Sessione Invernale: i pensieri dello studente sotto esami

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Metà gennaio. Lo studente vacilla tra la paura di non farcela e l’angoscia di non farcela. Sono giornate uggiose. Mancano più o meno 4 giorni al giorno dell’esame.

E tutti, tutti, in loop, senza saperlo, pensiamo le stesse cose.

 

-Perfetto, questa volta ce l’ho fatta. Sono in tempo per poter fare la seconda ripetizione, magari anche la terza.

-Oh merda, mi sono addormentato!! Che ora è?? Magari sono solo le 16. LE DICIANNOVE? Vabbè dai, sono in anticipo, non fa niente, calma.

-Non mi siedo.

-Vediamo un po’ le date, che vuoi che cambia se lo do ora o più in là…

– Ok questo lo so.

-Ansia.

-Questo non lo chiede.

-Vabbè, meglio ripassare che non si sa mai.

-Ma mi sono prenotato?!

-Non vado nemmeno.

-Questa volta è 30, lo so!

-Anche 22 va bene.

-Ma perché non ci ho pensato prima?!

-Dio prendimi.

-O la va o la spacca.

-Questa volta i miei mi buttano fuori di casa.

-Devo stare calmo.

-Dal prossimo esame cambio regime.

-Sonno.

-Fame.

-Pipì.

-Solo una puntata.

-Ok, pausa.

-Solo un’altra…

‘’Allora che facciamo, verbalizzo il 18?’’

‘’Dove devo firmare?’’

Elena Anna Andronico

Angolo di strada

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La ragazza con i capelli lunghi correva nella strada come se fosse rincorsa da un segugio; attorno al collo indossava una sciarpa colorata ad occhio un po’ troppo lunga per la sua minuta statura, e la si vedeva svolazzare per qualche centimetro dietro di lei; stringeva dei libri al petto, che sembravano pesarle più del dovuto.

È bastato un incrocio su quella via trafficata ad interrompere il suo passo svelto: la fretta di due impacciati giovani si era trasformata in un fortuito incontro a ridosso di un angolo di strada.

Il cielo d’argento sopra di loro prometteva pioggia, ma quell’urto di sguardi era sole fra le nuvole cupe.

La ragazza bassina, chinata a terra per raccogliere i libri, aveva trovato il suo silenzio in una città rumorosa solo guardando gli occhi dello sconosciuto davanti a lei.

L’assurdo del caso aveva fatto incontrare due persone perfettamente conformi ed i loro cuori stavano facendo il resto.

I sorrisi si accoglievano l’uno nell’altro e nelle parole riecheggianti c’era la bellezza di una nuova primavera.

Poi, l’ardore delle chiacchiere li accompagnò per mesi; anche quando l’odore dei ciliegi profumava la brezza delicata sui loro volti.

Se i due erano stati perfetti sconosciuti, adesso i loro occhi vedevano gli stessi colori.

Le mani si intrecciavano mentre il Tevere vicino scorreva incurante dell’amore che si stava scatenando.

Fra i vicoli di Campo de’ Fiori, un chitarrista per strada accompagnava quella apparente normale passeggiata, che per loro era la più bella di sempre.

 

 

  • “ Io sono Elio”
  • “ Io Giulia” – rispose la ragazza con i capelli lunghi.

Era incappata negli occhi smeraldo di quello straniero fino a sprofondarci dentro.

In quel pozzo verde speranza, aveva trovato la sua felicità anche se per un breve idilliaco momento, ma sapeva che avrebbe voluto inciamparci per altre mille volte ancora.

 

 

Jessica Cardullo

Quoque tu, David Bowie!

E’ tutta colpa di David Bowie.
Mi spiego meglio, io credo nella causalità degli eventi, la morte di Bowie il 10 gennaio del 2016 non è stato altro che “l’oscuro presagio” di tutto quello che sarebbe successo nell’anno passato. Incolpo Bowie di tutte le disgrazie, anche se ha fatto a noi tutti quel magnifico regalo di addio che è Blackstar. 


Ora , scemenze a parte, mi trovo a scrivere il primo editoriale dell’anno che inoltre è il mio primo editoriale quindi “No pressure at all!” direbbero ironicamente i fellow anglosassoni.
Non voglio discorrere del pessimo anno che è stato il 2016 a livello locale, nazionale e globale ma qualche rimando lo farò probabilmente, gli eventi positivi sono accaduti ma purtroppo c’è stata una sovrabbondanza di cattivi accadimenti. 

Comunque di tutto ciò possiamo documentarci autonomamente su Google. Anche le liste di buoni propositi , obiettivi e tutto il resto che solitamente si ipotizzano con l’anno nuovo, li mettiamo da parte.

