Abbatti lo stereotipo- Il terrone fuori sede

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Chi non ha un amico che studia lontano dalla sua calda e amata terra natia?

Dalle regioni più vicine fino ai freddi centri trafficati del nord, lo studente meridionale si insinua nella vita universitaria dei romani, dei polentoni ( chi più ne ha, più ne metta) regalando assaggi della terronia e creando, spesso, degli stereotipi che oggi, una volta per tutte, abbatteremo.

 

Ecco a voi i quattro cliché del terrone fuori sede:

  1. Le valigie piene di cibo. Leggende narrano che, per gli aeroporti italiani, viaggino solitarie e profumate, valigie cariche di braciole, di cannoli, di arancini ( o arancine, così nessuno si arrabbia). Probabilmente qualcuna ce ne sarà in circolazione, ma demitizziamo questi racconti: la verità è che il vero terrone, rientrando a casa per le vacanze, si rimpinza di questo cibo fino a scoppiare e, tornando su, il frigo è in dieta e le valigie sono solo piene di quei maglioni pesanti che al sud nessuno mai oserebbe indossare.
  2. La nonna al telefono, prima di salutare, dice: “ Hai mangiato?”. Beh sì, lo chiedono, ma non prima di aver fatto una serie di domande che la rassicurano sulla tua incolumità. Il questionario della nonna si struttura in: “ Hai chiuso la porta a chiave?”, “ Hai spento il gas?”, “Non è che cammini in strade buie ed isolate?” ed infine “ Hai mangiato, vero? Quando torni ti faccio mangiare io!”. Mi sembra doveroso, però, precisare che la telefonata è rigorosamente in dialetto .
  3. Uscire è transitivo. Touché. Regola grammaticale completamente introdotta da noi meridionali e che, con molta, troppa difficoltà, abbandoniamo. Ed ogni volta che il povero studente fuori sede prepara, per lui e per il coinquilino, il caffè ed urla “ È uscito il caffè”, le orecchie di un polentone sanguinano. Difficile sfatare questo mito, ma i terroni imparano in fretta: “uscire” come transitivo è off-limits.
  1. Ritardatari cronici. “ Fra un PAIO di minuti sono pronto” quel “paio” meridionale che va da una decina di minuti all’ora spaccata. Il terrone soggetto a questo pregiudizio, però, ormai è puntuale come un milanese, addirittura arriva in anticipo e, asserendosi paladino della giustizia sociale, sfata ogni cliché sulla non puntualità dei terroni.N.B.: il genere femminile, chiaramente, si astiene dallo smentire il mito della non puntualità.

     

     

    Terroni fuori sede, siete vittime di altri stereotipi? Scriveteci e li sfateremo tutti ( o almeno, ci proviamo).

     

    Jessica Cardullo

     

In Guerra per Amore, un film di PIF

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A tre anni da “La mafia uccide solo d’estate”, di cui riprende protagonisti principali e tema, Pif torna dietro la cinepresa con il suo secondo film che lo vede nuovamente anche protagonista.

Seconda guerra mondiale come sfondo. Arturo Giammarresi (Pif) di origini siciliane ma trapiantato in America, è pronto a tutto pur di ottenere la mano della sua amata Flora (Miriam Leone), già promessa sposa di un altro uomo, anche ad arruolarsi con gli Americani e ad approdare di nuovo nella sua terra d’origine.

L’impresa amorosa è il filo conduttore che lega le due realtà presenti nel film: lo sbarco degli Alleati in Sicilia e la presa del potere mafioso nella medesima.

La pellicola racconta con amara ironia una realtà ancora attuale; Pif si mostra all’altezza di affrontare nuovamente tale realtà e tali tematiche conducendo un film con una buona regia, lineare, senza eccessi particolari e senza errori.

Poco presente la linea comica che contraddistingueva invece l’opera precedente, anche se in alcuni punti fa il suo ritorno, come nell’esilarante lotta tra Duce e Madonnina. Buona la recitazione anche se è il protagonista stesso a presentare alle volte piccole sbavature. Ciò che stupisce è la fotografia e l’ottima ricostruzione delle ambientazioni.

Nel complesso è un film che seppur leggero fa riflettere su temi oltremodo importanti e sempre presenti nel nostro paese. Ne è assolutamente consigliata la visione!

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                                                                                                                              Benedetta Sisinni

L’Italia che trema: cosa succede?

