la scrittrice Noemi Villari

15181437_10209455645699295_3706531510863928804_n

 

Per chi ama l’avventura e la fantasia, leggere Believeland, è un tuffo in un mondo in cui le parole d’ordine sono proprio queste; ma c’è di più: credere, un’imprescindibile parola che accompagna il lettore per tutto il romanzo.

La giovane scrittrice Noemi Villari, con il suo primo libro, apre una finestra su un nuovo mondo: Believeland; creature e poteri magici si intrecciano alla vita di alcuni adolescenti, protagonisti del romanzo che coinvolgono il lettore con le loro emozioni.

La gentilissima Noemi, subito dopo la presentazione del suo libro, ha risposto ad alcune domande e ha regalato dei preziosi consigli agli appassionati di scrittura.

 

 

 

 

Parliamo degli albori di Believeland: inizi a scriverlo quando eri nella primissima fase dell’adolescenza, avevi dodici anni. L’idea che hai avuto allora è rimasta la stessa?

  • L’idea è stata elaborata diverse volte e aveva tutt’altra impostazione; del modello iniziale è rimasto il concetto del mondo fantastico di Believeland, che prima non si chiamava così: un aneddoto simpatico riguarda, per l’appunto, il nome. All’inizio l’ho chiamato Magics (che in realtà è quello delle Winx), poi Magic Village (che sa molto di villaggio turistico) ed infine quello attuale.

Le protagoniste, in un certo senso, è come se fossero cresciute con me e ho lasciato loro un’età adolescenziale perché mi piace trattare questo periodo della vita, che per me è fondamentale nella nostra esistenza: se si capisce ciò che prova un adolescente, si capisce come diventerà da grande.

A quale personaggio sei più legata?

  • Istintivamente rispondo che sono più legata ad Alessia (la ragazza del mondo reale), perché proviene dal mio stesso contesto scolastico, ovvero da un istituto d’arte, a cui tengo molto, quindi ho voluto che lei, almeno in questo aspetto, fosse identica a me. Poi, come personaggio, è stato elaborato in modo totalmente opposto al mio: lei indossa una maschera di sicurezza che nasconde la sua insicurezza e, invece, per me è al contrario.

 

Un aggettivo con cui descriveresti il tuo libro.

  • Più che un aggettivo, a me viene in mente la parola “credere”, sostanzialmente il motore che fa camminare il romanzo.

 

Hai un luogo in cui preferisci scrivere?

  • Solitamente, preferisco scrivere a letto con il pc sulle gambe e di sera; invece, la mattina preferisco prendere appunti sui quadernoni (perché mi piace scrivere a mano), ma sulla scrivania.

 

Progetti futuri: scriverai ancora?

  • Sicuramente continuerò a scrivere: ho un’idea per continuare Believeland, ma vorrei anche guardare nuovi orizzonti, per affrontare tematiche diverse.

Di certo, non voglio abbandonare questo racconto, a cui sono legata affettivamente.

 

 

Hai dei consigli per i giovani scrittori?

  • Sicuramente direi loro di seguire il primo istinto ed iniziare a scrivere partendo da ciò che sentono, per poi affidarsi alla tecnica.

Consiglierei anche di usare internet, dove ci sono molti siti che guidano alla scrittura e dove, personalmente, ho imparato tanto. Poi, apprendere dai libri che si leggono ma, soprattutto, impegnarsi per realizzare il proprio sogno.

 

 

 

Jessica Cardullo

 

Umberto Spaticchia e il suo ‘’Null01- La storia di Downey’’: quando le menti messinesi si mettono in gioco

15027422_596907727163854_4687267074936301905_n

A tutti i lettori chiediamo: cosa è che vi attrae di un libro? La copertina, il titolo, il nome di quell’autore famoso, il posto in classifica.

Tra le caratteristiche, secondo noi, dovrebbe essercene anche un’altra: è stato scritto da un mio concittadino. A maggior ragione se, lui o lei, è uno studente come noi. In questo caso stiamo parlando di un lui: Umberto Spaticchia, giovane di 21 anni, nerd alla mano e spiritoso.

Il suo libro, Null01- La storia di Downey, distribuito dalla Libreria Bonanzinga (anch’essa nostrana), è stato presentato presso i locali dell’istituto tecnico industriale Verona Trento e in alcune province di Messina.

Noi abbiamo avuto il piacere di averlo come ospite di Radio UniversoMe e questa è la sua intervista.