Il mese di dicembre vede Messina ripopolarsi, i suoi cittadini “espatriati” tornano per le feste e per saziarsi abbondantemente fra pranzi, cene di famiglia e granite al volo con amici, aggiungendo le giocate a carte fino a tarda notte.
Siamo una popolazione con radici etniche fra le più disparate, la Falce è sempre stato porto di passaggio (la ritroviamo persino nell’Odissea) e questo ci ha portato, mi piace pensare, ad essere dei migranti. Migriamo per poi tornare perché il nostro legame con questo luogo è così forte che, anche se odiamo la maggior parte delle sue caratteristiche, non possiamo farne a meno.
Lo Stretto chiama i suoi figli.
La Falce è anche protagonista negli ultimi anni di quello che la stampa mondiale definisce “sbarco dei migranti” , termine così generale che bisognerebbe disquisire in merito per un’ora , e che vede centinaia di migliaia di bimbi, donne e uomini arrivare qui da luoghi lontanissimi. Il mare è la loro salvezza o la loro tomba.

Voglio augurarci un 2017 all’insegna della gentilezza.
Ai millenials e alle generazioni successive in particolare : noi siamo il futuro, non lasciamo che la crisi etica/politica e il suo odio gratuito dissolvano il nostro senso di comunità e quindi, la nostra natura di esseri umani.

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Auguro alla nostra città di riscoprire il significato di cooperazione, nello specifico per le attività culturali.
Con l’apertura del nuovo Museo interdisciplinare regionale Messina ha una opportunità più unica che rara per imporsi sul panorama turistico e culturale italiano ed internazionale, sfruttando a pieno la presenza settimanale delle crociere nel nostro porto e non solo.
Questo compito spetta sia a chi del mestiere che a noi cittadini : valorizzandolo e frequentandolo e rispettandolo. Coinvolgendo anche l’Università e i suoi studenti.

La cura della cultura nella nostra città , e in Italia, è andata affievolendosi negli anni , assurdità in un paese come il nostro; la politica si è scordata della sua importanza per le persone  e , sì , anche per l’economia.
Luoghi, opere , edifici ma non solo, riscoprire il teatro e la scena musicale.
Una sinergia che potrebbe nascere anche fra associazioni studentesche per qualunque iniziativa cittadina. Studenti che vivono ancora a Messina o “emigrati”.
Abbiamo idee nuove , iniziative e , più di tutti, siamo coloro che possono veramente modificare il futuro (sia con un contributo costante sul territorio che occasionale) con un confronto costante.
Spezzo qui questa lancia : un percorso insieme si può intraprendere nell’interesse comune.
Auspico che si instauri una più ampia discussione su tutte le tematiche che fino ad oggi sono state sottaciute o sminuite ma di fondamentale importanza e che vengano portate sotto la luce  dei riflettori.

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Spero anche che tutti in questo 2017 rispettino il codice della strada perché di vite spezzate , spesso di giovani , per la disattenzione e noncuranza alla guida ne ho piene le tasche.

Per concludere con una citazione musicale allego quella che a modesto parere potrebbe essere la canzone più adatta per iniziare in maniera positiva questo 2017 :

https://www.youtube.com/watch?v=Tm0nopK1BQM

 

Buon anno signori e signore che “la forza sia con voi” .

 

nda: ricordiamo la simpatica, folle iconica Carrie Fisher con una sua frase sulla sua morte «Voglio che sia detto che sono affogata nella luce lunare, strangolata dal mio reggiseno» 

Arianna de Arcangelis

Le 4 categorie di professori

rispettare_i_profCi siamo. Il momento tanto atteso è arrivato. Finalmente abbiamo spostato il mirino della nostra pistola (ma che dico pistola, il nostro è un fucile a canne mozze) sui nostri cari professori. Ci avete mai fatto caso? Loro godono di un particolare super potere che li rende bipolari, un po come le due facce di una medaglia. Sono bianchi a lezione e neri all’esame. O neri a lezione e bianchi all’esame. Insomma: li abbiamo combinati in 4 divertenti categorie che vi permetteranno di riconoscere i vostri mentori. Let’s go…

 

  1. Buono a lezione e tremendo all’esame

La prima categoria che prenderemo in esame risulta essere altamente pericolosa.

A Lezione: Il professore in questione si dimostra disponibile e paziente. È quel tipo di professore disposto a spiegare ripetutamente la lezione, fino a che sia entrata nelle grazie di tutti. Lui non si arrabbia se arrivi tardi a lezione nemmeno se ogni tanto chiudi gli occhi e ti teletrasporti nel magico mondo di Narnia. È quel tipo di professore che lascia sempre aperta la porta e non si cura del fatto che la sua aula, somigli ad un porto di mare.  Il professore buono a lezione, ma tremendo all’esame è meschino. Si, perché tu, in realtà, la parte dell’esame non la conosci ancora e allora studi pensando: “Mi ha lasciato dormire durante la spiegazione del capitolo 5, è proprio un professore umano”. Ecco, hai appena commesso il più errato dei pensieri. Si, perché il giorno dell’esame, succederà quello che meno ti aspetti.