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Tu immagina di svegliarti una mattina. Magari sei uno studente fuori sede. Ascolti il telegiornale, chiami a casa. Il panico che ti invade, fino a dentro le ossa, dai piedi all’ultima punta dei capelli. Prendi un pullman e arrivi in un posto… Ma non hai una casa dove tornare. Casa tua non c’è più.

Oppure ti svegli in piena notte, scappi in strada e la tua casa crolla davanti ai tuoi occhi. Non hai più niente. E le tasse, gli esami, il professore stronzo non sono più i problemi più grandi della tua vita.

E quel ragazzo che ti ha dato buca, la ragazza che non ricambia la cotta, i soldi che non bastano per i weekend alcolici non hanno più senso. Perché, in quel momento, vuoi o non vuoi, non hai una casa dove tornare. Quattro mura tra cui nasconderti, proteggerti, riprenderti, ridere, sognare.

Non hai più niente.

Ma che cosa sta succedendo? La terra è impazzita e basta? Perché tutto continua a tremare?

Scolasticamente, i terremoti sono vibrazioni o assestamenti improvvisi della crosta terrestre, provocati dallo spostamento improvviso di una massa rocciosa nel sottosuolo.

Ogni volta che si sviluppa un terremoto lungo una superficie di faglia, la zona ipocentrale si scarica (rilassamento) e vengono caricati i volumi adiacenti (lateralmente) alla faglia stessa. Tali volumi, sottoposti a un nuovo stato di stress, possono cedere (rompersi) e generare terremoti a loro volta.

Tutto questo sta accadendo in questo momento al nostro Appennino. Paradossalmente noi, zona sismica per eccellenza, siamo più ‘’protetti’’ per le continue micro scosse che si perpetuano nel tempo senza, quindi, causare questi accumuli di volumi.

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Purtroppo, i terremoti sono degli eventi naturali imprevedibili. I sismologi non si ritengono sorpresi, al contrario di noi, da quello che sta succedendo. Semplicemente doveva accadere, prima o poi. Quello che sorprende è come le case continuano a crollare, i luoghi a sparire.

Perché, comunque, l’Italia è un paese ad alto rischio sismico. E, allora, perché le case cadono? Domanda che si stanno ponendo anche Andrea Tertulliani e Carlo Meletti che, spiega, tutto questo processo è dato da un allineamento dell’appennino, è un processo iniziato molto prima anche del terremoto dell’Aquila, è qualcosa iniziato nel 1639. L’ultimo terremoto che ha distrutto Amatrice è, infatti, un ‘’gemello’’ proprio del terremoto accaduto in quell’anno di quel secolo.

Errori di calcolo, errori umani. È facile dare la colpa all’essere umano, il problema è che c’è tanto altro dietro le mura crollate delle nostre case.

Ma, intanto, l’Italia si sta deformando nel vero senso della frase. In particolare, I terremoti del 26 e del 30 ottobre hanno deformato una zona di oltre 600 chilometri quadrati. È quanto emerge dalla prima analisi dei dati del satellite radar Sentinel 1, del programma europeo Copernicus, elaborate dall’Istituto nazionale di Geofisica e Vulcanologia (Ingv) e dall’Istituto per il rilevamento elettromagnetico dell’ambiente del Consiglio Nazionale delle Ricerche (Irea-Cnr). Una prima valutazione delle osservazioni di Sentinel 1 aveva permesso ai tecnici del Consiglio nazionale delle ricerche e dell’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia di stabilire che in alcune zone il terreno si è abbassato fino a 70 centimetri e che l’area interessata dallo sprofondamento è di circa 130 chilometri quadrati.

In attesa di quello che accadrà, non possiamo fare nulla. Forse solo una cosa: capire, una volta per sempre, che l’uomo è niente in confronto alla forza della Natura che dà ma distrugge.

Elena Anna Andronico

 

Moonlight: un film da non perdere

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Negli ultimi anni l’industria cinematografica e televisiva ha avuto come tema ricorrente la questione di genere e la comunità LGBT. Pochi film però sono stati così delicatamente incisivi e toccanti come “Moonlight”, film di apertura dei festival di Telluride e Roma di quest’anno, è stato proiettato anche al NYFF, al TIFF e al BFI di Londra.

Seconda opera di Berry Jenkins racconta la vita di un ragazzino di colore nei bassifondi di Miami e l’accettazione della sua sessualità.