Umberto, tu hai scritto questo libro, ‘’Null01- La storia di Downey’’, che si può trovare sia in forma digitale che cartacea. Di cosa parla?

Sì, è pubblicato anche in cartaceo ed è disponibile presso la Libreria Bonanzinga. Il libro viene esposto come un secondo viaggio dantesco (niente di meno!). È un romanzo a sfondo psicologico- narrativo e parla di come una persona può reagire a seguito di uno shock, sia esso positivo o negativo. Ognuno di noi, infatti, può reagire in maniera diversa: chi inizia a soffrire di depressione, chi sviluppa doppie personalità. In questo caso, attraverso il romanzo, viene raccontata la storia di questo uomo che fa il programmatore informatico e nel tempo libero studia biologia. A un certo punto si trova in uno stadio di fermo appunto perché, essendo un informatico e non un biologo, non riesce ad andare avanti, si trova davanti a un muro: lui, infatti, studia su studi già fatti. E questo lo porta ad uno stato di depressione e stress. La sua mente, quindi, non può far altro che trovare altri piani che prendono vita sotto forma di un’ape azzurra. Questa si riferisce all’ unica guida mentale dello stato in cui si ritrova.

Quindi, sostanzialmente, un viaggio nella sua stessa mente.

In un certo senso. Il punto sta, però, nel fatto che è tutto fine a sé stesso, non coinvolge il mondo, tutto avviene nella sua testa. Intorno a questo sta il secondo viaggio dantesco: è come un Dante dei nostri giorni.

Diciamo però le cose come stanno, Umberto: un romanzo non è un vero romanzo se i personaggi non fanno all’amore almeno una volta.

Eh, diciamo che, nel mio caso, i personaggi lo fanno con il cervello!

Sappiamo che lo hai presentato in alcune province di Messina, a giorni, inoltre, lo presenterai proprio qua a Messina, presso l’istituto Verona Trento.

Sì, lo ho presentato sia a Spadafora, che nel comune di Naso dove ho trovato persone, che mi hanno ospitato, davvero squisite. La presentazione a Messina durerà circa un’ora e spero di vedere il coinvolgimento delle persone de dei ragazzi! Devo dire che, comunque, sono contento, perché ha avuto molti feedback positivi. Oltre i soliti curiosi, anche alcuni professori mi hanno i complimenti, dicendo che ho preso spunto da Kafka (che io, però, non ho mai letto!).

Toglici una curiosità, come è nato il tuo libro? Cosa ti ha ispirato?

Allora, il libro è nato da un disegno che ho fatto io stesso: sarebbe l’ape che c’è sulla copertina del libro. Quindi la storia è stata ispirata da me stesso. Poi ci sono stato un anno a scriverlo, tra alti e bassi, per cui ci sono dei momenti di allegria e dei momenti un po’ più introspettivi, legati al fatto che, ovviamente, durante questo anno, io stesso ho affrontato periodi della mia vita diversi.

Ma quindi è un po’ autobiografico?

No, vi giuro di no!

Da cosa è nata questa idea di scrivere un libro? Ad alcuni rimane per sempre questo ‘’sogno nel cassetto’’, tu, invece, ci sei riuscito!

Io sono dell’idea che tutti possono scrivere un libro e che, allo stesso tempo, non tutti possono. Perché, inutile nasconderlo, ci sono dei momenti in cui vorresti mollare tutto, perché non ci riesci, non sai più cosa devi dire: il classico blocco dello scrittore. Bisogna avere costanza, questo sicuramente, e non mollare nemmeno durante quei momenti. Bisogna essere, in ogni caso, fieri delle proprie opere.

Umberto per noi sei un grande esempio anche perché, se non sbaglio, ancora non sei laureato. Secondo te, cosa serve realmente a un ragazzo, che magari non ha terminato gli studi come te, per mettersi in gioco e realizzare qualcosa di concreto?

No, purtroppo, ancora no!

Secondo me il problema non è tanto dei ragazzi che non fanno qualcosa, il problema sta nel fatto che non c’è partecipazione. Questa è la grande pecca dei nostri cittadini. Ci sono tantissimi eventi di diverso genere in tutta la città, in svariati locali e così via: ma nessuno partecipa. Ci lamentiamo tanto ma poi, a conti fatti, il nuovo non ci interessa.

E allora grazie perché sei un grande esempio per la nostra generazione e, soprattutto, in bocca al lupo!