All’esame: Tu ti presenterai sereno e sorridente, in fondo, stai per sostenere l’esame col tuo professore preferito. (altro che “l’università è piena di tiranni”) La mattina ti svegli e non ti preoccupi di restare a stomaco vuoto (tanto, avevi più ansia all’esame del sangue) Poi ti siedi, ed è lì che l’atmosfera si trasforma totalmente: “Si ricorda il capitolo 5, quello che ho spiegato mentre lei dormiva, quel giorno in cui è arrivato tardi a lezione dicendo di non aver capito la lezione del giorno prima?” Tu nel frattempo sudi freddo. “Bene, è proprio quel capitolo che sto per chiederle” E tu ti senti morire, non solo perché non hai chiaramente mai studiato quel capitolo, ma sopratutto perché hai appena dovuto cambiare idea sul professore dei tuoi sogni.

 

2.Tremendo a lezione… E anche all’esame

Questo genere di professore è come la barbabietola da zucchero, che ci salvava durante le interrogazioni di geografia. Cresce dappertutto. In questo caso, in tutte le università (e scuole di ogni grado) del mondo. Questo tipo di professore lo incontrerai almeno una volta nella tua vita: ci uniamo tutti in un caloroso cordoglio.

A Lezione: fa capire chi è dalla prima parola detta il primo minuto del primo giorno di lezione. È quel professore che arriva e sbarra le porte dell’aula magna in modo che tu sia costretto a farti sentire se vuoi entrare. E se lo fai, se entri in ritardo, si ricorderà per sempre di te. Mentre vai al tuo posto ti umilierà (diciamo pure: perculerà) davanti a tutti i tuoi colleghi e in quel momento, con quelle parole, sta mettendo una croce su di te. Non ammette cellulari, ronzii, non puoi bere (mangiare nemmeno lo dico), rimprovera se stai prendendo appunti perché ‘’ti distrai’’, rimprovera se lo guardi fisso perché ‘’stai dormendo’’. Se frequenti un corso con frequenza obbligatoria è quello che prende le firme, che fa anche il perito calligrafico per hobby così che tu non possa chiedere il favore al collega nemmeno una volta, nemmeno per una firma sola. Peggio, se è proprio di buon umore fa l’appello. E magari ti chiede pure di portargli la carta d’identità, già che ci sei (voi pensate che non sia possibile, beh, venite a medicina e ve lo presento io stessa un professore così). Il suo corso inizia e finisce con una frase: ‘’Tanto vi boccio tutti’’.

All’Esame: Beh, è uno che mantiene le promesse. Tanto ci boccia tutti. Appunto. Non c’è scampo: ne vengono promossi 2 ogni 40 presenti all’esame, di cui uno sicuramente è suo nipote e l’altro è fuori corso da 8 anni. Vuole sapere tutto: tutto quello che dice il libro di 4mila pagine, tutto quello che ha detto lezione e tutto quello che ha detto alla lezione risalente agli anni ’60 perché era sì solo un dettaglio, ma senza quel dettaglio non puoi aver capito un accidente. Poco importa che l’esame sia di 2 o di 22 crediti: verrai bocciato. Una, due, tre, quante volte gli pare.  C’è solo un modo per superare la sua materia: botta di culo.

 

  1. Buono a lezione… e anche all’esame

 

Questa, invece, è una rarissima categoria. Talmente rara che trovarne un esemplare, equivarrebbe ad aver trovato (letteralmente) il famosissimo ago nel pagliaio. Se, nella tua carriera da studente, hai avuto la fortuna di incontrarne almeno uno, gioca d’azzardo, potresti essere una persona mooolto fortunata.

A Lezione: Stavolta no, non ci caschi più. Hai già imparato la lezione incontrando il professore gentile, flessibile, poco fiscale ed estremamente disponibile.  Il professore che viene a fare lezione in tuta da ginnastica e felpa col cappuccio (e no, non stiamo parlando di un’insegnante di scienze motorie) ormai non può più avere la tua fiducia. Hai già potuto appurare che questa categoria di professore, il giorno dell’esame sfoggerà il suo miglior completo della collezione (probabilmente quello del suo matrimonio, giusto per farvi capire quanto sarà istituzionale) e ti chiederà giusto quell’argomento che ha spiegato il giorno del funerale di tua zia novantenne (l’unica volta in cui hai deciso di assentarti). Quindi no, nessuna battuta amichevole, nessun linguaggio colloquiale, nessuna faccia d’angelo potrà mai convincerti che quel professore sia uno buono fino in fondo. Ti chiama per nome (anche questa è una trappola) e conosce persino i nomi dei tuoi genitori. Conosce le tue passioni perché per lui “non sei solo un numero” ma una persona a tutti gli effetti. Vuoi scoprire la verità? Presentati all’esame.