Strutturato in tre capitoli, per tre fasce di età, denominati col nome con cui Chiron si fa chiamare o viene chiamato. Da piccolo Chiron attira l’attenzione di uno spacciatore (interpretato da Mahershala Ali il cui nome non vi dirà nulla ma che avete visto in molti film e tv series fra cui House of cards nei panni di Remy Danton, l’avvocato che diventa capo dello staff di Underwood) che , insieme alla moglie (la cantante Janelle Monae) lo accoglie in casa, e sopperisce alla figura paterna.

I bulli che lo perseguitano fin da piccolo lo faranno diventare un’ altra persona da adulto. O forse sarà una semplice corazza. Chiron è una persona taciturna, quasi muto, sensibilissimo e timido. Il mare dietro quello sguardo profondissimo. La spiaggia e il mare: i luoghi in cui è libero di essere se stesso.

E’ un film necessario per l’America dopo la strage di Orlando e per gli spettatori di tutto il mondo, perché racconta la battaglia interiore ed esteriore di un ragazzo di colore , sessualità e bullismo. Delicato e prorompente, non scade mai nel cliché. Jenkins ha una visione unica e mai vista fino ad ora , permette agli spettatori di riflettere sulle ferite visibili ed invisibili dell’altro, argomento che probabilmente non aveva mai sfiorato la loro mente.

Insomma è un’opera da non perdere.

Arianna De Arcangelis

Cinefilia per idioti: i Film Romantici

 

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Tutti lo abbiamo fatto almeno una volta. E non mi riferisco al mettersi le dita nel naso in pubblico o al parlare male di qualcuno. Mi riferisco al fantasticare sulle le vite degli altri, quelle vite che cinicamente critichiamo ogni giorno al bar o su post svergognati ma che in, realtà, sogniamo da sempre. Tutti, insomma, subiamo il fascino delle tipiche storie d’amore a lieto fine. C’è chi si ostina a dare ancora la colpa ai cartoni Disney; io dico che è insito in un ognuno di noi quel sentimento di speranza che ci fa scegliere quel film, quella sera, “perché oggi m’annoio” per finire con un sorriso ebete o nel peggiore delle ipotesi, con una montagna di fazzoletti pieni di muco. Credo sia giunta l’ora però di essere onesti con noi stessi, che anche i film romantici a cui siamo più affezionati presentano dei cliché che si ripetono in loop, quasi come la melodia di un carillon rotto.

Le nostre protagoniste ( perché si ammettiamolo sono quasi sempre delle donne con evidenti problemi psicologici e relazionali) sono ovviamente inconsapevolmente bellissime, o semplicemente hanno bisogno di togliere solo un paio di occhiali da vista e sciogliere i capelli in rallenty, per non passare inosservata il giorno dopo a scuola/lavoro. Avete notato che difficilmente questo tipo di film sono ambientati all’università? forse perché, qui, sarebbe difficile immaginare un lieto fine anche nella fantasia? Come nelle favole, la protagonista ha quello che possiamo definire “un aiutante”, o meglio ancora, un’amica/o fuori dal comune ( solitamente cinico e con gusti d’abbigliamento discutibili).

Come ogni essere umano più o meno intelligente anche questo personaggio sarà costretto a rivalutare le proprie lucenti prospettive di “mangiatrice di uomini” o “piacione” per quelle che sono delle regole non scritte ma, sempre valide, che muovono il sole e l’altre stelle, potrà innamorarsi solo e soltanto dell’amico/a dell’anima gemella del/la protagonista. ATTENZIONE: esistono casi in cui le nostre care commedie romantiche riescono a stupirci con trame alternativamente scontate. Come quando il vero amore della protagonista le è sempre stato “davanti agli occhi” ma doveva attirare l’attenzione di mezza scuola per rendersene conto. Inutile fingere, sapete benissimo di chi sto parlando: del suo migliore amico.

Esemplare che suscita tenerezza fin da subito nello spettatore, perchè, chi non vorrebbe qualcuno che ci ami in modo segretamente incondizionato?Per tutto il film non faremo che dare della stupida alla protagonista, Perché ” che scema come fa a non accorgersi che è lui quello giusto!” ma ei quello che critichiamo negli altri è quello che non sopportiamo in noi stessi. Ciononostante l’obiettivo ultimo di ogni ragazza non sarà quello di realizzarsi come donna ( professionalmente o spiritualmente) ma quello di essere notata dal più bello, anche involontariamente, perché essere sfigata o racchia nei film non ti salverà dal trovare il vero amore.