Grazie a voi ragazzi, siete fortissimi!

Elena Anna Andronico

 

Grazie, UniVersoMe

È passato un anno e mezzo dalla prima volta che venne nominato “UniVersoMe”, progetto nato dalla collaborazione tra Università e studenti.
Nel corso dei mesi, una semplice idea è diventato un vero e proprio progetto, una testata giornalistica ufficiale in cui dire la propria, imparare a scrivere, farsi apprezzare dai lettori, intrattenere gli ascoltatori in radio, cimentarsi in esperienze che vanno oltre il canone dell’Università-esamificio, che UniVersoMe si è sempre riproposta di abbattere.

La foto di seguito rappresenta la prima riunione ufficiale del Direttivo di UniVersoMe, là dove tutto iniziò. I primi dubbi, la prima linea editoriale da adottare, l’identità da dare al giornale, quella della radio, l’impostazione del sito, la voce da spargere tra gli studenti.

unnamed-2

Dal lancio ufficiale di UniVersoMe, a dicembre, sarà passato un anno. Un anno in cui il progetto ha iniziato a prender forma, a pedalare, per poi non fermarsi più. In breve tempo, iniziano ad arrivare numerose candidature per scrivere, fare gli speaker, per partecipare al progetto.

Pochi mesi, e la testata inizia ad essere presente ovunque: in prima linea in qualsiasi evento universitario, dalla Piazza dell’Arte all’Unime Live Show, dalle giornate di orientamento alle conferenze più importanti in Ateneo, dai tornei di calcetto al Messina Olympic Party, dalla Notte Bianca dello sport universitario alla election week del nostro Ateneo.

unnamed-4

 

Esperienze importanti che hanno permesso a tutti di maturare, di conoscere prima che dei collaboratori e dei colleghi, degli amici.

Non sono mancate, poi, le iniziative: dai contest sulla pagina, al flash mob “Unime Water Battle”.

unnamed

 

 

 

 

Dopo un anno e mezzo di mandato, ci sarebbe tanto, tantissimo da dire, ma spesso (triste ironia della sorte per un aspirante giornalista), non sono le parole a poter descrivere tutte le emozioni.
L’unica cosa che vale la pena di dire, senza frasi di circostanza, è che è stata un’esperienza incredibile. Un grazie a tutti quelli che si sono dedicati ad UniVersoMe, a chiunque abbia dato fiducia al gruppo, a tutti coloro i quali hanno reso questo mio “mandato” così intenso e speciale, ad una meravigliosa redazione, ad un direttivo speciale.

I ricordi sono tantissimi: dalle corse in ufficio stampa, dove si trovava sempre il sorrisone di Valeria e lo sguardo critico (ma sempre affettuoso sotto sotto) di Luciano, al “Bonjo sta scrivendo…”, gli stereotipi con Elena, i chilometri di Giulia a scattar foto, le immense scalette di Claudio e i mille messaggi del gruppo radio, i problemi di VPN prontamente riparati da Salvo Bonjo e Daniele, il duo Gugliotta-Paologiorgio, lo statuto di Valerio.

unnamed-3

Si sa, ogni addio fa male (Pragma almeno ha avuto la propria rivincita sul gruppo Whatsapp, ma questa è un’altra storia), ma ogni fine segna un nuovo inizio, e l’avvenire di UniVersoMe appare già da ora quanto mai radioso e pieno di prospettiva.

Vi auguro il meglio.

presentazione

Alessio Micalizzi

 

The Big Bang Theory: essere Nerd is the new essere popolari

the-big-bang-theory-10-si-prepara-gran-finale-v4-277374-1280x720

Le donne, dicono, sono il problema di tutti gli uomini. Arrivano nella loro vita e gliela distruggono, li destabilizzano.

Voi immaginate se questo accade a quattro 30enni nerds, bruttini e sfigatelli. Quello che ne esce è la serie tv che ormai va in onda da 10 stagioni: The Big Bang Theory.

Per chi non l’ha mai vista perché ‘’facendo zapping ci sono capitato più volte ma, a me, non fa ridere’’, posso dire solo questo: ERRORE. Vai, prendi il tuo pc e clicca play sulla prima puntata della prima stagione. Non te ne pentirai.