All’Esame:  È lì seduto, ancora con la tuta che indossava durante la lezione. Sorride e ti sta aspettando con aria sognante. Anche tu aspetti, non lui, bensì la fregatura che sta per presentarsi al tuo cospetto. “Come va?” ti chiede, e subito ti vien voglia di confessare:” Professore, ho studiato bene il capitolo 5, quello che ha spiegato quel giorno in cui ero assente” Ti sei appena reso conto che adesso non ti chiederà MAI quel capitolo, quando invece:” Me lo ripeta allora..Ed è subito 30 e lode. Semplice, veloce, indolore. Cerchi qualcuno che ti dia un pizzico ma no, non stai sognando. Hai appena incontrato il professore perfetto.

 

4.Tremendo a lezione… E buono all’esame

Questi professori sono come quando vai in un posto controvoglia e poi ti diverti e, nemmeno il tempo di rendertene conto, è tutto finito. Ti rimane quell’amarezza mentre stai salendo in macchina per tornare a casa: ‘’già finito? Che peccato’’. Sono le classiche pecorelle vestite da lupi mannari. Che tu, dopo che verbalizza (verbalizzi, verbalizzi pure), quasi gli vorresti fare una carezza sulla pelata e lasciarci un bacio.

A Lezione: in tale luogo di tortura, il professore in questione, è un pazzo maniaco. E’ differente dal professore tremendo sia a lezione che all’esame perché quello rimane glaciale e calmo sempre, con il suo sorrisetto ostile; questo sbraita in continuazione. Sempre che urla, sempre che fa arrivare la sua saliva negli occhi dei colleghi per quanto si svena. Gli pulsano i vasi sul collo che c’è da preoccuparsi, in alcuni momenti, che stiano per scoppiargli. I bulbi oculari sono perennemente e tragicamente un po’ troppo fuori dall’orbita rispetto al normale, iniettati di sangue. Questo tizio arriva, miete terrore. Se ti becca che chiacchieri con il collega non è che ti sgrida e ti butta fuori dall’aula, no, lui è capace di avvicinarsi a mezzo millimetro dalla tua faccia, che manco i dissennatori in Harry Potter, ed urlarti il sopraggiungere della tua morte immediata se non ti strappi la lingua e non gliela consegni. A volte, invece, non inizia proprio la lezione: sta 10 secondi e se ne va. Mi avete mancato di rispetto, ve la farò pagare. E tu, in quei momenti, che già di materie da recuperare ne hai tante, ti auguri di essere preso dal buon Dio il più presto possibile.

All’Esame: il fatidico giorno X entri in aula pregando tutti i santi, tutte le religioni, inventandotene alcune se è il caso. Ti siedi e attendi la tua fine. Guardi quel professore e ti chiedi se è lo stesso che per 6 mesi ti ha giurato di ucciderti: puoi mai essere? Me lo sono sognato? Forse sono miope e questo è il suo gemello buono? Lo stesso pazzo che urlava fino a farti mettere a piangere, ora è seduto là, che ascolta con espressione soave e, sopra la sua testa rilassata, ti pare di scorgere il profilo di un’aureola. Era tutta scena. Ora la sua materia la sai come nessun’altra materia al mondo, sarà l’unica di cui ricorderai qualcosa e, in più, avrà anche un bel voto scritto accanto. Commovente, irreale. Ma si può rifare? Che quasi quasi mi manca, questo stupido dolcissimo bastardo.

Elena Anna Andronico,Vanessa Munaò

Dicembre: è ora di tirare le somme

 

image1Gli articoli a fine anno risultano spesso molto importanti. Sopratutto se articoli di opinione, a chi importa della tua opinione quando sei una studentessa che non studia giornalismo e non aspira ad essere giornalista professionista?

E quindi un grande, immenso, gigante punto interrogativo. Che cosa tratto? Come lo tratto? Avrò scritto bene? Ha un senso? È scontato? Ho provato a dare delle risposte a queste domande, ho pensato “se me le pongo, tanto vale provare a rispondere”, come ad un esame ti autoconvinci di essere preparato. La conclusione è che ho deciso che avrei dovuto scrivere quello che mi frullava in testa, riguardo le mie sensazioni in questo periodo dell’anno.

Dicembre è un mese particolare: fa più freddo, gli esami, le feste si avvicinano, gli esami, il buio pesto già alle 17.00, gli esami, la fine dell’anno, gli esami, le costanti domande “siamo già a dicembre?” e “che faccio a capodanno?”. Ma sopratutto ti ritrovi a pensare a come si è svolto quest’anno di vita, e ti chiedi come sarà quello successivo…i pensieri aumentano sempre a Dicembre. L’altro giorno ho letto un compito che dava uno psicologo ai suoi lettori: che cosa prevedi che succederà nella tua vita nel 2017? In che direzione stai andando?

Sulla base delle risposte a queste domande si possono suddividere le persone in tre categorie:

-I pessimisti che già incorniciano il loro 2017 con didascalia “MAI NA GIOIA”, assorbiti dall’ansia vedono il peggio in tutto, e in loro stessi

-Gli ottimisti che, al contrario, già immaginano campi di fiori ed unicorni nel loro florido futuro

-I realisti i quali vivono il momento, “alla giornata”, senza porsi grandi obiettivi, valutando giorno per giorno quello che gli accade, vivendo però, a volte, in maniera eccessivamente neutrale

E se invece dimenticassimo le categorizzazioni e pensassimo che tutti siamo tremendamente, inesorabilmente uguali e, chi in un modo, chi nell’altro, cerca la propria serenità?