Ed è dopo questa affermazione che mi preme chiedervi, siete ancora sicuri di voler vivere in film? Non rispondetevi subito però, ancora non ho finito. Se la protagonista o il protagonista sta con qualcuno all’inizio del film, il regista, la cui mission è quella di fare innamorare i due, crea catastrofi e spargimenti di sangue affinché possano stare insieme. Vietato lasciarsi come delle persone normali ( ma chi è che si lascia in modo normale?) Lui o lei prima dovranno soffrire, come quando sei costretto a trattenere la pipì per ore, perché tu la fai solo nel tuo bagno o perché altrimenti ti sentono, affinché poi la cose vadano come dovevano andare. PS: La scelta del regista di far vedere o intendere al protagonista che il proprio partner li tradisca è un optional.

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Prima degli intrighi e dei tradimenti ( sopracitato) i protagonisti devono trovarsi, e questo genere ci pone due alternative sempreverdi: Dall’odio nasce l’amore o amore a prima (s)vista. La teoria “l’odio non è altro che l’altra faccia dell’amore” diviene terreno fertile per questo genere di film. Prima di arrivare ad un lieto fine smielato, per non rendere tutto estremamente scontato ( e quindi renderlo oltremodo scontato), i due protagonisti proveranno davvero poca simpatia l’uno per l’altro, punzecchiatosi per tutto il film, una sera in riva al mare apriranno il loro cuore l’un l’altro e si innamoreranno. Certo, potrebbe accedere anche a bordo piscina, davanti casa, su un prato sotto le stelle, il punto è che succede. Ed anche se questo aspetto potrebbe sembrare possibile nella realtà, nessun ragazzo pagherà la banda e canterà ” i love you baby” scendendo le scale davanti tutta la scuola ( vedi 10 cose che odio di te).

Ma avete presente quando ad un concerto voltate la testa e in mezzo a tutte quelle persone lui è li, li che vi guarda ed entrambi provate qualcosa? NELLA REALTA’ NON ACCADRA’ MAI, o se dovesse accadere io vi consiglio sempre di girarvi per vedere se c’è qualcuno di più interessante di voi alle vostre spalle, perché magari quello sguardo languido non è per voi( cioè quasi sempre). Ma nei film accade spesso e volentieri che l’amore nasca da subito, con un solo sguardo. ( Questo perché l’aspetto fisico non è tutto nella vita, bambine). Ovviamente non diranno mai che dopo tre giorni dalla fine del film i protagonisti si lasciano. Perché sognare è bello. E noi siamo fatti della stessa sostanza di cui sono fatti i sogni. Più del metabolismo lento e della cellulite, una maledizione che colpisce tutte le ragazze è quella convinzione innata di poter cambiare le cose, le persone

Dentro ognuna di noi nasce, cresce e corre una piccola anima da crocerossina che ci impedisce di vedere le cose per come stanno. Non capite? E’ lapalissiano,colpa dei film che ci fanno credere che solo con il nostro amore incondizionato e la nostra dedizione potremmo cambiare lo stronzetto di turno. ( come se tutti i cattivi ragazzi fossero come Dylan e tutte le ragazze come Branda di Beverly Hills 90210). Ragazze, fingere di non essere gelose o ignorare il fatto che sia andato a letto con molte ragazze prima di voi non è la soluzione. Ne realmente possibile, a meno che non siate malate terminali ( vedi i passi dell’amore) e quindi non avete tempo da perdere in queste elucubrazioni mentali. (Perciò siate ingegnose: usate le malattie a vostro vantaggio. Anche un raffreddore.)

Dopo essersi incontrati, amati e lasciati tutto si conclude con un colpo di scena del tutto scontato: lasciare qualcuno all’altare per chi sia ama davvero (per prendere una decisione seria aspetti fino all’attimo prima di sposarti, “perché non si sa mai”), scoprire che è uscito con voi solo per una scommessa, ma alla fine, vi ama davvero ( questa cosa, lui, mica poteva dirla prima. La deve scoprire lei origliando discorsi fatti con altri), scoprire che in realtà amavate quel ragazzo sfigato che vi è sempre stato vicino, e non il belloccio su cui volevate fare colpo per tutto il film. Una mia spassionata considerazione? Questi film non ci insegnano nulla, se non di continuare a fantasticare e perciò vivere infelici. Smettete di vederli.