The Big Bang Theory è costruita sul classico format americano: 20 minuti in cui vediamo i personaggi spostarsi tra poche locations, con tanto di pubblico che applaude e ride quando viene fatta una battuta. Ma tu, caro mio, non te ne accorgerai perché sarai impegnato a sganasciarti (con tanto di lacrime e pipì che corre).

I personaggi principali sono, come detto, questi quattro 30enni nerds: Leonard, il classico ragazzo geniale, bruttino, timido e con gli occhiali; Sheldon, alto e allampanato ma con un QI superiore a qualsiasi media normale e, tra l’altro, affetto dalla sindrome di Asperger. Questo lo porta a non avere senso dell’umorismo, a essere anaffettivo e a dover pianificare tutto: anche gli orari in cui il suo coinquilino può andare di corpo.

Howard, il perverso del gruppo, che ci prova a trovare una donna e alla fine, incredibilmente, ci riesce; Raj, indiano ricco e di colore, accusa problemi nel parlare con le donne a cui sopperisce con l’uso dell’alcool.

Insieme trascorrono la maggior parte della giornata perché, non solo lavorano insieme, ma hanno gli stessi interessi che includono videogames, Star Wars e fumetti.

Un giorno, nell’appartamento di fronte quello di Leonard, arriva Penny: un’oca giuliva bionda di cui, ovviamente, tutti si innamorano (tranne Sheldon, che si limita a dispregiarla e basta come fa con tutto il resto degli esseri umani). Il resto, se volete, lo andrete a vedere.

bigbangtheoryday-170934

La bellezza di The Big Bang Theory è l’evoluzione di tutti i personaggi che, nelle prime stagioni, rimangono e permangono nei loro ‘’status quo’’ ma, piano piano, riescono a sbloccare alcuni lati del loro carattere. Con lo stesso umorismo di sempre, è una serie che, non solo facilmente può fare compagnia con la sua leggerezza, porta ad affezionarsi ai protagonisti mantenendo alta la curiosità.

Rumors dicono, da un paio di mesi, che la 10 stagione, quella attualmente in onda, dovrebbe essere l’ultima. In attesa di scoprire se la notizia è reale (e, quindi, prepararsi a un eventuale lutto) c’è solo una cosa poter fare: metterla in play!

Elena Anna Andronico

La Paura fa 90: gli studenti universitari e i mezzi pubblici

672ec6c3-93e9-4568-9700-bc3b71062705

Questo articolo nuoce gravemente la sensibilità di chi non si sposta in città con i mezzi pubblici, non lo ha mai fatto e mai lo farà. Se sei ricco e motorizzato, non puoi che premere il tasto ‘indietro’ e tornare a guardare il catalogo di Rolex che vorresti comprarti a Natale. Se invece, come me, sei da sempre condannato a spostarti con i mezzi, ecco a te le 7 categorie di TIPI DA TRAM che potresti incontrare o che hai già incontrato. Scopriamole insieme..

 

  1. “Il vecchio saggio”

È mattino presto, sei in ritardo come al solito e la vita ti dona mille ragioni diverse per farti pensare che no, dal letto era meglio non alzarsi. Ti convinci che tutto andrà meglio una volta dato inizio alla giornata e che in fin dei conti, finché nessuno ti parla, è ancora tutto salvabile. Il tram arriva ed è pieno, ma tu non ti vuoi nemmeno innervosire più di tanto e ti fai spazio tra la gente alla ricerca di un piccolo angolo tranquillo, nel quale rinchiuderti senza farti troppo notare. Lo trovi. Tutto procede per il meglio, il tram si ferma e riparte ad intervalli regolari ed il flusso di gente è continuo. Non te ne sei ancora accorto? Un uomo sulla sessantina ti sta fissando da dieci minuti, ed ora che hai posato lo sguardo su di lui, non hai più scampo: “Ai miei tempi era un lusso prendere il tram… Ah, i giovani di oggi… E lei che va all’Università, che ne pensa di questa riforma di Renzi?” E tu sei li, con gli occhi sbarrati, che torni a voler desiderare di essere ancora a letto.