Gli anni che abbiamo vissuto fino ad adesso dobbiamo sempre considerarli e vederli con occhi critici, analizzare ciò che vogliamo migliorare delle nostre abitudini ,capire se la nostra quotidianità è quella che ci appartiene, fare nostre le buone vibrazioni che fino ad adesso abbiamo ricevuto ed offrirne altrettante. Continuiamo a nasconderci dietro un dito, senza tener conto di come abbiamo vissuto l’anno appena passato, con le gioie ed i dolori, con le varie incazzature ed i “non ce la posso fare”, con le risate e le incomprensioni. Il gesto più umile e nobile che possiamo compiere è imparare da noi stessi: ascoltarci fino ad esaudire i desideri del nostro spirito.

Non nego di aver provato a rispondere (consapevole del fatto che tutto in fondo è incerto), e mi sono venute in mente altre due domande che non mi ero mai posta concretamente: come voglio vivere la mia vita? Che sensazioni voglio provare per trovare la serenità?

 

P.S.: dopo aver risposto a queste domande me ne verranno altre?

 

Giulia Greco

Miss Peregrine – La casa dei ragazzi speciali

Un altro “fantastico” lavoro del visionario Tim Burton.

Adattamento cinematografico del romanzo di Ransom Riggs,
“La casa per bambini speciali di Miss Peregrine”, il film spopola nelle sale italiane a dicembre, riscuotendo un grande successo di pubblico. Meno clementi invece alcuni pareri della critica che arrivano a definire il film come commerciale.

Alla morte del nonno, il giovane Jacob Portman (Asa Buttmissperegrinesmallerfild) si reca nel Galles alla ricerca della residenza di Miss Peregrine (Eva Green), un orfanatrofio, di cui il nonno gli aveva a lungo parlato. Qui vengono ospitati ragazzi dai particolari poteri: c’è chi è invisibile, chi ha le stesse proprietà dell’aria, chi si ritrova una forza sovrumana.

Durante la permanenza Jacob scopre che dietro la storia dell’istituto si nascondono inquietanti misteri e che le storie che gli erano state raccontate non erano solo fantasie.

Come ogni film burtoniano che si rispetti, anche questo sorprende per il suo essere “spettacolare”. L’atmosfera è tanto macabra ed inquietante quanto mozzafiato, la suspence sempre presente e alcuni deliziosi momenti di “terrore” non deludono per nulla le aspettative dello spettatore. I ragazzi sono rappresentati fisicamente in maniera perfetta e lo stesso può esser detto dei mostri, belli ed inquietanti.

Ciò che delude un pò è l’andamento della seconda parte del film, che risulta essere un insieme poco curato di effetti speciali che sfiora quasi il grottesco e rischia alle volte di annoiare il pubblico.

Qualche pecca la presenta purtroppo anche la sceneggiatura, ciò può essere giustificato ricordando che Burton non ne prende parte, limitandosi al suo ruolo di regista.

Nulla di negativo può esser detto sulla recitazione di Eva Green, convincente ed impeccabile; altrettanto lo è quella di Asa Butterfield che particolarmente si addice al ruolo di ragazzo solitario affidatogli da Burton.

Lo stesso Tim Burton è presente, anche se poco visibile, in una scena del film, un piccolo particolare che i suoi fans noteranno ed apprezzeranno!

Il film nel complesso è assolutamente da vedere; gli amanti del genere e del regista sapranno ben apprezzare la “strana” pellicola.

Benedetta Sisinni

Abbatti lo stereotipo – Gli studenti di Giurisprudenza

Ed eccoci al secondo appuntamento di abbatti lo stereotipo sugli studenti universitari. questa volta tocca ai poveri giuristi o pseudo-giuristi continuamente stigmatizzati per colpa dei loro predecessori (bella Cicerò! grazie di tutto carissimo).

Capitolo 2 “lo studente di giurisprudenza”

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uno dei corsi di studi più colpiti dagli stereotipi in tutto il mondo senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali (art. 3 comma 1 Cost.) è indubbiamente quello di GIURISPRUDENZA.

Bando alle ciance cominciamo subito con la disamina dei luoghi comuni (troppi, troppissimi!)

Quindi… Avvocato o magistrato?

Lo studente già dal primo anno si trova a dover rispondere a questa domanda, anzi ancora prima nel momento in cui comunica alle persone che chiedono cosa studierà. NO lo studente di giurisprudenza in buona parte dei casi NON VUOLE FARE NESSUNO DEI DUE. C’è una quantità infinita di altre professioni! Questo è il bello di questo corso di studi le vaste possibilità di scelta (quando e se si finisce il corso di studi)

Ma conosci tutti gli articoli a memoria? Come fate a studiare tutto a memoria?