 

Elisia Lo Schiavo

Dimmi chi voti e ti dirò se ti rimuovo dalle amicizie Facebook!

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Delegare la possibilità di scegliere su questioni di vitale importanza è un topic la cui origine si perde nel tempo. Viste le imminenti elezioni di novembre (non Unime, ndr) che vedranno lo scontro tra la visione “rivoluzionaria” che ha del mondo Trump e la ricerca di una conferma della discontinuità (iniziata col periodo Obama) della Clinton, e vista l’importanza che rivestiranno nei confronti delle future politiche ed economie in tutto il globo, è impensabile credere che non possa accadere qualcosa che possa minare la credibilità di uno piuttosto che dell’altro candidato, vivendo nell’era dei Social Media. Non sono mancate infatti minacce di possibili attacchi informatici (si è bisbigliato negli ultimi giorni di furto di credenziali nei confronti della Clinton), con riversamento di informazioni e che potrebbero compromettere la campagna elettorale e veicolare quantità innumerevoli di voti da una parte o dall’altra.
h2>Sperimentiamo un po’
Al di là di quello che può essere un atto “piratesco” di attacco nei confronti di una persona, a prescindere da quella che sia la volontà di una persona di rivelare alcune informazioni, credo ci sia qualcosa di cui preoccuparsi ulteriormente, e sono i cosidetti “esperimenti social”. Da qualche giorno a questa parte è disponibile per gli utenti Facebook americani la possibilità di poter effettuare un “endorsement” nei confronti di uno dei due candidati attraverso un’applicazione che permette di scegliere chi è il personaggio politico di riferimento con un solo click, e che applica un badge alla propria immagine profilo.
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h2>Possibilità di accanimento
Se da un lato questo può far scaturire la voglia di perdere i legami con ogni singola persona che faccia uso di questa applicazione, dall’altro credo serva una profonda riflessione sul fenomeno, che inizia senza dubbio da un punto: rilasciare informazioni di questo tipo in pasto ad entità quali i Social Media può essere nocivo? Chi conosce il mio “endorsement” può veicolare alcune informazioni piuttosto che altre nei miei confronti, o spingermi ad espormi in un modo piuttosto che in un altro avendo come cassa di risonanza il mondo intero, e di conseguenza esponendomi a pericoli terzi, quali ad esempio atti di persecuzione politica? La risposta non è scontata ne immediata, e richiede sicuramente studi più approfonditi sulla privacy dei dati che forniamo “volontariamente” al Social Media di turno, che spesso non forniscono una panoramica così ampia in tal senso.
h2>Big Brother is coming
Nonostante questo non vuole essere un tentativo di terrorismo psicologico, non è impensabile che i dati immagazzinati nei vari server sparsi per il mondo possano essere successivamente venduti a terze parti, in modo singolo o aggregato, che possono utilizzarli per i più disparati fini.
Il tutto sta nel nostro buon senso e nella nostra sensibilità in merito all’argomento sicurezza, ma immaginare uno o più Big Brothers che interagiscono per controllare ogni tappa della nostra vita, elezioni comprese visto che da queste spesso dipendono i nostri destini, sembra sempre meno lontano.
Salvo Bertoncini

Recensione ”Io non ho paura” di Niccolò Ammaniti

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Piantala con questi mostri, Michele. I mostri non esistono. I fantasmi, i lupi mannari, le streghe sono fesserie inventate per mettere paura ai creduloni, come te. Devi avere paura degli uomini, non dei mostri.”

 

Michele, 9 anni, è uno dei tanti bambini del libro che sente la naturale necessità di avventurarsi, di sperimentare, di conoscere, di esplorare i territori nelle campagne del paesino in sud Italia dove vive. A causa di una penitenza durante un gioco, finirà per scoprire un ragazzino nascosto in un buco.

Tutto sarà un mistero per lui, un mistero che a poco a poco verrà svelato, facendo scoprire a Michele il mondo dei grandi che sognano di diventare ricchi e andarsene via di lì.

Quando diventi grande te ne devi andare da qui e non ci devi tornare mai più.”