 

  1. “Il poco pulito”

No, non voglio essere cattiva, ne voglio insinuare che qualcuno di voi, frequentatori assidui di mezzi pubblici, abbia problemi ad usare bagnoschiuma e deodorante, ma giuro, sono costretta a farlo. Si, perché proprio quando il tuo interlocutore saggio preferito sarà sceso, nel tuo piccolo angolino fuori da mondo, ti giungerà alla gola uno di quegli odorini disarmanti da cadavere morto ed essiccato al sole che DAI RAGAZZI, è già dura per tutti sopravvivere per i 45 minuti di tragitto da capolinea a capolinea, fatelo per il bene della collettività: LAVATEVI

 

  1. “Il giacca e cravatta”

Anche il secondo pericolo sembra essere scampato, la situazione torna stabile e l’aria sembra circolare nuovamente limpida sotto al tuo naso. Il dondolìo del tram quasi ti rilassa, a tratti chiudi gli occhi e ti lasci trasportare da quel movimento. Poi, una brusca frenata. Le porte si riaprono all’ennesima fermata e l’orda di gente aspetta di salire. Ecco lui, l’uomo in giacca e cravatta più losco di sempre, colui che si diverte a vestirsi bene per creare il panico generale. Tutti si guardano terrorizzati; “Oddio, il controllore”, e con la mente cominci a cercare il momento della mattinata in cui hai obliterato il biglietto. Ti rendi conto che forse hai dimenticato anche di comprarlo il biglietto. Poi lo vedi accomodarsi senza indugio, ma col ghigno malefico, e niente, l’ennesimo agente immobiliare porta a porta. A sto giro, pericolo scampato.

 

  1. “Il controllore”

Beh, non potevo non menzionarlo. Che poi, non esiste IL controllore, ma la squadra di basket dei controllori. Fanno il loro ingresso manco fossero cani antidroga affamati, alla ricerca di chissà quale narcotrafficante Colombiano. Ti puntano. Loro sanno già se hai tutto in regola e godono nel vederti in difficoltà. “Biglietto, prego” ed è li che comincia la recita sul tuo essere uno studente Universitario, sulla fila che hai fatto alla banca per pagare il Mav, sul tempo che hai perso a ritirare la UnimeCard, sul bollino filigranato che ci hai dovuto far attaccare, del cane che ti è scappato ieri, di tua nonna in ospedale, della pace nel mondo. Il tutto solo per convincerlo a non farti la multa per aver dimenticato tutto questo elenco di cose sulla tua scrivania. A volte ti graziano, altre volte maledirai per la milionesima volta di esser salito su quel tram.

 

  1. “La coppia innamorata”

Sono lì, seduti da 30 minuti uno accanto all’altro che non smettono di fissarsi e scambiarsi effusioni. Loro, del vecchio saggio, del tipo in giacca e cravatta e perfino del controllore, non se ne sono nemmeno mai accorti. Vivono nella loro bolla felicemente disgustosa, fatta di cuori e caramelle rosa. Tu un po’ li guardi con aria sognante, un po’ ti giri per evitare di memorizzare le loro lingue che si intrecciano, e non rischiare di portare quell’immagine nella tua mente durante l’ora di economia aziendale che oh: “Che rapporto c’è tra domanda e offerta?” e tu che pensi: “Intimo professore, molto intimo…

mezzi-pubblici

  1. “I liceali”

Sono un po’ come la banda dell’ultima fila quando si andava in gita con tutta la classe. I liceali hanno energia da vendere anche alle 7.00 mattino. Solo a me, quando dovevo andare a scuola, sembrava di fare l’ultima camminata sul ponte dei sospiri prima di essere giustiziata? I liceali urlano. Hanno una cuffia dell’iphone in un orecchio, con rigorosamente un Dj set di Avicii a tutto volume. Con l’altro orecchio tentano di fare conversazione col resto del gruppo, che a sua volta ha un orecchio occupato in discoteca. Il risultato? Il tuo piccolo angolo tranquillo si è trasformato in un rave party. Sono solo le 07.15, chi mi passa un Mojito?

 

  1. “Tu”

Sei sei arrivato alla fine di questo articolo, meriti una menzione speciale. Si, questo articolo è per te che ogni mattina affronti con onore le mille avventure da pendolare. A te che non temi lo stretto contatto con la gente, che hai viaggiato in posizioni che non pensavi nemmeno di poter assumere, inscatolato come sardine. A te che hai evitato multe con l’arte della tenerezza. A te che riesci ad annuire alle lamentele dei sessantenni. A te che, se sale una donna incinta, preghi che non venga nella tua direzione perché per trovare quel posto, hai sudato più di quanto possa farlo lei durante il parto. A te, che ogni volta che quelle porte si aprono, sai che comunque, sarà una meravigliosa avventura.

Vanessa Munaò