Ma quali articoli? Di quali codici? Di quali decreti legge o decreti legislativi o del Presidente della Repubblica? Ora, scherzi a parte voi non avete idea dell’oscurità che si cela dietro un codice. No non studiamo a memoria, anzi in tanti non sanno cosa sia avendovi rinunciato alla prima o seconda pagina di istituzioni di diritto romano. In realtà la disciplina ce la ricordiamo per quante volte la ripetiamo e perché è tutto logico.

Dato privato mezzo avvocato!

NO. Poi altri 180000 materie , una tesi di laurea , 18 mesi di praticantato , un esame di Stato scritto e FORSE ( se sei fortunato ) un orale e poi sì, potrai dire AVVOCATO. Regole valide anche per chi prova magistratura o procuratore di Stato. Privato I è solo l’inizio. lawandorder01

Ci sono più avvocati a Messina
che in tutta la Sicilia…. “Quindi poi vai a lavorare nello studio di papà/mamma?”

Si , sfortunatamente lo sappiamo bene. Ma che colpa abbiamo noi?!
No non per forza abbiamo lo studio già avviato perché come abbiamo detto al punto uno non necessariamente seguiremo le orme dei nostri genitori.

E poi , eventualmente, che problema avete col fatto che vogliamo continuare l’attività familiare? E non tutti hanno dei genitori che lavorano nell’ambito giuridico.
La scelta di giurisprudenza deve essere indipendente dalla prospettiva lavorativa o influenze di terzi.

Basta guardare come siete vestiti per capire che studiate giurisprudenza

Partendo dal presupposto che noi non studiamo giurisprudenza ma IL diritto. Detto ciò questa discriminazione è alquanto illegittima, l’abito non fa il monaco e in facoltà non tutti vengono in giacca e cravatta o abitino e tacchi.

La maggior parte del nostro tempo è vestito di una calda e comoda tuta che diventa un tutt’uno con la nostra pelle. I più arditi utilizzano un “plaiddino” come mantella o come copertina di Charlie Brown. Quindi finitela di etichettarci come snob, siamo solamente presuntuosi!tumblr_nkipn8lren1rdzuduo1_500

Ammettilo non sapevi che fare..

Non sei tu a scegliere giurisprudenza, è giurisprudenza a scegliere te. La forza magnetica del diritto è più forte di quanto si possa immaginare, si è vero ci sono studenti che ripiegano su questo corso ma poi si innamorano……o si buttano nello stretto. Ad esempio è risaputo che coloro che non sono riusciti a passare il test di medicina poi puntano sul diritto ecco qualcuno che non ha le idee chiare su cosa studiare.

Già ti chiamano avvocato…

Qui siamo vicini ai nostri “colleghi” di medicina condividiamo questo funesto destino di essere appellati dal primo giorno di università; si scatena così una marea infinita di gesti apotropaici che diventano poi la routine che segnerà i nostri giorni da studenti universitari e farci credere la laurea sempre più lontana. Siamo persone sensibili con un cuore.

 

                Arianna De Arcangelis

Giulia Greco

 

Classifica di valutazione degli Atenei: il Sud riprende piede, in testa l’Unime

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Negli ultimi giorni si è riunita l’Agenzia di Valutazione degli Atenei vigilata dal ministero di Istruzione al fine di valutare gli atenei stessi, in particolar modo nell’ambito della ricerca.

In otto mesi sono stati testati 118.000 lavori di 60mila persone tra docenti e ricercatori.

Le aree valutate sono state 16, 450 gli esperti valutatori. Sono stati consegnati dei lavori ai quali sono stati attribuiti punteggi da eccellente ad accettabile, accompagnati da un breve giudizio scritto.

Ovviamente i primi posti della classifica lasciano spazio alle ‘’classiche’’ università italiane che rappresentano l’elitè del nostro paese: Trento (al primo posto), Padova, Ca’ Foscari, Milano Bicocca e Bologna.

La ripresa del sud è forte e dinamica, superiore alle attese. Secondo il secondo (scusate il gioco di parole) rapporto della valutazione della qualità della ricerca proprio l’Università di Messina è in testa, essendo cresciuta nel punteggio complessivo del 17% (era a -30% nella prima tornata, quella dal 2004 al 2010). L’ateneo resta comunque nella seconda metà della classifica degli atenei, però questi dati prevedono un buon indice di ripresa e quindi di risalita.

Tali, a quanto si evince dai dati, da far guadagnare anche finanziamenti pubblici per potere aiutare i settori di ricerca dell’ateneo. 

Secondo i commentatori, primo tra tutti il prof. Graziosi (presidente dell’Anvur), la ripresa del sud sarebbe avvenuta grazie al funzionamento della legge Gelmini sul versante management. La non rieleggibili dei rettori e i cda più stabili hanno consentito politiche rigorose sui bilanci, un buon recupero di fondi comunitari e migliori assunzioni.