 

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Io non ho paura” di Niccolò Ammaniti è un romanzo duro e crudo ma tutto filtrato dalla mente di un bambino che conosce appena il male, è un libro commovente, anche se a tratti straziante, ma pieno di quella purezza e innocenza tipicamente infantile.

Serena Votano

Le 7 tipologie di parenti degli Universitari

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Se sei una matricola, questo articolo potrà esserti utile a difenderti dalle trasformazioni che la tua intera famiglia subirà non appena varcherai la porta di casa da Universitario.  Se invece sei una vecchia gloria dell’Ateneo, ti divertirai a riconoscere i tuoi parenti in queste 7  esasperate categorie. Scopriamole insieme.

1. “Mio figlio studia all’Università”

Qui vanno piazzate di sicuro tutte quelle mamme che, dall’immatricolazione in poi, se ne andranno in giro esibendoti come un trofeo. La sorprenderai al telefono con la sua migliore amica, mentre elenca tutte le materie del tuo corso di laurea. Vi capiterà di sentirla persino alla cassa del supermercato che esordisce con un “Niente sconto? Mio figlio va all’Università”. Stai tranquillo, non è una cosa duratura. Prima o poi si renderà conto del fatto che non sei un super eroe.

2. “Hai preso 28?”

Ecco, proprio quando tua madre smetterà di crederti un extra terrestre, succederà più o meno questo: Tu che torni a casa, sei stanco ma contento di aver finalmente passato l’esame per il quale hai penato per circa 2 mesi, rinunciando alla tua vita sociale e pure a quella igienica (perchè diciamocelo, sotto esami pure il tempo che impiegheresti a fare una doccia diventa prezioso). Lei ti scruta curiosa, non sta più nella pelle. Tu non vedi l’ora di mostrarle soddisfatto il tuo libretto, glielo dai. Lei lo apre, lo guarda, ti guarda, lo riguarda, ti riguarda e finalmente esclama: “Solo 28? hai preso solo 28?”. Ecco, forse non smetteranno mai di crederci degli extra terrestri.

3. “Stai mangiando, vero?”

Tua nonna. Da sempre la miglior infornatrice di parmigiana di melanzane, e la migliore decoratrice di torte del quartiere. Ti ha ingozzato fin dai tempi dell’asilo, nascondendoti nel piccolo zaino il panino salame, formaggio e pomodori secchi che, se lo riportavi indietro rischiavi di farla finire al pronto soccorso e allora ti inventavi le peggiori trattative coi tuoi compagni che i cartelli messicani ciao proprio. Ecco, nella sua testa l’ostacolo adesso è ai massimi livelli. Ti vede andare a lezione, poi studiare e passare le notti insonni a ripetere. Sente l’ansia gironzolare per casa e vorrebbe abbatterla al posto tuo, a colpi di mattarello e lievito di birra. Ma lei ha di sicuro la ricetta perfetta: Sta già infornando l’ennesima teglia di pasta al forno perchè oh, “ti vedo sciupato”. E niente, forse tua nonna non è troppo cambiata da quando facevi l’asilo.

4. “Quando ti laurei?”

Se sei single ti chiederà: “Ma quando ti trovi un/a  fidanzato/a?”.  Se il/la  fidanzato/a  ce l’hai già, ti chiederà: “Ma quando ti sposi?”. Se sei felicemente sposato/a ti chiederà: “Ma quando te li fai due bei bambini?”. Se nessuna di queste categorie ti appartiene perchè sei fermo al primo punto e ti sei pure arreso al fatto che no, non ti fidanzerai mai perchè una relazione richiede troppo tempo, allora preparati perchè lei sarà lì. Tua zia, quella che sei costretto a vedere una volta ogni quattro mesi alle riunioni di famiglia. Colei che non aspetta altro che infierire sulla tua già infelice vita da studente senza bambini, ne matrimonio, ne fidanzata/o. Puntualmente ve lo chiederà con quel ghigno malefico “Ma quanto ti manca alla laurea, ancora molto?” e tu magari ti sei appena immatricolato e vorresti solo metterle del lassativo nel bicchiere.

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5. “Tua sorella ha finito in tempo”

Tutti abbiamo una sorella più intelligente. Anche tu, figlio unico che di sorelle e fratelli non ne hai mai visto nessuno. Una volta entrato a far parte del mondo universitario, ti ritroverai a dover lottare non solo con dispense, professori ed esami improponibili. La tua sarà una gara contro il modello perfetto al quale ti paragoneranno costantemente. Non hai una una sorella ne un fratello? Sono sicura che se ti fermi 30 secondi a pensare al tuo albero genealogico, ecco che ti salta in mente il 110 e lode in giurisprudenza di tua cugina, il master in ingegneria nucleare del fratello di tua cugina, la laurea in medicina e chirurgia della tua vicina di casa, tutte rigorosamente conquistate lontano dal fuoricorso che mamma mia, ho l’ansia solo a pensarci mi sa che vado a studiare.

6. “C’è sempre il prossimo appello”

Ecco, forse è il momento di descrivere gli alleati. Si, perché in mezzo a tutta questa ansia avrai di sicuro degli alleati. Se sei cresciuto in una famiglia numerosa, i compagni di gioco non ti saranno mancati; I tuoi cugini coetanei o semi coetanei, quelli con i quali dividevi il ruolo dei power rangers (io sono quello rosso che è il più forte, se vuoi giocare resta solo quello rosa) o delle super chicche. Adesso siete chiaramente tutti in lizza per il titolo più prestigioso della famiglia, ma stavolta siete tutti seduti dalla stessa parte del tavolo. “Io lo do al prossimo appello, tu?”  e finalmente ti sembra di aver trovato un oasi in mezzo al deserto.

7. “Il super eroe di te stesso”

E alla fine,  ci sei tu. Tu che volente o nolente, una volta oltreppassata la linea da studente universitario, ti sentirai un po cambiato. Tu che riesci a rinunciare ad una birra il venerdì sera, per rimanere a casa e non sentirti in colpa. Tu che non hai paura di rinunciare al sonno, per finire di sfogliare tutte le pagine che avevi previsto sulla tua tabella di marcia. Tu che ti siedi, senza timore, davanti al peggior professore d’Ateneo, anche se sai solo l’argomento a piacere. Tu che punti 7 sveglie ad intervalli di 3 minuti, per non fare tardi a lezione. Tu che hai scelto, con coraggio, di continuare gli studi, rinunciando a zappare la vigna di tuo nonno. Tu che in fondo, ogni giorno, sei il super eroe di te stesso. 

Vanessa Munaò

Se una notte d’inverno un viaggiatore – Italo Calvino

Possiamo impedire di leggere: ma nel decreto che proibisce la lettura si leggerà pur qualcosa della verità che non vorremmo venisse mai letta.

La lettura ci permette di vivere storie fantastiche, amori passionali, intrighi, scontri, avventure. La lettura, attraverso gli scrittori che cercano di trasmettere con la propria arte ciò che la loro mente gli detta, da vita a personaggi ideali, eroi di altri tempi, miti e leggende. Ma cosa succede quando un libro si incentra sulla lettura? Quando il personaggio principale è il Lettore e la sua insaziabile voglia di sapere? In “Se una notte d’inverno un viaggiatore” Italo Calvino riesce a spiegarcelo impeccabilmente creando un romanzo con al suo interno l’incipit di dieci ulteriori storie di autori, tutti diversi, ma tutti strettamente correlati.

Il libro inizia, paradossalmente, con le parole dell’autore che invitano a trovare la giusta “posizione” per iniziare la lettura, poiché non ci si può successivamente distrarre perché “non siamo più comodi”. Il momento della lettura è un qualcosa di sacro che non va interrotto per futilità. Allora il Lettore (“nome” del protagonista) si immerge nella lettura del nuovo romanzo di Italo Calvino, “Se una notte d’inverno un viaggiatore” appunto. Il libro parla di un uomo avvolto dalla nebbia e dal grigio di una stazione ferroviaria in cui è appena arrivato, non per scelta, ma per caso. È come se sentisse di aver perso la coincidenza con un altro treno. L’impalpabilità della scena è resa perfettamente non solo con aggettivi o similitudini, ma soprattutto con la cadenza con la quale l’autore inserisce la punteggiatura e le descrizioni di ciò che pian piano affiora dal pallore della lettura. Il tutto è estremamente rallentato e l’unico spiraglio di vitalità è dato dall’incontro del protagonista con una donna misteriosa nel bar della stazione con la quale intraprende una conversazione che lo risveglierà dal torpore delle prime pagine. Il felice colloqui verrà bruscamente interrotto quando un ufficiale di polizia consegnerà all’uomo un messaggio che lo invita a lasciare la città prendendo il primo treno disponibile, l’ultimo treno della giornata. Il libro attrae il Lettore che però si accorge di un errore, ciò che ha letto nelle ultime pagine si ripete anche nelle successive e questo per tutto il libro. Da qui si darà inizio all’avventura del nostro protagonista, fatta di una ricerca incessante della parte mancante del libro che lo porterà a imbattersi nella Lettrice, Ludmilla, e negli altri nove romanzi che inizierà per nove volte, ma non riuscirà a terminare poiché tutti, in un modo o nell’altro, vengono bruscamente interrotti.