Elena Anna Andronico

CUS FORZA 4!

squadra

Ore 4:30 del mattino di domenica 18 dicembre, quando il sole deve ancora sorgere e freddo e vento dominano l’ambiente, ventuno ragazzi che rappresentano l’Università di Messina si preparano per la trasferta di Stromboli, ottava giornata del campionato di terza categoria, l’ultima prima della lunga sosta natalizia.

La giornata si preannuncia lunga e complessa. Ma andiamo con ordine. Alle ore 6,00, dopo una leggera colazione, si parte da Milazzo, nonostante le condizioni del mare non siano del tutto favorevoli. Eppure tra gli occhi dei ragazzi del CUS, ancora strapazzati dalla sveglia prematura, si riesce a percepire la grande voglia di giocare e vincere questa partita. Si parte!

Il viaggio è tra i meno augurabili di sempre: il forte mare nei pressi eoliani non permette ai ragazzi di riposare tranquillamente. Fortunatamente, però, una volta scesi dall’aliscafo (ore 7,30) si entra in clima pre-partita con la concentrazione a pieni giri.

La passeggiata per giungere al campo di gioco è bellissima. Il sole che accompagna una fredda domenica di dicembre sembra essere un segno del fato divino e l’aria che si respira è quella di una squadra consapevole della propria forza e dei propri mezzi, pronta a giocarsela con chiunque, in casa e fuori.

Dopo riconoscimenti, confronti e riscaldamenti di turno, l’arbitro Quartaronello di Messina dà il via a questo importantissimo match che potrebbe valere la vetta della classifica.

partita

Il primo tempo lascia tutti a bocca aperta: 0-3 in favore del CUS. Due gol di Arena che, sfruttando astutamente il sole che splende in faccia al portiere eoliano, disegna “da casa sua” due traiettorie più scomode che complicate ma che valgono il doppio vantaggio ospite. Il terzo gol, invece, lo timbra Iamonte che in un ruolo non propriamente suo, ovvero quello di punta centrale, mette tutta la sua impressionante forza per giungere su un pallone verticale e con un delicatissimo colpo sotto d’esterno piede insacca il tris gialloblù. Al termine dei primi 45 minuti lo Stromboli è letteralmente sotto shock e per il CUS invece è tutto molto bello, forse anche troppo.

Il pericolo infatti era dietro l’angolo. Inizio secondo tempo e, come prevedibile, i padroni di casa tirano fuori l’orgoglio facendo valere il fattore campo: 20 minuti per accorciare di ben due lunghezze il risultato. L’1-3 lo firma il capitano Lanza su rigore e il 2-3 viene realizzato da Di Natale in conclusione di un’azione manovrata palla a terra. La tensione si taglia col coltello. La partita che sembrava chiusa e archiviata già nel primo tempo si è totalmente ribaltata. I postumi del turbolento viaggio in aliscafo si fanno sentire tra gli universitari e qualcuno in campo chiede la sostituzione. La paura di farsi recuperare un triplo vantaggio tra le fila del CUS è tanta, proprio come la voglia di tentare l’impresa da parte dello Stromboli che spinge per tutto il secondo tempo alla ricerca del pari.

Allo scoccare del 90esimo minuto Vinci si procura un interessante calcio di punizione dalla trequarti e sarà lo stesso numero 7 gialloblù a regalarsi e regalare a tutta la squadra il gol del 2-4 che a pochi minuti dal termine mette più serenità tra gli ospiti, ipotecando questa vittoria. Tuttavia questo match non ne vuole sapere di terminare, infatti a 30 secondi dalla fine Utano si inventa un super gol a foglia morta che porta lo Stromboli sul punteggio di 3-4. Ma è troppo tardi per tentare un’ulteriore rimonta. La partita che sembrava infinita si conclude così, con il CUS che espugna l’isola vulcanica superando in classifica proprio lo Stromboli e piazzandosi in solitario al secondo posto in classifica, appena due punti dietro la capolista Real Zancle.

partenza

Il viaggio di ritorno da Stromboli in aliscafo è stato anche peggio dell’andata, quasi tre ore di turbolenze marine, ma tutto ciò non ha impedito al CUS Unime di festeggiare la terza vittoria consecutiva, come testimoniato nelle immagini.

vittoria

Adesso è tempo di festeggiamenti natalizi e il CUS non poteva farsi regalo più bello. Il 2017 è alle porte e sognare non costa nulla, i buoni propositi ci sono eccome, ma lasceremo il campo a parlare! Il campionato riprenderà il 15 gennaio, quando in casa verrà ospitata la Ludica Lipari, squadra che, anch’essa, viaggia tra le parti alti della classifica.

Auguri di buone feste in tinta gialloblù da parte di tutta la famiglia CUS Unime.

Formazione CUS (4-5-1): 1 Battglia; 2 D’Agostino, 4 Iacopino, 5 Occhipinti, 3 Arena; 11 Al Hunaiti, 7 Vinci, 10 Lombardo, 9 Fiorello, 6 Insana; 8 Iamonte.