Così ogni incipit di un nuovo romanzo viene inserito nella cornice della storia più ampia del Lettore e della Lettrice che ne viene influenzata e a sua volta influenza la lettura successiva. Il tutto è “aggrovigliato” nella fitta rete intessuta dall’autore con dialoghi pungenti, descrizioni dettagliate, momenti di passione, narrazioni che portano a smarrirsi nella storia e momenti di eccitazione per la scoperta di un particolare mancante. È un metaromanzo che ci porta a vivere una storia dentro altre storie alla ricerca di una verità che viene continuamente nascosta dalla falsità, dal processo di mistificazione che vedrà partecipi anche i due Lettori-protagonisti, poiché “Non c’è certezza fuori dalla falsificazione”. È un romanzo che non ha un finale preciso, ma aspira a trovarlo fino all’ultima pagina e in contemporanea contrappone bellissimi inizi.

È un libro che non ci sazia subito della sua lettura, ma ci costringe ad una scalata continua verso una vetta incerta da raggiungere. Ci fa sognare e innamorare, ma poi ci sveglia brutalmente. Molte volte ci porterà quasi a gettarlo via, a interromperne la lettura, ma inevitabilmente ci ritroveremo a raccoglierlo e ricominciarlo per immergerci di nuovo nel turbinio di eventi, storie, lingue, nomi, autori e personaggi che lo scrittore ha sapientemente inserito.

È una lettura consigliata a tutti coloro che amano leggere, indipendentemente dai generi, dagli autori o dalle storie. È un libro che ci rende protagonisti della nostra stessa lettura, quasi per magia, senza accorgercene, ci trasporta all’interno delle pagine e ci fa vivere un’esperienza unica nel suo genere che solo un Maestro come Italo Calvino poteva ideare.

Giorgio Muzzupappa

Scusate il Disordine!

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La musica non la si prendeva. Mai!”

 

 

 

In “Scusate il disordine” Luciano Ligabue lascia di nuovo, dopo “Il rumore dei baci a vuoto”, senza parole. Una raccolta di racconti che lascia sempre incompleti e liberi di interpretare a modo proprio quello che succederà dopo. Una chiave di lettura: la musica. Presente in tutte le sue inclinazioni, con diversi amore verso di essa ma racchiusa tutta in uno spartito che ha proprio il sapore di Ligabue.

Ogni racconto si concentra sulla musica e sul rapporto che il personaggio ha con essa, fama o non fama, portandoci realtà che conosciamo ma spesso ignoriamo. Come Anchise che, nonostante la sua età, pur di continuare a suonare paga i componenti della sua band di tasca propria e si lega le bacchette alla mano a causa dell’artrosi; o un rapper che raggiunto il successo crede di potersi permettere una qualsiasi azione, probabilmente l’aspetto più raccapricciante dell’essere famosi.

Durante il primo pezzo ti hanno mitragliato di foto. Poi hai chiesto se adesso potevano mettere via macchinette e telefonini. Non c’è stato verso, hanno continuato a scattare ininterrottamente. Sei lì. È inevitabile. Per un attimo ti chiedi se non sanno, ma poi ti dici che sanno, sanno

Ligabue usa un linguaggio semplice e diretto, cambiando spesso registro a seconda del messaggio che vuole trasmettere. Consigliato a chi non ha paura di mostrare il disordine dei pensieri dentro di sé, le proprie emozioni e i propri dolori. A chi non nega il disordine della propria vita perché, per quanto si cerchi di regolarla, di dirigerla, non ci riusciamo e dobbiamo ammetterne l’impotenza. Non si può controllare.

Recentemente, il 24 e il 25 settembre, il ritorno live di Ligabue al Parco di Monza.

 

Serena Votano