12 Bruno, 13 Russo, 14 Smedile, 15 Costa, 16 Tiano, 17 Singh, 18 Cardella.

Mirko Burrascano

Black Mirror. Terzo capitolo.

Il futuro pericoloso ed inquietante della tecnologia è già nel presente. Ce lo rivela Black Mirror

Quanti questa estate, nei reticoli cittadini, armati fino ai denti di smartphone di ultima generazione, si sono messi a caccia di animaletti formati da pixel per arricchire la propria collezione virtuale? Se non siete tra questi, senz’altro vi sarete trovati negli ultimi minuti affaccendati nel gesto meccanico di scorrere le dita sullo schermo touch per risolvere un’incombenza o relazionarvi con gli altri, mentre intorno a voi qualcuno tentava in altro modo di stabilire un contatto o praticava una manovra diversa dal sollevare il tablet.

gallery-1477497138-blackmirror-ep3-nosedive-0101rUna ragazza corre in una strada di un quartiere che pare uscito da una cartolina promozionale di un villaggio vacanze, saluta i conoscenti che incrocia e a ciascuno di loro assegna un punteggio da una a cinque stelle. Le interazioni sono funzionali ad alzare la stanghetta della popolarità e ad accrescere la reputazione sociale. Ogni azione, ogni condivisione di immagini o video in un social network viene valutata da un applicazione, Rate Me, che permette di esprimere un giudizio in merito alla persona, non al contenuto, che questa pubblica. C’è qualcosa di vagamente familiare nell’immaginario evocato?

 

Per la terza stagione, sbarcata su Netflix ad ottobre, si è acceso il monitor della serie culto anglosassone che colora il presente di nero, e lo fa a partire da una prospettiva visionaria romanzata ma credibile del futuro dominato dagli effetti annichilenti e insidiosi dell’innovazione tecnologica. Questa volta i nuovi episodi sono sei, il doppio di quelli contenuti nelle due serie precedenti (se escludiamo lo special natalizio della seconda). Le stagioni, che seguono un percorso antologico, dove ogni puntata è narrativamente auto conclusiva, sono riuscite nuovamente a catturare i riflessi, nonché le derive patologiche di un epoca in cui la realtà e il virtuale si toccano come mai prima. In uno scenario in ogni caso mai davvero così altro dal nostro, le esperienze quotidiane trovano gli spunti per essere restituiti a una lucida analisi che alterna satira a fantascienza.

 

E se con gli occhi potessimo disporre di una realtà aumentata impiantata attraverso un foro sulla testa? Black Mirror mostra come un ipotetico microchip di questo tipo, che diventerà forse un giorno obbligatorio, possa rappresentare la metafora del modo distorto di guardare e di muoversi nella realtà, esito aberrante della rivoluzione tecnologica. E’ una serie che più di tutte è in grado di raccontare il presente, e di coglierlo con capacità profetica. Infatti ad essere dipinto è un futuro immaginario ma plausibile. E pericolosamente realistico. Il panorama che si profila è uno scenario pauroso e inquietante che nessuno ha avuto l’abilità di descrivere con tanta sagacia disturbante come questa piccola serie britannica. A risentirne prima di tutto sono le società trasformate dagli effetti del progresso informatico; la prospettiva accarezzata è che nel prossimo futuro il virtuale e reale si accosteranno tanto da mettere in crisi la visione del mondo che abbiamo maturato fino ad oggi, annientando forse persino gli stessi sentimenti umani. Ideata da Charlie Brooker, la serie è stata confermata con l’uscita di altri sei episodi ancora per un’altra stagione.

blackmirrortitlecardLa terza serie affronta temi che si legano in vario modo all’attualità della cronaca, come quello del linciaggio su internet di Odio Universale, in cui i messaggi a catena di disprezzo e di beffa su twitter nei confronti di un personaggio vittima di pubblico ludibrio, vengono strumentalizzati da chi abusa di una innovativa ecologia robotica, in una puntata a metà strada tra l’horror e il noir investigativo. C’è anche lo stalkeraggio portato ai livelli di violenza e privazione della privacy che ricordano tristi casi di cronaca recenti di Zitto e balla, tra le più riuscite della serie, anche per la bravura degli attori (si ricorda Jerome Flynn del Trono di Spade). Mentre Giochi Pericolosi è la materializzazione agghiacciante delle nostre fantasie più spaventose.

 

Arriva allora la conferma che ci aspettavamo fin dalla prima puntata delle due stagioni trasmesse a partire dal 2011, e cioè che Black Mirror è una delle migliori serie in circolazione da sempre. Anche quando il presagio che si configura è dei più foschi e il futuro sembra un posto orribile, senza nessuna intenzione moraleggiante (che mai traspare nonostante l’acutezza dell’analisi sociale) irrompe comunque a stemperare una risata. Perché prima della denuncia viene lo sguardo su noi stessi. Consapevoli che tutti siamo vittime e carnefici del mondo che abbiamo costruito.

 

Eulalia Cambria